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Giovedì,
Marzo 2014
DUBBI ESISTENZIALI QUOTIDIANI
«Un burocrate lettore di Alfieri:
“bolli, bolli, fortissimamente bolli!”»
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RASSEGNA STAMPA
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Generali alla prova del bilancio ................................................................................ 2
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Più detrazioni e taglio del 10% all’Irap
Ecco tutte le misure punto per punto .................................................... 3
L’aumento già alla fine di aprile ............................................................................... 4
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Rassegna Stampa del giorno 13 Marzo 2014
Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi
Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007
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Soddisfazione dei sindacati: «Bene il taglio delle tasse» .................................. 6
Padoan: sul deficit useremo i margini fino al 3% ............................................... 7
Renzi: sconto Irpef da 10 miliardi a maggio ........................................................ 8
Sulle coperture ipotesi da verificare....................................................................... 9
Mille euro l’anno in più fino a 25 mila euro lordi............................................... 10
«Bot e Btp non si toccano» I conti per bond e azioni ........................................ 11
Più contratti flessibili nell’arco di 36 mesi ........................................................... 12
«Contributo dalle pensioni oltre i 2 mila euro» .................................................. 13
L’altolà di Padoan al premier “Così non si può fare il decreto” ..................... 14
Giù l’Irap del 10 per cento colpite le rendite finanziarie ................................. 15
Auto blu vendesi, tetto alle paghe dei manager ................................................. 16
“Crede di essere Mandrake ma il risveglio sarà amaro”................................ 17
AAnnnnaaMMeessssiiaa
OGGI I CONTI 2013. UTILE OPERATIVO ATTESO A 4,2 MLD. DA BANKITALIA
PLUSVALENZA DI 264 MLN
Generali alla prova del bilancio
Gli analisti hanno previsto un risultato netto di 2,25 mld ma voci straordinari come l’aumento dell’Ires e quello delle
riserve Rc Auto in Francia, potrebbero alterare il quadro
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L’utile operativo 2013 di Generali Assicurazioni non dovrebbe discostarsi molto dai 4,2 miliardi indicati dagli
analisti. Più difficile fare previsioni sull’utile netto, su cui si alzerà il velo solo questa mattina quando il group ceo
Mario Greco presenterà i conti al mercato. La media degli analisti si è posizionata a 2,25 miliardi di risultato netto,
ma sono tante le partite straordinarie, sia positive sia negative, che hanno pesato sui conti dell’ultimo trimestre del
gruppo, e che potrebbero far sballare le attese. L’ultima, arrivata solo l’altro ieri, è la possibilità concessa dall ‘Ivass
alle compagnie assicurative di mettere a conto economico anche la rivalutazione delle quote di Banca d’Italia. Per
Generali, che detiene il 6,33% di Via Nazionale, la plusvalenza vale 300 milioni e potrà essere utilizzata anche ai fini
Solvency. Considerando la tassazione al 12%, l’effetto netto positivo sarà quindi di 264 milioni. Ci sono poi da
aggiungere le plusvalenze dalle dismissioni, come quelle delle attività in Messico e delle partecipate riassicurative
Usa, ma a questo si somma più di qualche perdite straordinarie, che ridurrà l’ utile netto. Dafi’ 8,5% di Ires
straordinaria che ha aumentato la pressione fiscale nel quarto trimestre a più del 70%, alle perdite catastrofali e
soprattutto ai maggiori accantonamenti di riserve richiesti in Francia nel mercato Rc Auto, a causa di un aumento
del costo dei danni alle persone. Al di la delle poste strordinarie il mercato farà però particolare attenzione ai
risultati della ristrutturazione avviata da Greco. L’utile operativo atteso, come detto, è 4,2 miliardi, in linea con lo
scorso anno ma con un perimetro di attività sensibilmente ridotto dopo la cessione di attività non strategiche. A cui
potrebbe aggiungersi anche Bsi, da tempo in cerca di acquirenti. Gli analisti di Deutsche Bank sembrano ottimisti:
«visto l’aumento degli accordi tra le banche svizzere e il dipartimento di giustizia americano, e l’imminente
conclusione dei piani di scudo fiscale avviati dai paesi europei, nei prossimi 12 mesi, dovrebbe essere sensibilmente
più semplice vendere una società di private banking», hanno sottolineato, aggiungendo che anche in uno scenario
negativo Generali avrebbe altre carte da giocare per evitare un aumento di capitale eventualmente finalizzato
all’acquisto entro l’anno dell’ultima tranche di azioni Ppf, che vale 1,23 mld. Ci sono le attività «in Austria, o in
Benelux o un altro pacchetto di azioni Banca Generali».
Il governo Il piano
Più detrazioni e taglio del 10% all’Irap
Ecco tutte le misure punto per punto
Sale al 26% il prelievo su rendite finanziarie e interessi sui conti correnti
Apprendistato flessibile e un fondo di 500 milioni per le imprese sociali
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ROMA - La «svolta buona» di Matteo Renzi è un pacchetto di misure che vanno dai tagli all’Irpef da io miliardi e
all’Irap per il io%, al Piano casa, dall’accelerazione del pagamento dei debiti della Pubblica amministrazione, fino
alla riforma del lavoro e al programma per l’edilizia scolastica. Non tutti i provvedimenti hanno già trovato una
formalizzazione. Il Consiglio dei ministri ieri pomeriggio ha approvato per ora solo una relazione sulla detrazione
Irpef da io miliardi per i lavoratori dipendenti sotto i 25 mila euro di reddito, dal 1 ° maggio prossimo, per un
ammontare di circa mille euro netti annui a persona. «Gli atti tecnici e legislativi - si legge nel comunicato «verranno approvati nelle prossime settimane». Stesso procedimento per il taglio del 10% dell’Irap alle imprese,
finanziato con l’innalzamento dell’aliquota della tassazione delle rendite finanziarie dal 20% al 26%. E stata affidata
a un decreto la riforma del contratto a termine e dell’apprendistato e a un disegno di legge-delega quella degli
ammortizzatori sociali, dei servizi per il lavoro e delle politiche attive, della semplificazione delle procedure e degli
adempimenti in materia di lavoro e di riordino delle forme contrattuali. Un disegno di legge consentirà di accelerare
il pagamento dei debiti della Pubblica amministrazione che Renzi ha quantificato in 68 miliardi, una stima non
confermata dal Tesoro: tra gli strumenti, l’utilizzo della Cassa depositi e prestiti per garantire ì debiti ceduti dalle
imprese alle banche. Infine per l’emergenza abitativa arriva al traguardo il decreto legge che il ministro Lupi aveva
predisposto per il precedente governo. Presso la presidenza del Consiglio nascono due strutture di missione: per il
dissesto idrogeologico e per l’edilizia scolastica.
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PARLA CASTAGNA (BPM) LA CEDOLA? SOLO QUANDO CI SAREMO DAVVERO
RAFFORZATI
L’aumento già alla fine di aprile
Sarebbe stato impensabile distribuire un dividendo già sull’esercizio 2013, alla vigilia degli esami Bce e con profitti bassi. Il cambio
di governance favorirà l’ingresso di nuovi capitali. In arrivo 390 assunzioni
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«Mi piace dire che siamo tornati a un utile “utile”. Il merito non è mio, che sono arrivato a gennaio, ma mi fa
piacere approfittare di questa circostanza per rendere merito a tutti i colleghi che hanno lavorato duramente nel
2013 e che meritavano questo riconoscimento». Il nuovo amministratore delegato di Bpm, Giuseppe Castagna,
riconosce i progressi della banca e si prepara alle nuove sfide che passano anche da 390 nuove assunzioni.
Dottor Castagna, si può dire quindi che il peggio sia alle spalle?
