Destinations
& Tourism
Rivista di Destination Management e Marketing
n. 28/ ottobre 2015
comunicazione social marketing destination
Web Marketing Promocommercializzazione prodotto
strategia promozione formazione management
DESTINATION
MARKETING
DESTINATION
MANAGEMENT
FOCUS
Il prodotto turistico è
morto!
Il turismo in Italia e il
fattore C
Lamentele e critiche?
Ecco cosa fare in 8 step
Visita il blog di Four Tourism: www.fourtourismblog.it
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n° 28| ottobre 2015
La formazione Four Tourism 2015
Sommario
Destination Marketing
Il prodotto turistico è morto!
Destination Management
Il turismo in Italia e il fattore C
Four Tourism Srl
Corso Ciriè 21
10152 Torino
Tel. +39 011 4407078
[email protected]
Destination Marketing
Promuovere il territorio coinvolgendo i
Gal
Focus
Lamentele e critiche? Ecco cosa fare in
8 step
www.fourtourism.it
www.fourtourismblog.it
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Destination Marketing
Il prodotto turistico è morto!
di Josep Ejarque
La parola d’ordine oggi è solo una: esperienza turistica
le presenze dei turisti.
Per la maggior parte dei territori italiani, il turismo
rappresenta sicuramente uno dei fattori più efficaci
in grado di garantirne lo sviluppo.
E non a caso negli ultimi anni su tutto il territorio
nazionale sono nate un gran numero di attività turistiche, in particolare agriturismi, bed & breakfast e
altri servizi che trovano proprio nel turismo la loro
naturale collocazione.
Il turismo è infatti un'attività in crescita. Seppur in
Europa e in Italia abbiamo vissuto e ancora stiamo
vivendo anni di forte crisi e di grande difficoltà economica, tuttavia la voglia di viaggiare e di fare turismo non è assolutamente diminuita, anzi.
È importante però avere ben chiaro un concetto: il
mercato turistico, inteso come insieme di unità o di
persone che viaggiano, di fatto non è in crescita e
non cresce; quello che si sta verificando e che
permette di affermare che il turismo è in aumento è
dovuto al fatto che nell’arco dell’anno le persone si
concedono più vacanze.
A pensarci bene, credo non esista territorio che non
sia interessato al turismo; ed infatti sono molti gli
amministratori così come gli operatori locali che si
domandano cosa devono fare per incrementare e
per attirare più turisti in loco.
Per fortuna, oggi il turismo è considerato una commodity per la società europea: fare un viaggio, godersi un week end o una vacanza breve fa infatti
parte delle abitudini dei turisti europei e di conseguenza anche italiani.
E se questo fenomeno, da una parte, ha inciso sulla
permanenza media, ovvero sui giorni di vacanza
consecutivi trascorsi in una destinazione, che si è
ovviamente ridotta, dall’altra, allo stesso tempo,
offre ai territori la possibilità di svilupparsi turisticamente, ovviamente ognuno con modalità e possibilità differenti.
E questo quindi significa che qualunque territorio ha
potenzialmente la reale possibilità di vedere incre2
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Ritornando al discorso iniziale, si può quindi affermare che le condizioni di fondo affinché si verifichi
un incremento dei flussi turistici ci sono. Tuttavia, la
strada da percorrere è ancora lunga: fare in modo
che un territorio risulti attrattivo agli occhi di un
turista e che quest’ultimo lo scelga come meta delle
proprie vacanze non è infatti assolutamente così
scontato e facile.
turisti. È la proposta o proposte che permettono loro
di scegliere e di fruire in modo autonomo delle
risorse di una destinazione.
Già perché oggi il turismo è di tipo esperienziale,
personalizzato: il vero indiscusso protagonista non
è più il territorio ma il turista.
È necessario creare le condizioni necessarie affinché ciò avvenga.
Oggi, i turisti quando vanno
in vacanza non cercano il
territorio in sé con le sue
attrattive ma l’esperienza
che gli permetta di vivere e
scoprire in modo del tutto
personale e da protagonista
la destinazione
Per diversi anni, si è creduto che la soluzione per
sviluppare turisticamente i territori fosse organizzare
eventi.
Purtroppo si tratta di un’ipotesi non sostenibile sia
per la presenza eccessiva di eventi di per sé poco
stimolanti per i potenziali turisti sia per il fatto che il
loro costo complessivo generalmente è elevato.
