Università degli Studi “G. d’Annunzio”
Chieti-Pescara
Facoltà di Lingue e Letterature Straniere
Corso di Laurea in Traduttori e Interpreti
TESI DI LAUREA
LA TRADUZIONE DIGITALE
Temi e problemi della traduzione per il World Wide Web
Relatore:
Prof. Renzo D’Agnillo
Correlatore:
Prof. Ottavio Ricci
Candidato:
Giovanni Battista Moroni
Anno accademico 2004/2005
INDICE
INTRODUZIONE......................................................................................... 3
La rivoluzione digitale ............................................................................... 3
Computer e traduzione ............................................................................... 4
La localizzazione........................................................................................ 6
La traduzione digitale................................................................................. 9
INTERNET ................................................................................................. 11
Dalle origini ad Arpanet ........................................................................... 11
Arpanet ..................................................................................................... 13
L’esplosione di Internet ............................................................................ 15
INTERNET E LA QUESTIONE DELLA LINGUA.................................. 18
Interferenze linguistiche........................................................................... 18
McLanguage............................................................................................. 20
Un cambiamento di tendenza ................................................................... 21
IL WORLD WIDE WEB, UN IPERTESTO ELETTRONICO.................. 25
Il Web come ipertesto multimediale......................................................... 26
Il testo digitale .......................................................................................... 29
Il codice .................................................................................................... 31
IL LIVELLO PROFONDO DEL TESTO DIGITALE ............................... 34
Breve introduzione al linguaggio HTML................................................. 36
Gli elementi invisibili............................................................................... 38
Strumenti di traduzione assistita .............................................................. 39
LA TRADUZIONE AUTOMATICA.......................................................... 41
L’utilità della traduzione automatica........................................................ 42
La traduzione automatica online .............................................................. 45
TRADURRE PER IL WEB ........................................................................ 50
La fedeltà della traduzione ....................................................................... 50
Tre approcci alla realizzazione di siti multilingue ................................... 53
Tradurre le interfacce ............................................................................... 58
SCRIVERE PER IL WEB........................................................................... 63
Scrivere per motori di ricerca................................................................... 64
Strutturazione del testo............................................................................. 67
Il registro del discorso: tra oralità e scrittura ........................................... 70
CONCLUSIONE......................................................................................... 74
ARTICOLI TRADOTTI ............................................................................. 80
Translation versus Localization ............................................................... 81
Traduzione e localizzazione ..................................................................... 85
1
Translation Technology ............................................................................ 89
Tecnologia per la traduzione .................................................................... 94
The Localisation Industry......................................................................... 99
L’industria della localizzazione.............................................................. 105
Localisation Project Models................................................................... 112
Modelli di progetti di localizzazione...................................................... 116
Softwarelokalisierung............................................................................. 120
La localizzazione del software ............................................................... 128
Automatisierte Übersetzung................................................................... 136
La traduzione automatizzata................................................................... 151
BIBLIOGRAFIA....................................................................................... 164
2
INTRODUZIONE
La rivoluzione digitale
L’influsso delle tecnologia sulla vita quotidiana fa sorgere una varietà
di questioni e di problemi, nonché emozioni contrastanti. Mentre alcuni,
affascinati dall’era digitale, hanno adottato la tecnologia come un nuovo
stile di vita, altri sull’onda dello scetticismo diffidano di un futuro nel quale
le macchine potrebbero invadere la nostra privacy. Maurizio Decina
sintetizza questa preoccupazione in una battuta: “Anno 2013, una bambina
si rivolge alla mamma e chiede: ‘Mum! Mum! What does privacy mean’?”1
Indipendentemente da quale atteggiamento assumiamo in riguardo a
questa questione, è evidente che le nuove tecnologie stanno producendo
una serie di cambiamenti in tutti i settori della società, e che, di
conseguenza, anche la traduzione ne è inevitabilmente coinvolta.
La rivoluzione digitale è un processo di trasformazione che è
cominciato attorno alla metà del novecento con la costruzione dei primi
elaboratori elettronici. Assume dimensioni economiche e internazionali già
negli anni settanta, continua la sua crescita durante gli anni ottanta, per
affermarsi come vera e propria “rivoluzione industriale” negli anni novanta.
Il primo computer, infatti, risale intorno al 1945 quando due fisici e un
matematico
all’università
della
Pennsylvania
invetarono
ENIAC
(Electronic Numerical Integrator and Computer), il primo vero calcolatore
elettronico della storia. Si trattava di un mostro di 30 tonnellate che faceva
uso di schede perforate e necessitava di molto tempo per l’immissione dei
dati. Le prime generazioni di computer erano troppo grandi, complessi e
costosi per avere un reale influsso sulla vita quotidiana. Non solo erano
1
Maurizio Décina, “Il futuro delle reti”, intervento alla conferenza La rivoluzione digitale.
Come cambia la nostra vita e quali regole per tutelarla, Autorità per le Garanzie nelle
comunicazioni, 16 ottobre 2003.
3
inaffidabili, ma avevano anche poca memoria e consumavano grandi
quantità di energia anche per piccole operazioni.
La rivoluzione si ebbe con l’avvento dei microcomputer che presto
avrebbero assunto la forma del Personal Computer di IBM e del Macintosh
di Apple. Dischi più piccoli con maggiore capacità di memoria, nuovi
linguaggi di programmazione, processori più veloci, software sempre più
sofisticati e sistemi operativi di sempre più facile utilizzo, tutto a prezzi
accessibili, hanno favorito la maggiore diffusione dei computer anche per
uso privato.
L’ultimo gradino evolutivo è stato raggiunto con Internet. Ideato dalla
DARPA (Defense Advanced Research Project Agency) come sistema di
comunicazione capace di resistere ad una guerra nucleare, si è sviluppato
come medium per una comunità globale virtuale. I nuovi standard e
protocolli per la trasmissione di dati, insieme agli ipertesti e i browser
hanno trasformato i computer da una moltitudine di macchine isolate sparse
per tutto il mondo in un’unica comunità interconnessa.
Computer e traduzione
L’avvento dei primi computer fece nascere subito l’idea di utilizzarli
per tradurre. I primi tentativi nella traduzione automatica furono compiuti
già negli anni Cinquanta ed erano connessi a grandi speranze. All’iniziale
entusiasmo seguì presto il disincanto. Ci si rese conto che i computer non
erano in grado di infrangere le barriere linguistiche. Si arrivò alla
conclusione che la traduzione automatica era più costosa, più lenta e meno
precisa dei metodi tradizionali e che non vi era una reale prospettiva di
renderla utilizzabile. Ci si rivolse quindi più intensamente allo sviluppo di
sistemi che potessero facilitare la traduzione umana.
Nonostante il fallimento della traduzione automatica così come era
stata immaginata inizialmente, i computer si sono rivelati degli strumenti
4
preziosi. In alcuni casi, quando vi è la necessità di fornire un’idea generale
del contenuto di un testo, anche la traduzione automatica, seppure con i sui
evidenti limiti, ha oggi la sua utilità.
Negli ultimi anni la traduzione ha subito delle notevoli mutazioni
dovute all’esplosione delle reti informatiche, delle tecnologie digitali e
della mutimedialità. L’immagine romantica del traduttore che lavora nella
solitudine di una stanza circondato da libri polverosi appartiene
irrimediabilmente al passato. Oggi anche i più tradizionalisti non possono
rinunciare all’uso del PC. In pochi usano ancora i dizionari nella loro forma
cartacea, preferendo la versatilità e velocità di quelli digitali. Molto diffusi
sono anche i sistemi di traduzione automatica e assistita, oltre che l’uso di
strumenti online come i newsgroup, le mailinglist, le banche dati
terminologiche, ecc.
Lo sviluppo di sempre nuovi strumenti elettronici disponibili ha
provocato un drastico mutamento della pratica della traduzione. Per restare
competitivo sul mercato il traduttore è costretto ad apprendere come
integrare queste nuove risorse nel processo traduttivo. Si pensi ad esempio
alle possibilità offerte ad un traduttore professionista: consultare banche
dati e giornali scientifici in formato elettronico, trasferire file di testo o
immagini, svolgere ricerche, ottenere software di vario tipo, reperire
anticipazioni sui congressi internazionali, visionare offerte di lavoro.
