Giacomo Puccini Bologna - Teatro Comunale: Tosca 1 di 5 La locandina Data dello spettacolo: 01 Mar 2014 Foria Tosca Mario Cavaradossi Barone Scarpia Cesare Angelotti Sagrestano Spoletta Sciarrone Carceriere Pastorello Tiziana Caruso Ji Myung Hoon Thomas Hall Alessandro Svab Alessandro Busi Cristiano Olivieri Luca Gallo Michele Castagnaro Valentina Pucci Direttore Regia Jader Bignamini Gianni Marras Libero adattamento della regia originale di Alberto Fassini Andrea Faidutti Guido Levi Andrea Oliva Maestro del Coro Luci Ripresa delle luci Costumi adattati da Paola Crespi RECITA DEL 23.02.2014 Floria Tosca Ainoha Arteta Mario Cavaradossi Barone Scarpia Carceriere Pastorello Stefano Secco Raymond Aceto Raffaele Costantini Alice Bertozzo Solitamente quando un teatro annuncia modifiche alla programmazione a stagione già iniziata non si tratta di buone notizie. Non è così per il Comunale di Bologna che, almeno quest'anno, ha comunicato e si dice stia per comunicare alcune interessanti variazioni nell'elenco degli artisti scritturati. Così nella Tosca della quale stiamo trattando è spuntato a sorpresa, in luogo del direttore previsto in un primo tempo, il nome del giovane Jader Bignamini del quale avevo sentito dire un gran bene ma che non avevo ancora avuto occasione di ascoltare. Devo dire che le voci benevole hanno trovato ottima conferma in queste recite (ero presente il 23 febbraio e il 1° marzo). Mi ha colpito particolarmente la capacità di far "cantare" l'orchestra, di respirare con i cantanti, di non prevaricare mai le voci a disposizione (e si trattava di due cast dalle caratteristiche tutt'altro che omogenee) mantenendo sempre l'unitarietà degli intenti espressivi. I tempi di solito piuttosto distesi e la preferenza di colori pastello a tinte più accese, accompagnano la narrazione verso un lirismo che sortisce effetti non di rado personalissimi, come nella coda che segue a "Egli vede ch'io piango" nel primo atto, pervaso di una tristezza sconfinatata eppure leggera, tenue, soffusa; o l'atmosfera nebbiosa, rarefatta, inquietante che avvolge l'alba di Roma al terzo atto. È stato ripreso il vecchio allestimento di Alberto Fassini con scene e costumi di William Orlandi (liberamente adattato con competenza e professionalità da Gianni Marras). I toni variano fondamentalmente dal grigio al nero con tutte le sfumature intermedie. Pochi tocchi di colore dati soprattutto dai costumi. Il palcoscenico è dominato da una scalinata leggermente di sbieco che invade quasi tutto lo spazio costringendo gli attori ad agire per lo più al proscenio. Questo, unito alla struttura del resto della scena che evita dispersioni di suono e alla felice acustica del teatro, favorisce notevolmente le voci, alcune delle quali non mi era mai capitato di sentire così in evidenza. Pochi gli arredi scenici: fondamentalmente una Madonna sulla sinistra e il dipinto della Maddalena steso sulla scalinata al primo atto, un grande quadro che illustra la crocifissione di San Pietro al secondo, la grande statua dell'angelo al terzo. Regia senza sorprese, di grande fedeltà alle didascalie del libretto. La sera del 1° marzo era schierato il terzo dei tre cast previsti per questa serie di rappresentazioni. Protagonista Tiziana Caruso. Credibilissima in scena e dotata di voce di volume cospicuo, soprattutto nella seconda ottava, ha avuto il suo punto di forza in una resa musicale ineccepibile, unita ad un gusto che libera il personaggio da cadute alle quali non sono state estranee anche alcune delle massime interpreti del ruolo. Il soprano siciliano non ha ceduto, anche nei momenti di maggior concitazione, alle lusinghe dell'effetto gratuito, non ha mai sbracato, è sempre stata in evidenza la femmilità di Tosca. Inoltre non si è mai abbandonata alla tentazione del declamato quando non fosse esplicitamente previsto