COMPETITIVITÀ
CONCORRENZA SLEALE
Quando il gioco
si fa
sporco
Documenti di viaggio non in regola, autorizzazioni falsificate,
automezzi poco sicuri. Sono spesso questi i metodi con cui molti
camionisti dell’Est europeo sbaragliano l’offerta italiana.
Lo dimostra un’indagine effettuata dal ministero dei Trasporti
Testi di
Sergio Cuti
e Marina Fanara
Fotografie di
Romana Rocco
16 hp
FEBBRAIO 2008
«A
bbiamo effettuato un monitoraggio campione dal quale
emerge che negli ultimi due
anni, su 2.698 sanzioni a imprese di autotrasporto straniere, ben 1.940 sono state comminate per trasporto internazionale irregolare e per abusivismo». Parola
di Paolo San Giorgio, direttore dell’Ufficio controlli del Dipartimento dei
trasporti terrestri del ministero dei Trasporti. Una fonte autorevole.
Il che dimostra, se fosse ancora necessario, quanto sia fondata l’accusa rivolta
a una parte di autotrasportatori esteri di
rubare il pane ai camionisti italiani utilizzando metodi illegali. Come, per esempio, mettersi alla guida di un mezzo pesante senza documenti né autorizzazioni
in regola, effettuare trasporti abusivi, fingere di svolgere trasporti internazionali
solo per fare cabotaggio clandestino, lavorare in nero per “imprese ombra” straniere trapiantate come funghi in Italia.
Una situazione pesante. Che dura da
troppo tempo. E alla fine il bubbone è
scoppiato. Ecco perché, soffocati da una
concorrenza pesantissima e molto spesso sleale, dovuta soprattutto agli autotrasportatori dell’Est europeo, alcune associazioni di categoria, dopo tre giorni durissimi di fermo del dicembre scorso,
hanno strappato al Viminale la promessa
di emanare un decreto su «modalità e
qualità dei controlli, con particolare attenzione alle procedure applicative nei
confronti dei vettori stranieri». In pratica: più verifiche, di maggior qualità, e applicazione ferrea delle norme che regolano il mercato dei trasporti in Italia nei
confronti dei camionisti esteri. Ma qual
è oggi la situazione? Una risposta la può
dare proprio San Giorgio, messo a capo di
una task force di 1.200 persone che gestiscono i 27 Centri mobili di revisione
utilizzati per i controlli sui mezzi pesanti.
Sia italiani che esteri. Un osservatorio
importante il suo. Per due motivi.
Il primo: questi Centri sono dislocati
in aree del Paese nelle quali diventa possibile intercettare i fenomeni più diffusi
di illegalità nel trasporto merci. Le zone
definite “sensibili” sono il Nord-Est in genere e, in modo specifico, i valichi di Tarvisio e del Brennero, il porto di Trieste e
il nodo di Mestre. Altri punti a rischio di
abusi sono i valichi alpini, le autostrade
liguri, i principali porti nazionali e i nodi
autostradali di Bologna, Firenze, Arezzo
e Roma.
Il secondo motivo: i Centri mobili sono dotati di apparecchiature sofisticate di
ultima generazione, che non solo ispezionano un mezzo pesante da cima a fondo, ma sono in grado di scoprire tutto sui
conducenti: identità, eventuale regolarità
del permesso di soggiorno, autenticità
della patente, validità dell’abilitazione
professionale.
Verificano, inoltre, ogni autista dalla
testa ai piedi (tasso alcolemico, uso di sostanze stupefacenti, tempi di guida e di
riposo, regolarità del rapporto di lavoro) e
analizzano la legittimità delle più svariate autorizzazioni che devono essere obbligatoriamente tenute a bordo dei mezzi pesanti. Tutto questo è possibile perché il “controllo integrato”, a 360 gradi
sul conducente e sul veicolo, con l’ausilio di apparecchiature ipertecnologiche,
è gestito da professionisti selezionati e
che vengono sottoposti a una formazione
continua. Lavorano in pattuglie miste –
formate da appartenenti alle forze dell’ordine e da esperti del ministero dei Trasporti, in tutto 1.200 persone – supportate all’interno dei porti da Finanza, polizia di frontiera e capitanerie di porto.
Camion in attesa
in Slovenia. Proprio
vicino ai confini
di Stato sono dislocati
i Centri mobili
di revisione.
EXTRACOMUNITARI
I PIÙ IRREGOLARI
Veniamo alle cifre. Sui 18.375 mezzi
pesanti fermati nel 2007, il 54% è risultato regolare, mentre sul restante 46% sono state riscontrate delle irregolarità tecniche e amministrative. Iniziamo dalle
prime e da quelle che vengono definite
“irregolarità lievi” perché non rappresentano un pericolo immediato per la circolazione stradale. Del tipo? Una lampadina fulminata.
