Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia _______________________________________________________________________ IX LEGISLATURA - ATTI CONSILIARI - PROGETTI DI LEGGE E RELAZIONI _______________________________________________________________________ CONSIGLIO REGIONALE GM/MN N. 141-A RELAZIONE DELLA III COMMISSIONE PERMANENTE (Istruzione, attività sociali e ricreative: istruzione, igiene e sanità, assistenza sociale, formazione professionale, emigrazione, attività e beni culturali, sport e attività ricreative) (Relatore di maggioranza LUPIERI) sul DISEGNO DI LEGGE <<Norme di semplificazione in materia di igiene, medicina del lavoro e sanità pubblica e altre disposizioni per il settore sanitario>> Presentato dalla Giunta regionale il 15 giugno 2005 ----- Presentata alla Presidenza il 25 luglio 2005 ----- Capo I Norme di semplificazione in materia di igiene, medicina del lavoro e sanità pubblica. Come in tutti gli altri contesti lavorativi, la burocrazia ostacola fortemente e rallenta i percorsi anche nell’ambito di competenza delle materie socio-sanitarie. Sorge quindi inevitabile la necessità di apportare modifiche che vadano nella direzione di una semplificazione e deburocratizzazione dei procedimenti amministrativi laddove vengano richieste certificazioni sanitarie da ritenersi obsolete con riferimento all’evoluzione normativa e della scienza medica. Certamente una semplificazione e deburocratizzazione di norme riguardanti materie sanitarie vanno nel senso di poter garantire una maggiore appropriatezza ai percorsi non solo di salute ma anche di organizzazione nel contesto sanitario. Si riprende a tale scopo parte della relazione che accompagna il Disegno di legge n. 141 presentato dalla Giunta regionale il 15 giugno 2005. “Al riguardo appaiono fondamentali i principi contenuti nella sentenza n. 162, dell’1.6.2004, della Corte costituzionale che, nel valutare la legittimità costituzionale della legislazione regionale già intervenuta in materia, ha chiarito, con riferimento alla tutela igienica degli alimenti, che non è possibile considerare tutte le prescrizioni delle leggi statali quali principi fondamentali della materia, ma che “principio ispiratore della normativa in esame” deve considerarsi il precetto secondo il quale “la tutela igienica degli alimenti deve essere assicurata anche tramite la garanzia di alcuni necessari requisiti igienico-sanitari delle persone che operano nel settore, controllabili dagli imprenditori e dai pubblici poteri”, da attuarsi mediante continui ed efficaci interventi preventivi, nonché di controllo ed ispezione sullo stato di salute e sui comportamenti igienici di coloro che operano nel settore alimentare. Altrettanto essenziale il principio ribadito da tale sentenza con riferimento al rilascio di certificazioni sanitarie attribuite al Servizio sanitario nazionale, visto che la normativa intervenuta successivamente alla legge n. 833/1978 ha attribuito funzioni certificatorie a soggetti diversi e ha esplicitamente riconosciuto ai legislatori regionali poteri di riorganizzazione delle strutture sanitarie locali (particolarmente rilevante risulta in proposito l’art. 2, comma 2, del DLGS 30.12.1992, n. 502). Deve considerarsi come rientrante a pieno titolo nelle competenze delle regioni, quindi, l’abolizione dei certificati sanitari ritenuti obsoleti e del libretto sanitario per chi lavora con gli alimenti. L’Amministrazione regionale, peraltro, già con deliberazione giuntale n. 3529, del 14 novembre 2003, recante “Linee di gestione del Servizio sanitario regionale nell’anno 2004”, aveva previsto l’istituzione di un tavolo tecnico per effettuare una ricognizione delle procedure adottate dai dipartimenti di prevenzione delle aziende sanitarie regionali con riferimento ad attività che presentano evidenze di comprovata inefficacia e per le quali è possibile intraprendere un percorso di deburocratizzazione. I I risultati di tale lavoro, che ha ricevuto il conforto dei principi di cui alla