ORCHESTRA DELLA SOCIETÀ FILARMONIA CORO DEL FRIULI VENEZIA GIULIA LA CENERENTOLA o sia La bontà in trionfo DRAMMA GIOCOSO IN DUE ATTI LIBRETTO DI JACOPO FERRETTI Musica di GIOACCHINO ROSSINI Circuito 2008 Presenta Francesca Fransoni Si ringrazia per la gentile collaborazione il tenore Beniamino Prior LA CENERENTOLA Non ci sono fate né incantesimi in questa Cenerentola, niente topi, zucche o fughe di mezzanotte. Nella scombinata famiglia della protagonista troviamo un patrigno al posto della matrigna e due pessime sorelle che nonostante le loro malefatte vengono perdonate nel finale. Molto meglio di altre cruente versioni in cui le due bisbetiche vengono accecate da colombe sadiche, costrette tra dolori infernali a smozzicarsi i piedi per farli entrare in una scarpetta, purgate o bollite e offerte in pasto alla matrigna. C’è un gioco serrato di apparenze e metamorfosi, se il principe si traveste da cameriere, il cameriere da principe e il filosofo tutore del re ha le sembianze di un mendicante, secondo uno scambio di abiti e ruoli che porta, nello svelamento finale, al colpo di scena; la sorpresa, lo stupore, la meraviglia, sono tutti elementi forti del linguaggio rossiniano. Uno «smaniglio», cioè un bracciale, prende il posto della famosa scarpetta di cristallo che la protagonista affida al principe per essere ritrovata dopo il ballo. E pare che la variante del braccialetto sia poi stata dettata anche da ragioni di censura, dal momento che nei teatri romani era proibito alle donne mostrare piedi e polpacci in scena. Cenerentola, secondo l’estetica larmoyante di fine diciottesimo secolo, trionfa per la sua virtù: non si lascia abbagliare dallo sfarzo e segue il cuore nelle sue scelte. La sua trasformazione da sottomessa fanciulla coperta di cenci a donna trionfante e regale - il mutamento è sottolineato dalla musica che va dalla malinconica canzone iniziale «Una volta c’era un re» alla superba e brillante aria finale «Non più mesta» - è merito non di un qualsivoglia fortunato intervento della fatina, ma della sincera bontà della protagonista e della sua dolce timidezza che incantano il cuore del principe. Rossini, contrariamente alla totalità giocosa dei personaggi del Barbiere di Siviglia, rimane qui legato al nucleo sentimentale delle prime farse. Seri sono Cenerentola e Don Ramiro; Don Magnifico, Clorinda, Tisbe e Dandini sono prelevati direttamente dal mondo dell’opera buffa, mentre la figura di Alidoro è quella del basso saggio, un deus ex machina che muove gli eventi. Il soggetto fu tratto non solo dalla celebre fiaba di Charles Perrault Cendrillon ou La petite pantoufle de verre poi ripresa dai LA CENERENTOLA fratelli Grimm, ma anche da due libretti d’opera: Cendrillon di Charles Guillaume Etienne per Nicolò Isouard (1810) e Agatina, o la virtù premiata di Francesco Fiorini per Stefano Pavesi (1814). L’archetipo delle tre sorelle di cui una è perseguitata poiché diversa, rimanda anche al King Lear di Shakespeare (Cordelia incarna il tipo di fanciulla virtuosa perseguitata) ma la storia è in realtà dominio di molte antiche narrazioni e in Italia ne fu precursore il racconto di Basile La gatta cenerentola. È lo stesso librettista Jacopo Ferretti nelle sue Memorie a descrivere le circostanze in cui nacque l’idea di musicare l’opera: nella difficile notte del 23 dicembre 1816, Rossini si trovò in tutta fretta a scegliere insieme al librettista e all’impresario Cartoni, un nuovo argomento da rappresentare al Teatro Valle di Roma, dopo che la censura pontificia aveva bocciato la prevista Ninetta alla corte. Un’infinità di titoli venne vagliata in questa lunga ed estenuante veglia, fino a che la scelta non cadde su Cendrillon. L’opera avrebbe dovuto chiamarsi poi Angiolina, ossia la bontà in trionfo, ma anche qui la censura la fece da padrona: il nome Angiolina coincideva con quello di una popolana romana che si era all’epoca resa nota per i suoi comportamenti licenziosi. E così si optò per La Cenerentola, o sia La bontà in trionfo. «Miei fratelli!» scriveva Ferretti nell’avvertenza in prefazione al libretto «Conosco la mediocrità de’miei versi non ritornati sull’incude: ma ho la fortuna di consegnarli al moderno Prometeo dell’armonia, che saprà scaldarli con la favilla del sole». Il «novello Prometeo», dotato di grande facilità di scrittura, ci mise solo ventiquattro giorni a preparare la musica - terminando a due giorni dalla prima rappresentazione - mentre il testo fu pronto in ventidue giorni. Le arie meno importanti e i recitativi secchi furono composti da Luca Agolini, assistente del maestro. A Roma le opere erano spesso scritte in tempi record ma Rossini era spinto anche da una forte ansia di affermazione. Gli impresari esigevano da lui un titolo dopo l’altro: la sua prodigiosa capacità di lavoro lo porterà a produrre venti opere solo tra la fine del 1815 e l’inizio del 1823. Con La Cenerentola il pesarese chiude la grande stagione dell’opera buffa, nella piena consapevolezza che quello del dramma giocoso era un settore in via di LA CENERENTOLA esaurimento. All’epoca Rossini aveva solo venticinque anni e un temperamento vulcanico ereditato forse dal padre (il cui soprannome, “Vivazza”, è sufficientemente esplicativo). Si narra che la sua scatenata verve lo portasse anche a comporre seduto ai tavoli delle taverne, circondato da amici che festeggiavano e bevevano, come accadde per esempio quando scrisse l’aria «Nacqui all’affanno e al pianto». Gli anni della depressione vissuta in tragica solitudine, nonostante fosse acclamato come il più grande operista vivente, erano fortunatamente ancora di là da venire. I successi veneziani del 1813 - Tancredi e L’Italiana in Algeri - e quelli napoletani inaugurati nel 1815 da Elisabetta, regina d’Inghilterra con protagonista Isabella Colbran, sua futura moglie, lo avevano già reso un compositore conosciuto e stimato. Barbaja aveva lanciato nel mondo la sua fama e Rossini era già monumento di se stesso. La prima de La Cenerentola ebbe dunque luogo il 25 gennaio 1817 al Teatro Valle di Roma, dove il Nostro già aveva rappresentato la sua prima opera Demetrio e Polibio, e Torvaldo e Dorliska nel 1815. Il ruolo della protagonista fu affidato al contralto Geltrude Righetti Giorgi, già prima interprete di Rosina nel Barbiere di Siviglia (in seguito, la parte fu affrontata da altre straordinarie prime donne come Adelaide Borghi Mamo e Barbara Marchisio. Il ruolo fu anche della stimatissima Marietta Alboni, definita scherzosamente da Rossini «l’ultimo dei castrati», donna dalla voce corposa e robusta quanto la sua taglia - «un elefante che ha ingoiato un usignolo» la si definì impietosamente). Primo Don Ramiro fu il tenore Giacomo Guglielmi, niente meno che il figlio del compositore Pietro Alessandro Guglielmi. Per il debutto Jacopo Ferretti nelle sue memorie parla di «fiasco», soprattutto perché non ci furono applausi durante la rappresentazione. A parte il largo del sestetto, il rondò finale e poco altro, il resto passò inosservato. Forse per l’allestimento frettoloso o per il conseguente nervosismo degli interpreti, l’accoglienza dei cantanti da parte del pubblico fu tiepida. La fretta, del resto, era stata tale da costringere Rossini a usare l’autoimprestito, riciclando la sinfonia composta l’anno prima per La Gazzetta e, come finale, il rondò del conte d’Almaviva nel Barbiere di Siviglia «Cessa, di più LA CENERENTOLA resistere», diventato ne La Cenerentola il celeberrimo ed effervescente «Non più mesta» della protagonista. Ma Rossini, memore della temporanea caduta del Barbiere di Siviglia e conscio del valore de La Cenerentola, così si rivolgeva a Ferretti, ancora stordito per il fiasco: «Sciocco! Non si termina il carnevale senza che tutti se ne innamorino: non passerà un anno che sarà cantata dal Lilibeo alla Dora e tra due anni piacerà in Francia e farà meravigliare l’Inghilterra. Se la disputeranno gli impresari e più ancora le prime donne». E così fu. La capitale che l’aveva disapprovata, dopo poche recite l’applaudì fino a consacrarla come uno dei maggiori successi del maestro mentre era ancora in vita. L’opera infatti divenne popolarissima, anche in virtù del suo avvincente soggetto, e fu ripresa in Italia e all’estero; il suo trionfo eclissò addirittura quello del Barbiere. Fu solo a Stendhal che l’opera non piacque: «Malgrado la bravura degli interpreti e l’entusiasmo del pubblico, condizioni essenziali al piacere musicale, la Cenerentola non mi ha dato alcun piacere» scriveva nella sua celebre biografia di Rossini. «Il primo giorno credetti di essere malato, ma fui costretto a riconoscere, nel corso delle successive rappresentazioni che mi lasciavano sempre freddo e indifferente in mezzo ad un pubblico in delirio, che il mio malessere era un fatto del tutto personale. La musica della Cenerentola mi sembra mancare del bello ideale». Questo perché, secondo Stendhal, l’opera sarebbe stata pervasa dalla vanità: tale era la gioia di recarsi al ballo in abito elegante oppure l’essere nominato maggiordomo da un principe. Stendhal era semplicemente stanco di vedere rappresentata sulle scene una passione che lui riteneva estremamente volgare. Questa nota contraria fu comunque mitigata dai giudizi positivi che lo stesso dette ad alcune singole arie e duetti, e dall’elogio che fece all’interpretazione triestina di Giuditta Pasta. Il pubblico di Trieste, entusiasta dell’opera, richiese addirittura cento repliche (ne erano previste originariamente «solo» trenta). Dopo un periodo di declino coincidente con il verismo, durante il quale l’opera rischiò persino di uscire di repertorio, La Cenerentola è tornata trionfalmente sulle scene, anche grazie al lavoro di Alberto Zedda che verso la fine degli anni Sessanta ne LA CENERENTOLA ha curato l’edizione critica. È con questa edizione che, ad esempio, è stata recuperata l’aria virtuosistica di Alidoro «Là del ciel nell’arcano profondo», a lungo rimasta sconosciuta e al tempo scritta da Rossini per l’ottimo basso Gioacchino Moncada. Quanto alla scrittura rossiniana, proprio il virtuosismo si manifesta qui come frequente chiave d’espressione dei personaggi: basti pensare agli interventi della protagonista nel finale primo «Parlare pensar vorrei», oppure all’aria di Dandini «Come un’ape ne’ giorni d’aprile». Cenerentola/Angelina canta su un’estensione di più di due ottave ed è scrigno inesauribile di figure acrobatiche, arpeggiati, volate che obbligano l’interprete ad avere ottima tecnica per eseguire in maniera nitida e sgranata tutte le agilità. Ritroviamo questo tipo di scrittura anche nel personaggio di Alidoro al momento di mostrarsi in tutta l’autorevolezza del suo ruolo. L’ornamentazione vocale, estremamente fitta, non è più un complesso di elementi che si aggiungono ad una struttura preesistente ed autonoma, ma piuttosto una componenente costitutiva della struttura stessa; le fioriture sono parte integrante del tessuto melodico. Rossini scrive per esteso tutte le colorature, che sono in fondo un po’ specchio e biografia dei cantanti per cui sono state scritte. La sua musica travolge la parola che è ora ritmata e scandita, ripetuta e comprensibile, ora suono onomatopeico, privo di senso e completamente sfigurato. Celebre il sestetto dell’atto secondo, «Questo è un nodo avviluppato», in cui le erre vengono digrignate, pressate, fatte rimbalzare in una danza surreale. I vorticosi scioglilingua applicati al canto creano velocità e oltrepassano il ritmo della parola; il vocabolo viene reso incomprensibile dalle sovrapposizioni dei concertati in cui ciascuno parla per sé e nessuno capisce nulla: è il caos dei rapporti umani. Con questo linguaggio Rossini si ferma alle soglie del Romanticismo: all’ombra della sua produzione cresceranno poi tutti i più grandi operisti, Pacini, Donizetti, Mercadante, Bellini e lo stesso Verdi. Che proprio da lui mossero i primi passi. CRISTINA SCUDERI LA CENERENTOLA LA TRAMA Atto primo In un salone del decadente castello di don Magnifico. Clorinda e Tisbe, figlie di don Magnifico e sorelle, si pavoneggiano davanti allo specchio vantandosi e glorificandosi. Angelina, figliastra di don Magnifico, canta una malinconica canzone (Una volta c’era un re), quasi presaga dello strano futuro destino che sta per vivere. Le due sorelle la rimbrottano, ma subito entra Alidoro, precettore del principe don Ramiro, mascherato da mendicante, per spiare le tre sorelle. Chiede un po’ d’elemosina, ma viene insultato dalle due sorellastre: Angelina di nascosto gli dà del caffè, ed Alidoro la ringrazia. Egli tiene d’occhio le tre per segnalare al principe i comportamenti delle tre: infatti il principe cerca moglie. Dopo essere stato curato da Angelina, e maltrattato da Clorinda e Tisbe, Alidoro se ne va, mentre alcuni cavalieri segnalano l’arrivo imminente del principe. Don Magnifico entra in scena, svegliato dalle figlie (Miei rampolli femminini), che lo avvertono dell’arrivo del principe: il padre raccomanda alle due figliole di comportarsi e vestirsi bene. Subito dopo entra don Ramiro, in vesti di paggio. Egli infatti ha scambiato le sue vesti con quelle del servo Dandini per spiare il comportamento delle sorelle. Cenerentola lo nota, e tra i due giovani scoppia l’amore (Un soave non so che). Subito dopo entra Dandini (Come un’ape nei giorni d’aprile), seguito dalla famiglia. Né don Magnifico, né le