L’Europa in movimento
Puntare alla crescita
L’economia dell’UE
Unione europea
La presente pubblicazione è edita nelle lingue ufficiali dell’Unione europea: danese, finnico,
francese, greco, inglese, italiano, olandese, portoghese, spagnolo, svedese e tedesco.
Commissione europea
Direzione generale Stampa e Comunicazione
Pubblicazioni
B-1049 Bruxelles/Brussel
Manoscritto terminato in settembre 2003
Copertina: Laura Dwight/Van Parys Media
Una scheda bibliografica figura alla fine del volume
Lussemburgo: Ufficio delle pubblicazioni ufficiali delle Comunità europee, 2004
ISBN 92-894-6145-4
© Comunità europee, 2004
Riproduzione autorizzata.
Printed in Belgium
STAMPATO SU CARTA SBIANCATA SENZA CLORO
Puntare alla crescita
L’economia dell’UE
Indice
Dalla frammentazione all’integrazione
3
Costruire le fondamenta
6
Altri ostacoli da superare
7
Il mercato unico
9
L’aumento della concorrenza paga
10
L’unione economica e monetaria
11
UEM: il segnale d’inizio
13
L’UEM non è solo l’euro
15
L’impatto dell’euro
17
Il lavoro non è finito
19
Costruire per il futuro
21
Per ulteriori informazioni
22
Dalla frammentazione
all’integrazione
Tra i principali obiettivi dell’Unione
europea vi sono il progresso economico e sociale e il miglioramento
costante delle condizioni di vita e di
lavoro. Questi obiettivi sono stati fissati nel trattato di Roma che nel
1957 ha istituito quella che all’epoca era la Comunità economica europea (CEE) e che è adesso l’Unione
europea. Un risultato molto importante per l’UE è però l’essere divenuta in soli 50 anni la seconda potenza economica al mondo in cui 12
Stati utilizzano la stessa moneta.
Alla sua nascita l’UE era formata da
economie nazionali distinte. Il transito delle merci attraverso i posti di
frontiera era rallentato dalle operazioni burocratiche e dal pagamento
di dazi doganali. Oggi invece l’UE è
sostanzialmente un’economia unica
e le merci attraversano liberamente
le frontiere nazionali. Inoltre le persone, il denaro e i fornitori di servizi (ad
esempio le compagnie aeree, le banche e le società telefoniche) possono
circolare ed operare nell’UE con una
libertà che solo 50 anni fa sarebbe
Le più grandi economie mondiali
PIL (in miliardi di euro)
UE
Cina
USA
Giappone
Messico
Brasile
Canada
Corea del Sud Australia
India
Russia
PIL pro capite (euro)
Il grafico mette a confronto le più grandi economie mondiali su scala logaritmica.
PIL = Prodotto interno lordo, cioè il valore totale di quanto prodotto da un paese in un
determinato anno.
La dimensione di ciascuna sfera rappresenta la popolazione. Le cifre si riferiscono al 2002.
UE = 25 Stati membri, inclusi i dieci paesi che aderiranno nel 2004.
Fonte: Commissione europea/Banca mondiale.
3
P u n t a re a l l a c re s c i t a
stata inimmaginabile. Tutto questo è
stato possibile con l’eliminazione
costante delle barriere tra economie
nazionali, un processo noto come
«integrazione economica».
L’UE tuttavia non può permettersi di
dormire sugli allori. Nonostante i
risultati raggiunti nel miglioramento
della vita dei cittadini, l’UE non è
competitiva sul piano internazionale
come potrebbe. Se l’UE non massimizza il proprio potenziale economico sarà sempre più difficile finanziare
una società senza esclusioni con una
robusta rete sociale per le persone
meno abbienti.
Anche un’integrazione maggiore dell’economia dell’UE — e vi è ancora
molto lavoro da fare — servirà a raggiungere tale obiettivo perché un’importante lezione che abbiamo tratto
dagli ultimi 50 anni è che l’integrazione economica contribuisce alla
crescita e crea posti di lavoro.
Risultati e obiettivi
Da quando è stata fondata l’UE sono
state raggiunte tre tappe importanti:
• la creazione di un’unione doganale;
• il mercato unico;
• l’unione economica e monetaria.
L’unione doganale ha gettato le basi
per la libera circolazione delle merci.
Il mercato unico ha eliminato gli
4
ostacoli burocratici ancora esistenti
per la circolazione delle merci e ha
rappresentato un importante passo
avanti verso la circolazione dei servizi. L’unione economica e monetaria
ha eliminato molti dei rimanenti
ostacoli agli investimenti transfrontalieri. Ha introdotto la moneta unica,
l’euro, e un approccio comune nella
politica economica.
Resta però ancora molto lavoro da
fare. Gli scienziati che lavorano in
diversi paesi incontrano ancora ostacoli non necessari nella cooperazione
per la ricerca. I governi e gli enti locali non fanno ancora tutto quello che
potrebbero per acquistare beni e servizi al prezzo più concorrenziale esistente nell’UE. I servizi finanziari
potrebbero essere più disponibili a
livello transfrontaliero di quanto
siano attualmente. L’UE deve anche
fare di più per aiutare gli imprenditori ad avviare nuove attività e per
spingere le imprese verso l’innovazione. Molto deve essere ancora fatto
perché Internet contribuisca alla crescita economica.
L’obiettivo comune è di fare dell’UE
entro il 2010 l’economia basata sulla
conoscenza più competitiva e più
dinamica al mondo. Si tratta di un
obiettivo ambizioso ma non irraggiungibile.
L’UE allora e adesso
La CEE del 1958 era molto diversa dall’UE di oggi. Nel 1958 il 23 % della popolazione dei sei Stati
membri, Belgio, Francia, Germania, Italia, Lussemburgo e Paesi Bassi, lavorava nel settore agricolo. Nel
2001 tale cifra era scesa al 4 % per i quindici paesi dell’UE. Nel 1958 il 40 % della popolazione lavorava nell’industria. Tale cifra è scesa al 29 % nel 2001.