Questo genere di infrazioni è stato rilevato sul 52% dei camion italiani giudicati irregolari, sul 56% di quelli provenienti da Paesi comunitari e sul 35% di
mezzi pesanti di aziende di autotrasporto
extracomunitarie. Le “irregolarità gravi”
sono state riscontrate sul 65% dei camion
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COMPETITIVITÀ
CONCORRENZA SLEALE
Un convoglio
di camion polacchi.
Secondo la normativa
europea, al momento
non possono offrire
servizi di cabotaggio.
extracomunitari giudicati irregolari, sul
44% di quelli comunitari e sul 48% dei
mezzi pesanti del nostro Paese. Ecco,
dunque, il primo dato sul quale riflettere:
sono soprattutto gli automezzi stranieri –
e in particolare quelli immatricolati nei
Paesi extracomunitari – a evidenziare le
inefficienze più gravi. E, al di là dei pericoli per la sicurezza stradale, che cos’è
questa se non concorrenza sleale? I costi
sborsati per acquistare mezzi nuovi e per
mantenerli perfettamente funzionali vanno, infatti, a incidere sulle tariffe.
Se, infatti, un autotrasportatore extracomunitario compera un camion vecchio
e poi viaggia con gomme lise, freni usurati e il telaio che cade a pezzi, può applicare sconti al committente impraticabili
per un padroncino italiano che deve, invece, ottenere margini tali da poter pagare le rate del leasing del mezzo pesante
nuovo di zecca e far fronte alle spese di
manutenzione per tenerlo efficiente.
Per quanto riguarda le “irregolarità amministrative”, il 7% è stato rilevato a carico dei camionisti italiani, mentre la percentuale delle infrazioni commesse da
autotrasportatori comunitari ed extracomunitari è risultata doppia. Inoltre, c’è
violazione e violazione. Lo precisa San
Giorgio: «Dai dati raccolti si può ragionevolmente sostenere che la quasi totalità delle irregolarità contestate alle imprese straniere è attribuibile all’abusivismo». Un’infrazione grave, che nel nostro
ordinamento (articoli 26 e 46 della legge
298/74 sull’autotrasporto) è punita con
sanzioni salatissime (da 2.065,83 a
12.394,97 euro), con il fermo del veicolo
fino a tre mesi e nei casi più gravi con il
sequestro della merce. «Al contrario»,
aggiunge il dirigente del ministero, «le ir-
regolarità amministrative imputabili agli
italiani si riferiscono per lo più a inadempienze lievi come, per esempio, la
patente dimenticata a casa».
Morale della favola: anche questa tipologia di infrazioni denuncia palesemente il dumping operato dai vettori
esteri contro le più piccole aziende italiane. Infatti, entrare nel Belpaese facendo
trasporto di merci con autorizzazioni false o falsificate, gestire i traffici senza i dovuti permessi, svolgere l’attività mettendo in piedi società fasulle che nascono e
muoiono nel giro di poco tempo non sono solo reati, ma significa fare concorrenza slealissima nei confronti delle
aziende nazionali. Che, invece, devono
pagare le tasse, perdere tempo e denaro
per una svariata documentazione di viaggio, dimostrare la loro capacità finanziaria ed essere obbligati a onerosi corsi di
formazione e prove d’esame per ottenere
il diploma professionale. Inoltre, se l’abusivo estero viene fermato sulla strada
per infrazioni giudicate lievi, la fa anche
franca perché, lo ammette lo stesso San
Giorgio, il più delle volte agli stranieri
non vengono neppure annotate le irregolarità veniali. Anche questi sono soldi risparmiati. Mentre gli italiani i loro “peccati” li devono pagare tutti.
CONTROLLI ANCORA INSUFFICIENTI
Ma la questione non finisce qui: 18
mila verifiche ai mezzi pesanti effettuate
lo scorso anno sono tante o poche? Nessuno vuole buttare la croce addosso ai
professionisti che gestiscono i Centri mobili i quali nel 2007 hanno effettuato il
30% in più di controlli rispetto al 2006.
E, a parità di pattuglie miste, la loro produttività è aumentata del 31% in un anno. Ma, francamente, 18 mila controlli
sono un numero esiguo rispetto alle
aspettative delle associazioni di categoria
che li percepiscono come assolutamente
insufficienti.
Infine: se 3.658 sono stati i camion
stranieri che, lo scorso anno, sono incappati nei 27 Centri, quanti sono quelli, invece, che sono sfuggiti a qualsiasi ispezione? E, poi, fuori dai denti: come mai
sono state così limitate le verifiche sui
vettori esteri rispetto ai 14.717 controlli
sui camionisti italiani? E ancora: al di là
degli accertamenti, si può sapere quanti
sono i camion stranieri che entrano ed
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escono ogni giorno dall’Italia? «Nessuno
lo sa» avverte Maurizio Longo, segretario
di Fita-Cna. «E neppure si conosce qual
è il loro giro d’affari».