tre sorelle si sono accorte dello scambio di persona. Il cameriere vezzeggia le sorellastre, che elogiano il mascherato Dandini. Angelina chiede al patrigno se può venire alla festa, dato che tutti vi stanno andando. Ma don Magnifico la caccia sdegnatamente. Alidoro, vedendola, decide di aiutarla (Là del ciel nell’Arcano profondo). Intanto, nel palazzo, Ramiro e Dandini discutono sulle figlie del barone, e decidono di metterle alla prova: Dandini afferma che la ragazza scelta sarà sua sposa, mentre l’altra andrà a Ramiro. Le ragazze, sdegnate, rifiutano i vezzeggiamenti del principe mascherato: improvvisamente giunge una strana ragazza vestita splendidamente. Ella è Angelina, velata, venuta lì per partecipare al ballo. Tisbe e Clorinda notano una certa somiglianza con la sorella. Anche il padre se ne accorge, ma le loro idee vengono smentite. Dandini invita tutti a tavola, ma l’atmosfera è strana: tutti hanno paura che il proprio sogno svanisca (...ho paura che il mio sogno vada in fumo a dileguar!). Atto secondo Don Magnifico riconosce nella misteriosa dama velata Cenerentola, tuttavia è sicuro che il principe sceglierà o Clorinda o Tisbe, e svela alle figlie che, appropriandosi del patrimonio di Angelina, l’ha sperperato per permettere alle due di vivere nel lusso. Intanto Cenerentola, infastidita da Dandini che cerca di sedurla, rivela di essere innamorata del paggio. Ramiro è fuori di sé dalla gioia, ma Angelina gli dà un braccialetto, e gli dice che, se vuole amarla, dovrà cercarla e ridarglielo; Ramiro, dopo la fuga di Cenerentola, annuncia che la ritroverà (Si, ritrovarla io giuro). Intanto, Dandini rivela a don Magnifico di essere in realtà il cameriere del re (Un segreto d’importanza), scatenando l’ira e l’indignazione del barone. Il barone si adira e torna a casa. Intanto Cenerentola, a casa, ricorda il magico momento vissuto alla festa, e ammira il braccialetto. Arrivano don Magnifico e le sorellastre, irate per la rivelazione di Dandini. Subito dopo si scatena un temporale, e la carrozza del principe (merito del maltempo, e di Alidoro) si rompe davanti alla casa. Ramiro e Dandini entrano, e chiedono ospitalità. Don Magnifico, che pensa ancora di far sposare una delle figlie al principe, ordina a Cenerentola di avvicinarli la sedia regale, e Angelina la dà a Dandini, non sapendo che non è lui il principe. Il barone le indica Ramiro, e i due giovani si riconoscono (Siete voi...questo è un nodo avviluppato). I parenti, irati, minacciano Cenerentola (Donna sciocca! Alma di fango!). Ramiro e Dandini la difendono, annunciando vendetta e terribili punizioni sulla famiglia. Cenerentola allora invoca la pietà del principe, ormai suo sposo, e dice che la sua vendetta sarà il loro perdono. Arriva Alidoro, contento della sorte di Angelina. Clorinda s’indispettisce alle parole del vecchio, ma Tisbe preferisce accettare la sorella come principessa. Alla fine dell’opera, Cenerentola, salita al trono, concede il perdono alle due sorellastre e al patrigno (Nacqui all’affanno), che, commossi, la abbracciano. LA CENERENTOLA THE PLOT Act one Late eighteenth or early nineteenth century. In the run-down mansion of Don Magnifico, Baron of Montefiascone, his two daughters, Clorinda and Tisbe, try on finery while Cenerentola (Cinderella), his stepdaughter, whose given name is Angelina and who serves as the family maid, sings a forlorn ditty about a king who found a wife among the common folk. When a beggar appears, the stepsisters want to send him away, but Cenerentola offers him bread and coffee. While he stands by the door, several courtiers arrive to announce that Prince Ramiro will soon pay a visit: he is looking for the most beautiful girl in the land to be his bride. The sisters order Cenerentola to fetch them more jewels. Magnifico, awakened by the commotion, comes to investigate, scolding the girls for interrupting his dream of a donkey that sprouted wings. When he learns of the prince's visit, he exhorts the girls to save the family fortunes by capturing the young man's fancy. All retire to their rooms, and Prince Ramiro - disguised as his own valet - arrives alone, so as to see the women of the household without their knowing who he is. Cenerentola is startled by the handsome stranger, and each admires the other. Asked who she is, Cenerentola gives a flustered explanation about her mother's death and her own servile position, then excuses herself to respond to her stepsisters' call. When Magnifico enters, Ramiro says the prince will be along shortly. Magnifico fetches Clorinda and Tisbe, and they greet Dandini - the prince's valet, disguised as the prince himself - playing his role to the hilt as he searches for the fairest in the realm. The sisters fawn over Dandini, who invites them to a ball. Don Magnifico also prepares to leave, arguing with Cenerentola, who does not want to be left behind. Ramiro notes how badly Cenerentola is treated. His tutor, Alidoro, still dressed as the beggar who came earlier, reads from a census list and asks for the third daughter of the household. Magnifico denies she is still alive. Once Dandini has left with Magnifico, Alidoro tells Cenerentola she is to accompany him to the ball. Casting off his rags, he identifies himself as a member of the court and assures the girl that heaven will reward her purity of heart. Dandini, still posing as the prince, escorts the two sisters into the royal country house and offers Magnifico a tour of the wine cellar, hoping to get him drunk. Dandini disentangles himself from the sisters and says he will see them later. In a drawing room of the palace, Magnifico is hailed as the prince's new wine counselor. No one, he decrees, shall mix a drop of water with any wine for the next fifteen years. Looking forward to the feast, he and his attendants leave. Dandini reports to the prince with his negative opinion of the two sisters. This confuses Ramiro, who has heard Alidoro speak well of one of Magnifico's daughters. Clorinda and Tisbe rejoin Dandini; when he offers Ramiro as an escort for one of them, they turn their noses up at a mere groom. Alidoro announces the arrival of an unknown, veiled lady. Ramiro recognizes something in her voice. When she lifts her veil, he and Dandini, as well as the sisters, sense something familiar about her appearance. Their confusion is shared by Magnifico, who comes to announce supper and notices the newcomer's resemblance to Cenerentola. All feel they are in a dream but on the verge of being awakened by some rude shock. Act two In a room of the palace, Magnifico stews over this new threat to his daughters' eligibility, telling them not to forget his importance when either of them ascends the throne. He leaves with the girls, whereupon Ramiro wanders in, smitten with the newly arrived guest because of her resemblance to the girl he met that morning. He conceals himself as Dandini arrives with the magnificently attired Cenerentola, courting her. She politely declines, saying she is in love with someone else - his groom. At this the delighted Ramiro steps forth. To test his sincerity, she gives him one of a pair of matching bracelets, saying that if he really cares for her, he will find her. After she leaves, Ramiro, with Alidoro's encouragement, calls his men together, so that the search can begin. Once again the prince's valet, Dandini, faces Magnifico, who still believes he is the prince and insists he decide which daughter to marry. Dandini confesses he is a valet. When Magnifico turns indignant, Dandini orders him out of the palace. At Magnifico's house, Cenerentola once more in rags, tends the fire and sings her ballad. Magnifico and the sisters return, all in a vile mood, and order Cenerentola to prepare supper. She obeys, as a thunderstorm rages. Dandini appears at the door, saying the prince's carriage has overturned outside. Cenerentola, bringing a chair for the prince, realizes he is Ramiro; he in turn recognizes her bracelet. Confusion reigns as Magnifico and his daughters smart from their defeat; angered by such meanness, Ramiro threatens them, but Cenerentola asks him to show mercy. Her family still against her, Cenerentola leaves with the prince, while Alidoro gives thanks to heaven for this happy outcome. In the throne room of Ramiro's palace, Magnifico curries favor with the newly created princess, but she asks only to be acknowledged at last as his daughter. Secure in her happiness, she asks the prince to forgive Magnifico and the two stepsisters; born to misfortune, she has seen her fortunes change. Chastened, her father and stepsisters embrace her as she declares that her days of sitting by the fire are over. LA SCENOGRAFIA PER “LA CENERENTOLA” DI ROSSINI Le scene dipinte per “La Cenerentola” di Rossini attingono ad un’epoca in particolare - quella barocca - ricca di spunti architettonici ed iconografici che sottolineano il “meraviglioso”, la fuga prospettica, la sorpresa improvvisa e che riprendono il gusto tardo-rinascimentale del gioco illusionistico. La dimora dei Montefiascone conserva i segni di un importante passato medievale che non c’è più, sul quale si sovrappongono elementi cinquecenteschi e seicenteschi: un grande caminetto, corredato dallo stemma del casato, appare al centro della scena, per nulla concepito a dimensione umana, addirittura monumentale nei confronti di Cenerentola. Il caminetto è ornato ai lati - simmetricamente - da due grandi ante che costituiscono la quadreria di famiglia, rappresentando quasi una sorta di laico “Fluegelaltar”. Il messaggio offerto dalle iconografie dei grandi “teleri” è significativo, in quanto le arti della dissimulazione e del mascheramento d’epoca barocca - che nella vicenda si risolvono verso il “basso” a livello di ceto, nel “gioco scambievole delle parti” tra nobile e cameriere, vengono ribadite dai temi delle pitture. Spesso, al di là dell’apparenza si cela la verità autentica: Cenerentola ha quotidianamente davanti a sé uno spunto per una riflessione volta alla “soluzione” del caso, circa la vera identità dell’amato. I motivi pittorici sono ricavati dalla tradizione epica e dalle “Metamorfosi” di Ovidio. Ad una “Nuda Veritas” allo specchio, quest’ultimo sorretto da un ammiccante amorino silvestre, si contrappongono le rappresentazioni pittoriche del “Cavallo di Troia”, scambiato per omaggio degli dei, a dispetto dell’interpretazione del sacerdote Laocoonte, di “Atteone” trasformato in cervo da Diana, divorato dai propri cani - in quanto non riconosciuto affatto quale loro padrone - ed un “Giano bifronte” che apre e chiude il giorno e la notte attraverso un’eterna, reiterata alternanza degli accadimenti umani. La struttura centrale sopra descritta è pronta per una veloce mutazione camaleontica in padiglione, giocando con l’ambigua identità esterna-interna delle strutture architettoniche che completano la scena. In fondo, è come sfogliare un libro di fiabe a lieto fine... Michele Ugo Galliussi ATTO PRIMO SCENA PRIMA Clorinda provando uno sciassé; Tisbe acconciando un fiore ora alla fronte ora al petto; Cenerentola soffiando con un manticetto al camino per far bollire un cuccumo di caffè; indi Alidoro da povero; poi seguaci di Ramiro. CLORINDA No no no: non v’è, non v’è Chi trinciar sappia così Leggerissimo sciassé. TISBE Sì sì sì: va bene lì. Meglio lì; no, meglio qui. Risaltar di più mi fa. CLORINDA E TISBE A quest’arte, a tal beltà Sdrucciolare ognun dovrà. CENERENTOLA (con tuono flemmatico) Una volta c’era un Re, Che a star solo s’annoiò: Cerca, cerca, ritrovò; Ma il volean sposare in tre. Cosa fa? Sprezza il fasto e la beltà. E alla fin sceglie per sé L’innocenza e la bontà. La la là Li li lì La la là. CLORINDA E TISBE Cenerentola, finiscila Con la solita canzone. ALIDORO Un tantin di carità. CLORINDA E TISBE Accattoni! Via di qua. CENERENTOLA Zitto, zitto: su prendete Questo po’ di colazione. Versa una tazza di caffè, e la dà con un pane ad Alidoro coprendolo dalle sorelle. Ah non reggo alla passione, Che crudel fatalità! ALIDORO Forse il Cielo il guiderdone Pria di notte vi darà. CLORINDA E TISBE (pavoneggiandosi) Risvegliar dolce passione Più di me nessuna sa. (volgendosi ad osservare Alidoro) Ma che vedo! Ancora lì! Anche un pane? anche il caffè? (scagliandosi contro Cenerentola) Prendi, prendi, questo a te. CENERENTOLA Ah! soccorso chi mi dà! ALIDORO (frapponendosi inutilmente) Vi fermate, per pietà. Si picchia fortemente; Cenerentola corre ad aprire, ed entrano i cavalieri. CENERENTOLA Presso al fuoco in un cantone Via lasciatemi cantar. CORO O figlie amabili - Di Don Magnifico Ramiro il Principe - Or or verrà, Al suo palagio - Vi condurrà. Si canterà - Si danzerà: Poi la bellissima - Fra l’altre femmine Sposa carissima - Per lui sarà. Una volta c’era un Re Una volta... CLORINDA E TISBE Ma dunque il Principe? CLORINDA E due, e tre. CORO Or or verrà. CLORINDA E TISBE La finisci sì o no? Se non taci ti darò. CLORINDA E TISBE E la bellissima? CENERENTOLA Una volta... S’ode picchiare. Cenerentola apre, ed entra Alidoro da povero. CLORINDA, TISBE E CENERENTOLA Chi sarà? CORO Si sceglierà. CLORINDA E TISBE Cenerentola vien qua. Le mie scarpe, il mio bonné. Cenerentola vien qua. Le mie penne, il mio collié. Nel cervello ho una fucina; Son più bella e vo’ trionfar. A un sorriso, a un’occhiatina Don Ramiro ha da cascar. CENERENTOLA