Numero 3, maggio 2011 R E T I S M E D, R E T E M E D I C A L E P E R L’ I N N OVA Z I O N E Nasce in Emilia Romagna RetisMed Rete Medicale per l’Innovazione sto prevalentemente da imprese di piccole dimensioni, localizzate principalmente nel Centro Nord Italia. 2. Il mercato di dispositivi medici è caratterizzato dalla totale assenza di soggetti e agenzie in grado di fornire informazioni e dati sul settore per quanto concerne mercato, innovazione e ricerca. un progetto di CNA Emilia Romagna (settori Benessere e Sanità e Produzione) e da alcune imprese del settore. L’obiettivo di RetisMed è quello di rafforzare le potenzialità di sviluppo delle imprese del settore medicale del territorio tramite la disponibilità di dati di settore, servizi e consulenze per mercati, innovazione e ricerca. Le imprese aderenti, avranno l’opportunità di relazionarsi con la ricerca pubblica e di collegare i propri processi con quelli del sistema universitario e sanitario per generare innovazione, attraverso il contributo che potranno offrire alle attività di progetto Senaf e le Università degli Studi di Bologna e Ferrara. Diversi sono i presupposti che hanno portato a concepire questo progetto assolutamente innovativo, che viene tenuto a battesimo in Emilia Romagna: 1. Il comparto italiano dei dispositivi medici rappresenta il 5,8% del totale della spesa sanitaria e costituisce il 3° mercato in Europa; è compo- 3. La scarsità di informazioni, di linee guida sui dispositivi medici permette di reperire solo dati parziali e di carattere generale. Per le imprese, è difficile cercare informazioni specifiche sui singoli settori del comparto medicale a livello nazionale, comunitario ed internazionale. Il progetto RetisMed, rete medicale per l’innovazione, punta a colmare questi gap fungendo da Osservatorio dinamico per il mercato, l’innovazione e la ricerca nel settore dei dispositivi medici, ma anche da network di servizio per adempimenti amministrativi e tecnicoscientifici, per l’internazionalizzazione, per attivare servizi a supporto dell’attività di impresa. Nell’ultima pagina sono visibili i riferimenti delle aziende che hanno già aderito al progetto RetisMed – Rete medicale per l’innovazione. Per informazioni: Rosalia Curigliano CNA Innovazione Via Rimini, 7 Bologna Tel. 051 2133841 [email protected] Sommario: RetisMed, Rete Medicale per l’Innovazione 1 Far ricrescere le ossa: la sfida dell’Istituto Ortopedico Rizzoli, il futuro è “nanobiotech” 2 Dentisti, legge odontotecnici contro lotta abusivismo 2 Medici, la carenza che non c’è 3 Dispositivi medici, prima class action per istruzioni d’uso ingannevoli 4 Sport e salute: da Ferrara a Nuoro, così si muove l’Italia 4 Più salute integrativa nella UE 5 I fondi sanitari integrativi, la via italiana al secondo pilastro 6 Lo stock nuoce al paziente 8 Professioni: “Vogliamo una regolamentazione” 9 Sospensione dalla professione per pubblicità illegittima 9 Fisioterapia, laurea blindata 10 Sanità, spese record ma i conti tengono 10 Anche lo sport entra nei Lea 11 Chiarito dal Tar Lombardia ruolo ed attività del massaggiatore capo bagnino degli stabilimenti idroterapici 12 Pagina 2 Numero 3, maggio 2011 FA R R I C R E S C E R E L E O S SA : L A S F I DA D E L L’ I ST I T U TO O RTO P E D I CO R I Z ZO L I , I L F U T U RO È “ N A N O B I OT EC H ” Nell’ambito delle scienze delle vita, inventare qualcosa vuoi dire far fare un passo in avanti alle opportunità di cura delle persone. L’istituto ortopedico Rizzoli di Bologna è sede di laboratori che applicano all’ortopedia le tecnologie più avanzate. Come le nanobiotecnologie, alla base dello “scaffoid osteocondrale” creato nei laboratorio Nabi. A un occhio inesperto potrebbe sembrare un pezzo di feltro bianco. In realtà è un grande alleato in campo ortopedico, perché favorisce la rigenerazione ossea e delle cartilagini. Il costrutto, già usato in clinica, è una struttura trid im en sion al e prodotta da Finceramica di Faenza. li nostro compito — spiega il responsabile scientifico Maurilio Marcacci — è stato stabilire i requisiti necessari ed eseguire la sperimentazione clinica”. Ora si lavora per fare un passo in più. “L’ambizione è guidare una ricrescita non disordinata ma focalizzata in siti predeterminati attraverso l’utilizzo di nanoparticelle magnetiche funzionalizzate, per curare difetti post-traumatici o forme degenerative delle articolazioni, con migliori possibilità di cura e minimo impegno da parte del paziente” Anche dalla medicina rigenerativa e dal “tissue engineering” arrivano nuove opportunità per l’ortopedia. Nel laboratorio Prometeo esiste una fabbrica di cellule (Cell Factory) che fornisce lotti di prodotto da usare per terapie avanzate. È stata la quarta a essere stata autorizzata in Italia e l’unica che può lavorare sull’intero ciclo produttivo, dai laboratorio di produzione a quello di controllo di qualità. Ai paziente vengono così forniti i componenti che intervengono nei processi riparativi fisiologici di osso e cartilagine. Tra gli interventi più comuni, quelli al ginocchio e all’anca. Le colture cellulari vengano seminate su basi tridimensionali o bidimensionali e poi utilizzate per la riparazione dei tessuti. Ora si sta mettendo a punto un metodo di coltura di cellule staminali mesenchimali, quelle dall’elevata capacità riproduttiva e in grado di differenziarsi in diversi tessuti. Si sta infatti valutando la possibilità di ricavare staminali adulte da tessuti alternativi (adipe, placenta, cordone ombellicale, membrana amniotica), da cui creare popolazioni da conservare in una banca di cellule. Così da poter ricorrere a donatori deceduti oppure ad annessi fetali, anziché al prelievo di midollo osseo autologo. Un beneficio per i pazienti, non più sottoposti al doppio intervento, prelievo di midollo e impianto cellulare. Le terapie avanzate e l’innovazione tecnologica al Rizzoli cambiano anche il modo di curare un’infezione in presenza di protesi. Finora per curare l’infezione era necessario togliere la protesi con un intervento chirurgico e sostituirla con protesi in cemento osseo, dette spaziatori. Poi era necessario sottoporsi a una terapia antibiotica sistemica, con enormi quantità di farmaco, di cui solo una piccola parte agiva sull’infezione e conseguenze sul resto del corpo. Una terapia lunga, intensa e non sempre efficace. La soluzione è uno spacer (spaziatore) antibiotato, sviluppato dal laboratorio Bitta all’interno dei Rizzoli. La terapia è locale, applicata attraverso lo spaziatore di cemento che una volta posizionato rilascia i farmaci direttamente nella sede dell’infezione, con la possibilità di intervenire anche con l’azione combinata di due antibiotici. Lo spacer, prodotto dall’azienda Tecres, è frutto di una sperimentazione condotta da Bitta insieme ad Azienda ospedaliero-universitaria di Bologna, Università di Verona e Tecres stessa. D E N T I S T I , LE G G E O DO N T O T E C N I C I CON T RO LO T T A A B U SI VI S MO A rticolo del 01 /0 4/ 20 11 L'adeguamento del profilo dell'odontotecnico, previsto in una proposta di legge presentata alla Camera, che prevede un percorso universitario abilitante e la presenza dell'odontotecnico negli studi dentistici per ottimizzare i dispositivi protesici, rischia di «rendere impossibile contrastare la lotta all'esercizio abusivo della professione». È la posizione del presidente dell'Associazione