Altro errore che spesso si è commesso – e purtroppo – si continua a commettere è pensare di poter
sviluppare e fare crescere il turismo facendo promozione. Promuovendo genericamente il territorio,
ossia ciò che noi reputiamo sia di interesse dei turisti
– e quindi di fatto promuovendo ciò che vogliamo
noi - nella convinzione che l'enogastronomia, le
attrattive paesaggistiche, culturali ed artistiche, di
cui per fortuna l'Italia è ricca, siano delle valide
ragioni per convincere i turisti ad intraprendere un
viaggio.
Ed è proprio questo cambiamento che fa la grande
differenza ed è proprio qui che risiede la causa dei
fallimenti di quei territori che non riescono a svilupparsi turisticamente.
Non è a causa della mancanza di bellezze paesaggistiche o per la carenza di posti letto o servizi, ma
perché molto spesso manca questa consapevolezza di fondo, ossia che il turista non vuole il territorio
in sé ma nel territorio vuole vivere un’esperienza.
In linea di principio, dovrebbe essere così ma
purtroppo la realtà è un’altra.
Perché?
Perché oggi i turisti quando vanno in vacanza non
cercano il territorio in sé con le sue attrattive.
Si commette sempre il solito errore, ossia di adottare una visione endogena invece che una visione di
mercato, stabilendo a tavolino quello che dovrebbe
essere l’interesse della domanda.
Come si suol dire, si fanno i conti senza l’oste.
Oggi, le parole chiave sono personalizzazione,
emozioni, esperienze, racconto.
Bisogna strutturare il territorio, trasformando le
risorse in offerte che diventano poi esperienze da
raccontare.
Anche se un po' azzardato si potrebbe dire che il
prodotto turistico è morto!
Oggi, si deve parlare solo più dell’esperienze turistiche ad esso collegate che devono essere in
grado di valorizzare le peculiarità della destinazione
in modo che questa risulti unica.
Un territorio per diventare turistico non deve avere
nè attrattive nè bellezze, e neanche musei, chiese,
arte o chissà quale paesaggio.
La chiave sta nel prodotto turistico ma non come lo
si è pensato e promosso finora. Il prodotto turistico
oggi è il modo in cui la destinazione organizza la
Le esperienze turistiche devono proporre qualcosa
di distintivo che sia in grado di rispondere e soddi3
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sfare le esigenze del turista
Ricapitolando: può un territorio diventare turistico?
Può attrarre i turisti anche senza avere attrattive
importanti?
Si, ma solo se costruisce esperienze nuove o se
trasforma i prodotti che ha già in vere esperienze
turistiche.
Un esempio? L’enogastronomia.
Il cibo è parte integrante dell’esperienza turistica di
ogni viaggiatore. I turisti di oggi si aspettano di
trovare una cucina rappresentativa della località che
stanno visitando e per vivere questa esperienza
sono pronti a pagare.
Questo aspetto non riguarda solo gli alberghi e i
ristoratori, ma in generale tutti gli operatori coinvolti
nell’esperienza della destinazione.
Le migliori esperienze sono quelle che si ricordano
per il resto della vita.
È necessario che i viaggiatori possano “fare", non
solo guardare o vedere. Spesso sono le piccole
esperienze della destinazione a fornire il vero valore
aggiunto di un viaggio e a portare un turista a
tornare nella stessa destinazione o a raccomandarla.
- l’esperienze turistiche locali che definiscono la
personalità e l'identità del territorio.
Si tratta di fatto delle molteplici attività messe in
opera dai singoli operatori, che vanno oltre al semplice servizio base e offrono al turista un’esperienza
coinvolgente.
Perché un territorio possa svilupparsi turisticamente
deve quindi costruire la propria esperienza turistica
in ottica di mercato, pensando come farebbe il proprio cliente.
- l’esperienze tematizzate che sono quelle che
garantiscono il successo di una destinazione turistica e non sono altro che quelle che si sviluppano
intorno ad un tema o ad una risorsa in particolare.
Non esistono alternative: è necessario adeguarsi ed
essere in linea con la domanda.
L’obiettivo è sempre uno, ossia organizzare le
risorse al fine di offrire valore aggiunto al turista,
permettendogli di vivere esperienze uniche e
godere del territorio.
E cosa cercano i turisti quando comprano una vacanza?
Che cosa vogliono per tornare a casa felici e soddisfatti?
Fondamentalmente, il mercato cerca tre tipi di esperienze turistiche:
- l’esperienza turistica globale, che è quella che di
fatto definisce il posizionamento della destinazione
sul mercato.
