L’ESERCIZIO DEL POTERE DISCIPLINARE DEL DATORE DI LAVORO 18 novembre 2014 Art. 2086 c.c. – (Direzione e gerarchia nell’impresa). L’imprenditore è il capo dell’impresa e da lui dipendono gerarchicamente i suoi collaboratori. Art. 2094 c.c. – (Prestatore di lavoro subordinato). È prestatore di lavoro subordinato chi si obbliga mediante retribuzione a collaborare nell’impresa, prestando il proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione dell’imprenditore. Art. 2104 c.c.– (Diligenza del prestatore di lavoro). Il prestatore di lavoro deve usare la diligenza richiesta dalla natura della prestazione dovuta, dall'interesse dell'impresa e da quello superiore della produzione nazionale. Deve inoltre osservare le disposizioni per l'esecuzione e per la disciplina del lavoro impartite dall'imprenditore e dai collaboratori di questo dai quali gerarchicamente dipende. Art. 2105 c.c. – (Obbligo di fedeltà). Il prestatore di lavoro non deve trattare affari, per conto proprio o di terzi, in concorrenza con l'imprenditore, né divulgare notizie attinenti all'organizzazione e ai metodi di produzione dell'impresa, o farne uso in modo da poter recare ad essa pregiudizio. Art. 2106 c.c. – (Sanzioni disciplinari). L'inosservanza delle disposizioni contenute nei due articoli precedenti può dar luogo all'applicazione di sanzioni disciplinari, secondo la gravità dell'infrazione (96 att.). Art. 7 – (Sanzioni disciplinari). Le norme disciplinari relative alle sanzioni, alle infrazioni in relazione alle quali ciascuna di esse può essere applicata ed alle procedure di contestazione delle stesse, devono essere portate a conoscenza dei lavoratori mediante affissione in luogo accessibile a tutti. Esse devono applicare quanto in materia è stabilito da accordi e contratti di lavoro ove esistano. Il datore di lavoro non può adottare alcun provvedimento disciplinare nei confronti del lavoratore senza avergli preventivamente contestato l’addebito e senza averlo sentito a sua difesa. Il lavoratore potrà farsi assistere da un rappresentante dell’Associazione sindacale cui aderisce o conferisce mandato. Fermo restando quanto disposto dalla legge 15 luglio 1966, n. 604, non possono essere disposte sanzioni disciplinari che comportino mutamenti definitivi del rapporto di lavoro; inoltre la multa non può essere disposta per un importo superiore a quattro ore della retribuzione base e la sospensione dal servizio e dalla retribuzione per più di dieci giorni. In ogni caso, i provvedimenti disciplinari più gravi del rimprovero verbale non possono essere applicati prima che siano trascorsi cinque giorni dalla contestazione per iscritto del fatto che vi ha dato causa. Salvo analoghe procedure previste dai Contratti collettivi di lavoro e ferma restando la facoltà di adire l'Autorità giudiziaria, il lavoratore al quale sia stata applicata una sanzione disciplinare può promuovere, nei venti giorni successivi, anche per mezzo dell'associazione alla quale sia iscritto ovvero conferisca mandato, la costituzione, tramite la Direzione Provinciale del Lavoro, di un Collegio di conciliazione ed arbitrato, composto da un rappresentante di ciascuna delle parti e da un terzo membro scelto di comune accordo o, in difetto di accordo, nominato dal direttore dell'Ufficio del lavoro. La sanzione disciplinare resta sospesa fino alla pronuncia da parte del Collegio. Qualora il datore di lavoro non provveda, entro dieci giorni dall'invito rivoltogli dalla Direzione, a nominare il proprio rappresentante in seno al Collegio di cui al comma precedente, la sanzione disciplinare non ha effetto. Se il datore di lavoro adisce l'Autorità giudiziaria, la sanzione disciplinare resta sospesa fino alla definizione del giudizio. Non può tenersi conto ad alcun effetto delle sanzioni disciplinari decorsi due anni dalla loro applicazione. Predisposizione del codice disciplinare Contenuto del codice disciplinare Pubblicità del codice disciplinare La procedura per l’irrogazione delle sanzioni disciplinari si articola nelle seguenti fasi: preventiva contestazione del fatto compiuto dal dipendente; preventiva audizione a difesa del dipendente (su richiesta dell’interessato); irrogazione della sanzione. Art. 7 comma 2 Legge 300/70 Il datore di lavoro non può adottare alcun provvedimento disciplinare nei confronti del lavoratore senza avergli preventivamente contestato l’addebito e senza averlo sentito a sua difesa. a) può essere fatta dal datore o dai diretti superiori del dipendente resosi colpevole della condotta punibile; b) deve essere fatta per iscritto (fa ovviamente eccezione il rimprovero verbale: perché si possa classificare come sanzione disciplinare tuttavia, dovrà restarne traccia scritta nella cartella personale del dipendente); c) deve essere immediata rispetto all’accadimento o alla notizia dello stesso. d) deve essere fatta pervenire all’interessato in qualunque modo (atto di natura recettizia). e) deve