I servizi rappresentano ora di gran lunga la principale fonte di posti di lavoro: il 67 % della popolazione dell’UE nel 2001 lavorava nel settore dei servizi rispetto al 37 % del 1958. Tale tendenza non è mutata con le successive operazioni di allargamento con cui sono entrati nell’UE paesi sia prevalentemente
rurali sia industriali: Danimarca, Irlanda e Regno Unito nel 1973, Grecia nel 1981, Spagna e Portogallo
nel 1986 e Austria, Finlandia e Svezia nel 1995.
© Jose Luis Pelaez, Inc./Van Parys Media
Nel 1958 vi erano solo circa 3 000 km di autostrade nei paesi che compongono ora l’UE. Ora ce ne sono
52 000 km. Nei sei Stati membri originali, solo il 6,6 % della popolazione possedeva un’automobile.
Attualmente nell’UE vi è quasi un’automobile ogni due persone mentre il numero di viaggi aerei effettuati ogni anno dalle persone nell’UE è trenta volte maggiore.
Un gran cambiamento rispetto
al lavoro dei campi.
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P u n t a re a l l a c re s c i t a
Costruire le fondamenta
La creazione di un’unione doganale è
stato il primo passo verso la creazione di un’economia unica nell’UE.
All’interno dei confini dell’unione
doganale, che è stata completata nel
1968, gli scambi commerciali sono
liberi. Le imprese non pagano dazi
dalla Lapponia alla Sicilia, dalle isole
portoghesi nell’Atlantico ai confini
orientali più estremi dell’UE. La creazione di un’unione doganale ha
anche reso più eque le condizioni per
tutti coloro che importano dal resto
del mondo. Se è necessario pagare
un dazio per le importazioni esso è lo
stesso in qualsiasi porto, aeroporto,
strada o ferrovia che si utilizzi come
punto di accesso.
Gli importatori possono importare le
merci in blocco nell’UE e poi ripartirle in diverse spedizioni destinate a
clienti situati nei vari Stati membri.
Non è più necessario usare il Pireo
per le merci destinate alla Grecia e
Marsiglia per quelle destinate alla
Francia, ma si può usare o l’uno o
l’altro porto per entrambe le destinazioni. In questa maniera gli scambi
commerciali diventano più efficienti
e i prezzi più concorrenziali mentre
aumentano le possibilità di scelta per
i consumatori.
I vantaggi dell’unione doganale sono
stati evidenti fin dall’inizio. Nel 1970
il volume degli scambi tra Stati membri era sei volte maggiore rispetto a
12 anni prima e gli scambi con il
resto del mondo erano triplicati. Le
economie erano più che raddoppiate
in volume e si espandevano ad una
velocità maggiore di quella dell’economia statunitense.
L’UE si ingrandisce e aumentano i vantaggi
Quanto più è grande l’Unione europea tanto maggiore è l’effetto catalizzante dell’integrazione.
L’allargamento dell’UE a 25 paesi comporta inizialmente delle spese poiché l’UE aiuta i paesi candidati a
completare il loro passaggio verso economie di mercato aperte alla concorrenza. Ciò comporta tuttavia
vantaggi economici tangibili per l’UE. L’economia dei «vecchi» Stati membri ne risulta avvantaggiata, così
come è stato dimostrato dagli allargamenti precedenti, perché la concorrenza e l’aumento della mobilità
personale incentivano la crescita. Entro la fine del decennio il totale delle economie dei «vecchi» Stati membri potrebbe essere cresciuto dell’1 % rispetto a quello che sarebbe stato il suo volume senza l’allargamento. I paesi candidati, frattanto, possono attendersi un aumento annuo della crescita dell’1 % a seguito dell’adesione all’UE. Ciò sarà dovuto sostanzialmente all’aumento degli investimenti e alla riforma delle
loro economie per migliorarne l’efficienza. La qualità della vita in tali paesi aumenterà e potrebbero anche
essere creati più di 300 000 posti di lavoro entro il 2010.
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Altri ostacoli da superare
Con la creazione dell’unione doganale era stato eliminato solo l’ostacolo
più evidente alla libertà commerciale
e alla concorrenza e quindi al progresso sociale ed economico.
Rimanevano ancora molte complicazioni burocratiche che ostacolavano
gli scambi.
Gli ispettori doganali non erano
scomparsi ma continuavano a fermare gli autocarri e i treni merci per verificare i documenti di trasporto e
spesso anche il contenuto dei mezzi.
Si calcola che nel 1988 tutto ciò
costasse inutilmente all’industria e ai
governi 9 miliardi di euro all’anno.
Un altro ostacolo era rappresentato
dalla diversità dei requisiti tecnici e
della regolamentazione in materia
ambientale. Nei vari paesi gli standard non erano necessariamente più
alti o più bassi ma semplicemente
diversi per ragioni storiche. Il lavoro
per sviluppare standard europei
comuni risale a molto tempo fa, ma
inizialmente i progressi sono stati
lenti.
Inoltre, durante la recessione economica provocata dalla crisi petrolifera
del 1973 e 1979 l’interesse per una
maggiore integrazione economica è
diminuito. Per quanto si riconoscesse
che a lungo termine ciò avrebbe comportato dei vantaggi, le operazioni di
adeguamento necessarie a breve termine parevano troppo dolorose. È
stato solo all’inizio del decennio successivo che gli Stati membri sono
stati pronti a preparare l’importante
tappa successiva.
Questa tappa era rappresentata dall’atto unico europeo, il modello per il
mercato unico europeo. Firmato all’inizio del 1986, esso fissava come
obiettivo la fine del 1992 per l’eliminazione delle molte barriere al commercio ancora esistenti.
Il mercato unico ha ridotto
la burocrazia.
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P u n t a re a l l a c re s c i t a
© SIE Productions/Van Parys Media
L’UE ha reso più
facile viaggiare.
