Roma, Dicembre 2015
CORSO OPERATORI E CONDUTTORI IN
INTERVENTI ASSISTITI DALL’ANIMALE
MODULO DI
PEDAGOGIA GENERALE
Statisticamente tutto si spiega…
Personalmente tutto si complica…
(D. Pennac)
Dr.ssa Alice Collacchi
IL MODULO DI PEDAGOGIA GENERALE CI PERMETTERA’
DI APPROFONDIRE LE SEGUENTI TEMATICHE:
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Principali problematiche in ambito educativo
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Cosa significa educare
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Cura e relazione d’aiuto
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Educare/operare con i bambini della prima infanzia

Educare/operare con i bambini della scuola primaria
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Educare/operare con i preadolescenti e gli adolescenti
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Unità didattica
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Valutazione, verifica e relativi strumenti
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Norme di comportamento in classe
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Relazione educativa
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Stili educativi
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Suggerimenti pratici per una comunicazione efficace
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Progettazione/programmazione educativa

Tappe fondamentali della progettazione educativa

Verifica e valutazione del nostro incontro.
1. PRINCIPALI PROBLEMATICHE EDUCATIVE…
RIGUARDANO TUTTE LE FASCE DI ETA’ E OGNI CONTESTO EDUCATIVO
A) GRANDE INCERTEZZA NELL’ESITO DEGLI INTERVENTI EDUCATIVI:
“Statisticamente tutto si spiega,
Personalmente tutto si complica...”
A prescindere dalle nostre migliori intenzioni e dall’impegno profuso,
non sempre gli eventi vanno come vorremmo, fatto che può generare
profonda frustrazione..
B)INCIDENZA DEL
FORMATIVO:
VISSUTO
EMOTIVO
DELL’UTENZA
SUL
SUCCESSO
“Fin dai miei primi insuccessi scolastici ero stato pervaso dall’odio e
insieme dal bisogno di affetto. Dovevo ammansire l’orco scolastico.
Fare di tutto perché non mi divorasse il cuore.”
(D. Pennac)
Molti bambini e ragazzi proiettano sull’esperienza scolastica e, più in
generale, su qualunque occasione di apprendimento, vissuti emotivi
profondamente negativi; ciò può compromettere il successo
dell’intervento educativo
C)LA
CULTURA
DI
APPARTENENZA
E
FAMILIARE
DELL’OPERATORE/EDUCATORE RAPPRESENTANO UN POTENTE FILTRO
CHE SPESSO IMPEDISCE DI VALUTARE I FATTI CON OGGETTIVITA’
2. PRINCIPALI PROBLEMATICHE EDUCATIVE…
D)TENDENZA ALLA REATTIVITA’
La rapidità e imprevedibilità di comportamenti e reazioni da parte dell’utenza
determina una certa tendenza all’intervento tempestivo nell’operatore,
benché talvolta una “non azione” sia preferibile ad un’azione “reattiva” al
comportamento dei bambini-ragazzi
E) DIFFICOLTA’ AD OTTENERE ATTENZIONE E RISPETTO IN CONTESTI
EDUCATIVI IN CUI L’AUTOREVOLEZZA E’ VISTA CON SOSPETTO…
Negli ultimi anni, le istanze pedagogiche hanno sempre più incoraggiato la
libera espressione dei bambini-ragazzi, con evidenti ricadute educative e
comportamentali...
F) SCARSA ACCETTAZIONE (ANCHE DA PARTE DELLE FAMIGLIE) DI
EVENTUALI CRITICHE, INSUCCESSI EDUCATIVI E “SANZIONI»…
G) FORTE SENSO DI SFIDUCIA CHE INVESTE IL MONDO DELLA SCUOLA
E, PIU’ IN GENERALE, QUELLO DELL’EDUCAZIONE
H)DIFFICOLTA’ A MOTIVARE GLI UTENTI E GLI OPERATORI.
EDUCARE SIGNIFICA ANCHE…

Comprendere che ognuno di noi è unico e irripetibile
…Come posso mettere insieme in un’immagine coerente i pezzi della mia vita?
Come posso rintracciare la trama di fondo della mia storia? …Io dico che
siamo stati derubati della nostra vera biografia, e che dobbiamo
riappropriarcene. Altrimenti le sollecitazioni della nostra anima, non
riconosciute, appariranno come eccentricità costipate di aggressivi rancori e di
paralizzanti nostalgie…
J. HILLMAN, Il Codice dell’Anima
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Riflettere criticamente e rapidamente sui propri vissuti, accettando le
situazioni di disagio
Saper ascoltare, consentendo al bambino/ragazzo di esprimersi, adottando
uno stile educativo non invadente
Creare un distacco emotivo dalle situazioni emozionalmente troppo intense
Rispettare i ritmi e i tempi di apprendimento di ciascuno (per quanto
frustrante possa essere..)
