LOMBARDIA
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NUMERO DUE
DUEMILATREDICI
NUMERO
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DUE
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I IFiba
quaderni
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Fiba
FibaCisl
CislLombardia
Lombardia
Il bancario
Provvedimenti disciplinari
Come comportarsi
20124 Milano
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20124
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Sindacato
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Dirigente Sindacale Fiba Cisl Monza Brianza lecco - RSA Fiba Cisl Deutsche Bank Lecco
È vietata la riproduzione
a cura di
FIBA Cisl Lombardia
Stampato da CSE - Colombo Servizi Editoriali
presso Grafiche Riga - Annone B.za (LC)
nel mese di giugno 2013
Sommario
Premessa .................................................................................................................. pag.5
L’impianto del Codice Civile .............................................................................. pag.6
Sanzionabilità del lavoratore ............................................................................. pag.7
Statuto dei lavoratori ............................................................................................ pag.7
Articolo 7 L. 300/70 ............................................................................................... pag.8
Pubblicità ed affissione del Codice disciplinare ......................................... pag.9
Le sanzioni disciplinari dei CCNL Credito .................................................. pag.10
Adeguatezza della sanzione .......................................................................... pag.11
Richiesta di giustificazione e tempestività della contestazione .......... pag.12
Risposta agli addebiti – Giustificazione ........................................................ pag.12
Irrogazione e eventuale impugnazione della sanzione disciplinare .... pag.13
Irrogazione della sanzione ................................................................................ pag.14
Sospensione dal servizio e dallo stipendio .................................................. pag.14
Collegato Lavoro (L. 183/2010) e “Legge Fornero” (L. 92/2012) ........... pag.15
1 - Licenziamenti: attenzione ai termini ................................... pag.15
1.1 - Cosa fare in attesa della causa? ............................................. pag.16
1.2 - Cosa è cambiato nel tentativo di conciliazione ............... pag.16
1.3 - Ma quanto vale oggi un posto di lavoro? ........................... pag.18
A) “Tutela reintegratoria piena” (art. 18, commi 1, 2 e 3) ......................... pag.18
B) “Tutela reintegratoria attenuata” (art. 18, comma 4) ............................ pag.19
C) “Tutela meramente obbligatoria” (art. 18, commi 5 e 7) ..................... pag.19
D) “Tutela obbligatoria ridotta” (art. 18, comma 6) ................................... pag.19
1.4 - Licenziamenti collettivi ............................................................ pag.20
2 - Contratti a termine, cosa è cambiato ...................................... pag.21
2.1 - Impugnazione ............................................................................ pag.21
3 - Contratti di lavoro somministrato .......................................... pag.22
4 - Contratti a progetto .................................................................... pag.22
5 - Appalto ............................................................................................ pag.23
Indicazioni finali ................................................................................................. pag.25
Cosa fare ................................................................................................ pag.25
Cosa non fare ...................................................................................... pag.25
Conclusione ......................................................................................... pag.26
Allegato A ............................................................................................................ pag.27
Allegato B ............................................................................................................. pag.28
5
PREMESSA
Al centro dei rapporti tra lavoratori e impresa si pone tutta una serie di
diritti e di doveri, che come tali vanno sempre tenuti presenti, per limitare
o evitare la nascita e la crescita di problemi e inconvenienti più o meno
gravi.
La conoscenza delle norme che tutelano i lavoratori non può mai
prescindere dalla consapevolezza contestuale di quelli che sono gli
obblighi al cui rispetto i lavoratori stessi sono tenuti.
I provvedimenti disciplinari trovano origine, infatti, proprio dall’inosservanza
dell’insieme delle norme che regolano il lavoro: essi rappresentano delle
azioni che colpiscono chi, trovandosi in un rapporto di dipendenza, violi i
doveri inerenti al proprio ufficio o alle proprie mansioni.
6
L’IMPIANTO DEL CODICE CIVILE
In particolare, nel rapporto di lavoro privato subordinato, le sanzioni
disciplinari trovano fondamento giuridico nelle esigenze gerarchico organizzative dell’impresa, la cui valenza giuridica trova ancor oggi la sua
fonte nella legge e più precisamente negli articoli 2086, 2094, 2104, 2105
e 2106 del Codice Civile.
art.2086 c.c. ( direzione e gerarchia nell’impresa)
l’imprenditore e’ il capo dell’impresa e da lui dipendono gerarchicamente
i suoi collaboratori.
art.2094 c.c. (prestatore di lavoro subordinato)
e’ prestatore di lavoro subordinato chi si obbliga mediante retribuzione
a collaborare nell’impresa, prestando il proprio lavoro intellettuale o
manuale alle dipendenze e sotto la direzione dell’imprenditore.
art.2104 c.c.( diligenza del prestatore di lavoro)
il prestatore di lavoro deve usare la diligenza richiesta dalla natura della
prestazione dovuta, dall’interesse dell’impresa e da quello superiore della
produzione nazionale.
art.2105 c.c. (obbligo di fedeltà)
il prestatore di lavoro non deve trattare affari, per conto proprio o di
terzi, in concorrenza con l’imprenditore, ne’ divulgare notizie attinenti
all’organizzazione e ai metodi di produzione dell’impresa, o farne uso in
modo da poter recare ad essa pregiudizio.
art.2106 c.c. (sanzioni disciplinari)
l’inosservanza delle disposizioni contenute nei due articoli precedenti
può dar luogo all’applicazione di sanzioni disciplinari, secondo la gravità
dell’infrazione.
Tuttavia anche a fronte di palesi violazioni di detti principi le relative
sanzioni non possono essere irrogate se non previa instaurazione di un
procedimento formale di garanzia, nel quale il lavoratore può esercitare il
suo diritto di difesa in contraddittorio con la controparte.
7
SANZIONABILITA’ DEL LAVORATORE
Per comprendere in maniera adeguata le problematiche proprie a questa
delicata materia, e pertanto anche le possibilità di difesa del lavoratore,
occorre partire dalla nozione di base relativa alla figura del prestatore di
lavoro subordinato, che il nostro Codice Civile, all’art. 2094, definisce come
colui il quale “si obbliga mediante retribuzione a collaborare nell’impresa,
prestando il proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto
la direzione dell’imprenditore”.
Due sono quindi i pilastri su cui si basa il rapporto di lavoro dipendente.