Cenerentola vien qua. Cenerentola va’ là. Cenerentola va’ su. Cenerentola va’ giù. Questo è proprio uno strapazzo! Mi volete far crepar? Chi alla festa, chi al solazzo Ed io resto qui a soffiar. ALIDORO Nel cervello una fucina Sta le pazze a martellar. Ma già pronta è la ruina. Voglio ridere a schiattar. CORO Già nel capo una fucina Sta le donne a martellar; Il cimento si avvicina, Il gran punto di trionfar. Non profanarci con sì fatto nome. TISBE (minacciandola) E guai per te se t’uscirà di bocca. CENERENTOLA (Sempre nuove pazzie soffrir mi tocca.) (entra a sinistra) TISBE Non v’è da perder tempo. CLORINDA Nostro padre Avvisarne convien. Questionando fra loro, ed opponendosl a vicenda d’entrare a destra. TISBE Esser la prima Voglio a darne la nuova. CLORINDA Oh! mi perdoni. Io sono la maggiore. CLORINDA (dando una moneta a Cenerentola, onde la dia ai seguaci del Principe) Date lor mezzo scudo. Grazie. Ai cenni Del Principe noi siamo. (osservando il povero e raggricciando il naso) Ancor qui siete? Qual tanfo! Andate, o ve ne pentirete. TISBE No no, gliel vo’ dir io. CENERENTOLA (accompagnando Alidoro) (Io poi quel mezzo scudo A voi l’avrei donato; Ma non ho mezzo soldo. Il core in mezzo Mi spaccherei per darlo a un infelice.) (marcato assai, e Alidoro parte) TISBE Oh! non la vincerai. ALIDORO (Forse al novello dì sarai felice.) TISBE Cenerentola, presto Prepara i nastri, i manti. CLORINDA Gli unguenti, le pomate. TISBE I miei diamanti. CENERENTOLA Uditemi, sorelle... CLORINDA (altera) Che sorelle! Crescendo nella rabbia fra loro. CLORINDA È questo il dover mio. Io svegliare lo vuo’. Venite appresso. CLORINDA (osservando fra le scene) Ecco egli stesso. SCENA SECONDA Don Magnifico, bieco in volto, esce in berretta da notte e veste da camera, e detti; indi Cenerentola. DON MAGNIFICO Miei rampolli femminini, Vi ripudio; mi vergogno! Un magnifico mio sogno Mi veniste a sconcertar. (ricusando di dar loro a baciar la mano) Clorinda e Tisbe ridono quando non le guarda. (da sé, osservandole) Come son mortificate! Degne figlie d’un Barone! Via: silenzio ed attenzione. State il sogno a meditar. Mi sognai fra il fosco e il chiaro Un bellissimo somaro. Un somaro, ma solenne. Quando a un tratto, oh che portento! Su le spalle a cento a cento Gli spuntavano le penne Ed in alto, fsct, volò! Ed in cima a un campanile Come in trono si fermò. Figlie, che dite! Quel principon! Quantunque io nol conosco... Sceglierà!.. v’invitò... Sposa... più bella! Io cado in svenimento. Alla favella È venuto il sequestro. Il principato Per la spinal midolla Già mi serpeggia, ed in una parola Il sogno è storia, ed il somaro vola. Si sentiano per di sotto Le campane sdindonar. Col cì cì, ciù ciù di botto Mi faceste risvegliar. Cenerentola entra, vota il caffè e lo reca nella camera di Don Magnifico. Ma d’un sogno sì intralciato Ecco il simbolo spiegato. La campana suona a festa? Allegrezza in casa è questa. Quelle penne? Siete voi. Quel gran volo? Plebe addio. Resta l’asino di poi? Ma quell’asino son io. Chi vi guarda vede chiaro Che il somaro è il genitor. Fertilissima Regina L’una e l’altra diverrà; Ed il nonno una dozzina Di nepoti abbraccierà. Un Re piccolo di qua. Un Re bambolo di là. E la gloria mia sarà. Interrompendosi e strappandosi Don Magnifico. CLORINDA Sappiate che fra poco... TISBE Il Principe Ramiro... CLORINDA Che son tre dì che nella deliziosa... TISBE Vicina mezzo miglio Venuto è ad abitar... CLORINDA Sceglie una sposa... TISBE Ci mandò ad invitar... CLORINDA E fra momenti... TISBE Arriverà per prenderci... Cenerentola, presto. Portami il mio caffè. Viscere mie. Metà del mio palazzo è già crollata, E l’altra è in agonia. Fatevi onore. Mettiamoci un puntello. (andando e tornando, e riprendendo le figlie, che stanno per entrare) Figlie state in cervello. Parlate in punto e virgola. Per carità: pensate ad abbigliarvi; Si tratta niente men che imprinciparvi. Entra nelle sue stanze, Clorinda e Tisbe nella loro. SCENA TERZA Don Ramiro e Cenerentola. Don Ramiro vestito da scudiero; guarda intorno e si avanza a poco a poco. RAMIRO Tutto è deserto. Amici? Nessun risponde. In questa Simulata sembianza Le belle osserverò. Né viene alcuno? Eppur mi diè speranza Il sapiente Alidoro, Che qui, saggia e vezzosa, Degna di me trovar saprò la sposa. Sposarsi... e non amar! Legge tiranna, Che nel fior de’ miei giorni Alla difficil scelta mi condanna. Cerchiam, vediamo. SCENA QUARTA Cenerentola cantando fra’ denti con sottocoppa e tazza da caffe, entra spensierata nella stanza, e si trova a faccia a faccia con Ramiro; le cade tutto di mano, e si ritira in un angolo. CENERENTOLA Una volta c’era... Ah! è fatta RAMIRO Cos’è? CLORINDA E la scelta La più bella sarà... CENERENTOLA Che batticuore! DON MAGNIFICO (in aria di stupore ed importanza) RAMIRO Forse un mostro son io! CENERENTOLA (prima astratta poi correggendosi con naturalezza) Sì... no, signore. RAMIRO Un soave non so che In quegl’occhi scintillò! CENERENTOLA Io vorrei saper perché Il mio cor mi palpitò? RAMIRO Le direi... ma non ardisco. CENERENTOLA Parlar voglio, e taccio intanto. CENERENTOLA E RAMIRO Una grazia, un certo incanto Par che brilli su quel viso! Quanto caro è quel sorriso. Scende all’alma e fa sperar. RAMIRO Del Baron le figlie io chiedo Dove son? qui non le vedo. CENERENTOLA Stan di là nell’altre stanze. Or verranno. (Addio speranze.) RAMIRO (con interesse) Ma di grazia, voi chi siete? CENERENTOLA Io chi sono? Eh! non lo so. RAMIRO Nol sapete? CENERENTOLA Quasi no. (accostandosi a lui sottovoce e rapidissima, correggendosi ed imbrogliandosi) Quel ch’è padre, non è padre... Onde poi le due sorelle... Era vedova mia madre... Ma fu madre ancor di quelle... Questo padre pien d’orgoglio... Sta’ a vedere che m’imbroglio? Deh! scusate, perdonate Alla mia semplicità. RAMIRO Mi seduce, m’innamora Quella sua semplicità. CLORINDA, TISBE E DON MAGNIFICO (dalle loro stanze, a vicenda ed insieme) Cenerentola... da me. RAMIRO Quante voci! che cos’è? CENERENTOLA A ponente ed a levante, A scirocco e a tramontana, Non ho calma un solo istante, Tutto tutto tocca a me. (ora verso una, ora verso l’altra delle porte) Vengo, vengo. Addio, signore. (con passione) (Ah ci lascio proprio il core Questo cor più mio non è.) RAMIRO (da sé, astratto, osservandola sempre) (Quell’accento, quel sembiante È una cosa sovrumana. Io mi perdo in quest’istante Già più me non trovo in me. Che innocenza! che candore! Ah! m’invola proprio il core! Questo cor più mio non è.) SCENA QUINTA Ramiro solo; indi Don Magnifico in abito di gala senza cappello. RAMIRO Non so che dir. Come in sì rozze spoglie Sì bel volto e gentil! Ma Don Magnifico Non apparisce ancor? Nunziar vorrei Fortunato consiglio! Da semplice scudiero Il core delle femmine Meglio svelar saprò. Dandini intanto Recitando da Principe... DON MAGNIFICO Domando Un milion di perdoni. Dica: e Sua Altezza il Principe? RAMIRO Or ora arriva. DON MAGNIFICO E quando? RAMIRO Tra tre minuti. DON MAGNIFICO (in agitazione) Tre minuti! ah figlie! Sbrigatevi: che serve? Le vado ad affrettar. Scusi; per queste Ragazze benedette, Un secolo è un momento alla toelette. (entra dalle figlie) RAMIRO Che buffone! E Alidoro mio maestro Sostien che in queste mura Sta la bontà più pura! Basta basta, vedrem. Alle sue figlie Convien che m’avvicini. Qual fragor!.. non m’inganno. Ecco Dandini. Scena sesta Cavailieri, Dandini e detti; indi Clorinda e Tisbe. CORO Scegli la sposa, affrettati: S’invola via l’età. La principesca linea. Se no s’estinguerà. DANDINI Come un’ape ne’ giorni d’aprile Va volando leggiera e scherzosa; Corre al giglio, poi salta alla rosa, Dolce un fiore a cercare per sé; Fra le belle m’aggiro e rimiro; Ne ho vedute già tante e poi tante Ma non trovo un giudizio, un sembiante, Un boccone squisito per me. Clorinda e Tisbe escono, e sono presentate a Dandini da Don Magnifico in gala. CLORINDA Prence! TISBE Sire... CLORINDA E TISBE Ma quanti favori! DON MAGNIFICO Che diluvio! che abisso di onori! DANDINI Nulla, nulla; (con espressione or all’una ora all’altra) Vezzosa; graziosa! (accostandosi a Ramiro) (Dico bene?) Son tutte papà. RAMIRO (Bestia! attento! ti scosta; va’ là.) DANDINI (alle due sorelle che lo guardano con passione) Per pietà, quelle ciglia abbassate. Galoppando sen va la ragione, E fra i colpi d’un doppio cannone Spalancato è il mio core di già. (da sé) (Ma al finir della nostra commedia Che tragedia qui nascer dovrà.) CLORINDA E TISBE (ognuna da sé) (Ei mi guarda. Sospira, delira Non v’è dubbio: è mio schiavo di già.) RAMIRO (sempre osservando con interesse se torna Cenerentola) (Ah! perché qui non viene colei, Con quell’aria di grazia e bontà?) DON MAGNIFICO (da sé osservando con compiacenza Dandini, che sembra innamorato) (E già cotto, stracotto, spolpato L’Eccellenza si cangia in Maestà.) DANDINI (osservando Clorinda, Tisbe e Don Magnifico) Allegrissimamente! che bei quadri! Che bocchino! che ciglia! Siete l’ottava e nona meraviglia. Già tales patris talem filias. CLORINDA (con inchino) Grazie! DON MAGNIFICO (curvandosi) Altezza delle Altezze! Che dice? mi confonde. Debolezze. DANDINI Vere figure etrusche! (piano a Ramiro) (Dico bene?) RAMIRO (piano a Dandini) (Cominci a dirle grosse.) DANDINI (piano a Ramiro) (Io recito da grande, e grande essendo, Grandi le ho da sparar.) DON MAGNIFICO (piano alle figlie con compiacenza) (Bel principotto! Che non vi fugga: attente.) DANDINI Or dunque seguitando quel discorso Che non ho cominciato; Dai miei lunghi viaggi ritornato E il mio papà trovato, Che fra i quondam è capitombolato, E spirando ha ordinato Che a vista qual cambiale io sia sposato, O son diseredato, Fatto ho un invito a tutto il vicinato. E trovando un boccone delicato, Per me l’ho destinato. Ho detto, ho detto, e adesso prendo fiato. DON MAGNIFICO (sorpreso) (Che eloquenza norcina!) CENERENTOLA (entrando osserva l’abito del Principe, e Ramiro che la guarda) (Ih, che bell’abito! E quell’altro mi guarda.) RAMIRO (Ecco colei! Mi ripalpita il cor.) DANDINI Belle ragazze, Se vi degnate inciambellare il braccio Ai nostri cavalieri, il legno è pronto. CLORINDA (servite dai cavalieri) Andiam. TISBE Papà Eccellenza, Non tardate a venir. RAMIRO (Che vorrà?) DON MAGNIFICO Vuoi lasciarmi? CENERENTOLA Una parola. Signore, una parola: In casa di quel Principe Un’ora, un’ora sola Portatemi a ballar. DON MAGNIFICO Ih! Ih! La bella Venere! Vezzosa! Pomposetta! Sguaiata! Cova-cenere! Lasciami, deggio andar. DANDINI (tornando indietro, ed osservando Ramiro immobile) Cos’è? qui fa la statua? Sottovoce fra loro in tempo del solo di Don Magnifico. Escono. DON MAGNIFICO (a Cenerentola voltandosi) Che fai tu qui? Il cappello e il bastone. CENERENTOLA Eh... Signor sì. (scuotendosi dal guardar Ramiro, e parte) DANDINI Perseguitate presto Con i piè baronali I magnifici miei quarti reali. (parte) RAMIRO Silenzio, ed osserviamo. DANDINI Ma andiamo o non andiamo! RAMIRO Mi sento lacerar. CENERENTOLA Ma una mezz’ora... un quarto. DON MAGNIFICO (alzando minaccioso il bastone) Ma lasciami o ti stritolo. DON MAGNIFICO Monti in carrozza, e vengo. (andando nella camera dove è entrata Cenerentola) RAMIRO E DANDINI (accorrendo a trattenerlo) Fermate. RAMIRO (E pur colei Vo’ riveder.) DON MAGNIFICO (sorpreso, curvandosi rispettoso a Dandini) Serenissima! (ora a Dandini ora a Cenerentola) Ma vattene. - Altezzissima! Servaccia ignorantissima! DON MAGNIFICO (di dentro in collera) Ma lasciami. RAMIRO (La sgrida?) CENERENTOLA Sentite. DON MAGNIFICO (esce con cappello e bastone trattenuto con ingenuità da Cenerentola) Il tempo vola. RAMIRO E DANDINI Serva? CENERENTOLA Cioè... DON MAGNIFICO (mettendole una mano sulla bocca e interrompendola) Vilissima D’un’estrazion bassissima, Vuol far la sufficiente, La cara, l’avvenente, E non è buona a niente. (minacciando e trascinando) Va’ in camera, va’ in camera La polvere a spazzar. DANDINI (opponendosi con autorità) Ma caro Don Magnifico Via, non la strapazzar. RAMIRO (fra sé, con sdegno represso) Or ora la mia collera Non posso più frenar. CENERENTOLA (con tuono d’ingenuità) Signori, persuadetelo; Portatemi a ballar. Ah! sempre fra la cenere Sempre dovrò restar? Nel momento che Don Magnifico staccasi da Cenerentola ed è tratto via da Dandini, entra Alidoro con taccuino aperto. ALIDORO Qui nel mio codice Delle zitelle Con Don Magnifico Stan tre sorelle. (a Don Magnifico con autorità) Or che va il Principe La sposa a scegliere, La terza figlia Io vi domando. DON MAGNIFICO (confuso ed alterato) Che terza figlia Mi va figliando? ALIDORO Terza sorella... DON MAGNIFICO (atterrito) Ella... morì... ALIDORO Eppur nel codice Non v’è così. CENERENTOLA (Ah! di me parlano.) (ponendosi in mezzo con ingenuità) No, non morì. DON MAGNIFICO Sta’ zitta lì. ALIDORO Guardate qui! DON MAGNIFICO (balzando Cenerentola in un cantone) Se tu respiri, Ti scanno qui. RAMIRO, DANDINI E ALIDORO Dunque morì? DON MAGNIFICO (sempre tremante) Altezza sì. Momento di silenzio. TUTTI (guardandosi scambievolmente) Nel volto estatico Di questo e quello Si legge il vortice Del lor cervello, Che ondeggia e dubita E incerto sta. DON MAGNIFICO (fra’ denti, trascinando Cenerentola) Se tu più mormori Solo una sillaba Un cimiterio Qui si farà. CENERENTOLA (con passione) Deh soccorretemi, Deh non lasciatemi, Ah! di me, misera Che mai sarà? RAMIRO Via consolatevi. Signor