Libertà anche per le persone
Nel processo di apertura dei mercati delle merci e dei servizi non ci si è dimenticati delle persone. Con
l’istituzione della CEE è diventato subito più facile per i cittadini di uno Stato membro vivere e lavorare
in un altro Stato membro. Da allora, la libertà di movimento è stata estesa alle persone in cerca di occupazione, agli studenti, ai pensionati, praticamente a tutti. Più di 15 milioni di cittadini dell’UE si sono
spostati in un altro Stato membro per lavorare o per trascorrere il periodo della pensione. Da vent’anni,
i passaporti di tutti i cittadini dell’UE hanno la copertina dello stesso colore rosso scuro. I giorni in cui i
Virkeliggørelsen
af detI controlli
indre marked
treni si fermavano alle frontiere per il controllo dei passaporti fanno parte
ormai del passato.
at Solamente
der skulle vedtages
alle frontiere sono scomparsi nella maggior parte delle frontiere interneindebar,
del 1985.
il Regno over
1 000 retsakter i løbet af syv år. Med
Unito e l’Irlanda effettuano ancora tali controlli.
det indre marked blev varekontrollen
ved grænserne erstattet af et system,
der byggede på gensidig tillid, og af
kontrol før varernes afgang og ved
deres ankomst. Det var med til at
skabe tillid til andre landes standarder og forskelligartede teknologier.
Disse kan afvige fra hinanden i
detaljerne, men det afgørende er, at
produktet er sikkert, ikke hvordan
det er blevet gjort sikkert. Med det
8
Il mercato unico
Per realizzare il mercato unico è stato
necessario adottare più di 1 000 atti
legislativi in sette anni. Il mercato
unico ha sostituito i controlli doganali sulle merci con sistemi basati
sulla fiducia e su controlli effettuati
prima della partenza e all’arrivo. Esso
ha contribuito a creare fiducia negli
standard degli altri paesi e nelle loro
tecnologie che possono anche essere
diverse nei dettagli; ciò che conta
però è che il prodotto sia sicuro, non
la maniera precisa in cui si è raggiunto questo obiettivo. Il mercato
unico ha eliminato le barriere che
impedivano alle società che fornivano servizi di operare oltre le frontiere.
Nella creazione del mercato unico,
molte iniziative sono state intraprese
per garantire che in tutti i paesi
dell’UE il diritto societario, le norme
contabili delle imprese e le regole
sulla proprietà intellettuale riflettano
un approccio abbastanza similare.
Ciò rende più facile per le imprese
operare in tutta l’UE e svolgere le
proprie attività nella maniera più
efficiente possibile. Le restanti barriere alla circolazione dei capitali attraverso le frontiere sono state progressivamente eliminate sia per gli investimenti commerciali che per il risparmio, lo studio o le vacanze.
È divenuto più facile per gli istituti
finanziari aprire sedi in tutta l’UE e
offrire servizi bancari, assicurativi e di
investimento in un altro paese
dovendo adempiere solo a una quantità minima di formalità. Al tempo
stesso sono state adottate iniziative
per garantire che i clienti godano
ovunque di pari protezione a prescindere dalla banca, dall’assicuratore o
dall’investimento che hanno scelto.
Un primo passo è stato l’introduzione
della concorrenza in settori che tradizionalmente erano soggetti a monopolio come le telecomunicazioni, i
trasporti aerei, le ferrovie, i servizi
postali, il gas e l’elettricità.
È un processo che continua tuttora e
che ha portato alla scomparsa di
tutte le barriere per la concorrenza
nel settore delle telecomunicazioni.
La maggior parte degli utenti imprese e molte famiglie hanno la possibilità di scegliere il fornitore di gas e di
elettricità. Sono state eliminate le
restrizioni che rendevano difficile per
le compagnie aeree operare in
maniera efficiente. Sono stati inoltre
liberalizzati i mercati dei servizi ferroviari e postali per gli utenti imprese.
Si sta lavorando ora per aprire ad
una maggiore concorrenza i servizi
portuali in Europa e per l’utilizzo più
efficiente dello spazio aereo europeo.
Tutto ciò porta a un aumento delle
possibilità di scelta per il consumatore e a una riduzione dei prezzi.
L’esistenza di una forte concorrenza e
la possibilità di espansione all’interno del mercato unico contribuiscono
a far sì che le imprese europee restino tra le imprese leader al mondo.
Delle 100 maggiori imprese mondiali 32 sono dell’UE, così come 39 delle
maggiori banche commerciali mondiali e 27 dei marchi più prestigiosi.
9
P u n t a re a l l a c re s c i t a
L’aumento della concorrenza paga
Il mercato unico ha consentito di
sfruttare una buona parte del potenziale dell’economia europea. Nei
dieci anni tra il 1992 e il 2002 il
mercato unico ha generato un
aumento di 1,8 punti percentuali
della crescita del PIL in tutta l’UE. Il
mercato unico inoltre:
• ha creato nei primi 10 anni quasi
900 miliardi di euro di ricchezza in
più, circa 6 000 euro per famiglia;
• ha creato circa 2,5 milioni di posti
di lavoro in Europa dal 1992 che
non sarebbero esistiti senza l’apertura delle frontiere;
• ha contribuito ad una crescita del
30 % degli scambi di prodotti fabbricati nell’UE dal 1992, con un
aumento quindi della scelta di
beni disponibili e della concorrenza;
sono passate dal 6,9 % del PIL
dell’UE del 1992 all’11,2 % del
2001;
• ha consentito una distribuzione
più efficiente delle risorse umane,
in quanto le persone hanno colto
l’opportunità di lavorare in altri
Stati membri dell’UE;
• ha fatto crescere il potere d’acquisto attraverso la pressione sui prezzi. Si è ristretto il divario tra i prezzi più alti e i prezzi più bassi
nell’UE mentre alcuni beni sono
diventati più economici in termini
assoluti.
Sono in corso ulteriori iniziative, ad
esempio per rafforzare il mercato
unico nei servizi (che è pari al 70 %
del PIL dell’UE). La realizzazione del
mercato unico è tuttora in corso ed
ha la capacità di apportare ancora
più vantaggi in futuro.
• è stato un fattore chiave per la
crescita del flusso di investimenti
diretti all’interno dell’UE. Tale flusso è stato nel 2000 di 12 volte
superiore a quello del 1992;
• ha incoraggiato l’afflusso di investimenti esteri diretti provenienti
dall’esterno dell’UE;
Grazie al mercato unico c’è
più scelta.
