Politiche sociali Lavinia Bifulco TESTI Testi Testi per studentesse e studenti frequentanti Bifulco L. (2010) Strumenti per la programmazione negoziale. I Piani sociali di zona e i Contratti di quartiere, in La Rivista Italiana di Politiche Pubbliche, 2. Bifulco L., Bricocoli M., Monteleone R (2008), Welfare locale e innovazioni istituzionali. Processi di attivazione in Friuli-Venezia Giulia, in La Rivista delle politiche sociali, 2. Carabelli G., Facchini C. (a cura di), Il modello lombardo di welfare, Angeli, Milano (capitolo 2). Castel R. (2004), L’insicurezza sociale. Cosa significa essere protetti?, Einaudi, Torino (parti scelte) De Leonardis, O., Deriu M., (2012), Il futuro nel quotidiano, Egea, Milano (parti scelte) Testi per studentesse e studenti non frequentanti Bifulco L. (2010) Strumenti per la programmazione negoziale. I Piani sociali di zona e i Contratti di quartiere, in La Rivista Italiana di Politiche Pubbliche, 2. Bifulco L., Bricocoli M., Monteleone R (2008), Welfare locale e innovazioni istituzionali. Processi di attivazione in Friuli-Venezia Giulia, in La Rivista delle politiche sociali, 2. Carabelli G., Facchini C. (a cura di), Il modello lombardo di welfare, Angeli, Milano (tutto). Castel R. (2004), L’insicurezza sociale. Cosa significa essere protetti?, Einaudi, Torino (tutto). Kazepov Y. (2009), La dimensione territoriale delle politiche sociali in Italia, Carocci, Roma (tutto). Alcune premesse…. Riepilogo Strumenti concettuali Spesa sociale Modelli di welfare Titmuss; Esping-Andersen; Ferrera; Saraceno 1) Modello universalistico-istituzionale, della cittadinanza sociale (socialdemocratico, area scandinava): Basato sui diritti dei cittadini (eguaglianza di accesso) Ruolo centrale dello Stato, ha forti effetti redistributivi Demercificazione e defamilizzazione Modelli di welfare? 2) Modello corporativo- assicurativolavoristico (Europa centro-continentale, conservatore): Basato sulle contribuzioni dei lavoratori Ruolo dello Stato e della famiglia Presuppone il modello male bread winner Familismo Modelli di welfare? 3) Modello liberale- residuale (Regno Unito, USA, Australia): Basato sull’assistenza ai poveri e ai bisognosi Ruolo residuale dello Stato, importanza del mercato Defamilizza attraverso il mercato Italia: un modello mediterraneo? Misure di tipo corporativo – assicurativo (basate sulle contribuzioni lavorative) Universalismo: sistema sanitario pubblico, 1978 Familismo: centralità del ruolo della famiglia riguardo alla protezione dai rischi sociali e al care, ma sostegno assai scarso alla famiglia, sia finanziario sia servizi (vedi infanzia) Carattere particolaristico – clientelare (Paci) Basso grado di stateness (Ferrera) Frammentazione istituzionale Italia “la vera anomalia del sistema di welfare italiano è nell’inadeguatezza degli ammortizzatori sociali e nell’assenza di misure di sostegno al reddito minimo. Attualmente solo un terzo dei disoccupati beneficia di trattamenti”. Si tratta di dati che contribuiscono a spiegare “il livello di povertà nel nostro paese” che “non solo è superiore alla media ma è anche mal distribuito”. Infatti “il divario territoriale tra nord e sud del paese è impressionante: adottando la stessa soglia di povertà per tutta l’Italia, ne sono al di sotto il 3 per cento dei cittadini veneti e il 30 per cento dei siciliani”. “gli italiani che considerano il loro reddito non adeguato a garantire ciò che è ritenuto necessario sono aumentati dal 35-40 per cento del 1990 a valori intorno al 70 per cento nell’ultimo quinquennio” Tratto da “Rapporto Stato sociale 2010", Capabilities: Amartya Sen Funzionamenti (functioning): “stati di essere e di fare” da cui dipende lo star bene (well being): essere adeguatamente nutriti, stare in buona salute, essere istruiti, avere rispetto di sé, ecc. Capabilities: Libertà di essere e di fare, di scegliere i funzionamenti “nella misura in cui i funzionamenti costituiscono lo star bene, le capacità rappresentano la libertà individuale di acquisire lo star bene” Libertà sostanziali: libertà di fare le cose alle quali si ha motivo di attribuire valore