Rispettare e comprendere ansie, paure e fobie del bambino e/o
dell’adolescente
Comprendere e accettare che, nonostante i nostri sforzi, il lavoro potrebbe
non conseguire un esito positivo e/o non essere apprezzato
LA RELAZIONE DI CURA…
Il vento e il sole
(Esopo)
Un giorno il vento e il sole cominciarono a litigare.
Il vento sosteneva di essere il più forte e a sua volta il sole diceva di essere la forza più
grande della terra.
Alla fine decisero di fare una prova.
Videro un viandante che stava camminando lungo un sentiero e decisero che il più
forte di loro sarebbe stato colui che sarebbe riuscito a togliergli i vestiti .
Il vento, così, si mise all'opera: cominciò a soffiare e soffiare, ma il risultato fu che il
viandante si avvolgeva sempre più nel mantello.
Il vento allora soffiò con più forza, e l'uomo chinando la testa si avvolse una sciarpa
intorno al collo.
Fu quindi la volta del sole che, cacciando via le nubi, cominciò a splendere
tiepidamente.
L'uomo, che era arrivato nelle prossimità di un ponte, cominciò pian piano a togliersi il
mantello.
Il sole molto soddisfatto intensificò il calore dei suoi raggi, fino a farli diventare
incandescenti.
L'uomo, rosso per il gran caldo, guardò le acque del fiume e senza esitare si tuffò .
Il sole alto nel cielo rideva e rideva!!
Il vento, deluso e vinto, si nascose in un luogo lontano.
…dobbiamo comportarci come il sole o come il vento?
LA RELAZIONE DI CURA… INTERVENTI DIRETTI E INDIRETTI
Nella favola, il sole procede secondo l’approccio indiretto
al problema, perché non agisce sul viandante, ma si chiede
quale sia la funzione del mantello (cioè proteggere il
viandante dal freddo).
Quindi il sole scalda l’aria, in modo che il viandante si
tolga il mantello.
Le azioni del sole sono, nell’ordine:
A) Non agire
B) Osservare
C) Pensare
D) Agire indirettamente.
Il mantello rappresenta proprio il problema che cambia
significato nella vita dell’utente, fino a diventare un
inutile fardello di cui egli si disfa autonomamente.
LA RELAZIONE DI CURA… INTERVENTI DIRETTI E INDIRETTI


L’intervento diretto nel campo
dall’azione, da scarsa riflessione,
aver individuato il vero problema
sintomo o un compromesso, e dalla
di spazzarlo via…
psicosociale è caratterizzato
dalla convinzione acritica di
in quello che invece è solo un
forza con cui l’operatore cerca
L’intervento indiretto è caratterizzato invece dalla non-azione
iniziale, dalla riflessione, dall’aiutare l’utente a soddisfare
bisogni importanti, tra cui quello di ricevere sia comprensione sia
contenimento, fino all’abbandono del reale problema…
In questo caso, quali strumenti utilizzare?
«LO STRUMENTO PER ECCELLENZA, NONCHE’ PRATICAMENTE
L’UNICO NECESSARIO E INSOSTITUIBILE E’ COSTITUITO
DALL’INSIEME
DELLE
CAPACITA’
RELAZIONALI
DELL’OPERATORE»
LA RELAZIONE DI CURA…
Esistono due modalità principali di intervento nella relazione di
aiuto:
1.
Intervento diretto, sul sintomo, volto ad alleviarlo e/o
rimuoverlo
2.
Intervento indiretto, sulle cause profonde, che mira a
rimuovere le cause del problema
Nel primo caso, l’intervento diretto tende ad un risultato
immediato, a rimuovere il problema nel qui-e-ora
Nel secondo caso, l’intervento mira a modificare il significato che
il problema assume nella vita della persona.
Talvolta i due interventi possono essere complementari, e
tradursi in obiettivi a breve e a lungo termine, ma a volte i due
tipi di approccio sono incompatibili
«OCCORRE QUINDI SCEGLIERE UNO DEI DUE APPROCCI,
PERCHE’ DA CIO’ DERIVANO MODALITA’ E STRUMENTI DI
INTERVENTO, DOMANDE DA PORSI, STRATEGIE DA
METTERE IN ATTO».
LE CAPACITA’ NEGATIVE…
SONO LE CAPACITA’ CONNESSE AL NON FARE QUALCOSA, tra cui:
•
•
•
•
Capacità di NON nuocere all’utente (i peggiori danni sono prodotti con le
migliori intenzioni). In realtà, per nuocere davvero, non bastano errori
occasionali, servono errori sistematicamente ripetuti nel tempo
Capacità di NON agire, resistendo così all’ansia, alla frustrazione, alle
aspettative altrui, anche dei genitori
Capacità di NON sabotare l’autonomia dell’utente (NON sostituirsi
all’utente, NON alimentare rapporti di dipendenza, NON creare relazioni
troppo perfette per essere vere, NON proteggerlo completamente dalla
frustrazione e dalla realtà, NON impedirgli di separarsi e allontanarsi,
anche se ciò è doloroso)
Capacità di NON farsi condizionare dai propri pregiudizi.