Il primo si configura come dovere di collaborazione, che impone al
lavoratore di porre al servizio del datore di lavoro la propria attività e le
proprie energie (manuali o intellettuali), che vanno dunque adeguate e
conformate all’utilità di quello.
Il secondo si individua nella nozione di subordinazione, la quale viene di
solito intesa sia dal punto di vista economico (in quanto la collaborazione
prestata deriva dalla retribuzione) sia dal punto di vista più propriamente
giuridico. Il lavoratore dipendente è, infatti, assoggettato al potere direttivo
del datore di lavoro e/o dei suoi collaboratori dai quali gerarchicamente
dipende: questi possono stabilire le concrete modalità di esecuzione della
prestazione lavorativa, anche sotto il profilo organizzativo, purché entro
l’ambito delle mansioni contrattualmente previste.
STATUTO DEI LAVORATORI
La legge non fissa una tipologia precisa delle sanzioni disciplinari, ma si
limita a porre in chiaro alcuni principi generali ( art.7 c.4° L. n.300/70):
• le sanzioni disciplinari non possono comportare mutamenti definitivi
nel rapporto di lavoro;
• eventuali multe non possono eccedere l’importo di 4 ore di retribuzione
base;
• la sospensione dal servizio e dalla retribuzione non può eccedere i 10
giorni.
I CCNL ABI e Federasse contengono una articolata casistica di ipotesi
pratiche, che parte in genere dal rimprovero verbale per arrivare sino al
licenziamento disciplinare.
L’art. 2106 del Codice Civile, occupandosi delle “sanzioni disciplinari”, rileva
genericamente che l’applicazione ( graduale ) delle 4 stesse, “secondo la
8
gravità dell’infrazione e in conformità delle norme corporative”, scaturisce
dalla “inosservanza delle disposizioni” contenute negli articoli 2104 e
2105, i quali si richiamano rispettivamente agli obblighi di “diligenza” e di
“fedeltà” del prestatore di lavoro.
È però il già citato articolo 7 Legge n.300 del 1970 ( più generalmente nota
come “Statuto dei Lavoratori”) che di fatto regolamenta con precisione la
materia disciplinare.
A tutela e garanzia dei lavoratori esso ha infatti previsto l’adozione da
parte del datore di lavoro di specifiche procedure, e ha inoltre introdotto
limiti sostanziali all’entità ed alla natura delle sanzioni stesse.
Ogni lavoratore dovrebbe, quindi, anzitutto approfondire attentamente il
testo di questo articolo, perché sulla conoscenza di esso si basa la certezza
del proprio diritto alla difesa.
ARTICOLO 7 L. 300/70
“Le norme disciplinari relative alle sanzioni, alle infrazioni in relazione
alle quali ciascuna di esse può essere applicata ed alle procedure di
contestazione delle stesse, devono essere portate a conoscenza dei
lavoratori mediante affissione in luogo accessibile a tutti. Esse devono
applicare quanto in materia è stabilito da accordi e contratti di lavoro ove
esistano.
Il datore di lavoro non può adottare alcun provvedimento disciplinare
nei confronti del lavoratore senza avergli preventivamente contestato
l’addebito e senza averlo sentito a sua difesa.
Il lavoratore può farsi assistere da un rappresentante dell’associazione
sindacale cui aderisce o conferisce mandato.
Fermo restando quanto disposto dalla legge 15 luglio 1966, n. 604, non
possono essere disposte sanzioni disciplinari che comportino mutamenti
definitivi del rapporto di lavoro; inoltre la multa non può essere disposta
per un importo superiore a quattro ore della retribuzione base e la
sospensione dal servizio e dalla retribuzione per più di dieci giorni.
In ogni caso, i provvedimenti disciplinari più gravi del rimprovero verbale
non possono essere applicati prima che siano trascorsi cinque giorni dalla
contestazione per iscritto del fatto che vi ha dato causa.
Salvo analoghe procedure previste dai contratti collettivi di lavoro e ferma
restando la facoltà di adire l’autorità giudiziaria, il lavoratore al quale sia
stata applicata una sanzione disciplinare può promuovere, nei venti giorni
9
successivi, anche per mezzo dell’associazione alla quale sia iscritto ovvero
conferisca mandato, la costituzione, tramite l’ufficio provinciale del lavoro
e della massima occupazione, di un
collegio di conciliazione ed arbitrato, composto da un rappresentante
di ciascuna delle parti e da un terzo membro scelto di comune accordo
o, in difetto di accordo, nominato dal direttore dell’ufficio del lavoro.
La sanzione disciplinare resta sospesa fino alla pronuncia da parte del
collegio.
Qualora il datore di lavoro non provveda, entro dieci giorni dall’invito
rivoltogli dall’ufficio del lavoro, a nominare il proprio rappresentante in
seno al collegio di cui al comma precedente, la sanzione disciplinare non
ha effetto. Se il datore di lavoro adisce l’autorità giudiziaria, la sanzione
disciplinare resta sospesa fino alla definizione del giudizio.
Non può tenersi conto ad alcun effetto delle sanzioni disciplinari
decorsi due anni dalla loro applicazione”.
Pertanto, in relazione al dettato di legge, il datore di lavoro che voglia
comminare una sanzione a un proprio dipendente deve seguire un
iter procedurale altamente formalizzato ben preciso, contestando
all’interessato per iscritto gli addebiti e accettando il contraddittorio nei
termini della norma e di contratto prima che la sanzione stessa possa essere
validamente inflitta. In difetto di tali necessarie premesse la violazione di
una o più norme procedurali (dalla contestazione alla irrogazione della
sanzione) può comportare la nullità della sanzione stessa.
PUBBLICITA’ ED AFFISSIONE DEL “CODICE DISCIPLINARE
L’imprenditore deve rispettare l’obbligo di pubblicità mediante affissione
nei locali dell’azienda delle norme del codice disciplinare, pena l’inefficacia
e addirittura l’inesistenza stessa del potere disciplinare, in quanto
arbitrariamente esercitato.
L’affissione deve risultare in essere all’atto della contestazione e
dell’irrogazione della sanzione (Cass.n.4245 del 18/07/1985), senza che
risultino validi od ammissibili strumenti alternativi quali la consegna a
mano di copia della parte disciplinare del CCNL .( Cass. S.U., n.1208 del
05,02, 1988).