sentenza n. 162/2004, sono stati trasfusi nel capo I del presente disegno di legge. Con riferimento all’art. 1 si rappresenta quanto segue. Tale norma delimita l’ambito di intervento delle disposizioni di cui al capo I del disegno di legge. Con riferimento all’art. 2 si rappresenta quanto segue. Tale norma, al comma 1, individua quei certificati sanitari per i quali è abolito l’obbligo di presentazione. Tale elenco tiene conto di quanto emerso nel tavolo tecnico previsto dalle Linee di gestione del Servizio sanitario regionale per l’anno 2004 e comprende quei certificati, normati a livello nazionale o regionale, ritenuti del tutto superflui in quanto richiedono, di fatto, l’accertamento di un generico stato di buona salute, ovvero di un’idoneità generica al lavoro a tutela della salute e delle sicurezza negli ambienti di lavoro. In quest’ultimo caso trovano applicazione le disposizioni di cui al DLGS n. 626/1994, che prevedono opportuni accertamenti da parte del medico competente per constatare l’assenza di controindicazioni al lavoro cui i dipendenti sono destinati e periodici controlli sullo stato di salute dei lavoratori. I commi 2 e 3 prevedono due importanti eccezioni a tali principi: è previsto, infatti, il rilascio del certificati in parola sia in quei casi in cui siano previsti dalle norme di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro, ovvero manchino i controlli da parte del medico competente, sia in quei casi in cui vengono richiesti da enti o istituzioni non soggetti all’applicazione della legge regionale. Il comma 4 chiarisce la possibilità, per i cittadini, di autocertificare l’avvenuta esecuzione delle vaccinazioni obbligatorie. Tale possibilità è stata ritenuta ammissibile dalla sentenza della Corte costituzionale n. 162/2004, che ha fornito i necessari chiarimenti per l’interpretazione del D.P.R. 28.12.2000, n. 444. Il comma 5 rimette ai professionisti che meglio conoscono lo stato di salute di studenti e minori e, cioè, ai medici di medicina generale ed ai pediatri di libera scelta, l’adozione di certificati per l’esonero dalle lezioni di educazione fisica. Con riferimento all’art. 3 si rappresenta quanto segue. Tale norma, al comma 1, elimina l’obbligo di accertamenti sanitari inefficaci con riferimento alla tutela della salute pubblica, o superflui, in quanto relativi ad attività soggette alla valutazione dei rischi prevista dal DLGS n. 626/1994. Al comma 2 viene eliminato l’obbligo del libretto sanitario per chi lavora con gli alimenti, la cui emanazione, peraltro, è già stata sospesa con deliberazione giuntale 23.10.2002, n. 3589, senza che tanto abbia comportato l’insorgenza di fatti rilevanti in materia di sanità pubblica. Quale contrappeso vengono previsti gli obblighi di formazione del personale di cui all’art. 5. Con riferimento all’art. 4 si rappresenta quanto segue. II Tale norma abolisce gli obblighi relativi alla tenuta dei registri di medicina scolastica e delle cartelle sanitarie individuali, di comprovata inefficacia in termini di prevenzione, e pone a carico della direzione scolastica i compiti di disinfezione e disinfestazione che non dipendano da esigenze di sanità pubblica. Con riferimento all’art. 5 si rappresenta quanto segue. Tale norma è il logico corollario dell’abolizione dell’obbligo del libretto di idoneità sanitaria. La Regione, nell’ambito della propria discrezionalità legislativa, ha eliminato, infatti, con l’art. 3, una discussa forma di documentazione episodica dello stato di salute degli operatori del settore alimentare, e ha previsto, con l’art. 5, continui e più efficaci interventi preventivi, nonché di controllo e di ispezione sullo stato di salute e sui comportamenti igienici di coloro che operano nel settore alimentare. Con riferimento all’art. 6 si rappresenta quanto segue. L’entrata in vigore delle norme in argomento avrà un’importante ricaduta sull’attività dei dipartimenti di prevenzione delle aziende per i servizi sanitari, che saranno chiamati a svolgere