essere specifica, nel senso che deve contenere l’esposizione puntuale delle circostanze essenziali del fatto imputabile al dipendente: ciò al fine di consentire a quest’ultimo il pieno esercizio del suo diritto di difesa. f) deve essere immutabile nel senso che fatto contestato e fatto posto a fondamento della sanzione devono sostanzialmente coincidere. Chi chi ha commesso l’infrazione Quando in quale giorno, ora, turno etc Dove in quale luogo, area, reparto etc Cosa cosa ha fatto o omesso di fare su che cosa o nei confronti di chi Come come si è svolta l’infrazione (modalità, azioni, parole etc) La sospensione cautelare è una misura di carattere provvisorio e strumentale all'accertamento dei fatti relativi alla violazione da parte del lavoratore degli obblighi inerenti al rapporto e non può protrarsi oltre la conclusione del procedimento disciplinare.. Può essere prevista dalla contrattazione collettiva ma, in caso contrario, il datore di lavoro, in presenza dei presupposti, ha il potere di esercitarla. Fatte salve diverse previsioni della contrattazione collettiva, il datore di lavoro è tenuto a corrispondere la retribuzione durante la sospensione cautelare. Il lavoratore può produrre, entro 5 giorni dalla contestazione, le proprie difese e controdeduzioni in forma orale o scritta. L’art. 7 Legge 300/70 prevede che le sanzioni più gravi del rimprovero verbale possono essere irrogate soltanto dopo 5 gg. dal ricevimento della contestazione. La giurisprudenza ha rilevato quanto segue: a) nel computo del termine non si tiene conto del dies a quo, cioè del giorno in cui il lavoratore è stato portato a conoscenza della contestazione nei modi prescritti, mentre si conta l’ultimo giorno: questo significa che i 5 giorni cominciano a decorrere dal giorno successivo a quello in cui il lavoratore è stato portato a conoscenza della contestazione nei modi prescritti; b) nel computo si tiene conto anche dei giorni festivi intermedi; nell’ipotesi in cui l’ultimo dei 5 gg. coincida con un giorno festivo, la scadenza del termine deve essere prorogata al primo giorno successivo non festivo (la Corte di Cassazione tuttavia, in una sua decisione - Cass. 1993, n.1000 - ne ha ammesso la computabilità); c) il termine di 5 gg. è inderogabile, nel senso che esso deve sempre essere rispettato, anche quando il lavoratore abbia presentato le sue giustificazioni prima della scadenza del termine stesso (così Cassazione 22 aprile 1997, n. 3498 e 7 settembre 2000, n. 11806). NB il termine in esame riguarda l’irrogazione formale e non la sua esecuzione materiale che può anche essere successiva nel tempo. Per il legittimo esercizio del potere disciplinare è necessario che vi sia proporzionalità tra la infrazione commessa e la sanzione irrogata. L’irrogazione formale delle sanzioni disciplinari è regolata dalla contrattazione collettiva; di norma essa prevede che la comminazione del provvedimento: sia effettuata per iscritto; sia motivata: in proposito la Cassazione (sentenze n. 5333 del 1992 e n. 4659 del 1993) ritiene idonea la motivazione anche se enunciata con rinvio integrale alla contestazione dell’addebito, con la conseguenza che all’azienda che decide di irrogare la sanzione è sufficiente richiamarsi ai fatti ed ai motivi già dedotti in sede di contestazione. NB Nel caso in cui il lavoratore abbia fornito le proprie giustificazioni, è peraltro opportuno redigere una motivazione completa e sufficiente, chiarendo anche i motivi per i quali si è deciso di non accettare le motivazioni che sono state fornite. Proporzionalità: Le sanzioni devono essere proporzionate all’infrazione commessa (art. 2106 c.c.) e devono essere applicate secondo un principio di gradualità (il fatto, se ripetutosi, verrà sanzionato in modo progressivo con sanzioni sempre più pesanti); tempestività: l’irrogazione della sanzione deve essere tempestiva rispetto al fatto contestato, nel rispetto di eventuali termini previsti dalla contrattazione collettiva immodificabilità: La contestazione è immodificabile, in quanto la sanzione deve corrispondere al fatto originariamente contestato L’applicazione della sanzione disciplinare può essere successiva all’irrogazione della sanzione disciplinare. La sanzione sarà successivamente applicata, tenuto conto di eventuali ragioni organizzative (es. l’attesa del pagamento della retribuzione per poter trattenere l’eventuale multa). Sulla relazione di proporzionalità fra il fatto commesso e la sanzione applicata influisce nella valutazione l’eventuale recidiva, vale a dire la circostanza che una determinata infrazione sia già stata commessa e sanzionata (nell’arco di tempo di due anni). La recidiva, o comunque i precedenti disciplinari che la integrano, deve formare oggetto di preventiva contestazione al lavoratore, a pena di nullità della sanzione. Non si può tener conto delle sanzioni disciplinari irrogate trascorsi due anni dalla loro applicazione. In taluni casi