Sviluppo e libertà, Mondadori Capabilities e funzionamenti Fare la dieta ed essere denutrito Capabilities Studio della povertà (non solo deficit di risorse economiche ma deficit di capacitazioni) Lo sviluppo come sviluppo delle libertà sostanziali e delle capacità (indicatori dello sviluppo umano) Studio delle politiche sociali Capabilities (Amartya Sen) Libertà sostanziali e poteri di scelta. Esempio: due maniere diverse di vivere in un ambiente liberato da un rischio di epidemia. • Dare agli individui la libertà di scegliere se restare o partire, basandosi sulle loro preferenze. • Realizzare delle politiche pubbliche che sradichino il rischio di epidemia. Gli individui hanno allora il potere di vivere in un ambiente sano (Salais, 2008) Governance Concetto piglia-tutto…. Pluralità di attori (pubblico e/o privati) coinvolti nelle politiche Indebolimento del principio di autorità e della struttura della gerarchia a favore sia del mercato sia di meccanismi cooperativi Problema del coordinamento Strumenti concettuali Capacità di aspirare: A. Appadurai una capacità culturale che concerne “il modo in cui gli essere umani mettono in gioco il loro stesso futuro (ivi, p. 12) e i quadri normativi da cui prendono forma desideri e immaginazioni sul futuro. Essa è legata alla possibilità di avere un’esperienza complessa delle relazioni che intercorrono tra un ampio raggio di scopi e di mezzi e “di mettere in relazione beni materiali e opportunità immediate con facoltà e opzioni più generali e generiche” (ivi, p. 22), producendo “giustificazioni, narrazioni, metafore attraverso le quali un insieme di beni e servizi viene messo in rapporto con scene e contesti sociali più ampi nonché con più astratte norme e credenze”(ibidem) una “capacità di navigare” che si nutre della possibilità di usare le mappe delle norme per esplorare il futuro, “di formulare ipotesi e contestazioni rispetto al mondo reale” (ibidem) . Capacità di aspirare La capacità di aspirare “fiorisce e sopravvive solo se può essere praticata, utilizzata ripetutamente ed esplorata mediante l’elaborazione di ipotesi e contestazioni (ivi, p.23). Detto altrimenti, attraverso la voice, che è precisamente “la capacità di discutere, contestare, indagare e partecipare criticamente” (ivi, p. 24). Appadurai è molto chiaro sul rapporto fra capacità di aspirare e voice. A suo parere, una delle forme più gravi di povertà è l’impossibilità di avere voce. Di qui il quesito: ”Come si può agire per rafforzare la capacità dei poveri di avere e di coltivare una propria voce, capace di esprimere le proprie proteste? (ivi, p.11)”. Spesa sociale Spesa sociale - dal “Rapporto sulla coesione sociale In Italia, oltre la metà della spesa, la più alta quota fra i Paesi Ue, è assorbita da interventi per anziani, mediante il pagamento di pensioni, rendite e liquidazioni per fine rapporto di lavoro L’area della Previdenza è quella che assorbe la maggior parte della spesa per la protezione sociale: nel 2010 costituisce il 66,3% degli interventi; seguono l’area della Sanità (25,6%) e quella dell’Assistenza (8%); tali quote sono sostanzialmente stabili nel tempo. Nell’ambito degli interventi in campo previdenziale, la gran parte della spesa è relativa a pensioni e rendite, mentre nella Sanità il 47% si riferisce all’assistenza ospedaliera, il 13,4% ad altri servizi sanitari e il 10,4% ai farmaci di contro, risultano marginali gli interventi, i più bassi in Europa, per le funzioni dedicate al sostegno delle famiglie, alla disoccupazione e al contrasto delle condizioni di povertà ed esclusione sociale. Spesa sociale Questa situazione è abbastanza stabile nel corso degli anni; nel 2009 è stato dedicato solo lo 0,3% della spesa per prestazioni relative a rischi di esclusione sociale, contro l’1,4% della media Ue, il 2,8% per politiche legate alla disoccupazione, il 4,9% per il sostegno delle famiglie, contro rispettivamente il 6,2% e l’8% della media Ue15. L’articolazione della spesa sociale italiana è perciò sbilanciata. Invalidità, famiglia, disoccupazione, edilizia sociale e lotta all’esclusione sociale sono sempre assai più