10
© Ariel Skelley/Van Parys Media
• ha reso l’UE più competitiva sul
piano internazionale. Ad esempio,
le esportazioni dell’UE verso i
paesi non appartenenti all’Unione
L’unione economica e monetaria
Molto prima della stesura dell’Atto
unico europeo gli economisti avevano segnalato che le economie degli
Stati membri per poter realizzare
insieme interamente il loro potenziale avrebbero dovuto comportarsi in
maniera più similare, secondo un
processo noto con il termine di convergenza. L’unione economica e
monetaria era considerata il passo
successivo, un passo difficile ma
necessario ed auspicabile per continuare ad avanzare.
Nel 1969, l’UE aveva fissato l’obiettivo di realizzare l’unione economica e
monetaria (UEM) entro il 1980 ma il
cammino non è stato facile. La recessione degli anni 70 ha rallentato i
lavori per l’UEM e quindi per l’introduzione della moneta unica, oltre a
bloccare il progresso in altri settori. Il
processo è ripreso nel 1978 con una
più stretta cooperazione sui tassi di
cambio ed è stato poi riavviato completamente nel 1988 per arrivare poi
nel 1990 al completamento della
prima delle tre fasi dell’UEM.
In quell’anno, ad esempio, l’UE ha
eliminato le ultime restrizioni rimanenti sulle esportazioni di denaro da
uno Stato membro all’altro, sui trasferimenti di fondi o sugli investi-
menti in un altro Stato membro. Non
sarebbe più stato necessario completare un modulo per ottenere la valuta estera per andare a studiare o a
fare una vacanza in un altro Stato
membro.
Negli anni successivi si è tracciata
una chiara linea divisoria tra le finanze dei governi e le banche centrali. I
governi non avevano più la possibilità di rivolgersi alle banche centrali
perché stampassero denaro se non
riuscivano a mantenere i bilanci in
pareggio. Nel 1994 è stata realizzata
la seconda fase dell’UEM con la creazione dell’Istituto monetario europeo
(IME) il predecessore dell’attuale
Banca centrale europea (BCE).
Nell’ambito di tale processo, i governi
si sono impegnati a non vivere al di
sopra dei loro mezzi e sono stati fissati massimali sulle dimensioni che
potevano raggiungere il debito pubblico e il disavanzo pubblico. I paesi
dell’UE hanno concordato un sistema
di «vigilanza multilaterale» o monitoraggio per controllare se uno Stato
membro adottava decisioni in materia di bilancio che potessero avere
effetti negativi per le economie di
altri Stati membri.
11
P u n t a re a l l a c re s c i t a
I criteri di Maastricht
Nel 1992 sono stati concordati cinque criteri da utilizzare per stabilire se uno Stato membro era pronto
o meno ad adottare la moneta unica. Nel loro insieme essi sono noti come i criteri di Maastricht, dal
nome della città in cui è stato firmato il trattato in cui sono stati enunciati.
I criteri riguardano:
• la stabilità dei prezzi: il tasso di inflazione non deve superare di oltre 1,5 punti percentuali quello dei
tre Stati membri che nell’anno precedente hanno registrato il migliore tasso di inflazione;
• il disavanzo pubblico (il divario tra le entrate e le spese pubbliche): esso deve in generale essere inferiore al 3 % del prodotto interno lordo (PIL);
• debito: il limite è fissato al 60 % del PIL ma un paese il cui rapporto tra debito pubblico e PIL è superiore può comunque adottare l’euro se il livello del debito è in costante diminuzione;
• il tasso di interesse a lungo termine: tale tasso non deve superare di oltre 2 punti percentuali quello
dei tre Stati membri che nell’anno precedente hanno registrato il migliore tasso di inflazione;
• stabilità del tasso di cambio: il tasso di cambio deve essere rimasto all’interno dei margini di fluttuazione predefiniti per due anni. I margini sono quelli del meccanismo di cambio europeo, un sistema
opzionale con cui gli Stati membri potevano, se lo desideravano, legare la loro moneta all’euro.
12
UEM: il segnale di inizio
Il segnale di inizio dell’unione economica e monetaria completa è stato
dato il 1o gennaio 1999 con l’introduzione dell’euro in 11 Stati membri:
Austria, Belgio, Finlandia, Francia,
Germania, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo e
Spagna. La Grecia che inizialmente
non riusciva a rispettare i criteri di
Maastricht vi aderì nel 2001.
Tre paesi, Danimarca, Svezia e
Regno Unito, decisero di non partecipare alla prima ondata di adesione
all’euro. Se decideranno in futuro di
adottare l’euro, essi dovranno rispettare i criteri di Maastricht così come i
nuovi Stati membri. I paesi candidati
si sono impegnati ad adottare l’euro
ma non potranno farlo almeno fino
al 2006 a causa del criterio relativo
al tasso di cambio.
L’euro è diventata la moneta ufficiale dei paesi partecipanti dalla data in
cui essi vi hanno aderito. Fino al
primo gennaio 2002, tuttavia, non
esistevano banconote e monete in
euro. Chi volesse effettuare pagamenti in euro nel periodo transitorio
doveva utilizzare una carta di credito
o una carta di debito, oppure pagare
mediante
bonifico
bancario.
Inizialmente l’euro era quindi di fatto
una moneta «virtuale», utilizzata
principalmente per le operazioni
commerciali piuttosto che per le operazioni quotidiane.
Tutti i paesi dell’UE aderiscono all’UEM
Ma solo 12 utilizzano l’euro.
Tre hanno scelto per il momento di non farlo.
I dieci nuovi paesi adotteranno l’euro più tardi.
Per conoscere i nomi e i territori di questi
paesi consultare la mappa riportata alla
fine del libretto.
13
P u n t a re a l l a c re s c i t a
I vantaggi della moneta unica
Il vantaggio più evidente dell’euro è la sua utilità per i viaggiatori con la scomparsa dei costi e delle seccature legate al cambio di moneta. Con l’euro diventa inoltre più facile confrontare i prezzi e ciò è positivo per la concorrenza e per i consumatori.
Le ragioni per l’introduzione dell’euro, tuttavia, sono ben più fondamentali. L’aumento dell’integrazione
porterà vantaggi a lungo termine per la concorrenza, la crescita e la prosperità garantendo una situazione di bassa inflazione e consentendo alle imprese di operare con maggiore efficienza.