E’ essenziale creare in sé uno «spazio vuoto», in cui accogliere l’altro. Non è
un fatto banale, siamo così pieni di certezze, pregiudizi, idee e aspettative, da
non avere spazio per gli altri…
Paradosso:
«Per essere CAPACI, bisogna essere VUOTI…
ALCUNE DOMANDE DA PORSI…


Che significato ha il problema nella vita della persona? Qual è la sua
funzione? Potrebbe essere una difesa? Se sì, da che cosa?
Che cosa non viene alla luce finché questo problema permane nella vita
dell’utente? È possibile che il problema cambi significato, senza
sconvolgere la vita dell’utente?

Perché l’utente sta portando questo problema qui-e-ora?

Cosa si aspetta dalla nostra relazione?

Cosa si aspetta da se stesso?

Che cosa ho detto o fatto per sollecitare questo comportamento?

In che modo l’ho spinto, seppure indirettamente, ad agire certi
comportamenti? (ad esempio, ho scelto proposte non adeguate, non ho
curato la scelta di spazi e tempi educativi, ho sottovalutato un conflitto in
atto, eccetera).
1) EDUCARE NELLA PRIMA INFANZIA…
…Il genio può essere confinato dentro un guscio di noce e ciò
nonostante abbracciare tutta la pienezza della vita.
THOMAS MANN
Naturalmente, alla tesi secondo la quale noi non siamo altro che geni
e ambiente si possono muovere obiezioni. Si può ripetere che no, c’è
qualcos’altro. Ma se si prova a visualizzare la forma di questo altro o
a definirlo con precisione, si scopre che è un’impresa impossibile,
perché qualsiasi forza che non stia nei geni o nell’ambiente è al di
fuori della realtà fisica quale è da noi percepita. Esula dal discorso
scientifico… ma questo non significa che non esista.
ROBERT WRIGHT, The Moral Animal
Avendo così poca esperienza, i bambini devono affidarsi
all’immaginazione.
ELEONOR ROOSEVELT, You Learn by Living
Io non mi evolvo. Io sono.
PABLO PICASSO
2) EDUCARE NELLA PRIMA INFANZIA…
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Il bambino per secoli è stato considerato un “non adulto”, un essere
incompleto e ambiguo
Solo in tempi recenti (a partire dal XVIII secolo) acquisisce centralità
ed importanza nella vita familiare, e dunque culturale, dei contesti di
appartenenza
Appena liberati dalle “fasce”, i bambini entravano a far parte del
mondo degli adulti, tramite abbigliamento “da grandi” e mancanza di
esclusione dagli eventi più dolorosi della vita sociale (morte, malattia,
guerre, ecc..)
L’alta mortalità infantile, fino ai primi anni del Novecento,
determinava una sorta di indifferenza, quasi insensibilità, nei
confronti dell’infanzia
Con l’età contemporanea, si assiste ad una sorta di “scoperta
dell’infanzia”, e il bambino acquisisce caratteristiche, bisogni ed
esigenze proprie (legati anche, ovviamente, a specifici oggetti di
consumo..)
Il bambino diventa un essere da allevare e proteggere, con le ovvie
esagerazioni e derive culturali alle quali assistiamo quotidianamente..
L’educazione, quindi, diventa un’attività di fondamentale importanza,
da praticare, impartire e coltivare in luoghi specifici (scuole, asili,
ecc..), attraverso insegnanti, educatori, formatori, operatori.
3) EDUCARE NELLA PRIMA INFANZIA..
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La nostra visione dell’infanzia, e conseguentemente dell’educazione,
risente pesantemente dei nostri condizionamenti storico-culturali
Attualmente in Occidente è dato grandissimo risalto alla spontaneità,
alla creatività, al fare da sé, alla scoperta del mondo... questa visione
tuttavia potrebbe cambiare..
Già al nido, il bambino è considerato un essere competente e attivo
che, attraverso una pluralità di scambi e interazioni con i pari, con gli
adulti e con l’ambiente circostante, impara a costruire un sistema di
criteri e di significati, per interpretare e categorizzare la realtà
Il gioco, il disegno e tutte le attività grafico-pittoriche, la narrazione, il
canto, l’uso di oggetti non convenzionali, l’uso di tutti i canali
sensoriali, sono strumenti attraverso i quali favorire l’autenticità del
bambino, l’espressione di sé e l’esplorazione/comprensione del mondo
Il largo impiego delle “routines”, ovvero di attività rituali e ripetute
intorno alle quali è organizzata la giornata o l’unità didattica, aiuta
l’attività dell’operatore
Le routines si riferiscono a momenti organizzativi (inizio e fine
lezione), biologici (mangiare, riposare, ecc..), funzionali (gestione di
spazi e materiali), giochi che si ripetono
Costruiscono una memoria dell’esperienza che permette di acquisire
nuove abitudini.
