Roma, Dicembre 2015 CORSO OPERATORI E CONDUTTORI IN INTERVENTI ASSISTITI DALL’ANIMALE MODULO DI PEDAGOGIA GENERALE Statisticamente tutto si spiega… Personalmente tutto si complica… (D. Pennac) Dr.ssa Alice Collacchi IL MODULO DI PEDAGOGIA GENERALE CI PERMETTERA’ DI APPROFONDIRE LE SEGUENTI TEMATICHE: Principali problematiche in ambito educativo Cosa significa educare Cura e relazione d’aiuto Educare/operare con i bambini della prima infanzia Educare/operare con i bambini della scuola primaria Educare/operare con i preadolescenti e gli adolescenti Unità didattica Valutazione, verifica e relativi strumenti Norme di comportamento in classe Relazione educativa Stili educativi Suggerimenti pratici per una comunicazione efficace Progettazione/programmazione educativa Tappe fondamentali della progettazione educativa Verifica e valutazione del nostro incontro. 1. PRINCIPALI PROBLEMATICHE EDUCATIVE… RIGUARDANO TUTTE LE FASCE DI ETA’ E OGNI CONTESTO EDUCATIVO A) GRANDE INCERTEZZA NELL’ESITO DEGLI INTERVENTI EDUCATIVI: “Statisticamente tutto si spiega, Personalmente tutto si complica...” A prescindere dalle nostre migliori intenzioni e dall’impegno profuso, non sempre gli eventi vanno come vorremmo, fatto che può generare profonda frustrazione.. B)INCIDENZA DEL FORMATIVO: VISSUTO EMOTIVO DELL’UTENZA SUL SUCCESSO “Fin dai miei primi insuccessi scolastici ero stato pervaso dall’odio e insieme dal bisogno di affetto. Dovevo ammansire l’orco scolastico. Fare di tutto perché non mi divorasse il cuore.” (D. Pennac) Molti bambini e ragazzi proiettano sull’esperienza scolastica e, più in generale, su qualunque occasione di apprendimento, vissuti emotivi profondamente negativi; ciò può compromettere il successo dell’intervento educativo C)LA CULTURA DI APPARTENENZA E FAMILIARE DELL’OPERATORE/EDUCATORE RAPPRESENTANO UN POTENTE FILTRO CHE SPESSO IMPEDISCE DI VALUTARE I FATTI CON OGGETTIVITA’ 2. PRINCIPALI PROBLEMATICHE EDUCATIVE… D)TENDENZA ALLA REATTIVITA’ La rapidità e imprevedibilità di comportamenti e reazioni da parte dell’utenza determina una certa tendenza all’intervento tempestivo nell’operatore, benché talvolta una “non azione” sia preferibile ad un’azione “reattiva” al comportamento dei bambini-ragazzi E) DIFFICOLTA’ AD OTTENERE ATTENZIONE E RISPETTO IN CONTESTI EDUCATIVI IN CUI L’AUTOREVOLEZZA E’ VISTA CON SOSPETTO… Negli ultimi anni, le istanze pedagogiche hanno sempre più incoraggiato la libera espressione dei bambini-ragazzi, con evidenti ricadute educative e comportamentali... F) SCARSA ACCETTAZIONE (ANCHE DA PARTE DELLE FAMIGLIE) DI EVENTUALI CRITICHE, INSUCCESSI EDUCATIVI E “SANZIONI»… G) FORTE SENSO DI SFIDUCIA CHE INVESTE IL MONDO DELLA SCUOLA E, PIU’ IN GENERALE, QUELLO DELL’EDUCAZIONE H)DIFFICOLTA’ A MOTIVARE GLI UTENTI E GLI OPERATORI. EDUCARE SIGNIFICA ANCHE… Comprendere che ognuno di noi è unico e irripetibile …Come posso mettere insieme in un’immagine coerente i pezzi della mia vita? Come posso rintracciare la trama di fondo della mia storia? …Io dico che siamo stati derubati della nostra vera biografia, e che dobbiamo riappropriarcene. Altrimenti le sollecitazioni della nostra anima, non riconosciute, appariranno come eccentricità costipate di aggressivi rancori e di paralizzanti nostalgie… J. HILLMAN, Il Codice dell’Anima Riflettere criticamente e rapidamente sui propri vissuti, accettando le situazioni di disagio Saper ascoltare, consentendo al bambino/ragazzo di esprimersi, adottando uno stile educativo non invadente Creare un distacco emotivo dalle situazioni emozionalmente troppo intense Rispettare i ritmi e i tempi di apprendimento di ciascuno (per quanto frustrante possa essere..) Rispettare e comprendere ansie, paure e fobie del bambino e/o dell’adolescente Comprendere e accettare che, nonostante i nostri sforzi, il lavoro potrebbe non conseguire un esito positivo e/o non essere apprezzato LA RELAZIONE DI CURA… Il vento e il sole (Esopo) Un giorno il vento e il sole cominciarono a litigare. Il vento sosteneva di essere il più forte e a sua volta il sole diceva di essere la forza più grande della terra. Alla fine decisero di fare una prova. Videro un viandante che stava camminando lungo un