L’affissione del codice disciplinare deve essere effettuata in locali
realmente accessibili a tutti i lavoratori, senza che questi, quindi,
debbano effettuare percorsi obbligati e controllati per poterne prendere
10
visone. Se l’organizzazione aziendale prevede più sedi di lavoro, anche
di ridotta consistenza, oppure l’attività lavorativa si esplichi presso terzi,
l’affissione deve avvenire in ciascuna sede aziendale o luogo di effettivo
lavoro.
L’affissione in locali non idonei, equivale alla non affissione, con
conseguente nullità della sanzione eventualmente irrogata.
Occorre sottolineare come tale onere riguardi sempre le sanzioni c.d.
conservative cioè quelle finalizzate a rafforzare l’osservanza o prevenire
l’inosservanza delle norme, a meno che le stesse non abbiano tratto origine
da condotte contrarie al codice penale o da comportamenti palesemente
“antigiuridici” in contraddizione a norme penali, o comunque soggetti a
riprovazione sociale in quanto contrari all’etica comune.
In questi casi il lavoratore non può (secondo la giurisprudenza prevalente)
opporre a sua difesa la mancata osservanza da parte del datore di lavoro
degli obblighi di pubblicità relativi a norme che, se pur non precisate, si
suppongono tuttavia di incontestabile evidenza per tutti, anche in assenza
di affissione del codice disciplinare.
LE SANZIONI DISCIPLINARI DEI CCNL CREDITO
Prima di offrire una schematica sintesi della prassi difensiva tipo, occorrerà
in ogni caso partire dagli specifici riferimenti normativi contenuti nei
contratti ABI e delle BCC e Casse Rurali in atto vigenti, i quali identificano i
provvedimenti disciplinari, applicabili in relazione alla gravità o recidività
(ovvero frequenza, secondo il contratto BCC) della mancanza o al grado
della colpa, nella seguente tipologia:
1)rimprovero verbale;
2)rimprovero scritto;
3)sospensione dal servizio e dal trattamento economico per un periodo
non superiore a 10 giorni;
4)licenziamento per notevole inadempimento degli obblighi contrattuali
del prestatore di lavoro (giustificato motivo);
5)licenziamento per una mancanza così grave da non consentire la
prosecuzione anche provvisoria del rapporto (giusta causa).
Entrambi i contratti collettivi si uniformano così pienamente tra loro, salvo
che per avere mantenuto (BCC e Casse Rurali) l’elevazione del termine di
difesa consentito ai lavoratori a dieci giorni, al posto dei cinque previsti
11
dall’art. 7 L. 300/70, alle cui disposizioni si rinvia, precisando inoltre
che quando sia richiesto dalla natura dell’infrazione o dalla necessità
di accertamenti in conseguenza della medesima, l’azienda - in attesa
di deliberare il definitivo provvedimento disciplinare - può disporre
l’allontanamento temporaneo del lavoratore dal servizio per il tempo
strettamente necessario.
Al riguardo, il contratto delle BCC e Casse Rurali pone in chiaro il fatto che
tale allontanamento comporta in ogni caso il diritto alla retribuzione.
Lo stesso contratto precisa altresì che il rimprovero disciplinare va
comunque distinto dall’ordinario disciplinare.
Questa precisazione di certo non è peregrina, se si pensa che nella prassi
comune non pochi arbìtri e distorsioni sono operate dalle aziende, che
talora lasciano seguire - anche a distanza di tempo da quella che era
apparsa al lavoratore una occasionale reprimenda verbale - una imprevista
contestazione scritta, che coglie il dipendente impreparato.
ATTENZIONE:
Un anomalia che spesso si riscontra e che il Lavoratore, ben prima della
contestazione formale che apre il procedimento disciplinare, e, quindi,
al di fuori delle garanzia e da questo offerte, viene chiamato a rendere
conto delle proprie azioni e attività e a fornire giustificazioni e motivazioni
in relazione al suo operato. Tali “interrogatori” si traducono in un verbale
scritto che fatto firmare al lavoratore, rischia di essere controproducente e
difficilmente ritrattabile. Occorre, pertanto prestare la massima attenzione
al contenuto delle dichiarazioni fornite.
ADEGUATEZZA DELLA SANZIONE
Nel porre in essere un provvedimento disciplinare deve essere rispettato
il principio secondo il quale ogni sanzione deve essere proporzionata alla
gravità della violazione.
Ogni infrazione rilevante ai fini disciplinari deve essere contestata
tempestivamente per cui tra il fatto e la contestazione deve passare un
lasso di tempo contenuto.
12
RICHIESTA DI GIUSTIFICAZIONE E TEMPESTIVITA’ DELLA
CONTESTAZIONE
La banca muove per iscritto le contestazioni a cui bisogna rispondere
entro 5 giorni – 10 per BCC e Casse.
Il lavoratore apporrà di proprio pugno sulla contestazione consegnatagli
la dicitura:
• ”Per ricevuta”
• La data di consegna
• Firma
Questo per evitare di firmare una ricevuta con una data anteriore o diversa.
Poiché la legge non specifica una particolare modalità di consegna,
la Giurisprudenza della Corte di Cassazione è orientata nel senso che
è ammessa sia la lettera raccomandata con avviso di ricevimento sia la
consegna a mano da parte di rappresentante del datore di lavoro sia il
telegramma, in quanto in tutti e tre i casi è rispettata la forma scritta.
La richiesta di giustificazione non può far riferimento, quali recidive, a
sanzioni già erogate oltre i due anni precedenti.
Attenzione:
Alcune aziende comminano la sanzione di “rimprovero verbale” ritenendo
di non dover attivare la procedura indicata nella Legge 300, cioè senza
contestare formalmente per iscritto l’addebito e senza dunque garantire un
contraddittorio. Ma il problema maggiore è che, se da un lato il rimprovero
verbale e ritenuta una “sanzione lieve”, dall’altro quando al Lavoratore viene
mossa una contestazione formale nei due anni successivi alla “lavata di
capo” scopre di avere ricevuta una vera e propria sanzione che può portare
alla comminazione, in questo caso, di una sanzione più grave.
RISPOSTA AGLI ADDEBITI - GIUSTIFICAZIONE
Il lavoratore motiva le sue giustificazioni prestando molta attenzione a
quello che scrive.
Bisogna evitare esplicite piene confessioni anche se si potrebbe pensare
che tale soluzione potrebbe aiutare il collega che si appella alla “pietà”
della banca.
Non bisogna nemmeno negare spudoratamente, ma occorre invece
cercare tutti i cavilli che possano giustificare il comportamento che si
ritiene non sanzionabile. La piena confessione potrebbe porre grossi
13
problemi nell’ipotesi di un’eventuale impugnativa della sanzione nel
prosieguo giudiziale o extragiudiziale della vicenda.