nazionale dentisti italiani (Andi), Gianfranco Prada che ha definito la proposta, la cui prima firma è del deputato leghista Marco Rondini, «inutile e pericolosa per la salute orale dei cittadini». La presenza in studio dell'odontotecnico, non giustificata dal proprio profilo professionale, come è previsto attualmente, secondo l'Andi «permette alle forze dell'ordine di individuare facilmente una situazione poco chiara, che nella quasi totalità dei casi si traduce nella denuncia del dentista e dell'odontotecnico per esercizio abusivo della professione medica». L'Andi, inoltre, si dice contraria anche all'attivazione di un nuovo corso di laurea di tre anni «esclusivamente per permettere all'o- dontotecnico di ritoccare le protesi in studio» prosegue Prada. «Intervento che già fa il dentista abilitato. Noi dentisti ma soprattutto i nostri pazienti non abbiamo la necessità di avere un odontotecnico in studio che faccia al posto nostro i ritocchi». Numero 3, maggio 2011 Pagina 3 M E D I C I , L A C A R E N Z A C H E NO N C ’ E ’ A rticolo del 12 /0 4/ 20 11 Nel 2018 il numero di dottori per paziente sarà superiore alla media Ue Nei prossimi anni vedremo calare la disponibilità di medici nel nostro Paese. Tale previsione è anche riportata nel nuovo Piano sanitario nazionale 2011-2013, il cui iter di approvazione è in corso. A partire dal 2012 è previsto un saldo negativo fra entrate e uscite con tendenza al progressivo allargamento della forbice negli anni a seguire; la stima parla di una carenza di 18.00022.000 medici entro il 2018, passando da 3,7 medici attivi per 1.000 ab. a 3,5 (la media europea è di 3,1 medici attivi per 1.000 ab.). In realtà, alcuni segnali li possiamo già vedere, soprattutto se ci riferiamo a specifiche specializzazioni, in particolare quelle che comportano maggiori rischi professionali e sacrifici personali. Sovente appaiono sulla stampa articoli di chiusure di reparti per carenza di medici, riduzioni delle attività, allungamento delle liste d’attesa, esternalizzazioni a privati di attività sanitarie e quant’altro. Spesso le direzioni delle aziende sanitarie o ospedaliere devono ricorrere ad accordi onerosi per assicurare le guardie, mantenere le attività o consentire la fruizione delle ferie al personale. Per prevenire o attutire l’emergenza medici che si profila all’orizzonte il ministero della Salute ha richiesto un ampliamento dell’offerta formativa, ossia del numero delle immatricolazioni al corso di laurea in Medicina e chirurgia, già a partire dall’anno accademico 2008/2009, con l’auspicio di assicurare un ricambio generazionale che garantisca l’opportuno e indispensabile trasferimento di competenze e abilità che solo la pratica clinica può assicurare. La situazione, però, va esaminata con attenzione perché foriera di facili strumentalizzazioni. Già esultano gli avvocati che hanno sostenuto la tesi delle erronee istruttorie sul numero degli ammissibili ai corsi di laurea prima e specializzazione poi e che contrastano la regola del numero chiuso introdotta nel 1999. Sono sul piede di guerra i sindacati medici del Servizio sanitario nazionale che paventano il rischio di scardinamento del sistema dei compensi nel caso in cui l’azienda ricorra all’appalto di turni di guardia o all’esternalizzazione di alcune attività a organizzazioni private. Protesteranno ancor più le cittadinanze quando l’effettiva carenza aggraverà la situazione delle liste d’attesa o peggio ancora determinerà la chiusura di alcuni servizi. Ciò che appare strano, però, è che pochi si soffermano a comprendere l’essenza del problema. Perché in Italia stiamo parlando di emergenza se il rischio è che entro il 2018 avremo 3,5 medici ogni 1.000 ab., quando la media europea è di 3,1? Quella che si prospetta all’orizzonte è una reale carenza? O è dovuta al fatto che la nostra organizzazione odierna deriva da quella impostata quando il problema era inverso, cioè soffrivamo della pletora di medici? Non è che abbiamo medicalizzato troppo e fatto fare ai medici ciò che nel resto d’Europa svolgono altri professionisti della salute? Siamo così certi che l’apporto dei medici in determinate attività porti un reale valore aggiunto? Alcuni esempi possono aiutare a sostanziare la questione. Per partorire per via naturale oggi è richiesta la presenza del medico; forse potrebbe bastare l’ostetrica. Per certificare l’abitabilità di un edificio o la sicurezza di un’impresa serve il medico; forse è sufficiente un tecnico della prevenzione. Per fare le vaccinazioni deve esserci il medico; forse basta l’assistente sanitaria. La gestione dei controlli routinari della cronicità è affidata a medici specialisti in svariate discipline; forse potrebbe essere svolta da infermieri opportunamente formati che riferiscono al medico i soli casi di scostamento dalla normalità. Analogamente la cronicità psichiatrica potrebbe essere gestita valorizzando i contenuti professionali degli psicologi. In sala operatoria, in diverse discipline, spesso è presente il secondo e a volte il terzo chirurgo; forse gli infermieri di sala potrebbero essere coinvolti in funzioni superiori. La presenza di guardie notturne negli ospedali varia da ospedale a ospedale, senza un reale motivo; forse il sistema delle guardie notturne andrebbe studiato con maggiore attenzione. Si potrebbe continuare a lungo con esempi di questo tipo che, invece che essere accettati come modalità immodificabili di erogazione delle attività, andrebbero visti come situazioni sulle quali varrebbe la pena fare degli approfondimenti con le diverse componenti professionali. La realtà è che la carenza medica non può essere affrontata se non intervenendo sull’organizzazione, alla luce dei livelli di istruzione e formazione raggiunti dalle altre professioni sanitarie. Teniamo anche conto che i costi formativi fra medici e altri professionisti della salute sono molto diversi, e non solo per la questione delle borse di studio legate alla specializzazione. All’orizzonte si prospetta un cambiamento epocale che deve essere opportunamente accompagnato, anche per poter superare prassi esistenti e vincoli normativi che oggi obbligano ad avvalersi dei medici anche per attività che potrebbero essere gestite da altre figure professionali. Mai e poi mai dovremo rischiare di far incorrere il nostro personale appartenente alle altre professioni sanitarie in situazioni di abuso della professione medica. Per partire con il piede giusto, sarebbe utile aggiungere, alla fine del capitolo del Piano sanitario nazionale 2011-2013 relativo alle risorse umane, un ulteriore punto per la ridefinizione delle funzioni del personale sanitario alla luce delle nuove competenze e abilità acquisite dalle diverse professioni sanitarie. Così, oltre che del problema, inizieremo a parlare anche della soluzione. Giuseppe Tonutti Direttore generale dell’Ass 6 “Friuli Occidentale Pagina 4 Numero 3, maggio 2011 DISPOSITIVI MEDICI P R I M A C L A S S AC T IO N P E R I ST R U Z I O N I D ’ U SO I N G A N N E VO L I Ordinanza Tribunale Milano 20 dicembre 2010 Si tratta veramente di una decisione storica per questo settore. Con l'ordinanza del Tribunale di Milano, del 20 dicembre 2010, si è ritenuta ammissibile, per la prima volta in Italia, una class action contro una nota società di importazione e distribuzione di dispositivi medici (Voden medical instruments spa) per