sentiero e decisero che il più forte di loro sarebbe stato colui che sarebbe riuscito a togliergli i vestiti . Il vento, così, si mise all'opera: cominciò a soffiare e soffiare, ma il risultato fu che il viandante si avvolgeva sempre più nel mantello. Il vento allora soffiò con più forza, e l'uomo chinando la testa si avvolse una sciarpa intorno al collo. Fu quindi la volta del sole che, cacciando via le nubi, cominciò a splendere tiepidamente. L'uomo, che era arrivato nelle prossimità di un ponte, cominciò pian piano a togliersi il mantello. Il sole molto soddisfatto intensificò il calore dei suoi raggi, fino a farli diventare incandescenti. L'uomo, rosso per il gran caldo, guardò le acque del fiume e senza esitare si tuffò . Il sole alto nel cielo rideva e rideva!! Il vento, deluso e vinto, si nascose in un luogo lontano. …dobbiamo comportarci come il sole o come il vento? LA RELAZIONE DI CURA… INTERVENTI DIRETTI E INDIRETTI Nella favola, il sole procede secondo l’approccio indiretto al problema, perché non agisce sul viandante, ma si chiede quale sia la funzione del mantello (cioè proteggere il viandante dal freddo). Quindi il sole scalda l’aria, in modo che il viandante si tolga il mantello. Le azioni del sole sono, nell’ordine: A) Non agire B) Osservare C) Pensare D) Agire indirettamente. Il mantello rappresenta proprio il problema che cambia significato nella vita dell’utente, fino a diventare un inutile fardello di cui egli si disfa autonomamente. LA RELAZIONE DI CURA… INTERVENTI DIRETTI E INDIRETTI L’intervento diretto nel campo dall’azione, da scarsa riflessione, aver individuato il vero problema sintomo o un compromesso, e dalla di spazzarlo via… psicosociale è caratterizzato dalla convinzione acritica di in quello che invece è solo un forza con cui l’operatore cerca L’intervento indiretto è caratterizzato invece dalla non-azione iniziale, dalla riflessione, dall’aiutare l’utente a soddisfare bisogni importanti, tra cui quello di ricevere sia comprensione sia contenimento, fino all’abbandono del reale problema… In questo caso, quali strumenti utilizzare? «LO STRUMENTO PER ECCELLENZA, NONCHE’ PRATICAMENTE L’UNICO NECESSARIO E INSOSTITUIBILE E’ COSTITUITO DALL’INSIEME DELLE CAPACITA’ RELAZIONALI DELL’OPERATORE» LA RELAZIONE DI CURA… Esistono due modalità principali di intervento nella relazione di aiuto: 1. Intervento diretto, sul sintomo, volto ad alleviarlo e/o rimuoverlo 2. Intervento indiretto, sulle cause profonde, che mira a rimuovere le cause del problema Nel primo caso, l’intervento diretto tende ad un risultato immediato, a rimuovere il problema nel qui-e-ora Nel secondo caso, l’intervento mira a modificare il significato che il problema assume nella vita della persona. Talvolta i due interventi possono essere complementari, e tradursi in obiettivi a breve e a lungo termine, ma a volte i due tipi di approccio sono incompatibili «OCCORRE QUINDI SCEGLIERE UNO DEI DUE APPROCCI, PERCHE’ DA CIO’ DERIVANO MODALITA’ E STRUMENTI DI INTERVENTO, DOMANDE DA PORSI, STRATEGIE DA METTERE IN ATTO». LE CAPACITA’ NEGATIVE… SONO LE CAPACITA’ CONNESSE AL NON FARE QUALCOSA, tra cui: • • • • Capacità di NON nuocere all’utente (i peggiori danni sono prodotti con le migliori intenzioni). In realtà, per nuocere davvero, non bastano errori occasionali, servono errori sistematicamente ripetuti nel tempo Capacità di NON agire, resistendo così all’ansia, alla frustrazione, alle aspettative altrui, anche dei genitori Capacità di NON sabotare l’autonomia dell’utente (NON sostituirsi all’utente, NON alimentare rapporti di dipendenza, NON creare relazioni troppo perfette per essere vere, NON proteggerlo completamente dalla frustrazione e dalla realtà, NON impedirgli di separarsi e allontanarsi, anche se ciò è doloroso) Capacità di NON farsi condizionare dai propri pregiudizi. E’ essenziale creare in sé uno «spazio vuoto», in cui accogliere l’altro. Non è un fatto banale, siamo così pieni di certezze, pregiudizi, idee e aspettative, da non avere spazio per gli altri… Paradosso: «Per essere CAPACI, bisogna essere VUOTI… ALCUNE DOMANDE DA PORSI… Che significato ha il problema nella vita della persona? Qual è la sua