Istituto Comprensivo Statale Antonio Gramsci Bacoli (Na) classe 3a sez. C Errico Erica – Nappo Martina – Schiano di Cola Teresa – Costagliola Raffaele L’unione europea nella nostra quotidianità Nel campo universitario dal 1987 è possibile mobilitare studenti, docenti e progetti di studio in tutta Europa, grazie al Progetto Erasmus, che recentemente ha rischiato di morire per mancanza di fondi. L’iniziativa si è dimostrata, negli ultimi 25 anni, di vitale importanza per integrare gli studenti europei fra loro con successo e farli sentire parte di un contesto ben più grande del proprio paese. Si tratta probabilmente di uno degli esempi che maggiormente realizzano quotidianamente lo spirito dell’Unione Europea, in quanto arricchiscono lo studente sia dal punto di vista umano che culturale. Tantissimi sono i finanziamenti europei a disposizione di imprese e enti che beneficiano direttamente dalla Commissione Europea di fondi e aiuti per realizzare i propri progetti, altrimenti difficilmente realizzabili. Anche qui, l’appartenenza all’Europa, rafforza l’intero mercato europeo rendendo le imprese più competitive ed efficaci e migliorando la qualità di vita dei cittadini aperti a realtà anche diverse dalla propria. I fondi europei coinvolgono imprese che creano conoscenze, innovazione e occupazione, sostenendoli e dando loro la possibilità di affacciarsi e realizzarsi nel mercato d’ Europa. Sin dal 2000 in Italia come negli altri paesi d’Europa, che hanno aderito al progetto, in tutti i nostri acquisti abbiamo cominciato ad usare l’ “Euro”, la nuova moneta unica. Fino ad allora se volevi viaggiare in Europa, era necessario effettuare un cambio di moneta, a secondo del paese in cui andavi. La stessa cosa valeva per il documento di riconoscimento che, prima della partenza, doveva essere ogni volta validato dall’ufficio di competenza. In entrambi i casi si perdeva un sacco di tempo tra un ufficio e un altro e il viaggio era rimandato ora per un motivo ora per un altro. Oggi invece, in qualità di cittadini europei, possiamo muoverci liberamente in Europa con la moneta e il documento che usiamo quotidianamente nel nostro paese. Infine e non per ordine di importanza c’è la conoscenza della lingua inglese, che è il primo biglietto da visita per vivere, relazionarsi con un paese diverso dal proprio. È di questi giorni un articolo di “Panorama” intitolato: “English is compulsory here” ispirato all’istituzione obbligatoria di corsi in lingua inglese in tutte le università italiane. Il 55% delle imprese comunica quasi esclusivamente in “British” perché è la lingua del progresso: i congressi si svolgono in inglese, i manuali più aggiornati sono in inglese. Insomma è praticamente impensabile aprire le porte d’Europa senza parlare correntemente l’inglese. Tantissime sono le classi e le situazioni dove diverse culture si mescolano tra loro. Come si potrebbe comunicare se non si parlasse la stessa lingua?