L’Europa in movimento Puntare alla crescita L’economia dell’UE Unione europea La presente pubblicazione è edita nelle lingue ufficiali dell’Unione europea: danese, finnico, francese, greco, inglese, italiano, olandese, portoghese, spagnolo, svedese e tedesco. Commissione europea Direzione generale Stampa e Comunicazione Pubblicazioni B-1049 Bruxelles/Brussel Manoscritto terminato in settembre 2003 Copertina: Laura Dwight/Van Parys Media Una scheda bibliografica figura alla fine del volume Lussemburgo: Ufficio delle pubblicazioni ufficiali delle Comunità europee, 2004 ISBN 92-894-6145-4 © Comunità europee, 2004 Riproduzione autorizzata. Printed in Belgium STAMPATO SU CARTA SBIANCATA SENZA CLORO Puntare alla crescita L’economia dell’UE Indice Dalla frammentazione all’integrazione 3 Costruire le fondamenta 6 Altri ostacoli da superare 7 Il mercato unico 9 L’aumento della concorrenza paga 10 L’unione economica e monetaria 11 UEM: il segnale d’inizio 13 L’UEM non è solo l’euro 15 L’impatto dell’euro 17 Il lavoro non è finito 19 Costruire per il futuro 21 Per ulteriori informazioni 22 Dalla frammentazione all’integrazione Tra i principali obiettivi dell’Unione europea vi sono il progresso economico e sociale e il miglioramento costante delle condizioni di vita e di lavoro. Questi obiettivi sono stati fissati nel trattato di Roma che nel 1957 ha istituito quella che all’epoca era la Comunità economica europea (CEE) e che è adesso l’Unione europea. Un risultato molto importante per l’UE è però l’essere divenuta in soli 50 anni la seconda potenza economica al mondo in cui 12 Stati utilizzano la stessa moneta. Alla sua nascita l’UE era formata da economie nazionali distinte. Il transito delle merci attraverso i posti di frontiera era rallentato dalle operazioni burocratiche e dal pagamento di dazi doganali. Oggi invece l’UE è sostanzialmente un’economia unica e le merci attraversano liberamente le frontiere nazionali. Inoltre le persone, il denaro e i fornitori di servizi (ad esempio le compagnie aeree, le banche e le società telefoniche) possono circolare ed operare nell’UE con una libertà che solo 50 anni fa sarebbe Le più grandi economie mondiali PIL (in miliardi di euro) UE Cina USA Giappone Messico Brasile Canada Corea del Sud Australia India Russia PIL pro capite (euro) Il grafico mette a confronto le più grandi economie mondiali su scala logaritmica. PIL = Prodotto interno lordo, cioè il valore totale di quanto prodotto da un paese in un determinato anno. La dimensione di ciascuna sfera rappresenta la popolazione. Le cifre si riferiscono al 2002. UE = 25 Stati membri, inclusi i dieci paesi che aderiranno nel 2004. Fonte: Commissione europea/Banca mondiale. 3 P u n t a re a l l a c re s c i t a stata inimmaginabile. Tutto questo è stato possibile con l’eliminazione costante delle barriere tra economie nazionali, un processo noto come «integrazione economica». L’UE tuttavia non può permettersi di dormire sugli allori. Nonostante i risultati raggiunti nel miglioramento della vita dei cittadini, l’UE non è competitiva sul piano internazionale come potrebbe. Se l’UE non massimizza il proprio potenziale economico sarà sempre più difficile finanziare una società senza esclusioni con una robusta rete sociale per le persone meno abbienti. Anche un’integrazione maggiore dell’economia dell’UE — e vi è ancora molto lavoro da fare — servirà a raggiungere tale obiettivo perché un’importante lezione che abbiamo tratto dagli ultimi 50 anni è che l’integrazione economica contribuisce alla crescita e crea posti di lavoro. Risultati e obiettivi Da quando è stata fondata l’UE sono state raggiunte tre tappe importanti: • la creazione di un’unione doganale; • il mercato unico; • l’unione economica e monetaria. L’unione doganale ha gettato le basi per la libera circolazione delle merci. Il mercato unico ha eliminato gli 4 ostacoli burocratici ancora esistenti per la circolazione delle merci e ha rappresentato un importante passo avanti verso la circolazione dei servizi. L’unione economica e monetaria ha eliminato molti dei rimanenti ostacoli agli investimenti transfrontalieri. Ha introdotto la moneta unica, l’euro, e un approccio comune nella politica economica. Resta però ancora molto lavoro da fare. Gli scienziati che lavorano in diversi paesi incontrano ancora ostacoli non necessari nella cooperazione per la ricerca. I governi e gli enti locali non fanno ancora tutto quello che potrebbero per acquistare beni e servizi al prezzo più concorrenziale esistente nell’UE. I servizi finanziari potrebbero essere più disponibili a livello transfrontaliero di quanto siano attualmente. L’UE deve anche fare di più per aiutare gli imprenditori ad avviare nuove attività e per spingere le imprese verso l’innovazione. Molto deve essere ancora fatto perché Internet contribuisca alla crescita economica. L’obiettivo comune è di fare dell’UE entro il 2010 l’economia basata sulla conoscenza più competitiva e più dinamica al mondo. Si tratta di un obiettivo ambizioso ma non irraggiungibile. L’UE allora e adesso La CEE del 1958 era molto diversa dall’UE di oggi. Nel 1958 il 23 % della popolazione dei sei Stati membri, Belgio, Francia, Germania, Italia, Lussemburgo e Paesi Bassi, lavorava nel settore agricolo. Nel 2001 tale cifra era scesa al 4 % per i quindici paesi dell’UE. Nel 1958 il 40 % della popolazione lavorava nell’industria. Tale cifra è scesa al 29 % nel 2001. I servizi rappresentano ora di gran lunga la principale fonte di posti di lavoro: il 67 % della popolazione dell’UE nel 2001 lavorava nel settore dei servizi rispetto al 37 % del 1958. Tale tendenza non è mutata con le successive operazioni di allargamento con cui sono entrati nell’UE paesi sia prevalentemente rurali sia industriali: Danimarca, Irlanda e Regno Unito nel 1973, Grecia nel 1981, Spagna e Portogallo nel 1986 e Austria, Finlandia e Svezia nel 1995. © Jose Luis Pelaez, Inc./Van Parys Media Nel 1958 vi erano solo circa 3 000 km di autostrade nei paesi che compongono ora l’UE. Ora ce ne sono 52 000 km. Nei sei Stati membri originali, solo il 6,6 % della popolazione possedeva un’automobile. Attualmente nell’UE vi è quasi un’automobile ogni due persone mentre il numero di viaggi aerei effettuati ogni anno dalle persone nell’UE è trenta volte maggiore. Un gran cambiamento rispetto al lavoro dei campi. 