Sono diminuiti i costi per trasferire fondi in un altro paese per svolgervi un’attività economica e non è
più necessario che le imprese stipulino assicurazioni o aumentino i loro margini di profitto per proteggersi dal rischio delle fluttuazioni dei tassi di cambio. Tali costi equivalevano a una «tassa» per lo svolgimento di un’attività economica e ammontavano all’1 % del PIL. Essi sono in gran parte scomparsi perché più dell’80 % degli scambi effettuati dai paesi della zona euro avvengono tra i paesi stessi.
Le imprese situate nella zona euro che commerciano con il resto del mondo hanno il vantaggio automatico di utilizzare una moneta internazionale. Esse possono spesso proteggersi dalle variazioni dei tassi
di cambio semplicemente utilizzando l’euro per la fatturazione ai clienti. Ciò può essere fatto con facilità
mentre in passato non era altrettanto facile persuadere un cliente a pagare utilizzando la dracma greca
o il marco finlandese.
Il commercio fa bene alla
crescita. L’euro fa bene al
commercio.
14
L’UEM non è solo l’euro
L’unione economica e monetaria comporta il rispetto di una serie di regole
note come il patto di stabilità e di
crescita. L’obiettivo di tali regole è
quello di assicurare che le finanze
pubbliche dei paesi dell’UE siano
sane, cosa importante per arrivare ad
una crescita sostenibile.
nisce le informazioni necessarie sotto
forma di un programma di stabilità. I
paesi che non aderiscono all’euro presentano programmi di convergenza
che contengono un elemento in più:
informazioni sullo stato delle loro
economie rispetto ai criteri di Maastricht per l’adesione all’euro.
Ogni anno, la Commissione e gli Stati
membri verificano il rispetto del patto.
Ciascun paese della zona euro for-
La Commissione inoltre verifica
costantemente in che misura gli
Stati membri conseguono gli obietti-
Il patto di stabilità e di crescita
Con il patto di stabilità e di crescita tutti i paesi dell’UE si impegnano a far sì che i loro bilanci siano in
equilibrio o quasi in equilibrio a medio termine. In altri termini, gli Stati membri dell’UE non dovrebbero
spendere di più di quello che guadagnano. In questa maniera possono evitare quell’accumularsi del debito che in passato aveva costretto i governi a ricorrere ad un aumento delle tasse o a trovarsi privi del denaro da spendere per i loro cittadini e per gli investimenti.
Se la crescita economica rallenta, anche le entrate fiscali diminuiscono, perché l’attività delle imprese si
riduce, i consumatori spendono meno e i governi devono spendere di più per le indennità di disoccupazione. In tale situazione può essere giustificato un ricorso eccezionale al prestito. Tuttavia, se i bilanci sono
sani fin dall’inizio, i governi dovrebbero avere un margine sufficiente per riuscire a mantenere i loro deficit al di sotto del 3 % del PIL.
Il patto non è una camicia di forza. Esso consente ai governi di superare il margine del 3 % in casi eccezionali. Può accadere che le economie debbano affrontare momenti difficili senza che la colpa debba essere attribuita ai loro governi. Eventi imprevisti possono scuotere l’economia internazionale, come ad esempio gli attacchi terroristici negli Stati Uniti dell’11 settembre 2001, o l’aumento del prezzo del petrolio che
ha preceduto la guerra in Iraq nel 2003.
Se uno Stato membro infrange le regole del patto senza una buona ragione, viene ammonito ad adottare un’azione correttiva molto rapidamente. In caso contrario, la Commissione europea e gli altri paesi
dell’UE possono imporre misure correttive. Se ciò non costituisce un incentivo sufficiente a far tornare il
bilancio sotto controllo, lo Stato membro recalcitrante deve depositare del denaro presso la Commissione
senza interessi. Se, nonostante ciò, lo Stato membro non mette ancora in ordine il suo bilancio, può correre il rischio di perdere il denaro. Questi provvedimenti sono giustificati perché un deficit eccessivo in uno
Stato membro può avere effetti negativi per gli altri Stati.
15
P u n t a re a l l a c re s c i t a
vi fissati per integrare sempre più l’economia dell’UE in tutti settori, dalla
finanza alla ricerca e sviluppo, dall’energia ai trasporti. Essa controlla
inoltre che sia stata prestata la debita attenzione alle implicazioni
ambientali delle decisioni di politica
economica
adottate.
La
Commissione, infine, controlla i progressi raggiunti nel creare posti di
lavoro e rendere il mercato del lavoro
accessibile al più alto numero di persone. L’obiettivo fondamentale è
garantire una crescita sostenibile e
una società senza esclusioni.
zona euro. La BCE fissa i suoi tassi a
un livello che a suo giudizio manterrà i prezzi stabili nella zona euro.
Essa si prefigge di mantenere l’inflazione vicino, ma inferiore al 2 % a
medio termine, così da evitare al
tempo stesso i rischi di deflazione o
di eccessiva inflazione.
La Banca gestisce anche le riserve di
valuta della zona euro e ha la facoltà
di acquistare e vendere valuta estera
sui mercati monetari internazionali
per influenzare il tasso di cambio
dell’euro. Essa non ha tuttavia una
posizione fissa sulla quale siatuare il
livello corretto del tasso di cambio.
La sua politica si incentra sull’inflazione.
Il ruolo della BCE
I prezzi stabili creano un ambiente
economico stabile e la Banca centrale europea (BCE) svolge un ruolo fondamentale nella creazione di tale
stabilità nella zona euro. Per fare ciò,
essa fissa i tassi di interesse che usa
nelle operazioni con le banche e tali
interessi a loro volta fungono da
base per tutti i tassi di interesse nella
Con la sua sede di Francoforte, la
Banca centrale europea è il cuore del
sistema europeo di banche centrali
(SEBC). Tutte le banche centrali
dell’UE fanno parte del SEBC. In questo modo, ciascuna di esse ha la possibilità di esprimere la sua posizione,
ad esempio sulla scelta della tecnologia da utilizzare per garantire che
le imprese e le banche possano trasferire in maniera efficiente il denaro
in tutta l’UE. Tuttavia, quando la BCE
fissa i tassi di interesse per la zona
euro, essa consulta solo le banche
centrali della zona euro.