Bisogna cercare sempre delle giustificazioni intelligenti, magari far
preparare la giustificazione da una persona esperta o da chi ha fatto studi
giuridici, tenendo presente che quello che si scrive potrebbe essere usato
contro il lavoratore.
E’ buona norma chiudere le giustificazioni con la richiesta di essere
sentito in presenza del proprio rappresentate sindacale (l’Azienda è
tenuta a convocare il collega e il sindacalista altrimenti non potrebbe
legittimamente irrogare la sanzione).
Il lavoratore potrebbe anche omettere di scrivere le giustificazioni,
chiedendo per iscritto, entro 5 giorni – 10 per BCC e Casse - dal ricevimento
delle contestazioni, di essere convocato alla presenza del proprio
rappresentante sindacale, per spiegare a voce le proprie ragioni.
In tale ipotesi il sindacalista potrà verificare in loco la possibilità di chiudere
la vicenda nel modo più indolore possibile per il lavoratore.
Bisogna comunque preparare un testo scritto da dettare per farlo inserire
nel VERBALE che l’Azienda chiederà di sottoscrivere (occorre preparare il
testo scritto per evitare di predisporre un testo “su due piedi” con i rischi
che ciò comporta). Una copia verrà consegnata controfirmata dall’azienda
anche al collega.
Consegnare la lettera con le ragioni del lavoratore entro 5 giorni – 10 per
BCC e Casse - facendosi sottoscrivere dalla banca ricevuta firmata con data.
IRROGAZIONE ED EVENTUALE IMPUGNAZIONE DELLA
SANZIONE DISCIPLINARE
Nel caso in cui le giustificazioni del lavoratore non abbiano trovato ascolto,
o non si sia verificata la possibilità di risolvere in via bonaria la questione,
il datore di lavoro provvederà ad irrogare la sanzione.
Il lavoratore che ritenesse ingiusta la sanzione disciplinare può impugnarla
con una delle seguenti modalità:
1)la costituzione di un collegio di conciliazione e arbitrato presso la
Direzione Provinciale del Lavoro, entro venti giorni dall’applicazione
della sanzione; (entro 20 giorni)
2)ricorso al giudice del lavoro (Non ci sono tempi immediati)
3)ricorso alle procedure arbitrali previste dai CCNL (alternativo)
14
IRROGAZIONE DELLA SANZIONE
La banca convoca il lavoratore per chiedergli di firmare per “ricevuta” la
sua decisione con il provvedimento disciplinare.
Ricordarsi che quando si firma bisogna inserisce di proprio pugno la
dicitura ”Per ricevuta”, la data e la firma, ma prima di firmare bisogna
sempre leggere la decisione aziendale.
In questa fase si possono verificare due ipotesi:
1)La sanzione disciplinare consiste in un “richiamo”.
2)La sanzione disciplinare consiste in una “sospensione” dal servizio e
dallo stipendio.
(Nel caso estremo di licenziamento individuale v. Legge 15-7-1966 n. 604
- Il provvedimento è impugnabile entro 60 giorni con atto scritto inviato
al datore di lavoro in qualsiasi forma, ma siamo fuori dal dettato dell’art.7
legge 300 che riguarda le sanzioni disciplinari).
RICHIAMO
Se la sanzione consiste in un “richiamo” apporre di proprio pugno la
dicitura “Per ricevuta”, la data e la firma. Si ha eventualmente tempo 20
giorni per richiedere la costituzione di un collegio arbitrale, qualora si
voglia impugnare il provvedimento.
SOSPENSIONE DAL SERVIZIO E DALLO STIPENDIO
Se la sanzione consiste in una “sospensione” bisogna stare attenti prima di
firmare per ricevuta.
L’azienda di solito nel testo della lettera scrive che la sospensione ha
decorrenza immediata, dallo stesso giorno di notifica (questo è già
un sopruso perché il lavoratore privato dallo stipendio per quel giorno
ha sostenuto spese per recarsi al lavoro ed inoltre ha già iniziato la sua
giornata lavorativa).
Le banche di solito adottano queste modalità per non dare il tempo al
lavoratore di organizzarsi e impugnare il provvedimento.
In tale infausta ipotesi bisogna premunirsi preventivamente. Il Lavoratore
che ha intenzione di impugnare il provvedimento, apporrà in calce alla
lettera che irroga la sanzione e che gli viene richiesto di firmare per
ricevuta, la seguente dicitura:
...Con riferimento alla sanzione disciplinare notificatami in data ……….
chiedo la sospensione immediata degli effetti del provvedimento disciplinare
15
poiché è in corso richiesta di Arbitrato ai sensi dell’art. 7 dello Statuto dei
lavoratori”…… luogo, data e firma del lavoratore.
(il ricorso all’arbitrato presso l’Ufficio del Lavoro va proposto entro 20
giorni dalla comunicazione del provvedimento).
Oppure il lavoratore prepara una “raccomandata a mano” con la stessa
dicitura, chiedendo alla Banca di firmarla contestualmente per ricevuta.
Se il direttore o il responsabile dell’Azienda non accettasse di firmare
per ricevuta, il collega ometterà anche lui di firmare per ricevuta il
provvedimento, chiedendo di comunicare il tutto al suo indirizzo, in quanto
- magari - non si sente, in quel momento, nel pieno delle condizioni psicofisiche e di salute idonee a “comprendere” legalmente il testo sottopostogli
dall’azienda.
Con immediatezza il lavoratore invierà, o farà inviare dal proprio sindacato
(al quale ha dato specifico mandato), un telegramma alla Banca del
seguente tenore”…. CHIEDE LA SOSPENSIONE DEL PROVVEDIMENTO
DISCIPLINARE POICHE’ E’ IN CORSO RICHIESTA DI ARBITRATO AI SENSI
DELL’ART. 7 LEGGE 300/70 - STATUTO DEI LAVORATORI…..NOME E
COGNOME E FILIALE”
E’ ovvio che il lavoratore anche se sospeso, si deve presentare al lavoro
perché con la richiesta dell’arbitrato viene automaticamente sospeso
il provvedimento disciplinare. (in caso di forzature, qualora il lavoratore
non venga arbitrariamente riammesso al lavoro, bisogna procurarsi
dei testimoni ed inviare eventualmente, fax, lettere o telegrammi
coinvolgendo il sindacato).