funzione? Potrebbe essere una difesa? Se sì, da che cosa? Che cosa non viene alla luce finché questo problema permane nella vita dell’utente? È possibile che il problema cambi significato, senza sconvolgere la vita dell’utente? Perché l’utente sta portando questo problema qui-e-ora? Cosa si aspetta dalla nostra relazione? Cosa si aspetta da se stesso? Che cosa ho detto o fatto per sollecitare questo comportamento? In che modo l’ho spinto, seppure indirettamente, ad agire certi comportamenti? (ad esempio, ho scelto proposte non adeguate, non ho curato la scelta di spazi e tempi educativi, ho sottovalutato un conflitto in atto, eccetera). 1) EDUCARE NELLA PRIMA INFANZIA… …Il genio può essere confinato dentro un guscio di noce e ciò nonostante abbracciare tutta la pienezza della vita. THOMAS MANN Naturalmente, alla tesi secondo la quale noi non siamo altro che geni e ambiente si possono muovere obiezioni. Si può ripetere che no, c’è qualcos’altro. Ma se si prova a visualizzare la forma di questo altro o a definirlo con precisione, si scopre che è un’impresa impossibile, perché qualsiasi forza che non stia nei geni o nell’ambiente è al di fuori della realtà fisica quale è da noi percepita. Esula dal discorso scientifico… ma questo non significa che non esista. ROBERT WRIGHT, The Moral Animal Avendo così poca esperienza, i bambini devono affidarsi all’immaginazione. ELEONOR ROOSEVELT, You Learn by Living Io non mi evolvo. Io sono. PABLO PICASSO 2) EDUCARE NELLA PRIMA INFANZIA… Il bambino per secoli è stato considerato un “non adulto”, un essere incompleto e ambiguo Solo in tempi recenti (a partire dal XVIII secolo) acquisisce centralità ed importanza nella vita familiare, e dunque culturale, dei contesti di appartenenza Appena liberati dalle “fasce”, i bambini entravano a far parte del mondo degli adulti, tramite abbigliamento “da grandi” e mancanza di esclusione dagli eventi più dolorosi della vita sociale (morte, malattia, guerre, ecc..) L’alta mortalità infantile, fino ai primi anni del Novecento, determinava una sorta di indifferenza, quasi insensibilità, nei confronti dell’infanzia Con l’età contemporanea, si assiste ad una sorta di “scoperta dell’infanzia”, e il bambino acquisisce caratteristiche, bisogni ed esigenze proprie (legati anche, ovviamente, a specifici oggetti di consumo..) Il bambino diventa un essere da allevare e proteggere, con le ovvie esagerazioni e derive culturali alle quali assistiamo quotidianamente.. L’educazione, quindi, diventa un’attività di fondamentale importanza, da praticare, impartire e coltivare in luoghi specifici (scuole, asili, ecc..), attraverso insegnanti, educatori, formatori, operatori. 3) EDUCARE NELLA PRIMA INFANZIA.. La nostra visione dell’infanzia, e conseguentemente dell’educazione, risente pesantemente dei nostri condizionamenti storico-culturali Attualmente in Occidente è dato grandissimo risalto alla spontaneità, alla creatività, al fare da sé, alla scoperta del mondo... questa visione tuttavia potrebbe cambiare.. Già al nido, il bambino è considerato un essere competente e attivo che, attraverso una pluralità di scambi e interazioni con i pari, con gli adulti e con l’ambiente circostante, impara a costruire un sistema di criteri e di significati, per interpretare e categorizzare la realtà Il gioco, il disegno e tutte le attività grafico-pittoriche, la narrazione, il canto, l’uso di oggetti non convenzionali, l’uso di tutti i canali sensoriali, sono strumenti attraverso i quali favorire l’autenticità del bambino, l’espressione di sé e l’esplorazione/comprensione del mondo Il largo impiego delle “routines”, ovvero di attività rituali e ripetute intorno alle quali è organizzata la giornata o l’unità didattica, aiuta l’attività dell’operatore Le routines si riferiscono a momenti organizzativi (inizio e fine lezione), biologici (mangiare, riposare, ecc..), funzionali (gestione di spazi e materiali), giochi che si ripetono Costruiscono una memoria dell’esperienza che permette di acquisire nuove abitudini. 