Al tempo stesso, però, la rivoluzione digitale ha rinnovato anche il
modo di comunicare. I nuovi canali della comunicazione hanno imposto un
uso nuovo della lingua. In particolare, l’utilizzo della rete ha introdotto
modalità di interazione assai diverse rispetto alla comunicazione faccia-afaccia, trasformando inoltre il rapporto esistente tra soggetto e tecnologie
informatiche. Il computer ha infatti gradualmente perso la propria
centralità, trasformandosi sempre più da archivio e calcolatore ad uno
strumento di comunicazione. “Il diverso supporto tecnologico produce
5
nuove forme di lingua, ad esempio, i messaggi di posta elettronica hanno
caratteristiche intermedie tra la comunicazione telefonica e lo scambio
epistolare.”2 Le comunità virtuali di utenti in Internet hanno sviluppato
delle convenzioni comunicative peculiari. Si pensi a tutti i neologismi, gli
acronimi, le abbreviazioni, gli emoticon, l’uso delle maiuscole e delle
minuscole etc. Tutto questo ha chiaramente implicazioni importanti per la
traduzione.
Inoltre nello spazio virtuale di Internet le distanze acquistano un altro
valore. Lingue e culture diverse, distanti fra loro migliaia di chilometri, si
incontrano ormai quotidianamente attraverso la rete. D’altra parte, però, lo
sviluppo tecnologico non è stato in grado di superare le barriere
linguistiche. L’inglese, che finora e stata la lingua franca anche per le
comunità virtuali, sta perdendo per vari motivi questo suo ruolo.
Contestualmente si assiste ad un aumento del bisogno di mediazione
linguistica e culturale che ha generato un nuovo settore della traduzione, la
localizzazione, e un mercato estremamente redditizio. Secondo i dati forniti
dalla LISA (Localisation Industry Standards Asssociation), l’associazione
che raggruppa tutti i principali operatori del settore, l’industria della
localizzazione è capace di generare un volume d’affari globale di 15
miliardi di euro3.
La localizzazione
La crescente tendenza dei mercati e delle imprese ad operare a livello
mondiale, travalicando i confini nazionali, unitamente alla maggiore
diffusione dei PC negli uffici e nelle case, ha determinato l’espansione del
mercato della traduzione soprattutto nel segmento informatico. Da diversi
anni ormai il mercato della localizzazione dei software e dei siti web
2
Federico Zanettin, “Testi elettronici e traduzione ipermediale”, Intralinea, vol.2 1999
Deborah Fry, Localization Industry Primer, LISA, Lenchy, 2003, trad. it. L’industria della
localizzazione, LISA, Lenchy, 2003, p.6.
6
3
continua a registrare forti tassi di crescita, offrendo ai traduttori dotati delle
necessarie conoscenze tecniche interessanti opportunità.
Diversamente da quanto accade nel ambito della industria informatica,
la localizzazione non riceve a livello accademico la considerazione che
meriterebbe. Basti dire che il termine localizzazione è rimasto perlopiù
sconosciuto al di fuori della ristretta cerchia degli addetti ai lavori.
Per trovare una definizione di tale termine partiamo da quella proposta
dalla fonte più autorevole, la LISA: “La localizzazione è il processo
mediante il quale un prodotto ideato e sviluppato in un determinato Paese
viene poi adattato alle esigenze linguistiche, culturali ed economiche di
altri Paesi che ne diventano fruitori, proprio come se tale prodotto fosse
stato realizzato in loco.”4 Nonostante il termine localizzazione sia
applicabile a tutti i tipi di prodotti, ci si riferisce solitamente in modo
specifico alle applicazioni software e ai siti web.
Questo tipo di definizione, pur essendo formalmente ineccepibile,
crea, a mio avviso, qualche confusione. Infatti, la definizione sopracitata
non risulta essere abbastanza chiara per chi si avvicina a questo mondo per
la prima volta. Nel spiegare cosa sia la localizzazione gran parte degli
autori, ricalcando la formulazione della LISA, tende a mettere l’accento
sull’aspetto dell’adattamento linguistico e culturale ad una realtà locale. Ma
ponendo la questione in questi termi, viene da chiedersi quale sia la
differenza tra localizzazione e traduzione.
Come ogni traduttore sa, l’adattamento alla cultura del paese di
destinazione fa parte della traduzione in tutti i settori e, per questo, non può
essere considerata una peculiarità della localizzazione. Nel tradurre un testo
commerciale, giuridico o pubblicitario, ad esempio, una semplice
trasposizione letterale da una lingua all’altra sarebbe insoddisfacente: certi
concetti, formule o slogan vanno adattati a una diversa realtà sociale,
4
Deborah Fry, Ibidem, p.3.
7
culturale e giuridica.
Sembra, perciò, molto più convincente la spiegazione fornita da
Alessandra Muzzi, secondo la quale la particolarità della localizzazione
sarebbe che i testi da tradurre non si limitino a descrivere una realtà ad essi
esterna (come nel caso di un libretto d’istruzioni o un testo giuridico), ma
siano essi stessi parte integrante della realtà descritta5. Nei software e nei
siti web la componente linguistica è costitutiva del prodotto e ne determina
il funzionamento. Questi infatti si sviluppano su due livelli: il primo livello,
quello superficiale, è l’interfaccia utente; ad un livello più profondo,
“nascosto” all’utente, vi è il codice sorgente, ciò che effettivamente deve
essere tradotto o localizzato.
In aggiunta va chiarito un’altro fondamentale fattore distintivo della
localizzazione. Questa, a differenza della traduzione, è un processo
complesso, articolato in fasi distinte di cui la traduzione non è che una
componente. La localizzazione è di norma un lavoro di gruppo che
coinvolge accanto al traduttore diverse figure professionali.
L’intero processo è stato adeguatamente illustrato da Federico Vinci
6
con lo schema in Fig.1:
5
Alessandra Muzzi, “Le sfide della localizzazione”, Tradurre, n.2, gennaio 2001, pp. 3-6.
Federico Vinci, “La localizzazione”, in Traduzione revisione e localizzazione nel terzo
millennio: da e verso l’inglese, a cura di Claudia Monacelli, Franco Angeli Editore, Milano,
2001, pp. 140-176.
8
6
La traduzione digitale
Lasciando da parte la localizzazione di software che pur potendo
essere tecnicamente accomunato alla traduzione dei siti web presenta
problematiche traduttive completamente differenti, rivolgeremo la nostra
attenzione ai testi destinati alla pubblicazione in rete. L’oggetto di questa
tesi non è l’intero processo di localizzazione, bensì quella parte di esso che
interessa più da vicino il traduttore, in particolare analizzeremo la
traduzione di testi elettronici, cioè la traduzione digitale.
Un sito web può non contenere soltanto testo, ma è spesso composto
anche da immagini, filmati e elementi sonori. I testi digitali in Internet sono
soprattutto composti da parole scritte e immagini, ma è possibile ad
esempio usare il computer anche come un telefono o una radio, e la sempre
maggiore sofisticazione tecnologica permetterà probabilmente un aumento
di testi di natura orale. Perciò questa particolare branca della traduzione
spesso viene fatta rientrare nella categoria più vasta della traduzione
multimediale.
Questa posizione non ci trova completamente d’accordo, poiché se è
vero che i testi elettronici del Web si uniscono a suoni, immagini, filmati
etc., come in tanti altri prodotti multimediali, è pur vero che si basa su
linguaggi “sottostanti” particolari che, affinché il prodotto digitale possa
essere recepito compiutamente in un’altra lingua devono essere per forza di
cose, al pari di qualsiasi altro software, adattati all’orizzonte d’attesa del
potenziale ricevente, che come mai prima significa orizzonte d’uso. Il
ricevente in questo caso non è più lettore, ascoltatore o spettatore passivo,
come il fruitore di traduzione multimediale, ma è utente e quindi
partecipante attivo. “Penso che più che di traduzione multimediale sia
ormai pertinente parlare di localizzazione multimediale o, meglio, di
traduzione digitale, insistendo volutamente sul primo termine del sintagma
9
per sottolineare la centralità dell’elemento linguistico.”7
Questa categorizzazione, comunque, come avremo modo di vedere,
non è priva di problemi. Il termine traduzione digitale non distingue un tipo
di traduzione secondo una tipologia di testo, come accade normalmente, ma
secondo il mezzo attraverso il quale il testo è trasmesso. Quello che la
contraddistingue è il fatto che i testi siano redatti e letti esclusivamente
attraverso strumenti digitali. La traduzione digitale riguarda un’estrema
varietà di tipi testuali, dai testi pubblicitari e informativi a pubblicazioni
accademiche a complessi ipertesti letterari. Ciononostante la forma digitale
conferisce ai testi delle caratteristiche che li distinguono sia dai documenti
a stampa come, per esempio i romanzi, sia da altri testi multimediali come
per esempio i film, con evidenti conseguenze per la traduzione che
giustificano una tale classificazione.