in maniera più articolata e complessa i compiti previsti dal DLGS n. 502/1992, ad esempio “promuovere azioni volte a individuare e rimuovere le cause di nocività e malattia di origine ambientale, umana e animale” e tutelare “la collettività e dei singoli dai rischi infortunistici e sanitari connessi agli ambienti di lavoro”. Su quest’ultimo aspetto la Regione è già intervenuta con la deliberazione giuntale n. 3926/2002. Si ritiene indispensabile, per tali motivi, che la Regione individui nuovi obiettivi per le attività dei dipartimenti di prevenzione e che tale necessità sia prevista con legge. In tal senso interviene, quindi, tale norma, che attribuisce alla Giunta regionale l’individuazione di tali obiettivi. CAPO II Altre disposizioni per il settore sanitario Con riferimento all’art. 7 si rappresenta quanto segue. L’Amministrazione regionale, ai sensi dell’art. 26, comma 3, del regolamento di organizzazione dell’Amministrazione regionale e degli enti regionali, può conferire, con contratti di diritto privato a tempo determinato, gli incarichi di direttore di servizio o di staff, per un numero massimo di unità pari al quindici per cento del numero di posti complessivamente previsti per gli incarichi medesimi, a persone, in possesso del diploma di laurea e di particolare e comprovata qualificazione professionale. Di tale opportunità si è avvalsa la Direzione centrale della salute e della protezione sociale presso la quale opera personale proveniente dagli enti del Servizio sanitario regionale. Per evitare l’insorgere di difficoltà interpretative con riferimento all’applicazione dei contratti collettivi di riferimento, nonché delle leggi statali che disciplinano il diritto all’aspettativa presso l’ente di provenienza, appare opportuno prevedere che III l’applicazione dell’art. 26 del regolamento surrichiamato non comporta il venir meno, presso l’ente di provenienza, del diritto alla maturazione, per tutta la durata del contratto, dell’anzianità di servizio. Occorre rilevare, a tal proposito, che il principio introdotto con la legge in esame è già esistente nell’ordinamento in quanto previsto dal DLGS 30.3.2001, n. 165, recante “Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche”, all’art. 19, comma 6, il quale prevede, in caso di conferimento di un incarico dirigenziale, che i dipendenti delle pubbliche amministrazioni siano collocati in aspettativa senza assegni, con riconoscimento dell’anzianità di servizio. Anche il DLGS 30.12.1992, n. 502, all’art. 15 septies, comma 1, prevede la possibilità, per i direttori generali delle aziende sanitarie regionali, di conferire incarichi professionali a dipendenti delle pubbliche amministrazioni con qualifica dirigenziale o che abbiano conseguito una particolare specializzazione professionale, culturale e scientifica, che vengono collocati in aspettativa con riconoscimento dell’anzianità di servizio. Non vi sono motivi per non riconoscere l’anzianità maturata nei periodi di aspettativa in quei casi in cui i soggetti siano incaricati di svolgere attività dirigenziale presso la Direzione centrale salute e protezione sociale visto che altrettanto accadrebbe qualora l’incarico fosse conferito da un ente del Servizio sanitario regionale. Con riferimento all’art. 8 si rappresenta quanto segue. L’Agenzia regionale della sanità, per lo svolgimento delle proprie funzioni, si avvale di personale comandato da altri enti pubblici, nonché della consulenza fornita da società e singoli professionisti, come previsto dall’art. 5 della legge regionale n. 37/1995. Tale meccanismo, tuttavia, limita la possibilità di scelta ai soli dipendenti degli enti pubblici indicati in legge e, allo stesso tempo, pone tali enti e l’Agenzia regionale della sanità in concorrenza tra loro per l’acquisizione di personale con elevate competenze specialistiche e gestionali. Per evitare quanto sopra si ritiene opportuno consentire all’Agenzia regionale della sanità di avvalersi, così come previsto per le aziende sanitarie