ingannevolezza delle indicazioni d’suo del dispositivo stesso. L’ordinanza è molto interessante perché affronta insieme il tema della pubblicità ingannevole (chiamata oggi pratica commerciale sleale ex art. 22 e ss del Codice del Consumo) applicata alle Indicazioni del Fabbricante di un dispositivo medico attraverso lo strumento innovativo della Class Action. Soggetto chiamato in causa, peraltro, il distributore. La società in questione commercializzava infatti un test di autodiagnosi dell'in- fluenza suina, denominato “Ego test flu”, enfatizzando, nelle indicazioni d’uso del dispositivo qualità ed efficacia in realtà del tutto inesistenti. Preso atto del carattere asseritamente ingannevole delle suddette informazioni, una celebre associazione a tutela dei consumatori, esperiva una class action ex art. 140 bis del codice del consumo. Per quanto rileva in questa sede preme evidenziare che il giudice ha ritenuto applicabile la disciplina della pratiche commerciali sleali alle indicazioni d’uso del dispositivo medico e che conseguentemente, sussistendo un profilo di possibile ingannevolezza delle suddette indicazioni d’uso, ha ritenuto esperibile nei confronti del distributore (che presumibilmente poi chiamerà in causa il fabbricante) la Class Action. trata sul profilo del consumatore, disciplinato dall'art. 3 del codice del consumo. Non sarà infatti sufficiente un semplice acquisto per ottenere la qualità di consumatore, va al contrario accertata la destinazione dell'acquisto, se, cioè realizzato “ai fini di consumo proprio ovvero di occasione e strumento per l'esercizio dell'attività professionale”. Adesso non ci resta che da attendere la successiva udienza, già fissata per il 16 giugno, per determinare se gli interessi di classe otterranno o meno la tutela sperata. Avv. Silvia Stefanelli La battaglia già sviluppatasi in aula, come si legge nell'ordinanza, ma certo destinata a proseguire, si è poi concen- S P O RT E SA LU TE : DA F E R R A R A A NU O RO , CO S Ì S I “ M U OV E ” L’ I TA L I A A rticolo del 22 /0 3/ 20 11 Gruppi di cammino per gli anziani, movimento fisico per le persone affette da diabete mellito o ipertensione, percorsi casa-scuola «pedibus » per i più piccoli, attività sportive come fattore di protezione per gli adolescenti. Insomma lo sport come medicina, per tutte le età, con l’obiettivo di promuovere uno stile di vita sano e prevenire i danni derivanti da una vita sedentaria. È la filosofia alla base delle iniziative promosse negli ultimi anni dalle Aziende sanitarie locali e raccolte dall’Osservatorio di Fiaso, la Federazione delle aziende sanitarie e ospedaliere. Si tratta di «pratiche di buona Sanità», una sorta di piattaforma per valorizzare i progetti migliori, rendendoli così replicabili come modelli anche per altre aziende. «L’esercizio fisico è farmaco» è il titolo scelto dalla Usl di Ferrara per un progetto rivolto a tutte le persone assistite che pr es en tan o pa tolo gie s ens ib ili all’esercizio fisico, come diabete mellito e ipertensione. Perno centrale dell’iniziativa, i medici di medicina generale, che assistono circa 12mila ferraresi affetti da diabete mellito attraverso un Programma di gestione integrata del paziente diabetico (altri 8mila diabetici sono assistiti dai Centri antidiabetici); oltre a circa 50mila ipertesi. I Mmg arruolano pazienti di qualunque età, in grado di camminare, privi di complicanze gravi tali da controindicare l’attività. E a ogni paziente arruolato viene consegnato un libretto di istruzioni, con le informazioni riguardanti l’attività motoria da praticare e un contapassi per misurare il lavoro svolto. In occasione dei follow up periodici previsti dal programma di gestione integrata del diabete i medici registrano anche l’esercizio fisico svolto da ciascun partecipante misurato dal contapassi. Da una prima verifica, i risultati sono sembrati incoraggianti. Su un campione di 142 pazienti infatti «tutte le variabili cliniche - sottolinea Fiaso - tranne due, emoglobina glicata e glicemia, mostrano una variazione statisticamente significativa confermando l’efficacia dell’attività motoria continuata nel miglioramento del controllo metabolico di parametri prognosticamente importanti». E l’esercizio fisico è l’arma vincente anche per prevenire e contrastare l’obesità infantile: l’azienda Usl di Modena ha infatti lanciato nelle scuole il programma «Mi muovo con piacere », articolato in due parti: una prova di abilità che ha coinvolto 180 classi prime di 34 scuole e ha previsto l’integrazione delle classiche prove atletiche dei Giochi della gioventù con una ulteriore, volta a testare l’abilità degli studenti nella creazione di messaggi per favorire l’attività fisica tra i coetanei; e una seconda area d’intervento che ha portato alla realizzazione di materiali per promuovere l’attività motoria utilizzando un linguaggio adatto. In quest’ambito i ragazzi, guidati dagli insegnanti, si sono impegnati nella produzione di video, foto, canzoni, rappresentazioni, giochi di enigmistica e altro. Numero 3, maggio 2011 Pagina 5 P IÙ SA LU T E I N T EG R AT I VA N E L L A U E A rticolo del 08 /0 3/ 20 11 N E L 2 0 1 0 A U M E N T I D E L 3 ,3 % - I T A L I A P IÙ LE N T A : « ME N O I N IZ I A T I V E P E R L A C R IS I » Nel 2010 la spesa per l’assistenza sanitaria e i benefit legati alla salute offerti ai dipendenti dai datori di lavoro è cresciuta in Europa del 3,3 per cento. Un balzo in avanti che in molti Paesi è stato più alto rispetto a quanto si è visto per gli stipendi e più in generale per l’inflazione. In Italia, invece, il costo sostenuto dalle aziende per l’offerta di assistenza integrativa è cresciuto meno: solo del 2,3%, poco al di sopra del tasso di inflazione e di crescita delle retribuzioni, «come conseguenza del sostanziale congelamento di nuove iniziative in questa area, dovuto alla recente crisi». A fare il punto sullo stato dell’arte della Sanità integrativa privata in Europa è l’indagine pan-europea «Employee Health & Benefit 2010» di Mercer che è stata condotta in 14 Paesi europei e ha raccolto le risposte di 556 datori di lavoro. Secondo la ricerca, diffusa nei giorni scorsi, la maggior parte delle aziende italiane si limita ancora oggi a offrire esclusivamente quanto previsto dai contratti collettivi. L’aumento dei costi è stato maggiore in Irlanda e Regno Unito, pari al 4,9 per cento. Una crescita alta, ma minore a esempio del costo medio «health & benefit» per i dipendenti Usa che hanno raggiunto il 6,9% nel 2010. I benefit legati alla salute includono piani sanitari privati e una serie di altri benefit connessi alla salute, che comprendono il sostegno del reddito, la copertura medica in caso di gravi malattie, i programmi di assistenza medica ai dipendenti, le cure dentistiche e le prestazioni ottiche, lo screening della salute, l’iscrizione a una palestra, e più in generale programmi «benessere ». Gli aumenti dei costi delle prestazioni sanitarie sono guidati dai progressi della ricerca medica e della tecnologia, che si traducono nello sviluppo di sempre più efficaci - e costosi - strumenti di diagnosi e procedure mediche. Inoltre, l’invecchiamento della popolazione e l’incertezza finanziaria mostrano che i governi stanno tagliando l’assistenza sanitaria anche a livello di prevenzione in risposta alla riduzione dei bilanci della spesa pubblica per quanto