5 P u n t a re a l l a c re s c i t a Costruire le fondamenta La creazione di un’unione doganale è stato il primo passo verso la creazione di un’economia unica nell’UE. All’interno dei confini dell’unione doganale, che è stata completata nel 1968, gli scambi commerciali sono liberi. Le imprese non pagano dazi dalla Lapponia alla Sicilia, dalle isole portoghesi nell’Atlantico ai confini orientali più estremi dell’UE. La creazione di un’unione doganale ha anche reso più eque le condizioni per tutti coloro che importano dal resto del mondo. Se è necessario pagare un dazio per le importazioni esso è lo stesso in qualsiasi porto, aeroporto, strada o ferrovia che si utilizzi come punto di accesso. Gli importatori possono importare le merci in blocco nell’UE e poi ripartirle in diverse spedizioni destinate a clienti situati nei vari Stati membri. Non è più necessario usare il Pireo per le merci destinate alla Grecia e Marsiglia per quelle destinate alla Francia, ma si può usare o l’uno o l’altro porto per entrambe le destinazioni. In questa maniera gli scambi commerciali diventano più efficienti e i prezzi più concorrenziali mentre aumentano le possibilità di scelta per i consumatori. I vantaggi dell’unione doganale sono stati evidenti fin dall’inizio. Nel 1970 il volume degli scambi tra Stati membri era sei volte maggiore rispetto a 12 anni prima e gli scambi con il resto del mondo erano triplicati. Le economie erano più che raddoppiate in volume e si espandevano ad una velocità maggiore di quella dell’economia statunitense. L’UE si ingrandisce e aumentano i vantaggi Quanto più è grande l’Unione europea tanto maggiore è l’effetto catalizzante dell’integrazione. L’allargamento dell’UE a 25 paesi comporta inizialmente delle spese poiché l’UE aiuta i paesi candidati a completare il loro passaggio verso economie di mercato aperte alla concorrenza. Ciò comporta tuttavia vantaggi economici tangibili per l’UE. L’economia dei «vecchi» Stati membri ne risulta avvantaggiata, così come è stato dimostrato dagli allargamenti precedenti, perché la concorrenza e l’aumento della mobilità personale incentivano la crescita. Entro la fine del decennio il totale delle economie dei «vecchi» Stati membri potrebbe essere cresciuto dell’1 % rispetto a quello che sarebbe stato il suo volume senza l’allargamento. I paesi candidati, frattanto, possono attendersi un aumento annuo della crescita dell’1 % a seguito dell’adesione all’UE. Ciò sarà dovuto sostanzialmente all’aumento degli investimenti e alla riforma delle loro economie per migliorarne l’efficienza. La qualità della vita in tali paesi aumenterà e potrebbero anche essere creati più di 300 000 posti di lavoro entro il 2010. 6 Altri ostacoli da superare Con la creazione dell’unione doganale era stato eliminato solo l’ostacolo più evidente alla libertà commerciale e alla concorrenza e quindi al progresso sociale ed economico. Rimanevano ancora molte complicazioni burocratiche che ostacolavano gli scambi. Gli ispettori doganali non erano scomparsi ma continuavano a fermare gli autocarri e i treni merci per verificare i documenti di trasporto e spesso anche il contenuto dei mezzi. Si calcola che nel 1988 tutto ciò costasse inutilmente all’industria e ai governi 9 miliardi di euro all’anno. Un altro ostacolo era rappresentato dalla diversità dei requisiti tecnici e della regolamentazione in materia ambientale. Nei vari paesi gli standard non erano necessariamente più alti o più bassi ma semplicemente diversi per ragioni storiche. Il lavoro per sviluppare standard europei comuni risale a molto tempo fa, ma inizialmente i progressi sono stati lenti. Inoltre, durante la recessione economica provocata dalla crisi petrolifera del 1973 e 1979 l’interesse per una maggiore integrazione economica è diminuito. Per quanto si riconoscesse che a lungo termine ciò avrebbe comportato dei vantaggi, le operazioni di adeguamento necessarie a breve termine parevano troppo dolorose. È stato solo all’inizio del decennio successivo che gli Stati membri sono stati pronti a preparare l’importante tappa successiva. Questa tappa era rappresentata dall’atto unico europeo, il modello per il mercato unico europeo. Firmato all’inizio del 1986, esso fissava come obiettivo la fine del 1992 per l’eliminazione delle molte barriere al commercio ancora esistenti. Il mercato unico ha ridotto la burocrazia. 