Pure sul cabotaggio in Italia, il variegato mondo del trasporto merci che dalle Alpi o dai porti penetra nel Belpaese rimane nebuloso, informe, sconosciuto.
«Secondo le stime, il settore vale dal
5% al 7% del trasporto merci in Italia»
avverte Rocco Giordano, responsabile
Studi, ricerca e sicurezza del Comitato
centrale Albo autotrasporto. Cioè da 75 a
100 milioni di tonnellate all’anno. Tantissime. Ma al di là di stime approssimative, non si riesce ancora a sapere quanti
operatori esteri fanno cabotaggio secondo le regole e quanti, invece, sono gli abusivi. E anche in questo caso rimane il
dubbio che i controlli siano pochi o poco
mirati.Non aiuta a far luce sul fenomeno
l’Unione europea. Che fino a oggi ha gennaio 2009 – i due Paesi potranno fare taggio lungo la Penisola per 30 giorni al
emanato una normativa fumosa, la cabotaggio in Europa.
massimo (continuativi o non) compresi
Due i bienni «di prova», invece, che in un arco di 60 giorni continuativi, con
3118/93, la quale stabilisce che «la prestazione di servizi di trasporto nazionale erano stati stabiliti per cechi, slovacchi e l’obbligo di uscire dall’Italia almeno una
da parte di un’impresa stabilita in un al- autotrasportatori baltici. Il loro termine volta al mese. Un mese ogni due, insomtro Stato» (il cabotaggio, appunto), deve ultimo scadrà il 1° maggio 2008, ma sem- ma. Non solo: chi fa cabotaggio nel noessere «a titolo temporaneo». Che signi- pre Germania, Italia e Austria hanno stro Paese deve richiedere al ministero
fica? La Commissione europea non lo ha chiesto alla Ue di prolungare il periodo di dei Trasporti “un libretto dei resoconti” –
sul quale annotare viaggi, enmai ben definito. «Temporatrate e uscite dal territorio naneo» significa solo non «a ca«DAI DATI RACCOLTI SI PUÒ
zionale – e deve tenerlo a bordo
rattere permanente, frequente
insieme alla licenza comunitao continuo». Ma sulla tempistiRAGIONEVOLMENTE SOSTENERE
ria e all’attestato del conducenca? Il silenzio.
te, se questi è extracomunitaÈ stato invece reso ben chiaCHE LA QUASI TOTALITÀ
rio. Quindi, il gioco è fatto: chi
ro quali sono i Paesi che possoè fermato senza il “libretto” vieno fare cabotaggio: quelli, cioè,
DELLE IRREGOLARITÀ CONTESTATE
ne considerato un abusivo, e
che erano dentro l’Ue prima
quindi punito, secondo l’articodell’allargamento all’Europa
ALLE IMPRESE STRANIERE
lo 46 della legge 298/74, con
dell’Est, quelli che fanno parte
un’ammenda da 2.065,83 a
dello Spazio economico euroÈ ATTRIBUIBILE ALL’ABUSIVISMO»
12.394,97 euro e con il fermo
peo (Islanda, Liechtenstein e
del veicolo per tre mesi. In caso
Norvegia), più Slovenia, Malta
un terzo biennio fino al 2010. Infine, Ro- di reiterazione dell’infrazione, c’è la cone Cipro.
Chi, invece, ne è ancora escluso? Al mania e Bulgaria: anche per loro due fisca del mezzo.
Facile a dirsi. Ma come è possibile scomomento, Ungheria, Polonia, Repubbli- bienni “di prova”. Il primo scadrà nel
prire se un vettore estero sta facendo caca Ceca, Repubblica Slovacca, i Paesi 2009, il secondo nel 2011.
botaggio, e in modo legale o no? Anche la
baltici, Romania e Bulgaria. Sono sopratFrancia e l’Austria si sono poste questo
tutto Germania, Italia e Austria che stan- REGOLE CERTE PER IL CABOTAGGIO
no ritardando la liberalizzazione del caSe la Commissione europea ha sem- interrogativo. E hanno trovato una loro ribotaggio a questi nuovi Paesi membri per pre peccato di genericità non stabilendo sposta. In Austria, sono ammessi solo 60
evitare forti squilibri nei mercati interni. concretamente la durata e la frequenza giorni di cabotaggio l’anno e per periodi
Ecco, infatti, che cosa succederà nei del cabotaggio, ci hanno pensato alcuni che non possono superare i 30 giorni conprossimi anni. Per Ungheria e Polonia, al Stati membri, fra i quali l’Italia. Che ha secutivi. Chi esercita questo diritto deve
primo triennio di “periodo di prova”, ini- disciplinato la materia attraverso vari de- chiedere, come in Italia, il “libretto dei reziato nel 2004, è stato aggiunto un ulte- creti ministeriali. L’ultimo risale al 2005. soconti” e, inoltre, uscire dal territorio auriore biennio alla fine del quale, però – 1° E ha stabilito che è possibile fare cabo- striaco almeno una volta al mese. La soFEBBRAIO 2008
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luzione scelta, quindi, è ben più restrittiva di quella presa nel nostro Paese. La
Francia è stata ancora più severa. I giorni
di cabotaggio ammessi sono solo 45 in un
anno, dei quali non più di
30 consecutivi.