4) EDUCARE NELLA PRIMA INFANZIA…
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a)
b)
c)
Il corpo del piccolo veicola richieste, esplicita bisogni, chiede
affidamento e fiducia
Il corpo dell’adulto trasmette disponibilità, sicurezza e
contenimento
Nella prima e primissima infanzia l’attività ludica è conquista di
libertà e fonte di conoscenza, motivo di crescita intellettuale e
sociale
L’operatore non insegna a giocare, ma effettua varie proposte in
forma di gioco, sintonizzandosi emotivamente con i bisogni e con
l’immaginario infantile
L’operatore, attraverso poche e semplici regole, crea un
contenitore in cui il bambino possa confrontarsi con i pari,
instaurando rapporti affettivi significativi
Per trasmettere concetti, usare spesso la fiaba perché:
il magico che è nella fiaba si correla al pensiero onnipotente del
bambino
La fiaba può aiutare il bambino a dare un nome alle paure
nascoste
Il racconto di una fiaba implica l’instaurarsi di una relazione di
ascolto.
.. PER LAVORARE CON I PICCOLI…
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Creare contesti di lavoro (spazi di apprendimento/ambienti educativi)
calorosi, colorati e accoglienti
Evitare di gridare e fare rumore
Modulare il tono della voce, ed esprimere calore attraverso
espressione facciale, posizione del corpo, contatto visivo e sguardo
Manifestare congruenza tra espressione verbale e non verbale dei
sentimenti
Descrivere direttamente i propri sentimenti (es. :“Bimbi, sono così
contenta di essere con voi oggi. E voi?”) e interessarsi a quelli altrui
Se possibile dividere i bambini e lavorare per piccoli gruppi; disporre
il gruppo a cerchio o a semicerchio
Impedire che un membro del gruppo prenda il sopravvento sugli altri:
suddividere e alternare ruoli, compiti e responsabilità
Essere flessibili e rapidi nel valutare se la composizione del gruppo sia
adeguata alla situazione e, eventualmente, cambiare
Stimolare, se possibile, la coesione e il senso di appartenenza al
gruppo
Stabilire regole per quanto possibile ferme, con eventuali
accomodamenti e piccoli premi motivati.. Dimostrare con esempi
pratici che senza regole si lavora male…
EDUCARE NELLA SCUOLA PRIMARIA
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A partire dai 6 anni di età, il pensiero diventa via via più flessibile; il
bambino conserva tuttavia la tendenza a considerare i problemi e le
situazioni
settorialmente, talvolta senza effettuare tentativi di
collegamento delle proprie soluzioni con teorie di ampio respiro
Con la progressiva diminuzione di un certo atteggiamento egocentrico
infantile, che tuttavia può essere di varia entità, aumenta la capacità
di interagire con gli altri, di comprendere, accettare e formulare
regole condivise, di essere empatici verso i compagni…
…Nel frattempo, diventa sempre più critico il rapporto con l’autorità…
Migliora la capacità di riconoscere e verbalizzare stati d’animo e
formulare concetti, quindi bisogna privilegiare situazioni educative
“verbalizzate”
Quando si sceglie una forma di lavoro e/o verifica grafico-pittorica, si
consiglia di accompagnarla comunque con elaborazione di piccoli
brani (o “piccoli pensieri, riflessioni, frasi”) in forma scritta e/orale
Con il crescere dell’età, si tende a lavorare in gruppi via via più grandi
(anche l’intera classe)
Proporre, se possibile, lavori di gruppo, che stimolino collaborazione e
cooperazione.
1. LAVORARE CON I PRE-ADOLESCENTI
E CON GLI ADOLESCENTI..
Gli adolescenti avvertono dentro di sé una segreta e speciale
grandezza che lotta per esprimersi. E quando cercano di spiegare
questa cosa, istintivamente portano la mano al cuore:
non è un indizio significativo?
JOSEPH CHILTON PEARCE, Evolutions End
E’ questo dunque che chiamano vocazione: la cosa che fai con gioia,
come se avessi il fuoco nel cuore e il diavolo in corpo?
JOSEPHINE BAKER
In ultima analisi, noi contiamo qualcosa solo in virtù dell’essenza
che incarniamo e, se non la realizziamo, la vita è sprecata.
C.G. JUNG
Non trovo né nell’ambiente né nell’ereditarietà l’esatto strumento
che mi ha formato, l’anonimo rullo che ha impresso sulla mia vita
quella certa intricata filigrana, il cui inimitabile motivo diventa
certo solo quando dietro il foglio protocollo della vita si accende
la lampada dell’arte.
VLADIMIR NABOKOV, Parla, ricordo
2. LAVORARE CON I PRE-ADOLESCENTI
E CON GLI ADOLESCENTI..