Si tratta di quella/quelle esperienze che permettono
alla destinazione di comparire nella lista delle mete
desiderate dai turisti.
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Destination Management
Il turismo in Italia e il fattore C!
Riflessioni sul sistema turistico italiano
Finalmente in Italia il turismo torna a sorridere.
I primi segnali dicono che la stagione 2015 ha avuto
un andamento positivo. Sebbene i dati finali,
purtroppo, saranno disponibili solo fra molti mesi
tuttavia sembrerebbe infatti che gli arrivi internazionali siano superiori del +3-4% rispetto a quelli del
2014 e che quindi sia le destinazioni italiane sia gli
operatori turistici siano soddisfatti.
Uso il condizionale “sembrerebbe” perché tutti conosciamo le difficoltà, la complessità e i tempi necessari per ottenere dati affidabili sui flussi turistici.
E se ciò nonostante l’Italia continua a posizionarsi
alle spalle di Francia e Spagna che quest’anno
hanno registrato invece il +5-6%, possiamo iniziare
ad affermare che forse il Bel Paese sta tornando di
moda fra gli stranieri.
Ma non solo. Nell’estate 2015 — da giugno a settembre - ben un italiano su due è andato in vacanza:
sono stati infatti 30,4 milioni gli italiani che sono
andati in ferie, pari a circa il 50% dell’intera popolazione con un incremento di ben l’+8,6% rispetto
all’estate scorsa (28 milioni, nel 2014; 26,8 nel 2013).
Secondo un’indagine svolta da Federalberghi, nel
2015 il giro d’affari legato al turismo è cresciuto del
+7,7%, passando dai 17 miliardi del 2014 ai 18,3 del
2015.
Ma non solo: sempre secondo Federalberghi, sembrerebbero scongiurati quegli anni in cui gli arrivi
internazionali registravano crescite minime: dal
misero +1,8% del 2014, infatti, i numeri di
quest’anno sono senz’altro molto più incoraggianti.
L’81% (quindi quasi 25 milioni) sono rimasti in Italia
— e di questi oltre il 50% ha scelto il Sud — mentre
solo il 19% (oltre 5 milioni) hanno preferito recarsi
all’estero.
In questo scenario, non bisogna dimenticare che
sono cresciuti, però, anche gli stranieri che hanno
scelto di venire in Italia: l’incremento tendenziale è
stato ben del +2,5%.
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Ma cosa è successo? Oltre alle solite attrattive del
Paese – che comunque sono da valorizzare in
misura maggiore – si sono aggiunti due nuovi fattori.
Si continuano a seguire
modelli che rispondono ad
un turismo di domanda,
quando in realtà il mercato
così come la maggior parte
dei nostri competitor
operano già seguendo altre
logiche, legate al turismo
d’offerta
Il primo è l'Expo, che seppur non è stato il motore
che si sperava e non ha motivato e stimolato l’arrivo
di tanti turisti stranieri, sicuramente nel suo piccolo
ha contribuito al miglioramento dei risultati turistici.
Purtroppo quello che si può definire l'effetto Expo si
è fatto sentire poco nelle destinazioni fuori Milano e
in generale fuori dalla Lombardia.
In realtà, le rilevazioni trimestrali di T.R.A.V.E.L. –
EXPO effettuate presso le strutture ricettive da Unioncamere Lombardia, Regione Lombardia e
l’Università Cattaneo in relazione al bimestre
giugno-luglio 2015, riportano, nonostante i numeri
estremamente positivi di EXPO 2015 e il quadro
congiunturale del tutto favorevole, un atteggiamento distaccato, se non addirittura scettico, da parte
degli operatori, poco convinti circa il reale contributo
dell’Esposizione Universale sui volumi di turisti effettivi in arrivo nelle strutture ricettive.
E non dobbiamo dimenticare che i buoni risultati
della stagione turistica sono imputabili anche a
quegli italiani che sono rimasti a fare le vacanze sul
territorio nazionale, scegliendo non solo le destinazioni balneari o le città d’arte ma anche la montagna
e il turismo rurale.
Diciamo che per l’Italia il fattore C è stato fondamentale.
Più del 60% ritiene infatti che l’EXPO non abbia
avuto e non stia avendo alcun impatto
sull’occupazione mentre soltanto il 14.1% si dichiara abbastanza soddisfatto.