7 P u n t a re a l l a c re s c i t a © SIE Productions/Van Parys Media L’UE ha reso più facile viaggiare. Libertà anche per le persone Nel processo di apertura dei mercati delle merci e dei servizi non ci si è dimenticati delle persone. Con l’istituzione della CEE è diventato subito più facile per i cittadini di uno Stato membro vivere e lavorare in un altro Stato membro. Da allora, la libertà di movimento è stata estesa alle persone in cerca di occupazione, agli studenti, ai pensionati, praticamente a tutti. Più di 15 milioni di cittadini dell’UE si sono spostati in un altro Stato membro per lavorare o per trascorrere il periodo della pensione. Da vent’anni, i passaporti di tutti i cittadini dell’UE hanno la copertina dello stesso colore rosso scuro. I giorni in cui i Virkeliggørelsen af detI controlli indre marked treni si fermavano alle frontiere per il controllo dei passaporti fanno parte ormai del passato. at Solamente der skulle vedtages alle frontiere sono scomparsi nella maggior parte delle frontiere interneindebar, del 1985. il Regno over 1 000 retsakter i løbet af syv år. Med Unito e l’Irlanda effettuano ancora tali controlli. det indre marked blev varekontrollen ved grænserne erstattet af et system, der byggede på gensidig tillid, og af kontrol før varernes afgang og ved deres ankomst. Det var med til at skabe tillid til andre landes standarder og forskelligartede teknologier. Disse kan afvige fra hinanden i detaljerne, men det afgørende er, at produktet er sikkert, ikke hvordan det er blevet gjort sikkert. Med det 8 Il mercato unico Per realizzare il mercato unico è stato necessario adottare più di 1 000 atti legislativi in sette anni. Il mercato unico ha sostituito i controlli doganali sulle merci con sistemi basati sulla fiducia e su controlli effettuati prima della partenza e all’arrivo. Esso ha contribuito a creare fiducia negli standard degli altri paesi e nelle loro tecnologie che possono anche essere diverse nei dettagli; ciò che conta però è che il prodotto sia sicuro, non la maniera precisa in cui si è raggiunto questo obiettivo. Il mercato unico ha eliminato le barriere che impedivano alle società che fornivano servizi di operare oltre le frontiere. Nella creazione del mercato unico, molte iniziative sono state intraprese per garantire che in tutti i paesi dell’UE il diritto societario, le norme contabili delle imprese e le regole sulla proprietà intellettuale riflettano un approccio abbastanza similare. Ciò rende più facile per le imprese operare in tutta l’UE e svolgere le proprie attività nella maniera più efficiente possibile. Le restanti barriere alla circolazione dei capitali attraverso le frontiere sono state progressivamente eliminate sia per gli investimenti commerciali che per il risparmio, lo studio o le vacanze. È divenuto più facile per gli istituti finanziari aprire sedi in tutta l’UE e offrire servizi bancari, assicurativi e di investimento in un altro paese dovendo adempiere solo a una quantità minima di formalità. Al tempo stesso sono state adottate iniziative per garantire che i clienti godano ovunque di pari protezione a prescindere dalla banca, dall’assicuratore o dall’investimento che hanno scelto. Un primo passo è stato l’introduzione della concorrenza in settori che tradizionalmente erano soggetti a monopolio come le telecomunicazioni, i trasporti aerei, le ferrovie, i servizi postali, il gas e l’elettricità. È un processo che continua tuttora e che ha portato alla scomparsa di tutte le barriere per la concorrenza nel settore delle telecomunicazioni. La maggior parte degli utenti imprese e molte famiglie hanno la possibilità di scegliere il fornitore di gas e di elettricità. Sono state eliminate le restrizioni che rendevano difficile per le compagnie aeree operare in maniera efficiente. Sono stati inoltre liberalizzati i mercati dei servizi ferroviari e postali per gli utenti imprese. Si sta lavorando ora per aprire ad una maggiore concorrenza i servizi portuali in Europa e per l’utilizzo più efficiente dello spazio aereo europeo. Tutto ciò porta a un aumento delle possibilità di scelta per il consumatore e a una riduzione dei prezzi. L’esistenza di una forte concorrenza e la possibilità di espansione all’interno del mercato unico contribuiscono a far sì che le imprese europee restino tra le imprese leader al mondo. Delle 100 maggiori imprese mondiali 32 sono dell’UE, così come 39 delle maggiori banche commerciali mondiali e 27 dei marchi più prestigiosi. 9 P u n t a re a l l a c re s c i t a L’aumento della concorrenza paga Il mercato unico ha consentito di sfruttare una buona parte del potenziale dell’economia europea. Nei dieci anni tra il 1992 e il 2002 il mercato unico ha generato un aumento di 1,8 punti percentuali della crescita del PIL in tutta l’UE. Il mercato unico inoltre: • ha creato nei primi 10 anni quasi 900 miliardi di euro di ricchezza in più, circa 6 000 euro per famiglia; • ha creato circa 2,5 milioni di posti di lavoro in Europa dal 1992 che non sarebbero esistiti senza l’apertura delle frontiere; • ha contribuito ad una crescita del 30 % degli scambi di prodotti fabbricati nell’UE dal 1992, con un aumento quindi della scelta di beni disponibili e della concorrenza; sono passate dal 6,9 % del PIL dell’UE del 1992 all’11,2 % del 2001; • ha consentito una distribuzione più efficiente delle risorse umane, in quanto le persone hanno colto l’opportunità di lavorare in altri Stati membri dell’UE; • ha fatto crescere il potere d’acquisto attraverso la pressione sui prezzi. Si è ristretto il divario tra i prezzi più alti e i prezzi più bassi nell’UE mentre alcuni beni sono diventati più economici in termini assoluti. Sono in corso ulteriori iniziative, ad esempio per rafforzare il mercato unico nei servizi (che è pari al 70 % del PIL dell’UE). La realizzazione del mercato unico è tuttora in corso ed ha la capacità di apportare ancora più vantaggi in futuro. • è stato un fattore chiave per la crescita del flusso di investimenti diretti all’interno dell’UE. Tale flusso è stato nel 2000 di 12 volte superiore a quello del 1992; • ha incoraggiato l’afflusso di investimenti esteri diretti provenienti dall’esterno dell’UE; Grazie al mercato unico c’è più scelta. 