lasciatela. (strappandola da Don Magnifico) (Già la mia furia Crescendo va.) ALIDORO (frapponendosi) Via meno strepito: Fate silenzio. O qualche scandalo Qui nascerà. DANDINI Io sono un Principe, O sono un cavolo? Vi mando al diavolo: Venite qua. La strappa da Don Magnifico, e lo conduce via. Tutti seguono Dandini. Cenerentola corre in camera. Si chiude la porta di mezzo; un momento dopo rientra Alidoro con mantello da povero. SCENA SETTIMA (cfr. pagina 23 - Versione scritta da Ferretti e musicata da Rossini) Dopo qualche momento di silenzio entra Alidoro in abito di pellegrino con gli abiti da filosofo sotto, indi Cenerentola. Un uomo d’alto affar. ALIDORO Grazie, vezzi, beltà scontrar potrai Ad ogni passo; ma bontà, innocenza, Se non si cerca, non si trova mai. Gran ruota è il mondo... (chiama verso la camera di Cenerentola) Figlia! S’ode avvicinare una carrozza. CENERENTOLA (esce e rimane sorpresa) Figlia voi mi chiamate? O questa è bella! Il padrigno Barone Non vuole essermi padre, e voi... ALIDORO Tacete. Venite meco. CENERENTOLA E dove? ALIDORO Or ora un cocchio S’appresserà. Del Principe Anderemo al festin. CENERENTOLA (guardando lui, e le accenna gli abiti) Con questi stracci? Come Paris e Vienna? oh che bell’ambo. Tra misteriose nuvole Che l’occhio uman non penetra Sta scritto quel carattere Che devi recitar. Odo del cocchio crescere Il prossimo fragore... Figlia, t’insegni il core, Colui che devi amar. Aprono la porta; vedesi una carrozza. Cenerentola vi monta. Alidoro chiude la porta e sentesi la partenza della carrozza. Gabinetto nel casino di Don Ramiro. SCENA OTTAVA Dandini entrando con Clorinda e Tisbe sotto il braccio; Don Magnifico e Don Ramiro. DANDINI Ma bravo, bravo, bravo! Caro il mio Don Magnifico! Di vigne, Di vendemmie e di vino M’avete fatto una disertazione, Lodo il vostro talento Si vede che ha studiato. (a Don Ramiro) Si porti sul momento Dove sta il nostro vino conservato E se sta saldo e intrepido Al trigesimo assaggio Lo promovo all’onor di cantiniero Io distinguo i talenti e premio il saggio. Nel momento che si volge, Alidoro gitta il manto. ALIDORO Osservate. Silenzio. Abiti, gioie, Tutto avrete da me. Fasto, ricchezza Non v’abbaglino il cor. Dama sarete; Scoprirvi non dovrete. Amor soltanto Tutto v’insegnerà. CENERENTOLA Ma questa è storia Oppure una commedia? ALIDORO Figlia mia, L’allegrezza e la pena Son commedia e tragedia, e il mondo è scena. Il mondo è un gran teatro. Siam tutti commedianti. Si può fra brevi istanti Carattere cangiar. Quel ch’oggi è un Arlecchino Battuto dal padrone, Domani è un signorone, DON MAGNIFICO Prence! L’Altezza Vostra E un pozzo di bontà. Più se ne cava, Più ne resta a cavar. (piano alle figlie) (Figlie! Vedete? Non regge al vostro merto; N’è la mia promozion indizio certo.) (forte) Clorinduccia, Tisbina, Tenete allegro il Re. Vado in cantina. (parte) RAMIRO (piano a Dandini) (Esamina, disvela, e fedelmente Tutto mi narrerai. Anch’io fra poco Il cor ne tenterò. Del volto i vezzi Svaniscon con l’età. Ma il core...) DANDINI (Il core Credo che sia un melon tagliato a fette, Un timballo l’ingegno, E il cervello una casa spigionata.) (forte, come seguendo il discorso fatto sottovoce) Il mio voler ha forza d’un editto. Eseguite trottando il cenno mio. Udiste? RAMIRO Udii. DANDINI Fido vassallo, addio. Parte Don Ramiro. SCENA NONA Dandini, Clorinda e Tisbe. E non adopro occhiali (a Tisbe) Fidati pur di me, Mio caro oggetto. (a Clorinda) Per te sola mi batte il core in petto. (parte) TISBE M’inchino a Vostr’Altezza. CLORINDA Anzi all’Altezza Vostra. Ironicamente fra loro. DANDINI (alle donne) Ora sono da voi. Scommetterei Che siete fatte al torno E che il guercetto amore È stato il tornitore. TISBE Verrò a portarle qualche memoriale. CLORINDA Lectum. CLORINDA (tirando a sé Dandini) Con permesso. (La maggiore son io, onde la prego Darmi la preferenza.) TISBE Ce la vedremo. TISBE (come sopra) Con sua buona licenza (La minore son io. M’invecchierò più tardi.) TISBE Poter del mondo! CLORINDA Scusi. (Quella è fanciulla. Proprio non sa di nulla.) TISBE Oh! mi sprofondo! CLORINDA Forse sì, forse no. CLORINDA Le faccio riverenza! Partono da parti opposte. TISBE Permetta. (Quella è un’acqua senza sale, Non fa né ben né male.) Deliziosa nel Casino del Principe Don Ramiro. CLORINDA Di grazia. (I dritti miei La prego bilanciar.) SCENA DECIMA Don Magnifico a cui i cavalieri pongono un mantello color ponsò con ricami in argento di grappoli d’uva, e gli saltano intorno battendo i piedi in tempo di musica. Tavolini con recapito da scrivere. TISBE Perdoni. (Veda, Io non tengo rossetto.) CLORINDA Ascolti. (Quel suo bianco è di bianchetto.) TISBE Senta... CLORINDA Mi favorisca... DANDINI (sbarazzandosi con un poco di collera) Anime belle! Mi volete spaccar? Non dubitate. Ho due occhi reali CORO Conciosiacosaché Trenta botti già gustò! E bevuto ha già per tre E finor non barcollò! E piaciuto a Sua Maestà Nominarlo cantinier. Intendente dei bicchier Con estesa autorità. Presidente al vendemmiar. Direttor dell’evoè; Onde tutti intorno a te S’affolliamo qui a saltar. Don Magnifico Intendente! Direttor! Presidente! Cantinier! Grazie, grazie; che piacer! Che girandola ho nel cor. Di piastre sedici A chi più Malaga Si succhierà. Partono saltando attorno a Don Magnifico. Si venga a scrivere Quel che dettiamo. Pongonsi intorno ai tavolini, e scrivono. Sei mila copie Poi ne vogliamo. CORO Già pronti a scrivere Tutti siam qui. DON MAGNIFICO Noi Don Magnifico... (osservando come scrivono) Questo in maiuscole. Bestie! maiuscole. Bravi! così. Noi Don Magnifico Duca e Barone Dell ‘antichissimo Montefiascone; Grand’intendente; Gran presidente, Con gli altri titoli Con venti etcetera, Di nostra propria Autorità, Riceva l’ordine Chi leggerà, Di più non mescere Per anni quindici Nel vino amabile D’acqua una gocciola. Alias capietur Et stranguletur Perché ita etcetera Laonde etcetera Barone etcetera. (sottoscrivendosi) CORO Barone etcetera; È fatto già. DON MAGNIFICO Ora affiggetelo Per la città. CORO Il pranzo in ordine Andiamo a mettere. Vino a diluvio Si beverà. DON MAGNIFICO Premio bellissimo SCENA UNDICESIMA Dandini e Don Ramiro correndo sul davanti del palco, osservando per ogni parte. RAMIRO (sotto voce) Zitto zitto, piano piano; Senza strepito e rumore: Delle due qual è l’umore? Esattezza e verità. DANDINI Sotto voce a mezzo tuono; In estrema confidenza: Sono un misto d’insolenza, Di capriccio e vanità. RAMIRO E Alidoro mi dicea Che una figlia del Barone... DANDINI Eh! il maestro ha un gran testone. Oca eguale non si dà. (Son due vere banderuole... Mi convien dissimular.) RAMIRO (Se le sposi pur chi vuole... Seguitiamo a recitar.) SCENA DODICESIMA Clorinda, accorrendo da una parte, e Tisbe dall’altra. CLORINDA (di dentro) Principino dove state? TISBE Principino dove state? CLORINDA E TISBE Ah! perché mi abbandonate? Mi farete disperar. CLORINDA Io vi voglio... TISBE Vi vogl’io... DANDINI Ma non diamo in bagattelle. Maritarsi a due sorelle Tutte insieme non si può! Una sposo. CLORINDA E TISBE (con interesse di smania) E l’altra?.. DANDINI E l’altra... (accennando Ramiro) All’amico la darò. CLORINDA E TISBE Sarà bella? ALIDORO Sì e no. CLORINDA E TISBE No no no no no, Un scudiero! oibò oibò! ALIDORO Ma non si sa. RAMIRO (ponendosi loro in mezzo con dolcezza) Sarò docile, amoroso, Tenerissimo di cuore. CLORINDA E TISBE (guardandolo con disprezzo) Un scudiero! No signore. Un scudiero! questo no. CLORINDA Con un’anima plebèa! TISBE Con un’aria dozzinale! RAMIRO E DANDINI Chi sarà? CLORINDA Non parlò? ALIDORO Signora no. TISBE E qui vien? ALIDORO Chi sa perché? TUTTI Chi sarà? chi è? perché? Non si sa. Si vedrà. Momento di silenzio. CLORINDA E TISBE (con affettazione) Mi fa male, mi fa male Solamente a immaginar. RAMIRO E DANDINI (fra loro ridono) La scenetta è originale Veramente da contar. CLORINDA E TISBE (Gelosia già già mi lacera, Già il cervel più in me non è.) ALIDORO (Gelosia già già le rosica, Più il cervello in lor non è.) SCENA TREDICESIMA Coro di cavalieri dentro le scene, indi Alidoro. RAMIRO (Un ignoto arcano palpito Ora m’agita, perché?) CORO Venga, inoltri, avanzi il piè. Anticamera non v’è. DANDINI (Diventato son di zucchero: Quante mosche intorno a me.) RAMIRO E DANDINI Sapientissimo Alidoro, Questo strepito cos’è? Dandini fa cenno ad Alidoro d’introdurre la dama. Scena quattordicesima ALIDORO Dama incognita qua vien. Sopra il volto un velo tien. CLORINDA E TISBE Una dama! ALIDORO Signor sì. CLORINDA, TISBE, RAMIRO E DANDINI Ma chi è? ALIDORO Nol palesò. Cavalieri che precedono e schieransi in doppia fila per ricevere Cenerentola, che, in abito ricco ed elegante, avanzasi velata. CORO Ah! se velata ancor Dal seno il cor ci ha tolto, Se svelerai quel volto Che sarà? CENERENTOLA Sprezzo quei don che versa Fortuna capricciosa. M’offra chi mi vuol sposa, Rispetto, amor, bontà. RAMIRO (Di quella voce il suono Ignoto al cor non scende; Perché la speme accende? Di me maggior mi fa.) DANDINI Begli occhi che dal velo Vibrate un raggio acuto, Svelatevi un minuto Almen per civiltà. CLORINDA E TISBE (Vedremo il gran miracolo Di questa rarità.) Cenerentola svelasi. Momento di sorpresa, di riconoscimento, d’incertezza. TUTTI (eccetto Cenerentola) Ah! Ciascuno da sé guardando Cenerentola, e Cenerentola sogguardando Ramiro. TUTTI (tranne Alidoro) (Parlar - pensar - vorrei. Parlar - pensar - non so. Questo è un inganno/è un incanto, o dei! Quel volto mi atterrò.) ALIDORO (Parlar - pensar - vorrebbe Parlar - pensar - non può. Amar già la dovrebbe, Il colpo non sbagliò.) RAMIRO (Mi guarda, e par che palpiti.) DANDINI Ma non facciam le statue. Patisce l’individuo: Andiamo presto in tavola. Poi balleremo il Taice, E quindi la bellissima... Con me s’ha da sposar. TUTTI (meno Dandini) Andiamo, andiamo a tavola. Si voli a giubilar. DANDINI Oggi che fo da Principe Per quattro io vuo’ mangiar. TUTTI Mi par d’essere sognando Fra giardini e fra boschetti; I ruscelli sussurrando, Gorgheggiando gli augelletti, In un mare di delizie Fanno l’anima nuotar. Ma ho timor che sotto terra Piano piano a poco a poco Si sviluppi un certo foco. E improvviso a tutti ignoto Balzi fuori un terremoto, Che crollando, strepitando Fracassando, sconquassando Poi mi venga a risvegliar. E ho paura che il mio sogno Vada in fumo a dileguar. SCENA ULTIMA Don Magnifico accorrendo, e detti. APPENDICE DON MAGNIFICO Signora Altezza, in tavola Che... co... chi... sì... che bestia! Quando si dice i simili! Non sembra Cenerentola? Scena scritta da Ferretti e musicata da Rossini per il basso Gioacchino Moncada nel 1821 (Teatro Argentina, Roma). Rimpiazza la scena 7 originale, musicata da Luca Agolini. CLORINDA E TISBE Pareva ancora a noi, Ma a riguardarla poi... La nostra è goffa e attratta, Questa è un po’ più ben fatta; Ma poi non è una Venere Da farci spaventar. SCENA SETTIMA Dopo qualche momento di silenzio entra Alidoro, in abito da pellegrino, con gli abiti da filosofo sotto; indi Cenerentola. DON MAGNIFICO Quella sta nella cenere; Ha stracci sol per abiti. CENERENTOLA E ALIDORO (Il vecchio guarda e dubita.) ALIDORO Sì, tutto cangerà. Quel folle orgoglio Poca polve sarà, gioco del vento; E al tenero lamento Succederà il sorriso. (chiama verso la camera di Cenerentola) Figlia... Figlia... CENERENTOLA (esce e rimane sorpresa) Figlia voi mi chiamate? Oh questa è bella! Il padrigno Barone Non vuole essermi padre; e voi... Peraltro Guardando i stracci vostri e i stracci miei, Degna d’un padre tal figlia sarei. L’innocenza brillerà. Aprono la porta; vedesi una carrozza. Cenerentola vi monta, Alidoro chiude la porta e sentesi la partenza della carrozza. ALIDORO Taci, figlia, e vien meco. ATTO SECONDO CENERENTOLA Teco, e dove? ALIDORO Del Principe al festino. CENERENTOLA Ma dimmi, pellegrino: Perché t’ho data poca colazione, Tu mi vieni a burlar? Va’ via... va’ via! Voglio serrar la porta... Possono entrar de’ ladri, e allora... e allora... Starei fresca davvero. ALIDORO No! Sublima il pensiero! Tutto cangiò per te! Calpesterai men che fango i tesori, Rapirai tutti i cuori. Vien meco e non temer: per te dall’Alto M’ispira un Nume a cui non crolla il trono. E se dubiti ancor, mira chi sono! Nel momento che si volge, Alidoro getta il manto. Là del ciel nell’arcano profondo, Del poter sull’altissimo Trono Veglia un Nume, signore del mondo, Al cui piè basso mormora il tuono. Tutto sa, tutto vede, e non lascia Nell’ambascia perir la bontà. Fra la cenere, il pianto, l’affanno, Ei ti vede, o fanciulla innocente, E cangiando il tuo stato tiranno, Fra l’orror vibra un lampo innocente. Non temer, si è cambiata la scena: La tua pena cangiando già va. S’ode avvicinarsi una carrozza. Un crescente mormorio Non ti sembra d’ascoltar?.. Ah sta’ lieta: è il cocchio mio Su cui voli a trionfar. SCENA PRIMA Cavalieri, Don Magnifico, entrando con Clorinda e Tisbe sotto il braccio, ed osservando i cavalieri che partono. CORO Ah! Della bella incognita L’arrivo inaspettato Peggior assai del fulmine Per certe ninfe è stato. La guardano e tarroccano; Sorridono, ma fremono; Hanno una lima in core Che a consumar le va. Guardate ! Già regnavano. Ci ho gusto. Ah ah ah ah. (partono deridendole) DON MAGNIFICO (in collera caricata) Mi par che quei birbanti Ridessero di noi sotto-cappotto. Corpo del mosto cotto, Fo un cavaliericidio. TISBE Papà, non