Milano, Monza, Brianza e Varese sono tra le località
che si esprimono a favore mentre i territori della
bassa Lombardia così come quelli della montagna
(Sondrio, Bergamo, Brescia) sono i più scettici.
Ma a questo punto è importante che gli operatori e i
responsabili politici si chiedano se il trend positivo è
il risultato di un lavoro pianificato, frutto di una promozione efficace e di una altrettanto efficace strategia di sviluppo turistico, oppure se è semplicemente
conseguenza del fattore C.
Perché c’è una bella differenza!
Quando saranno disponibili i dati finali relativi
all’Expo allora - e solo allora! - sarà possibile fare
le valutazioni conclusive. Prima, si tratta solo di un
mero esercizio di stile.
Il settore turistico italiano è abituato, consapevole
dell'attrattività del Paese e delle singole destinazioni, a fare ben poco, confidando che prima o poi
qualcosa succede e i turisti come per magia arrivano.
Si continuano a seguire modelli che rispondono alle
esigenze di un turismo di domanda, quando in realtà
il mercato così come la maggior parte delle destinazioni nostre concorrenti, siano esse Paesi o singoli
territori, operano già seguendo altri modelli,legati al
turismo d’offerta. Seppur è vero che reagire nei
momenti di difficoltà sia complicato e difficile, tuttavia sarebbe opportuno che le destinazioni e i diversi
sistemi turistici territoriali sfruttassero il fattore C per
trasformarlo in un fattore stabile.
Ormai in quasi tutti i territori italiani il turismo è un
Se quindi l'effetto Expo 2015 ha concorso
all’incremento dei flussi turistici nel 2015, tuttavia
non dobbiamo dimenticarci del secondo elemento,
anche esso determinante, ossia il fattore C!
A cosa mi riferisco? Be’ semplice: al fatto che
quest’estate alcune delle destinazioni turistiche più
gettonate del Mediterraneo erano assolutamente
impraticabili. I milioni di turisti che gli anni passati si
riversavano nel Mar Rosso, in Tunisia e in Turchia,
quest’anno hanno dovuto cambiare rotta.
E le destinazioni ad averne tratto maggior vantaggio
sono state senza dubbio Spagna, Grecia, Croazia,
Francia ed ovviamente anche l’Italia.
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1. vedere e considerare il territorio non secondo il
proprio punto di vista ma adottando l’ottica del turista;
2. il territorio non è soltanto uno spazio fatto di
cultura, di tradizioni e di paesaggi, ma è l’insieme
delle esperienze che può offrire al turista;
3. non serve comunicare e promuovere il territorio in
sé ma le esperienze che il territorio è in grado di
offrire;
4. bisogna organizzare il sistema degli operatori nel
territorio: un operatore da solo, seppur bravo, sarà
soltanto capace di fare i propri interessi mentre tutti
gli operatori insieme possono portare grandi benefici a tutto il territorio;
5. pianificare dal basso, coinvolgendo il territorio e
adottando una visione di mercato;
6. i turisti oggi non vogliono più vedere ma fare;
7. facilitare, soprattutto attraverso internet, le offerte
per i potenziali turisti, in modo tale che siano informati sulle cose da fare;
8. la differenziazione è vincente: mettere in evidenza il valore aggiunto del territorio.
motore economico. In alcuni casi, rappresenta addirittura la fonte primaria mentre per molti, come nel
caso dei territori rurali, rappresenta soltanto
un’attività in più che però contribuisce in modo
considerevole ad incrementare gli introiti degli abitanti.
Per tanto i territori hanno davanti a sé due modi per
sfruttare il fattore C. Fare o non fare.
La prima opzione è quella di costruire, in modo tale
da consolidare i risultati portati dal fattore C ed
evitare che questi si verifichino solo come conseguenza casuale di fattori esterni.
La seconda, invece, prevede di continuare la strada
intrapresa finora, pensando che vada tutto bene,
che non è necessario né ragionare né agire né
cambiare e che le cose prima o poi accadranno, da
sole.
Tuttavia, prima di andare oltre, è bene fare una
premessa per coloro che decidono – coraggiosamente! - di optare per la prima soluzione e quindi di
fare. Oggi, i piani strategici e i piani marketing
studiati a tavolino ed imposti dall’alto sono sempre
meno efficaci: anche se fondati infatti su studi,
ricerche, analisi e statistiche, tuttavia non coinvolgono chi il territorio lo vive veramente e quotidianamente, ossia gli operatori e gli amministratori locali.