10 © Ariel Skelley/Van Parys Media • ha reso l’UE più competitiva sul piano internazionale. Ad esempio, le esportazioni dell’UE verso i paesi non appartenenti all’Unione L’unione economica e monetaria Molto prima della stesura dell’Atto unico europeo gli economisti avevano segnalato che le economie degli Stati membri per poter realizzare insieme interamente il loro potenziale avrebbero dovuto comportarsi in maniera più similare, secondo un processo noto con il termine di convergenza. L’unione economica e monetaria era considerata il passo successivo, un passo difficile ma necessario ed auspicabile per continuare ad avanzare. Nel 1969, l’UE aveva fissato l’obiettivo di realizzare l’unione economica e monetaria (UEM) entro il 1980 ma il cammino non è stato facile. La recessione degli anni 70 ha rallentato i lavori per l’UEM e quindi per l’introduzione della moneta unica, oltre a bloccare il progresso in altri settori. Il processo è ripreso nel 1978 con una più stretta cooperazione sui tassi di cambio ed è stato poi riavviato completamente nel 1988 per arrivare poi nel 1990 al completamento della prima delle tre fasi dell’UEM. In quell’anno, ad esempio, l’UE ha eliminato le ultime restrizioni rimanenti sulle esportazioni di denaro da uno Stato membro all’altro, sui trasferimenti di fondi o sugli investi- menti in un altro Stato membro. Non sarebbe più stato necessario completare un modulo per ottenere la valuta estera per andare a studiare o a fare una vacanza in un altro Stato membro. Negli anni successivi si è tracciata una chiara linea divisoria tra le finanze dei governi e le banche centrali. I governi non avevano più la possibilità di rivolgersi alle banche centrali perché stampassero denaro se non riuscivano a mantenere i bilanci in pareggio. Nel 1994 è stata realizzata la seconda fase dell’UEM con la creazione dell’Istituto monetario europeo (IME) il predecessore dell’attuale Banca centrale europea (BCE). Nell’ambito di tale processo, i governi si sono impegnati a non vivere al di sopra dei loro mezzi e sono stati fissati massimali sulle dimensioni che potevano raggiungere il debito pubblico e il disavanzo pubblico. I paesi dell’UE hanno concordato un sistema di «vigilanza multilaterale» o monitoraggio per controllare se uno Stato membro adottava decisioni in materia di bilancio che potessero avere effetti negativi per le economie di altri Stati membri. 11 P u n t a re a l l a c re s c i t a I criteri di Maastricht Nel 1992 sono stati concordati cinque criteri da utilizzare per stabilire se uno Stato membro era pronto o meno ad adottare la moneta unica. Nel loro insieme essi sono noti come i criteri di Maastricht, dal nome della città in cui è stato firmato il trattato in cui sono stati enunciati. I criteri riguardano: • la stabilità dei prezzi: il tasso di inflazione non deve superare di oltre 1,5 punti percentuali quello dei tre Stati membri che nell’anno precedente hanno registrato il migliore tasso di inflazione; • il disavanzo pubblico (il divario tra le entrate e le spese pubbliche): esso deve in generale essere inferiore al 3 % del prodotto interno lordo (PIL); • debito: il limite è fissato al 60 % del PIL ma un paese il cui rapporto tra debito pubblico e PIL è superiore può comunque adottare l’euro se il livello del debito è in costante diminuzione; • il tasso di interesse a lungo termine: tale tasso non deve superare di oltre 2 punti percentuali quello dei tre Stati membri che nell’anno precedente hanno registrato il migliore tasso di inflazione; • stabilità del tasso di cambio: il tasso di cambio deve essere rimasto all’interno dei margini di fluttuazione predefiniti per due anni. I margini sono quelli del meccanismo di cambio europeo, un sistema opzionale con cui gli Stati membri potevano, se lo desideravano, legare la loro moneta all’euro. 12 UEM: il segnale di inizio Il segnale di inizio dell’unione economica e monetaria completa è stato dato il 1o gennaio 1999 con l’introduzione dell’euro in 11 Stati membri: Austria, Belgio, Finlandia, Francia, Germania, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo e Spagna. La Grecia che inizialmente non riusciva a rispettare i criteri di Maastricht vi aderì nel 2001. Tre paesi, Danimarca, Svezia e Regno Unito, decisero di non partecipare alla prima ondata di adesione all’euro. Se decideranno in futuro di adottare l’euro, essi dovranno rispettare i criteri di Maastricht così come i nuovi Stati membri. I paesi candidati si sono impegnati ad adottare l’euro ma non potranno farlo almeno fino al 2006 a causa del criterio relativo al tasso di cambio. L’euro è diventata la moneta ufficiale dei paesi partecipanti dalla data in cui essi vi hanno aderito. Fino al primo gennaio 2002, tuttavia, non esistevano banconote e monete in euro. Chi volesse effettuare pagamenti in euro nel periodo transitorio doveva utilizzare una carta di credito o una carta di debito, oppure pagare mediante bonifico bancario. Inizialmente l’euro era quindi di fatto una moneta «virtuale», utilizzata principalmente per le operazioni commerciali piuttosto che per le operazioni quotidiane. Tutti i paesi dell’UE aderiscono all’UEM Ma solo 12 utilizzano l’euro. Tre hanno scelto per il momento di non farlo. I dieci nuovi paesi adotteranno l’euro più tardi. Per conoscere i nomi e i territori di questi paesi consultare la mappa riportata alla fine del libretto. 