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L’egocentrismo infantile, concetto tuttavia ancora oggi dibattuto
e da molti aspramente criticato, si considera pressoché superato
Le profonde modificazioni corporee incidono pesantemente
sull’autostima e sull’immagine di sé attraverso la quale ogni
ragazzo si afferma come individuo
Grazie al pensiero astratto, i ragazzi sono in grado di formulare
giudizi più elaborati, spesso con profonda connotazione etica
Diminuisce il rispetto per l’autorità, verso la quale si manifestano
spesso atteggiamenti di sfida (ciò implica che l’educatore deve
riuscire a “conquistare” la fiducia e il rispetto da parte dei
ragazzi)
Parallelamente, aumentano l’importanza del rapporto con i pari e
le dinamiche relazionali nel gruppo di appartenenza
Cercare di essere autorevoli, non autoritari
L’operatore-educatore deve riuscire a farsi accettare attraverso
ironia e partecipazione attiva (e non sanzionante, laddove
possibile) alla vita del gruppo.
L’UNITA’ DIDATTICA
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L’unità didattica costituisce un’unità di programmazione,
finalizzata al perseguimento di un obiettivo formativo specifico.
Nelle Unità Didattiche sono specificate le competenze di area (umanistica,
scientifica, grafico / pittorica , motoria, progettuale, visiva-multimediale) da
acquisire nel corso di un periodo di tempo predeterminato (ad esempio una
settimana, due settimane, un mese, eccetera).
In particolare, ogni Unità Didattica:
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muove dall'analisi della situazione, cioè dalle effettive capacità ed esigenze
di apprendimento degli alunni/utenti;
precisa gli obiettivi, le abilità e le conoscenze che gli alunni/utenti debbono
perseguire;
delinea le modalità concrete delle attività che, secondo un'impostazione
didattica prevalentemente fondata sulla ricerca, gli alunni/utenti sono
chiamati a svolgere in gruppo o individualmente;
indica gli strumenti da utilizzare;
stabilisce i criteri, gli strumenti e i tempi di valutazione dei risultati
conseguiti.
L’UNITA’ DIDATTICA
UNITA' DIDATTICA
OBIETTIVO
GENERALE
OBIETTIVO
INTERMEDIO
PREREQUISITO
CONTENUTI
COLLEGAMENTI
CON
LE ALTRE
DISCIPLINE
METODOLOGIA
TEMPI
VERIFICHE
VALUTAZIONE
OBIETTIVI
SPECIFICI
FORMATIVI
CONOSCENZA
COMPRENSIONE
SINTESI
VALUTAZIONE
APPLICAZIONE
STRUMENTI
ANALISI
FASE TERMINALE DELL’U.D.
GLI ALUNNI HANNO RAGGIUNTO
L’OBIETTIVO PREFISSATO?
NO
FASE DI RECUPERO
CON INTERVENTI
INDIVIDUALIZZATI
SI
PASSARE ALL’U.D. SUCCESSIVA
NORME DI COMPORTAMENTO IN CLASSE/
IN QUALUNQUE AMBIENTE EDUCATIVO
(POTREBBERO SEMBRARE SCONTATE, MA NON LO SONO AFFATTO…)
I bambini e i ragazzi sono i nostri giudici più severi.. Per questo motivo
bisogna:
 Stabilire regole, che devono essere poche, chiare a tutti e, soprattutto
nel caso dei preadolescenti e degli adolescenti, condivise
 Dimostrare autorevolezza e fermezza fin dal primo incontro con gli
utenti (evitando di scadere nell’autoritarismo)
 MOSTRARE COERENZA: (l’educatore/operatore) non deve mai violare
le regole date (ad es. non può utilizzare il cellulare in classe e impedire
che gli alunni lo usino…)
 Non consentire mai la violazione delle regole poste, se non per motivi
precisi, espliciti e chiari a tutti (gli utenti non devono pensare che
l’operatore non sia coerente o abbia delle “simpatie particolari”)
 Partire da regole più elastiche, che diventeranno via via più rigide al
momento della loro eventuale violazione
 Proibire tassativamente uso del cellulare, computer e dispositivi
tecnologici di varia natura (stipulare un “patto educativo” fin dalla
prima seduta con i ragazzi), fumo, alcol sigarette
 Impedire dinamiche di prevaricazione e prepotenze nel gruppo, che
vanno fortemente sanzionate
 Se possibile, applicare “sanzioni” non troppo dure, ma significative
per il bambino/ragazzo, spiegandone sempre le ragioni (se il ragazzo
chiede spiegazioni, evitare risposte del tipo: “Perché sì”!, oppure
“Perché no!”, oppure “Perché sei un deficiente!”).