regionali dall’art. 15 septies del decreto legislativo n. 502/1992, della possibilità di conferire incarichi per l’espletamento di funzioni di particolare rilevanza ed interesse strategico, sia pure entro limiti predeterminati con delibera di Giunta. Con riferimento all’art. 9 si rappresenta quanto segue. Si ritiene opportuno chiarire, mediante una norma di interpretazione autentica, che all’amministratore unico del consorzio denominato “Centro servizi condivisi” va applicata la medesima disciplina giuridica e previdenziale prevista per il direttore generale dell’Agenzia regionale della sanità, per il quale trovano applicazione le medesime norme disciplinanti il rapporto di lavoro dei direttori generale delle aziende sanitarie regionali. IV Tale interpretazione appare in linea sia con quanto previsto dal comma 3 della norma interpretata, che attribuisce all’amministratore unico del consorzio il medesimo trattamento economico previsto per il direttore generale dell’Agenzia regionale della sanità, sia con il comma 4 della medesima norma, laddove si prevede che al consorzio in parola vanno applicate le medesime disposizioni di legge concernenti le aziende sanitarie regionali.” Con riferimento all’art. 10 si rappresenta quanto segue. Il presente articolo si è reso necessario per apportare delle modifiche di mero carattere tecnico alla L.R. 22/2001 e per riformulare le norme che disciplinano la composizione e la durata della Commissione Regionale sull’amianto. Si è provveduto, altresì, a riformulare le norme che disciplinano le funzioni della Commissione e la sua composizione e a prevedere la possibilità che la stessa si doti di un regolamento interno, che disciplini le modalità di svolgimento delle proprie funzioni. Di particolare rilevanza, data la criticità e la possibilità di eseguire un adeguato e doveroso screening da parte della Aziende sanitarie, è la norma che provvede alla copertura dei costi relativi, con un adeguato fondo, in modo che non vi sia più solo indicazione legislativa ma un effettivo e reale screening finanziato. Con riferimento all’art. 11 si rappresenta quanto segue. Le funzioni in parola comprendono compiti di carattere prevalentemente tecnico, che l’Amministrazione regionale svolge attualmente delegando, di volta in volta, le aziende per i servizi sanitari, che già svolgono altre verifiche e controlli in campo sanitario e sono dotate del personale e delle attrezzature necessarie per tali compiti. Si ritiene opportuno, pertanto, trasferire tale funzione alle aziende per i servizi sanitari, quale compito istituzionale delle medesime, la cui attività verrà monitorata dall’Amministrazione regionale che provvederà, altresì, ad inviare al Ministero della salute, laddove previsto dalla legge, i dati relativi all’attività svolta nell’intero territorio regionale. Con riferimento all’art. 12 si rappresenta quanto segue. L’articolo è stato stralciato in sede di Terza Commissione in quanto pervenuto all’attenzione della Commissione stessa un comunicato dell’Associazione Italiana Celiachia, con la richiesta di abrogare il suddetto articolo considerato che va in netto contrasto con l’articolo 4 della L. 123 del 4 luglio 2005 che entrerà in vigore il 22 luglio 2005 (“Norme per la protezione dei soggetti malati di celiachia” – G.U. n. 156 del 07.07.2005). In attesa di una migliore definizione della situazione creatasi, mancando le condizioni per una condivisione del provvedimento che vede interventi in favore dei pazienti affetti da morbo celiaco, la Commissione all’unanimità ha deciso lo stralcio dell’articolo. Con riferimento all’art. 13 si rappresenta quanto segue. V Si ritiene opportuno modificare il comma 2 dell’art. 24 della legge regionale 21 luglio 2004, n. 20, per eliminare i dubbi e le difficoltà interpretative scaturenti dal testo attuale della norma. Con la nuova formulazione viene chiarito che il personale acquisito in posizione di comando presso la Direzione centrale salute e protezione sociale conserva il