© Bilderbox.com
La crescita deve essere
sostenibile.
16
L’impatto dell’euro
I cambiamenti sono apparsi subito
nei mercati finanziari fin da quando
l’euro è stato introdotto in forma «virtuale» nel 1999. I governi della zona
euro nella maggior parte dei casi
hanno pagato subito interessi minori
sul denaro che prendevano a prestito. Da un lato, essi operavano in un
ambiente economico stabile, con una
bassa inflazione, che manteneva i
tassi di interesse bassi. Dall’altro, essi
prendevano a prestito una valuta
estremamente liquida, in altre parole,
una valuta per la quale vi erano moltissimi acquirenti e venditori.
L’esistenza di una forte domanda fa
sì che i tassi di interesse siano concorrenziali. Con tassi di interesse
bassi, i governi spendono meno per
pagare il debito e dispongono quindi
di un maggior margine per ridurre le
tasse, o di più denaro da spendere
per la salute, le pensioni, l’assistenza
sociale o le infrastrutture.
in euro. Essi possono trarre alcuni
degli stessi vantaggi, per il fatto che
si tratta di una valuta liquida riconosciuta a livello internazionale. I paesi
spesso vogliono diversificare i loro
portafogli valutari e l’euro in tal
senso rappresenta una valuta internazionale in più. Sempre più l’euro è
anche utilizzato insieme al dollaro
dalle banche centrali come valuta di
riserva, la valuta cioè convertibile che
viene immagazzinata per le emergenze monetarie.
Con bassi tassi di interesse
anche i mutui sono più bassi.
Anche le imprese e i consumatori se
ne avvantaggiano. Con la riduzione
dei tassi di interesse, gli investimenti
diventano più convenienti per le
imprese e si abbassano i mutui per
chi intende acquistare immobili.
Non sono solo i governi della zona
euro a trarre vantaggio dalla nuova
moneta internazionale. Anche altri
paesi, sia all’interno che all’esterno
dell’UE, prendono a prestito somme
© Bilderbox.com
I vantaggi non si limitano
alla zona euro
17
P u n t a re a l l a c re s c i t a
Con le banconote e le monete l’euro diventa reale
L’unione economica e monetaria ha avuto un impatto tangibile sul grande pubblico solo con l’introduzione
delle banconote e monete in euro avvenuta il 1o gennaio 2002. Vi sono sette tagli di banconote e 8 monete metalliche. Ciascuna moneta ha impresso su una faccia un motivo comune che richiama l’Europa e sull’altra un simbolo dello Stato in cui è stata emessa. Le banconote, invece, non hanno caratteristiche nazionali. Le banconote e monete in euro, a prescindere dallo Stato in cui sono state emesse, possono essere utilizzate ovunque nella zona euro e anche in alcuni altri paesi.
Quando i cittadini dei 12 paesi della zona euro si sono trovati in mano e in tasca il denaro in euro si sono
resi conto di come era diventato più facile viaggiare e di come era aumentato il loro potere di acquisto. Prima
dell’introduzione dell’euro, le spese legate al cambio della moneta potevano rappresentare anche l’1 % del
costo della vacanza ed essere molto più elevate se si visitavano svariati paesi e se si cambiavano ogni volta
solo piccole somme di denaro. Con l’euro gli acquirenti sono diventati più avveduti, possono confrontare i
prezzi e acquistare i prodotti dove costano meno.
Tutto ciò è stato reso più facile dalla normativa europea sulle spese da addebitare per il ritiro di euro dai
distributori automatici, per il pagamento con carte di credito e per il trasferimento di euro in un altro paese.
Queste spese sono state drasticamente ridotte o sono scomparse del tutto.
© ASCii
Le monete in euro rispecchiano
l’unità e diversità dell’Europa:
una faccia delle monete riporta
un motivo nazionale.
18
Il lavoro non è finito
L’integrazione economica europea è
stata realizzata attraverso una serie
di passaggi logici. Per sfruttare completamente il potenziale dell’unione
doganale era chiaro che l’UE aveva
bisogno di un mercato unico. E per
molti paesi il mercato unico aveva
più senso se si utilizzava una moneta
unica per gli scambi.
Il lavoro però non è ancora finito. C’è
ancora molto da fare per liberare
interamente il potenziale del mercato
unico dei servizi e per promuovere l’economia digitale, lo spirito imprenditoriale e l’innovazione. Si deve resistere alla tentazione di rinunciare al
principio di avere conti pubblici sani.
Finire il lavoro sui servizi
Una maggiore integrazione dei servizi finanziari porterà vantaggi quantificabili. Ad esempio, se le imprese
potessero con più facilità emettere
quote e obbligazioni invece di dover
ricorrere al prestito, si potrebbe
risparmiare lo 0,3 % del PIL. La creazione di un vero mercato unico per le
quote ed azioni aumenterebbe il PIL
almeno dell’1,1 % e farebbe crescere
l’occupazione di mezzo punto percentuale. Se i mercati bancari fossero
veramente integrati si potrebbe
risparmiare l’1,5 % del PIL. Molto è
stato già realizzato ed entro il 2005
si dovrebbe completare ciò che ancora resta da fare.
Esistono ancora barriere burocratiche
per lo scambio relativamente ad altri
tipi di servizi e la Commissione incoraggia i fornitori di servizi a superare
tali ostacoli adottando codici di con-
dotta europei. La Commissione spinge inoltre il settore pubblico a fare di
più, perché le imprese di altri paesi
siano incoraggiate a presentare
offerte quando vengono promosse
gare di appalto per acquistare beni o
servizi. L’aumento di concorrenza che
ne deriverebbe potrebbe far risparmiare al settore pubblico l’1 % di
quanto spende.
Sfruttare il potenziale
digitale
Per una crescita continua è altrettanto fondamentale sfruttare il potenziale digitale europeo. I governi
dell’UE hanno già convenuto che si
deve garantire che l’accesso a
Internet sia poco costoso, rapido e
sicuro e che si devono effettuare considerevoli investimenti affinché le
persone acquisiscano le capacità
necessarie per utilizzare Internet.
