COMUNICATO STAMPA ottobre 2011 I PURITANI di VINCENZO BELLINI Si alza il sipario del Fraschini sulla seconda opera in cartellone: i Puritani di Vincenzo Bellini in scena venerdì 28 ottobre alle ore 21, replica domenica 30 ottobre alle ore 15.30. L’ultimo melodramma scritto dal compositore siciliano, tratto dal dramma di J. Ancelot e X. Saintine, ispirato al romanzo Old Mortalità di W. Scott, è diretta da Antonio Pirolli diplomato al Conservatorio Santa Cecilia di Roma, ha ottenuto il terzo premio al Concorso Arturo Toscanini, è stato direttore musicale al Teatro dell’ Opera di Ankara e di Istanbul. Il regista dell’allestimento è Carmelo Rifici, diplomatosi alla Scuola del Teatro Stabile di Torino, assistente di Luca Ronconi. Ha ottenuto importanti riconoscimenti critici (nel 2005 come regista emergente, nel 2009 il Premio Olimpici del Teatro come miglior regista dell’anno). Antonio Greco, diplomato in pianoforte, musica corale (maestro di cappella nella Cattedrale di Cremona), dirige il Coro del Circuito Lirico Lombardo. In scena Luciano Leoni (Lord Gualtiero Valton), Ugo Gagliardo e Luca Tittoto (Sir Giorgio), rispettivamente in scena il 28 e il 30, Gianluca Terranova (Lord Arturo Talbo)), Jessica Pratt (Elvira). Coproduzione dei Teatri del Circuito Lirico Lombardo Teatro Fraschini di Pavia, Teatro Grande di Brescia, Teatro Ponchielli di Cremona, Teatro Sociale di Como – As.Li.Co. fondazione Teatro Fraschini - C.so Strada Nuova 136 - 27100 Pavia www.teatrofraschini.org BIGLIETTERIA C.so Strada Nuova 136 - Pavia Aperta dal lunedì al sabato dalle ore 11 alle 13 e dalle 17 alle 19 Aperta un’ora prima di ogni spettacolo Tel. 0382-371214 Dal 10 ottobre sono in vendita i biglietti per tutte le opere in cartellone. PREZZI Da 55 euro (platea e palchi centrali) a 14 euro (posti in piedi non numerati). Sono riconosciute riduzioni, oltre che di legge, anche per le scuole e gli studenti universitari. Tutti i prezzi sono pubblicati sul sito www.teatrofraschini.org ACQUISTO ON LINE www.teatrofraschini.org Call center Vivaticket by Charta 899.666.805 Call center 89.24.24 Pronto PagineGialle fondazione Teatro Fraschini - C.so Strada Nuova 136 - 27100 Pavia www.teatrofraschini.org NOTE A CURA DI MARIATERESA DELLABORRA Le trattative per l’allestimento dei Puritani si collocano in un periodo piuttosto travagliato da un punto di vista sentimentale e umano nella vita di Bellini. Nel 1833 di ritorno da Londra, dove aveva fatto rappresentare con notevole successo Pirata, Norma, I Capuleti e soprattutto La sonnambula con Maria Malibran, il compositore preferì fermarsi a Parigi, allora capitale europea dell’opera in musica e, contornato dai successi dei vari allestimenti di altri suoi titoli, intraprese le trattative per un nuovo titolo sia con il Théâtre de l’Opéra che con il Théâtre Italien. Queste si conclusero agli inizi del 1834 e lo indussero alla ricerca di un argomento interessante che iniziò a discutere con il nuovo librettista conte Carlo Pepoli, allora esule a Parigi, avendo litigato furiosamente con il fidato Felice Romani a seguito dell’insuccesso di Beatrice di Tenda. Il soggetto, definito dopo un certo travaglio e derivato dal dramma Têtes rondes et cavaliers di Ancelot e Xavier rappresentato a Parigi per la prima volta nel 1833, liberamente tratto a sua volta da I Puritani di Scozia di Walter Scott, fu descritto minuziosamente e con un certo entusiasmo da Bellini in una lettera alla famiglia e, dopo un anno di inattività, il musicista riprese la composizione. Molti in corso d’opera furono i ripensamenti, i cambiamenti apportati al testo e ancora a pochi giorni dalla prima, fissata per il 24 gennaio 1835 al Théâtre des Italiens, Bellini nutriva dubbi su alcune questioni drammaturgiche. Era ben consapevole che l’esito della rappresentazione dipendeva prevalentemente dalla musica («ho scritto musica per due opere») in quanto il libretto era solo «un eccellente