Identità e videogiochi: essere qualcuno nei mondi virtuali Dott.Massimiliano Marzocca Psicologo [email protected] www.massimilianomarzocca.it Cell 347.0747411 Un aspetto delle Nuove tecnologie legato particolarmente ai videogiochi è la promozione dell’identità. Tenere un blog sulla nostra vita e sulle nostre opinioni ci permette di creare contenuti fruibili da tutti, ma ci spinge a riflettere su noi stessi, a rielaborare e sintetizzare della nostra personalità e a prendere decisioni su cosa vogliamo esporre all’attenzione degli altri. Giocare ad un videogioco, dove l’azione dell’utente si esprime attraverso personaggi, significa immettere parte di se stessi in un mondo virtuale attraverso la coordinazione delle azioni di qualcuno fino ad essere effettivamente, nei suoi panni. L’identità è qualcosa che viene costruito durante l’esperienza quotidiana ed è potenzialmente sensibile a numerosi cambiamenti. Nell’essere umano è insita la capacità di assumere temporaneamente un’identità differente rispetto alla propria, senza che tale pratica rifletta la presenza di una dissociazione patologica: nel corso della nostra vita ci siamo infatti “sperimentati” spesso attraverso l’assunzione di modi di fare e di essere, cercando di riconoscere quelli che meglio potevano rappresentarci. Tale capacità può ancora essere chiamata in causa, in particolare in contesti di gioco e recitazione, come testimoniano gli studiosi delle attività di role-playing e i creatori di veri e propri metodi psicoterapeutici basati sull’assunzione di ruoli e identità stabiliti. Mettere in luce il carattere fluido e modificabile di ciò che pensiamo e sappiamo della nostra persona: questo è il punto di partenza. Gee (2003) ha formulato una teoria che sistematizza il gioco identitario in tre entità distinte: l’identità reale (quella della persona seduta davanti al dispositivo) Gee (2003) ha formulato una teoria che sistematizza il gioco identitario in tre entità distinte: l’identità reale (quella della persona seduta davanti al dispositivo) l’identità virtuale (le caratteristiche del personaggio che si muove nel videogioco) Gee (2003) ha formulato una teoria che sistematizza il gioco identitario in tre entità distinte: l’identità reale (quella della persona seduta davanti al dispositivo) l’identità virtuale (le caratteristiche del personaggio che si muove nel videogioco) l’identità proiettiva (rappresentazione dei significati e dei caratteri selezionati che dall’identità reale vengono trasportati in quella fittizia L’identità proiettiva si caratterizza in quanto “canale” di trasmissione di informazioni che permette un effettivo legame tra l’esperienza psichica dell’io e la sua manifestazione in un monfo generato dal computer. Permette all’utente di sperimentare un vissuto all’interno di un ambiente che differisce da quello fisico, in cui si trova il suo corpo. Murphy (2004) asserisce: “quando gioco, sono sia il giocatore che il personaggio nello stesso momento”. Per esempio in Second Life, che è un mondo virtuale che cerca di riprodurre un mondo reale, è più frequente trovare personaggi che somiglino effettivamente ai loro proprietari: ciò non accade invece in World of Warcraft, in quanto, essendo un mondo fantastico, propone al giocatore la scelta tra possibili razze fantasiose per i suoi personaggi. Identità Proiettiva 1 Identità Proiettiva 2 Identità Proiettiva 3 Identità Proiettiva 4 Ducheneaut e i suoi colleghi, intervistando 180 persone a proposito della relazone tra la loro identità e quella del loro personaggio virtuale, hanno evidenziato 3 particolari fattori di analisi dell’identità proiettiva: 1. Sé ideale (“Creo personaggi che sono versioni idealizzate di me stesso”, “le caratteristiche dei miei personaggi sono le caratteristiche che vorrei io stesso”) 2. Distinguersi dalla massa (“Creo personaggi il più originali possibili”, “creo personaggi dal look non convenzionale”, “creo personaggi che sono il più possibile diversi da me”) 3. Seguire un trend (“Creo personaggi che assomigliano a delle celebrità o a persone che mi piacciono”, “creo personaggi che riflettono un trend popolare”) E’ una rappresentazione grafica che serve all’utente per rappresentare la propria utenza. Può consistere in un’immagine statica oppure in una figura bidimensionale o tridimensionale. Un avatar è considerabile “tutto ciò che rappresenta l’utente” La prima funzione che un avatar può svolgere è quella propriamente relazionale: gli avatar hanno il solo obiettivo di identificare l’autorità dei messaggi, dei commenti, e in generale, degli atti comunicativi dell’utente. Non ha necessariamente una forma umanoide Non è sempre personalizzabile La seconda funzione degli avatar è invece quella agentiva: si tratta in questo caso degli avatar che riproducono fisicamente delle azioni, gestite dall’utente attraverso comandi più o meno complessi, all’interno di un ambiente virtuale; questi avatar servono, ad agire nell’ambiente, mentre quelli relazionali servono