COLLEGATO LAVORO (L. 183/2010) E “LEGGE FORNERO” (L. 92/2012)
1. Licenziamenti: attenzione ai termini!
• Il licenziamento deve sempre essere impugnato inviando la lettera di
impugnazione entro 60 giorni dalla sua comunicazione.
• La lettera deve sempre contenere la messa a disposizione, altrimenti
non decorre il risarcimento del danno.
• La lettera di impugnazione del licenziamento non deve contenere una
richiesta di tentativo di conciliazione, altrimenti i termini, di cui al punto
che segue, si dimezzano.
• L’azione legale deve essere promossa entro 180 giorni dalla data del
licenziamento (270 giorni per i licenziamento intimati prima del 18 luglio
16
2012) o dalla data dell’impugnazione (il punto non è ancora chiarito,
meglio essere prudenti); in ogni caso si tratta di un termine breve quindi
è essenziale che la pratica sia trasmessa al legale il più velocemente
possibile. Decorsi questi termini, il lavoratore avrà perso qualsiasi diritto
riguardante il licenziamento, sia nel caso di licenziamento soggetto
al regime di stabilità reale (art. 18 Statuto lavoratori) sia nel caso di
licenziamento soggetto al regime di tutela “debole” (art. 8 L. 604/1966).
1.1 Cosa fare in attesa della causa?
In base alla nuova legge vi sono diverse ipotesi nelle quali, in caso di
licenziamento illegittimo, il risarcimento del danno al lavoratore deve
(non può ma deve!) essere ridotto, detraendo le somme guadagnate
o quelle che avrebbe potuto guadagnare cercando lavoro secondo
l’ordinaria diligenza. Quindi è importante segnalare che il lavoratore non
può aspettare passivamente la sentenza sperando di essere comunque
retribuito, ma deve almeno iscriversi al collocamento e possibilmente
anche dimostrare di aver fatto qualche attività per la ricerca di
occupazione (es. invio di curriculum in giro, iscrizione a qualche agenzia
interinale, (ecc.).
1.2 Cosa è cambiato nel tentativo di conciliazione.
Dopo la legge c.d. Collegato lavoro del 2010 il tentativo di conciliazione
non era più obbligatorio, salvo che per il contratto certificato (chiunque
voglia contestare la certificazione di un contratto deve prima rivolgersi
alla commissione che lo ha
certificato, promuovendo il tentativo di conciliazione).
Salvo il caso sopra specificato, è importante ricordare che, secondo la
legge c.d. Collegato lavoro, il tentativo di conciliazione se viene chiesto
e non c’è un accordo, riduce i tempi per depositare il ricorso alla metà e
quindi complica assai la tutela del lavoratore.
Tuttavia in caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, solo
nelle ipotesi di aziende con più di 15 dipendenti, il datore di lavoro, prima
di intimare il licenziamento, è obbligato a chiedere la convocazione avanti
la DTL, inviando una lettera contenente l’indicazione dettagliata dei
motivi posti a fondamento del futuro licenziamento, che deve pervenire
per conoscenza anche al lavoratore.
La DTL deve convocare le parti entro il termine perentorio di 7 giorni.
In assenza della convocazione, il datore di lavoro, decorsi i 7 giorni, potrà
17
intimare il licenziamento. Viceversa, laddove la convocazione sia disposta,
l’intera procedura dovrà concludersi entro 20 giorni dal momento
della trasmissione della convocazione, potendo essere sospesa per un
massimo di 15 giorni per legittimo e documentato impedimento del
lavoratore.
E’ IMPORTANTE:
• Valutare con molta attenzione la proposta formulata in DTL dall’azienda
perché, se il lavoratore non accetta e poi la successiva sentenza
condanna il datore a pagare una somma inferiore, il lavoratore può
essere condannato a pagare le spese legali anche se vince la causa; è
quindi importante che il sindacalista acquisisca il
• parere dell’ufficio legale o dell’avvocato prima di assumere una
decisione su eventuali proposte di accordo e comunque ci si presenti
in conciliazione e si valutino attentamente le proposte formulate in
DTL, soprattutto dalla commissione perché è probabile che il giudice
tenderà a conformarsi.
• Prestare attenzione all’inserimento di clausole cosiddette “tombali”
in quanto, visti i tempi strettissimi della conciliazione, è impossibile
per il lavoratore accertare se vi sono altri motivi di contenzioso e per
il sindacato fare verifiche accurate o conteggi (e comunque la legge
prevede questa procedura esclusivamente per il licenziamento e non
per altre ragioni). Qualora vi sia accordo sulla cifra, ma il datore di lavoro
rifiuti di sottoscrivere solo per la mancanza di una clausola “tombale”,
occorre far verbalizzare che questo solo è il motivo del dissenso tra le
parti. In questo modo almeno il lavoratore non rischia poi sulle spese
del giudizio.
• Se non vi è accordo, il licenziamento avrà effetto dalla lettera di avvio
della procedura di conciliazione anche se ci sarà comunque una
formale lettera di licenziamento dopo il tentativo fallito di conciliazione
e quindi andrà fatta una specifica impugnazione. Ma se vi è accordo
è importante tenere conto che il licenziamento non è ancora stato
intimato e dunque il diritto alla indennità di preavviso non è già
acquisito: dalla somma concordata andrà pertanto escluso il diritto al
preavviso che andrà fatto corrispondere a parte.
• Occorre anche tener conto che, in caso di accordo per una risoluzione
consensuale, il lavoratore potrà perdere l’indennità di disoccupazione
18
perché l’INPS non la corrisponde. Per ovviare a questo inconveniente
nel verbale di conciliazione occorrerà far formalizzare che l’azienda
procede al licenziamento (e ci vorrà una lettera formale a latere), che il
lavoratore lo contesta e lo impugna e infine che il datore, al solo fine di
evitare l’alea di un eventuale giudizio, offre al lavoratore una somma e
il lavoratore l’accetta.
Tutto ciò non si verificherà più dal gennaio 2013 in quanto la legge
Fornero prevede espressamente che l’ASPI verrà pagata anche in caso di
risoluzione consensuale avanti la DTL proprio come incentivo all’accordo.
1.3 Ma quanto vale oggi un posto di lavoro ?
I regimi sanzionatori in caso di licenziamento illegittimo sono oggi molto
diversi a seconda dei vari tipi di licenziamento e quindi è importante
avere ben presente cosa il lavoratore potrebbe ottenere in caso di esito
positivo della causa.