L’UE si sforza inoltre di stimolare
tutta una gamma di attività online
come il commercio elettronico, i servizi pubblici online, i servizi sanitari
online, la presenza in rete di prodotti
europei e l’utilizzo di tecnologie intelligenti per risolvere il problema della
gestione del traffico.
Liberare il potenziale
imprenditoriale
È importante cambiare le mentalità
ed eliminare le barriere alla creazione
e allo sviluppo di nuove imprese. In
tale settore, gli europei sono in ritardo rispetto agli americani: gli europei
preferiscono essere lavoratori dipendenti piuttosto che autonomi. Ma la
19
P u n t a re a l l a c re s c i t a
soddisfazione che si trae dal lavoro è
più elevata tra coloro che svolgono
un’attività economica indipendente.
Quando gli europei avviano nuove
imprese, la loro crescita tende ad
essere più lenta di quella delle loro
controparti americane. La ragione è
da ricercarsi nelle barriere all’innovazione rappresentate dalla burocrazia,
dalle difficoltà ad ottenere prestiti
per avviare nuove attività economiche e dai costi elevati per l’acquisizione di brevetti. La Commissione
europea promuove iniziative per
affrontare tutti questi problemi, per
eliminare gli intralci burocratici, consentire un accesso più facile al capitale per l’avvio di nuove imprese e
introdurre un sistema di brevetti
meno costoso e più efficiente.
Colmare il divario
tecnologico
È fondamentale infine colmare il
divario tecnologico con gli Stati Uniti
e il Giappone. L’UE spende meno del
2 % del PIL per la ricerca e lo sviluppo tecnologico, Il Giappone spende
più del 3 % e gli Stati Uniti non
molto meno del Giappone. Nell’UE,
l’alta tecnologia rappresenta il
10,1 % del valore aggiunto della produzione, contro il 13,8 % del
Giappone e il 25,8 % degli Stati
Uniti. Le spese per le tecnologie dell’informazione e delle comunicazioni
sono pari al 6,93 % del PIL nell’UE,
all’8,22 % negli Stati Uniti e
all’8,98 % in Giappone.
Investimenti in ricerca e sviluppo
nelle maggiori economie del mondo
Miliardi di euro
Senza scopo di lucro
Istruzione superiore
Governo
Imprese
Le cifre relative a Stati Uniti e
Giappone si riferiscono al 2002;
quelle relative all’UE si riferiscono
al 2001.
Fonte: Commissione europea.
UE
Giappone
USA
20
Costruire per il futuro
I ritardi nella realizzazione di questo
potenziale e quindi della relativa crescita supplementare provocano pressioni sui bilanci pubblici perché per
disporre dei fondi da spendere per i
servizi pubblici e le pensioni sono
necessari gli introiti fiscali di un’economia florida.
I governi incontrano sempre più difficoltà a reperire i fondi per le pensioni e l’assistenza sanitaria a causa dell’allungamento delle aspettative di
vita, dell’anticipazione dei pensionamenti, del calo delle nascite e della
richiesta che i progressi della tecnologia medica siano universalmente
disponibili. Le pensioni e l’assistenza
sanitaria di quella che è adesso la
generazione più anziana sono pagati
con i contributi di quelli che lavorano. In Europa, oggi, per ogni pensionato, vi sono quattro persone in età
lavorativa, ma nel 2040 il rapporto
sarà solo di uno a due.
ta», modernizzando l’economia europea, proseguendo sulla strada dell’integrazione e attenendosi a politiche
di bilancio sane. Mercati finanziari
più efficienti e senza confini forniranno ai governi e ai singoli cittadini il
miglior rendimento per il loro denaro.
Puntando alla crescita e alla creazione di posti di lavoro si produrranno
entrate fiscali che i governi potranno
spendere per le pensioni, l’assistenza
sanitaria e per altre reti di sicurezza
sociale.
Investire nelle persone
L’UE, tuttavia, non considera la crescita e la creazione di posti di lavoro
come degli obiettivi in sé stessi. La
crescita deve essere sostenibile nell’interesse del benessere a lungo termine dei cittadini e dell’ambiente.
Inoltre, le persone hanno il diritto di
avere posti di lavoro di qualità e di
© Lionel Didot/FRANCEDIAS.COM
Questi problemi non toccano solo
l’UE ma sono particolarmente gravi
nell’UE perché il tasso delle nascite
europeo è tra i più bassi al mondo e
l’aspettativa di vita tra le più elevate,
i sistemi pensionistici e sanitari sono
particolarmente sviluppati e i governi
insistono affinché la concessione dell’assistenza pensionistica e sanitaria
a tutti resti una caratteristica distintiva delle economie europee.
L’esistenza di un solido sistema di
assistenza è un importante elemento
dell’eredità sociale ed economica
dell’UE. La crescita contribuisce a
garantire che tale eredità sia sostenibile e alla portata delle generazioni
future.
Per poter affrontare questi costi i
governi devono «puntare alla cresci21
La crescita pagherà la sua
assistenza sanitaria e la sua
pensione.
P u n t a re a l l a c re s c i t a
poter accedere a strutture, ad esempio, che garantiscano un’adeguata
assistenza per l’infanzia. Questi sono
principi fondamentali della politica
sociale e dell’occupazione dell’UE,
così come lo è il principio delle pari
opportunità. Tra gli obiettivi dichiarati dell’UE vi è quello di creare un giusto equilibrio tra il lavoro e il resto
della vita.
Le persone sono il capitale più importante dell’Europa e ciò è stato dichiarato dai leader dell’UE riuniti a
Lisbona nel 2000, quando hanno fissato gli obiettivi strategici per questo
decennio. Investire nelle persone e
sviluppare uno Stato sociale attivo e
dinamico è altrettanto importante
per stabilire la posizione dell’Europa
nella nuova economia della conoscenza che l’integrazione economica,
finanziaria e monetaria e la ricerca
dell’innovazione e dell’imprenditorialità. Se al centro dell’attenzione vi
sono le persone, il sorgere di una
nuova economia rappresenterà una
forza di coesione sociale ed economica.
