Il Potere disciplinare
ARTT. 2-7 S.L.
Potere disciplinare
Artt. 2016 c.c. e 7 S.L.
Art. 2106 Sanzioni disciplinari
L'inosservanza delle disposizioni contenute
nei due articoli precedenti può dar luogo
all'applicazione di sanzioni disciplinari,
secondo la gravità dell'infrazione
Art. 2106 c.c. = criterio di proporzionalità fra
infrazione e sanzione
Art. 7 S.L. (L.n. 300/1970)
Le norme disciplinari relative alle sanzioni, alle
infrazioni in relazione alle quali ciascuna di esse può
essere applicata ed alle procedure di contestazione delle
stesse, devono essere portate a conoscenza dei lavoratori
mediante affissione in luogo accessibile a tutti. Esse
devono applicare quanto in materia è stabilito da accordi
e contratti di lavoro ove esistano.
Il codice disciplinare:
• Infrazioni
• Sanzioni
• Procedure di contestazione
T. Milano, 02-09-2005
L’affissione al codice disciplinare - la cui
mancanza determina, ai sensi dell’art. 7, 1º
comma, l. 20 maggio 1970 n. 300, l’illegittimità
del licenziamento - non può essere sostituita dalla
mera consegna del codice o del c.c.n.l. al
lavoratore.
Cass. civ., sez. lav., 27-01-2011, n. 1926.
Anche relativamente alle sanzioni disciplinari conservative - e
non per le sole sanzioni espulsive - deve ritenersi che, in tutti i
casi
nei
quali
il
comportamento
sanzionatorio
sia
immediatamente percepibile dal lavoratore come illecito, perché
contrario al c.d. minimo etico o a norme di rilevanza penale, non
sia necessario provvedere alla affissione del codice disciplinare,
in quanto il lavoratore ben può rendersi conto, anche al di là di
una analitica predeterminazione dei comportamenti vietati e
delle relative sanzioni da parte del codice disciplinare, della
illiceità della propria condotta.
Art. 7 S.L. (L.n. 300/1970)
Fermo restando quanto disposto dalla L. 15
luglio 1966, n. 604, non possono essere disposte
sanzioni disciplinari che comportino mutamenti
definitivi del rapporto di lavoro; inoltre la multa
non può essere disposta per un importo
superiore a quattro ore della retribuzione base e
la sospensione dal servizio e dalla retribuzione
per più di dieci giorni.
Art. 7 S.L. (L.n. 300/1970). Le sanzioni
applicabili
•
•
•
•
Rimprovero verbale o scritto
Multa (max 4 ore)
Sospensione (max 10 giorni)
In via interpretativa:
 Licenziamento disciplinare
 ? Trasferimento disciplinare e per incompatibilità
ambientale ?
• Sono vietati i mutamenti definitivi del rapporto di lavoro
(es. mutamento di mansioni)
P. Milano, 30-03-1989.
Il trasferimento disposto per motivi disciplinari è illegittimo per violazione dell’art. 7
s. l., che vieta l’irrogazione di sanzioni disciplinari che comportino mutamenti
definitivi del rapporto di lavoro.
Cass. civ., sez. lav., 27-06-1998, n. 6383.
La previsione, ad opera della
contrattazione collettiva, del trasferimento
del lavoratore come sanzione disciplinare
non è di per sé in contrasto con il divieto,
contenuto nell’art. 7 l. n. 300/1970, di
disporre sanzioni disciplinari che
comportino un mutamento definitivo del
rapporto di lavoro.
Cass. civ., sez. lav., 06-07-2011, n.
14875.
È legittimo, anche se non preceduto da
procedimento disciplinare, il
trasferimento di sede volto a prevenire
disfunzioni connesse alla permanenza
del dipendente in quell’ambiente di
lavoro, giacché esso non riveste natura
disciplinare, ma si riconnette a ragioni,
nella fattispecie obiettivamente
riscontrate, correlate al regolare
funzionamento dell’attività aziendale.
Art. 7 S.L. (L.n. 300/1970)
Il datore di lavoro non può adottare alcun
provvedimento disciplinare nei confronti del
lavoratore senza avergli preventivamente
contestato l’addebito e senza averlo sentito a sua
difesa.
Cass. civ., sez. lav., 15-12-2005, n. 27679.
In relazione ai principi di immediatezza della contestazione disciplinare e di
tempestività della successiva irrogazione della sanzione, entrambi da
intendersi in senso relativo, va esente da vizi la sentenza che abbia escluso nel
caso concreto che l’intervallo di tempo trascorso tra il verificarsi del fatto ascritto al
dipendente e la relativa contestazione attestasse la mancanza di interesse del
datore di lavoro all’esercizio della facoltà di recesso in una fattispecie in cui questi,
avendo emesso un ordine di trasferimento del dipendente a fronte del quale il
dipendente aveva rifiutato l’adempimento ed istaurato un procedimento cautelare
inteso ad accertare l’illegittimità del trasferimento, abbia preferito attendere l’esito
del ricorso per poi, dopo aver verificato, attraverso la cognizione sommaria del
procedimento ex art. 700 c.p.c. esauritosi in suo favore, la legittimità del
trasferimento rifiutato dal dipendente, immediatamente (il giorno dopo) contestare
l’infrazione costituente giusta causa del licenziamento e, quindi, provvedere
all’irrogazione della sanzione espulsiva.