4) EDUCARE NELLA PRIMA INFANZIA… a) b) c) Il corpo del piccolo veicola richieste, esplicita bisogni, chiede affidamento e fiducia Il corpo dell’adulto trasmette disponibilità, sicurezza e contenimento Nella prima e primissima infanzia l’attività ludica è conquista di libertà e fonte di conoscenza, motivo di crescita intellettuale e sociale L’operatore non insegna a giocare, ma effettua varie proposte in forma di gioco, sintonizzandosi emotivamente con i bisogni e con l’immaginario infantile L’operatore, attraverso poche e semplici regole, crea un contenitore in cui il bambino possa confrontarsi con i pari, instaurando rapporti affettivi significativi Per trasmettere concetti, usare spesso la fiaba perché: il magico che è nella fiaba si correla al pensiero onnipotente del bambino La fiaba può aiutare il bambino a dare un nome alle paure nascoste Il racconto di una fiaba implica l’instaurarsi di una relazione di ascolto. .. PER LAVORARE CON I PICCOLI… Creare contesti di lavoro (spazi di apprendimento/ambienti educativi) calorosi, colorati e accoglienti Evitare di gridare e fare rumore Modulare il tono della voce, ed esprimere calore attraverso espressione facciale, posizione del corpo, contatto visivo e sguardo Manifestare congruenza tra espressione verbale e non verbale dei sentimenti Descrivere direttamente i propri sentimenti (es. :“Bimbi, sono così contenta di essere con voi oggi. E voi?”) e interessarsi a quelli altrui Se possibile dividere i bambini e lavorare per piccoli gruppi; disporre il gruppo a cerchio o a semicerchio Impedire che un membro del gruppo prenda il sopravvento sugli altri: suddividere e alternare ruoli, compiti e responsabilità Essere flessibili e rapidi nel valutare se la composizione del gruppo sia adeguata alla situazione e, eventualmente, cambiare Stimolare, se possibile, la coesione e il senso di appartenenza al gruppo Stabilire regole per quanto possibile ferme, con eventuali accomodamenti e piccoli premi motivati.. Dimostrare con esempi pratici che senza regole si lavora male… EDUCARE NELLA SCUOLA PRIMARIA A partire dai 6 anni di età, il pensiero diventa via via più flessibile; il bambino conserva tuttavia la tendenza a considerare i problemi e le situazioni settorialmente, talvolta senza effettuare tentativi di collegamento delle proprie soluzioni con teorie di ampio respiro Con la progressiva diminuzione di un certo atteggiamento egocentrico infantile, che tuttavia può essere di varia entità, aumenta la capacità di interagire con gli altri, di comprendere, accettare e formulare regole condivise, di essere empatici verso i compagni… …Nel frattempo, diventa sempre più critico il rapporto con l’autorità… Migliora la capacità di riconoscere e verbalizzare stati d’animo e formulare concetti, quindi bisogna privilegiare situazioni educative “verbalizzate” Quando si sceglie una forma di lavoro e/o verifica grafico-pittorica, si consiglia di accompagnarla comunque con elaborazione di piccoli brani (o “piccoli pensieri, riflessioni, frasi”) in forma scritta e/orale Con il crescere dell’età, si tende a lavorare in gruppi via via più grandi (anche l’intera classe) Proporre, se possibile, lavori di gruppo, che stimolino collaborazione e cooperazione. 1. LAVORARE CON I PRE-ADOLESCENTI E CON GLI ADOLESCENTI.. Gli adolescenti avvertono dentro di sé una segreta e speciale grandezza che lotta per esprimersi. E quando cercano di spiegare questa cosa, istintivamente portano la mano al cuore: non è un indizio significativo? JOSEPH CHILTON PEARCE, Evolutions End E’ questo dunque che chiamano vocazione: la cosa che fai con gioia, come se avessi il fuoco nel cuore e il diavolo in corpo? JOSEPHINE BAKER In ultima analisi, noi contiamo qualcosa solo in virtù dell’essenza che incarniamo e, se non la realizziamo, la vita è sprecata. C.G. JUNG Non trovo né nell’ambiente né nell’ereditarietà l’esatto strumento che mi ha formato, l’anonimo rullo che ha impresso sulla mia vita quella certa intricata filigrana, il cui inimitabile motivo diventa certo solo quando dietro il foglio protocollo della vita si accende la lampada dell’arte. VLADIMIR NABOKOV, Parla, ricordo 2. LAVORARE CON I PRE-ADOLESCENTI E CON GLI ADOLESCENTI.. L’egocentrismo infantile, concetto tuttavia ancora oggi dibattuto e da molti aspramente criticato, si considera pressoché superato Le profonde