v’inquietate. DON MAGNIFICO (passeggiando) Ho nella testa Quattro mila pensieri. Ci mancava Quella madama anonima. CLORINDA E credete Che del Principe il core ci contrasti? Somiglia Cenerentola e vi basti. Tu mi guardi, ti confondi... Ehi ragazza, non rispondi?! Sconcertata è la tua testa E rimbalza qua e là, Come nave in gran tempesta Che di sotto in su sen va. DON MAGNIFICO Somiglia tanto e tanto Che son due goccie d’acqua, e quando a pranzo Faceva un certo verso con la bocca, Brontolavo fra me: per bacco, è lei. Ma come dagli Ebrei Prender l’abito a nolo! aver coraggio Di venire fra noi? E poi parlar coi linci e squinci? e poi Starsene con sì gran disinvoltura, E non temere una schiaffeggiatura? Ma già il nembo è terminato, Scintillò serenità. Il destino s’è cangiato, TISBE Già già questa figliastra Fino in chi la somiglia è a noi funesta. DON MAGNIFICO Ma tu sai che tempesta Mi piomberebbe addosso, Se scuopre alcun come ho dilapidato Il patrimonio suo! Per abbigliarvi, Al verde l’ho ridotto. È diventato Un vero sacco d’ossa. Ah se si scopre, Avrei trovato il resto del carlino. CLORINDA (con aria di mistero) E paventar potete a noi vicino? DON MAGNIFICO Vi son buone speranze? CLORINDA Eh! niente niente. TISBE Posso dir ch’è certezza. CLORINDA Io quasi quasi Potrei dar delle cariche. TISBE In segreto Mi ha detto: anima mia, Ha fatto un gran sospiro, è andato via. CLORINDA Un sospiro cos’è? quando mi vede Subito ride. DON MAGNIFICO (riflettendo e guardando ora l’una ora l’altra) Ah! dunque Qui sospira, e qui ride. CLORINDA Dite, papà Barone Voi che avete un testone: Qual è il vostro pensier? ditelo schietto. DON MAGNIFICO Giocato ho un ambo e vincerò l’eletto. Da voi due non si scappa; oh come, oh come, Figlie mie benedette, Si parlerà di me nelle gazzette! Questo è il tempo opportuno Per rimettermi in piedi. Lo sapete, Io sono indebitato. Fino i stivali a tromba ho ipotecato. Ma che flusso e riflusso Avrò di memoriali! ah questo solo È il paterno desìo. Che facciate il rescritto a modo mio. C’intenderem fra noi; Viscere mie, mi raccomando a voi. Sia qualunque delle figlie Che fra poco andrà sul trono Ah! non lasci in abbandono Un magnifico papà. Già mi par che questo e quello, Conficcandomi a un cantone E cavandosi il cappello, Incominci: sor Barone; Alla figlia sua reale Porterebbe un memoriale? Prende poi la cioccolata, E una doppia ben coniata Faccia intanto scivolar. Io rispondo: eh sì, vedremo. Già è di peso? Parleremo. Da palazzo può passar. Mi rivolto: e vezzosetta, Tutta odori e tutta unguenti, Mi s’inchina una scuffietta Fra sospiri e complimenti: Baroncino! Si ricordi Quell’affare, e già m’intende; Senza argento parla ai sordi. La manina alquanto stende, Fa una piastra sdrucciolar. Io galante: occhietti bei! Ah! per voi che non farei! Io vi voglio contentar! Mi risveglio a mezzo giorno: Suono appena il campanello, Che mi vedo al letto intorno Supplichevole drappello: Questo cerca protezione; Quello ha torto e vuol ragione; Chi vorrebbe un impieguccio; Chi una cattedra ed è un ciuccio; Chi l’appalto delle spille, Chi la pesca dell’anguille; Ed intanto in ogni lato Sarà zeppo e contornato Di memorie e petizioni, Di galline, di sturioni, Di bottiglie, di broccati, Di candele e marinati, Di ciambelle e pasticcetti, Di canditi e di confetti, Di piastroni, di dobloni, Di vaniglia e di caffè. Basta basta, non portate! Terminate, ve n’andate? Serro l’uscio a catenaccio. Importuni, seccatori, Fuori fuori, via da me. (parte) TISBE (accostandosi in confidenza) Di’: sogni ancor che il Principe Vada pensando a te? CLORINDA Me lo domandi? TISBE Serva di Vostr’Altezza. CLORINDA A’ suoi comandi. RAMIRO Ma il grado e la ricchezza Non seduce il tuo core? CENERENTOLA Mio fasto è la virtù, ricchezza è amore. Partono, scostandosi e complimentandosi ironicamente. SCENA SECONDA Ramiro, indi Cenerentola fuggendo da Dandini; poi Alidoro in disparte. RAMIRO Ah! Questa bella incognita Con quella somiglianza all’infelice, Che mi colpì stamane Mi va destando in petto Certa ignota premura... Anche Dandini Mi sembra innamorato. Eccoli: udirli or qui potrò celato. (si nasconde) DANDINI Ma non fuggir, per bacco! quattro volte Mi hai fatto misurar la galleria. CENERENTOLA O mutate linguaggio, o vado via. DANDINI Ma che? Il parlar d’amore È forse una stoccata! CENERENTOLA Ma io d’un altro sono innamorata! DANDINI E me lo dici in faccia? CENERENTOLA Ah! mio signore, Deh! non andate in collera Col mio labbro sincero. DANDINI Ed ami? CENERENTOLA Scusi... DANDINI Ed ami? CENERENTOLA Il suo scudiero. RAMIRO (palesandosi) Oh gioia! anima mia! ALIDORO (mostrando il suo contento) (Va a meraviglia!) RAMIRO Dunque saresti mia? CENERENTOLA Piano, tu devi pria Ricercarmi, conoscermi, vedermi, Esaminar la mia fortuna. RAMIRO Io teco, Cara, verrò volando. CENERENTOLA Fermati: non seguirmi. Io tel comando. RAMIRO E come dunque? CENERENTOLA (gli dà un smaniglio) Tieni. Cercami; e alla mia destra Il compagno vedrai. E allor... Se non ti spiaccio... allor m’avrai. (parte) Momento di silenzio. RAMIRO Dandini, che ne dici? DANDINI Eh! dico che da Principe Sono passato a far da testimonio. RAMIRO E allor... se non ti spiaccio... allor m’avrai. Quali enigmi son questi? (scopre Alidoro) Ah ! mio sapiente Venerato Maestro. Il cor m’ingombra Misterioso amore. Che far degg’io? ALIDORO Quel che consiglia il core RAMIRO (a Dandini) Principe non sei più: di tante sciocche Si vuoti il mio palazzo. (chiamando i seguaci che entrano) Olà miei fidi Sia pronto il nostro cocchio, e fra momenti... Così potessi aver l’ali dei venti. Sì, ritrovarla io giuro. Amore, amor mi muove: Se fosse in grembo a Giove, Io la ritroverò. Clorindina o Tisbetta? (contempla lo smaniglio) Pegno adorato e caro Che mi lusinghi almeno. Ah come al labbro e al seno, Come ti stringerò! DON MAGNIFICO Lo dica ad un papà. CORO Oh! qual tumulto ha in seno Comprenderlo non so. DON MAGNIFICO Si sa; via, dica presto. RAMIRO E CORO Noi voleremo, - Domanderemo, Ricercheremo, - Ritroveremo. Dolce speranza, - Freddo timore Dentro al mio/suo cuore - Stanno a pugnar. Amore, amore - M’hai/L’hai da guidar. (parte con i seguaci) SCENA TERZA Dandini, Alidoro; indi Don Magnifico. DANDINI Non giudicate in fretta. DANDINI Ma silenzio. DANDINI (andando ad osservare) Non ci ode alcuno? DON MAGNIFICO In aria Non si vede una mosca. DANDINI È un certo arcano Che farà sbalordir. ALIDORO (La notte è omai vicina. Col favor delle tenebre, Rovesciandosi ad arte la carrozza Presso la casa del Baron, potrei... Son vicini alla meta i desir miei.) (parte frettoloso) DON MAGNIFICO (smaniando) Sto sulle spine. DANDINI (passeggiando) Ma dunque io sono un ex? dal tutto al niente Precipito in un tratto? Veramente ci ho fatto Una bella figura! DON MAGNIFICO Presto, per carità. DON MAGNIFICO (entra premuroso) Scusi la mia premura... Ma quelle due ragazze Stan con la febbre a freddo. Si potrebbe Sollecitar la scelta. DON MAGNIFICO (Che volesse Maritarsi con me!) DANDINI È fatta, amico. DON MAGNIFICO (con smania che cresce) Ma si lasci servir. DON MAGNIFICO (con sorpresa, in ginocchio) È fatta! ah! per pietà! dite, parlate: È fatta! e i miei germogli... In queste stanze a vegetar verranno? DANDINI (alzandolo) Tutti poi lo sapranno. Per ora è un gran segreto. DON MAGNIFICO E quale, e quale? DANDINI (annoiato, portando una sedia) Poniamoci a sedere. DANDINI Voi sentirete Un caso assai bizzarro. DANDINI Mi raccomando. DANDINI Sia sigillato Quanto ora udrete dalla bocca mia. DON MAGNIFICO Io tengo in corpo una segreteria. DANDINI Un segreto d’importanza, Un arcano interessante Io vi devo palesar. È una cosa stravagante, Vi farà strasecolar. DON MAGNIFICO Senza battere le ciglia, Senza manco trarre il fiato Io mi pongo ad ascoltar. Starò qui petrificato Ogni sillaba a contar. DANDINI (Oh! che imbroglio! che disdetta! Non so come cominciar.) DON MAGNIFICO (Veh che flemma maledetta! Si sbrigasse a incominciar.) DANDINI Uomo saggio e stagionato Sempre meglio ci consiglia. Se sposassi una sua figlia, Come mai l’ho da trattar? DON MAGNIFICO (Consiglier son già stampato.) Ma che eccesso di clemenza! Mi stia dunque Sua Eccellenza... Bestia!.. Altezza, ad ascoltar. Abbia sempre pronti in sala Trenta servi in piena gala, Due staffieri, sei cocchieri, Tre portieri, due braccieri, Cento sedici cavalli, Duchi, conti e marescialli A dozzine convitati, Pranzi sempre coi gelati Poi carrozze, poi bombè, Ed innanzi colle fiaccole Per lo meno sei lacché. DANDINI Vi rispondo senza arcani Che noi siamo assai lontani. Ho un lettino, uno stanzino; Ma piccino, ma meschino. Io non uso far de’ pranzi; Mangio sempre degli avanzi. Non m’accosto a’ gran signori, Tratto sempre servitori. Me ne vado sempre a piè, O di dietro una scappavia, Se qualcun mi vuol con sé. DON MAGNIFICO Non corbella? DANDINI Gliel prometto. DON MAGNIFICO Questo dunque? DANDINI È un romanzetto. È una burla il principato, Sono un uomo mascherato. Ma venuto è il vero Principe M’ha strappata alfin la maschera. Io ritorno al mio mestiere: Son Dandini il cameriere. Rifar letti, spazzar abiti Far la barba e pettinar. DON MAGNIFICO E DANDINI Ah che questa è una sassata Che fischiando inaspettata Mi/Gli dà in fronte e all’improvviso Mi/Lo fa in terra stramazzar. DON MAGNIFICO Di quest’ingiuria, Di quest’affronto Il vero Principe Mi renda conto. DANDINI Oh non s’incomodi Non farà niente. Ma parta subito Immantinente. DON MAGNIFICO Non partirò. DANDINI Lei partirà. DON MAGNIFICO Sono un Barone. DANDINI Pronto è il bastone. DON MAGNIFICO Ci rivedremo Ci parleremo. DANDINI Ci rivedremo Ci parleremo. DON MAGNIFICO Non partirò. DANDINI Lei partirà. DON MAGNIFICO Tengo nel cerebro Un contrabbasso Che basso basso Frullando va. Da cima a fondo, Poter del mondo! Che scivolata, Che gran cascata! Eccolo eccolo Tutti diranno Mi burleranno Per la città. DANDINI Povero diavolo! È un gran sconquasso! Che d’alto in basso Piombar lo fa. Vostr’Eccellenza Abbia prudenza. Se vuol rasoio, Sapone e pettine Saprò arricciarla, Sbarbificarla. Ah ah! guardatelo, L’allocco è là. Partono. SCENA QUARTA Alidoro solo. ALIDORO Mi seconda il destino. Amor pietoso Favorisce il disegno. Anche la notte Procellosa ed oscura Rende più natural quest’avventura. La carrozza già è in pronto; ov’è Dandini? Seco lo vuol nel suo viaggio. Oh come Indocile s’è fatto ed impaziente! Che lo pizzica amor segno evidente. (entra) Sala terrena con camino in casa di Don Magnifico. SCENA QUINTA Cenerentola nel solito abito accanto al fuoco. CENERENTOLA Una volta c’era un Re, Che a star solo s’annoiò: Cerca, cerca, ritrovò; Ma il volean sposare in tre. Cosa fa? Sprezza il fasto e la beltà. E alla fin sceglie per sé L’innocenza e la bontà. La la là Li li lì La la là. (guarda lo smaniglio) Quanto sei caro! E quello Cui dato ho il tuo compagno, È più caro di te. Quel signor Principe Che pretendea con quelle smorfie? Oh bella! Io non bado a’ ricami, ed amo solo Bel volto e cor sincero, E do la preferenza al suo scudiero. Le mie sorelle intanto... ma che occhiate! Parean stralunate! (s’ode bussare fortemente, ed apre) Qual rumore! (Uh? chi vedo! che ceffi!) Di ritorno! Non credea che tornasse avanti giorno. SCENA SESTA Don Magnifico, Clorinda, Tisbe e detta. CLORINDA (entrando, accennando Cenerentola) (Ma! ve l’avevo detto...) DON MAGNIFICO (Ma cospetto! cospetto! Similissime sono affatto affatto. Quella è l’original, questa è il ritratto.) Hai fatto tutto? CENERENTOLA Tutto. Perché quel ceffo brutto Voi mi fate così? DON MAGNIFICO Perché, perché... Per una certa strega Che rassomiglia a te... CLORINDA Su le tue spalle Quasi mi sfogherei. CENERENTOLA Povere spalle, Cosa c’hanno che far? TISBE Oh fa mal tempo! Minaccia un temporale. Cominciano lampi e tuoni, indi si sente il rovesciarsi di una carrozza. DON MAGNIFICO Altro che temporale! Un fulmine vorrei Che incenerisse il camerier... CENERENTOLA Ma dite, Cosa è accaduto? avete Qualche segreta pena? DON MAGNIFICO (con impeto) Sciocca! va’ là, va’ a preparar la cena. DANDINI (accennando Ramiro) Lo conoscete! CENERENTOLA Vado sì, vado. (Ah che cattivo umore. Ah! lo scudiere mio mi sta nel core.) (parte) DON MAGNIFICO (rimanendo sorpreso) Lo scudiero? Oh! guardate. SCENA SETTIMA Don Magnifico, Tisbe, Clorinda, indi Ramiro da Principe e Dandini. DON MAGNIFICO Svergognata mia prole! (Ma che tempo! Piove a diluvio!) CLORINDA Zitto... non sentite? DON MAGNIFICO Una carrozza. RAMIRO Signore perdonate Se una combinazione... DON MAGNIFICO Che dice! Si figuri! mio padrone. (alle figlie) (Eh non senza perché venuto è qua. La sposa, figlie mie, fra voi sarà.) Ehi, presto, Cenerentola, Porta la sedia nobile. RAMIRO No, no: pochi minuti. Altra carrozza Pronta ritornerà. Si sente cadere una carrozza. CLORINDA Che gran botto! DON MAGNIFICO È fatta. Non si rialza più. TISBE Forse qualcuno Rovesciato sarà. DANDINI (di dentro) Soccorso... aita... TISBE Corriamo a sollevarli. CLORINDA Scioccarella! Che importa a te di chi si rompe il collo? DON MAGNIFICO Ma che! gli pare! CLORINDA (con premura verso le quinte) Ti sbriga, Cenerentola. SCENA OTTAVA Cenerentola recando una sedia nobile a Dandini, che crede il Principe. CENERENTOLA Son qui. DON MAGNIFICO Dalla al Principe, bestia, eccolo lì. CENERENTOLA Questo! Ah che vedo! Principe! (sorpresa riconoscendo per Principe Don Ramiro; si pone le mani sul volto e vuol fuggire) Si