basse rispetto alla media dei paesi europei: tra i 27 paesi dell’Ue, l’Italia è al 22° posto per le spese in favore dei disabili, al 24° per le spese in favore della disoccupazione, al 25° per la famiglia e siamo gli ultimi d’Europa (osia 27° su 27) per quanto riguarda la spesa per l’edilizia sociale e per la lotta all’esclusione. Spesa sociale Anche le risorse impiegate nell’ambito della disabilità e in quello sanitario sono inferiori rispetto ai Paesi europei, mentre superiore è la quota destinata ai familiari superstiti, anch’essa correlata con l’aspetto previdenziale. Per quanto riguarda l’Assistenza sociale, su 33.036 milioni di euro, circa i 3/4 sono rappresentati da prestazioni in denaro, fra le quali le pensioni di invalidità civile (15.056 milioni) costituiscono il 45,6% del totale, in lieve aumento rispetto al 2009 (43,1%). Spesa sociale In termini di valori pro-capite l’Italia nel 2008 ha speso circa 6.760 euro Pps, ossia in Standard di potere d’acquisto (ci si riferisce a tale parametro per eliminare le differenze nei livelli dei prezzi tra i Paesi), a fronte di 7.198,7 euro Pps della media Ue15: fra i 15 Paesi considerati. Il Lussemburgo presenta il valore pro-capite più alto, mentre l’Italia occupa il quint’ultimo posto. In termini di percentuale sul Pil, però, queste differenze si attenuano e per il Lussemburgo la situazione si capovolge; nel 2009 il valore per l’Italia (28,4%) risulta di poco inferiore alla media Ue15 (29,1%) e uguale a quello medio dei Paesi Ue27 Spesa sociale Dati Eurostat 2012 (riferiti al 2009) spesa su PIL In media, i 27 paesi dell’Unione europea investono nelle politiche sociali il 28,4% del loro Pil. Questo dato è aumentato costantemente ogni anno, ed ha subìto un salto di quasi 3 punti percentuali tra il 2008 e il 2009, certamente per l’impatto sociale della crisi economica e finanziaria. A prezzi costanti, il salto tra il 2008 e il 2009 è stato addirittura di 6,5 punti percentuali. Svezia, Danimarca, Germania e Francia investono nelle politiche sociali oltre il 30% del Pil. Bulgaria, Romania, Slovacchia e Lettonia meno del 20%. Nel 2010 l’Italia spende per protezione sociale il 29, 8% del PIL Il Lussemburgo investe in protezione sociale 15000 euro per abitante mediamente. I paesi nordici mediamente tra i 9000 e i 10000 euro pro-capite. L’Italia è nella media Ue, con circa 7000 euro per abitante. Tutti i paesi dell’ex blocco socialista sono tra i 2000 e i 5000 euro pro-capite. Prevalenza della spesa per anziani in Italia: questo dato si spiega in gran parte con la più alta percentuale anziani a livello europeo: in Italia gli over 60 sono infatti il 26,1% della popolazione. E fra questi, oltre i 2/3 sono donne, ossia le principali beneficiarie delle prestazioni per i superstiti. Altro elemento da considerare è che le prestazioni del trattamento di fine rapporto (Tfr) vengono calcolate, e questo avviene soltanto nel nostro paese, come spesa pensionistica. Spesa sociale I dati Eurostat sulla spesa sociale sono calcolati sempre al lordo dell’imposizione fiscale e non tengono quindi conto delle risorse che rientrano nelle casse dello Stato nei paesi, come ad esempio l'Italia, dove le pensioni sono tassate. Siamo in fondo alla classifica anche per quanto riguarda l’andamento globale della spesa annua. Tra il 2008 e il 2009, la spesa sociale a prezzi costanti è aumentata del 2,6% nella media Ue, del 3,3% in Olanda, del 4,2% in Spagna, del 7% in Irlanda. Nello stesso periodo, in Italia la spesa sociale è aumentata del 1,5%. Spesa sociale Il Fondo per le politiche sociali è passato dai 584 milioni del 2009 ai 435 del 2010 e arriverà nel 2013 a 44 milioni. Il Fondo per la famiglia è passato dai 346,5 milioni del 2008 ai 52,5 milioni attuali (il taglio è del 71,3%). Il Fondo per l'inclusione sociale degli immigrati, finanziato nel 2007 con 100 milioni, è sparito. Sparito anche il "piano straordinario di intervento per lo sviluppo del sistema territoriale dei servizi socio-educativi per la prima infanzia", che aveva avuto 446 milioni nel triennio 20072209. Scomparso anche il "Fondo per la non autosufficienza".