Noi come banca non abbiamo un business proprio, ma un business indotto dalla ripresa dell’economia, dalle aziende, dal coraggio e
dalla voglia degli imprenditori di tornare a investire. E dalla fiducia dei nostri clienti. Se tutto questo potrà ripartire, lo faremo anche
noi. Abbiamo messo alle spalle anni difficili, non solo di contesto economico, ma anche di situazione della banca, quindi sono ottimista.
Gli impieghi, però, nel 2013 sono calati ancora.
Vero, ma abbiamo mantenuto la nostra quota di mercato. E una risultanza del sistema bancario, che fa meno impieghi a causa di
obblighi regolamentari, ma oggettivamente anche a causa di una minore richiesta di credito dovuta a minor attività economica.
Salgono del 25,6% i crediti deteriorati. E questo il vero vulnus?
Direi di sì, è il vulnus del sistema. Ogni anno pensiamo di aver fatto bene i compiti e poi invece tutto dipende dall’andamento economico.
Quest’ anno pensiamo di essere un po’ più forti, il 25% è meno del 34% registrato l’anno prima. E siamo più robusti perché è il terzo
anno di seguito che deliberiamo oltre 500 milioni di accantonamenti, 1,6 miliardi negli ultimi tre anni, che per una banca come noi non
sono noccioline. Siamo più ottimisti perché il lavoro è stato compiuto in un’ottica conservativa, visto che in questi giorni-sono partite le
íspezíoní per l’asset quality review.
Intanto vi cautelate non staccando dividendi.
Il dividendo sarebbe stato comunque irrilevante visto il risultato economico è rilevante per l’inversione del trend ma non certo consistente a
livello assoluto. Inoltre siamo piuttosto tirati sul capitale, alla vigilia dell’aumento e dell’ auspicabile rimozione degli add-on.
Il Core-tier1 al netto di alcune componenti, infatti, è di poco sopra al 7%, ma gli Aqr impongono una
soglia minima dell’8%.
Siamo proprio ai margim delle soglie previste. Abbiamo già illustrato nel piano come faremo nei prossimi tre anni a rafforzarlo fino al
12%. Siamo fiduciosi, ma è ovvio che fino a quel momento la banca non potrà prendere in considerazione alcuna distribuzione di cedola
Gli obiettivi del piano sono ambiziosi, per esempio sul fronte proprio del Core tier 1. Come si immagina il
percorso per realizzare tutti i punti indicati?
Ci sono step già consolidati da altre banche per raggiungere il 12% con un potenziale aggiuntivo di altri due punti. Di certo 1’1,40%
arriverà dall’aumento di capitale e l’1,80% dall’eventuale rimozione degli add-on.
Non ha paura di trovare un po’ di traffico durante la finestra dell’aumento di capitale?
Ci sentiamo tranquilli perché, posto che il nostro è l’unico già effettivamente dichiarato da tempo perché è slittato diverse volte, abbiamo
voluto dare un segnale dicendo che ce la faremo entro aprile. Abbiamo voluto accelerare l’approvazione del bilancio, il piano Industriale e
la riforma della governance proprio per arrivare entro fine aprile sul mercato. Parlando con la Consob ci è sembrato di capire che in quel
periodo non ci sarà affollamento.
Ma se, come dice lei stesso, sul fronte patrimonializzazione partite svantaggiati non potevate
incrementare l’importo dell’aumento di capitale oltre i 500 milioni?
No, perché questo capitale poi bisogna utilizzarlo e dare un ritorno agli azionisti. Rischiamo di arrivare a fine piano con capitali in
eccesso e non mi sembrava corretto chiedere più impegno agli azionisti.
L’obiettivo della riforma della governance è attirare nuovi investitori. Ce la farete?
Questo è l’obiettivo che avevamo e anche l’indicazione arrivata dalla Vigilanza, cioè aprire la banca a una nuova classe di investitori.
Le linee strategiche sono state tre: semplificazione, una forte presenza nel consiglio di sorveglianza della maggioranza eletta con voto capi
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tario e infine una rappresentanza, seppur minoritaria, ma di grande qualità, sia nel consiglio di gestione attraverso il voto espresso dai
soci di capitale per le nomine del consiglio stesso, sia nella maggioranza del comitato controlli. Pensiamo che con queste caratteristiche
molti investitori vorranno avvicinarsi alla nostra banca.
E la riforma in spa, tanto caldeggiata da Bankitalia, è definitivamente archiviata?
Non è un argomento che può riguardare l ‘ autoregolamentazione della banca. Con le altre popolari italiane, e non solo, aspettiamo che
cí possano essere sviluppi normativi che potranno indurci a un cambiamento, ma per il momento pensiamo che questo maggior equilibrio
tra capitale e modello capitano possa essere un modello vincente.
Perché un risparmiatore dovrebbe puntare sull’azione Bpm oggi?
Innanzitutto perché è la più sottovalutata, nonostante il grande percorso fatto negli ultimi due mesi rispetto alla media del mercato.
Secondo, perché una delle grosse incognite era la contrapposizione del passato tra i vari stakeholder, mentre oggi c’è particolare armonia.
Terzo, perché abbiamo una presenza in un’area del Paese straordinaria, anche a livello europeo, che pensiamo possa cogliere per prima i
frutti della ripresa economica.
Confederazioni. Camusso: «Sciopero? Oggi si può cominciare a festeggiare»
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Soddisfazione dei sindacati:
«Bene il taglio delle tasse»
ROMA - A metà novembre avevano scioperato per 4 ore e manifestato nelle principali città italiane per sollecitare il
taglio delle tasse sul lavoro, bocciando la legge di stabilità del governo Letta. Così ieri i leader di Cgil, Cisl e Uil,
Susanna Camusso, Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti hanno accolto positivamente l’annuncio del premier Renzi
che nelle buste paga di io milioni di lavoratori dipendenti e “assimilati” andranno i io miliardi di taglio del cuneo
fiscale. Dopo aver per settimane lamentato l’assenza di interlocuzione con il premier, i sindacati promuovono
l’impianto della manovra, sia pur rilevando qualche punto critico. Camusso che solo pochi giorni fa aveva
minacciato lo sciopero, ieri ha detto che «si può cominciare a festeggiare», anche se resta convinta che «il dialogo
con le parti sociali è giusto averlo». L’abbassamento della tassazione sul lavoro dipendente é «certamente una
vittoria dei sindacati», anche se per Camusso «si poteva fare di più per i pensionati», un intervento analogo «sarebbe
stato utile per la crescita della domanda nel paese». Piace alla leader della Cgil la scelta di aumentare la tassazione
sulle rendite finanziarie per sostenere l’abbattimento dell’Irap alle imprese («lo rivendichiamo da tempo »), così
come la scelta di affidare ad una legge delega le questioni del lavoro (ammortizzatori e forme contrattuali) che
«permetterà di confrontarsi »; importante il capitolo sul sostegno alla maternità e alla conciliazione, mentre Camusso
boccia l’estensione a 36 mesi dei contratti a termine senza causale: «non sembra quello di cui ha bisogno il mercato
del lavoro». Anche Raffaele Bonanni non nasconde la propria soddisfazione per la riduzione dell’Irpef ricordando
che «sono anni che insistiamo sulla riduzione delle tasse, siamo scesi in piazza tante volte per sollecitare uno choc
fiscale». Bonanni stempera anche le polemiche sul mancato coinvolgimento delle pari sociali sulla manovra: «Non
ha voluto confrontarsi con le parti sociali, ma siamo contenti che il premier Renzi, abbia preso a mani piene tutta la
nostra impostazione. Lo sta facendo senza poterlo dire. A maggio controlleremo le buste paga». Il segretario
generale della Cisl giudica positivo anche che «il Governo abbia decido di alzare la tassazione sulle rendite
finanziarie, portandola al 26% a livello di altri paesi europei», sottolinea che «questa è una battaglia sacrosanta che il
sindacato sta facendo da almeno dieci anni». A differenza di Camusso, Bonanni considera la decisione di rendere
più flessibile il contratto a termine «un’altra buona notizia sia per i lavoratori sia per le imprese», auspicando che
adesso «si facciano dei provvedimenti per combattere il precariato delle false partite Iva o degli associati in
partecipazione e chiudere le altre forme capestro di lavoro per i giovani». Anche per Bonanni sugli ammortizzatori
«che è un tema delicato», è «positivo che il Governo abbia scelto la strada del disegno di legge delega »; con il
Parlamento «ci sarà modo di discutere in maniera approfondita senza farsi prendere dall’ansia delle decisioni
affrettate». Per Luigi Angeletti siamo in presenza di una «svolta», con la decisione di abbattere le tasse ai lavoratori:
«Ottimo - afferma il numero uno della Uil-. Finalmente, dopo 4 anni di scioperi e manifestazioni siamo riusciti a far
sì che i lavoratori abbiano una consistente riduzione delle tasse. Sicuramente è una svolta. Ora vedremo i dettagli e,
ovviamente, ci auguriamo che non si sia dimenticato dei pensionati».