trattamento economico globale già in godimento presso l’ente di provenienza, da ritenersi comprensivo di qualsivoglia indennità o compenso, ferma restando la corresponsione delle indennità previste per gli incarichi dirigenziali, se più favorevoli. Viene garantito, quindi, che in nessun caso vi potrà essere, per tale personale, una riduzione dei compensi a seguito del comando in Regione. Tale norma si è resa necessaria quindi per consentire alla Direzione centrale Salute e protezione sociale, che per l’espletamento delle sue funzioni in particolare per quanto riguarda il settore sociale necessita dell’ausilio di diverse professionalità non reperibili fra il personale regionale o il personale del servizio sanitario, di utilizzare anche personale di altre pubbliche amministrazioni. Con riferimento all’art. 14 si rappresenta quanto segue. L’articolo comporta modifiche ed integrazioni all’articolo 5 della L.R. n. 19/2003 dettando disposizioni finalizzate a migliorare alcuni specifici aspetti dell’ordinamento e del funzionamento delle aziende pubbliche di servizi alla persona. Infatti, con la lettera a), relativa al numero massimo dei mandati, si precisa che deve trattarsi di mandati non inferiori ai due anni: Ciò in considerazione del fatto che la durata dei mandati, comunque non superiore a cinque anni, è rimessa all’autonomia statutaria e che generalmente gli attuali statuti prevedono che la durata sia di quattro o cinque anni. Si ritiene infatti inopportuno che tale determinazione sia operata dagli statuti o che rimanga una lacuna normativa a tal riguardo. La lettera b) prevede l’intervento sostitutivo da parte dell’Assessorato competente, qualora i soggetti competenti non provvedano alla nomina o elezione, al fine di ricostituire l’organo scaduto. La disposizione ha lo scopo di garantire la continuità nella gestione dell’azienda che allo stato attuale, potrebbe essere compromessa dalla mancata nomina o elezione anche di uno dei componenti del consiglio di amministrazione, che lascerebbe la sola alternativa fra l’incompletezza dell’organo ed il suo totale commissariamento. La lettera c) infine, interviene in materia di indennità, eliminando la competenza alla Giunta regionale di fissare il limite della misura massima delle stesse e dei gettoni di presenza, e quindi ripristinando la piena autonomia e responsabilità alle aziende per i servizi alla persona nella determinazione degli emolumenti ai propri amministratori. Le norme statutarie pertanto devono stabilire dei criteri che tengano conto della realtà della complessità aziendale e, necessariamente, degli equilibri di bilancio. Una previsione di analogo tenore era contenuta nelle normative precedenti riguardanti le Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza (vedi art. 11 della L.R. 46/1996 e D.G.R. dd. 14/01/2003 n. 58) che prevedevano, infatti, la piena autonomia di determinare i compensi ai propri amministratori, al pari dei consorzi tra enti locali. VI Con riferimento all’art. 15 si rappresenta quanto segue. In questo articolo si vuole ribadire quanto si ritenga opportuno attribuire la competenza relativa alla nomina dei componenti della Conferenza permanente per la programmazione sanitaria, sociale e sociosanitaria regionale, al Direttore della Direzione Centrale Salute e protezione sociale in quanto tale nomina non richiede alcuna scelta discrezionale poiché la composizione di tale organo è già puntualmente determinata dalla L.R. 8/2001. Con riferimento all’art. 16 si rappresenta quanto segue. Si ritiene opportuno modificare la norma in parola per esigenze di celerità e snellimento del procedimento volto ad attribuire l’incarico di direttore generale della aziende per i servizi sanitari regionali. L’attuale disposizione, infatti, prevede la sottoscrizione congiunta dell’atto di intesa da parte del Presidente della Regione e del Presidente della conferenza dei Sindaci. Il nuovo testo consente di acquisire l’intesa anche tramite uno scambio epistolare. Con riferimento