7
Giovanni Nadiani, “Letteratura elettronica e sua traducibilità. Verso una teoria della traduzione
digitale”, Intralinea, vol.6, 2003.
10
INTERNET
Internet è un fenomeno che sta assumendo dimensioni ed evidenza
assolutamente straordinarie. “Oggi soltanto chi vive nell'isolamento
geografico o culturale, oppure rifiuta la stessa idea di progresso al punto di
negarlo anche se lo vede, ignora le dimensioni e la portata di un così
straordinario fenomeno.”8 Eppure solo in pochi conoscono veramente
questo medium, tanto che la stragrande maggioranza dei suoi utenti abituali
non sarebbe in grado di spiegare cosa sia Internet e non saprebbe
distinguere questo dal Web. Effettivamente può essere molto difficile
rispondere a questi interrogativi senza scendere in complicati tecnicismi ed
è anche vero che dal punto di vista pratico del utente non è indispensabile
saperlo.
Il traduttore di testi digitali, però, non può permettersi di porsi così
passivamente di fronte a questo fenomeno. Per poter affrontare il problema
della traduzione di testi elettronici destinati alla diffusione via Internet, non
si può prescindere dal definire più precisamente questo medium al fine di
prendere coscienza della sua natura. Per questo sembra opportuno
illustrarne almeno a grandi linee la genesi.
Dalle origini ad Arpanet
Quello che sarà la rete delle reti ha origine già alla fine degli anni
cinquanta nel contesto della guerra fredda, nel terrore di una possibile
guerra atomica e nella conseguente contesa tecnologica tra gli USA e
l’Unione Sovietica. Tuttavia la nascita di Internet non può essere ridotta
alla semplice realizzazione di un progetto militare. Infatti, se è vero che il
8
Ignazio Contu, “Finalmente l’hanno capito. Internet fa proprio sul serio”, Telèma, n.21/22,
2000.
11
primitivo impulso allo sviluppo di una rete di comunicazione tra computer
distanti venne da ambienti legati all'amministrazione della difesa, la
maggior parte delle innovazioni che hanno scandito l'evoluzione della rete
sono nate all'interno di libere comunità di ricerca, quasi del tutto svincolate
dal punto di vista professionale e intellettuale dalle centrali di
finanziamento del progetto9.
Il punto di partenza è tradizionalmente collocato nel 1957, in
coincidenza di un evento fortemente simbolico: i sovietici mettono in orbita
il primo satellite artificiale, lo Sputnik. Il successo tecnologico sovietico
costrinse gli Stati Uniti a riaffermare la propria supremazia tecnicoscientifica. Al fine di razionalizzare e accelerare la ricerca in settori dalle
possibili ricadute militari si decise di istituire una agenzia unica per la
ricerca e lo sviluppo scientifico chiamata ARPA (Advanced Research
Project Agency) la cui sede fu stabilita nell’edificio del Pentagono. L’Arpa
raccolse alcuni dei migliori scienziati statunitensi, capaci di mettere
appunto il primo satellite americano in 18 mesi. Ma poco dopo tutti i
programmi aerospaziali furono trasferiti alla NASA e l’ARPA fu obbligata
a trovare un nuovo ambito di ricerca. Ci si dedicò quindi alla neonata
scienza dei calcolatori, arrivando a concepire l’idea di integrare i computer
in una rete.
Nel 1959 sulla costa opposta degli Stati Uniti alla Rand Corporation,
una azienda californiana legata alla ricerca militare, le cui attività di ricerca
e consulenza erano per gran parte commissionate dall’aviazione, venne
assunto un giovane ingegnere che aveva lavorato nel settore delle valvole
per computer: Paul Baran. Egli fu inserito nella sezione informatica e si
mise a studiare un problema a cui già da qualche tempo i tecnici della Rand
stavano lavorando: come preservare l’operatività delle telecomunicazioni
dell’esercito in caso di attacco nucleare. La risposta di Baran fu che per
9
Carlo Gubitosa, La vera storia di Internet, Apogeo, Milano, 1999.
12
garantire la sicurezza di una rete, questa dovesse avere una configurazione
decentralizzata e ridondate, ossia era necessario creare una infinità di strade
alternative per la circolazione dei dati, in modo che la distruzione di uno o
di molti dei nodi funzionanti non interrompesse il flusso delle informazioni
all’interno della rete. L'assenza di un nodo centrale avrebbe eliminato ogni
possibile
obiettivo
strategico,
la cui
distruzione
avrebbe
potuto
compromettere il funzionamento dell'intero sistema. A tal fine il sistema di
telecomunicazioni doveva, però, basarsi sulle nuove macchine di calcolo
digitale, in grado di applicare sistemi di correzione degli errori e scelta dei
canali di comunicazione.
Lo stesso Baran ebbe anche un'altra intuizione geniale: piuttosto che
inviare un messaggio da un nodo all'altro come un unico blocco di bit, è
meglio dividerlo in parti separate, che possono viaggiare attraverso vari
percorsi verso la destinazione, dove sarebbero ricomposti.
Le sue idee incontrarono, tuttavia, lo scetticismo della comunità
scientifica, che non riteneva il progetto tecnicamente realizzabile, e l’aperta
ostilità della compagnia telefonica AT&T che sarebbe dovuta essere la
principale destinataria del progetto.
Baran era ormai stato costretto ad accantonare il suo progetto, quando
nel 1965 a Londra il fisico inglese Donald Davies in modo del tutto
indipendente pervenne a conclusioni simili a quelle dello scienziato
americano. Tutte queste idee e intuizioni teoriche, elaborate in sedi diverse
e indipendenti, confluirono pochi anni dopo nel progetto Arpanet, la
progenitrice di Internet.
Arpanet
Nel 1963 Bob Taylor entrò a far parte dell’ARPA. Fu lui a promuovere
un progetto volto a consentire la comunicazione e lo scambio di risorse tra i
computer dei vari laboratori universitari finanziati dall’agenzia.
13
Taylor chiamò a sovrintendere gli aspetti tecnici del progetto Larry
Roberts. Per molti mesi il problema del progettare una rete abbastanza
affidabile e veloce da permettere l’elaborazione interattiva a distanza
rimase insoluto. Finché nel 1967 Roberts partecipò a una conferenza alla
quale intervenne un collaboratore di Donald Davies che illustrò i principi
elaborati autonomamente dal ricercatore inglese e da Baren. Fu finalmente
la svolta: Roberts elaborò un progetto della rete, facendovi confluire tutte
quelle idee che erano rimaste nell’aria per oltre un decennio.
Dunque, se è vero che l’idea della rete nacque in un contesto militare,
la diffusa opinione che essa dovesse fungere da strumento di
comunicazione sicuro tra i centri di comando militari nell'evenienza di una
guerra nucleare è frutto di un equivoco storiografico. In realtà l'obiettivo
perseguito da Bob Taylor era di aumentare la produttività e la qualità del
lavoro scientifico nei centri finanziati dall'ARPA, permettendo ai ricercatori
universitari di comunicare e di condividere le risorse informatiche, a quei
tempi costosissime e di difficile manutenzione. Parte dell'equivoco circa le
origini belliche della rete deriva dal fatto che nella stesura delle specifiche
Larry Roberts riprese le idee elaborate da Baran all'inizio degli anni
sessanta.10
La rete Arpanet cominciava a crescere. I nodi nel 1971 erano diventati
quindici e gli utenti alcune centinaia. L’applicazione che ebbe la maggiore
influenza nell’evoluzione della rete fu la posta elettronica. Nel giro di pochi
mesi tutti coloro che avevano accesso alla rete iniziarono ad usarla per
scambiarsi messaggi di tutti i tipi: da quelli di lavoro a quelli personali. La
rete dell'ARPA era divenuta un sistema di comunicazione tra una comunità
di giovani ricercatori di informatica. Intorno alla posta elettronica crebbe
anche il fenomeno del software gratuito. Infatti ben presto cominciarono ad
10
Marco Calvo, Gino Roncaglia, Fabio Ciotti, Marco Zela, Internet 2004, Laterza, Roma-Bari,
2004.