pasticcio»: presentava una serie di situazioni staccate tra loro e mancava di uno svolgimento drammaticamente attendibile. Se voleva che il dramma per musica riuscisse a «far piangere inorridire, morire cantando» il musicista avrebbe dovuto creare unità nella vicenda allineando una successione di pezzi chiusi. Nei Puritani, dove manca l’azione, vivono i personaggi-chiave, i ruoli ben noti del melodramma italiano: la donna che impazzisce per un evento inaspettato; l’amato appassionato e valoroso; il deluso che deve rassegnarsi; la figura paterna del consigliere. Tuttavia il colore, l’atmosfera in cui essi agiscono, sono del tutto nuovi. Lo stesso Bellini lo precisa: «posso dire il fondo essere del genere come La sonnambula e la Nina di Paisiello, aggiunto a del militare robusto ed a qualche cosa di severo puritano». Forse con quest’ultimo termine l’autore si riferisce fondazione Teatro Fraschini - C.so Strada Nuova 136 - 27100 Pavia www.teatrofraschini.org all’orchestrazione decisamente ampliata in cui sono usati strumenti (corni, trombe, tamburi) specifici, atti a conferire una veste marziale. Già l’introduzione assai articolata, la più complessa che il Catanese abbia scritto, presenta diversi cambiamenti di metro e di atmosfera, ma il materiale tematico ha una sua unità. A completamento dell’introduzione si succedono un primo coro, il quartetto da dietro le quinte e un festante coro conclusivo. A questo punto i singoli personaggi intervengono sulla scena in modo ben differenziato: Riccardo con una delicata cavatina; Elvira e Giorgio in un ampio duetto in cui l’uomo ha modo di raccontarsi attraverso un cantabile; Arturo atteso da un coro festante, che occupa il terzo quadro, con una cavatina amorosa, «di grande effetto, strumentata con gran gusto» secondo il commento entusiastico di Rossini. Proseguono quindi Arturo e Enrichetta in duetto interrotti dall’intervento solistico vaneggiante, aereo di Elvira, e Riccardo si aggiunge poco dopo per accentuare la concitazione drammatica. Da qui prende avvio il finale primo dapprima con un terzetto e il coro dietro le quinte (che riespone il materiale dell’introduzione) e quindi con una lunga e complessa pagina piena di modulazioni e di slanci drammatici su cui si staglia, senza dubbio, la stupenda melodia «Oh vieni al tempio» che prelude al coro di anatema finale. Delineati così i ruoli dei singoli personaggi, il secondo atto serve dapprima per precisare i contorni della follia di Elvira attraverso il racconto di Giorgio (la famosa “aria della tortora”) con il commento lugubre del coro e quindi per assistere alla vera scena della pazzia «quando ella si crede andare a nozze e al ballo». A questa dolorosa visione succede il duetto tra baritono e basso, uno dei brani più famosi dell’intera opera, che suscita un effetto grandioso, plateale, subito inteso dal pubblico dell’epoca come emblema delle nascenti istanze patriottiche. Il terzo atto attraverso un’ammirevole opera di sintesi e di alleggerimenti, realizzati soprattutto in itinere e dopo le prime rappresentazioni, porta a lieta conclusione la dolorosa vicenda. L’uragano con cui si apre esplicita il drammatico ritorno in scena di Arturo braccato dai soldati di Valton. Quindi l’uomo, cavaliere e partigiano degli Stuart, intona la sua romanza inframmezzata dagli interventi del coro che ricordano motivi già esposti nel primo atto e Elvira si unisce a lui in un duetto molto variato. In un clima lugubre in tempo Andante Elvira riacquista gradatamente la ragione e il clima diviene progressivamente sereno sino al lieto fine in un tempo di Largo maestoso dove sono richiamati i temi dell’introduzione dell’opera. Il melodramma ebbe esito trionfale e lo stesso Bellini ne diede un rendiconto entusiastico alla famiglia e a Florimo, suo futuro biografo, «mi trovo all’apice del fondazione Teatro Fraschini - C.so Strada Nuova 136 - 27100 Pavia www.teatrofraschini.org contento! Sabato