riguarda la salute della popolazione. Secondo Marcello Marchese, Principal della divisione Health & Benefit di Mercer in Italia, «i governi stanno cercando di spostare parte della spesa sanitaria a carico delle aziende e dei lavoratori per cercare di mantenere la sostenibilità finanziaria dei sistemi pubblici nel medio-lungo periodo ». «In Italia - continua Marchese - questo è confermato dalle recenti riforme legislative introdotte in materia di assistenza sanitaria integrativa, finalizzate a garantire il mantenimento di vantaggi fiscali solo nel caso in cui i fondi e le casse sanitarie siano effettivamente in grado di offrire prestazioni oggi non coperte dal Sistema sanitario nazionale, quali ad esempio le cure dentarie e la non auto-sufficienza della popolazione più anziana». L’indagine dimostra che i piani sanitari privati, che includono sia la parte obbligatoria prevista dai contratti collettivi, che quella supplementare volontaria, sono offerti da quasi tutte le aziende intervistate (93%) in Paesi con sistemi sanitari pubblici, tra cui Irlanda, Regno Unito, Portogallo, Spagna e Italia. REFERENTI C N A B E N E S S E R E E S AN IT À E M I L I A R OM A GN A S U L T E R R I T O RI O : CAVINI SALVATORE (CNA Imola) ROBBONI FRANCESCO (CNA Ferrara) Tel. 0542 632611 Tel. 0532 749111 CUCCARO DARIO (CNA Riccione) RUFFILLI REMO (CNA Forlì-Cesena) Tel. 0541/601655 Tel. 0543 770285 FREGNI AZIO (CNA Modena) SALVINO TERESA (CNA Reggio Emilia) Tel. 059 418573 Tel . 0522 356395 GHIRETTI GIULIA (CNA Parma) SUZZI ROBERTA (CNA Ravenna) Tel. 0521 227280 Tel. 0544 298634 MALAVASI SONIA (CNA Bologna) TAGLIAFICHI GIUSEPPINA (CNA Piacenza) Tel. 051 299330 Tel. 0523 572211 Pagina 6 Numero 3, maggio 2011 L’A P P RO FO ND IM E NTO I FO N D I SA N ITA R I I N T EG R AT I V I, L A V I A I TA L I A N A A L S ECO N D O P I L A ST RO La spesa sanitaria crescerà La dinamica e la composizione della spesa sanitaria nazionale a confronto con gli altri paesi Ocse ed in ambito europeo, conferma di essere inferiore, attestandosi per il 2009 intorno all’8,9% del Pil, meno di quanto speso da Francia e Germania, entrambe quasi intorno all’11% del Pil e naturalmente meno degli Usa, attualmente intorno al 16% del Pil. Tutte le più recenti analisi concordano nell'affermare che nei prossimi decenni i paesi sviluppati dovranno fronteggiare costi per la sanità crescenti, con trend potenziali di lungo periodo, fino al 2050, che potrebbero giungere a raddoppiare l'incidenza della componente pubblica sui Pil. Di qui la necessità per i sistemi di Welfare di affrontare ristrutturazioni profonde dei rispettivi sistemi sanitari e sociali, per raggiungere un assetto in cui il tradeoff tra copertura dei costi e sostenibilità della spesa sia governato in un'ottica di efficienza e di equità e di un migliore mix del rapporto pubblico-privato. La ricerca presentata il 20 ottobre, da Intesa S.Paolo in collaborazione con la Fondazione Cerm, nel convegno: "Il mondo della salute tra governance federale e fabbisogni infrastrutturali", afferma che in Italia, i costi per la sanità potrebbero giungere a raddoppiare l'incidenza della componente pubblica sul Pil, attraverso una analisi di lungo periodo fino al 2050. Il peso della spesa sanitaria si avvicinerebbe a quello della spesa pensionistica, ponendosi per la sanità un problema analogo a quello riscontrato in campo pensionistico oltre 15 anni fa, ovvero il disegno e lo sviluppo di un sistema di finanziamento multipilastro. Lo studio realizzato dal Censis per il Forum AniaConsumatori, presentato il 5 ottobre 2010 durante il convegno: “Gli scenari del Welfare, tra nuovi bisogni e voglia di futuro” evidenzia che la prima paura degli italiani, più sentita della criminalità e della disoccupazione, è il problema della non autosuffìcienza (85,7%) e l’impossibilità di pagare le spese mediche (82,5%). Lo studio fa emergere il problema delle ingenti spese per il so- stentamento di familiari in condizioni critiche, per lo scarso apporto del sistema di welfare, sia per quel che riguarda la necessità di assistere malati terminali o portatori di handycap o non autosufficienti, sia per l’improvvisa perdita di reddito a seguito dell’insorgere della cassa integrazione o della disoccupazione di un proprio congiunto. Tra le richieste avanzate dalla maggioranza degli italiani si pone quella di un welfare più efficiente e modulato sui nuovi bisogni di protezione, eliminando sprechi e, fermo restando un ruolo prevalente e di garanzia del sistema pubblico, un maggior coinvolgimento del privato per realizzare un welfare mix in grado di rispondere di più e meglio alla domanda sociale di protezione. La transizione epidemiologica evidenzia il carico delle patologie croniche e degenerative soprattutto sulla popolazione over 65, con impennate per quel che riguarda la fascia 75/85 ed oltre. In questo senso si affronta la possibilità del secondo pilastro del SSN, che va inteso come uno strumento non antitetico o in contrasto con le finalità di tutela universalistica della salute, ma al contrario come una risorsa che possa supportare il Ssn, attraverso un riorientamento ed una gestione più appropriati e strutturati delle risorse private. Una strada innovativa ed italiana per un efficace mix tra pubblico e privato è stato il principio ispiratore dei decreti Turco del marzo 2008 e del decreto Sacconi dell'ottobre 2009. I decreti, infatti, vincolano il 20% delle prestazioni erogate dai fondi sanitari, dalle casse e dalle sms, alla copertura di prestazioni per non autosufficienza ed odontoiatria, al fine di godere del beneficio fiscale armonizzato previsto dalla legge finanziaria 2008 nella misura di 3615.20 euro. Dunque, certo ci troviamo di fronte a scenari di probabile crescita, ma attenzione ad effettuare proiezioni di crescita esponenziale della spesa pubblica nel lungo periodo, poiché è un esercizio molto complesso che deriva dalla limita- tezza della disponibilità di dati confrontabili, dalla metodologia utilizzata per le proiezioni che prendono in considerazione diversi paesi in modo statico non riflettendo i contesti istituzionali dell’erogazione dei servizi sanitari di ciascuno Stato. Infatti, uno scenario prudente che tiene conto degli effetti combinati dell’invecchiamento demografico, dello stato di salute dei cittadini anziani e dell’elasticità della domanda di cure sanitarie rispetto al reddito, nonché dei processi di razionalizzazione e di efficientamento in atto, determinerebbe una previsione che porta ad aumenti di spesa pubblica degli stati membri più contenuti intorno ad un aumento di 1,52 punti percentuali di PIL al 2050. Se l’aspettativa di vita sana (dovuta ad una riduzione dei tassi di morbilità) evolvesse in linea con la valutazione dell’aspettativa di vita specifica per età (ipotesi di costruzione propria dei modelli dinamici), allora il previsto aumento della spesa sanitaria correlato all’invecchiamento demografico risulterebbe quasi dimezzato. Così come l'adozione di misure volte a ridurre le disabilità o a favorire le prestazioni di assistenza formale a domicilio, piuttosto che negli istituti, può avere un notevole impatto di minore incidenza sulla spesa pubblica. L'Europa sociale e l'Europa della moneta unica suggeriscono prudenza nelle valutazioni, impegnati come siamo a combattere una crisi economica e finanziaria che non è ancora finita in cui i