14
apparire programmi per leggere i messaggi sempre più raffinati e dotati di
funzionalità evolute, che venivano liberamente distribuiti.
Il problema che ci si poneva adesso era quello di come far comunicare
tra loro reti basate su tecnologie diverse. Se ci si fosse riusciti, sarebbe stato
possibile diffondere le risorse disponibili su Arpanet a una quantità di utenti
assai maggiore. E i risultati non si fecero attendere troppo a lungo. I primi
esiti della ricerca furono pubblicati nel 1974 in un articolo in cui comparve
per la prima volta il termine “internet”11. Le ripercussioni di tale articolo
furono enormi. Ben presto numerosi ricercatori iniziarono a perfezionare le
proposte iniziali e a sperimentare varie implementazioni.
Nel frattempo Arpanet continuava la sua espansione, sia come
diffusione sia, soprattutto, come servizi e applicazioni che venivano
sviluppati. Nel giugno del 1975 si creò il primo gruppo di discussione
basato sulla posta elettronica. I temi che vi si discutevano erano di ambito
tecnico, ma non mancarono scambi di messaggi dedicati a fatti di attualità.
Sulla base di un sistema di comunicazione interattivo fondato sui
computer si era costituita una vera e propria comunità intellettuale.
L’esplosione di Internet
Il successo di Arpanet nella comunità scientifica aveva dimostrato
ampiamente i vantaggi che l’attività di ricerca poteva trarre dalle reti di
comunicazione telematica. Tuttavia alle soglie degli anni ottanta delle
centinaia di dipartimenti di informatica solo quindici avevano il privilegio
di poter accedere alla rete.
Negli anni ottanta si diffondono reti meno costose tra le università
americane. Tutte queste nuove reti, pur avendo adottato internamente
tecnologie diverse rispetto a quelle di Arpanet, potevano comunicare con
11
Vinton Cerf e Robert Kahn, “A Protocol for Packet Network Internetworking”, IEEE
Transaction on Communication, 1974.
15
essa. Ben presto anche altri paesi occidentali iniziarono a creare reti di
ricerca. Intorno alla rete dell’ARPA andava prendendo forma una sorta di
rete delle reti.
Per molti anni la rete era stata uno strumento nelle mani di poche
migliaia di studenti e ricercatori di informatica. Ma la diffusione che seguì
aveva aumentato radicalmente il numero degli utenti. Questo determinò
agli inizi degli anni novanta una profonda trasformazione dei servizi di rete
e la comparsa di una serie di nuove applicazioni decisamente di più facile
utilizzo. Soprattutto un sistema sviluppato dai laboratori informatici del
CERN a Ginevra cominciò ad attirare l’attenzione degli utenti di Internet.
Si trattava del World Wide Web l’invenzione che maggiormente ha
contribuito alla diffusione e alla popolarità di Internet.
Il primo documento ufficiale in cui si fa riferimento a questo
strumento risale al marzo del 198912. In quell’anno Tim Berners Lee,
concepì l’idea di un sistema ipertestuale per facilitare la condivisione di
informazioni e ne propose lo sviluppo al centro. Nel 1990 lo stesso Lee
rendeva pubblico il nome che aveva idea per la sua creatura. 13
Il Web, però, ha bisogno di uno strumento che permetta di navigare tra
le sue pagine: un browser. Già l’inventore del Web ne aveva sviluppato
uno, ma questo, a causa della sua difficoltà di utilizzo rimase limitato nella
sua diffusione. Un primo aiuto in questo senso venne nel 1992 da Marc
Andersen che sviluppò un browser web grafico: nacque così Mosaic. Fu
una vera e propria rivelazione per la comunità degli utenti Internet che nel
giro di pochi mesi attrasse su Wold Wide Web migliaia di utenti. Questo
strumento fece emergere un modo nuovo di utilizzare i servizi della rete,
completamente svincolato dalla complesse conoscenze tecniche. Grazie a
12
Tale documento è ancora disponibile presso il sito del W3
<http://www.w3.org/History/1989/Proposal.html>
13
Anche questo documento è conservato sul sito del W3
<http://www.w3.org/Proposal.html>
Consortium.
Consortium.
16
Mosaic e alla sottostante architettura Web, Internet divenne alla portata di
chiunque con il minimo sforzo. La semplicità d’uso di Mosaic e le
caratteristiche innovative del Web, nel giro di pochissimi mesi,
conquistarono tutti gli utenti della rete, dando inizio a un processo di
espansione tecnologica senza pari nel passato. Attualmente il numero di
documenti presenti sul Web è valutato nell'ordine dei miliardi, e in
centinaia di milioni gli utenti che quotidianamente ne fanno uso.
Il 2 maggio del 1994 si tenne a Ginevra la prima WWW Conference
seguita nell’ottobre da una seconda tenuta a Chicago. Da quei primi
incontri si presero le mosse per la fondazione del W3 Consortium, una
organizzazione voluta da Tim Berners Lee al fine di gestire in modo
pubblico e aperto lo sviluppo delle tecnologie Web.
La nuova Internet era ormai pronta a un’ennesima mutazione: da un
sistema di comunicazione fortemente radicato nell’ambiente accademico
stava per divenire un vero e proprio medium globale.
17
INTERNET E LA QUESTIONE DELLA LINGUA
Interferenze linguistiche
La rete diventa sempre più un luogo di comunicazione internazionale,
ma è anche un luogo di comunicazione multilinguistica? Sembrerebbe
proprio il contrario. Fin dagli albori di Internet la lingua dominante del
World Wide Web è stata l’inglese. Questo perché inizialmente il Web era
sotto il dominio assoluto degli Stati Uniti e solo negli anni novanta Internet
ha iniziato ad espandersi anche nei paesi di altre lingue.
L’inglese svolge oggi, al pari del latino o del francese nel passato, la
funzione di lingua internazionale e la crescente diffusione dei mezzi
informatici e di Internet ne ha rafforzato il ruolo. Questa egemonia
dell’inglese ha destato non poche preoccupazioni riguardo allo stato di
salute delle lingue che subiscono anche e soprattutto a causa di Internet e
del Web il suo influsso. “Lo stranierismo è merce corrente [...] altrettanto
prevedibile è il loro dilagare nei siti web, che ci autorizza ad individuare
una vera e propria invasione, in particolare nei siti settoriali (e privilegiano
l’inglese tecnologico, com’è ovvio, quelli d’argomento informatico), senza
considerare che la maggior parte dei siti nostrani ha addirittura una
versione dei testi in lingua inglese.”14 Nel settore informatico più che in
altri si verifica il fenomeno della ripresa pura e semplice del vocabolo
straniero, che non viene né tradotto né adattato alla lingua d’arrivo.
Il tema del possibile decadimento dell’italiano non nasce certo con la
diffusione di Internet, ma i molti prestiti non o poco adatti (o forse a volte
male adattati) entrati nell’italiano attraverso il gergo informatico hanno
rianimato la discussione. “Da anni infatti si discute se sia doveroso tradurre
14
Andrea Masini, “L’italiano contemporaneo e la lingua dei media”, in La lingua italiana e i
mass media, a cura di I. Bonomi, A. Masini e S. Morgana, Carocci, Roma, 2004, p. 21.
18
i termini stranieri in (buon) italiano, o se viceversa sia lecito lasciarli nella
lingua originale o al limite italianizzarli alla meno peggio.”15 Nella rete
sono frequenti i dibattiti su questo argomento, che evidenziano come in
ambito informatico sia diffuso l’uso di prestiti anche quando esiste un
termine italiano equivalente, e che lamentano l’utilizzo sempre più
frequente di neologismi grossolani come “scannare” (nel senso di
digitalizzare, leggere con lo scanner) e “scannerizzazione”, anziché i più
eleganti “scandire” e “scansione”.