Il rischio è quindi quello di produrre astratti piani
strategici che non trovano riscontro operativo nelle
attività degli operatori turistici e tantomeno nella
domanda di mercato, lasciando così le destinazioni
con progetti efficaci solo a livello teorico.
In sintesi, cosa devono fare quindi le destinazioni
per assicurarsi lo sviluppo turistico dei propri
territori?
-individuare una strategia di sviluppo turistico (obiettivi, mission, vision e posizionamento strategico
del territorio),
- individuare il prodotto-destinazione e il portfolio
prodotti (con eventuali nuovi prodotti e relativa
gerarchizzazione);
- individuazione delle azioni promocommerciali da
realizzare per la destinazione;
-individuazione del modello operativo per la
gestione della destinazione turistica
Ed è proprio per questo che si sta affermando in
modo sempre più deciso una nuova formula che
prevede la creazione di un percorso partecipato per
gli operatori e amministratori locali, che permetta,
con il contributo di tutti, di elaborare un piano di
sviluppo condiviso che coniughi le potenzialità di
sviluppo della destinazione e le esigenze del mercato.
Elemento fondamentale alla fine dell’elaborazione
di questo Piano Marketing Partecipato, è il coinvolgimento attivo degli stakeholder del territorio, fin
dalle prime fasi di ideazione strategica, permettendo loro di esprimersi e di intervenire in modo attivo
nella costruzione delle attività, pur sempre mantenendo un’ottica di mercato.
La fortuna sta offrendo al turismo italiano un po' di
tregua e ciò imporrebbe, a rigor di logica, di sfruttare
questo momento favorevole per consolidare i risultati ottenuti e soprattutto per costruire una base
solida, in modo tale da non dipendere più dall’arrivo
o meno di eventuali fattori C. In Italia, a causa delle
particolarità del sistema turistico, le amministrazioni
svolgono un ruolo di guida, depositarie della vision
e della leadership dei territori. Se intendono quindi
agire e adoperarsi per svilupparsi turisticamente,
traendone beneficio (non solo per sé ma per tutti gli
attori coinvolti), è arrivato il momento di mettersi al
lavoro e trasformare il fattore C attuale in qualcosa
che abbia un ben altro significato, ossia in consolidamento.
Ed ecco quindi qualche indicazione pratica da seguire:
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Promuovere il territorio coinvolgendo i Gal
di Bruno Bertero
Best practice: il caso delle Marche
progetto ha voluto conseguire i seguenti obiettivi
generali:
Il progetto di cooperazione “Brand Marche, promozione del territorio dei Gal”, promosso dal Gal Montefeltro Sviluppo, capofila nonché coordinatore del
progetto, unitamente alla Regione Marche, ha voluto creare e definire un sistema efficace di promozione della destinazione appennino-rurale marchigiana, costituita dai territori dei 6 Gruppi di Azione
Locali dell’entroterra, al fine di renderla una realtà
competitiva sui mercati nazionali ed internazionali.
- il rafforzamento dell’attrattività e competitività
dell’area attraverso il potenziamento di un sistema
integrato di prodotti-destinazione in grado di perseguire l’incremento di arrivi e presenze secondo gli
obiettivi regionali;
- il miglioramento della competitività e dell’attrattività
dell’area con particolare attenzione ai cluster individuati dal Piano Regionale: “Dolci colline e antichi
borghi”, “Cultura”,“Parchi e Natura attiva”, “Spiritualità e Meditazione” e “Made in Marche. Gusto a km 0
e shopping di qualità”, favorendo la valorizzazione
degli attrattori individuati per i singoli comparti e
focalizzando l’offerta turistica e tipicizzandola;
Oggi, infatti quel che serve è andare oltre ai meri
confini politici-istituzionali per sviluppare cooperazioni interterritoriali volte al reale raggiungimento
dello sviluppo turistico delle aree di riferimento.
Ed è proprio ciò che è stato fatto con questo progetto, redatto da Four Tourism, consegnato lo scorso
dicembre 2014 ed attualmente in fase di conclusione.