sente bussare. RAMIRO T’arresta. Che! Lo smaniglio! ... è lei! che gioia è questa! DON MAGNIFICO Diavolo! chi sarà! (apre) Siete voi? Entra Dandini, indi Don Ramiro. CENERENTOLA (osservando il vestito del Prence) Voi Prence siete? DANDINI Scusate, amico. La carrozza del Principe Ribaltò... ma chi vedo? (riconoscendo Don Magnifico) CLORINDA E TISBE (fra loro, attonite) Qual sorpresa! DON MAGNIFICO Uh! Siete voi! Ma il Principe dov’è? DANDINI Il caso è bello! DON MAGNIFICO (volendo interompere Ramiro) Ma... RAMIRO (Diventato è un mamalucco.) CLORINDA, TISBE E DON MAGNIFICO Ma una serva... RAMIRO Tacete. RAMIRO (facendo una mossa terribile) Olà tacete. L’ira mia più fren non ha! DON MAGNIFICO Addio cervello. (prende a sé Ramiro e Dandini) Se... RAMIRO E DANDINI Silenzio. CLORINDA, TISBE, CENERENTOLA, RAMIRO, DANDINI DON MAGNIFICO Che sarà! E Questo è un nodo avviluppato, Questo è un gruppo rintrecciato. Chi sviluppa più inviluppa, Chi più sgruppa, più raggruppa; Ed intanto la mia testa Vola, vola e poi s’arresta; Vo tenton per l’aria oscura, E comincio a delirar. CLORINDA (strappando Cenerentola con violenza dal suo sbalordimento) Donna sciocca! Alma di fango! Cosa cerchi? che pretendi? Fra noi gente d’alto rango L’arrestarsi è inciviltà. DON MAGNIFICO (come sopra, da un’altra parte) Serva audace! E chi t’insegna Di star qui fra tanti eroi? Va’ in cucina, serva indegna, Non tornar mai più di qua. RAMIRO (frapponendosi con impeto) Alme vili! invan tentate Insultar colei che adoro; Alme vili! paventate: Il mio fulmine cadrà. DANDINI Già sapea che la commedia Si cangiava al second’atto; Ecco aperta la tragedia, Me la godo in verità. CLORINDA E TISBE Son di gelo. DON MAGNIFICO Son di stucco. CENERENTOLA (in ginocchio a Don Ramiro, che la rialza) Ah! signor, s’è ver che in petto Qualche amor per me serbate, Compatite, perdonate, E trionfi la bontà. CLORINDA, TISBE E DON MAGNIFICO (con disprezzo) Ah! l’ipocrita guardate! Oh che bile che mi fa. RAMIRO E DANDINI (a Don Magnifico e le figlie) Quelle lagrime mirate: Qual candore, qual bontà! DON MAGNIFICO Ma in somma delle somme, Altezza, cosa vuole? RAMIRO Piano: non più parole. (prende per mano Cenerentola) Questa sarà mia sposa. CLORINDA, TISBE E DON MAGNIFICO Ah! ah! dirà per ridere. (a Cenerentola) Non vedi che ti burlano? RAMIRO Lo giuro: mia sarà. DON MAGNIFICO Ma fra i rampolli miei, Mi par che a creder mio... RAMIRO (con aria di disprezzo, contraffacendolo) Per loro non son io. Ho l’anima plebea, Ho l’aria dozzinale. DANDINI Alfine sul bracciale Ecco il pallon tornò E il giocator maestro In aria il ribalzò. RAMIRO (tenendo con dolce violenza Cenerentola) Vieni a regnar: lo impongo. CENERENTOLA (volendo baciar la mano a Don Magnifico ed abbracciare le sorelle, è rigettata con impeto) Su questa mano almeno, E prima a questo seno... DON MAGNIFICO Ti scosta. CLORINDA E TISBE Ti allontana. RAMIRO Perfida gente insana! Io vi farò tremar. CENERENTOLA (passeggiando incerta, e riflettendo ed abbandonandosi a vari sentimenti) Dove son? che incanto è questo? Io felice! oh quale evento! È un inganno! ah! se mi desto! Che improvviso cangiamento! Sta in tempesta il mio cervello, Posso appena respirar. ALTRI Quello brontola e borbotta, Questo strepita e s’adira, Quello freme, questo fiotta, Chi minaccia, chi sospira; Va a finir che a’ Pazzarelli Ci dovranno trascinar. RAMIRO E DANDINI Vieni, vieni. Amor ti guida A regnar e a trionfar. Ramiro trae seco Cenerentola, ed è seguito da Dandini e da Don Magnifico. SCENA NONA Tisbe, Clorinda, indi Alidoro. TISBE Dunque noi siam burlate? CLORINDA Dalla rabbia Io non vedo più lume. TISBE Mi pare di sognar; la Cenerentola... ALIDORO (entrando) Principessa sarà. CLORINDA Chi siete? ALIDORO (con alterigia) Io vi cercai la carità. Voi mi scacciaste. E l’Angiolina, quella Che non fu sorda ai miseri, Che voi teneste come vile ancella, Fra la cenere e i cenci, Or salirà sul trono. Il padre vostro Gli è debitor d’immense somme. Tutta Si mangiò la sua dote. E forse forse Questa reliquia di palazzo, questi Non troppo ricchi mobili, saranno Posti al pubblico incanto. TISBE Che fia di noi, frattanto? ALIDORO Il bivio è questo. O terminar fra la miseria i giorni, O curve a piè del trono Implorar grazia ed impetrar perdono. Nel vicin atrio io stesso, Presago dell’evento, La festa nuziale ho preparata: Questo, questo è il momento. CLORINDA Abbassarmi con lei! Son disperata! Sventurata! mi credea Comandar seduta in trono. Son lasciata in abbandono Senza un’ombra di pietà. Ma che serve! tanto fa: Sono alfine giovinetta, Capitar potrà il merlotto. Vo’ pelarlo in fretta in fretta, E scappar non mi potrà. Un marito, crederei, Alla fin non mancherà. (parte) ALIDORO La pillola è un po’ dura: Ma inghiottirla dovrà; non v’è rimedio. E voi, cosa pensate? TISBE Cosa penso? Mi accomodo alla sorte: Se mi umilio, alla fin non vado a morte. (parte) ALIDORO Giusto ciel! ti ringrazio! I voti miei Non han più che sperar. L’orgoglio è oppresso. Sarà felice il caro alunno. In trono Trionfa la bontà. Contento io sono. (esce) SCENA ULTIMA All’alzarsi della tenda scorgesi un atrio con festoni di fiori illuminato, e nel cui fondo su piccola base siedono in due ricche sedie Ramiro e Cenerentola in abito ricco; a destra in piedi Dandini, dame e cavalieri intorno. In un angolo Don Magnifico, confuso, con gli occhi fitti in terra. Indi Alidoro, Clorinda e Tisbe, mortificate, coprendosi il volto. CORO Della fortuna istabile La revolubil ruota Mentre ne giunge al vertice Per te s’arresta immota. Cadde l’orgoglio in polvere, Trionfa la bontà. RAMIRO (scuotendo Cenerentola) Sposa... CENERENTOLA (stupida per la gioia) Signor, perdona La tenera incertezza Che mi confonde ancor. Poc’anzi, il sai, Fra la cenera immonda... Ed or sul trono... e un serto mi circonda. DON MAGNIFICO (corre in ginocchio) Altezza... a voi si prostra. CENERENTOLA Né mai m’udrò chiamar la figlia vostra? RAMIRO (accennando le sorelle) Quelle orgogliose... CENERENTOLA Ah Prence, Io cado ai vostri piè. Le antiche ingiurie Mi svanir dalla mente. Sul trono io salgo, e voglio Starvi maggior del trono. E sarà mia vendetta il lor perdono. Nacqui all’affanno, al pianto. Soffrì tacendo il core; Ma per soave incanto, Dell’età mia nel fiore, Come un baleno rapido La sorte mia cangiò. (a Don Magnifico e sorelle) No no; - tergete il ciglio; Perché tremar, perché? A questo sen volate; Figlia, sorella, amica Tutto trovate in me. (abbracciandole) TUTTI MENO CENERENTOLA M’intenerisce e m’agita, È un Nume agli occhi miei. Degna del tron tu sei Ma è poco un trono a te. CENERENTOLA Padre... sposo... amico... oh istante! Non più mesta accanto al fuoco Starò sola a gorgheggiar. Ah fu un lampo, un sogno, un gioco Il mio lungo palpitar. CORO Tutto cangia a poco a poco Cessa alfin di sospirar. Di fortuna fosti il gioco: Incomincia a giubilar. SABINA WILLEIT mezzosoprano Nata a Bolzano, ha studiato canto al Conservatorio “Claudio Monteverdi” della sua città diplomandosi con il massimo dei voti. Attualmente studia con il M° Beniamino Prior. Nel 2001 ha vinto il Concorso As.Li.Co di Milano. Ha interpretato le seguenti opere: L’Incoronazione di Poppea, Il Giocatore, Il Flauto Magico, Così fan Tutte, Idomeneo, La Clemenza di Tito, L’Italiana in Algeri, Il Barbiere di Siviglia, L’Aio nell’imbarazzo, I Capuleti e i Montecchi, Falstaff, Don Carlo, Contes d’Hoffmann, Faust, Il Crepuscolo degli Dei, Arlecchino, Pulcinella, Ariadne auf Naxos. È stata diretta da Maestri quali Metha, Armin, Rudner, Fagen, Neuhold, Zedda, Rovaris, Frizza, Santi, Weikert, Kuhn, Manacorda, Fasciolo, Barchi, De Nadai, esibendosi nei seguenti Teatri: Maggio Musicale Fiorentino, Comunale di Bologna, Badkissingen, Ludwigsburg, Cremona, Brescia, Pavia, Como, Pisa, Ravenna, Cagliari, Bolzano, Lucca, Lecce, Opera di Roma, Liège, Pordenone al fianco del M° Beniamino Prior, Lussemburgo, festival di Wexford, La Coruna e Aix-enProvence. Prossimamente interpreterà L’oro del Reno, Le Valchirie, Don Carlo, Ariadne auf Naxos e Andrea Chenier in Germania. ALEJANDRO ESCOBAR tenore Nato in Colombia. Ha studiato con il soprano Cecilia Nunez Albanese ed ha frequentato corsi d’interpretazione rossiniana con Robert Ketellson e Rockwell Blake. Risulta vincitore d’importanti competizioni quali Concorso Teatro Nazionale di Tokio (2000), A. Bonci di Cesena per L’Opera Don Pasquale (2001), XXXIV Concorso internazionale per cantanti Lirici Toti dal Monte di Treviso per L’Opera Il Barbiere di Siviglia (2004). Risulta finalista al Giacomo Lauri Volpi (1997) e Marie Kraja in Albania (2004). Nel 1993 debutta ufficialmente come “Orfeo” nell’ Orfeo ed Euridice di Monteverdi. È stato co-protagonista nella Zarzuela Luisa Fernanda, Lucia di Lammermoor, Tosca, Trovatore (Teatro Colon-Bogota). Partecipa al Musical Maria Callas Master Class con circa 200 recite in Colombia. Dal 1997 intraprende un’intensa attività sia in Italia che all’estero con importanti performances nel repertorio belcantista, in Turandot, Fanciulla del West, Fedora, Carmen, Adriana Lecouvreur e Aida (Teatro il Rosetum-Milano), protagonista nella Sonnambula, Elvino (Alfa Teatro-Torino), La Vedova Allegra, Camille. L’elisir d’amore, Nemorino (Teatro Comunale-Ovada; Teatro delle Colonne di San Lorenzo-Milano; Teatro Comunale-Lerici), Don Pasquale, Ernesto (Teatro Comunale-Alessandria; Nizza M; Empoli; Teatro Alfieri-Asti; Teatro Colon-Bogota), La Bohème, Rodolfo (Empoli), I Puritani, Arturo (Bergamo), Rigoletto, Il Duca (Teatro Toselli-Cuneo; Sociale Alba; La crocetta-Torino; Sociale-Magenta), Romeo e Giulietta, Teobaldo (Teatro Colon-Bogota), Turandot, Pong (Teatro Jorge E. Gaitan-Bogota) Il Piccolo Spazzacamino di Britten (Teatro Regio-Torino), Sly (Teatro Politeama-Nizza), Forza del Destino, Carmen 2 Le Retour, Johannes Passion, Semiramide, La Fanciulla del West (Teatro Regio-Torino), Turandot, Pang (Anfiteatro Romano-Fiesole; Teatro Antico-Taormina), La Traviata, Alfredo (Teatro Antico-Taormina; Teatro Colon-Bogota; Teatro di Micheli-Copparo; Teatro Politeama-Venezia; Anfiteatro Isola d’Elba; Teatro Arlecchino-Voghera), Nabucco (Teatro Sociale-Rovigo; Comunale-Bolzano; Sociale-Trento; Verdi-Pisa), Barbiere di Siviglia, Conte d’Almaviva (Teatro Comunale-Treviso; Comunale-Gorizia; Teatro Sucre-Quito; Zvolen FestivaSlovacchia; Teatro Colon-Bogota; Teatro Coliseu-Porto; Teatro Comunale-Latina; Anfiteatro Minturno), Otello, Cassio (Teatro Colon-Bogota), La Cenerentola, Don Ramiro (Teatro San Filippo-Boario; Teatro Manoel-Malta; Teatro Palazzo dei congressi-Lugano). Don Giovanni, Don Ottavio (Salon de Provence; Fontanellato-Parma), Die Zauberflute, Tamino (Teatro Coccia-Novara). Parallelamente la sua attività concertistica lo ha visto esibirsi con importanti complessi ed include l’Oratorio drammatico Giovanna d’Arco di A. Honnegger e l’esecuzione della Misa Criolla di Ariel Ramirez con L’Orchestra Sinfonica di Colombia, Liebes Lieder ed I Neue Liebes Lieder Waltzer, Musica da Camera di Rossini, Homage to Leonard Bernstein per il programma il Regio Itinerante del Teatro Regio di Torino. Partecipa al Festival “Pergine Spettacolo Aperto” con l’Oratorio in forma scenica Catulli Carmina di Orff quale Catullo. Ad aprile 1999 canta nella Stagione di concerti del Teatro alla Scala di Milano A Wedding Anthem di Britten. Numerose rappresentazioni di: Requiem di Mozart, Stabat Mater di Haydn, Petit Messe di Rossini, Stabat Mater di Rossini, 9 Sinfonia di Beethoven, Messa di Gloria di Puccini, Messa Brevis di Mozart, Carmina Burana di Orff. Partecipa ad un importante programma in collaborazione con il servizio diplomatico Colombiano eseguendo Recital di grandissimo successo in diverse capitali europee quali Roma, Lisbona, Madrid, Parigi per diffondere la musica Latinoamericana. Invitato speciale nel 2006 per la commemorazione del 30° anniversario dell’Orchestra Filarmonica di Bogota ha partecipato all’esecuzione della Creazione di J. Haydn. WALTER FRANCESCHINI baritono Nato a Trento, compie gli studi di canto a Bolzano, con il M° Vito Maria Brunetti. Vincitore dei concorsi lirico internazionali: “Val di Sole” (TN) 2004, presieduto dal M°Bruno Dal Monte, ”Città di Merano” (BZ) 2007 presieduto da Katia Ricciarelli, e del “G. B. Velluti” (VE) 2007, presieduto da Magda Olivero. Incide per la “Live Recording” la prima esecuzione assoluta del”Requiem for the President” scritto da Antonio Busellato, in memoriam di John Fitzgerald Kennedy, eseguito nel duomo di Bolzano. Incide arie di Bellini e Tosti a Radio Vaticana, accompagnato al pianoforte dal M° Giovanni Velluti. Ha interpretato: Traviata, Bohème, Elisir d’amore, Ariadne auf Naxsos, Cavalleria Rusticana, Carmina Burana, Te Deum, e Requiem di Dvoràk, Stabat Mater di F. J. Haydn, Te Deum di Carpentier. È stato diretto da Maestri quali: Barchi, Fasciolo, Fagen, Bisanti, Montiglio, Salvalaio, De Nadai, Stefanescu. Si è esibito nei teatri: Comunale di Vicenza, Bolzano, Giglio di Lucca, Bergamo, Udine, al Verdi di Pordenone a fianco del tenore Beniamino Prior, Bologna, Praga, Râmnicu Vâlcea (Romania), Hull (UK). EUGENIO LEGGIADRI-GALLANI basso Nato a Gorizia, ha studiato canto con il soprano Cecilia Fusco, perfezionandosi poi con Elena Baggiore, Katia Ricciarelli, Raina Kabainvanska, Luciana Serra. Dopo aver cantato alla Televisione di Stato di Hulanbator (Mongolia), per la Settimana di Musica