LA RELAZIONE EDUCATIVA
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La relazione educativa ha una sua specificità che la rende intensa e, nello
stesso tempo, fragile: è un percorso di emancipazione che si realizza
attraverso rapporti con altri, ma con le proprie gambe e a proprie
spese
La relazione educativa mira al raggiungimento di “quel livello di
consapevolezza e di criticità che un individuo deve conquistare passando
attraverso una serie di esperienze di confronto con vincoli, di resistenza a
condizionamenti, di sottrazione da stereotipi, per poter diventare, banalmente,
se stesso”
L’educatore è un facilitatore di processi, piuttosto che una persona che porta
soluzioni
Una relazione educativa (come qualsiasi relazione), è anche l’incontro tra due
mappe del mondo diverse, tra strategie differenti per raggiungere obiettivi e
soddisfare bisogni
Così il ruolo dell’educatore diventa quello di essere stimolo affinché vi sia
l’opportunità di arricchire la mappa del mondo dell’altro, piuttosto che
modificarla o azzerarla, ben sapendo che, all’interno di questo processo, la
stessa mappa del mondo dell’educatore ne uscirà ampliata
Le mappe del mondo impoverite implicano una limitazione delle opzioni di
comportamento. Quando le parti mancanti vengono recuperate, nell’individuo
ha inizio il processo di cambiamento dove si aprono possibilità e si moltiplicano
scelte che solo lui potrà compiere.
GLI STILI EDUCATIVI
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Ogni relazione è unica: il nostro copione, il nostro personaggio, non
potrà mai essere uguale a se stesso, malgrado tutti i nostri tentativi
Esistono vari stili educativi, ognuno dei quali comporta rischi e risorse
Non esiste lo stile educativo ottimale in ogni situazione e in ogni
luogo
E’ necessario scegliere, mescolare stili e linguaggi, tenendo conto
dei contesti in cui vive la relazione educativa
Nella relazione educativa tendiamo erroneamente ad esprimere “il nostro
stile personale”, piuttosto che quello più adatto al contesto
Bisogna riflettere seriamente sui nostri atteggiamenti all’interno
della relazione educativa e nel lavoro con gli altri, sugli obiettivi, sui
limiti e sulle risorse del nostro agire
Il processo educativo ha a che fare con la gestione della quotidianità e del
nostro bagaglio emotivo. Proprio per questo è così difficile e, allo stesso
tempo, così importante l’autoriflessione.
“La via della conoscenza è la medesima di quella dell’errore”
(H. Reinchenbach)
B)..ALCUNI SUGGERIMENTI PRATICI PER
UNA COMUNICAZIONE EFFICACE..
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Non interrompere chi sta parlando
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Discutere su idee, non su persone
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Verificare se l’interlocutore abbia compreso ciò che è stato detto
(feedback)
Evitare di comunicare sentimenti ed emozioni in maniera indiretta
La comunicazione indiretta, purtroppo la più usata, è inefficace,
poiché il ricevente si sente sminuito, accusato, rifiutato, senza capirne
le ragioni
Soprattutto con la primissima infanzia (ma non solo), è opportuno
articolare il messaggio alla prima persona, con atteggiamento
eterocentrato, esprimendo il sentimento provato e ciò che lo ha
determinato, e descrivendolo nei seguenti modi:
a)
Nominare il sentimento (“Mi sento felice”)
b)
Usare una similitudine (“Mi sento come se fossi al settimo cielo”)
c)
Esprimere l’azione che il sentimento spinge a compiere (“Vorrei
abbracciarti”)
d)
Evocare un’immagine collegata al sentimento (“Mi sento come un
bambino di fronte alla Nutella”).
COMUNICAZIONE DIRETTA E INDIRETTA
COMUNICAZIONE INDIRETTA
COMUNICAZIONE DIRETTA
Etichetta
“Sei sempre offensivo, ostile,
centrato su di te”
“Quando mi interrompi mi
arrabbio”
Domande
“Sei sempre così matto?”
“Stai agendo in un modo che non
capisco/che mi sembra strano”
Accuse
“Non fai mai attenzione a quello
che dico”
“Quando non fai attenzione a
quello che dico, mi sento...”
Sarcasmo
“Meno male, come mai sei
arrivato presto?”
“Sei in ritardo, e questo mi
innervosisce e disturba la lezione”
Approvazione
“Sei meraviglioso!”
“Mi piaci quando…”
Disapprovazione
“Sei terribile!”
“Non mi piaci quando…”
Attribuire un
nome
Sei una persona orribile!”
“Mi sento in imbarazzo quando..”
Ordini
“Fai silenzio”!
“Sono seccato per quello che dici”
BIBLIOGRAFIA
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
Atzei P., La gestione dei gruppi nel terzo settore. Guida al
cooperative learning, Carocci editore
Canevaro A., Chieregatti A., La relazione di aiuto. L’incontro con
l’altro nelle professioni educative, Carocci editore
Kabat-Zinn J., Dovunque tu vada ci sei già. In cammino verso la
consapevolezza, Tea editore.