sera è stata la prima rappresentazione dei Puritani: ha fatto furore, che ancora ne sono io stesso sbalordito. Il gaio, il tristo, il robusto dei pezzi, tutto è stato marcato di applausi, e che applausi, e che applausi!» Anche la critica lodò l’opera e fu concorde nel riconoscerne il progresso all’interno del catalogo belliniano. Il compositore, nominato cavaliere della Legion d’onore dal re Luigi Filippo, si mise subito all’opera per adattare la nuova creazione alle scene di Palermo, dove avrebbe dovuto farla rappresentare con la Malibran protagonista. La prima scaligera ebbe invece luogo il 26 dicembre dello stesso 1835. Bellini era morto pochi mesi prima, il 24 settembre. Note di regia di Carmelo Rifici L’ultima partitura del catanese Bellini è considerata da molti un’opera di transizione, un ultimo tentativo dell’artista di muoversi fuori dal suo stile, prima della sua prematura scomparsa. Il musicista, che esprimeva al meglio il suo talento lirico quando puntava al dramma intimo dei personaggi, si trova, in Puritani, a musicare più avvenimenti insieme (quasi tutti posti nel primo atto), ad animare una pittura musicale vasta e movimentata. All’interno di questa grande complessità melodica, il libretto di Carlo Pepoli mostra la sua fragilità. La fuga di Arturo e il suo veloce ritorno, la follia di Elvira e la sua immediata guarigione, ci lascerebbero alquanto perplessi se tutto non si risolvesse nella capacità di Bellini di modellare e manovrare tale materiale. La novità dell’opera sta nell’estremo romanticismo e nella passionalità della drammaturgia musicale, che esplode, misteriosamente, nel trascinante duetto nell’esordio del primo finale, tra Arturo e la Regina Enrichetta, personaggio che a prima lettura appare alquanto marginale. Mi sono chiesto come possa un regista rendere credibile la repentina trasformazione di Arturo, da amante fedele di Elvira a traditore dei suoi stessi prossimi parenti: la ragion di stato, strada spesso battuta nelle messe in scena di Puritani, mi è sempre parsa non bastare. Durante la fase di studio dell’opera ho ripensato alla Maria Stuarda di Schiller (data la mia provenienza dalla prosa) perché anche in quel testo si descrivono due religioni a confronto, anche là si assiste a veloci e inaspettati tradimenti, giustificati solo dal contrasto tra la corruzione e il permissivismo della chiesa fondazione Teatro Fraschini - C.so Strada Nuova 136 - 27100 Pavia www.teatrofraschini.org cattolica, associato al culto della bellezza e dell’arte e la severa rigidità e austerità della morale della religione protestante. Esattamente ciò che succede in Puritani. L’opera si apre su due grandi eventi: la guerra tra Cromwell e gli Stuart e il prossimo matrimonio tra Arturo ed Elvira, appartenenti alle due differenti fazioni, entrambi gli eventi vivono sotto il segno della religione e della volontà di Dio. Anche se la musica spinge a mostrare soldati, castellani e castellani in euforica concitazione, l’ossessiva ripetizione delle parole Patria, Onore, Santità, ci svelano al contrario una società guidata dalla possente mano di un Dio cupo e vendicatore, una società basata sulla privazione dei sensi, dove l’amore può solo essere divino e mai umano. La stessa Elvira ci tiene particolarmente a sottolineare la sua verginità e il suo casto amore nei confronti di Arturo, pare quasi una bambina a cui manca totalmente malizia e sessualità. Arturo l’ama, vuole sposarla, anche se appartiene al partito nemico, anche se lui è cattolico. Arturo è innamorato proprio di questa totale mancanza di sessualità di Elvira. Quando però in scena appare Enrichetta, egli non può non guardarla con una certa aria di smarrimento, la prigioniera sotto falso nome gli fa perdere il senno, dimentica Elvira e fugge con la lei, dopo aver scoperto che ella è regina di Francia. La decisione di Arturo di abbandonare Elvira potrebbe anche essere giustificata con la Ragion di