BONANNI «Il premier ha preso a piene mani dalla nostra impostazione». Ok anche dalla Uil che con la Cgil
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chiede di più per i pensionati
DDiinnoo PPeessoollee
Il ministro dell’Economia. «Situazione di transizione, dal prossimo anno a regime tagli di spesa permanente
dall’anno»
Padoan: sul deficit
useremo i margini fino al 3%
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ROMA Tagli di imposte finanziati da riduzioni di spesa «permanenti a regime», dall’anno prossimo. Per il 204 «nella
fase di transizione utilizzeremo i margini di indebitamento nel modo più parsimonioso possibile ». Nella conferenza
stampa che ha fatto seguito alla riunione del Consiglio dei ministri, è il titolare dell’Economia, Pier Carlo Padoan a
esplicitare quanto il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, aveva annunciato poco prima. Tra le forme di copertura
che vanno delineandosi per il taglio di io miliardi dell’Irpef vi è anche la possibilità di sfruttare quel margine di
deficit che separa l’ultima stima della Commissione europea (2,6% del Pil) dal tetto massimo del 3 per cento.
Utilizzo “parsimonioso”, sottolinea Padoan, perché comunque in corso d’anno sarà necessario ritagliarsi degli spazi
di manovra per far fronte a spese indifferibili. E comunque è intendimento del governo non scivolare oltre «quel
margine massimo disponibile per evitare di rientrare nella procedura di deficit eccessivo». L’intera impalcatura su cui
si reggono sia le misure varate ieri che quelle annunciate per maggio si basa sull’aspettativa che il taglio delle tasse
possa avere «effetti espansivi su crescita e occupazione». Scommessa decisiva perché - come ricordalo stesso
Padoan - il debito pubblico «si riduce crescendo di più», agendo in poche parole sul denominatore. Il punto è che
siamo in una fase di debole ripresa: «La crisi è un po’ meno severa che in passato ma non è ancora finita». Il debito
resta al primo posto delle preoccupazioni del ministro dell’Economia, che ricorda come l’eventuale ricorso a
maggiore indebitamento anche per effetto dello sblocco dei debiti pregressi della Pa andrà préventivamente
concordato con Bruxelles e autorizzato dal Parlamento. «Nelle prossime settimane metteremo in campo un
processo per permettere di mobilitare risorse nei limiti dei vincoli di bilancio ma allo stesso tempo per innescare
meccanismi che permettano di accrescere le risorse e mi riferisco alla spending review», aggiunge Padoan. Lo
impongono i vincoli di bilancio europei e l’obbligo al pareggio di bilancio inserito in Costituzione. Più che divincoli,
Padoan preferisce parlare di «opportunità per accelerare un nuovo modo di fare finanza pubblica. Permettetemi la
retorica, questa è la riforma strutturale fondamentale». Il percorso di riduzione del debito sarà sostenuto anche dalle
privatizzazioni che - annuncia - «continuano e saranno rafforzate». I vincoli imposti dalla disciplina di bilancio
europea vanno letti anche con l’occhio rivolto a quella che Padoan defmisce la «dimensione qualitativa»
dell’aggiustamento strutturale richiesto. «Deve essere comprovata la capacità di perseguire aggiustamenti strutturali
permanenti laddove, come nel caso dell’Italia, vi sia un richiamo sugli squilibri macroeconomici eccessivi». I
prossimi passaggi prevedono la predisposizione, da parte del ministero dell’Economia, dei documenti
programmatici previsti dal cosiddetto «semestre europeo». Entro metà aprile andrà inviato a Bruxelles il
Documento di economia e finanza, con annesso l’aggiornamento del Programma di stabilità e il Piano nazionale di
riforma. Documenti sui quali prima la Commissione poi il Consiglio Ecofin esprimeranno pareri e
raccomandazioni. Il confronto sulle coperture procederà di pari passo. Si tratta di convincere Bruxelles che le
entrate una tantum saranno utilizzate unicamente «nel primo anno di applicazione del taglio delle tasse», per poi
essere sóstituite dagli interventi strutturali sulla spesa. A Renzi e Padoan il compito di convincere la Commissione
che anche grazie alla manovra fiscale che partirà ‘a maggio sarà possibile accrescere il potenziale di crescita della
nostra economia.
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Renzi: sconto Irpef
da 10 miliardi a maggio
Il premier 1.000 euro in più l’anno a chi ne guadagna fino a 1.500 - Taglio Irap de110%
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ROMA Il taglio del cuneo fiscale partirà dal primo maggio e riguarderà io milioni di italiani, quelli che guadagnano
fmo a 1.500 euro al mese, che si divideranno gli ormai famosi io miliardi di euro che il governo ha deciso di
stanziare. Mille euro l’anno, circa 8o al mese in busta paga. Con l’aiuto di sfide stile Obama, frasi brevi e semplici, íl
premier Matteo Renzi si presenta nell’affollata sala stampa di Palazzo Chigi al termine del Consiglio dei ministri per
quella che appare innanzitutto una grande operazione di comunicazione. È un progetto-Paese quello che viene
illustrato agli italiani con una visione innovativa che non guarda in faccia nessuno, né le parti sociali né il sùo stesso
partito. Si parte per il grande cambiamento, insomma, ma non subito: quello approvato ieri dal Cdm è infatti un atto
di indirizzo del premier, con tanto di coperture indicate (spending review, calo dello spread con conseguenti minori
interessi sul debito) mentre i provvedimenti (probabilmente più decreti in successione) arriveranno appunto entro
fine maggio, quando molti italiani dovrebbero vedere per la prima volta il taglio ben visibile in busta paga. «Per le
elezioni europee del 25 maggio non ce l’ho fatta, sono stato respinto con perdite», ammette con una battuta Renzi.
E se i io miliardi annunciati vengono messi tutti sull’alleggerimento dell’Irpef per i redditi medio-bassi, c’è anche
qualcosa per le imprese come Renzi ha anticipato ieri al Sole 24 Ore. Il premier promette il taglio del 10% dell’Irap
(circa 2,6 mliardi) da finanziare con una delle misurenovità della giornata: la rimodulazione della tassazione sulle
rendite finanziarie dal 20 al 26%, Bot esclusi. Annunciato entro maggio, inoltre, il taglio del 10% del costo
dell’energia per le imprese. A beneficio delle imprese e delle richieste venute da Confindustria negli ultimi giorni
anche il capitolo flessibilità del lavoro, e qui al contrario del capitolo fisco i testi di legge ci sono e sono stati
approvati dal Cdm di ieri: un decreto che contiene la semplificazione dell’apprendistato e l’allungamento dei
contratti a termine senza causale da uno a tre anni. Il Cdm ha anche approvato il Jobs act, e in questo caso si tratta
di un Ddl delega: introduzione del contratto unico a tutele crescenti che sospende l’articolo 18 per i primi tre anni e
sussidio di disoccupazione universale. La riforma degli ammortizzatori sociali costa, certo, ma lo stesso Renzi ha
indicato la possibile soluzione: dal momento che l’aumento nelle buste paga arriverà in corso d’anno, ossia a
maggio, dei lo miliardi stanziati a regime per questo scopo almeno 3 possono essere utilizzati subito per far partire il
sussidio universale di disoccupazione. Via libera, come annunciato, anche al piano casa e al piano per l’edilizia e la
sicurezza delle scuole da 3,5 miliardi. Sì, infme, al Ddl che sblocca i pagamenti della Pa alle imprese per 68 miliardi.