13 P u n t a re a l l a c re s c i t a I vantaggi della moneta unica Il vantaggio più evidente dell’euro è la sua utilità per i viaggiatori con la scomparsa dei costi e delle seccature legate al cambio di moneta. Con l’euro diventa inoltre più facile confrontare i prezzi e ciò è positivo per la concorrenza e per i consumatori. Le ragioni per l’introduzione dell’euro, tuttavia, sono ben più fondamentali. L’aumento dell’integrazione porterà vantaggi a lungo termine per la concorrenza, la crescita e la prosperità garantendo una situazione di bassa inflazione e consentendo alle imprese di operare con maggiore efficienza. Sono diminuiti i costi per trasferire fondi in un altro paese per svolgervi un’attività economica e non è più necessario che le imprese stipulino assicurazioni o aumentino i loro margini di profitto per proteggersi dal rischio delle fluttuazioni dei tassi di cambio. Tali costi equivalevano a una «tassa» per lo svolgimento di un’attività economica e ammontavano all’1 % del PIL. Essi sono in gran parte scomparsi perché più dell’80 % degli scambi effettuati dai paesi della zona euro avvengono tra i paesi stessi. Le imprese situate nella zona euro che commerciano con il resto del mondo hanno il vantaggio automatico di utilizzare una moneta internazionale. Esse possono spesso proteggersi dalle variazioni dei tassi di cambio semplicemente utilizzando l’euro per la fatturazione ai clienti. Ciò può essere fatto con facilità mentre in passato non era altrettanto facile persuadere un cliente a pagare utilizzando la dracma greca o il marco finlandese. Il commercio fa bene alla crescita. L’euro fa bene al commercio. 14 L’UEM non è solo l’euro L’unione economica e monetaria comporta il rispetto di una serie di regole note come il patto di stabilità e di crescita. L’obiettivo di tali regole è quello di assicurare che le finanze pubbliche dei paesi dell’UE siano sane, cosa importante per arrivare ad una crescita sostenibile. nisce le informazioni necessarie sotto forma di un programma di stabilità. I paesi che non aderiscono all’euro presentano programmi di convergenza che contengono un elemento in più: informazioni sullo stato delle loro economie rispetto ai criteri di Maastricht per l’adesione all’euro. Ogni anno, la Commissione e gli Stati membri verificano il rispetto del patto. Ciascun paese della zona euro for- La Commissione inoltre verifica costantemente in che misura gli Stati membri conseguono gli obietti- Il patto di stabilità e di crescita Con il patto di stabilità e di crescita tutti i paesi dell’UE si impegnano a far sì che i loro bilanci siano in equilibrio o quasi in equilibrio a medio termine. In altri termini, gli Stati membri dell’UE non dovrebbero spendere di più di quello che guadagnano. In questa maniera possono evitare quell’accumularsi del debito che in passato aveva costretto i governi a ricorrere ad un aumento delle tasse o a trovarsi privi del denaro da spendere per i loro cittadini e per gli investimenti. Se la crescita economica rallenta, anche le entrate fiscali diminuiscono, perché l’attività delle imprese si riduce, i consumatori spendono meno e i governi devono spendere di più per le indennità di disoccupazione. In tale situazione può essere giustificato un ricorso eccezionale al prestito. Tuttavia, se i bilanci sono sani fin dall’inizio, i governi dovrebbero avere un margine sufficiente per riuscire a mantenere i loro deficit al di sotto del 3 % del PIL. Il patto non è una camicia di forza. Esso consente ai governi di superare il margine del 3 % in casi eccezionali. Può accadere che le economie debbano affrontare momenti difficili senza che la colpa debba essere attribuita ai loro governi. Eventi imprevisti possono scuotere l’economia internazionale, come ad esempio gli attacchi terroristici negli Stati Uniti dell’11 settembre 2001, o l’aumento del prezzo del petrolio che ha preceduto la guerra in Iraq nel 2003. Se uno Stato membro infrange le regole del patto senza una buona ragione, viene ammonito ad adottare un’azione correttiva molto rapidamente. In caso contrario, la Commissione europea e gli altri paesi dell’UE possono imporre misure correttive. Se ciò non costituisce un incentivo sufficiente a far tornare il bilancio sotto controllo, lo Stato membro recalcitrante deve depositare del denaro presso la Commissione senza interessi. Se, nonostante ciò, lo Stato membro non mette ancora in ordine il suo bilancio, può correre il rischio di perdere il denaro. Questi provvedimenti sono giustificati perché un deficit eccessivo in uno Stato membro può avere effetti negativi per gli altri Stati. 15 P u n t a re a l l a c re s c i t a vi fissati per integrare sempre più l’economia dell’UE in tutti settori, dalla finanza alla ricerca e sviluppo, dall’energia ai trasporti. Essa controlla inoltre che sia stata prestata la debita attenzione alle implicazioni ambientali delle decisioni di politica economica adottate. La Commissione, infine, controlla i progressi raggiunti nel creare posti di lavoro e rendere il mercato del lavoro accessibile al più alto numero di persone. L’obiettivo fondamentale è garantire una crescita sostenibile e una società senza esclusioni. zona euro. La BCE fissa i suoi tassi a un livello che a suo giudizio manterrà i prezzi stabili nella zona euro. Essa si prefigge di mantenere l’inflazione vicino, ma inferiore al 2 % a medio termine, così da evitare al tempo stesso i rischi di deflazione o di eccessiva inflazione. La Banca gestisce anche le riserve di valuta della zona euro e ha la facoltà di acquistare e vendere valuta estera sui mercati monetari internazionali per influenzare il tasso di cambio dell’euro. Essa non ha tuttavia una posizione fissa sulla quale siatuare il livello corretto del tasso di cambio. La sua politica si incentra sull’inflazione. Il ruolo della BCE I prezzi stabili creano un ambiente economico stabile e la Banca centrale europea (BCE) svolge un ruolo fondamentale nella creazione di tale stabilità nella zona euro. Per fare ciò, essa fissa i tassi di interesse che usa nelle operazioni con le banche e tali interessi a loro volta fungono da base per tutti i tassi di interesse nella Con la sua sede di Francoforte, la Banca centrale europea è il cuore del sistema europeo di banche centrali (SEBC). Tutte le banche centrali dell’UE fanno parte del SEBC. In questo modo, ciascuna di esse ha la possibilità di esprimere la sua posizione, ad esempio sulla scelta della tecnologia da utilizzare per garantire che le imprese e le banche possano trasferire in maniera efficiente il denaro in tutta l’UE. Tuttavia, quando la BCE fissa i tassi di interesse per la zona euro, essa consulta solo le banche centrali della zona euro. © Bilderbox.com La crescita deve essere sostenibile. 