Comunque in genere i linguisti non ritengono che i prestiti siano di per
sé un rischio per la lingua. Marazzini, per esempio, sostiene che i prestiti
“possono essere interpretati come un segno di vitalità”16 e De Mauro
esclude decisamente che gli anglicismi entrati nell’uso della lingua italiana
(e i forestierismo in genere) costituiscano un pericolo per la lingua: “da
quando sono documentate, le seimila diverse lingue del mondo, anche le
più consolidate ed egemoni, hanno conosciuto e conoscono fenomeni di
interscambio e globalizzazione.” 17
Vi è qualche dissenso sul numero delle parole entrate in italiano dalle
lingue straniere come prestiti non adattati. Ed è discutibile se i derivati
degli anglicismi siano essi stessi dei forestierismi.18 Comunque il numero
dei prestiti, confrontato con la ricchezza lessicale globale della lingua
italiana, è talmente esiguo da non poter giustificare l’insorgere di
irragionevoli timori. Inotre sembra che la diffusione dei mezzi di
comunicazione globale come Internet non abbiano, almeno finora,
aumentato significativamente il numero dei forestierismi. “Se si
confrontano i neologismi entrati nell'italiano negli anni '90 con quelli dei
15
Cristina Cona, “Non dimentichiamo la nostra lingua”, Interalia, Settembre 2002. p.8.
C. Marazzini, Da Dante alla lingua selvaggia, Carocci, Roma 1999. p. 225.
17
Tullio De Mauro, “Ogni lingua è globale, ciascuna a proprio modo”, Telema n.11, 1997.
18
Gusmani lo nega, ritenendo del tutto improprio attribuire l’etichetta di prestito ai termini
derivati. Così facendo si renderebbe la definizione di prestito talmente generica da risultare
scarsamente utile. Si potrebbe infatti concludere, che tutto il patrimonio di una lingua e dovuto a
prestito, essendo stata ciasuna parola,una volta, un prestito.
19
16
decenni immediatamente precedenti si notano diverse costanti: il numero di
parole nuove entrate nella lingua è quasi identico ed è stabile il rapporto tra
neologismi sintagmatici, creati cioè con materiale interno alla lingua, e
forestierismi. In altre parole, negli ultimi quarant'anni non c'è stata
un'accelerazione nell'acquisizione di forestierismi.”19
McLanguage
Va altresì osservato che la contaminazione delle lingue per via
telematica non avviene a senso unico, ossia non è solo l’inglese a
influenzare le altre lingue, ma anch’esso è influenzato della lingue delle
culture con cui entra in contatto. Il linguaggio informatico, di Internet e del
Web non è più inglese ma si è evoluto in un “tecno-esperanto”, cioè “una
macedonia di parole che fondono latino-grecismi e parole inglesi
irrompendo sulla scena linguistica nei più diversi paesi compresi quelli
anglofoni di qua e di là dell’Atlantico”.20
Può darsi che questo tranquillizzi qualche purista che pretende di
trascinare sul banco degli imputati il malvagio inglese, reo di invasione
della presunta purezza dell’italiano e di altre lingue. Ma, d’altro canto, in
questo modo si apre un’altra questione: la “salute” dell’inglese. Il Web,
essendo un fenomeno di portata globale che tende a livellare le differenze
tra le culture che in esso si incontrano per permettere una migliore (o una
più facile e immediata) comunicabilità, è spesso ritenuto responsabile da un
lato dell’assimilazione delle diverse lingue all’inglese, e dall’altro del
appiattimento dell’inglese ad un esperanto privato della sue radici culturali.
Anche questo problema non è certo nato con l’avvento della rete, era già
una questione aperta per una lingua che per l’imponente espansione
coloniale dell’Impero inglese e per la colossale importanza economica
19
Elisa Ranucci, “I neologismi nell’italiano contemporaneo”, Interalia, Settembre 2001, p.1415.
20
Tulio De Mauro, “La telelingua è il vero esperanto”, Telèma n.2, 1995.
20
statunitense è parlata come lingua ufficiale in 52 paesi e da 1,7 miliardi di
persone in tutto il mondo. La nuova tecnologia non ha fatto altro che
acutizzare il problema e di imporlo di nuovo alla nostra attenzione.
Mary Snell-Hornby sostiene che nel caso della lingua parlata in
Internet si tratta di un inglese che non si conforma più alle regole e le
norme di una varietà nazionale alla quale dà il nome di McLanguage.21
Questa sarebbe un tipo particolare di inglese americano, semplificato e
privato della sua ricchezza stilistica e lessicale e, con l’ausilio di
abbreviazioni, icone, acronimi e grafici, fatto su misura per essere
“consumato” velocemente. Questa lingua, che funziona da denominatore
comune per la comunicazione interculturale, fa spesso uso del registro
colloquiale e tende a non rispettare rigidamente le prescrizioni
grammaticali.
I paesi di lingua inglese, anche in epoca coloniale, hanno sempre
adottato una politica linguistica tutt’altro che puristica. Questo da un lato ha
favorito la sua espansione, facilitandone l’apprendimento da parte di
popolazioni di lingue diverse, dall’altro ha determinato una particolare
apertura alle innovazioni e agli influssi esterni che ha fatto sorgere
numerose varietà regionali. La Mclanguage ha d’altronde molti tratti
comuni con l’inglese dei scrittori Africani postcoloniali. Questi scrivono in
inglese ma pensano nella loro madrelingua, cioè traducono costantemente
da una lingua all’altra, esattamente come fanno molti utenti web. Il risultato
è una lingua comprensibile a tutti ma piena di interferenze locali.
Un cambiamento di tendenza
Ora però assistiamo ad un ulteriore mutamento della situazione:
lentamente ma inesorabilmente altre lingue cominciano a impossessarsi del
21
Mary Snell-Hornby, “Comunicating in the Global Village: On Language, Translation and
Cultural Identity”, Current Issues in Language & Society, vol.6, n.2, 1999, pp. 103-119.
21
Web scalzando l’inglese dalla sua posizione dominante e rivendicando la
loro autonoma importanza in un mondo globalizzato.
Se nel 1998 il 75% delle pagine web erano in inglese, negli ultimi anni
l’aumento degli utenti di lingue diverse dall’inglese è cresciuto
vertiginosamente: sono passati nel giro di pochissimo tempo dal 10% al
oltre il 50%. Secondo degli studi condotti nel 2002, più della metà degli
utenti Internet non sono di madre lingua inglese e la maggior parte dei
documenti è pubblicata in una lingua diversa dall’inglese. Gli ultimi studi
indicano che il numero degli utenti di lingua inglese è sceso quasi a un
terzo degli utenti totali.
10,1%
Inglese
1,7%
Cinese
3,1%
Spagnolo
3,8%
35,2%
3,9%
Giapponese
Tedesco
4,2%
Francese
Coreano
6,9%
Italiano
Portoghese
8,4%
9,0%
13,7%
Olandese
Altro
Figura 1: Utenti web suddivisi per lingua (Settembre 2004) 22
Anche se l’inglese continua ad essere di gran lunga la lingua più usata
nella rete e molti utenti di Internet sono in grado almeno di comprenderlo,
rimane fuor di ogni dubbio che un sito nella lingua madre dei suoi visitatori
è molto più attraente e di più facile utilizzo.
Gli utenti tendono a passare più tempo e sono più propensi ad
22
Fonte: Global Reach <http://global-reach.biz/globstats> [Ultimo accesso settenbre 2004]
22
acquistare prodotti in siti nella loro lingua madre. Le aziende che vogliono
sfruttare al medio i vantaggi del mercato globale e di Internet, perciò,
devono assolutamente superare la barriera linguistica che li divide dai loro
potenziali clienti. I primi ad accorgersi di questo aspetto sono stati i gestori
dei portali, che hanno prontamente reagito mettendo a disposizione i loro
servizi in molte lingue diverse e offrendo gratuitamente sistemi di
traduzione automatica online. Per esempio, sia AltaVista che Yahoo!
permettono la traduzione automatica di interi siti.
In questo modo è stata riportata alla ribalta la questione della
traduzione automatica immediata. In un ambiente (quello di Internet) dove
ogni minuto di connessione ha un costo, è ovvio che si voglia accedere alle
informazioni nel minor tempo possibile. La traduzione che rende fruibile il
contenuto di un siti web realizzato in una lingua diversa della propria deve
quindi avvenire in tempo reale.