Della manovra fiscale resta il nodo delle coperture, e ciò che il premier chiede a quelli che chiama «i tanti gufi» e
«disfattisti» è un atto di fiducia: «Aspettare santommasianamente i127 maggio». Con il mantello del ministro
dell’Economia Pier Carlo Padoan, Renzi ha comunque confermato quanto anticipato al Sole 24 Ore ieri sul
possibile margine di manovra sul fronte del deficit: entro il 3% del Pil - tetto massimo per evitare la procedura di
infrazione - si può agire. Ora il deficit è al 2,6%, o ogni 0,1% utilizzabile per arrivare al 3% vale 1,6 miliardi. Certo,
c’è l’Unione europea e anche l’occhio del Quirinale, ma il dato sembra tratto. Decisivi in questo senso i prossimi
incontri di Parigi e Berlino con Francois Hollande e Angela Merkel. L’operazione messa in campo è «storica», come
la definisce lo stesso Renzi includendovi anche la riforma del Senato e del Titolo V di cui ieri si è cominciato a
discutere in Cdm. «Se non passa la fme del bicameralismo perfetto considero chiusa la mia esperienza politica scandisce -. Rischio tutto, non faccio politica per am7 bizione personale». C’è da credergli, in attesa delle coperture.
In questo senso il trasloco dal Tesoro a Palazzo Chigi del commissario alla spending review Carlo Cottarelli, come
anticipatb dal Sole 24 Ore i122 febbraio, testimonia il cambio di marcia.
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Sulle coperture ipotesi da verificare
Il premier punta a 7 miliardi dalla spending 2014, Cottarelli si ferma a tre - Scure sugli alti stipendi della Pa
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ROMAIl puzzle delle coperture dell’operazione taglia-cuneo è pronto, almeno sulla carta. O meglio sulle slides. Ma
la sua tenuta è tutta da verificare. Anche perché, al momento, per il 2014 può contare su sole due tessere con una
chiara fisionomia di misura strutturale. La prima è la spending review, su cui però per quest’anno si registra una
discordanza sugli obiettivi di risparmio realizzabili. Con il premier Matteo Renzi che punta a recuperare 7 miliardi,
anche attraverso un taglio per 500 milioni degli stipendi dei dirigenti pubblici, e il commissario straordinario, Carlo
Cottarelli, che considera fattibile negli 8 mesi tra maggio e la fine dell’anno una riduzione di spesa non superiore ai 3
miliardi. Che diventano 5 miliardi tradotti su base annua. C’è poi la rimodulazione della tassazione delle rendite
fmanziarie (BoT esclusi) ma strettamente vincolata al taglio del io% dell’Irap sulle imprese. Per il 2014 il grosso dei
«io miliardi per io milioni di persone» annunciati da Renzi nel presentare il suo piano resta quindi “appeso”
all’utilizzazione dei margini a disposizione per restare comunque sotto il tetto del 3% del rapporto deficit-Pil. In
tutto oltre 6 miliardi se venisse utilizzata tutta la fetta disponibile, pari a 0,4 punti di Pil. Ma questa operazione
sarebbe possibile solo con il tacito assenso di Bruxelles. E questa non è la sola incognita. Nel menù delle misure
citate da Renzi per coprire a partire da maggio la riduzione dell’Irpef sui lavoratori per 6,6 miliardi e la riforma degli
ammortizzatori sociali per altri 2,4 miliardi fa parte anche la riduzione della spesa per interessi legata all’effetto
spread. Un “tesoretto” utilizzabile solo a consuntivo e comunque non quantificabile prima del confronto con
Bruxelles sul prossimo Def. Sempre la Ue potrebbe poi accendere nuovamente i riflettori sull’operazione di
pagamento di tutti i debiti della Pa nei confronti delle imprese dalla quale palazzo Chigi si attendere un maggior
gettito Iva per circa 1,6 miliardi da utilizzare anche questo in chiave copertura. Un’operazione dai tempi lunghi visto
che è prevista dal disegno di legge varato ieri dopo la rinuncia forzata al decreto d’urgenza. Il ministro
dell’Economia, Pier Carlo Padoan, è comunque convinto di ottenere il via libera di Bruxelles. Anche perché
l’utilizzazione, almeno in parte, dei margini disponibili sul deficit e di interventi in versione una tantum servirebbe
solo a coprire la cosiddetta fase transitoria in attesa che la speding review targata Cottarelli assuma in pieno il suo
carattere strutturale garantendo 18 miliardi di risparmi nel 2015 e 34 miliardi (35 secondo Renzi) nel 2016. Anche se
in questo caso non va dimenticato che una fetta consistente di queste risorse è già ipotecata dalla cosiddetta clausola
di garanzia contenuta nell’ultima legge di stabilità. Che prevede che in assenza di tagli alla spesa per 3,6 miliardi nel
2016 e 8,3 miliardi nel 2016 debba scattare un equivalente aumento della pressione fiscale sotto forma di ritocchi a
aliquote, accise e di stretta sulle detrazioni. Un problema che, seppure, in forma più contenuta, si dovrebbe
presentare già nel corso di quest’anno. L’Esecutivo Letta ha infatti rimandato alla spending review la copertura di
488 milioni relativa al mancato taglio delle detrazioni fiscali. E anche il decreto “Fare” prevede la copertura di
alcune “poste” con tagli di spesa. I 3 miliardi per il 2014 ai quali ha fatto riferimento Cottarelli nel corso di
un’audizione alla commissione Bilancio del Senato potrebbero dunque non essere interamente utilizzabili per il
piano-taglia cuneo. Il premier ha mostrato una certa sorpresa per la decisione del commissario straordinario di
abbassare l’asticella dell’obiettivo di riduzione di spesa per i12014 rispetto alle cifre circolate nelle scorse settimane.
«Cottarelli ha stimato molto prudenzialmente 3 miliardi di risparmi dalla spending review per il 2014. Il totale è che
si può arrivare a 7 miliardi quest’anno», ha tenuto a sottolineare Renzi. In realtà lo stesso Cottarelli, come è scritto
nel suo piano, non ha ancora rinunciato del tutto a centrare l’obiettivo dei 7 miliardi su base annua. Ma
prudenzialmente per il momento si ferma a quota 5, che con l’avvio dei tagli a maggio si riducono a 3 miliardi. Ma a
patto che si cominci subito, dice il commissario.