vari tassi di crescita dei diversi paesi dell'Unione consigliano di non aggiungere problemi di esclusione sociale o di superamento dei vari sistemi di Welfare, ma di coniugare al meglio razionalizzazioni, diritti e doveri, uso dei Mix più efficaci per fronteggiare l'attuale fase di bassa crescita. Numero 3, maggio 2011 SE G UE Pagina 7 L’A PP RO FOND IM E NTO La via italiana al secondo pilastro Art. 26 legge N. 328/2000. vo del Ssn. Assistiamo ad un trend di crescita dei fondi sanitari e delle Sms. I dati che avevamo raccolto nel gruppo tecnico presso il ministero della Salute fino al marzo 2008 ci indicavano in 416 i fondi, le casse e le sms esistenti con una platea di 5.983.000 iscritti e 10.341.210 beneficiari. Nel 2009 si sono conclusi 23 rinnovi contrattuali con accordi di sanità integrativa che hanno dato luogo alla costituzione di fondi: fasifiat, asdepp, fasiv, cadiproff, fontour, casi, fasie, ipa, farmacie private, cooper salute aster, dipendenti della regione Toscana, fasiopen, vigilanza privata, dipendenti centri elaborazione dati, grandi catene alberghiere, alimentaristi. Entro il 2010 si dovrebbero conoscere i dati applicativi degli accordi in termini di iscritti e beneficiari. Nel 2010 si sono conclusi rinnovi contrattuali che hanno chiuso accordi di sanità integrativa alla Ducati, Granarolo, Gucci, Siemens, Finmeccanica, Sky, Campari, Mediaset, Luxottica e per le colf e badanti con regolare contratto. Art. 1 comma 197, legge N. 244/2007 legge finanziaria 2008. I decreti Turco, Sacconi, costituiscono un primo tassello per la costruzione del secondo pilastro, attraverso la sanità integrativa. Occorre contestualizzarlo, alla luce dei nuovi Lea, del federalismo che si intende costruire, dei nuovi criteri quantiqualitativi di accreditamento delle strutture sanitarie pubbliche e private, del prolungamento del regime di libera professione intramoenia che si profila. Inoltre definire un sistema di governance vuol dire tenere altresì conto dei diversi modi gestionali con cui fondi, casse, Sms, enti, operano per fornire prestazioni o sostegni economici verso i propri iscritti e individuare un reticolo di regole e comportamenti comuni, vigilanza e controlli, condivisi, capaci di superare logiche contrappositive. Dal primo luglio è operativa la cassa Colf in ottemperanza da quanto sottoscritto dalle organizzazioni sindacali Fisascat Cisl, Eilcams Cgil, Uiltucs Uil e dalle associazioni datoriali Fidaldo, Domina e Federcolf. Nel 2011 si dovrebbero conoscere i dati in termini di iscritti e beneficiari. Posso solo avanzare delle stime nell’ipotesi che tutti i dipendenti sottoscrivano l’adesione al fondo sanitario integrativo. Dai rinnovi 2009 e 2010, nel 2011 potremmo stimare un numero di iscritti intorno ai 7.000.000 milioni e ad un probabile numero di beneficiari che potrebbe aggirarsi intorno agli 11.000.000. Se si tiene conto che gli alimentaristi sono circa 400.000, colf e badanti con contratto regolare circa 1.200.000 e si aggiungono tutte le altre categorie, la stima è prossima ad un possibile dato reale. La normativa di riferimento: An. 51 c art. 10 DPR n. 917/86 (Testo Unico Imposte sul Reddito). Art. 9 d.lgs. N. 502/92 e successive modificazioni art. 3 septies e 9 d.lgs. N.229/99. D.M. Salute 30/3/2008 (c.d. decreto Turco). D.M. Welfare 27/10/2009 (c.d. decreto Sacconi). Risposta Mm. Salute del 12/4/2010 ad Assoprevidenza Fimiv Risposta Mm. dell’1/4/2010 all’ABI. Salute Anagrafe dei fondi sanitari Il trattamento fiscale agevolato (deducibilità) è riconosciuto unicamente ai fondi sanitari iscritti all’anagrafe, istituita presso Mvi. Salute-Dg Programmazione sanitaria al fine di attuare il censimento ed il monitoraggio dei Fondi sanitari. La verifica del rispetto della soglia del 20% delle risorse vincolate dai fondi ex art. 51 Tuir viene fatta dal Mm. Salute e dall’Agenzia delle entrate. Per l’anno 2011 e successivi la registrazione e l’iscrizione/rinnovo avverranno a decorrere dal 1 gennaio al 31 luglio di ciascun anno. L’attestazione dell’avvenuta iscrizione all’Anagrafe sarà rilasciata ai fondi sanitari dall’ufficio V della Direzione generale della programmazione del Mm. Salute per email, dal 1 agosto di ogni anno. Attualmente risultano iscritti all’anagrafe 279 fondi, di cui 224 negoziali e 55 Sms. 100 in Lombardia, 29 in Piemonte, 7 Friuli Venezia Giulia, 14 Veneto, 6 Trento, 4 Bolzano, 9 Liguria, 18 Emilia Romagna, 14 Toscana, 69 Lazio, i Umbria, 3 Marche, 1 Sicilia. Occorre verificare alla fine del reperimento dell’iter documentale la reale consistenza. Si contribuisce, anche per questa via, alla soddisfazione dei bisogni dei cittadini, riducendo gli attuali costi per le famiglie, integrandosi con un Ssn a base universalistica, che sempre più dovrà connotarsi per la qualità delle sue cure primarie, per l’eccellenza delle cure ospedahere, per ricerca ed innovazione, misurandosi ed interagendo con le forme di sussidiarietà verticale ed orizzontale, previste dall’attuale ordinamento nazionale e regionale. Infine molte sono le proposte che avanzano in diverse occasioni di approfondimento: dall’immettere dentro le nuove relazioni industriali, con l’accordo delle parti sociali, l’obbligatorietà della sanità integrativa, fino all’accantonamento di quote dei contributi versati per affrontare sempre più prestazioni e servizi legati alla non autosufficienza, che possano costituire la base per futuri fondi specifici per la Ltc, la stipula di accordi quadro con le Regioni per offrire pacchetti di prestazioni sempre più rivolti alle cure domiciliari per la non autosufficienza e l’inabilità, la possibilità di costruire fondi unici di previdenza complementare e sanità integrativa. Fondi sanitari integrativi Completare la governance del sistema è fondamentale se si vuole un ancoraggio chiaro di regole e comportamenti per affermare d secondo pilastro integrati- di G.Labate Ricercatore in economia sanitaria, Direttore generale Istituto Superiore di Sanità Pagina 8 Numero 3, maggio 2011 ASSOBIOMEDICA/ L’acquisto centralizzato di dispositivi consideri le peculiarità dei destinatari LO STO C K NU O CE A L PAZ IE N TE NT La ricetta: accordi-quadro, ruolo forte delle professioni e più concorrenza Il processo di centralizzazione degli acquisti in Sanità, per quanto tenti di rispondere, giustamente, all’esigenza di ottimizzare la spesa sanitaria, presenta tuttavia alcune criticità che influiscono sulla qualità del prodotto o servizio erogato al paziente con la conseguente insoddisfazione di quest’ultimo. I dispositivi medici infatti non sono equiparabili ai beni di largo consumo, in quanto destinati a soggetti molto diversi tra loro e ciascuno con caratteristiche specifiche. Tra questi dispositivi vi sono anche gli ausili assorbenti per incontinenti, una tipologia di prodotto per il cui acquisto la Pa, e le Regioni in particolare, dovrebbero tenere in considerazione anche le diverse peculiarità dei pazienti incontinenti che li utilizzano. Non a caso spesso i pazienti incontinenti lamentano questa standardizzazione che non tiene conto dei loro problemi specifici e delle loro diverse modalità di utilizzo del pannolone. L’eccessiva standardizzazione e centralizzazione degli acquisti può anche produrre come effetto indesiderato una contrazione della libertà di scelta del paziente. La libertà di scelta del paziente incontinente è un requisito