- l’adeguamento dell’offerta di fruizione alla domanda, anche attraverso la creazione di nuovi prodotti
esperienziali;
Attraverso la realizzazione di differenti attività, il
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- il rafforzamento della competitività della totalità
degli operatori, attraverso la realizzazione di sistemi
di collaborazione per ottenere un’offerta più strutturata, facilmente promo commercializzabile;
La forza di questo progetto
risiede nella capacità di aver
intuito la necessità di
sviluppare una
cooperazione interterritoriale e nella capacità di
realizzare un piano
marketing unico, tenendo
conto delle differenze dei
diversi territori e attori
coinvolti
- l’aumento del livello di qualità dei servizi e dei
prodotti attraverso un maggior orientamento alla clientela, alla gestione della qualità generale del
servizio e alla diversificazione sia dei prodotti sia dei
mercati;
- l’introduzione di nuove forme di comunicazione e lo
sviluppo di contenuti informativi, in particolare attraverso i nuovi strumenti informatici e di “socializzazione”.
La forza e il successo di questo progetto risiede
proprio nella capacità di aver, in primis, intuito la
necessità di sviluppare e mettere in pratica una cooperazione interterritoriale e, successivamente, nella
capacità di realizzare un solo piano marketing che,
tenendo conto delle differenze dei diversi territori
coinvolti nonché degli attori, riuscisse a tracciarne
una vision e mission uniche e condivise, in grado di
valorizzare le destinazioni turistiche coinvolte sia nel
loro insieme sia singolarmente.
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dai competitor e maggiormente in grado di garantire una competitività turistica a lungo termine
all’intero territorio.
La realizzazione del progetto ha richiesto inoltre lo
svolgimento di un’approfondita analisi territoriale
volta alla mappatura e valutazione delle risorse, al
fine di definire ed individuare un piano prodotti
competitivo in ottica di mercato e la relativa creazione dei club di prodotto ad esso correlati.
La metodologia e l’approccio adottati hanno seguito
una logica di Destination Marketing System, di importanza fondamentale per poter sviluppare un “disegno
integrato” del processo di sviluppo turistico del territorio dei Gal e dei relativi prodotti/cluster.
Inoltre, nella stesura del progetto, è stata definita la
strategia di comunicazione e immagine, la strategia promocommerciale, la strategia marketing e
publicity offline, oltre alla strategia di comunicazone e promozione online e sui social media.
Questa prospettiva infatti ha permesso di definire le
strategie e le linee operative più appropriate per
rispondere ad una visione interterritoriale integrata di
mercato.
Ogni attività indicata ha incluso lo svolgimento di
momenti di formazione, incontro e confronto, per
guidare e sostenere gli operatori turistici, stakeholder e istituzioni coinvolte nel progetto nella realizzazione delle differenti attività.
Ogni attività proposta è stata infatti realizzata pensando alla situazione territoriale nel suo complesso,
come un unicum, in un’ottica di ampio raggio e di
medio-lungo termine, strettamente coordinato con le
linee del Piano Strategico Triennale della Regione
Marche.
Attraverso l’individuazione di quelli che si possono
definire i 5 fattori chiave, ossia i vantaggi competitivi,
la sostenibilità, il posizionamento competitivo, il valore aggiunto e lo stadio di vita della destinazione,
sono stati individuati gli elementi di differenziazione
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Lamentele e critiche? Ecco cosa fare in 8 step
Un semplice vademecum per le crisi online
Una crisi, piccola o grande che sia, è sempre un
momento critico e delicato da affrontare per qualsiasi destinazione ed azienda turistica.
È necessario essere reattivi, pronti ad agire e soprattutto essere presenti proprio laddove si trovano
i vostri clienti, ossia online.
L’avvento dei social media prima e la diffusione dei
device mobile poi hanno inoltre radicalmente amplificato e cambiato le modalità di propagazione e di
impatto, rendendo la gestione di una crisi un momento particolarmente delicato che non si può pensare di risolvere senza una preparazione solida alle
spalle.
Gli strumenti digital e social svolgono un ruolo primario, proprio per la loro capacità di enfatizzare e
per la rapidità con cui sono in grado di divulgare un
messaggio, che poi rimarrà in rete per sempre e per
sempre sarà rintracciabile.
Oggi, non esiste più una suddivisione netta tra online e offline e viceversa.
Una conferenza stampa o un comunicato non sono
più strumenti efficaci in grado di porre rimedio in un
mondo iper connesso, dove il 30% delle crisi che
colpiscono le destinazioni o le aziende turistiche si
scatenano, sviluppano e diffondono nell’arco di 1
ora.
Ma così come sono in grado di amplificarlo allo
stesso tempo sono in grado di estinguerlo.