la contrattazione collettiva prevede un termine finale per l’adozione della sanzione, stabilendo che la mancata irrogazione della sanzione entro questo termine costituisce implicitamente accettazione delle giustificazioni fornite dal lavoratore. Il contratto dell’Industria Metalmeccanica per esempio, prevede che «in mancanza di irrogazione della sanzione entro 6 giorni da quello nel quale sono state fornite le giustificazioni del lavoratore, queste dovranno intendersi accolte». L’art. 7 stabilisce che, salvo l’ipotesi di cd. licenziamento disciplinare (legge 1966, n. 604), non è consentita l’irrogazione di sanzioni che comportino mutamenti definitivi del rapporto di lavoro: questo significa che sono ammissibili soltanto le cd. sanzioni conservative. La contrattazione collettiva di norma prevede, in ordine di crescente gravità: Rimprovero o richiamo verbale Ammonizione scritta Multa Sospensione Licenziamento Le infrazioni devono essere proporzionate all’infrazione commessa e devono essere applicate secondo un principio di gradualità (il fatto, se ripetutosi, verrà sanzionato in modo progressivo con sanzioni sempre più pesanti). Ha natura disciplinare il recesso comminato a seguito di gravi (giustificato motivo soggettivo) ovvero gravissime e irreparabili mancanze commesse dal lavoratore (giusta causa) che dà luogo al c.d. licenziamento in tronco. NOZIONE DI G.M.S.: il licenziamento per g.m.s. con preavviso è determinato da un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali del lavoratore (art. 3, Legge 604/1966). NOZIONE DI G.C. (art. 2119 c.c.): ciascuno dei contraenti può recedere dal contratto prima della scadenza del termine, se il contratto è a tempo determinato, o senza preavviso, se il contratto è a tempo indeterminato, qualora si verifichi una causa che non consenta la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto. Ne consegue che: 1) la giusta causa sussiste in presenza di condotte gravissime del lavoratore che minano in maniera definitiva il rapporto fiduciario con il datore di lavoro; 2) ogni licenziamento per giusta causa ha natura ontologicamente disciplinare; ha disposto che la decorrenza del licenziamento disciplinare retroagisce al momento della contestazione (art. 1 c.41 Legge 92/2012); ha previsto l’obbligo generalizzato di specificazione dei motivi nella stessa comunicazione del licenziamento; ha introdotto un nuovo regime meramente risarcitorio (da 6 a 12 mensilità), per i licenziamenti affetti da vizi della procedura ex art. 7 Statuto dei Lavoratori; N.B. per le imprese fino a 15 dipendenti, quasi nulla è cambiato rispetto al passato e quindi, in caso di licenziamento illegittimo (per insussistenza di giusta causa o giustificato motivo soggettivo) per tali imprese rimane la mera tutela obbligatoria di cui all'art. 8 della l. 604/66 e cioè il datore di lavoro è tenuto a riammettere in servizio il lavoratore licenziato o in mancanza a risarcirlo con un’indennità nella misura tra 2,5 e 6 mensilità. PRIMO REGIME – REINTEGRA E RISARCIMENTO (MAX 12 m.): inesistenza del fatto contestato o condotta punibile con una sanzione conservativa sulla base del c.c.n.l. – art. 18 c. 4 ; SECONDO REGIME – TUTELA OBBLIGATORIA (da 12 a 24 m.): mancanza degli estremi del g.m.s. o della g.c. – art. 18 c. 5 ; TERZO REGIME – TUTELA RISARCITORIA (da 6 a 12 m.): violazione delle regole procedurali previste dall’art. 7 L. 300/70 o di mancanza di motivazione nella comunicazione del licenziamento – art. 18 c.6 . L’asserita illegittimità della sanzione potrà derivare sia dalla violazione di una norma procedimentale, sia dall’insussistenza dell’addebito, sia dalla non proporzionalità della sanzione irrogata. In questi casi il dipendente può alternativamente: 1) può richiedere l’attivazione della procedura conciliativo-arbitrale prevista dall’art. 7; 2) può adire direttamente l’Autorità Giudiziaria. Il dipendente entro il termine tassativo di 20 gg. dalla comunicazione del provvedimento disciplinare ha la facoltà di richiedere la costituzione alla Direzione Territoriale del Lavoro, di un Collegio di conciliazione ed arbitrato composto da un rappresentante per la parte sindacale e da uno per quella datoriale e da un terzo membro scelto di comune accordo o, in difetto di accordo, nominato dal Direttore della Direzione. L’attivazione della procedura di conciliazione comporta la sospensione della sanzione disciplinare. Il ricorso dinanzi all’Autorità Giudiziaria ordinaria, presenta queste caratteristiche: B) il ricorso all’Autorità Giudiziaria non è soggetto al termine di decadenza di 20 gg. previsto dall’art. 7 per l’attivazione della procedura di conciliazione: questo significa che la sanzione irrogata può essere impugnata davanti al giudice fino a che non è scaduto il termine di prescrizione ordinaria (10 anni); C) il ricorso all'Autorità Giudiziaria non determina la sospensione della sanzione, che quindi può essere normalmente irrogata.