16 L’impatto dell’euro I cambiamenti sono apparsi subito nei mercati finanziari fin da quando l’euro è stato introdotto in forma «virtuale» nel 1999. I governi della zona euro nella maggior parte dei casi hanno pagato subito interessi minori sul denaro che prendevano a prestito. Da un lato, essi operavano in un ambiente economico stabile, con una bassa inflazione, che manteneva i tassi di interesse bassi. Dall’altro, essi prendevano a prestito una valuta estremamente liquida, in altre parole, una valuta per la quale vi erano moltissimi acquirenti e venditori. L’esistenza di una forte domanda fa sì che i tassi di interesse siano concorrenziali. Con tassi di interesse bassi, i governi spendono meno per pagare il debito e dispongono quindi di un maggior margine per ridurre le tasse, o di più denaro da spendere per la salute, le pensioni, l’assistenza sociale o le infrastrutture. in euro. Essi possono trarre alcuni degli stessi vantaggi, per il fatto che si tratta di una valuta liquida riconosciuta a livello internazionale. I paesi spesso vogliono diversificare i loro portafogli valutari e l’euro in tal senso rappresenta una valuta internazionale in più. Sempre più l’euro è anche utilizzato insieme al dollaro dalle banche centrali come valuta di riserva, la valuta cioè convertibile che viene immagazzinata per le emergenze monetarie. Con bassi tassi di interesse anche i mutui sono più bassi. Anche le imprese e i consumatori se ne avvantaggiano. Con la riduzione dei tassi di interesse, gli investimenti diventano più convenienti per le imprese e si abbassano i mutui per chi intende acquistare immobili. Non sono solo i governi della zona euro a trarre vantaggio dalla nuova moneta internazionale. Anche altri paesi, sia all’interno che all’esterno dell’UE, prendono a prestito somme © Bilderbox.com I vantaggi non si limitano alla zona euro 17 P u n t a re a l l a c re s c i t a Con le banconote e le monete l’euro diventa reale L’unione economica e monetaria ha avuto un impatto tangibile sul grande pubblico solo con l’introduzione delle banconote e monete in euro avvenuta il 1o gennaio 2002. Vi sono sette tagli di banconote e 8 monete metalliche. Ciascuna moneta ha impresso su una faccia un motivo comune che richiama l’Europa e sull’altra un simbolo dello Stato in cui è stata emessa. Le banconote, invece, non hanno caratteristiche nazionali. Le banconote e monete in euro, a prescindere dallo Stato in cui sono state emesse, possono essere utilizzate ovunque nella zona euro e anche in alcuni altri paesi. Quando i cittadini dei 12 paesi della zona euro si sono trovati in mano e in tasca il denaro in euro si sono resi conto di come era diventato più facile viaggiare e di come era aumentato il loro potere di acquisto. Prima dell’introduzione dell’euro, le spese legate al cambio della moneta potevano rappresentare anche l’1 % del costo della vacanza ed essere molto più elevate se si visitavano svariati paesi e se si cambiavano ogni volta solo piccole somme di denaro. Con l’euro gli acquirenti sono diventati più avveduti, possono confrontare i prezzi e acquistare i prodotti dove costano meno. Tutto ciò è stato reso più facile dalla normativa europea sulle spese da addebitare per il ritiro di euro dai distributori automatici, per il pagamento con carte di credito e per il trasferimento di euro in un altro paese. Queste spese sono state drasticamente ridotte o sono scomparse del tutto. © ASCii Le monete in euro rispecchiano l’unità e diversità dell’Europa: una faccia delle monete riporta un motivo nazionale. 18 Il lavoro non è finito L’integrazione economica europea è stata realizzata attraverso una serie di passaggi logici. Per sfruttare completamente il potenziale dell’unione doganale era chiaro che l’UE aveva bisogno di un mercato unico. E per molti paesi il mercato unico aveva più senso se si utilizzava una moneta unica per gli scambi. Il lavoro però non è ancora finito. C’è ancora molto da fare per liberare interamente il potenziale del mercato unico dei servizi e per promuovere l’economia digitale, lo spirito imprenditoriale e l’innovazione. Si deve resistere alla tentazione di rinunciare al principio di avere conti pubblici sani. Finire il lavoro sui servizi Una maggiore integrazione dei servizi finanziari porterà vantaggi quantificabili. Ad esempio, se le imprese potessero con più facilità emettere quote e obbligazioni invece di dover ricorrere al prestito, si potrebbe risparmiare lo 0,3 % del PIL. La creazione di un vero mercato unico per le quote ed azioni aumenterebbe il PIL almeno dell’1,1 % e farebbe crescere l’occupazione di mezzo punto percentuale. Se i mercati bancari fossero veramente integrati si potrebbe risparmiare l’1,5 % del PIL. Molto è stato già realizzato ed entro il 2005 si dovrebbe completare ciò che ancora resta da fare. Esistono ancora barriere burocratiche per lo scambio relativamente ad altri tipi di servizi e la Commissione incoraggia i fornitori di servizi a superare tali ostacoli adottando codici di con- dotta europei. La Commissione spinge inoltre il settore pubblico a fare di più, perché le imprese di altri paesi siano incoraggiate a presentare offerte quando vengono promosse gare di appalto per acquistare beni o servizi. L’aumento di concorrenza che ne