Marchesi A., Spazi di rielaborazione e identità tra educatori,
Animazione sociale, 2 febbraio 2000
Pennac Daniel,
Feltrinelli
Diario
di
Scuola,
Universale
Economica
Veronesi M., L’operatore sociale nei processi relazionali, Aris
edizioni, Perugia 2000
Watzlawick P., Istruzioni
Economica Feltrinelli.
per
rendersi
infelici,
Universale
Zaghi P., L’educatore professionale. Dalla programmazione al
progetto, Armando editore.
A.I.E.C.C.S.
CORSO OPERATORI E CONDUTTORI IN
INTERVENTI ASSISTITI DALL’ANIMALE
LINEE GUIDA PER LA PROGETTAZIONE
DI
INTERVENTI EDUCATIVI
Statisticamente tutto si spiega…
Personalmente tutto si complica…
(D. Pennac)
Dr.ssa Alice Collacchi
IL MODULO «LINEE GUIDA PER LA PROGETTAZIONE DI
INTERVENTI EDUCATIVI» CI PERMETTERA’ DI
APPROFONDIRE I SEGUENTI CONCETTI:
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Programmazione e Progettazione educativa

Tappe fondamentali nell’elaborazione di un progetto educativo

Unità didattica
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Valutazione, verifica e relativi strumenti…
… inoltre, visioneremo insieme e discuteremo alcuni progetti
educativi, analizzandone punti di forza e di debolezza…
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Verifica e valutazione del nostro incontro.
1. LA PROGETTAZIONE EDUCATIVA
“Sapete qual è l’unico modo per far ridere il buon Dio?”
“Raccontargli i propri progetti.”
(D. Pennac)
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In altre parole, niente panico, non c’è nulla che vada come previsto, è
l’unica cosa che ci insegna il futuro quando diventa passato
“Il bambino non viene mai da solo a scuola. In classe entra una cipolla:
svariati strati di magone, paura, preoccupazione, rancore, rabbia,
desideri insoddisfatti, rinunce furibonde accumulati su un substrato di
passato disonorevole, di presente minaccioso, di futuro precluso.
Guardateli, ecco che arrivano, il corpo in divenire e la famiglia nello
zaino. La lezione può cominciare solo dopo che hanno posato il fardello
e pelato la cipolla. Difficile spiegarlo, ma spesso basta solo uno
sguardo, una frase benevola, la parola di un adulto fiduciosa, chiara
ed equilibrata per dissolvere quei magoni, alleviare quegli animi,
collocarli in un presente rigorosamente indicativo…”
(D. Pennac)
“Naturalmente il beneficio sarà provvisorio, la cipolla si ricomporrà
all’uscita e forse domani bisognerà ricominciare daccapo. Ma
insegnare è proprio questo: ricominciare fino a scomparire come
insegnanti…”
(D. Pennac)
2. LA PROGETTAZIONE EDUCATIVA
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Il concetto di programmazione poggia su istanze di pianificazione,
razionalizzazione e gestione dell’intervento educativo. Si tende, quindi, ad
una certa omogeneità (ad esempio programmi ministeriali per una certa
disciplina), che chiaramente non tiene conto di variabili particolari.
Il progetto consiste nella declinazione di un programma in relazione a
specifiche necessità/situazioni/peculiarità, talvolta perfino individuali, ed
è collegato alla soggettività di TUTTI gli attori in scena, alla particolarità
e alla irripetibilità dei processi educativi
Si pone quindi grande enfasi sulla dimensione soggettiva della relazione
educativa
“Nessuno educa nessuno”: nessun individuo in quanto tale ha un ruolo
educativo di per sé: è piuttosto la tela delle relazioni intrecciata dai
soggetti che ne fanno parte, filtrata attraverso l’esperienza sociale, che
permette qualsiasi percorso di crescita o processo educativo
A) TAPPE FONDAMENTALI NELL’ELABORAZIONE
DI UN PROGETTO EDUCATIVO
1.
Premesse (modelli teorici di riferimento)
2.
Analisi della situazione, del contesto, di tutti i soggetti coinvolti
(enfasi sull’osservazione, sull’interpretazione, sulla comprensione)
3.
Definizione delle finalità
(generali, aspecifiche,
“promuovere la formazione dell’uomo e del cittadino”)
4.
Formulazione degli obiettivi (sempre concreti, osservabili e
misurabili). Esplicitare un obiettivo di lavoro significa restituire le
pratiche di lavoro ad un’area di senso permeabile alla riflessione, al
dialogo, alla discussione e alla critica. Questo perché:
a)
È il primo passo per acquisire consapevolezza di quanto si sta facendo;
b)
Serve per comunicare con i colleghi, con altri professionisti, con
l’istituzione, con la famiglia dell’utente;
c)
Serve per valutare e per perfezionare l’andamento dell’intervento.
ad
esempio
Esempio: che F., ospite di una comunità per minori, frequenti l’ultimo anno della scuola media il
prossimo anno.