primariamente a comunicare e a esprimere pensieri ed emozioni. Questo tipo di avatar è caratterizzato dall’essere dinamico e dalla necessità di essere guidato dai comandi dell’utente che in esso si identifica. Inoltre: Tende ad avere una forma umanoide (animale, oggetto, forma geometrica) È È sempre animato (a volte) altamente personalizzabile e/o sottoposto a cambiamenti, come spesso accade nei videogiochi di ruolo (RPG) Alcuni studiosi considerano l’avatar come una diretta estensione della volontà dell’utente; altri sembrano invece mettere in luce l’autonomia della figura dell’avatar, considerandolo un alter ego dell’utente con cui quest’ultimo si relaziona. Il personaggio è differente da me e sono tenuto a “prendere” la sua identità così com’è allo scopo di godere delle proprietà di fiction dell’ambiente virtuale: posso immedesimarmi interamente o, in alternativa, guidare le sue azioni in assenza di uno sforzo identitario e seguire le sue reazioni autonome come uno spettatore esterno. Il personaggio è più o meno “libero” o meglio “vuoto” dal punto di vista dell’identità, e mi è permesso inserirvi me stesso come personalità. L’avatar estensione è quello che maggiormente interessa uno studio dell’identità: i rappresentanti più importanti di questa categoria sono gli avatar dei videogiochi RPG (Role Playing Game). Creare un personaggio/identità, o acquisirne uno modificandone alcune caratteristiche, significa mettere in atto un processo identitario nel senso che le regole e le opportunità offerte dal medium mi muovono a utilizzare del materiale dell’io per dare vita a una rappresentazione di me stesso che può avere in comune con me più o meno tratti fisici e caratteriali. La maggior parte dei videogiochi forniscono la possibilità agli utenti di giocare tra loro mediante connessione Internet: ad esempio MMORPG (Massive Multiplayer Online Role Playing Game). Questi risultano essere maggiormente legati a fenomeni patologici quali la dipendenza e sono particolarmente caratterizzati dall’aspetto sociale. Giocare nella solitudine della propria stanza è ben diverso dallo sperimentare attraverso il mio avatar un mondo ove si muovono altri avatar comandati da persone vere. Mentre gioco, la presenza degli altri mi appare nei termini della comunità (nei confronti della quale sviluppo il senso di appartenenza), della partecipazione (che mi muove ad attuare comportamenti di cooperazione/competizione) e della “audience” (le mie azioni vengono riconosciute e/ giudicate dagli altri). Sapere che nell’ambiente in cui mi muovo sono presenti altre persone caratterizza potenzialmente ogni mia azione in termini comunicativi. E’ impossibile giocare a un gioco di questo tipo senza collaborare con gli altri. Si manifesta un processo differente che si lega al concetto di intenzione comunicativa. L’atto di creare un avatar e di caratterizzarlo in un certo modo è da considerarsi basato su un’intenzione potenzialmente comunicativa: - comunicare qualcosa agli altri attraverso questa comunicazione, generano in loro degli effetti Posto che l’avatar rappresenta un’utente/persona che cosa, nell’avatar, rimane e che cosa è invece assente? Ciò che rimane nell’avatar sono elementi selezionati del materiale identitario. Tra l’utente e il personaggio, nel contesto delle esperienze mediate, si instaura uno scambio di significati ed emozioni che porta alla creazione di qualcosa di nuovo, similmente a ciò che accade nella vita reale con il proprio sé in costante divenire. Quali sono le funzioni psicologiche dell’avatar? Innanzitutto due ruoli: comunica e agisce Può intrattenere relazioni Come funziona la relazione tra i due enti? L’avatar: - può essere più o meno indipendente da noi può risultare volutamente “annullato” dal punto di vista identitario fornisce la possibilità di “inserire” la nostra identità nella sua azione sullo schermo (avatar estensione) può disporre di una personalità fortemente caratterizzata può connotare individualmente i propri comportamenti fino a costituire una figura a sé stante con la quale si instaura un dialogo fittizio o un processo di immedesimazione (avatar alter ego) Gli avatar danno ai videogiocatori un corpo surrogato. Per esempio, nel premere il tasto che indica all’avatar virtuale di saltare, i bambini effettuino loro stessi un salto. Nei videogiochi abbiamo quindi un coinvolgimento molto elevato a livello corporeo. I giocatori investono moltissimo tempo, energia, scelte e desideri nei loro avatar. Il legame con questo personaggio virtuale diventa piuttosto “personale” ed intimo. Avere a che fare con un avatar è un po’ come avere a che fare con un cucciolo. Avere un avatar preimpostato è invece un po’ come adottare un animale che ha già qualche anno. In entrambi i casi, crescerli è interessante e dà luogo ad un forte senso di investimento e coinvolgimento. Sono risorse incredibili nel determinare un senso di investimento da intendersi come “prendo cura di qualcosa perché mi coinvolge profondamente”.