Art. 7 S.L. (L.n. 300/1970)
In
ogni
caso,
i
provvedimenti
disciplinari più gravi del
rimprovero verbale non
possono essere applicati
prima
che
siano
trascorsi cinque giorni
dalla contestazione per
iscritto del fatto che vi
ha dato causa
Art. 7 S.L. (L.n. 300/1970)
Recidiva: Non può tenersi conto ad alcun effetto
delle sanzioni disciplinari decorsi due anni dalla
loro applicazione
Art. 7 S.L. (L.n. 300/1970)
Impugnazione sanzione
• In via arbitrale entro 20
giorni dalla comminazione;
sospensione della sanzione
fino alla definizione del
giudizio
In via giudiziale
Potere disciplinare
Il signor Dormicchia il giorno 30 agosto, al rientro dalle
vacanze, arriva con un’ora e mezza di ritardo sul posto di
lavoro. La direzione del personale gli contesta il ritardo
tramite posta aziendale il 5 settembre. Nella lettera è
altresì indicato che, sulla base del codice disciplinare
(che i lavoratori possono visionare su richiesta della
stessa direzione del personale), la società datrice di
lavoro ha deciso di irrogare al signor Dormicchia una
multa pari a 4 ore di retribuzione. Quali vizi procedurali
possono ravvisarsi nel caso di specie?
Ballestrero, De Simone, Diritto del lavoro, domande e percorsi di risposta, Milano,
Giuffrè.
Cass. civ., sez. lav., 11-10-2012, n.
17353
Nel contratto di lavoro - ove le prestazioni sono corrispettive, in quanto all’obbligo
di lavorare dell’una corrisponde l’obbligo di remunerazione dell’altra - ciascuna
parte può valersi dell’eccezione di inadempimento prevista dall’art 1460
c.c., dovendosi escludere che alla inadempienza del lavoratore il datore di lavoro
possa reagire solo con sanzioni disciplinari o, al limite, con il licenziamento,
oppure col rifiuto di ricevere la prestazione parziale a norma dell’art 1181 c.c. e
con la richiesta di risarcimento; ne consegue che, nel caso di inadempimento
della prestazione lavorativa il datore di lavoro non è tenuto al pagamento
delle retribuzioni ove ricorrano le condizioni dell’art. 1460 c.c
T. Ferrara, 11-07-1995.
La contestazione dell’addebito, avente lo scopo essenziale di consentire al
dipendente di «difendersi», dopo aver conosciuto i motivi del provvedimento
disciplinare, deve essere considerata assolutamente obbligatoria e vincolante da
parte del datore di lavoro; il mancato rispetto di detta procedura comporta
l’illegittimità del licenziamento adottato.
Perché il recesso abbia carattere ingiurioso è necessario che lo stesso, per
la sua forma e modalità, abbia arrecato al lavoratore un danno ingiusto
lesivo dell’onore, del decoro o di altro bene giuridicamente tutelato: danno
che ecceda le normali conseguenze pregiudizievoli di qualsiasi
licenziamento ingiustificato e che sia risarcibile.
P. Bologna, 20-11-1990
La illegittimità del licenziamento per violazione del procedimento disciplinare di
cui all’art. 7, stat. lav. comporta il diritto del lavoratore al risarcimento del danno
nella misura minima di cui all’art. 18 stat. lav., ancorché il licenziamento stesso
sia stato revocato antecedentemente alla proposizione dell’azione.
Il licenziamento offensivo della dignità umana, da intendersi come autocoscienza del
singolo dei propri valori fondamentali come persona, comporta il diritto del lavoratore
al risarcimento del danno ulteriore rispetto alla misura minima prevista dall’art. 18
stat. lav., alla stregua di quanto stabilito dagli art. 2059 c.c. e 41, 2º comma, cost.,
posto che il danno alla dignità umana costituisce una delle categorie di danno non
patrimoniale risarcibile; la determinazione del risarcimento non può che essere
effettuata in via equitativa, essendo, in tale ipotesi, impossibile il concreto ripristino
del precedente stato di fatto e di diritto
Integra l’ipotesi delittuosa dell’ingiuria, accertabile incidentalmente, il licenziamento
motivato, tra l’altro con l’accusa, falsa, di «non aver - il lavoratore - rispettato i normali
rapporti interpersonali» e di «aver fornito ai rappresentanti della società risposte
evasive e rinvii»; tale forma di licenziamento comporta l’obbligo del datore di lavoro di
risarcire il danno non patrimoniale.
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