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FAMIGLIE
Mille euro l’anno in più
fino a 25 mila euro lordi
Dieci miliardi di tasse in meno all’anno per i dieci milioni di contribuenti con i redditi più bassi. Il governo di
Matteo Renzi rompe gli indugi e annuncia la manovra per la riduzione delle tasse sul lavoro dipendente che sarà
varata entro la fine di aprile, e avrà effetto a partire dalla busta paga di maggio. Per chi guadagna uno stipendio fino
a 1.5oo euro netti, ha detto il presidente del Consiglio, lo sgravio sarà pari a circa i.000 euro netti all’anno a regime,
un po’ di meno quest’anno, visto che quattro mesi sono già passati. La riduzione delle imposte sul lavoro, in ogni
caso, riguarderà i lavoratori dipendenti (il governo non ha fatto cenno a redditi da pensione o da lavoro autonomo)
con un reddito Irpef massimo di 25 mila euro lordi annui. E sarà interamente coperto «sulla base di risparmi di
spesa pubblica, senza l’aumento di altre imposte o tasse» ha garantito il presidente del Consiglio. Gli sgravi fiscali
saranno attuati verosimilmente attraverso un aumento delle detrazioni Irpef, ma il provvedimento di attuazione
arriverà solo tra qualche settimana, dopo l’aggiornamento del quadro di finanza pubblica con il Documento di
Economia e Finanza, che darà la dimensione dei margini disponibili. Le coperture «abbondano» ha detto ieri Renzi,
secondo il quale si arriverebbe facilmente a 20 miliardi di euro. C’è un margine di 6,4 miliardi da utilizzare senza
superare il deficit del 3%, anche se il governo non intende sfruttarlo tutto, altri 2,2 miliardi già garantiti dal calo dei
tassi sui titoli pubblici (che potrebbero essere anche di più), poi c’è l’una tantum del rientro dei capitali, che può
essere usata in attesa di sostituire il gettito con misure strutturali e, potenzialmente, 5 miliardi di maggior gettito Iva
grazie al pagamento dei debiti della Pubblica amministrazione (68 miliardi entro luglio), i 5 miliardi di investimenti
nelle scuole e contro il dissesto idrogeologico. Per coprire la manovra di quest’anno saranno utilizzati io miliardi di
euro, parte di quali serviranno al finanziamento della riforma del mercato del lavoro. «Si utilizzeranno i margini
dell’indebitamento nel modo più parsimonioso possibile, perché il rispetto del vincolo dì deficit eccessivo è
fondamentale, ma non sono assolutamente d’accordo con chi dice che non c’è copertura effettiva per il calo delle
tasse» assicura il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan. Secondo il quale la principale preoccupazione del
governo resta il «debito», che può essere ridotto «soprattutto crescendo di più, e poi con le privatizzazioni».
20
miliardi di euro le coperture per finanziare gli interventi a favore delle famiglie. Secondo Renzi ci sarebbero
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6,4 miliardi da utilizzare senza superare il deficit del 3% e altri 2,2 sono già garantiti dal calo dei tassi sui titoli
pubblici
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RISPARMIO
«Bot e Btp non si toccano»
I conti per bond e azioni
Sui titoli di Stato continueremo a pagare il 12,5%. Su azioni&c., la tassa sulle rendite finanziarie, cioè sugli interessi e
sui guadagni in conto capitale, salirà dal 20 a 26%. Da quando? Si è parlato del primo maggio. Vedremo.
L’inasprimento fa da contraltare al taglio delle tasse sul lavoro e ci mette in linea con il resto d’Europa dove
l’aliquota per i privati con portafoglio balla intorno al 25%. In Italia negli ultimi anni i destini dei titoli di Stato e
degli altri asset si sono separati: dal primo gennaio 2012 il 12,5% vale solo per i Btp e per gli altri titoli di Stato,
mentre per azioni, fondi comuni, bond e così via l’aliquota è salita al 20%. E al 20% sono invece scesi dal
precedente 27% i prelievi sugli interessi maturati dai conti correnti. Ed ecco la storia dei conti in tasca: un
investimento in azioni da 50.000 euro con un rendimento complessivo ipotetico del 3% annuo (quindi 1.500 euro)
prima del 2012 pagava il 12,5% pari a 187,5 euro. Nel 2013, con l’aliquota al 20%, lo stesso rendimento ha
sopportato una tassa di 300 euro a cui si è aggiunta la mini patrimoniale dello 0,15% che ne vale altri 75. Totale: 375
euro. Se immaginiamo un 2014 con l’aliquota al 26% (per semplificare la applichiamo a tutto l’anno anche se di
certo non sarà così) il nuovo monte-Fisco sale a 390 a cui se ne aggiungono 200 di «patrimonialina», passata allo
0,2% dal primo gennaio: siamo a 490 euro. Senza considerare i possibili effetti della tassa sulle transazioni
finanziarie in vigore dal marzo 2013 per le azioni italiane. A quali strumenti si applicherà la nuova aliquota? Titoli di
Stato a parte, oggi tutti gli altri asset (bond societari, azioni, pronti contro termine, fondi comuni, polizze e anche
depositi di liquidità vincolati) pagano il 20% su rendimenti e capitai gan. Fanno eccezione i fondi pensione, che
hanno un’aliquota agevolata intorno all’11%. Resta da chiarire dunque l’elenco - oltre alle azioni citate ieri dal
premier - e il criterio con cui si costruirà la rimodulazione della tassa. Non è che si potrebbe nutrire qualche
speranza per un’esenzione dei patrimoni molto piccoli o per chi risparmia a lungo termine, come accade in altri
Paesi europei?
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per cento l’aliquota agevolata di cui godono i fondi pensione. Bond societari, azioni, pronti contro termine, fondi
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comuni, polizze e depositi di liquidità vincolati pagano il 20% I titoli di Stato come Bot e Btp invece sono tassati al
12,5%
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LAVORO
Più contratti flessibili
nell’arco di 36 mesi
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II Jobs Act, di cui tanto si era parlato, viene rinviato ad un disegno di legge delega dai tempi incerti e dal futuro
ipotetico. Mentre lo choc all’economia prende la forma di un’accelerazione sulla flessibilità, che imbocca la corsia
preferenziale del decreto legge. Le vere novità sul mercato del lavoro, e forse dell’intero Consiglio dei ministri di
ieri, erano state tenute coperte quasi fino all’ultimo. E per le imprese appresentano un bel «risarcimento» per quel
taglio del cuneo fiscale che, quando le coperture saranno a posto fino in fondo, penderà dalla parte dei lavoratori.
La svolta sta tutta in una maggiore libertà sui contratti a termine e sull’apprendistato, nell’eliminazione di buona
parte dei paletti che ne regolamentavano l’utilizzo, a volte rendendolo trono complicato. La durata massima del
contratto a termine senza l’indicazione della causale, utilizzabile per chi lavora per la prima volta, passa da uno a tre
anni. Non solo. Prima era possibile una sola proroga, ad esempio sei mesi più sei mesi, ma a patto di inserire nel
rinnovo una causale che spesso veniva impugnata davanti al giudice portando all’assunzione a tempo indeterminato.
Adesso, almeno in teoria, si potranno fare 36 contratti di un mese e tutti senza causale. Lo stesso schema frazionato
può essere utilizzabile anche per i contratti a termine con causale, quelli rivolti a chi non è alla prima esperienza di
lavoro. Prima era possibile una sola proroga adesso non ci sono limiti, tranne la durata complessiva che in questo
caso era già di tre anni. Per tutti i contratti a termine poi viene fissato per legge un tetto massimo di utilizzo: il 20%
dell’organico dell’azienda. Prima la scelta era lasciata alle parti, azienda e sindacati, e l’asticella si fermava più tra il io
e il 15%. Con il decreto legge approvato ieri anche l’apprendistato diventa più semplice. Non solo per la parte
burocratica, con il venir meno del contratto di formazione in forma scritta. Ma soprattutto perché cade l’obbligo dí
assumere a tempo indeterminato l’apprendista che ha finito il cnn nprindn di fnrmazinne nrima di poterne prendere
uno nuovo. «Il risultato pratico di quell’obbligo - dice il ministro del Lavoro Giuliano Poletti - era che le aziende
mandavano a casa l’apprendista un mese prima che scadesse il contratto in modo da evitare l’obbligo di stabilizzarlo
e poi assumerne uno nuovo». Tutte modifiche accolte positivamente dai piccoli imprenditori: «Vanno nella
direzione giusta», dice il presidente di Confartigianato Giorgio Merletti. Nel decreto c’è anche l’introduzione del
Durc online, il documento di regolarità contributiva che adesso non sarà più un incubo tra file e sportelli. Tutto il
resto, invece, viene rinviato al disegno di legge delega: normale iter in Parlamento, con rischio ingorgo dietro
l’angolo, più decreti attuativi a raffica. Che dovranno riscrivere le regole degli ammortizzatori sociali, mandando in
pensione la cassa integrazione in deroga, estendere la tutela della maternità, sperimentare il salario minimo e tanto
altro ancora. Il famoso contratto unico a tutele crescenti che dovrebbe prendere il posto della selva di contratti oggi
utilizzabili? Diventa solo un’ipotesi, persino sfumata, per un futuro testo organico che «ne possa anche prevedere la
introduzione, eventualmente in forma sperimentale». In sostanza, archiviato.