ed è stato un balsamo sentir cantare frasi quasi sempre scandite con enfasi "da grande tragica" che invece troppo spesso scantonano nella caricatura. Tuttavia ho avuto l'impressione che la cantante non fosse in serata felice. Non si tratta certo di una sprovveduta dal punto di vista tecnico, prova ne sia l'impeccabile esecuzione di "Non la sospiri la nostra casetta", ma più di una volta si sono sentite note non a fuoco, soprattutto al terzo atto, in cui l'artista ha dato segni di stanchezza. Inoltre in alcuni scarti ascendenti l'intonazione non è parsa ineccepibile. Comunque un soprano interessante che mi auguro di riascoltare presto. Poco felice la prova di Ji Myung Hoon. Ha dalla sua un timbro abbastanza gradevole, una notevole facilità nel registro acuto, una dizione pressoché impeccabile, una figura gradevole. Purtroppo erano quasi inesistenti fraseggio, espressività, legato, abilità scenica. Anche sull'intonazione e sulla musicalità ci sarebbe qualcosa da ridire. Mi è piaciuto complessivamente Thomas Hall come Scarpia. Il baritono americano non ha avuto certo problemi di volume, semmai è incorso talvolta in qualche eccessiva durezza. Il personaggio virava in direzione della tradizione "vilaine" ma senza gli eccessi di cui si sono macchiati alcuni dei predecessori che hanno imboccato questa strada. Buon attore, dovrebbe curare maggiormente la dizione e soprattutto l'articolazione. Buoni i ruoli di fianco. Alessandro Svab è stato un Angelotti ben cantato e compreso nel ruolo. Alessandro Busi (Sagrestano) non ha una voce freschissima, ma è riuscito nondimeno a disegnare una figurina godibile, soprattutto dal punto di vista scenico, con alcune notazioni gustose. Migliore comunque la sua prestazione nella recita del 23 febbraio. Di buon rilievo lo Spoletta sonoro di Cristiano Olivieri, lo Sciarrone di Luca Gallo, il carceriere di Michele Castagnaro e il preciso pastorello di Valentina Pucci. Pubblico festoso con particolari segni di gradimento nei confronti di Tiziana Caruso. Il pomeriggio del 23 febbraio era la volta del primo cast. La recita ha avuto un successo molto caldo con punte di euforia verso Stefano Secco, che ha concesso il bis di "E lucevan le stelle". Il tenore è apparso decisamente in buona forma. Grande sicurezza di emissione, discreta proiezione, fraseggio caldo. È stato pure in grado di eseguire con bel risultato la filatura di tradizione a "disciogliea dai veli" nella romanza del terzo atto. Ricordavo Ainoha Arteta per la sua Musetta, la Juliette di Gounod, poi Magda, Violetta. Mi ha un poco sorpreso ritrovarla qui in un ruolo da soprano lirico-spinto. La voce ha indubbiamente acquistato armonici, anche se le origini di soprano lirico-leggero traspaiono nel colore (chiaro, con qualche screziatura acidula) e nella relativa povertà del registro grave. Il personaggio delineato offre spunti interessanti ancorché da sviluppare. Talvolta la diresti ancora incerta se scegliere la strada di una liricizzazione del personaggio o gonfiare le gote alla ricerca non tanto di una consistenza vocale (che grazie alla forza di penetrazione del timbro appare sufficiente), quanto di un accento drammatico che risulta estraneo alle sue caratteristiche espressive. Raymond Aceto, reduce da Zaccaria nel Nabucco fiorentino, avrebbe una concezione interessante di Scarpia. Freddo, cinico, implacabile. E dal punto di vista scenico è una riuscita. Peccato che le caratteristiche vocali siano talvolta impari al cimento, soprattutto quando la tessitura diviene spiccatamente baritonale ("Quest'ora io l'attendea" con quel che segue non è un bel sentire). Il resto del cast prevedeva gli stessi interpreti del 1° marzo con l'eccezione del Carceriere burbero che rimane impresso nella memoria, disegnato da Raffaele Costantini e il puntuale pastorello di Alice Bertozzo. Silvano Capecchi