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Chissà se Pablo Picasso ha sviluppato la passione per la pittura perché, come tutti
i ragazzi dislessici, trovava più semplice apprendere utilizzando le immagini
anziché le parole. Proprio nei giorni in cui una ricerca condotta dalle Università di
Bergamo e Padova e dall’Irccs di Bosisio Parini ha dimostrato che all’origine
della dislessia c’è un problema visivo, non certo cognitivo – come si
supponeva da tempo: del resto, chi soffre di questo disturbo dell’apprendimento
ha un’intelligenza nella norma o superiore alla norma, vedi Albert Einstein –
Erickson ha dato alle stampe “Nostro figlio è dislessico – Manuale di
autoaiuto per i genitori di bambini con Dsa” (199 pagine, 14,90 euro), firmato
dallo psicologo Gianluca Lo Presti, grande esperto della materia.
Il lavoro di Lo Presti sa essere molto concreto, volendo fornire suggerimenti
operativi alle madri e ai padri che ogni giorno si misurano con figli con Dsa
(moltissimi, si stima siano il 4% della popolazione in età evolutiva). Ragazzi
irritabili e nervosi, oppure apparentemente pigri e svogliati, che a seguito delle
difficoltà incontrate a scuola sviluppano rapporti difficili sia con gli insegnanti che
con i compagni di classe e che, una volta a casa, escogitano mille stratagemmi per
non studiare, cercando di sfuggire alla loro inadeguatezza. Nello stesso tempo,
però, questo libro sa parlare al cuore dei genitori. Che sono caldamente invitati
“a dare priorità al rapporto” con il bambino: “Non guardatelo solo come uno
studente che fallisce (…). La felicità dei vostri figli non è racchiusa in un voto
scritto, ma in ciò che avviene quando è assieme a voi“.
E per chiarire il concetto racconta una sua esperienza professionale che è anche
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una storia bellissima. Protagonista un bimbo di 9 anni che vive da solo con il
papà, perché la mamma lavora lontano da casa: la può sentire solo qualche
minuto la sera, al telefono. Il bambino soffre per una dislessia in
compromissione fonologica: significa che può leggere solo sillabando, senza
comprendere nulla del testo scritto. Ciò nonostante, tutte le sere si addormenta
sforzandosi su un libro senza immagini. Il padre, allibito, si rivolge al dottor Lo
Presti. “Parlo da solo con il bambino”, scrive lo psicologo, “e gli chiedo, un po’
scherzando: ‘Ma non ti annoi (…)? Perché non ti guardi un film, un cartone
animato, oppure giochi a un videogame? Perché provi a leggere, con così tanta
fatica, proprio quel libro senza neppure un’immagine?’. E lui, con fervido orgoglio
e occhi lucidi, mi risponde perentorio, dopo una breve pausa: ‘Questo libro me lo
ha comprato mia mamma, quando sono andato a trovarla a casa sua, e me lo
leggeva tutte le sere quando pioveva e abbracciati stavamo sotto le coperte’”.
Il manuale di Lo Presti, però, è molto altro. Nella prima parte (“Capire e
affrontare i disturbi specifici di apprendimento“) spiega cosa sono i Dsa
(dislessia, disortografia, disgrafia, discalculia), come si manifestano, come/dove
diagnosticarli, le implicazioni emotive che si devono affrontare quando si ha un
figlio con Dsa, come comportarsi con la scuola. Nella seconda parte (“Aiutare uno
studente con Dsa nell’apprendimento scolastico“) si passano in rassegna le
tecniche educative, le strategie di studio, i metodi per potenziare le capacità di
apprendimento, le misure dispensative – cioè le attività da cui è necessario
esonerare uno studente con Dsa: per esempio, la lettura ad alta voce o la
scrittura veloce sotto dettatura – e gli strumenti compensativi, ovvero in grado
di sostituire un’abilità di apprendimento difficile da conseguire da parte del piccolo
(è il caso della sintesi vocale, che trasforma un compito di lettura in uno di
ascolto).
In ogni caso, il principio di fondo è che l’attività da cui dispensiamo il bambino
dovrà essere compensata da un’altra. Il sacco della conoscenza dovrà essere
comunque riempito. Alla fine di questo lungo percorso (e della trattazione del
manuale) c’è l’obiettivo più ambito da tutti, genitori e insegnanti: l’autonomia di
uno studente con Dsa. Un risultato che si può ottenere solo attraverso
“l’applicazione giornaliera e costante di strumenti, materiali e strategie ogni
giorno, a ogni compito, a ogni esercizio”. Una strada sicuramente faticosa e irta di
difficoltà, ma vale la pena affrontarla perché ci sono ottime possibilità di successo.
A proposito, anche Wolfgang Amadeus Mozart era dislessico.
Fulvio Bertamini
apprendimento , disturbi
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