indispensabile per potergli garantire di accedere al prodotto più adatto alle proprie esigenze specifiche. Già solo la causa, a esempio, che ha prodotto questa forma di invalidità genera bisogni diversi. Incontinenza dovuta all’avanzare dell’età, a particolari patologie o a seguito di interventi chirurgici invasivi, generano infatti bisogni diversi in queste differenti tipologie di pazienti. Bisogni la cui diversità è ancora più accentuata se si pensa a una persona attiva o a una costretta a letto. In verità alcune Regioni, come la Lombardia, questa libertà di scelta la riconoscono, tuttavia domani le cose cambieranno. Se da un lato infatti si prevederà la possibilità di scelta tra due fornitori, dall’altro questa libertà sarà soggetta a una procedura burocratica estrema- mente defatigante e demotivante. Inoltre molto spesso standardizzare e centralizzare in Sanità non significa necessariamente risparmiare. La centralizzazione tende a limitare il ruolo dei responsabili acquisti delle strutture sanitarie i quali invece, grazie alle loro competenze professionali e alla conoscenza dei bisogni specifici del proprio bacino di utenza, potrebbero dare un contributo importante alla razionalizzazione della spesa da un lato e al soddisfacimento dei pazienti dall’altro. Inoltre, come messo in luce anche da uno studio del Cergas Bocconi, anche l’appropriatezza prescrittiva gioca un ruolo fondamentale nell’ottimizzare le risorse finanziare a disposizione. Infine si dovrebbe migliorare anche la logistica, non si può pensare di ottimizzare la spesa complessiva per il servizio sanitario senza contemporaneamente ridurre i costi di approvvigionamento. Questo lo scenario, questi i problemi da affrontare. Le possibili soluzioni in tema di politiche di acquisto possono essere diverse, tra queste a esempio anche quella dell’accordo quadro; in ogni caso, a prescindere dalla soluzione specifica, ognuna di queste dovrebbe: mettere il paziente al centro dell’analisi dei bisogni d’acquisto; riconoscere alle professioni sanitarie, a cominciare dai responsabili forniture, un ruolo nel processo decisionale di acquisto; favorire la numerosità delle offerte e quindi anche la concorrenza; tenere in considerazione le specificità del mercato interessato e del tipo di fornitura necessaria. Fernanda Gellona Direttore generale Assobiomedica Numero 3, maggio 2011 Pagina 9 P RO FES S IO NI: “ VO GL IA M O U NA R EG O L A M E N TA Z I O N E ” A rticolo del 12 /0 4/ 20 11 Ordini per le professioni sanitarie: il 13 aprile davanti al Senato i rappresentanti di 600mila professionisti sanitari che attendono da 15 anni la loro costituzione si sono dati appuntamento a Roma, davanti al Senato, per manifestare ai parlamentari tutto il loro dissenso per lo stop dei Ddl che li prevedono. L’Ordine - sostengono - tutela «loro e i pazienti da un abusivismo imperante, esterno ma anche interno alla stessa Sanità». E - per ora - a nulla è servito il parere favorevole in commissione Bilancio al provvedimento e l’ipotesi di richiedere la deliberante per accelerare l’iter: «Le categorie non si accontentano delle dichiarazioni, ora servono solo fatti concreti e immediati », hanno commentato la scorsa settimana. A rappresentarle è il Conaps, Coordinamento nazionale delle professioni sanitarie, che racchiude le associazioni dell’area riabilitativa, tecnica e della prevenzione. «L’istituzione degli Ordini - spiega il presidente Conaps Antonio Bortone non è un vezzo o una richiesta di tipo corporativo, ma una necessità per migliaia di professionisti che non vogliono che i pazienti finiscano in mani sbagliate e vogliono invece difendere lavoro onesto, studio e aggiornamento. È una necessità per i cittadini che devono sapere chi sarà che metterà loro “le mani addosso”, come avviene per i medici. L’Ordine non costerà nulla alle casse dello Stato e sarà gestito direttamente dalle associazioni professionali». Il Ddl che potrebbe risolvere il problema è il 1142, pronto da 3 anni e indicato al Governo da una legge delega del 2006. «La richiesta di un Ordine - spiega la vice-presidente Conaps Tiziana Rossetto - non nasce dal caso, ma dal fatto che queste professioni si trovano all’interno di un’area sanitaria che necessita di un controllo utile a garantire i pazienti in termini di professionalità, di qualità di prestazioni e servizi erogati, cioè di tutela dall’abusivismo. Per questo l’urgenza è a un livello oltre il quale non è più possibile andare. Sono quasi 15 anni che il problema è stato posto, ora è il momento di chiudere il cerchio». Questa richiesta, spiegano le professioni, non esclude l’apertura e la disponibilità a un processo più complessivo di riforma del sistema degli Ordini, come richiesto dall’Ordine deimedici al ministro, che così sarà «contemporaneo ed equo per tutti». Oltre ai problemi che riguardano le tariffe minime, la pubblicità e la formazione, secondo il Conaps non si può dimenticare il problema della titolarità. A oggi, spiega, il limite di questo sistema è di non avere un organismo di sorveglianza sulla titolarità già acquisita. «Questa assenza è il vero problema di un sistema “disordinato” - spiega ancora Bortone - pur se regolamentato. Non dimentichiamo quelle Università che hanno reso equivalenti titoli attraverso percorsi non sorvegliati come le autocertificazioni in base a regole troppo generiche, proprio a causa dell’assenza di un ordine professionale. Ddl 1142 venga approvato subito, così come chiediamo che il processo di riforma ordinistico non impedisca il suo normale iter, che non fa altro che allineare professioni già riconosciute, regolamentate ma non ordinate, nello status quo giuridico insieme a tutte le altre professioni inserite in ordini e collegi. Per questo crediamo - conclude - che il ministro debba fare un passo avanti e incontrare, come ha fatto per le professioni ordinate, anche le professioni in attesa di Ordine». Il provvedimento, secondo l’ultima rilevazione fatta da Angelo Mastrillo, dell’Osservatorio professioni sanitarie del Ministero dell’Università, interessa le 22 professioni sanitarie: 583.327 operatori con la maggioranza appartenente alla professione infermieristica (380mila), che pur essendo regolamentata dal Collegio, attende la trasformazione in Ordine, come pure le ostetriche (17mila) e i tecnici di radiologia (23mila). Delle restanti 17 professioni, prive di ogni regolamentazione, fanno parte quasi 162mila professionisti, il 28% del totale. A questo proposito chiediamo che il S O S P E N S I O N E DA L L A P RO FES S IO NE P E R P U B B L I C I TÀ I L L EG I T T I M A Cassazione Civile La Corte di Cassazione ha confermato la decisione della Commissione odontoiatri di un Ordine dei medici chirurghi e odontoiatri, che, a conclusione di un procedimento disciplinare, aveva irrogato la sanzione disciplinare della sospensione dall'esercizio della professione per due mesi, avendo ritenuto il sanitario responsabile di avere consentito che fosse effettuata pubblicità di un centro odontostomatologico sulle schede di dimis- sioni dell'Ospedale, con riferimento all'applicazione di tariffe scontate, indipendentemente dalla complessità e difficoltà della patologia da trattare, al fine di acquisizione di clientela a favore della società e quindi traendone indiretto vantaggio. Avv. Ennio Grassini www.dirittosanitario.net Pagina 10 Numero 3, maggio 2011 F I