stato, ma a ben leggere ed ascoltare l’opera, potremmo anche escludere la ragione e ipotizzare una strana e inconsapevole fuga d’amore. Arturo, secondo la mia visione, ritrova in Enrichetta le maniere della sua stessa società, la sua cultura, inoltre ella è spia, è donna d’azione, non è vergine (lo ammette Enrichetta stessa), è appassionata e passionale, ha insomma tutte le doti che mancano alla glaciale ed eterea Elvira, che sarebbe invece sposa perfetta per il romantico e casto Riccardo. Se ne accorge la stessa Elvira, tanto che durante la polacca “son vergine vezzosa” pone il suo velo da sposa sul capo di Enrichetta, come se, inconsciamente, obbligasse Arturo ad una scelta: lei o l’altra. Ed Arturo sceglie Enrichetta, a questo punto Elvira impazzisce. Impazzisce non perché lasciata, ma perché esplode in lei tutta la passionalità finora assopita di donna innamorata e tradita, esplode la vita in un mondo di repressione, impazzisce perché inizia a vivere ferocemente il conflitto tra il desiderio dell’uomo e il senso di colpa inculcato dalla società puritana. fondazione Teatro Fraschini - C.so Strada Nuova 136 - 27100 Pavia www.teatrofraschini.org Nel secondo atto, durante la grande scena della follia, queste strane affinità elettive sembrano trovare quasi una giusta collocazione, mentre Elvira crede Arturo ed Enrichetta sensualmente accoppiati, si accosta a Riccardo, gli chiede se egli abbia mai amato, lui risponde con chiare metafore. Sotto questo dolente delirio si nasconde un’allusiva seduzione, frenata dalla stessa Elvira che sfugge alla possibile relazione con Riccardo. Il secondo atto finisce con la cabaletta, semplice e ostinata di Giorgio e Riccardo. Anche qui l’allegra cantabilità della marziale melodia nasconde un’unica atroce soluzione all’amore mancato: la guerra. I protagonisti usano la guerra come surrogato dell’amore umano e del sesso. L’opera è pervasa da quest’atmosfera di religione e di morte. Il ritorno di Arturo nel terzo atto avalla maggiormente l’ipotesi. Arturo è uomo d’onore, come Elvira non riesce a corrispondere al sentimento di Riccardo perché fedele alla promessa di matrimonio, così Arturo torna per mantenere la parola data. Durante il fatidico incontro però si ritrova accanto ad un’Elvira trasformata, impaurita sicuramente, a tratti raggiante, ma anche furiosa nel chiedere all’amato un atto di sottomissione. Quando, verso la fine, Elvira sente avvicinarsi le voci dei puritani che cercano Arturo, riconosce nella loro la sua stessa tremenda voce. Affinché la ragione possa ritornare, Elvira rinuncia ad una vita di passioni e chiede il medesimo sacrificio ad Arturo, il quale inconsapevolmente accetta, mentre cerca di difendere se stesso ed Elvira dalla furia vendicatrice dei puritani. Quando alla fine una lettera avverte i protagonisti della sconfitta degli Stuart (quindi anche di Arturo) egli si trova amaramente a festeggiare la guerra persa e il matrimonio raggiunto. Ora è anch’egli è diventato uno di loro. Elvira può di nuovo gioire. Ho deciso di ambientare la vicenda in un palazzo dall’architettura sobria ed austera. Potrebbe trattarsi di una chiesa, ma anche di un cimitero o di un obitorio. Un palazzo nella neve, dove vivono raggelati i sentimenti dei protagonisti. La scena ha un doppio piano, come doppie sono le vite di chi la abita: la vita reale e quella del desiderio, nascosta nell’animo del quartetto (Elvira, Arturo, Enrichetta, Riccardo), e concretizzata sul palcoscenico con l’uso di attori che doppiano i protagonisti. Fantasmi che si muovono sul piano del sogno (la parola sogno ritorna moltissime volte nell’opera) e che chiariscono al pubblico la dinamica del desiderio represso. I costumi sono invece progettati su una rivisitazione dell’epoca, costruiti con materiali plastici che accentuano la natura “costrittiva” del puritanesimo. fondazione Teatro Fraschini - C.so Strada Nuova 136 - 27100 Pavia www.teatrofraschini.org