all’art. 17 si rappresenta quanto segue. L’accordo Stato – Regioni, di data 3 marzo 2005, tra il Ministero della Salute ed i Presidenti delle Regioni e Province autonome, concernente il nuovo Piano nazionale vaccini 2005-2007, contiene le linee strategiche di prevenzione vaccinale e gli obiettivi condivisi dallo Stato, dalle Regioni e dalle Province autonome in considerazione che le malattie infettive e in particolare quelle prevenibili da vaccino, richiedono un approccio globale. Per quanto riguarda le modalità di offerta di alcuni vaccini il suddetto Piano nazionale vaccini prevede che le Regioni nell’ambito della propria competenza organizzativa, debbano attivare specifici programmi regionali nel rispetto delle priorità nei diversi campi della prevenzione e in relazione alle evidenze epidemiologiche regionali. Per tali motivazioni è necessario uniformare la pratica vaccinale sul territorio regionale, con particolare riferimento alle vaccinazioni raccomandate, fornendo alle Aziende Sanitarie indicazione tecnico-scientifiche e linee guida omogenee per tutto il territorio regionale, limitando la possibilità di attivare campagne vaccinali di livello locale solo ai casi in cui vi siano particolari condizioni epidemiologiche che lo richiedano. A tale scopo è necessario definire un calendario vaccinale, da aggiornare periodicamente, che sia in linea con la letteratura scientifica internazionale e coerente con le risorse programmate per il servizio sanitario regionale. E’ inoltre importante individuare le strategie di offerta dei nuovi vaccini registrati nel nostro paese tenendo conto dell’impatto e della fattibilità delle campagne di vaccinazione, nonché assicurarsi che tali interventi di prevenzione siano compresi tra i livelli uniformi di assistenza a tutta la popolazione o ad alcuni suoi sottogruppi ad alto rischio. VII Con tali premesse si ritiene opportuno, anche per ottemperare agli impegni assunti con l’Accordo Stato – Regioni relativo al Piano nazionale vaccini 2005-2007, costituire una commissione tecnico-scientifica regionale che abbia funzioni di supporto tecnico nei confronti della Direzione regionale salute e protezione sociale e che elabori indirizzi e linee guida in merito alle strategie vaccinali ed alla sorveglianza delle malattie infettive, con la finalità di realizzare un percorso comune e condiviso nelle attività di prevenzione vaccinale. Con riferimento all’art. 18 si rappresenta quanto segue. Con DGR n. 3462 del 21/12/2004 (durata prorogata con DGR 1665 del 08/07/2005) si è prevista la costituzione della Commissione per l’educazione continua in medicina con il compito di fornire all’Amministrazione regionale il supporto tecnico-scientifico per la programmazione del sistema di formazione continua di cui al D Lgv 30/12/1992 n. 502. Poiché la L.R. 63/1982 consente la costituzione, con atto amministrativo, di commissione aventi una durata massima di sei mesi, prorogabile una sola volta per un periodo di tre mesi, si rende necessario prevedere l’istituzione di tale Commissione con legge in quanto tale organo è chiamato a svolgere una funzione istituzionale con carattere di continuità. Con riferimento all’art. 19 si rappresenta quanto segue. Con tale intervento di sostegno economico si apportano modificazioni alla L.R. 24/2004, facendo sì che la Regione possa sostenere finanziariamente gli enti gestori del servizio sociale dei Comuni affinché concedano contributi economici a favore delle persone singole e delle famiglie che, per l’accudimento di persone non autosufficienti, si avvalgono di personale addetto all’assistenza familiare, regolarmente assunto con contratto di lavoro dipendente. Con riferimento all’art. 20 si rappresenta quanto segue. Norme finanziarie Trattandosi di norme puntuali con caratteristiche anche di urgenza e che hanno già dimostrato in sede di Terza Commissione una sostanziale condivisione da parte di tutte le forze politiche, si confida in un sollecito voto favorevole dell’Aula. LUPIERI VIII