Il governo I risparmi
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«Contributo dalle pensioni
oltre i 2 mila euro»
Una sola auto blu per ministro e meno sedi Rai: i tagli di Cottarelli per trovare 35 miliardi
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ROMA - Il piano di revisione della spesa pubblica è articolato in 33 punti ed ha come obiettivo di risparmiare dai 5
ai 7 miliardi quest’anno, 18 il prossimo e 35 nel 2016. Nel confermare in Senato i numeri del programma, Carlo
Cottarelli, commissario straordinario per la spending review, ha spiegato che tali cifre sono da intendersi su base
annua e quindi per quest’anno - visto che i primi provvedimenti potranno essere avviati solo a partire da maggio e
solo se «si agirà seriamente e subito» - i tagli saranno attorno ai 3 miliardi. Preciso nel definire le somme, Cottarelli
non è stato altrettanto meticoloso nell’illustrare gli interventi possibili, che spettano - ha spiegato - al governo. Di
certo c’è che la prima sforbiciata, come ha ribadito il presidente del Consiglio Matteo Renzi, riguarderà le auto blu («
ne devono restare una per ministro con un pool di massimo cinque auto per ogni dicastero) e che la spending
review non toccherà i settori dell’Istruzione e della Cultura. Per il resto si procederà con l’intento di eliminare gli
sprechi e di rendere strutturali i risparmi tenendo conto della delicatezza dei settori che si vanno a razionalizzare,
come per esempio la sanità, dove si potrà intervenire sui «ricoveri ospedalieri non necessari e applicando i costi
standard». O la previdenza, che però verrà coinvolta poiché la spesa «é davvero consistente toccando i 270 miliardi»,
pari a circa il 16% del Pil e poiché i pensionati, stando ai risultati delle indagini della Banca d’Italia, sono, ha detto
l’ex direttore del Fini, «tra coloro che riescono più a risparmiare ». A questo riguardo Cottarelli è stato chiaro:
l’ipotesi è di imporre «un contributo temporaneo di solidarietà sui trattamenti più elevati a beneficio della
fiscalizzazione degli oneri per i lavoratori neoassunti». Si colpiranno, gradualmente, solo il 15% degli assegni
previdenziali, ha precisato Cottarelli. Peccato che, a guardare i dati dell’Inps, l’82,7% delle pensioni erogate non
raggiunge i 1.500 euro lordi mensili, mentre il 95,3% arriva solo a 2.400 euro lordi. Sotto la forbice, seppur
temporanea della spending review, finirebbero dunque le pensioni grosso modo sopra i 2 mila euro lordi mensili,
che non è proprio un gran reddito. Tra le varie proposte, fra cui anche «un taglio di tutti i microstanziamenti »,
spicca per le proteste che ha già innescato, quella rivolta alla Rai, che potrebbe ridurre il numero delle sedi regionali
«coprendo l’informazione senza essere presente in ogni sede d’Italia». Ed anche quella a favore della «chiusura del
Cnel». Secondo Cottarelli, poi, la presenza nel nostro Paese di circa 3o mila stazioni di gestione di appalti può dar
luogo ad evidenti inefficienze: la concentrazione in capo alla Consip e ad alcune centrali di acquisto presso le
Regioni e le città metropolitane consentirebbe, ha detto, darebbe luogo ad una maggiore economia. La gestione
degli immobili, quindi, consentirebbe risparmi fino a due miliardi, mentre è da quantificare il risparmio derivante
dalla possibile ulteriore riduzione delle commissioni bancarie pagate dallo Stato per la riscossione dei tributi. Nel
medio periodo bisogna studiare un migliore coordinamento delle Forze di Polizia, con la riduzione del numero dei
Corpi. Per l’immediato, gli interventi suggeriti da Cottarelli riguardano i trasferimenti alle imprese, statali e regionali,
che potrebbero essere asciugati di sei miliardi e le retribuzioni della dirigenza pubblica, che appaiono elevate nel
confronto con la media europea. Opportuno infine un intervento sulle circa 7 mila partecipate degli enti locali e sul
trasporto ferroviario, attualmente sostenuto dallo Stato in misura molto superiore rispetto agli altri Paesi europei,
eventualmente anche tramite una revisione delle tariffe.
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L’altolà di Padoan al premier
“Così non si può fare il decreto”
Per alzare il deficit oltre il 2 ,6% serve il sì di Parlamento e Ue
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A QUESTO punto, la posta in gioco del passaggio da Berlino va oltre i buoni rapporti fra Matteo Renzi e Angela
Merkel. Lunedì il premier sarà alla cancelleria tedesca e quella visita finirà per segnare anche il lavoro di Pier Carlo
Padoan. PERCHÉ il ministro dell’Economia ormai ha capito che il suo compito si riassume in una trinità (quasi)
impossibile: deve assicurare il taglio delle imposte sui redditi bassi, mantenere rapporti costruttivi con il premier e
garantire al resto d’Europa la tenuta dei conti italiani. È qui che Berlino diventa importante, perché ridurre le
imposte quest’anno non sarà come farlo negli anni passati. Non ora che sono in vigore le nuove leggi italiane e
europee di bilancio e, a dispetto di queste, 860% circa dei tagli alle tasse inarrivo saràfinanziato con un aumento del
deficit. Non si vedono infatti all’orizzonte risparmi sufficienti aneutral izzare l’intero impatto di 10 miliardi di sgravi:
il disavanzo salirà di circa 6 miliardi di euro, fino ad arrivare vicinissimo alla soglia del 3% del prodotto lordo. Prima
di questi interventi il deficit sembrava diretto verso quota 2,6%, per effetto di forze contrastanti. A peggiorare i saldi
contribuiscono alcune spese incomprimibili e una crescita del 2014 che il Tesoro rivedrà al ribasso dall’1,1% allo
0,8%; a migliorarli, dovrebbero farsi sentire tassi sul debito forse più bassi del previsto. È in questa cristalleria cinese
che atterra come un meteorite il pacchetto di dieci miliardi di sgravi e porta il deficit alla soglia oltre la quale c’è una
«procedura», cioè una tutela asfissiante di Bruxelles. Un’operazione del genere ieri in consiglio dei ministri poteva
solo essere messa in cantiere, non deliberata, perché adesso in Italia e in Europa agiscono i nuo- vi vincoli legali. Su
questo punto Padoan difronte aRenzi ieri è stato fermo fino infondo e il premier ha dovuto rinunciare a stringere i
tempi come avrebbevoluto. Ivincoli legali sono quelli decisi all’apice della crisi per cercare di rassicurare gli
investitori sul fatto che il debito pubblico sarà ripagato. In Italia, in Francia o nella stessa Germania oggi i governi
non possono più semplicemente decidere che il deficit sarà più alto di come avevano detto. Devomi prima motivare
il cambio di rotta e far approvare i nuovi obiettivi in parlamento. E a Bruxelles, entro il prossimo mese, Padoan
dovrà anche «consultare » la Commissione europea sui nuovi obiettivi di disavanzo rivisti al rialzo. Le regole sono
talmente nuove che non è chiaro come la Commissione reagirà. Può far notare che così calerà l’avanzo di bilancio