ALLE REGOLE TROPPO
Ma non basta: i vettori
stranieri che fanno traGENERICHE DELLA
sporto nazionale in questo
Paese devono aprire la parCOMMISSIONE EUROPEA
tita Iva francese attraverso
un commercialista transalHANNO SUPPLITO
pino (oppure è il committente che versa l’Iva per
I SINGOLI STATI CON
conto del vettore straniero). Così facendo, la FranNORMATIVE LOCALI.
cia può conoscere il numero degli autotrasportatori
E QUELLA ITALIANA NON
esteri che fanno cabotaggio sul suo territorio, li obÈ LA PIÙ RESTRITTIVA
bliga a versare le tasse e ai
competitor stranieri ha ristretto a un solo mese e mezzo l’anno la
possibilità di fare concorrenza in casa ai
propri camionisti.
Negli altri Stati? La Grecia aveva reagito a muso duro, nel lontano 1998, con
chi faceva cabotaggio: due mesi solo l’anno. La Commissione europea aveva,
però, bloccato la circolare nazionale che
è stata ritirata.
Definitivamente. I greci, a questo pun-
to, hanno imposto un unico obbligo concreto: uscire dal territorio nazionale almeno una volta al mese.
ASPETTANDO LA LEGGE EUROPEA
Anche Gran Bretagna e Germania hanno adottato la normativa europea del 1993
senza definire, però, durata e frequenza
del cabotaggio. Ma i britannici sono dei liberisti in economia, mentre in Germania
c’è un’apposita sezione della polizia di Stato che segue solo il trasporto merci, con oltre un milione di controlli l’anno e, molto
probabilmente, questi agenti sanno perfettamente quali operatori esteri fanno
servizi di trasporto nazionale sul territorio
tedesco in modo temporaneo, a titolo occasionale, a intervalli significativi e non
frequenti. A Bruxelles, l’atteggiamento
francese e austriaco è stato vissuto come
una provocazione. Perché nella Commissione europea ci sono Paesi di piccole dimensioni, come l’Olanda e il Belgio, che
di cabotaggio sono costretti a vivere. Soprattutto in territorio francese e tedesco.
Mentre altre nazioni, quelle del Nord Europa soprattutto, sono favorevoli, comunque, alla completa libertà di circolazione
delle merci.
Una provocazione, certo. Ma anche
una spallata forte per costringere la Commissione a varare una nuova normativa co-
munitaria più puntuale sul tema. La bozza è già pronta: si parla di tre viaggi di cabotaggio in sette giorni. Dei quali l’ultimo
deve essere in uscita dal Paese. Significa
che le percorrenze devono essere, per forza di cose, brevi. La soluzione, al momento, sta bene a Francia e Germania, che dispongono di territori vastissimi, molto meno alla piccola Austria.
Insomma, anche il tema del cabotaggio
rientra nel più generale e spinoso problema della concorrenza sleale. Che colpisce,
come abbiamo visto, (quasi) tutta l’Europa. Ma soprattutto l’Italia dove il settore
dell’autotrasporto è molto più frastagliato
che in altri Paesi membri: 104 mila imprese per un totale di 333.188 addetti dei
quali 198.301 sono dipendenti e 134.887
sono padroncini. Le microaziende rappresentano il 95,2% del totale. E sono proprio
queste a essere schiacciate dai costi e da
una concorrenza spesso fraudolenta.
Cosa intende fare il governo? Lo abbiamo chiesto al sottosegretario ai Trasporti,
Andrea Annunziata: «C’è bisogno di più
controlli e di più controlli specifici. Noi li
faremo. Già a partire da quest’anno. Più
mezzi, più uomini e più competenze. Insieme al ministero degli Interni, come promesso anche dal governo, stileremo un
piano dettagliato di intervento. Sono fiducioso. Molto fiducioso».
Il cabotaggio praticato
in modo sleale colpisce
soprattutto l’Italia,
dove il mondo
dell’autotrasporto
è molto frammentato.
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