A) “Tutela reintegratoria piena” ( art. 18, commi 1, 2 e 3): reintegrazione
nel posto di lavoro e pagamento di tutte le mensilità dal licenziamento alla
reintegrazione (fatto salvo il limite minimo di 5 mensilità, dedotto quanto
effettivamente percepito).
• licenziamento discriminatorio (es. ritorsivo, per razza, genere,
cittadinanza, religione, convinzioni personali e sindacali, età, tendenze
sessuali e disabilità);
• licenziamento determinato da motivo illecito determinante ai sensi
dell’art. 1345 c.c.;
• licenziamento orale (che continua ad essere definito “inefficace”).
Questa sanzione per il licenziamento verbale ad oggi si applica ad ogni
azienda, anche sotto i 15 dipendenti secondo il nuovo testo dell’art.
18, comma 1, ultima frase;
• licenziamento in costanza di matrimonio (dalle pubblicazioni all’anno
dalla celebrazione);
• licenziamento intimato in violazione della disciplina posta a tutela
della maternità e paternità e delle famiglie adottive;
• licenziamento nullo ai sensi delle altre disposizioni di legge. n.b.: proprio
per contrastare gli abusi più gravi la “tutela reintegratoria piena” trova
applicazione a prescindere dalla sussistenza dei requisiti dimensionali
ex art. 18 St. lav. in capo al datore di lavoro (e quindi anche nel caso in
19
cui lo stesso non occupi più di 15 dipendenti nell’unità produttiva o
nello stesso comune, né complessivamente più di 60 dipendenti).
B) “Tutela reintegratoria attenuata” (art. 18, comma 4): reintegrazione
nel posto di lavoro e pagamento di una indennità non superiore a 12
mensilità (anche se il periodo di disoccupazione è stato più lungo e dedotto
non solo quanto effettivamente percepito, ma anche quanto si sarebbe
potuto percepire usando l’ordinaria diligenza). In questa ipotesi è stato
eliminato il precedente limite minimo delle 5 mensilità.
• licenziamento illegittimo per asserito superamento del periodo di
comporto o per asserita inidoneità fisica o psichica del lavoratore;
• licenziamento per giusta causa o giustificato motivo soggettivo
(ove si accerti l’insussistenza del fatto contestato quale giusta causa
o giustificato motivo soggettivo ovvero se il fatto contestato è
riconducibile tra le condotte punibili con una sanzione conservativa
- multa, sospensione etc.. sulla base delle previsioni dei contratti
collettivi ovvero dei codici disciplinari applicabili). Questo comporta
che i sindacati dovranno impegnarsi per fare codici disciplinari molto
dettagliati in cui si distinguono minuziosamente i casi e le sanzioni.
Le aziende, al contrario, tenderanno a liste di sanzioni disciplinari
cortissime, magari solo e subito il licenziamento;
• licenziamento per giustificato motivo oggettivo, ove si accerti la
manifesta insussistenza del fatto posto a base del licenziamento.
C) “Tutela meramente obbligatoria” (art. 18 comma 5 e 7): cessa il
rapporto di lavoro, pagamento di una indennità risarcitoria onnicomprensiva
fra un minimo di 12 ed un massimo di 24 mensilità della retribuzione globale
di fatto (da valutarsi sulla base dell’anzianità di servizio del lavoratore, delle
dimensioni aziendali, del comportamento e delle condizioni delle parti)
• licenziamento per giustificato motivo oggettivo in caso di assenza di
g.m.o salva la manifesta insussistenza (che va nel caso precedente);
• licenziamento disciplinare (ove non c’è proporzionalità tra sanzione e
fatto contestato, sempre che il fatto non rientri tra le ipotesi di sanzione
conservativa, che va nel caso precedente).
D) “Tutela obbligatoria ridotta” (art. 18, comma 6): cessa il rapporto
di lavoro, pagamento di una indennità risarcitoria onnicomprensiva
quantificata fra un minimo di 6 e un massimo di 12 mensilità della
retribuzione globale di fatto (da valutarsi sulla base dell’anzianità di servizio
20
del lavoratore, delle dimensioni aziendali, del comportamento e delle
condizioni delle parti)
• licenziamento nelle ipotesi in cui vi sia carenza di motivazione (la
motivazione va esposta unitamente al licenziamento a pena di
inefficacia: quindi non bisogna fare più impugnazioni con richiesta di
motivi perché questo rischierebbe di sanare l’irregolarità!);
• licenziamento nelle ipotesi in cui non è stata rispettata la nuova
procedura di conciliazione avanti la DTL per i licenziamenti c.d.
economici;
• licenziamento nelle ipotesi in cui non è stata rispettata la procedura
disciplinare ex art 7 legge 300/1970.
1.4 Licenziamenti collettivi
Ecco le principali modifiche apportate dalla legge 92 alla disciplina dei
licenziamenti collettivi:
• i licenziamenti collettivi vanno impugnati anch’essi entro 60 giorni
(art. 1 c. 46 legge Fornero);
• la comunicazione (all’ufficio regionale del lavoro e alle OO.SS.
coinvolte) dell’elenco dei lavoratori licenziati e dei criteri di scelta non
va più inviata contestualmente ai licenziamenti, ma entro 7 giorni dai
licenziamenti stessi;
• gli eventuali vizi della comunicazione di apertura del procedimento per
licenziamento collettivo possono essere sanati con accordo sindacale
concluso nel corso della procedura di licenziamento collettivo (sino ad
ora la giurisprudenza aveva affermato il contrario e cioè che l’accordo
sindacale non sana i vizi della procedura);
vengono introdotti tre diversi tipi di regime sanzionatorio:
• reintegrazione piena (cioè art. 18, commi 1, 2 e 3 = reintegrazione
+ tutte le mensilità arretrate con il minimo di 5 mensilità): in caso
di mancata osservanza della forma scritta e comunque in caso di
licenziamento discriminatorio;
• tutela reintegratoria “attenuata” (cioè art. 18, comma 4 = reintegrazione
+ risarcimento sino a 12 mensilità): in caso di violazione dei criteri di
scelta;
• “tutela meramente obbligatoria” (cioè art. 18, comma 5 = risarcimento
da 12 a 24 mensilità): in caso di vizi procedurali, quali omissione delle
21
comunicazioni, carenza delle informazioni obbligatoriamente dovute
con la comunicazione, vizi della
• consultazione, mancato invio o genericità della comunicazione sui
criteri di scelta (tranne il caso in cui vi sia stato un accordo sindacale
ex art. 1 c. 45 legge Fornero perché sanerebbe ogni eventuale vizio
procedurale).