prima di pagare gli interessi, quindi il debito è destinato a salire per l’ottavo anno di seguito avvicinandosi al134%. È
unapreoccupazione più viva che a Bruxelles e fra gli osservatori internazionali: Ashoka Mody di Princeton, ex vice
capoeconomìsta dell’Fmi, ex numero due del dipartimento europeo del Fondo, sostiene pubblicamente che l’Italia
non è più in grado di sostenere il suo debito, non ha una strategia p er riuscirci e dovrebbe ristrutturare i termini di
rimborso dei titoli di Stato perché l’onere ormai è insopportabile. Quando Padoan busserà a Bruxelles, la
Commissione potrebbe dunque cercare di dissuaderlo dall’aumentare il deficit. potrebbe anche cercare di imporre
un veto di fatto. Non è detto però che succeda, anche perché l’interamacchinapolitica comunitaria è ormai a fine
mandato. 011i Rehn, commissario agli Affari monetari, è sempre più concentrato sulla campagna elettorale perii
parlamento europeo al quale è candidato fra i liberai- democratici. È per questo che il passaggio da Berlino della
prossima settimana, con ilvertice italo-tedesco, diventa così importante. La reazione di Angela Merkel e del suo
ministro finanziario Wolfgang Schaeuble, in pieno «semestre bianco» di Bruxelles, influenzerà l’intero sistema
europeo ancora più del solito. Renzi ha bisogno di convincere la cancelliera che tagliareletasseindeficit oggiper11tana è giusto, perché serve a preparare il prossimo treno di riforme sul lavoro e sulla burocrazia. Dovrà convincere
che l’insieme delle sue riforme è coerente e morde dove serve. In questo il premier ha bisogno di Padoan, ma non
sarà facile: già con i governi di Letta e Monti, anche con lo spread in discesa, la cancelliera si è dimostrata sempre
molto rigida sulle regole di bilancio. Ma senza un via libera di Berlino, far salire il deficit pur di tagliare le tasse ai
redditi bassi rischia di diventare un vero e proprio gesto di sfida politica: esattamente ciò che Padoan vuole evitare
in tutti i modi. Il ministro dell’Economia sa bene però che i suoi problemi non finiscono qua. Con il disavanzo al
limite fin dall’inizio dell’anno, l’Italia nei prossimi mesi può finire fuori rotta sulla finanza pubblica alla minima
sorpresa negativa. Sulla convivenza fra Renzi e Padoan, appena iniziata, già si stende l’ombra di una manovra
correttiva d’estate.
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Decisivo l’incontro di lunedì prossimo con la Merkel, il ruolo del ministro dell’Economia
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Giù l’Irap del 10 per cento
colpite le rendite finanziarie
Entro luglio pagati 68 miliardi alle aziende
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ROMA - Una pioggia di denari promessi alle imprese. A partire dalla sorpresa Irap, data per sacrificata alla vigilia
del Consiglio dei ministri in favore dell’Irpef. E che invece verrà tagliata del 10%, circa 2,4 miliardi in meno,
rastrellati da una stangata sulle rendite finanziarie (ma «non si toccano i Bot») la cui aliquota sale dal 20 al 26%, . Il
premier Renzi dunque spariglia e decide di non scontentare troppo il mondo imprenditoriale, piuttosto inquieto già
nelle ultime settimane del governo Letta. Scegliendo nello stesso tempo una copertura che non dispiace a sinistra.
No comment di Confindustria, ieri sera. Ma non c’è dubbio che la promessa di Renzi - accanto alla inattesa
sforbiciata Irap - di saldare 68 miliardi di arretrati della Pubblica amministrazione entro luglio (anche grazie al nuovo
ruolo della Cassa depositi come prestatore di ultima istanza) è assai clamorosa. Cifra poco credibile però per il
ministero dell’Economia (in conferenza stampa il ministro Padoan non ha lesinato dubbi), visto che la stima da cui
è tratta - un’analisi campionaria di Bankitalia condotta solo sul lato dei fornitori - viene reputata inviaXXSettembre
eccessiva. Dunque l’aliquota che tassa plusvalenze, dividendi e interessiprodottidaazioni, obbligazioni,
partecipazioni, pronti contro termine, contratti future e swap, ma anche dai popolari conti di deposito sale al 26%.
Per molti di questi prodotti (il risparmio a breve) è quasi un ritorno all’estate de12011 quando Tremonti abbassò
quell’aliquota dal 27 al 20%, portando però sempre al 20% il risparmio a lungo termine, fino a quel punto tassato al
12,5%. E creando così un doppio binario: titoli di Stato al 12,5% e tutto il resto a120. Ora si passa al 26%.
Lasciando però i Bot al 12,5 e i fondi pensioni e tutto il risparmio previdenziale all’ 11. Una decisione di «buon
senso» per Renzi, visto che «se hai 100 euro di azioni pagherai 26 euro di tasse anziché 20», consentendo di limare
I’Irap di 2,4 miliardi. Anzi «sarebbero 2,6 miliardi, ma 200 milioni sono da mettere in conto come disinvestimenti ».
Tradotto: risparmio che vola all’estero. L’operazione sul cuneo fiscale arriva così a 12,4 miliardi totali: 10 miliardi
sull’Irpef, il resto sull’Irap. «Molti imprenditori mi hanno detto che faccio bene a mettere più soldi in tasca alle
famiglie», rivelava ieri Renzi. Ma un segnale sull’Irap è comunque arrivato. E comporterà, calcolala Cgia di Mestre,
un risparmio medio di 792 euro all’anno per azienda. Oltre ad Irap e deb iti Pa, il pacchetto di misure perle imprese
è ampio. Intanto c’è il taglio da 1,4-1,5 miliardi della bolletta energetica per le Prni, i110% circa di questavoce di
spesa che vale circa 14 miliardi. «Avverrà entro maggio, anche solo con decreti ministeriali, dopo una consultazione
con 1’Authority dell’energia e le parti interessate, perché qui si tratta di intervenire sugli oneri di sistema», ha
spiegato il ministro per lo Sviluppo Economico Federica Guidi. Dunque asciugare gli incentivi alle rinnovabili, ma
anche alle aziende energivore e “interrompibili” (pagano meno se non c’è capacità produttiva). Guidi ha poi
ricordato che entro i131 marzo parte la legge Sabatini, predisposta da Letta (incentivi per acquisto di macchinari). E
poi «vareremo anche i minibond », ha aggiunto Guidi. Tra le altre misure, il governo rifinanzia con 500 milioni il
fondo di garanzia perii credito .Altri 500 milioni vengono messi, dal primo giugno, in un fondo per le imprese
sociali del terzo settore. Il credito di imposta per giovani ricercatori raddoppia: 600 milioni in tre anni, «per creare
100 mila posti entro i12018», si augura Renzi (se ne o ccup eraDelrio). Da116 maggio le imprese pagheranno un
miliardo in meno di premi Inail. «Il decreto attuativo è in arrivo», ha detto Renzi (mala misura era di Letta). Mentre i
5 miliardi tra piano scuola e disse-. sto idrogeologicovalgono da stimolo all’edilizia e alle imprese che si occupano di
recupero del territorio. Infine, nei prossimi mesi il governo si impegna a far partire un processo di «fatturazione
elettronica», così da evitare per il futuro accumuli di debiti conia Pa, ora di dimensioni cosmiche e a rischio
infrazione Ue.