S I OT E R A P IA , L AU R EA B L I N DATA A rticolo del 12 /0 4/ 20 11 Un iter durato cinque anni - Nuove possibilità con decreto dell’Istruzione Equipollenza tra laurea in fisioterapia e laurea in scienze motorie: a cinque anni e mezzo dalla norma che nel 2005 (legge 27/2006 di conversione del DL 259/2005) che aveva previsto la possibilità, la partita si chiude definitivamente con l’approvazione da parte del Senato del disegno di legge (AS 572-B) che abroga l’articolo 1-septies del decreto-legge 5 dicembre 2005, n. 250. L’equipollenza originaria - è la motivazione - doveva essere abrogata in quanto attribuiva lo stesso valore legale a titoli di studio con percorsi formativi radicalmente diversi: il diploma di laurea in fisioterapia prevede un esame finale con valore abilitante alla professione che non c’è per la laurea in scienze motorie. La norma abrogata, contestatissima dai fisioterapisti, prevedeva che «il diploma di laurea in scienze motorie fosse equipollente al diploma di laurea in fisioterapia, se il diplomato abbia conseguito attestato di frequenza a idoneo corso su paziente». L’approvazione del Ddl senza modifiche rispetto alla versione già approvata a Montecitorio è stata motivata, spiega la relazione, dall’esigenza di concludere una vicenda cominciata nel 2005, quando l’equipollenza fra i due titoli di studio fu inserita in corsa nella conversione di uno dei tanti Dl “omnibus”. La nuova legge stabilisce anche - come inserito alla Camera - che sarà un decreto del ministro dell’Istruzione, da emanare entro nove mesi dall’entrata in vigore della legge, a normare la possibilità della laurea in fisioterapia per i laureati in scienze motorie. E il decreto dovrà stabilire la disciplina del riconoscimento dei crediti formativi; l’accesso al corso universitario in fisioterapia, nei limiti dei posti programmati base al fabbisogno previsto, e con il superamento della selezione; la disciplina di formazione e tirocinio sul paziente. Un cambiamento rispetto al testo originario che già dalla precedente legislatura aveva diviso le scelte delle due Camere. In realtà - spiega la relazione al Ddl - il nodo vero stava nella scelta del Senato di sottoporre i laureati in scienze motorie a una selezione per l’accesso a fisioterapia nell’ambito del fabbisogno programmato. L’equipollenza disgiunta dalla selezione avrebbe infatti significato un modo per aggirare la programmazione degli accessi per questo diploma di laurea. Il Senato - favorevole a un’abrogazione “secca” - ha tuttavia approvato la legge anche sollecitato dal ministro della Salute Ferruccio Fazio per concludere l’iter che si protraeva da troppi anni. «Finalmente, dopo cinque anni, giustizia è fatta e si è conclusa la più sconcertante aggressione che una professione intellettuale abbia mai dovuto subire nel paese», ha dichiarato a caldo Mauro Gugliucciello, consigliere nazionale dell’associazione con delega a seguire l’iter del provvedimento. sposizioni sul riconoscimento dei crediti/debiti formativi per la laurea di fisioterapista », ha dichiarato Giovanni Torluccio, segretario generale Uil-Fpl. «Però - conclude - vista la situazione di stallo, siamo soddisfatti della definitiva chiusura della parentesi nata da pressioni e interessi che non hanno mai giovato a nessuna delle parti interessate». P.D.B. «Avremmo preferito una abrogazione “secca” dell’articolo, senza ulteriori di- SA NITÀ , S P ES E RECO RD M A I CO NT I T E N G O N O A rticolo del 23 /0 3/ 20 11 A partire dal 2007, l’ “equilibrio è stato garantito integrando le disponibilità derivanti dal riparto delle risorse a livello nazionale con risorse stanziate a carico del bilancio regionale”. Così la sezione regionale della Corte dei Conti promuove la Regione Emilia Romagna nel controllo sulle spese sanitarie alla luce dei consuntivi di AUSL e aziende ospedaliere negli esercizi 2006-2007 e degli aggiornamenti 2008. La relazione è stata illustrata alla commissione regionale salute, presieduta da Monica Donini. Per l’Assessore alla Sanità, Carlo Lusenti, “è un quadro soddisfacente per la gestione ma, soprattutto, per la qualità dei professionisti che operano nel sistema sanitario regionale, e per i servizi resi: siamo al primo posto in Italia per la mobilità attiva dei posti letto. Una soddisfazione che, però – ha rilevato – non ci consente di adagiarsi, ma ci induce a migliorare ulteriormente il sistema sanitario regionale”. “Nel 2007 – si legge nella relazione – solo due aziende presentavano un disavanzo significativo: l’AUSL di Modena e quella di Ferrara. Tali disavanzi sono stati coperti utilizzando risorse regionali, stanziate in sede di assestamento del bilancio di previsione per l’esercizio 2008. Nel 2008 il quadro è notevolmente migliorato: il bilancio denota infatti una situazione di equilibrio economicofinanziario per tutte le Aziende, tranne quella di Forlì. Su quest’ultima, la Regione ha interamente coperto il disavanzo e- merso con risorse proprie, che si trovavano già stanziate nel bilancio 2009 (sempre la Regione ha fatto fronte anche ai maggiori oneri emersi per l’azienda USL di Forlì sul bilancio 2009). Per arrivare all’equilibrio di bilancio, ciascuna azienda ha potuto contare su un congruo livello di risorse, definito a seguito di alcuni incontri di concertazione avvenuti nei mesi di febbraio e marzo 2008. Le risorse per la copertura della spesa sanitaria messe a disposizione a livello nazionale sono state integrate da altri fondi a livello regionale (100 milioni a carico del bilancio regionale)”. Inoltre, risorse regionali sono state destinate “al miglioramento del risultato d’esercizio, offrendo, di fatto, una ulteriore copertura, per 40 milioni, agli oneri riferiti agli ammortamenti degli investimenti aziendali. I monitoraggi trimestrali e la verifica straordinaria in settembre 2008 hanno messo in luce eccedenze di spesa fronteggiabili, come assicurato dall’Amministrazione con le risorse a disposizione del complessivo sistema sanitario regionale”. Ugo Marchetti, consigliere e relatore della Corte dei Conti, ha dunque espresso un giudizio positivo sulla gestione economica del sistema sanitario regionale, sottolineando lo sforzo per il contenimento della spesa e auspicando “attenzione maggiore sulle spese riguardanti il personale e l’acquisto di servizi”. Numero 3, maggio 2011 Pagina 11 A N C H E LO S P O RT E N T R A N E I L EA A rticolo del 22 /0 3/ 20 11 Prevista una rete su tre livelli per pazienti a rischio o con patologie croniche. Buttate il telecomando e alzatevi dalla poltrona. Per curarvi da diabete, obesità, malattie cardiovascolari, osteoporosi e alcuni tumori non bastano pillole e bisturi. Ma serve anche un po’ di sport. A dirlo non è l’ultima moda in arrivo da Oltreoceano o la sacrosanta “propaganda” dei giorni nostri su stili di vita più sani, ma un documento («Proposta per l’introduzione dell’esercizio fisico come strumento di prevenzione e terapia all’interno del Ssn») a cui hanno lavorato le Regioni e che il ministero della Salute appoggia nel tentativo di fare entrare un giorno lo sport nei Lea. Un documento snello di meno di dieci pagine che prova a «definire - spiega la premessa - i princìpi e i criteri generali per introdurre nella strategia complessiva la prescrizione dell’attività fisica». L’esercizio deve riguardare sia chi presenta fattori di rischio dall’ipercolesterolemia