modificazioni corporee incidono pesantemente sull’autostima e sull’immagine di sé attraverso la quale ogni ragazzo si afferma come individuo Grazie al pensiero astratto, i ragazzi sono in grado di formulare giudizi più elaborati, spesso con profonda connotazione etica Diminuisce il rispetto per l’autorità, verso la quale si manifestano spesso atteggiamenti di sfida (ciò implica che l’educatore deve riuscire a “conquistare” la fiducia e il rispetto da parte dei ragazzi) Parallelamente, aumentano l’importanza del rapporto con i pari e le dinamiche relazionali nel gruppo di appartenenza Cercare di essere autorevoli, non autoritari L’operatore-educatore deve riuscire a farsi accettare attraverso ironia e partecipazione attiva (e non sanzionante, laddove possibile) alla vita del gruppo. L’UNITA’ DIDATTICA L’unità didattica costituisce un’unità di programmazione, finalizzata al perseguimento di un obiettivo formativo specifico. Nelle Unità Didattiche sono specificate le competenze di area (umanistica, scientifica, grafico / pittorica , motoria, progettuale, visiva-multimediale) da acquisire nel corso di un periodo di tempo predeterminato (ad esempio una settimana, due settimane, un mese, eccetera). In particolare, ogni Unità Didattica: muove dall'analisi della situazione, cioè dalle effettive capacità ed esigenze di apprendimento degli alunni/utenti; precisa gli obiettivi, le abilità e le conoscenze che gli alunni/utenti debbono perseguire; delinea le modalità concrete delle attività che, secondo un'impostazione didattica prevalentemente fondata sulla ricerca, gli alunni/utenti sono chiamati a svolgere in gruppo o individualmente; indica gli strumenti da utilizzare; stabilisce i criteri, gli strumenti e i tempi di valutazione dei risultati conseguiti. L’UNITA’ DIDATTICA UNITA' DIDATTICA OBIETTIVO GENERALE OBIETTIVO INTERMEDIO PREREQUISITO CONTENUTI COLLEGAMENTI CON LE ALTRE DISCIPLINE METODOLOGIA TEMPI VERIFICHE VALUTAZIONE OBIETTIVI SPECIFICI FORMATIVI CONOSCENZA COMPRENSIONE SINTESI VALUTAZIONE APPLICAZIONE STRUMENTI ANALISI FASE TERMINALE DELL’U.D. GLI ALUNNI HANNO RAGGIUNTO L’OBIETTIVO PREFISSATO? NO FASE DI RECUPERO CON INTERVENTI INDIVIDUALIZZATI SI PASSARE ALL’U.D. SUCCESSIVA NORME DI COMPORTAMENTO IN CLASSE/ IN QUALUNQUE AMBIENTE EDUCATIVO (POTREBBERO SEMBRARE SCONTATE, MA NON LO SONO AFFATTO…) I bambini e i ragazzi sono i nostri giudici più severi.. Per questo motivo bisogna: Stabilire regole, che devono essere poche, chiare a tutti e, soprattutto nel caso dei preadolescenti e degli adolescenti, condivise Dimostrare autorevolezza e fermezza fin dal primo incontro con gli utenti (evitando di scadere nell’autoritarismo) MOSTRARE COERENZA: (l’educatore/operatore) non deve mai violare le regole date (ad es. non può utilizzare il cellulare in classe e impedire che gli alunni lo usino…) Non consentire mai la violazione delle regole poste, se non per motivi precisi, espliciti e chiari a tutti (gli utenti non devono pensare che l’operatore non sia coerente o abbia delle “simpatie particolari”) Partire da regole più elastiche, che diventeranno via via più rigide al momento della loro eventuale violazione Proibire tassativamente uso del cellulare, computer e dispositivi tecnologici di varia natura (stipulare un “patto educativo” fin dalla prima seduta con i ragazzi), fumo, alcol sigarette Impedire dinamiche di prevaricazione e prepotenze nel gruppo, che vanno fortemente sanzionate Se possibile, applicare “sanzioni” non troppo dure, ma significative per il bambino/ragazzo, spiegandone sempre le ragioni (se il ragazzo chiede spiegazioni, evitare risposte del tipo: “Perché sì”!, oppure “Perché no!”, oppure “Perché sei un deficiente!”). LA RELAZIONE EDUCATIVA La relazione educativa ha una sua specificità che la rende intensa e, nello stesso tempo, fragile: è un percorso di emancipazione che si realizza attraverso rapporti con altri, ma con le proprie gambe e a proprie spese La relazione educativa mira al raggiungimento di “quel livello di consapevolezza e di criticità che un individuo deve conquistare passando attraverso una serie di esperienze di confronto con vincoli, di resistenza a condizionamenti, di sottrazione da