Inutile ripetere che le traduzioni così realizzate sono di scarsissima
qualità e che si adatta solo come soluzione di emergenza. La soluzione
migliore è e rimane che i siti siano direttamente localizzati dai loro
realizzatori e che siano disponibili nel maggior numero di lingue possibili.
Ed in effetti ci si accorge immediatamente che sono sempre più numerosi i
siti multi-lingue.
In questo contesto il ruolo del traduttore, già importante di per sé,
diventa fondamentale. Nell’era dell’informazione e della comunicazione il
traduttore diventa una figura di vitale importanza della società globalizzata.
La traduzione dei testi elettronici diventerà sempre più centrale e sempre
più la qualità della lingua dipenderà anche dalla qualità delle traduzioni.
Sottolineare il ruolo del traduttore si rende necessario anche alla luce
delle previsioni via via più insistenti che vedono il traduttore umano
diventare superfluo con il progresso nel campo della traduzione automatica.
Il pronostico dell’estinzione del traduttore in un futuro non molto lontano
23
non è condiviso da nessun che sia cosciente di quale sia realmente il lavoro
del traduttore.
Ma se è vero che l’esistenza futura del traduttore allo stato attuale
delle cose non è assolutamente in pericolo, è anche vero che questa
professione subisce rapidi e profondi mutamenti. Le aspettative nei loro
confronti sono cresciute enormemente. A causa del vasto numero di
documenti trasmessi per via telematica si pretende che il lavoro sia
compiuto a ritmi mai visti prima. Per soddisfare queste esigenze il
traduttore deve imparare ad usare gli strumenti elettronici, a lavorare con
sistemi di traduzione assistita, a svolgere lavoro di gruppo. I traduttori sono
sempre più specializzati in una disciplina, e sempre più spesso in ambiti
tecnici.
Sono mutate e aumentate anche le responsabilità che gravano sulla
figura del traduttore: oggi il traduttore si deve assumere un doppio
impegno: ha il compito di favorire e assicurare un processo di
globalizzazione nel quale non ci siano emarginati, esclusi dal godimento
dei suoi vantaggi; e ha il dovere di preservare la molteplicità delle identità
linguistiche e culturali e di impedire che la globalizzazione significhi
americanizzazione, o comunque, omologazione culturale. Il traduttore
favorisce i contatti e gli scambi pacifici tar le culture e impedisce che le
reciproche influenze si risolvano in un appiattimento su un inico modello di
vita, valorizzando le differenze tra le culture,che sono la vera ricchezza di
un mondo globalizzato.
24
IL WORLD WIDE WEB, UN IPERTESTO ELETTRONICO
Il World Wide Web è stato cronologicamente l’ultima funzionalità di
Internet ad essere sviluppata e tra tutte le applicazioni disponibili in rete è
quella che gode della maggiore diffusione presso gli utenti. Questo
strumento ha cambiato decisamente il volto di Internet, rendendo
l’interazione con la rete una attività semplice e gradevole.
Il Web può essere definito come un’enorme rete di documenti
contenenti testi, immagini, ma anche suoni e animazioni distribuiti tra i vari
nodi di Internet e collegati tra loro a formare una trama virtualmente
infinita. L'architettura originaria del Web è stata sviluppata da Tim Berners
Lee. Alla sua opera si devono l'elaborazione e l'implementazione dei
principi, dei protocolli e dei linguaggi che ancora caratterizzano questa
complessa applicazione di rete. Tuttavia, quando fu concepito, il Web era
destinato a una comunità di utenti limitata, non necessariamente in
possesso di particolari competenze informatiche ed editoriali, e non
particolarmente preoccupata degli aspetti qualitativi e stilistici nella
presentazione dell'informazione. Per questa ragione nello sviluppo
dell'architettura Web furono perseguiti espressamente gli obiettivi della
semplicità di implementazione e di utilizzazione.
Queste caratteristiche hanno notevolmente contribuito al successo del
Web. Ma con il successo lo spettro dei fornitori di informazione si è
allargato: nel corso degli anni il World Wide Web è diventato un vero e
proprio ambiente editoriale e di fornitura di servizi avanzati. Ovviamente
l'espansione ha suscitato esigenze e aspettative che non erano previste nel
progetto originale, stimolando una serie di revisioni e di innovazioni degli
standard tecnologici originari.
Si è avuto quindi un potenziamento della capacità di gestione e
25
controllo dei contenuti multimediali pubblicati sul Web, e dunque dei
linguaggi utilizzati per la loro creazione. In una prima fase un ruolo
propulsivo in questo processo fu assunto dalle grandi aziende produttrici di
browser. Nel corso degli anni novanta sia Microsoft che Netscape, man
mano che nuove versioni dei loro browser venivano sviluppate,
introducevano innovazioni ed estensioni, al fine di conquistare il maggior
numero di fornitori di servizi e dunque di utenti (infatti le nuove
caratteristiche, almeno inizialmente, erano riconosciute e interpretate
correttamente solo dai rispettivi browser). Questa corsa all'ultima
innovazione, se molto ha migliorato l'aspetto e la fruibilità delle pagine
pubblicate su Web, ha rischiato di avere effetti devastanti sull’accessibilità
dei contenuti on-line.
Per evitare che le tensioni indotte dal mercato limitassero l'universalità
di accesso all'informazione on-line, nel 1994 lo stesso Tim Berners Lee
promosse la costituzione del World Wide Web Consortium (W3C).
L’organizzazione senza fini di lucro, che raccoglie centinaia di aziende,
enti, centri di ricerca e singoli specialisti coinvolti più o meno direttamente
nel settore delle tecnologie Web, è ufficialmente deputata allo sviluppo
degli standard tecnologici per il Web.
Il Web come ipertesto multimediale
Qualsiasi documento Web presente in rete è potenzialmente
accessibile allo stesso modo (attraverso un legame ipertestuale) da qualsiasi
altro documento. Inoltre la regnatela globale integra, come abbiamo visto,
diverse forme espressive (testo, suoni, filmati). Di conseguenza il Web può
essere definito come un ipertesto multimediale: è dunque chiaro che tali
concetti delineano la cornice generale nella quale esso e tutte le tecnologie
sottostanti si inseriscono. In primo luogo è bene distinguere il concetto di
multimedialità da quello di ipertesto. I due concetti sono spesso affiancati e
26
talvolta sovrapposti, ma mentre il primo si riferisce agli strumenti e ai
codici della comunicazione, il secondo riguarda la sfera più complessa
della organizzazione dell'informazione.
Con multimedialità, dunque, ci si riferisce alla possibilità di utilizzare
contemporaneamente, in uno stesso messaggio, più linguaggi o codici.23 Da
questo punto di vista, possiamo dire che una certa dose di multimedialità è
intrinseca in tutte le forme di comunicazione che l'uomo ha sviluppato e
utilizzato, a partire dalla complessa interazione tra parola e gesto, fino alla
invenzione della scrittura, dove il linguaggio verbale si fonde con l'iconicità
del linguaggio scritto, e a tecnologie comunicative più recenti come il
cinema o la televisione. Nondimeno l'informatica, riducendo linguaggi
diversi ad un unico codice binario (cioè costituito da una serie di 0 e di 1),
permette un livello di integrazione fra codici diversi totalmente nuovo:
tradizionalmente, i supporti utilizzati per i testi scritti erano diversi, nelle
tecnologie impiegate e nei modi di fruizione, dai supporti utilizzati per
suoni, da alcuni di quelli usati per le immagini o per i filmati. “La
convergenza al digitale rende possibile una integrazione strettissima e
totalmente inedita fra codici e linguaggi che eravamo abituati a considerare
lontani. E per questa via rende possibile forme di comunicazione nuove, le
cui caratteristiche e potenzialità stiamo appena iniziando ad esplorare.” 24
La definizione di ipertesto, invece, richiederebbe una trattazione più
estesa. Se ci si occupan un po’ di questo argomento, ci si imbatte
inevitabilmente nei nomi di Barthes, Derrida e Genette, in rifeirmento
soprattutto alla critica postmoderna. Argomento di questo lavoro è, però, la
traduzine dei testi elettronici in rete ed è quindi necessario prendere come
23
Il concetto di multimedialità è più problematico di quanto non appaia qui. Il termine a rigore
dovrebbe indicare la molteplicità dei supporti fisici (medium) del messaggio. In realtà, però, si è
soliti riferirsi piuttosto al intreccio di più codici espressivi. In questo senso sarebbe più
opportuno, come suggerisce Gino Roncaglia, parlare di “multicodicalita”.