Italiana, ha debuttato nel 1995 a Tarragona (Spagna), come Colline nella Boheme, iniziando così una brillante carriera, ospite di importanti Enti e Teatri: III Festival d’Art Lirique di Never (Francia), Nozze di Figaro (Teatro di Tirana Albania), Madame Butterfly (Teatro di Valencia - Spagna), Cenerentola (Teatro di San Gallo - Svizzera; Tolone - Francia; Teatro di Istanbul - Turchia), La Scala di Seta (Teatro di Manchester - Gran Bretagna; Hannover - Germania), Una Partita di Zandonai (Teatro Politeama di Lecce), Carmen (Teatri di Piacenza e Como), Barbiere di Siviglia (Teatro di Salerno e Vittoriale di Gardone), Il Campanello dello Speziale (Teatri di Novara, Lucca e Bergamo) sotto la direzione del M° Carminati, Al Cavallino Bianco (Teatri di Adria, Rovigo e Bassano del Grappa), Festival dell’Operetta (Teatro G. Verdi di Trieste). Nel giugno 2004 ha cantato presso il Teatro Odeon Erode Attico di Atene (Grecia), nell’Opera “Le Avventure di Pinocchio” (direttore M° Donato Renzetti), opera commissionata per rappresentare l’Italia nell’anno olimpico. Si è inoltre esibito a Trieste, su invito del M° Daniel Oren, nella Cenerentola di Rossini, nel Trovatore per l’inaugurazione del Teatro di San Severo (Foggia), dove ha anche sostenuto il ruolo di Don Bartolo (Barbiere di Siviglia) con la regia del M° Michele Mirabella. Invitato a Spoleto nella produzione del Barbiere di Siviglia per i festeggiamenti del 60° Anniversario del Teatro Lirico ed ospite dell’Aslico di Milano (Don Pasquale), è stato al Teatro Regio di Torino nella passata stagione lirica. Intensa anche l’attività concertistica, che lo vede interprete nel Requiem di Mozart (Napoli, Taranto, Roma, Foggia) e in recitals a Madrid, Malaga, Barcellona, Bilbao, Roma (Sagrestia del Borromini) Napoli (Teatro Diana), Bari (Fondazione Piccinni), Firenze, Milano (Sala Barozzi), Torino, Pisa (Accademia Filarmonica), Lecce ( Teatro Politeama), Messina (Auditorium dell’Università) ecc. Ha inciso il Te Deum di Charpentier per la RAI Radio Televisione Italiana e La Figlia del Reggimento di Donizetti per la Naxos. LUCA TITTOTO basso Il basso Luca Tittoto nato ad Asolo (Treviso) ha vinto nell’anno 2006 il XIII° Concorso Lirico Internazionale Giuseppe Di Stefano città di Trapani per il ruolo di Don Alfonso nel Così fan tutte di Mozart, dopo essere stato finalista al XXXV° Concorso per giovani cantanti Toti Dal Monte di Treviso. Debutta nell’opera nel 2005 come Basilio nel Barbiere di Siviglia di G. Rossini con l’Orchestra della Società Filarmonia di Udine, successivamente al Teatro Ponchielli di Cremona ha interpretato Mercurio e Littore ne L’Incoronazione di Poppea di Monteverdi diretto da Ottavio Dantone, spettacolo ripreso a Como, Brescia, Pavia, Ravenna e Ferrara; il Lakkè in Ariadne auf Naxos di Strauss al Teatro G.Verdi di Trieste direzione Stefan Anton Reck, Uberto ne La Serva Padrona di G. B. Pergolesi, Don Annibale ne Il Campanello dello Speziale di G. Donizetti, Filiberto ne Il Signor Bruschino di G. Rossini, Bacocco ne Il Giocatore di L. Cherubini. In aprile 2006 ha partecipato alla produzione di Madama Butterfly al Teatro Carlo Felice di Genova, regia di Renata Scotto. Nel giugno 2006 ha cantato al Teatro degli Arcimboldi di Milano nella parte di Don Basilio ne Il barbiere di Siviglia di Paisiello direzione di Antonello Manacorda, Graßmusik KV 42 di Mozart con l’Accademia Bizantina diretta da Ottavio Dantone al Festival Spontini di Jesi, a Genova nel Flauto Magico direzione R. Frizza e Requiem fur Mignon di Robert Schumann, a Venezia per il Teatro La Fenice ha cantato nella prima moderna dei Vespri di Natale di Galuppi nella Basilica di San Marco inoltre Manfred di Robert Schumann nei Teatri di Udine e Trieste. Il 2007 lo ha visto impegnato alla Fenice di Venezia nella produzione di Vedova scaltra di Wolf Ferrari, successivamente al Festival Monteverdi di Cremona come Plutone nell’Orfeo di C.Monteverdi diretto da Andrea Marcon e nella stessa parte ha debuttato al Festival di Aix en Provence con Renè Jacobs sul podio. Nell’autunno al Teatro Sociale di Rovigo ha interpretato Roucher nell’Andrea Chenier e al Teatro Lirico di Cagliari la parte di Giove nell’ Orfeo all’Inferno di Offenbach. Il 2008 inizia con il dedutto all’ ABAO Opera di Bilbao nel ruolo di Don Alfonso nel Così fan tutte di Mozart, debutta come Raimondo nella Lucia di Lammermoor al Teatro Comunale di Bologna, Alidoro ne La Cenerentola di G. Rossini al Teatro Rendano di Cosenza, Quince ne A Midsummer night’s Dream di B.Britten all’ Operà di Nizza. Fra i prossimi impegni Figaro ne Le Nozze di Figaro al Teatro Olimpico di Vicenza,il ritorno al Teatro Ponchielli di Cremona, all’ ABAO Opera di Bilbao, al Comunale di Bologna e al Festival di Aix en Provance edizione 2009. Attualmente studia con il tenore Beniamino Prior. MARIANNA PRIZZON soprano Dopo gli studi musicali compiuti presso il Conservatorio di Musica della sua città natale, Trieste, frequenta corsi di perfezionamento con importanti Maestri di Canto, (Leone Magiera, Renata Scotto, Katia Ricciarelli, Luciana Serra, Gianni Raimondi, Ernesto Palacio), affinando la sua tecnica e ampliando il suo repertorio lirico. Nel 2002 debutta al Teatro di Montecarlo nel “Forum Grimaldi” accanto a nomi internazi quali il grande tenore Luciano Pavarotti, e altri fra cui il soprano Fiorenza Cedolins, il tutto sotto la direzione del noto pianista e direttore d’Orchestra il M° Leone Magiera. Da allora la sua attività artistica si è sviluppata in vari Teatri italiani ed esteri in ruoli di grosso spessore vocale. Di particolare rilievo è quello di Donna Anna (Don Giovanni - Mozart). Il positivo debutto dell'impegnativo ruolo mozartiano con l'Opera Giocosa di Trieste gli ha aperto le porte del Teatro di Massy di Parigi con repliche al Teatro di Como per la stagione 2006 - 2007 dell’As.li.co. con l'Orchestra dei Pomeriggi Musicali di Milano, diretta dal M° Carlo Tenan (già assistente del M° Lorin Maazel ), destando l'attenzione della critica musicale più qualificata. Dotata di una voce lirica ma anche con la possibilità di agilità naturali, nel 2002 interpreta con grande successo il “proibitivo” ruolo della “Regina della notte” ottenendo nella stagione del Puccini Festival di Lucca, con la produzione dell'Opera Giocosa di Trieste, un entusiastico successo con repliche a Gorizia e Trieste. I ruoli che interpreta negli ultimi tempi spaziano da Adina (Elisir), a Rosina (Barbiere), da Musetta (Bohème), a Lucia (Lucia di Lammermoor) e a Violetta (Traviata), dal Messiah di Handel alla Sinfonia IX di Beethoven. Svolge numerosi recital sia con programmi di musica da Camera che con “contaminazioni” di autori contemporanei, di rara esecuzione, sia di musica barocca, in particolare musiche di Haendel e Vivaldi. A Febbraio 2008 ha debuttato con successo nel ruolo di Elisetta da Il Matrimonio segreto di D. Cimarosa a Roma, Auditorium - Parco della Musica, e Rieti con l’Orchestra di Roma e del Lazio diretta dal M° Francesco Vizioli. Ha debuttato al teatro sociale di Como, al Teatro Grande di Brescia, Teatro Fraschini di Pavia, Teatro Ponchielli di Cremona, Teatro Alighieri di Ravenna, Teatro degli Arcimboldi come Fiordiligi per il progetto Operadomani dell’Aslico, le cui repliche si svolgeranno prossimamente al Teatro Bibbiena di Mantova e in ottobre al Teatro Verrdi di Trieste. È recente il suo debutto a Seoul in Korea dove è stata interprete molto apprezzata nella IX Sinfonia - corale di L. van Beethoven al Sejong Art Center’ s, per il concerto di inaugurazione della Korea W Philarmonic Orchestra diretta dal M° Nam Yun Kim (già direttore della New Jersey Philarmonic Orchestra degli U.S.A.). Prossimi impegni: debutto nel ruolo di Susanna dalle Nozze di Figaro di W. A. Mozart e copertura di Gilda dal Rigoletto di G. Verdi. SIMONA FORNI mezzosoprano Consegue il diploma di canto presso il Conservatorio “Nicolini” di Piacenza. È stata prescelta tra i giovani cantanti che hanno partecipato al progetto “Mozart Da Ponte” presso l’Accademia di Fiesole, sotto la direzione del M° Claudio Desderi, ed ha maturato significative esperienze frequentando i corsi di perfezionamento vocale ed interpretativo con il soprano Elly Ameling, e con i mezzosoprano Gloria Banditelli e Biancamaria Casoni. Nell’ambito della musica sacra ha cantato: Berlioz “Enfance du Christ”, Haendel “Dixit Dominus”, Dvorak “Te Deum”, Perosi “Dies Iste”, Rossini “Stabat Mater” - “Petite messe solennelle”, Mozart “Requiem” - “Sei Notturni” - “Kronungs-Messe”. Ha cantato presso l’Auditorium “Verdi” di Milano i “Neue Liebeslieder” di Brahms, in “Suor Angelica” il ruolo di Maestra delle Novizie, il ruolo della Moglie di Noè ne “L’Arca di Noè” di Britten, “El amor brujo” di M. de Falla. Nel Maggio 2005 ha debuttato nell’opera di H. Purcell “Dido and Aeneas” nel ruolo di Didone. Presso il teatro “Manoel” dell’Opera di Malta ha cantato il ruolo di Mrs. Quickly nel “Falstaff” di Verdi e Tisbe ne “La Cenerentola” di Rossini. Presso i teatri “”Fraschini” - Pavia, “Ponchielli”- Cremona, “Teatro Grande”-Brescia, “Teatro Sociale”Brescia, “Donizetti”- Bergamo, “Teatro Sociale” - Como, “Teatro Comunale”-Modena, “Alighieri”Ravenna, ha interpretato i ruoli di Contessa di Ceprano e Maddalena in “Rigoletto”, Flora in “Traviata”, Mrs. Quickly nel “Falstaff” di G. Verdi e il ruolo di Marthe nel “Faust” di Gounod. Collabora, in qualità di aggiunta, con il coro del Teatro alla Scala. ALFREDO BARCHI - ORCHESTRA SOCIETÀ FILARMONIA Titolare dal 1989 della cattedra di Esercitazioni Orchestrali presso il Conservatorio “J. Tomadini” di Udine, ha studiato oboe con G. Siviero e direzione d’orchestra con G. Massimi. Ha svolto attività concertistica con il Sestetto Poulenc. Nel 1979 è stato premiato da Goffredo Petrassi al 2° Concorso Internazionale di Ancona ed è stato invitato al Festival Internazionale di Langeais. Tra le registrazioni effettuate si annoverano Un concerto per domani, trasmesso sulla prima rete nazionale a cura di G. Carli Ballola, e Nuovi Concertisti sulla terza rete R.A.I. In seguito ha scelto la strada della direzione d’orchestra frequentando un corso di perfezionamento a Brescia tenuto da Alceo Galliera. Ha collaborato come assistente preparatore di Daniel Oren per l’allestimento di Lucia di Lammermoor al Teatro Regio di Parma, indi per Adriana Lecouvreur al Teatro La Fenice di Venezia. La sua prima direzione risale al 1984 al Teatro dell’Aquila di Fermo con il Requiem di Mozart. Dal 1991 al 1996 è stato direttore artistico e direttore principale dell’Orchestra Filarmonica di Udine, alla direzione della quale ha eseguito il maggiore repertorio sinfonico, Don Pasquale (1995) e La Bohème (1996). Nel corso di questi anni ha accompagnato cantanti quali B. Prior, L. Mazzaria, L. D’Intino, B. Giaiotti, A. Mariotti, M. Pecile ed altri. Per il ventennale del terremoto in Friuli ha diretto il Requiem di Luigi Cherubini, trasmesso sulla prima rete nazionale. Nel 1998 Alfredo Barchi è stato tra i fondatori di Società Filarmonìa, di cui è direttore artistico e direttore d’orchestra principale per tutti i progetti concertistici promossi ed organizzati dalla stessa. L’Associazione “Società Filarmonìa” è sorta con lo scopo di promuovere la cultura musicale e proporre concerti di alto profilo artistico riunendo esperienze e competenze musicali diversificate. Musicisti operanti nelle maggiori orchestre italiane sono quindi entrati a far parte di una struttura assai duttile, al fine di assicurare la presenza di esecutori di elevato livello e di offrire opportunità ai talenti emergenti, sia in qualità di solisti che di membri dei due organici sinfonici costituitisi al suo interno, l’Orchestra della Società Filarmonia e “I Virtuosi di Aquileia”. La Società Filarmonìa è stata protagonista di numerosi appuntamenti concertistici di grande rilievo, tra i quali vanno ricordati: il concerto inaugurale della stessa, tenuto nell’ambito del cartellone Udine d’Estate 1998, i concerti udinesi per il “FAI - Fondo per l’Ambiente Italiano” del 1998 e 1999, il “Grande Concerto d’Estate” per Udine d’Estate 1999, Rossiniana in collaborazione con Friuli Doc 1999. Tra marzo ed aprile 1999 Alfredo Barchi ha diretto la sua orchestra in Mozart, Concerti e Sinfonie al Teatro Nuovo di Udine (cinque appuntamenti che hanno ottenuto il prestigioso patrocinio dell’Internationale Stiftung Mozarteum Salzburg); nel novembre dello stesso anno è stato invitato nell’ambito del prestigioso cartellone della Società dei Concerti del Teatro Regio di Parma presentando un analogo programma mozartiano. A questo è seguita una seconda edizione di Mozart, Concerti e Sinfonie presso il Giovanni da Udine tra gennaio e maggio 2001. Subito dopo è stato nuovamente invitato dalla Società dei Concerti di Parma nella stagione 2000-2001. Nell’aprile 2000 si è esibito nel concerto inserito nella stagione musicale del Teatro Nuovo di Udine (solista, Stefan Milenkovich). Il mese seguente è stato varato il progetto culturale Musica per il Friuli 2000, ricerca d’archivio, trascrizione ed esecuzione, spesso in prima assoluta, di pagine del repertorio sinfonico e sinfonico-vocale di autori friulani, giuliani ed istriani. I tre concerti tenuti al Teatro Nuovo Giovanni da Udine nel maggio 2000 e nel marzo 2003, gli appuntamenti al Teatro “Adelaide Ristori” di Cividale del Friuli nel novembre 