stereotipi, per poter diventare, banalmente, se stesso” L’educatore è un facilitatore di processi, piuttosto che una persona che porta soluzioni Una relazione educativa (come qualsiasi relazione), è anche l’incontro tra due mappe del mondo diverse, tra strategie differenti per raggiungere obiettivi e soddisfare bisogni Così il ruolo dell’educatore diventa quello di essere stimolo affinché vi sia l’opportunità di arricchire la mappa del mondo dell’altro, piuttosto che modificarla o azzerarla, ben sapendo che, all’interno di questo processo, la stessa mappa del mondo dell’educatore ne uscirà ampliata Le mappe del mondo impoverite implicano una limitazione delle opzioni di comportamento. Quando le parti mancanti vengono recuperate, nell’individuo ha inizio il processo di cambiamento dove si aprono possibilità e si moltiplicano scelte che solo lui potrà compiere. GLI STILI EDUCATIVI Ogni relazione è unica: il nostro copione, il nostro personaggio, non potrà mai essere uguale a se stesso, malgrado tutti i nostri tentativi Esistono vari stili educativi, ognuno dei quali comporta rischi e risorse Non esiste lo stile educativo ottimale in ogni situazione e in ogni luogo E’ necessario scegliere, mescolare stili e linguaggi, tenendo conto dei contesti in cui vive la relazione educativa Nella relazione educativa tendiamo erroneamente ad esprimere “il nostro stile personale”, piuttosto che quello più adatto al contesto Bisogna riflettere seriamente sui nostri atteggiamenti all’interno della relazione educativa e nel lavoro con gli altri, sugli obiettivi, sui limiti e sulle risorse del nostro agire Il processo educativo ha a che fare con la gestione della quotidianità e del nostro bagaglio emotivo. Proprio per questo è così difficile e, allo stesso tempo, così importante l’autoriflessione. “La via della conoscenza è la medesima di quella dell’errore” (H. Reinchenbach) B)..ALCUNI SUGGERIMENTI PRATICI PER UNA COMUNICAZIONE EFFICACE.. Non interrompere chi sta parlando Discutere su idee, non su persone Verificare se l’interlocutore abbia compreso ciò che è stato detto (feedback) Evitare di comunicare sentimenti ed emozioni in maniera indiretta La comunicazione indiretta, purtroppo la più usata, è inefficace, poiché il ricevente si sente sminuito, accusato, rifiutato, senza capirne le ragioni Soprattutto con la primissima infanzia (ma non solo), è opportuno articolare il messaggio alla prima persona, con atteggiamento eterocentrato, esprimendo il sentimento provato e ciò che lo ha determinato, e descrivendolo nei seguenti modi: a) Nominare il sentimento (“Mi sento felice”) b) Usare una similitudine (“Mi sento come se fossi al settimo cielo”) c) Esprimere l’azione che il sentimento spinge a compiere (“Vorrei abbracciarti”) d) Evocare un’immagine collegata al sentimento (“Mi sento come un bambino di fronte alla Nutella”). COMUNICAZIONE DIRETTA E INDIRETTA COMUNICAZIONE INDIRETTA COMUNICAZIONE DIRETTA Etichetta “Sei sempre offensivo, ostile, centrato su di te” “Quando mi interrompi mi arrabbio” Domande “Sei sempre così matto?” “Stai agendo in un modo che non capisco/che mi sembra strano” Accuse “Non fai mai attenzione a quello che dico” “Quando non fai attenzione a quello che dico, mi sento...” Sarcasmo “Meno male, come mai sei arrivato presto?” “Sei in ritardo, e questo mi innervosisce e disturba la lezione” Approvazione “Sei meraviglioso!” “Mi piaci quando…” Disapprovazione “Sei terribile!” “Non mi piaci quando…” Attribuire un nome Sei una persona orribile!” “Mi sento in imbarazzo quando..” Ordini “Fai silenzio”! “Sono seccato per quello che dici” BIBLIOGRAFIA Atzei P., La gestione dei gruppi nel terzo settore. Guida al cooperative learning, Carocci editore Canevaro A., Chieregatti A., La relazione di aiuto. L’incontro con l’altro nelle professioni educative, Carocci editore Kabat-Zinn J., Dovunque tu vada ci sei già. In cammino verso la consapevolezza, Tea editore. Marchesi A., Spazi di rielaborazione e identità tra educatori, Animazione sociale, 2 febbraio 2000 Pennac Daniel, Feltrinelli Diario di Scuola, Universale Economica Veronesi M., L’operatore sociale nei processi relazionali, Aris edizioni, Perugia 2000 Watzlawick