2. Contratti a termine, cosa è cambiato?
Ecco i principali interventi della riforma del lavoro sul contratto a termine:
La possibilità di stipulare dei contratti a termine a-causali (cioè senza
l’indicazione specifica delle ragioni che giustificano l’apposizione del
termine) per il primo rapporto a tempo determinato, nel caso in cui
lo stesso sia di durata non superiore a 12 mesi o sia stato instaurato,
sulla base di previsioni della contrattazione collettiva, nell’ambito di
processi organizzativi espressamente indicati dal legislatore. Fino alla
legge 92/2012 il contratto a termine doveva invece in ogni caso indicare
dettagliatamente le ragioni (l’evento temporaneo) che giustificavano
l’apposizione del termine. Comunque i contratti a termine a-causali
non potranno essere prorogati; allungamento dell’intervallo che deve
intercorrere tra successive assunzioni a termine (la pausa passa da 10 a
60 giorni in caso di contratto di durata inferiore a 6 mesi e da 20 a 90
giorni in caso di contratto di durata superiore a 6 mesi);
Allungamento del termine di prosecuzione di fatto del rapporto (dopo
la scadenza del termine) che non dà luogo a trasformazione: da 20 a 30
giorni in caso di contratto di durata inferiore a 6 mesi; da 30 a 50 giorni in
caso di contratto di durata superiore a 6 mesi);
Ai fini del computo dei 36 mesi di lavoro tra le stesse parti e per mansioni
equivalenti (dopo i quali il rapporto si converte a tempo indeterminato)
si deve tenere conto anche dei periodi di lavoro svolti presso lo stesso
datore di lavoro (utilizzatore) mediante somministrazione di lavoro;
Aumento dell’aliquota contributiva (pari all’1,4% della retribuzione
imponibile), con parziale restituzione in caso di trasformazione del
rapporto a tempo indeterminato.
2.1. Impugnazione
• Per i termini scaduti sino al 31/12/2012 il contratto a termine deve
essere impugnato entro 60 giorni dalla scadenza.
22
• Per i termini scaduti dal 1/1/2013 il termine per l’impugnazione viene
elevato a 120 giorni, sempre dalla scadenza.
• L’azione giudiziaria deve essere promossa entro 180 giorni dalla
cessazione del rapporto o dalla data dell’impugnazione (il punto non
è ancora chiarito); in ogni caso si tratta di un termine breve quindi
è essenziale che la pratica sia trasmessa al legale il più velocemente
possibile.
N.B. E’ importante spiegare al lavoratore che in caso di mancata
impugnazione il termine non potrà più essere contestato anche se il
lavoratore è poi stato riassunto presso la stessa azienda: cioè con l’ultima
impugnazione non possono più essere contestati i contratti precedenti.
Se il lavoratore, per non entrare in conflitto con l’ azienda, decide di
non impugnare, poi potrà far valere l’illegittimità solo dell’ultimo
contratto. Eccezione: a questa regola vi è però un’importante eccezione
da considerare: al fine di verificare il superamento dei 36 mesi (dopo i
quali il rapporto di converte a tempo indeterminato), non importa che
i precedenti contratti siano stati o no impugnati; infatti, la conversione
per superamento dei 36 mesi prescinde dalla legittimità del singolo
contratto.
3. Contratti di lavoro somministrato
Vale la stessa regola di a-causalità del primo contratto che vale per
il termine. E’ necessario impugnare il termine entro 60 giorni dalla
cessazione. In questo caso NON è previsto il prolungamento dei termini
di impugnazione a 120 come sarà dal 2013 per i contratti a tempo
determinato.
4. Contratti a progetto
Le principali novità sono:
• nel contratto deve essere descritto il progetto che deve indicare anche
il risultato finale che si intende conseguire. In caso contrario “i rapporti
di collaborazione saranno considerati rapporti di lavoro subordinato a
tempo indeterminato sin dalla data di costituzione del rapporto”.
• il progetto non può inoltre comportare lo svolgimento di compiti
“meramente esecutivi o ripetitivi” e, in ogni caso, non deve consistere
in una mera riproposizione dell’oggetto sociale del committente, cioè
non deve riferirsi ad attività normalmente svolta dall’impresa.
23
• i compensi indicati nel contratto non possono essere inferiori ai minimi
salariali stabiliti dalla contrattazione collettiva relativa al settore di
attività per i lavoratori subordinati equiparabili.
Cessazione:
• al momento della realizzazione del progetto
• da entrambe le parti per giusta causa
• per volontà del collaboratore dando il preavviso (purché l’ipotesi sia
prevista dal contratto individuale)
• per volontà del datore di lavoro se emergono “oggettivi profili di
inidoneità professionale del collaboratore tali da rendere impossibile
la realizzazione del progetto”. Il recesso del committente dai rapporti
di collaborazione coordinata e continuativa deve essere impugnato
entro 60 giorni dalla sua comunicazione.
Si presumono essere collaboratori coordinati e continuativi ai quali va
applicata la normativa sul lavoro a progetto i titolari di partita IVA in
presenza di determinate condizioni (almeno due delle seguenti tre):
• durata complessiva della collaborazione superiore a otto mesi annui
per due anni consecutivi;
• corrispettivo derivante da tale collaborazione integrante più dell’80%
dei corrispettivi complessivamente percepiti dal collaboratore
nell’arco di due anni solari consecutivi;
• assegnazione di una postazione fissa di lavoro al collaboratore presso
una delle sedi del committente.
5. Appalto
• È confermata la responsabilità solidale dell’appaltante e dei
subappaltanti per i debiti del datore di lavoro.
• E’ però previsto che i contratti collettivi nazionali, sottoscritti da
organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative del
settore, possano escludere questa responsabilità solidale.
• La responsabilità solidale copre “i trattamenti retributivi, comprese le
quote di trattamento di fine rapporto, nonché i contributi previdenziali
e i premi assicurativi dovuti in relazione al periodo di esecuzione del
contratto di appalto, restando escluso qualsiasi obbligo per le sanzioni
civili di cui risponde solo il responsabile dell’inadempimento”.
24
• E’ confermato che l’azione giudiziaria contro l’appaltante deve iniziare
entro 2 anni dalla fine dell’appalto.