2000, presso la Chiesa di S. Francesco di Cividale del Friuli e la Sala Maggiore del Mozarteum di Salisburgo nel giugno 2001, e le esecuzioni di pagine sacre in diversi contesti liturgici presso il duomo di Udine e il duomo di Pordenone, la basilica di Aquileia e l’abbazia di Rosazzo (Manzano), hanno riportato alla luce pagine dimenticate dei più importanti compositori della Regione Friuli-Venezia Giulia, contribuendo notevolmente all’attuale dibattito sulla cultura e l’arte in Friuli negli ultimi due secoli. A tutto questo si aggiungono: l’omaggio a Giuseppe Verdi nel centenario della scomparsa, concerti sinfonico-vocali tenuti nel luglio 2001 all’Arena Alpe Adria di Lignano Sabbiadoro, il concerto tenuto a Udine per il cartellone di Udine d’Estate, (serata ripetuta ad Aquileia e Klagenfurt), il concerto per la Croce Rossa Italiana al Teatro Nuovo di Udine nel novembre 2001, il progetto per l’estate 2002, “I’ mi trovai, fanciulle, un bel mattino..., Un itinerario nella fiaba musicale”, interpretato da Paolo Villaggio. Nel 2003 ha realizzato il CD Musiche in Friuli - Rare works of musicians from Friuli, per l’etichetta Bongiovanni. Nell’estate dello stesso anno ha presentato “Mediterraneo, Un itinerario fra poesia, canzone d’autore e…”, al quale hanno partecipato le voci di Pamela Villoresi e Omero Antonutti, il concerto svolto nell’ambito del “Mittelfest” di Cividale del Friuli, edizione 2003, il progetto Suite 1797, dedicato alla figura di Napoleone in Friuli e ai compositori contemporanei Valter Sivilotti, Marco Sofianopulo e Daniele Zanettovich (progetto inserito nel cartellone 2003-2004 del Teatro Nuovo Giovanni da Udine), il concerto-intervista “Omaggio del Friuli a Fellini” del 23 settembre 2004 con musiche di Rota, Bacalov, Plenizio eseguite da “I Virtuosi di Aquileia”, con l’intervista all’attrice Sandra Milo curata dalla giornalista Gloria De Antoni. Nel maggio 2005 presso il Teatro Nuovo Giovanni da Udine ha diretto l’opera inedita multimediale Cagion d’Honore di Walter Sivilotti su testo di Renato Stroili Gurisatti (Teatro Nuovo Giovanni da Udine). Il mese seguente, per il progetto Carro di Tespi ha diretto l’opera lirica Il Barbiere di Siviglia, itinerante in sei piazze del Friuli Venezia Giulia. Il 27 maggio per il cartellone 2006 del Teatro udinese, l’Orchestra della Società Filarmonìa è stata protagonista dell’evento musicale Il segreto della tredicesima luna del drammaturgo Renato Stroili Gurisatti, con le musiche di Cristian Carrara, Daniela Terranova e Giulia D’Andrea (balletto-fiaba per attori, danzatori, solisti e orchestra che ha coinvolto le migliori risorse artistiche giovanili della regione Friuli-Venezia Giulia). Nell’Estate 2006 nuovamente nell’ambito del Carro di Tespi ha realizzato l’opera lirica Cavalleria Rusticana in cinque città della Regione Friuli Venezia Giulia tra cui Udine e Pordenone. Poco tempo dopo ha realizzato un concerto celebrativo per i cinquant’anni di fondazione della Banca Credem, filiale di Boretto (RE). Ha poi inciso il disco Mozart, realizzato con l’Orchestra dei Virtuosi d’Aquileia, per l’etichetta Stradivarius. Nel 2007, nuovamente per Carro di Tespi ha diretto L’elisir d’amore, e in occasione del Natale Celebri concerti per oboe con i solisti A. Negroni, S. Rava, L. Vignali. Il 21 maggio 2008, sempre con l’Orchestra Società Filarmonia, ha diretto Lyric Concert presso il Teatro Nuovo di Udine. Incide per Bongiovanni e Stradivarius. CORO DEL FRIULI VENEZIA GIULIA Il Coro del Friuli Venezia Giulia è nato nel 2001. Al fianco dell’Orchestra Sinfonica del Friuli Venezia Giulia ha tenuto numerosi concerti in Regione con trasferte a Roma e Vienna. La collaborazione con l’orchestra ha prodotto anche la registrazione di quattro dischi (Cori verdiani, Requiem di Mozart, IX Sinfonia di Beethoven e brani sacri del giovane Mozart). Tiene numerosi concerti con l’orchestra barocca ungherese Capella Savaria, L’Ensemble L’Aura Soave, la Junge Philarmonie Wien, la Società Filarmonìa ecc. Ha inoltre preso parte, spesso inaugurandole, a stagioni musicali tra cui Carniarmonie, Nei Suoni dei luoghi, Festival di Cremona, Stagione del Comunale di Modena, Musica e Poesia a S. Maurizio di Milano, Talos Festival di Ruvo di Puglia, Musikverein di Klagenfurt, Stadttheater di Klagenfurt, Mittelfest, Wien Musikwoche, Amici della Musica di Padova ecc.. Le performances, inoltre, con celebri esponenti del Jazz quali Kenny Wheeler, John Surman, John Taylor, Markus Stockhausen, Enrico Rava, Andrea Tofanelli, Klaus Gesing e Glauco Venier hanno permesso alla compagine di sperimentare nuove forme di espressione. Significative anche le collaborazioni con cantanti pop quali Andrea Bocelli, Edoardo De Angelis e Tosca. È stato diretto da E. Rojatti, P. Paroni, F. Belli, D. Pitis, P. Faldi, H. Moody, E. Hoetzel, A. Barchi, D. De Lucia, R. Gessi, V. Sivilotti, A. Marchiol, M. Lessky, C. Coin, D. Cantalupi. Degne di nota le collaborazioni e l'amicizia instaurate con il Maestro Gustav Leonhardt, che ha diretto un ciclo di Cantate bachiane. Ha collaborato inoltre con solisti del calibro di Emma Kirkby, al fianco della quale è comparso in un documentario inglese andato in onda più volte in Inghilterra, e Luisa Castellani. Il coro tiene circa 25 concerti all’anno e, fin dalla sua fondazione, è diretto da Cristiano Dell’Oste. GIAMPAOLO ZENNARO Regista internazionale, realizza le sue produzioni nei Teatri d’Opera più importanti del mondo, con proposte attuali, che ne esaltano il contenuto musicale, in una ricerca storico emozionale, e traducono in immagini attraverso interpretazioni gestuali l'intimo umano, in spazi scenici e architetture affascinanti di interesse e ricerca culturale, provocando nuove letture, che seguono l’evolversi di un’esperienza maturata nel Teatro lirico d’oggi e la conoscenza profonda della partizione. Nato a Venezia, ha studiato architettura, scenografia e coreografia all'accademia Diaghilev diretta da Serge Lifar, teatro drammatico, e cinematografia a Roma. Inizia l’attività di regista nei Teatri Emiliani ATER nel 1967 per poi proseguire verso gli altri Enti Lirici Italiani e l'Opera di Genova, Teatro ove per dieci anni ricopre l'incarico di regista stabile firmando molte regie di nuove produzioni, prestigiose inaugurazioni e tournée internazionali. Sempre a Genova assume per tre anni la direzione degli allestimenti del Festival Internazionale del Balletto di Nervi. Fa seguito una carriera europea ed internazionale che lo porta in breve tempo ai grandi Teatri del mondo, dal Colon di Buenos Aires all’Opera di Madrid, Barcellona, alle capitali francesi, al Teatro di Lipsia, alle capitali dell'Est, alle grandi scene italiane, alla Fujara Opera Di Tokio ed all’Opera Metropolitan di Seoul; numerose regie sono state riprese e trasmesse in televisione. È stato Direttore Artistico di diversi Teatri Lirici di Tradizione, in Italia e all’estero, nominato membro ad onore dell'Unione Europea di Relazioni Pubbliche a Bruxelles (U.E.R.P.). Durante la sua carriera, accanto a Direttori d’orchestra prestigiosi, ha diretto la maggior parte dei più famosi interpreti lirici del mondo. Ha ideato e realizzato moltissime scenografie, sia per produzioni proprie che per allestimenti di Enti Lirici. EMMANUELA COSSAR Nata a Palmanova nel 1978, ha conseguito il diploma di operatore della moda nel 1997 all’istituto Raimondo d’Aronco di Gemona del Friuli. Successivamente, è stata ammessa al corso di laurea in Progettazione della moda specializzazione Costume teatrale dell’Università degli Studi di Firenze. Durante la frequenza ha partecipato alla realizzazione di due sfilate, esponendo i propri costumi su modelli rinascimentali alla Mostra dell’Artigianato di Firenze (Fortezza da basso). Inoltre, nel 1999 e 2000 ha partecipato, sempre nel capoluogo toscano, alla realizzazione di trucchi e costumi per gli spettacoli Sogno di una notte di mezza estate e Striga. Ha partecipato anche a uno stage alla sartoria teatrale De Valle di Torino. Nel 2002, poi, si è brillantemente laureata discutendo una tesi multimediale (costumi, testi e immagini video) intitolata Il costume rock nelle copertine dei dischi dagli anni ’60 agli anni ‘80. Ha partecipato inoltre alla realizzazione dei costumi per la Clavicola di re Salomone e Il giardino dei ciliegi per l’Accademia d’arte drammatica Nico Pepe di Udine. Nel 2003 progetta i costumi per l’Otello di Giuseppe Verdi per la regia di Paolo Bosisio: i bozzetti sono stati esposti al Teatro delle Erbe di Milano. Nel 2004 e nel 2005 ha lavora alla Jato, azienda di ricami per l’alta moda, di San Lazzaro di Savena. Nel 2006 progetta e realizza a Udine i costumi per lo spettacolo “Il segreto della tredicesima luna" con la regia di Renato Stroili Gurisatti e nell’autunno dello stesso anno lavora come assistente costumista presso lo “Stadttheather Klagenfurt” lavorando all´allestimento dell’opera “Elisir d’Amore” di Gaetano Donizetti con la regia di Valentina Simeonova. Nel 2007 collabora con la Società Filarmonia curando i costumi per l’Opera “L’Elisir d´amore” di Gaetano Donizetti con la regia di Antonio Petris. Nel 2008 collabora con Il Piccolo Festival di Reana del Rojale curando i costumi per lo spettacolo “La Piccola Butterfly” per la regia di Antonio Petris. Dal 2005 vive e realizza progetti in Austria, ma continua ad intrattenere proficui rapporti di lavoro con diverse realtà culturali e creative del Friuli Venezia Giulia, collaborando fra l’altro con alcuni atelier friulani per i quali ha ideato più linee di accessori per l’abbigliamento. MICHELE UGO GALLIUSSI È nato a Udine nel 1963, ove vive e lavora. Divide il proprio tempo tra l'insegnamento di Lettere e Storia presso istituti superiori della provincia di Udine e le attività pittoriche e grafiche, da anni rivolte anche all'ideazione ed alla realizzazione di scenografie teatrali. Dalle sue prime sperimentazioni scenografiche per le “via crucis” rappresentate sul sagrato del Duomo di Udine nel 1981 e 1982, si passa all'allestimento di sacre rappresentazioni a Ciconicco di Fagagna (1987-1992; 1999-2000; 2006) ed alla preparazione di scenari per l'epifania tarcentina (1993-2005). Nel 1987 realizza le scene per la commedia in lingua friulana “Il quilibrio”,di Alviero Negro, rappresentata al Palamostre di Udine. Nel 1994 progetta l'allestimento cittadino di Udine in occasione del “Palio di S. Giorgio”, dipingendo anche l'omonimo stendardo (ora conservato presso la parrocchia del Carmine). La collaborazione con il M° Alfredo Barchi ha origine con le scene dipinte del “Don Pasquale” di Donizetti, opera presentata a Udine, in piazza Matteotti, nel 1995. Nel 1996, invece, realizza scene per i “Diari delle identità - testi di giovani friulani, giuliani, sloveni, istriani nel mondo”, opera presentata al Mittelfest di Cividale del Friuli. Se per la “Cavalleria rusticana” di Mascagni (2006) le scenografie ricordavano un centro dell'entroterra catanese di fine Ottocento e per l'”Elisir d'amore” di Donizetti (2007) un piccolo centro delle province basche del XVIII secolo, ora la “Cenerentola” richiama elementi tardo-rinascimentali e barocchi, in relazione alla fiabesca versione del testo rossiniano. Per la costruzione dei supporti, sui quali è poi intervenuto pittoricamente, Galliussi si è avvalso della collaborazione delle cooperative “La ragnatela” di Majano ed “Hattiva” di Colugna. HATTIVA È una Cooperativa nata nel 1997 per volontà di un gruppo di famiglie coinvolte nelle problematiche dell’handicap. La Cooperativa si occupa dell’inserimento lavorativo di persone con disabilità psico-fisica, svantaggio sociale e della promozione di attività socio-educative e riabilitative. Hattiva inoltre è nata per fornire servizi e prodotti nell’ambito della grafica pubblicitaria e, negli anni, ha sviluppato anche una serie di servizi di assemblaggio e confezionamento in cui opera un cospicuo numero di persone con disabilità. Nel tempo i due settori sono stati aggiornati con attrezzature all’avanguardia e potenziati con personale altamente qualificato attraverso cui possiamo attualmente rispondere alle più svariate necessità progettuali e realizzative in ambito grafico e numerose esigenze di confezionamenti e assemblaggi. Hattiva non è solo produzione. L’obiettivo con cui è nata la cooperativa è quello di dare una risposta variegata e il più possibile completa alla disabilità adulta, occupandosi di molti aspetti della vita dei soci svantaggiati e non solo, dunque di quello lavorativo. In questa prospettiva sono stati sviluppati numerosi progetti di formazione e sostegno. RAGNATELA La cooperativa Ragnatela è nata nel 2000 su iniziativa dell’Associazione Nostro Domani Pontello Valentino ONLUS, è costituita da famiglie di ragazzi disabili del territorio della Comunità Collinare del FVG. Si tratta di una cooperativa di tipo B che si propone come obiettivo l’integrazione e la crescita dell’autonomia dei disabili attraverso l’inserimento lavorativo in un ambiente protetto. Nell’ambito della cooperativa prestano la loro attività persone qualificate, tecnicamente preparate, che garantiscono la realizzazione di prodotti competitivi per qualità e convenienza. La prima attività lavorativa è sorta a S. Daniele del Friuli con l’apertura di un laboratorio tessile. Nell’anno 2002 l’attività si è amplificata con l’apertura di un laboratorio di legno a Majano.