P., Istruzioni Economica Feltrinelli. per rendersi infelici, Universale Zaghi P., L’educatore professionale. Dalla programmazione al progetto, Armando editore. A.I.E.C.C.S. CORSO OPERATORI E CONDUTTORI IN INTERVENTI ASSISTITI DALL’ANIMALE LINEE GUIDA PER LA PROGETTAZIONE DI INTERVENTI EDUCATIVI Statisticamente tutto si spiega… Personalmente tutto si complica… (D. Pennac) Dr.ssa Alice Collacchi IL MODULO «LINEE GUIDA PER LA PROGETTAZIONE DI INTERVENTI EDUCATIVI» CI PERMETTERA’ DI APPROFONDIRE I SEGUENTI CONCETTI: Programmazione e Progettazione educativa Tappe fondamentali nell’elaborazione di un progetto educativo Unità didattica Valutazione, verifica e relativi strumenti… … inoltre, visioneremo insieme e discuteremo alcuni progetti educativi, analizzandone punti di forza e di debolezza… Verifica e valutazione del nostro incontro. 1. LA PROGETTAZIONE EDUCATIVA “Sapete qual è l’unico modo per far ridere il buon Dio?” “Raccontargli i propri progetti.” (D. Pennac) In altre parole, niente panico, non c’è nulla che vada come previsto, è l’unica cosa che ci insegna il futuro quando diventa passato “Il bambino non viene mai da solo a scuola. In classe entra una cipolla: svariati strati di magone, paura, preoccupazione, rancore, rabbia, desideri insoddisfatti, rinunce furibonde accumulati su un substrato di passato disonorevole, di presente minaccioso, di futuro precluso. Guardateli, ecco che arrivano, il corpo in divenire e la famiglia nello zaino. La lezione può cominciare solo dopo che hanno posato il fardello e pelato la cipolla. Difficile spiegarlo, ma spesso basta solo uno sguardo, una frase benevola, la parola di un adulto fiduciosa, chiara ed equilibrata per dissolvere quei magoni, alleviare quegli animi, collocarli in un presente rigorosamente indicativo…” (D. Pennac) “Naturalmente il beneficio sarà provvisorio, la cipolla si ricomporrà all’uscita e forse domani bisognerà ricominciare daccapo. Ma insegnare è proprio questo: ricominciare fino a scomparire come insegnanti…” (D. Pennac) 2. LA PROGETTAZIONE EDUCATIVA Il concetto di programmazione poggia su istanze di pianificazione, razionalizzazione e gestione dell’intervento educativo. Si tende, quindi, ad una certa omogeneità (ad esempio programmi ministeriali per una certa disciplina), che chiaramente non tiene conto di variabili particolari. Il progetto consiste nella declinazione di un programma in relazione a specifiche necessità/situazioni/peculiarità, talvolta perfino individuali, ed è collegato alla soggettività di TUTTI gli attori in scena, alla particolarità e alla irripetibilità dei processi educativi Si pone quindi grande enfasi sulla dimensione soggettiva della relazione educativa “Nessuno educa nessuno”: nessun individuo in quanto tale ha un ruolo educativo di per sé: è piuttosto la tela delle relazioni intrecciata dai soggetti che ne fanno parte, filtrata attraverso l’esperienza sociale, che permette qualsiasi percorso di crescita o processo educativo A) TAPPE FONDAMENTALI NELL’ELABORAZIONE DI UN PROGETTO EDUCATIVO 1. Premesse (modelli teorici di riferimento) 2. Analisi della situazione, del contesto, di tutti i soggetti coinvolti (enfasi sull’osservazione, sull’interpretazione, sulla comprensione) 3. Definizione delle finalità (generali, aspecifiche, “promuovere la formazione dell’uomo e del cittadino”) 4. Formulazione degli obiettivi (sempre concreti, osservabili e misurabili). Esplicitare un obiettivo di lavoro significa restituire le pratiche di lavoro ad un’area di senso permeabile alla riflessione, al dialogo, alla discussione e alla critica. Questo perché: a) È il primo passo per acquisire consapevolezza di quanto si sta facendo; b) Serve per comunicare con i colleghi, con altri professionisti, con l’istituzione, con la famiglia dell’utente; c) Serve per valutare e per perfezionare l’andamento dell’intervento. ad esempio Esempio: che F., ospite di una comunità per minori, frequenti l’ultimo anno della scuola media il prossimo anno. Potremo considerare raggiunto l’obiettivo posto se: a) se F. avrà fatto meno del 30% di assenze; b)se riuscirà a fare questo senza essere sottoposto ad una pressione assillante da parte dell’educatore; c) se