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Auto blu vendesi,
tetto alle paghe dei manager
I tagli di Cottarelli alle spese. “Contributo dalle pensioni alte per assumere giovani”
ROMA - Contributo di solidarietà a carico dellepensioni sopra i 2.500 euro, taglio agli stipendi dei dirigenti pubblici
che non dovranno guadagnareinnessuncaso più del Presidente della Repubblica (239mila euro), sinergie fra i cinque
corpi di polizia, eliminazione delle società partecipate dallo Stato che non svolgono servizi essenziali, riduzione al
minimo delle auto blu (non più di cinque per dicastero), decimazione delle centrali d’appalto con l’obiettivo di
arrivare a un centro amministrativo unificato, interventi sulla sanità, sugli immobili, sui sussidi alle imprese, perfino
sugli organi costituzionali come il Cnel e sulle sedi regionali Rai. Il tutto per avviare finalmente la spending review e
tanto per cominciare riuscire nell’impresa di ridurre entro il 20141a spesa di 3 miliardi da utilizzare come copertura
dei provvedimenti approvati ieri nel Consiglio dei ministri. È diventata una corsa contro il tempo quella di Carlo
Cotta - relli. «Restano nove mesi ma se verranno emessi senza indugi i provvedimenti legislativi, anche dagli enti
locali, ce la possiamo fare», ha scandito ieri il commissario in audizione alla commissione Bilancio del Senato. I tagli
saranno poi di 18 miliardi nel 2015 e 36 nel 2016, quando si trarrà beneficio dalle correzioni strutturali e quindi in
grado di dispiegare i loro effetti nel futuro. Insomma, si sarà avviato un circuito virtuoso di buona amministrazione
e lotta agli sprechi. I dettagli del piano Cottarelli saranno pubblici fra 15 giorni, insieme al Def. Per orail
commissario lihapresentati al Comitato interministeriale. Per la verità, sui tagli per quest’ anno si è subito innescato
un piccolo giallo. Renzi ha continuato per tutto il giorno a parlare di 7 miliardi, ha quindi avuto un chiarimento con
Cottarelli e il risultato dovrebbe essere questo: sarebbero stati 7 miliardi se si fosse partiti da inizio d’anno con i
provvedimenti che erano stati indicati a fine 2013, ora saranno 3 effettivi che potrebbero arrivare fino a 5 in caso di
particolare determinazione (e fortuna). «Giustamente il commissario ha indicato una cifra prudente », ha
puntualizzato il premier. Il problema è passare alla fase operativa. Se per una minima parte delle misure il consenso
è assicurato, dal risparmio del 3% sulle forniture alla Pubblica amministrazione alla «svendita di auto quasi nuove di
colore blu», come le ha chiamate Renzi, per il grosso delle misure già si sono scatenate potenti spinte corporative. E
né Renzi né Cottarelli ne nascondono il potenziale contenuto destabilizzante. L’Usigrai, e anche esponenti del Pd, si
sono scagliati contro il taglio delle sedi regionali Rai («molti servizi possono essere efficacemente coperti dalla
redazione nazionale», ha detto al Senato il commissario) . Intere categorie di piccoli industriali come i trasportatori
hanno fatto capire di essere pronti a scendere in guerra contro il taglio dei sussidi (si parla di 6 miliardi a regime). Il
sindacato di polizia, che ha in calendario un incontro il 25 con il ministro dell’Interno Angelino Alfano, ha espresso
la sua perplessità sul pacchetto di misure che riguarda le forze dell’ordine, anticipato dal piano del Viminale per il
taglio di quasi 300 uffici di polizia: dai presidi minori della Stradale fino alla Scuola per i servizi a cavallo di Foresta
Burgos (Sassari). Il piano Cottarelli va oltre e parla dí razionalizzazioni combinate con la rete delle 4.608 stazioni dei
carabinieri: e il comandante generale Leonardo Gallitelli ha già espresso la sua contrarietà. Gli stipendi dei dirigenti
non dovranno essere superiori a quello del capo dello Stato
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Proposta l’abolizione del Cnel e la chiusura di alcune sedi regionali Rai
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“Crede di essere Mandrake
ma il risveglio sarà amaro”
Brunetta: Matteo non ha copertura economica né politica
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ROMA - Renato Brunetta boccia su tutta la linea i provvedimenti economici annunciati dal premier Matteo Renzi.
Coperture incerte, finanza creativa e violazione delle regole europee, afferma il capogruppo alla Camera di Forza
Italia. Che poi si chiede: «Se sull’Italicumil governo è passato per 20-40 voti pur con il nostro sostegno, su queste misure Renzi come
pensa farcela senza i nostri voti? Gli ricordo che noi siamo all’opposizione».
Onorevole Brunetta, cosa pensa delle riforme presentate da Renzi al termine del Consiglio dei ministri?
«È stata una conferenza stampa imbarazzante, senza un provvedimento, senza un decreto o un testo. Ci sono solo qualche slide e
qualche figurina. Anche i numeri sono pochissimi e quelli citati a una primaverifica non sembrano nemmeno esatti. Molte cose sono
derivanti da provvedimenti già in essere, come le auto blu, conditi da elementi fantasio - si, come l’asta: ma chi se le compra? E anche se
le vendi vecchie e usate come sono ti portano poche decine di migliaia di euro. Renzi prende strumenti già approvati dai governi precedenti,
li mischia a invenzioni inverosimili e con la bacchetta magicali rende certi e in tempi brevissimi senza dirci come. Chi è, Mandrake? Mi
sembra un approccio di tipo elettoralistico per le europee del 25 maggio che rischia di far sballare conti italiani. tun libretto dei sogni da
dilettanti allo sbaraglio, altro che finanza creativa».
Voi di finanza creativa ve ne intendete dopo gli anni di Tremonti.
«Ma viva Tremonti che sulla finanza creativa rispetto a Renzi era un principiante. Il premier lo ha superato mille volte con uno scenario
immaginifico che non tiene conto della realtà. Dov’è il Ragioniere generale dello Stato Daniele Franco? E Padoan? In conferenza
stampa non ha parlato delle coperture ma di tutt’altro, evidentemente imbarazzato ».
Dove vede i buchi nelle coperture?
«Da un lato abbiamo un mancato gettito conl’abbattimento di 10 miliardi di Irpef, dall’altro abbiamo misure aléatorie e incerte
provenienti da vari fonti oltretutto legalmente improbabili».
Ad esempio?
«Innanzitutto non si può portare il deficit dal 2,6 al 3% mentre la spending review è incerta perché non ci sono ancora i provvedimenti.
Renzi non tiene conto dalle regole europee che andranno anche cambiate, ma che al momento non possono essere ignorate pena
l’immediata reazione della Commissione Ue el’inevitabile risposta dei mercati. Il deficit può anche essere aumentato, ma per effetto di
eventi imprevedibili, non deliberatamente con uno specifico provvedimento di legge. Unica accortezza positiva, il fatto che Renzi abbia
parlato a borse chiuse».
Ma come, voi che da 20 anni volete abbassare le tasse ora vi lamentate?
«Giusto mettere in busta paga dei ceti meno abbienti 80 euro al mese, è una misura che aiuterà la ripresa, ma perché limitarci a così
poco? Vista la totale assenza di “vere” coperture, nei sogni l’asticella può essere spostata verso l’alto. Dormiremmo meglio fino
all’inevitabile amaro risveglio».
È favorevole all’incremento delle rendite finanziarie?
«Dovrebbe dare un gettito di 800 milioni, non di 2,6 miliardi come detto da Renzi che prevede impatti mirabolanti e tempistiche
miracolose. Come il gettito Iva sui pagamenti della Pa: a parte che i pagamenti vanno a rilento nonostante la buona volontà di Letta e
Saccomanni, a suo tempo ci era stato detto che il gettito Iva proveniente dallo sblocco dei pagamenti non poteva essere usato per coprire il
taglio dell’Imu perché incerto. Ora invece si può?».
Cosa dice del Jobs Act?
«Apprendiamo che non è altro che una delega, quindi almeno un anno per l’entrata in vigore. Ma chi sta prendendo in giro?».
La Fiba-Cisl
Vi augura di trascorrere
una giornata felice
Arrivederci a
domani, 14 Marzo
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Rassegna Stampa del giorno 13 Marzo 2014
Comunicato di informazione a cura della Federazione Italiana Bancari e Assicurativi
Tribunale di Roma - Registro della stampa n. 73/2007
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