Potremo considerare raggiunto l’obiettivo posto se: a) se F. avrà fatto meno del 30% di assenze; b)se
riuscirà a fare questo senza essere sottoposto ad una pressione assillante da parte dell’educatore; c)
se in concomitanza riuscirà a svolgere gli impegni che ha già assunto.
B) TAPPE FONDAMENTALI NELL’ELABORAZIONE
DI UN PROGETTO EDUCATIVO
5. I metodi (il modo in cui raggiungiamo una meta, un obiettivo), è qualcosa
che incide profondamente sulla qualità di ciò che realizziamo
a)
Uno stesso obiettivo di lavoro può assumere un significato educativo
profondamente diverso a seconda di come è perseguito, cioè dei metodi
adottati
b)
Non possiamo considerare gli obiettivi di lavoro indipendenti dai metodi
che utilizziamo
c)
Il “come si fa una certa cosa” resta collegato alla particolarità della
situazione, degli interpreti e del contesto, nonché allo stile educativo
adottato
d)
La valutazione finale del progetto terrà conto anche dei metodi utilizzati.
C) TAPPE FONDAMENTALI NELL’ELABORAZIONE
DI UN PROGETTO EDUCATIVO
6. Le risorse. Riguardano tutto quello che è necessario per la realizzazione
di un progetto, in particolare interessano i seguenti aspetti:
a)
Le risorse professionali da usare (aspetti quantitativi come ad es.
le ore di lavoro, il numero di operatori necessari, aspetti qualitativi
come le competenze specifiche di determinati operatori, docenti o
collaboratori esterni, ecc… oltre a conoscenze e competenze che ogni
individuo possiede, a lato di quelle acquisite professionalmente, e che
eventualmente è disposto ad impiegare nella relazione educativa)
b)
Gli strumenti, i mezzi e i materiali
c)
I costi (negli interventi educativi, soprattutto nel settore pubblico ma
non solo, sono in campo risorse messe a disposizione dalla collettività e
come tali richiedono di essere utilizzate secondo criteri di economicità e
di tendenza al massimo risultato
7. Valutazione, intesa sia come autovalutazione sia come eterovalutazione,
non soltanto come epilogo di un determinato processo o come giudizio
retrospettivo, ma anche e soprattutto come un momento funzionale al
lavoro futuro.
VALUTAZIONE, VERIFICA E RELATIVI STRUMENTI
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La verifica fa riferimento a fattori e criteri di ordine quasi quantitativo. La
verifica restringe il campo a ciò che a suo tempo abbiamo indicato come
obiettivo, estromettendo dal campo altre questioni, benché innumerevoli e
importanti
La valutazione, implica lo svolgimento di considerazioni complesse, che
appartengono al dominio della qualità
Valutare significa interrogarsi circa gli effetti sortiti da un intervento in
termini di efficacia, coerenza e integrazione
Valutare l’efficacia significa comprendere se e in che termini gli obiettivi di un
lavoro sono stati raggiunti
Valutare la coerenza di un processo di lavoro svolto significa evidenziare le
eventuali divergenze tra l’intenzione che ha portato a metterlo in atto e la sua
effettiva realizzazione (coerenza tra intenzione e risultato)
Valutare l’integrazione significa collocare l’intervento educativo in un contesto
più ampio (anche familiare). In altre parole, l’andamento di un processo di
lavoro deve essere valutato anche sotto il profilo delle possibili risonanze,
positive o negative, con altri interventi
Esempi concreti di materiali di verifica a seconda delle fasce di età (griglia,
videoregistrazione se autorizzata, diario, disegno, osservazione partecipante,
ecc..).
FINALITA’ GENERALI
 Qualunque progetto deve tendere al miglioramento della
qualità della vita dell’utente
 Il concetto di QUALITÀ DELLA VITA è:
a)
b)
c)
d)
estremamente ampio
culturalmente mediato
di difficile interpretazioni
legato alla percezione della propria felicità
In caso di situazione di disabilità bisogna:
 inserire tra le finalità generali aspetti legati alla relazione e
all’immagine di sé
 attivare strategie che permettano di superare, o meglio
aggirare l’ostacolo determinato dai deficit neurologici
 permettere al soggetto di generalizzare nella vita quotidiana
le
competenze
acquisite
nell’ambito
terapeutico
e
riabilitativo.
Dopo una prima fase di osservazione, gli
educatori devono:
 confrontare gli elementi conoscitivi
(Diagnosi medica e funzionale, eventuali
B.E.S-, eventuali D.S.A., bisogni del
gruppo) con le variabili del contesto di
apprendimento
 valutare gli elementi per un possibile
sviluppo dei processi di insegnamento –
apprendimento e per la costruzione del
PEI.
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LA PROGETTAZIONE EDUCATIVA