in concomitanza riuscirà a svolgere gli impegni che ha già assunto. B) TAPPE FONDAMENTALI NELL’ELABORAZIONE DI UN PROGETTO EDUCATIVO 5. I metodi (il modo in cui raggiungiamo una meta, un obiettivo), è qualcosa che incide profondamente sulla qualità di ciò che realizziamo a) Uno stesso obiettivo di lavoro può assumere un significato educativo profondamente diverso a seconda di come è perseguito, cioè dei metodi adottati b) Non possiamo considerare gli obiettivi di lavoro indipendenti dai metodi che utilizziamo c) Il “come si fa una certa cosa” resta collegato alla particolarità della situazione, degli interpreti e del contesto, nonché allo stile educativo adottato d) La valutazione finale del progetto terrà conto anche dei metodi utilizzati. C) TAPPE FONDAMENTALI NELL’ELABORAZIONE DI UN PROGETTO EDUCATIVO 6. Le risorse. Riguardano tutto quello che è necessario per la realizzazione di un progetto, in particolare interessano i seguenti aspetti: a) Le risorse professionali da usare (aspetti quantitativi come ad es. le ore di lavoro, il numero di operatori necessari, aspetti qualitativi come le competenze specifiche di determinati operatori, docenti o collaboratori esterni, ecc… oltre a conoscenze e competenze che ogni individuo possiede, a lato di quelle acquisite professionalmente, e che eventualmente è disposto ad impiegare nella relazione educativa) b) Gli strumenti, i mezzi e i materiali c) I costi (negli interventi educativi, soprattutto nel settore pubblico ma non solo, sono in campo risorse messe a disposizione dalla collettività e come tali richiedono di essere utilizzate secondo criteri di economicità e di tendenza al massimo risultato 7. Valutazione, intesa sia come autovalutazione sia come eterovalutazione, non soltanto come epilogo di un determinato processo o come giudizio retrospettivo, ma anche e soprattutto come un momento funzionale al lavoro futuro. VALUTAZIONE, VERIFICA E RELATIVI STRUMENTI La verifica fa riferimento a fattori e criteri di ordine quasi quantitativo. La verifica restringe il campo a ciò che a suo tempo abbiamo indicato come obiettivo, estromettendo dal campo altre questioni, benché innumerevoli e importanti La valutazione, implica lo svolgimento di considerazioni complesse, che appartengono al dominio della qualità Valutare significa interrogarsi circa gli effetti sortiti da un intervento in termini di efficacia, coerenza e integrazione Valutare l’efficacia significa comprendere se e in che termini gli obiettivi di un lavoro sono stati raggiunti Valutare la coerenza di un processo di lavoro svolto significa evidenziare le eventuali divergenze tra l’intenzione che ha portato a metterlo in atto e la sua effettiva realizzazione (coerenza tra intenzione e risultato) Valutare l’integrazione significa collocare l’intervento educativo in un contesto più ampio (anche familiare). In altre parole, l’andamento di un processo di lavoro deve essere valutato anche sotto il profilo delle possibili risonanze, positive o negative, con altri interventi Esempi concreti di materiali di verifica a seconda delle fasce di età (griglia, videoregistrazione se autorizzata, diario, disegno, osservazione partecipante, ecc..). FINALITA’ GENERALI Qualunque progetto deve tendere al miglioramento della qualità della vita dell’utente Il concetto di QUALITÀ DELLA VITA è: a) b) c) d) estremamente ampio culturalmente mediato di difficile interpretazioni legato alla percezione della propria felicità In caso di situazione di disabilità bisogna: inserire tra le finalità generali aspetti legati alla relazione e all’immagine di sé attivare strategie che permettano di superare, o meglio aggirare l’ostacolo determinato dai deficit neurologici permettere al soggetto di generalizzare nella vita quotidiana le competenze acquisite nell’ambito terapeutico e riabilitativo. Dopo una prima fase di osservazione, gli educatori devono: confrontare gli elementi conoscitivi (Diagnosi medica e funzionale, eventuali B.E.S-, eventuali D.S.A., bisogni del gruppo) con le variabili del contesto di apprendimento valutare gli elementi per un possibile sviluppo dei processi di insegnamento – apprendimento e per la costruzione del PEI.