24
Fabio Ciotti, Gino Roncaglia, Il mondo digitale. Introduzione ai nuovi media, Laterza, RomaBari, 2000, pp 28-29.
27
punto di partenza una definizione diversa di ipertesto che si riferisce ad un
insieme di testi elettronici posti in relazione tra loro in maniera non
sequenziale attraverso una serie di riferimenti incrociati. Volendo fornire
una definizione più precisa diremmo che esso consiste in una serie di
blocchi testuali25 e di una serie di collegamenti e rimandi istituiti fra tali
blocchi, fra porzioni di tali blocchi o all’interno di un singolo blocco.
La prima formulazione moderna dell'idea di ipertesto si trova in un
articolo dell’americano Vannevar Bush, As We May Think26, apparso nel
1945, dove viene descritta una complicata macchina immaginaria, il
Memex (contrazione di Memory extension). Si trattava di una sorta di
scrivania meccanizzata, dotata di schermi per visualizzare e manipolare
documenti microfilmati, e di complicati meccanismi con cui sarebbe stato
possibile costruire legami e collegamenti tra unità informative diverse.
La sintesi tra le suggestioni di Bush e le tecnologie informatiche è
stata opera di Ted Nelson, che ha anche coniato il termine 'ipertesto', agli
inizi degli anni sessanta. Nel suo scritto più famoso, Literary Machines27 si
descrive un potente sistema ipertestuale, chiamato Xanadu28. L’idea di
Nelson è quella di realizzare una rete ipertestuale mondiale, da lui definita
docuverso, costituita dall’insieme degli scritti, delle immagini e dei dati
conservati in tutto il mondo che possa essere utilizzata da centinaia di
milioni di persone. Il progetto Xanadu non è mai stato realizzato
concretamente, nonostante i molti tentativi cui Nelson ha dato vita. Ma le
sue idee sono confluite molti anni più tardi nella concezione del World
Wide Web.
25
I blocchi testuali sono spesso anche chiamati “lessie”, prendendo in prestito il termine usato
da Roland Barthes per denotare delle unità di lettura ritagliate all’interno del testo, risultanti
dalla scomposizione del lavoro di lettura. Si badi, però, che i concetti di blocco testuale e lessia,
così come è intesa da Barthes, non coincidono. Infatti, mentre le lessie sono individuate dal
lettore, i blocchi costiutivi del ipertesto sono determinati dall’autore.
26
Vannevar Bush, “As we may think”, Atlantic Monthly, 1945
27
Teodor Nelson, Literary Machines, Mindfull Press, Sausalito, 1992
28
Il sistema ipertestuale prende il nome dal misterioso palazzo nel poema Kubla Kahn del
poeta romantico S. T. Coleridge.
28
Nella cultura occidentale, a partire dalla invenzione della scrittura
alfabetica, e in particolare da quella della stampa, l'organizzazione
dell'informazione in un messaggio, e la corrispondente fruizione della
stessa, è essenzialmente basata su un modello lineare sequenziale, su cui si
può sovrapporre al massimo una strutturazione gerarchica. Basti pensare ad
un libro, esso è una sequenza lineare di testo, eventualmente organizzato
come una sequenza di capitoli, che a loro volta possono essere organizzati
in sequenze di paragrafi, e così via. La fruizione del testo avviene pertanto
in modo sequenziale, dalla prima all'ultima pagina. Il lettore della maggior
parte dei testi finora prodotti dalla cultura occidentale inizia a leggere il
testo dall'inizio, e prosegue linearmente fino alla fine.
A questo modello ci sono ovviamente delle eccezioni. Infatti il
concetto di ipertestualità non è completamente nuovo, ma anzi è presente
già in molti dei testi stampati. La lettura di un articolo scientifico in una
rivista contenete note e rimandi prevede infatti che i lettori si spostino da
un blocco testuale ad un altro, e anche il consultare un dizionario mentre si
legge un libro è un tipo di lettura ipertestuale.
Cionondimeno
l’ipertesto
è
spesso
associato
al
mondo
dell’informatica, cioè è quasi sempre pensato come un testo elettronico. In
effetti, se è vero che un ipertesto può non essere un testo digitale, è anche
vero che nella scrittura tradizionale prevale nettamente la linearità mentre
un testo digitale, in special modo un documento web, non può non essere
un ipertesto. A differenza della carta stampata i testi elettronici in rete
prevedono questa modalità di lettura quasi costituzionalmente29. Quindi il
testo digitale viene di fatto a coincidere con un ipertesto elettronico.
Il testo digitale
Il testo che riceviamo composto su di uno schermo differisce, per
29
Federico Zanettin, “Testi elettronici e traduzione ipermediale”, Intralinea, vol. 2, 1999.
29
diversi punti essenziali, dal testo che leggiamo sulla carta. Innanzitutto,
dato un codice sorgente, per arrivare a confrontarci con ciò che questo
veicola abbiamo bisogno di un elaboratore che legga il codice e ci
restituisca una pagina a schermo, ovvero necessitiamo di una macchina che
funga da supporto per ciò che va letto. Fatto questo, ciò che scorriamo è, in
effetti, quanto la macchina ha già letto una prima volta. La nostra base di
partenza è il prodotto di un'interpretazione già compiuta dalla macchina,
che in questo modo diventa una specie di secondo autore (o, se si
preferisce, di primo lettore).
È possibile quindi distinguere due livelli del testo elettronico: il
codice, consistente nella sequenza di caratteri che viene processata dalla
macchina e che è effettivamente scritta dall’autore; e l’opera così come
appare sullo schermo, ossia il testo come appare al lettore dopo
l’interpretazione da parte del computer.
Il rapporto che si instaura tra questi due livelli di testo si presenta nella
seguente maniera. Quello che può essere definito come il testo vero e
proprio è il codice, cioè il livello più profondo del testo elettronico. Questo
contiene tutte le informazioni del testo anche quelle che non vengono
riprodotte sullo schermo, o che sono visualizzate solo in determinate
situazioni. Il codice è il punto di partenza per la realizzazione dell'ipertesto.
Il secondo elemento, ciò che appare a schermo, è solo una presenza
momentanea, che viene simulata ogni volta che l'apposito programma
processa il primo testo. Quando leggiamo un documento digitale, anche se
ogni volta che viene visualizzato la macchina ci mostra lo stesso testo, in
realtà ci troviamo sempre di fronte a un testo nuovo, un testo riscritto dalla
macchina ogni volta di nuovo a partire dal codice sottostante. D’altra parte
questo secondo livello è l’unica realtà con cui si misura il lettore ed è
l’unico aspetto che il testo elettronico può avere nella fruizione.
Il rapporto che lega questi due testi può essere visto, metaforicamente,
30
come se il primo testo, il codice, descrivesse e immaginasse un originale, di
cui la macchina crea una copia, il testo a schermo. Da questo punto di vista,
un vero testo originale non esiste, ma solo la collezione di copie simulate
con cui si interagisce. La nostra esperienza quotidiana con i computer, del
resto, ci ha abituato ad un modo di lavorare che sfrutta questa metafora.
Usando sistemi operativi dove è possibile aprire più sessioni o più finestre
sullo stesso schermo, ad esempio, oppure sfruttando funzionalità come il
copia-e-incolla, ognuno di noi ha imparato a considerare lo schermo come
quello spazio provvisorio dove si creano legami tra dati memorizzati
altrove.
Il codice
Per quanto riguarda quindi un traduttore che si confronta con un
ipertesto, e più precisamente con un documento web, quello che gli
interesserà di più non sarà la sua realizzazione momentanea, generata da un
progarmma, bensì la sua codificazione che ne rappresenta la realtà stabile.