Secondo lo studio annuale effettuato da Insight
“Crisis Communications 2014: Social Media & Notification Systems,” più della metà dei rispondenti
(52%) afferma che l’utilizzo dei social media come
strumenti per la gestione della crisi è in grado di
ridurre i rischi e di avere numerosi benefici per il
brand stesso.
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Ma non solo: quasi il 62% ha previsto l’utilizzo dei
social media nel piano di gestione della crisi per
raccogliere informazioni; e più della metà (58%)
considera la tecnologia mobile essenziale per
l’effettivo successo di un piano di comunicazione di
crisi, rispetto al 5% del 2013.
può diffondersi in rete, mettendo in pericolo e a
repentaglio l’immagine del brand.
E così tutto il lavoro fatto per costruirlo e assicurarsi
un buon posizionamento può essere vanificato in un
attimo.
Come si deve quindi gestire una situazione di crisi,
senza riportare danni o addirittura trasformandola in
un’opportunità?
il 40% dei brand ha una strategia social media
specifica per la gestione dei social media durante
una crisi. E se da una parte questo dato è rincuorante dall’altra purtroppo significa anche che ben
il 60% ne è sprovvisto. E si tratta di un grave errore.
Innanzitutto, non bisogna rifuggire dai social media,
sperando in questo modo di non venirne coinvolti.
Anzi: è importante, dato che ormai sono un dato di
fatto, sfruttarli ed utilizzare la loro influenza a proprio
vantaggio. Soprattutto in un momento di crisi.
Le crisi infatti non fanno eccezioni e non conoscono
regole: possono coinvolgere qualsiasi destinazione
o azienda turistica, sia che si lavori a livello B2B sia
B2C, possono scoppiare ovunque, online, offline e
in qualsiasi momento.
Ed è per questo che per tutelarsi la cosa migliore da
fare, oltre ovviamente ad offrire un servizio impeccabile e fare in modo che tutto ciò che direttamente o
indirettamente dipende da voi funzioni, è definire un
piano di comunicazione ad hoc.
Ecco 8 semplici step da seguire per gestirla al meglio.
1. Sviluppare un piano
La gestione efficace o fallimentare di una crisi
dipende fondamentalmente dalla capacità di
affrontarla, quindi dal livello di preparazione dello
staff e dall’aver un piano adeguato cui fare
riferimento.
Non si può semplicemente sperare che la situazione
si risolva da sé: sarebbe come guardare un incendio
e sperare che prima o poi le fiamme si spengano.
Bisogna definire procedure e modalità di intervento
precise e chiare.
Il piano di crisis management è uno strumento in
grado di proteggere la destinazione o l’azienda
turistica, preservandone la reputazione e
l’immagine, tutelando anche chi vi lavora, chi vi è
coinvolto, dagli stakeholder agli operatori turistici
fino ai residenti.
Si tratta di una cornice, di una struttura che prevede
le azioni di comunicazione da effettuare in relazione
ai diversi interlocutori e le modalità con cui procedere.
2. Esercitarsi regolarmente
Sviluppare un piano per la gestione della crisi è
essenziale; ma metterlo in pratico è ancora meglio.
È quindi importante una volta redatto, testarlo,
simulando una crisi, in modo tale da essere
preparati al meglio, e acquisire una certa confidenza
con le procedure stabilite e allo stesso tempo
verificare se sono realmente efficaci.
È bene esercitarsi per sviluppare le capacità
necessarie, in modo tale che quando vi troverete
nella situazione automaticamente saprete già come
fare, senza precipitare nel panico.
La crisi rappresenta una grande sfida ma anche
un’occasione per imparare dai propri errori: è fondamentale sapere cosa fare ma anche sapere cosa
non fare.
Con i social media, le crisi sono diventate ancora più
difficili da gestire proprio per la rapidità con cui si
possono diffondere e per le conseguenze che possono avere per un brand.
E questo è anche uno dei motivi per cui generalmente le destinazioni e le aziende turistiche considerano i social media esclusivamente come una
fonte di problemi per la propria reputazione.
3. Fare una pausa
Se è vero che è importante rispondere prontamente,
in quanto in una situazione di crisi, il silenzio è
tutt’altro che un’arma preziosa, è altrettanto
importante prendersi una pausa di qualche secondo
per evitare di agire di impulso.
In pochi minuti, se non addirittura secondi, infatti un
tweet vagante o un post particolarmente negativo
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Quando scoppia una crisi, infatti, il primo istinto è
quello di intervenire, mettendosi sulla difensiva.