• La causa deve essere promossa anche nei confronti dell’appaltatore e
degli eventuali subappaltanti di tutta la filiera.
• E’ stata introdotta una regola fortemente svantaggiosa per i lavoratori
delle imprese appaltatrici:
l’appaltante nella prima difesa può eccepire il beneficio della
preventiva escussione del patrimonio dell’appaltatore e degli eventuali
subappaltatori senza neanche più, come era prima, il dovere di indicare
i beni dell’appaltatore su cui il lavoratore potrebbe soddisfarsi altrimenti;
in pratica non si potranno più garantire ai lavoratori dei rapidi recuperi di
crediti perché, dopo la condanna,
sarà necessario dapprima ultimare la procedura esecutiva (pignoramenti,
vendite ecc.) nei confronti dell’appaltatore e solo successivamente si potrà
pretendere il pagamento dall’appaltante.
25
INDICAZIONI FINALI
Arriva una lettera di contestazioni disciplinari…
Cosa fare:
• rivolgersi immediatamente al proprio sindacato oppure al proprio
avvocato;
• predisporre un pro-memoria dei fatti oggetto di contestazione,
circostanziato e dettagliato con precisione, al fine di facilitare il compito
di chi provvederà a redigere la lettera di controdeduzioni;
• diffidare della propria memoria: occorre mettere per iscritto ogni cosa,
infatti, a distanza di tempo ed in circostanze di stress dovute all’emozione
è facile dimenticarsi particolari e circostanze utili alla difesa;
• procurarsi (laddove possibile) copie di documenti, testimonianze e
tutto ciò che possa risultare utile alla difesa;
• inviare la lettera di controdeduzioni all’azienda entro i termini stabiliti per
raccomandata a.r. (in subordine si può consegnare una “raccomandata
a mano”, apponendo questa dicitura sulla lettera e facendosi rilasciare
ricevuta della consegna, con data e firma dell’incaricato aziendale, su
una fotocopia della stessa lettera di controdeduzioni);
• conservare copia della lettera di contestazione e copia della lettera
di controdeduzioni, insieme con ricevuta della raccomandata e della
cartolina di ritorno (o alla copia firmata per ricevuta);
Cosa non fare
• pensare di cavarsela da soli (talvolta su consiglio della stessa azienda…)
• non contattare il sindacato o chiamarlo quando è troppo tardi o,
peggio, quando “la frittata è fatta”;
• firmare dichiarazioni o ammissioni di colpa o altri documenti proposti
dall’azienda (spesso su “consiglio” dell’azienda o a seguito di minacce
più o meno velate);
• rilasciare dichiarazioni spontanee o su pressioni dell’azienda che
possono ritorcersi contro o fornire all’azienda nuove informazioni ed
altro materiale di contestazione (spesso gli incaricati dell’azienda, con
minacce o promesse di benevolenza, cercano di ottenere dagli stessi
lavoratori quelle informazioni che non sono stati in grado di raccogliere
direttamente o sulle quali non hanno certezze, dopodiché le usano
contro lo stesso lavoratore o contro altri colleghi;
26
Conclusione
• rispettate sempre le norme di legge, le norme contrattuali ed i
regolamenti interni;
• osservate gli obblighi di fedeltà e gli altri previsti dal rapporto di lavoro
subordinato e dalla vostra mansione;
• ricordate che avete anche dei diritti e che potete farli valere, esercitandoli
nei modi e nei tempi previsti:
• non lasciatevi né suggestionare né intimorire dalle promesse o dalle
minacce aziendali: la banca fa la sua parte, voi fate la vostra;
• fidatevi di chi stà dalla parte dei lavoratori ed ha esperienza di queste
cose: il sindacato c’è per questo;
27
Allegato A
Spett.le
Commissione di Conciliazione
C/o Direzione Provinciale del Lavoro
Via………………n. Città……………………
Spett.le
Banca ………………
Via………………n. Città…………………….
Oggetto : Tentativo di conciliazione
Ex Dlgs.80/98 e successive modifiche.
Spett. Commissione di Conciliazione,
siamo a formularVi la presente in nome e per conto della/
del………………………. in servizio presso Codesto Istituto di Credito
con la qualifica di……………………..che altresì sottoscrive la presente ad
ogni effetto legale e contrattuale eleggendo domicilio presso la Scrivente
Organizzazione Provinciale Via…………n.
Tel………………
Si richiede la convocazione presso codesta Spett.Commissione al fine di
espletare tentativo di conciliazione, in merito alla controversia in essere
tra il Lavoratore medesimo e l’Istituto di Credito in indirizzo e relativa a:
…………………………………….……………………….(es . impugnazione
provvedimento disciplinare della sospensione irrogato con lettera
del………………….n. prot. ………………… pervenuto il……….….)
Restiamo conseguentemente in attesa della Convocazione da parte della
Commissione stessa, fermi restando peraltro gli effetti di cui all’art.410 bis,
secondo comma C.P.C., per cui - una volta decorso il termine ivi previsto - la
procedura si riterrà espletata ed il lavoratore sarà libero di adire l’autorità
giudiziaria.
Distinti Saluti
Luogo e data firma del lavoratore firma per il Territoriale FIBA CISL
28
Allegato B
RACCOMANDATA A.R
Spett. Istituto di Credito
ViaCittà
E p.c. Sindacato Territoriale FIBA CISL
ViaCittà
Oggetto: Impugnativa Licenziamento.
Spett. Istituto,
Sono a comunicarVi formalmente a mezzo della presente ad ogni effetto
di legge e di contratto la mia volontà di impugnare il licenziamento
da Voi comunicatomi con lettera del………………..e pervenutami in
data…………, in quanto illegittimo ed infondato e comunque privo di
giusta causa o giustificato motivo.
Mi riservo naturalmente anche a mezzo del Sindacato Provinciale FIBA
CISL che ci legge per conoscenza ogni ogni opportuna azione nelle debite
sedi a tutela e salvaguardia del mio buon diritto.
f.to
Il lavoratore
Luogo………………………. data……………
___________________________
nome cognome
indirizzo del mittente
STAMPA ECOCOMPATIBILE
Questo opuscolo è stampato su carta Revive, riciclata 100%.
Nel processo di foto formatura sono usate lastre No-process (NO sviluppi chimici) e per la stampa vengono usati
inchiostri a base vegetale (NO prodotti a base petrolifera)
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