Investire nelle persone è fondamentale, mentre l’Unione europea punta
a crescere e a diventare entro il 2010
l’economia basata sulla conoscenza
più competitiva e più dinamica al
mondo.
Per ulteriori informazioni
Per saperne di più sull’economia dell’UE e su come la Commissione europea
verifica la gestione economica degli Stati membri:
europa.eu.int/comm/economy_finance/index_en.htm
Per avere altre informazioni di base sull’unione economica e monetaria:
ue.eu.int/emu/it/index.htm
Per avere dati e cifre sull’economia dell’UE:
europa.eu.int/comm/publications/booklets/eu_glance/21/index_it.htm
Per avere più informazioni sull’euro:
www.euro.ecb.int e www.europa.eu.int/euro
Per saperne di più sulle prossime fasi dell’integrazione potete consultare:
• Il mercato unico in Europa: europa.eu.int/pol/singl/index_en.htm
• La società dell’informazione: europa.eu.int/pol/infso/index_it.htm
• Ricerca e sviluppo: europa.eu.int/pol/rd/index_it.htm
22
Commissione europea
Puntare alla crescita
L’economia dell’UE
Serie L’Europa in movimento
Lussemburgo: Ufficio delle pubblicazioni ufficiali delle Comunità europee
2004 — 22 pagg. — 16,2 x 22,9 cm
ISBN 92-894-6145-4
Il progresso economico e sociale e il miglioramento costante delle condizioni di
vita e di lavoro sono obiettivi fondamentali dell’Unione europea. L’esperienza degli
ultimi 50 anni ci ha mostrato con chiarezza che con l’integrazione economica (l’eliminazione delle barriere alla libera circolazione delle merci, dei servizi, dei capitali e delle persone) l’Europa ha molte più possibilità di creare posti di lavoro e
realizzare una crescita sostenibile. Molto è stato già realizzato: l’unione doganale,
poi il mercato unico e più recentemente l’unione economica e monetaria (UEM).
Ma l’UEM e l’euro sono primi passi, non punti di arrivo. Resta ancora molto da
fare. L’UE deve eliminare le restanti barriere che ancora chiudono dentro i confini
nazionali la ricerca, gli acquisti pubblici e la fornitura di servizi finanziari. Favorendo
lo spirito imprenditoriale, l’innovazione e una eEuropa l’economia diventerà ancora
più forte e in grado di creare posti di lavoro di qualità e di proteggere il sistema
di assistenza sociale.
Altre informazioni sull’Unione europea
Informazioni in tutte le lingue dell’Unione europea possono essere ottenute via Internet sul server
Europa (http://europa.eu.int).
Disseminati in tutta Europa esistono centinaia di centri di informazione sull’UE. Potete trovare
l’indirizzo del centro più vicino a voi consultando il sito: europa.eu.int/comm/relays/index_it.htm
EUROPE DIRECT è un servizio che risponde alle vostre domande sull’Unione europea.
Potete contattare questo servizio sia telefonicamente componendo il numero verde unico
00 800 6 7 8 9 10 11 [o, da un paese che non fa parte dell’UE, il numero (32-2) 299 96 96]
sia per posta elettronica al seguente indirizzo: europa.eu.int/
Per ottenere informazioni e pubblicazioni sull’Unione europea in lingua italiana, rivolgersi a:
RAPPRESENTANZE
DELLA COMMISSIONE EUROPEA
Rappresentanza in Italia
Via IV Novembre, 149
I-00187 Roma
Tel. (39) 06 69 99 91
Fax (39) 06 79 16 58/79 36 52
Internet: http://europa.eu.int/italia
E-mail: [email protected]
Per richiedere le pubblicazioni:
CIDE
Via IV Novembre, 149
I-00187 Roma
Tel. (39) 06 69 99 92 27/30
Fax (39) 06 67 86 159
E-mail: [email protected]
Rappresentanza a Milano
Corso Magenta, 59
I-20123 Milano
Tel. (39) 024 67 51 41
Fax (39) 024 81 85 43
Internet: www.uemilano.it
E-mail: [email protected]
UFFICI
DEL PARLAMENTO EUROPEO
Ufficio per l’Italia
Via IV Novembre, 149
I-00187 Roma
Tel. (39) 06 69 95 01
Fax (39) 06 69 95 02 00
Internet: www.europarl.it
E-mail: [email protected]
Ufficio di Milano
Corso Magenta, 59
I-20123 Milano
Tel. (39) 024 81 86 45
Fax (39) 024 81 46 19
Internet: www.europarl.it
E-mail: [email protected]
Altre rappresentanze e uffici della Commissione europea e del Parlamento europeo si trovano nei paesi membri
dell’Unione europea. Delegazioni della Commissione europea si trovano anche in altri paesi del mondo.
24
L’Unione europea
Stati membri dell’Unione europea
Nuovi Stati membri che aderiranno nel 2004
Paesi candidati
Situazione 2003
IT
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10
Il progresso economico e sociale e
il miglioramento costante delle
condizioni di vita e di lavoro sono
obiettivi fondamentali dell’Unione
europea. L’esperienza degli ultimi
50 anni ci ha mostrato con
chiarezza che con l’integrazione
economica (l’eliminazione delle
barriere alla libera circolazione delle merci, dei servizi,
dei capitali e delle persone) l’Europa ha molte più
possibilità di creare posti di lavoro e realizzare una
crescita sostenibile. Molto è stato già realizzato:
l’unione doganale, poi il mercato unico e più
recentemente l’unione economica e monetaria (UEM).
16
NA-47-02-357-IT-C
ISSN 1022-8284
Ma l’UEM e l’euro sono primi passi, non punti di arrivo.
Resta ancora molto da fare. L’UE deve eliminare le
restanti barriere che ancora chiudono dentro i confini
nazionali la ricerca, gli acquisti pubblici e la fornitura di
servizi finanziari. Favorendo lo spirito imprenditoriale,
l’innovazione e una eEuropa l’economia diventerà
ancora più forte e in grado di creare posti di lavoro di
qualità e di proteggere il sistema di assistenza sociale.
ISBN 92-894-6145-4
,!7IJ2I9-egbefa!
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