Ed è proprio invece quello da non fare. È necessario
agire a sangue freddo, seguendo le procedure
identificate nel piano e sviluppando una strategia di
comunicazione consapevole e orchestrata su tutti i
differenti canali.
far comprendere che si tratta di una priorità per
l’azienda stessa. Oltre all’interlocutore è anche
necessario individuare i canali che meglio si
prestano a questa tipo di comunicazione, ossia
quelli di maggior impatto, da cui la notizia possa
avere una maggiore eco e diffusione.
7. Mantenere la parola
Se si afferma che il tal giorno, alla tale ora sarà
lasciata una dichiarazione in merito ai fatti, è
importante che la parola data venga mantenuta.
Anche se non si ha nulla di nuovo da divulgare,
anche se non ci sono nuovi sviluppi. Spesso infatti
una crisi viene gestita quando è ancora in atto,
quando anche voi stessi magari non ne conoscete
gli effettivi sviluppi e le conseguenze reali.
L’obiettivo è quindi al di là dei fatti rassicurare le
persone, far vedere loro che si sta provvedendo a
rimediare, far trasparire il proprio impegno, onestà e
rispetto per la situazione creata, in modo tale che
abbiano l’impressione che voi stiate facendo tutto
ciò che è in vostro potere per risolvere il problema.
4. Rivedere il piano
La cosa migliore è approfittare di questi minuti di
pausa per rivedere il piano e adattarlo alla
situazione specifica. Il piano di gestione infatti serve
come strumento di esercitazione durante il periodo
di non-crisi e come libretto delle istruzioni durante la
crisi. Deve essere il piano a guidare le vostre azioni
non le emozioni.
5. Effettuare una check list
Per applicare al meglio il piano e declinarlo sulla
situazione contingente, può essere di grande aiuto
redigere una sorta di “check-list” per identificare le
azioni principali da compiere ed assegnare ad ogni
membro del proprio staff un ruolo o quanto meno
stabilire un ordine di priorità da seguire.
Per esempio, una persona si può dedicare a fare
ricerche approfondite sui motori di ricerca per monitorizzare tutto ciò che viene detto in rete, e altre ad
analizzare ogni singolo canale attivo della destinazione o azienda turistica. Bisogna essere meticolosi e
capillari.
8. Far seguire i fatti alle parole
La crisi rappresenta per la maggior parte delle
destinazioni così come delle aziende turistiche una
sfida. Tuttavia, si tratta anche di un’occasione per
migliorare e per volgerla a proprio favore,
trasformandola in un’opportunità.
Come si fa a trasformare un cliente infuriato in un
accanito sostenitore? L’unico modo è risolvere il suo
problema e farlo egregiamente! Perché se è vero
che un’esperienza negativa si diffonde nel web
piuttosto velocemente è anche vero che lo stesso
succede per le menzioni positive.
Per risolvere una crisi sui social media, bisogna
quindi essere preparati, in quanto l’improvvisazione
è il peggior alleato che si possa avere.
6. Rilasciare una dichiarazione
Bisogna sempre rilasciare una pubblica dichiarazione istituzionale; deve essere chiara, semplice e
andare dritto al nocciolo della questione.
Si tratta di risposte che devono essere già pronte e
che di volta in volta vanno declinate sulla situazione
contingente, a seconda delle necessità.
Devono essere diramate e pubblicate online e offline, e adattate in base alla tipologia di ogni singolo
canale di comunicazione che sia digital, social o
tradizionale.
Una mancanza di comunicazione autorizza in qualche modo le persone a raccontarsi la storia come
meglio credono, dandosi un’interpretazione di quanto accaduto; inoltre, trasmette una sensazione di
disinteresse, scarsa professionalità e incapacità di
gestire la situazione da parte del brand.
La cosa migliore è individuare un porta voce o
qualcuno che pubblicamente si esponga, possibilmente un rappresentante dei massimi livelli, al fine
E’ necessario definire un piano, esercitarsi,
prepararsi, e quando capita, avere tutto sotto
controllo, sapendo già quali sono le procedure da
applicare, le tempistiche da seguire e le modalità
con cui mettere in atto le diverse azioni. È
importante utilizzare tutti gli strumenti a propria
disposizione per prevenire, gestire e riparare una
crisi.
Se si seguono questi step, il vostro brand così come
la vostra immagine e reputazione non solo sopravviverà ma ne uscirà rafforzato.
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Destination Marketing Turistico n.28