deriverebbe potrebbe far risparmiare al settore pubblico l’1 % di quanto spende. Sfruttare il potenziale digitale Per una crescita continua è altrettanto fondamentale sfruttare il potenziale digitale europeo. I governi dell’UE hanno già convenuto che si deve garantire che l’accesso a Internet sia poco costoso, rapido e sicuro e che si devono effettuare considerevoli investimenti affinché le persone acquisiscano le capacità necessarie per utilizzare Internet. L’UE si sforza inoltre di stimolare tutta una gamma di attività online come il commercio elettronico, i servizi pubblici online, i servizi sanitari online, la presenza in rete di prodotti europei e l’utilizzo di tecnologie intelligenti per risolvere il problema della gestione del traffico. Liberare il potenziale imprenditoriale È importante cambiare le mentalità ed eliminare le barriere alla creazione e allo sviluppo di nuove imprese. In tale settore, gli europei sono in ritardo rispetto agli americani: gli europei preferiscono essere lavoratori dipendenti piuttosto che autonomi. Ma la 19 P u n t a re a l l a c re s c i t a soddisfazione che si trae dal lavoro è più elevata tra coloro che svolgono un’attività economica indipendente. Quando gli europei avviano nuove imprese, la loro crescita tende ad essere più lenta di quella delle loro controparti americane. La ragione è da ricercarsi nelle barriere all’innovazione rappresentate dalla burocrazia, dalle difficoltà ad ottenere prestiti per avviare nuove attività economiche e dai costi elevati per l’acquisizione di brevetti. La Commissione europea promuove iniziative per affrontare tutti questi problemi, per eliminare gli intralci burocratici, consentire un accesso più facile al capitale per l’avvio di nuove imprese e introdurre un sistema di brevetti meno costoso e più efficiente. Colmare il divario tecnologico È fondamentale infine colmare il divario tecnologico con gli Stati Uniti e il Giappone. L’UE spende meno del 2 % del PIL per la ricerca e lo sviluppo tecnologico, Il Giappone spende più del 3 % e gli Stati Uniti non molto meno del Giappone. Nell’UE, l’alta tecnologia rappresenta il 10,1 % del valore aggiunto della produzione, contro il 13,8 % del Giappone e il 25,8 % degli Stati Uniti. Le spese per le tecnologie dell’informazione e delle comunicazioni sono pari al 6,93 % del PIL nell’UE, all’8,22 % negli Stati Uniti e all’8,98 % in Giappone. Investimenti in ricerca e sviluppo nelle maggiori economie del mondo Miliardi di euro Senza scopo di lucro Istruzione superiore Governo Imprese Le cifre relative a Stati Uniti e Giappone si riferiscono al 2002; quelle relative all’UE si riferiscono al 2001. Fonte: Commissione europea. UE Giappone USA 20 Costruire per il futuro I ritardi nella realizzazione di questo potenziale e quindi della relativa crescita supplementare provocano pressioni sui bilanci pubblici perché per disporre dei fondi da spendere per i servizi pubblici e le pensioni sono necessari gli introiti fiscali di un’economia florida. I governi incontrano sempre più difficoltà a reperire i fondi per le pensioni e l’assistenza sanitaria a causa dell’allungamento delle aspettative di vita, dell’anticipazione dei pensionamenti, del calo delle nascite e della richiesta che i progressi della tecnologia medica siano universalmente disponibili. Le pensioni e l’assistenza sanitaria di quella che è adesso la generazione più anziana sono pagati con i contributi di quelli che lavorano. In Europa, oggi, per ogni pensionato, vi sono quattro persone in età lavorativa, ma nel 2040 il rapporto sarà solo di uno a due. ta», modernizzando l’economia europea, proseguendo sulla strada dell’integrazione e attenendosi a politiche di bilancio sane. Mercati finanziari più efficienti e senza confini forniranno ai governi e ai singoli cittadini il miglior rendimento per il loro denaro. Puntando alla crescita e alla creazione di posti di lavoro si produrranno entrate fiscali che i governi potranno spendere per le pensioni, l’assistenza sanitaria e per altre reti di sicurezza sociale. Investire nelle persone L’UE, tuttavia, non considera la crescita e la creazione di posti di lavoro come degli obiettivi in sé stessi. La crescita deve essere sostenibile nell’interesse del benessere a lungo termine dei cittadini e dell’ambiente. Inoltre, le persone hanno il diritto di avere posti di lavoro di qualità e di © Lionel Didot/FRANCEDIAS.COM Questi problemi non toccano solo l’UE ma sono particolarmente gravi nell’UE perché il tasso delle nascite europeo è tra i più bassi al mondo e l’aspettativa di vita tra le più elevate, i sistemi pensionistici e sanitari sono particolarmente sviluppati e i governi insistono affinché la concessione dell’assistenza pensionistica e sanitaria a tutti resti una caratteristica distintiva delle economie europee. L’esistenza di un solido sistema di assistenza è un importante elemento dell’eredità sociale ed economica dell’UE. La crescita contribuisce a garantire che tale eredità sia sostenibile e alla portata delle generazioni future. Per poter affrontare questi costi i governi devono «puntare alla cresci21 La crescita pagherà la sua assistenza sanitaria e la sua pensione. P u n t a re a l l a c re s c i t a poter accedere a strutture, ad esempio, che garantiscano un’adeguata assistenza per l’infanzia. Questi sono principi fondamentali della politica sociale e dell’occupazione dell’UE, così come lo è il principio delle pari opportunità. Tra gli obiettivi dichiarati dell’UE vi è quello di creare un giusto equilibrio tra il lavoro e il resto della vita. Le persone sono il capitale più importante dell’Europa e ciò è stato dichiarato dai leader dell’UE riuniti a Lisbona nel 2000, quando hanno fissato gli obiettivi strategici