all’obesità - sia chi è già colpito da patologie «in quanto entrambe queste condizioni - aggiunge la premessa - possono trovare giovamento da un esercizio fisico correttamente prescritto e somministrato in modo controllato». E come si fa a “erogare” l’esercizio fisico in «modo controllato»? Il documento lancia l’idea di una rete di centri su tre livelli con prestazioni graduali sempre più complesse: si va dalle analisi nutrizionali, le diete personalizzate o le tabelle di allenamento individuale prescritte nelle strutture di base (primo livello) fino al ricovero o il day hospital nel centro specialistico (di terzo livello). Cruciale sarà il ruolo del medico specialista in medicina dello sport che avrà un ruolo di valutazione e di “prescrizione” all’interno dei centri. E altrettanto importanti sono i medici di famiglia e i pediatri a cui spetta il compito, in base ai «livelli di rischio», di inviare i pazienti ai centri territoriali di primo e secondo livello. I quali a loro volta, dopo una «valutazione funzionale specialistica» potranno prescrivere programmi di attività motoria su misura in palestre o centri sportivi «conformemente ai progetti che le Regioni definiranno in fase di implementazione del presente programma». I pazienti ad alto rischio saranno invece seguiti dai centri specialistici di terzo livello, veri e propri «centri di eccellenza clinica nel dominio della fisiopatologia ». Ma qual è l’identikit e quali sono i compiti di questa rete di assistenza? I centri territoriali di primo livello - secondo il documento - «potrebbero coincidere», a esempio, con le strutture di medicina dello sport destinate al rilascio delle certificazioni di idoneità alla pratica sportiva agonistica. Il loro compito è quello di procedere alla «valutazione semplice del soggetto » per cucirgli addosso un programma di esercizio fisico con tanto di tabelle di allenamento individuali, analisi nutrizionali e diete personalizzate. I centri di secondo livello (da prevedere anche all’interno di «eventuali strutture intraospedaliere») sono il «punto di riferimento » per quelli di primo livello. Qui il medico specialista in medicina dello sport ha un ruolo cruciale in collaborazione con altri specialisti. In questo contesto viene effettuata la valutazione approfondita in ambito ambulatoriale, con l’uso di test specifici, e vengono fornite indicazioni individualizzate sul tipo di attività fisica da svolgere, «adattando e personalizzando - spiega il documento - gli schemi di allenamento in funzione della condizione fisica del soggetto-paziente, dei fattori di rischio presenti e della patologia in atto». Infine ci sono i centri specialistici (terzo livello) dove i pazienti sono indirizzati dal medico di famiglia, dai vari specialisti che operano nei centri di primo e secondo livello o dal servizio ospedaliero nel quale sono stati trattati per eventi acuti. Il loro compito è presto detto: devono «mettere in pratica - chiarisce questo piano per l’esercizio fisico nel Ssn - percorsi diagnostici e riabilitativi in regime di ricovero ordinario o day hospital rivolti a pazienti con problematiche che indicano la necessità di somministrare attività fisica e che richiedono un protocollo di assistenza e monitoraggio continuativi ». Questi centri possono essere organizzati con un’area per la degenza ordinaria e una di day hospital, con tanto di specifici laboratori per «indagini diagnostiche e valutazioni funzionali » oltre ad «aree attrezzate per l’effettuazione dell’attività fisica in condizioni di monitoraggio clinico continuo». E con la presenza, accanto al medico specialista, di eventuali cardiologi, neurologi, diabetologi, fisiatri e fisioterapisti. Pagina 12 Numero 3, maggio 2011 C H I A R I TO DA L TA R LO MBA R D IA RUO LO E D AT T I V I TA’ D E L MASSAG G IATORE C A P O BAG N INO D EG LI STA B I L I M E N T I I D ROT E R A P I C I SENTENZA TAR LOMBARDIA n° 00676/2011 13 marzo 2011 Recenti indicazioni del Ministero della Salute, come dedotto dalla difesa regionale, effettivamente hanno chiarito i confini dell’attività esercitabile da tale operatore (cfr. nota del 17 giugno 2010, del 19 luglio 2010, del 29 ottobre 2010: doc. 5, 6, 7) da cui risulta in sintesi che: l’operatore in questione non risulta compreso fra quelli che la vigente normativa individua come indispensabili per ottenere l’accreditamento; soltanto in aggiunta al personale che la normativa individua come necessaria, il massaggiatore ed il capo bagnino degli stabilimenti idroterapici potranno compiere atti non riservati ai professionisti sanitari o agli esercenti un’altra arte ausiliaria delle professioni sanitarie; per quanto specificatamente attiene alla strutture private convenzionate, l’assunzione di tali operatori non concorre a soddisfare i requisiti dei professionisti della riabilitazione (ortopedici, fisioterapisti, terapisti occupazionali) che dette strutture devono impiegare per ottenere l’accreditamento; il massaggiatore capo bagnino, diversamente dal fisioterapista e dal massofisioterapista, non può diventare massaggiatore sportivo. capo bagnino degli stabilimenti idroterapici possa svolgere la propria attività esclusivamente in rapporto di dipendenza e sotto la supervisione e responsabilità del fisioterapista. Non è, dunque, condivisibile l’assunto secondo cui il percorso di formazione organizzato dalla Regione avrebbe l’effetto di abilitare una figura sanitaria ad operare presso qualsiasi tipologia di struttura riabilitativa sulla scorta di una formale ma vuota qualificazione di massaggiatore capo bagnino degli stabilimenti idroterapici; al contrario, il campo operativo di siffatta figura resta limitata allo svolgimento di compiti meramente esecutivi. La determinazione impugnata non ha individuato una nuova figura professionale le cui competenze si sovrappongano, anche solo parzialmente, ai compiti sanitari veri e propri riservati agli appartenenti alle categorie rappresentante dalle associazioni ricorrenti. In definitiva, i provvedimenti del Ministero, pur non introducendo un’organica disciplina della materia, specificano il disposto della norma primaria, assicurando che il massaggiatore Hanno già aderito al progetto RetisMed Rete medicale per l’innovazione ARTE ORTOPEDICA srl Produzione protesi ortopediche www.arteortopedica.com CORAZZA srl Produzione plantari ortopedici www.corazzagroup.com EURTRONIK STUDIOERRE srl Progettazione e produzione apparecchiature medicali www.eurtronik.it POLIAMBULATORIO CENTRO ROMEA srl Struttura sanitaria di erogazione delle prestazione sanitarie nell’ambito di diverse specialistiche ambulatoriali; C.O.d.E.R. Consorzio ortopedico dell’Emilia Romagna Commercializzazione dispositivi per disabili www.coder-emiliaromagna.it MINELLI UTENSILI srl Produzione utensili e lavorazioni metalmeccaniche per il biomedicale www.minelliutensili.it SILFRADENT srl Progettazione e produzione di attrezzature odontotecniche www.silfradent.com SPAZIO SENZA LIMITI srl Progettazione, produzione ausili per la vita domestica www.spaziosenzalimiti.com Odontotecnici Ottici Podologi Daniele Dondarini Responsabile CNA Benessere e Sanità Emilia Romagna Via Rimini, 7—40128 Bologna tel. 051/21.33.124—Fax 051/21.33.330 E-mail: [email protected] www.cnaemiliaromagna.it Tecnici Ortopedici Fisioterapisti e Massofisioterapisti Sanità in generale Normative e notizie di stampa Approfondimento