per questo decennio. Investire nelle persone e sviluppare uno Stato sociale attivo e dinamico è altrettanto importante per stabilire la posizione dell’Europa nella nuova economia della conoscenza che l’integrazione economica, finanziaria e monetaria e la ricerca dell’innovazione e dell’imprenditorialità. Se al centro dell’attenzione vi sono le persone, il sorgere di una nuova economia rappresenterà una forza di coesione sociale ed economica. Investire nelle persone è fondamentale, mentre l’Unione europea punta a crescere e a diventare entro il 2010 l’economia basata sulla conoscenza più competitiva e più dinamica al mondo. Per ulteriori informazioni Per saperne di più sull’economia dell’UE e su come la Commissione europea verifica la gestione economica degli Stati membri: europa.eu.int/comm/economy_finance/index_en.htm Per avere altre informazioni di base sull’unione economica e monetaria: ue.eu.int/emu/it/index.htm Per avere dati e cifre sull’economia dell’UE: europa.eu.int/comm/publications/booklets/eu_glance/21/index_it.htm Per avere più informazioni sull’euro: www.euro.ecb.int e www.europa.eu.int/euro Per saperne di più sulle prossime fasi dell’integrazione potete consultare: • Il mercato unico in Europa: europa.eu.int/pol/singl/index_en.htm • La società dell’informazione: europa.eu.int/pol/infso/index_it.htm • Ricerca e sviluppo: europa.eu.int/pol/rd/index_it.htm 22 Commissione europea Puntare alla crescita L’economia dell’UE Serie L’Europa in movimento Lussemburgo: Ufficio delle pubblicazioni ufficiali delle Comunità europee 2004 — 22 pagg. — 16,2 x 22,9 cm ISBN 92-894-6145-4 Il progresso economico e sociale e il miglioramento costante delle condizioni di vita e di lavoro sono obiettivi fondamentali dell’Unione europea. L’esperienza degli ultimi 50 anni ci ha mostrato con chiarezza che con l’integrazione economica (l’eliminazione delle barriere alla libera circolazione delle merci, dei servizi, dei capitali e delle persone) l’Europa ha molte più possibilità di creare posti di lavoro e realizzare una crescita sostenibile. Molto è stato già realizzato: l’unione doganale, poi il mercato unico e più recentemente l’unione economica e monetaria (UEM). Ma l’UEM e l’euro sono primi passi, non punti di arrivo. Resta ancora molto da fare. L’UE deve eliminare le restanti barriere che ancora chiudono dentro i confini nazionali la ricerca, gli acquisti pubblici e la fornitura di servizi finanziari. Favorendo lo spirito imprenditoriale, l’innovazione e una eEuropa l’economia diventerà ancora più forte e in grado di creare posti di lavoro di qualità e di proteggere il sistema di assistenza sociale. Altre informazioni sull’Unione europea Informazioni in tutte le lingue dell’Unione europea possono essere ottenute via Internet sul server Europa (http://europa.eu.int). Disseminati in tutta Europa esistono centinaia di centri di informazione sull’UE. Potete trovare l’indirizzo del centro più vicino a voi consultando il sito: europa.eu.int/comm/relays/index_it.htm EUROPE DIRECT è un servizio che risponde alle vostre domande sull’Unione europea. Potete contattare questo servizio sia telefonicamente componendo il numero verde unico 00 800 6 7 8 9 10 11 [o, da un paese che non fa parte dell’UE, il numero (32-2) 299 96 96] sia per posta elettronica al seguente indirizzo: europa.eu.int/ Per ottenere informazioni e pubblicazioni sull’Unione europea in lingua italiana, rivolgersi a: RAPPRESENTANZE DELLA COMMISSIONE EUROPEA Rappresentanza in Italia Via IV Novembre, 149 I-00187 Roma Tel. (39) 06 69 99 91 Fax (39) 06 79 16 58/79 36 52 Internet: http://europa.eu.int/italia E-mail: [email protected] Per richiedere le pubblicazioni: CIDE Via IV Novembre, 149 I-00187 Roma Tel. (39) 06 69 99 92 27/30 Fax (39) 06 67 86 159 E-mail: [email protected] Rappresentanza a Milano Corso Magenta, 59 I-20123 Milano Tel. (39) 024 67 51 41 Fax (39) 024 81 85 43 Internet: www.uemilano.it E-mail: [email protected] UFFICI DEL PARLAMENTO EUROPEO Ufficio per l’Italia Via IV Novembre, 149 I-00187 Roma Tel. (39) 06 69 95 01 Fax (39) 06 69 95 02 00 Internet: www.europarl.it E-mail: [email protected] Ufficio di Milano Corso Magenta, 59 I-20123 Milano Tel. (39) 024 81 86 45 Fax (39) 024 81 46 19 Internet: www.europarl.it E-mail: [email protected] Altre rappresentanze e uffici della Commissione europea e del Parlamento europeo si trovano nei paesi membri dell’Unione europea. Delegazioni della Commissione europea si trovano anche in altri paesi del mondo. 24 L’Unione europea Stati membri dell’Unione europea Nuovi Stati membri che aderiranno nel 2004 Paesi candidati Situazione 2003 IT 2 10 Il progresso economico e sociale e il miglioramento costante delle condizioni di vita e di lavoro sono obiettivi fondamentali dell’Unione europea. L’esperienza degli ultimi 50 anni ci ha mostrato con chiarezza che con l’integrazione economica (l’eliminazione delle barriere alla libera circolazione delle merci, dei servizi, dei capitali e delle persone) l’Europa ha molte più possibilità di creare posti di lavoro e realizzare una crescita sostenibile. Molto è stato già realizzato: l’unione doganale, poi il mercato unico e più recentemente l’unione economica e monetaria (UEM). 16 NA-47-02-357-IT-C ISSN 1022-8284 Ma l’UEM e l’euro sono primi passi, non punti di arrivo. Resta ancora molto da fare. L’UE deve eliminare le restanti barriere che ancora chiudono dentro i confini nazionali la ricerca, gli acquisti pubblici e la fornitura di servizi finanziari. Favorendo lo spirito imprenditoriale, l’innovazione e una eEuropa l’economia diventerà ancora più forte e in grado di creare posti di lavoro di qualità e di proteggere il sistema di assistenza sociale. ISBN 92-894-6145-4 ,!7IJ2I9-egbefa! ›