Nel caso concreto di una pagina web, il codice si basa su di un
linguaggio di rappresentazione dei documenti in formato elettronico,
appartenete alla classe dei linguaggi di marcatura (markup languages)
denominato Hypertext Markup Language (HTML). L'espressione markup
deriva dall'analogia tra questi linguaggi e le annotazioni inserite da autori,
curatori editoriali e correttori nei manoscritti e nelle bozze di stampa di un
testo al fine di indicare correzioni e trattamenti editoriali, chiamate in
inglese mark-up. In modo simile, i linguaggi di marcatura sono costituiti da
un insieme di istruzioni, dette tag (marcatori), che servono a descrivere la
struttura, la composizione e l'impaginazione del documento. I marcatori
sono sequenze di normali caratteri e vengono introdotti, secondo una
determinata sintassi, all'interno del documento, accanto alla porzione di
testo cui si riferiscono.
31
HyperText Markup Language (HTML) è il linguaggio attualmente più
utilizzato per dare forma ai miliardi di documenti che popolano World
Wide Web.30 Come si è detto, si tratta di un linguaggio orientato alla
descrizione di documenti testuali, ma integra anche alcune estensioni per il
trattamento di dati multimediali e soprattutto di collegamenti ipertestuali.
Ad esempio è possibile indicare i diversi livelli dei titoli di un documento,
lo stile dei caratteri (corsivo, grassetto...), i capoversi, la presenza di liste
(numerate o no). Volendo realizzare un documento ipermediale (cioè un
ipertesto multimediale), avremo a disposizione anche marcatori specifici
per la definizione dei link ipertestuali e per l'inserimento di immagini.
Attraverso i marcatori HTML è possibile anche specificare alcune strutture
interattive come moduli di immissione attraverso cui l'utente può inviare
comandi e informazioni al server.
Lo sviluppo del HTML è stato assai complesso e, soprattutto in una
certa fase, piuttosto disordinato. Nella sua prima versione ufficiale, il
linguaggio era estremamente semplice, e non prevedeva la possibilità di
rappresentare fenomeni testuali ed editoriali complessi. Di conseguenza le
sue specifiche hanno subito numerose revisioni che hanno dato origine a
diverse versioni ufficiali, nonché a una serie di estensioni introdotte dai vari
produttori di browser Web (in particolare, Microsoft e Netscape). Pur se in
maniera un po' caotica, questi raffinamenti successivi, accogliendo le
sollecitazioni provenienti da una comunità di utenti sempre più vasta e
variegata, hanno progressivamente allargato la capacità di rappresentazione
del
linguaggio,
introducendo
molti
elementi
utili
a
migliorare
l'organizzazione strutturale e formale dei documenti.
La costituzione del W3C ha permesso di standardizzare in modo
definitivo il linguaggio, che è ormai finalmente stabilizzato. Nel dicembre
30
L’HTML è certamente il linguaggio più diffuso, ma non l’unico. Per ovviare ai suoi
numerosi limiti è stato sviluppato un (meta)linguaggio più potente e versatile per la creazione di
documenti da distribuire su Web, denominato Extensible Markup Language (XML).
32
del 1999, infatti, è stata rilasciata ufficialmente l'ultima versione,
denominata HTML 4.01.
33
IL LIVELLO PROFONDO DEL TESTO DIGITALE
Ogni documento digitale è costituito da due strati: l’interfaccia utente,
ciò che è destinata alla lettura; ed il codice sorgente, il livello più profondo
in cui sono contenute tutte le parti del testo e tutte le informazioni
strutturali. Come abbiamo visto il primo non è che una rappresentazione
momentanea e parziale del testo, mentre il secondo è la realtà stabile con
cui il traduttore si deve confrontare.
Il codice sorgente è un linguaggio artificiale attraverso il quale il
programmatore (in questo caso il webmaster) struttura l’aspetto e il
contenuto del prodotto informatico. Esso, quindi, determina l’aspetto
esteriore del sito web così come è visto dagli utenti. Bisogna sottolineare il
fatto che nel codice sono contenuti anche porzioni del testo che nella
pagina web finale non sono immediatamente visibili. Infatti, i documenti
digitali, distinguendosi per una certa dinamicità, possono nascondere
frammenti anche rilevanti del testo che diventano visibili solo in risposta ad
una precisa azione del lettore.
Il linguaggio più diffuso nel Web è ancora l’HTML. Anche se si
stanno diffondendo linguaggi con maggiori potenzialità, l’universalità e
l’accessibilità anche i principianti fa si che l’HTML sia ancora il pilastro
portante dello sviluppo Web. Senza nessuna pretesa di completezza ci
accingiamo ad introdurre questo linguaggio di marcatura al solo fine di
illustrare quali siano le difficoltà tecniche della traduzione digitale che la
rendono così diversa dagli altri tipi di traduzione.
Abbiamo detto, quindi, che il codice HTML oltre a includere il
contenuto dell’ipertesto, ne determina la struttura e la rappresentazione: il
linguaggio di marcatura permette di descrivere, usando particolari simboli
chiamati tag o marcatori (che sono sempre costituiti da parole, lettere, o
34
altri caratteri stampabili) la struttura di un documento, indicando in modo
opportuno l'inizio e la fine di una parola, l'inizio e la fine delle varie parti di
cui si compone un documento (paragrafi, sezioni, capitoli), ecc. Quando si
accede al testo in rete, le informazioni in esso contenute indicheranno al
computer che lo riceve come interpretarlo per visualizzarlo o stamparlo in
modo corretto.
Per poter accedere al documento autentico così come è stato realizzato
dal suo autore bisogna visualizzare dal browser il codice sorgente. Nel
esempio seguente (fig. 1) è illustrato il testo HTML “puro”, visualizzato
aprendo il file con estensione HTM o HTML con un qualsiasi editor di
testo.
Figura 1
Come si può vedere, il testo in codice HTML puro apparire a prima
vista molto oscuro: ci si ritrova davanti ad una confusione quasi
incomprensibile di simboli e caratteri. Per questo motivo e necessario che il
traduttore di un testo digitale abbia una buona conoscenza del linguaggio di
marcatura adoperato, in modo che riesca a distinguere il testo da tradurre da
quello che deve rimanere assolutamente invariato.
35
Breve introduzione al linguaggio HTML
Le informazioni che indicano come disporre gli elementi all’interno di
una pagina sono contenute in appostiti marcatori, detti tag. I tag sono un
insieme di istruzioni che il browser legge in maniera sequenziale, da
sinistra a destra, dall’alto al basso, esattamente come nella lettura umana.
Le istruzioni sono racchiuse tra parentesi angolari (<tag>) e terminano con
lo stesso tag preceduto dal simbolo di chiusura (</tag>). Per esempio:
<title>La traduzione digitale</title>
Questa istruzione indica al browser che il titolo del documento è “La
traduzione digitale”.
Partiamo da un esempio semplice di una pagina web per identificare
tutti i suoi elementi basilari.
<html>
<head>
<title>La traduzione digitale</title>
</head>
<body>
<font face=Arial size=4>
<h1>La traduzione digitale</h1>
La traduzione digitale è quel settore della traduzione che si
occupa della traduzione di documenti digitali. <br>
<a href=“www.unich.it” title=“Clicca per visualizzare il sito
UdA”>Sito dell’Università Chieti-Pescara</a>
</font>
</body>
</html>
Prendiamo in rassegna ogni elemento del documento appena descritto:
I marcatori <html>, <head> e <body> con i rispettivi tag di chiusura
indicano rispettivamente l’inizio e la fine del documento HTML, la testa
del documento, che contiene informazioni sul documento stesso (per
esempio il titolo), e il corpo del testo, cioè il quello che sarà visualizzato
36
nella finestra del browser.
Il testo compreso tra il marcatore <title> come abbiamo già detto è il
titolo del documento. Esso, facendo parte della testa, sarà visualizzato sulla
barra della finestra del browser e non all’interno del documento.
Il tag <h1> sta per “heading 1”. Esso marca il testo che all’interno del
documento svolge la funzione di titolo del testo. Esso sarà rappresentato
con un carattere più grande e in grassetto.
Il tipo di carattere e la grandezza del carattere sono determinati dal
marcatore <font>. Esso racchiude in se stesso gli attributi “face” (tipo di
carattere) e “size” (la grandezza del carattere).
Con <br> si indica una interruzione di riga, cioè si manda a capo il
testo che segue. Questo è uno dei pochi marcatori che non possiede un
rispettivo tag di chiusura.
Il marcatore più importante però è quello che permette di stabilire dei
collegamenti ipertestuali con altri documenti digitali. Il tag <a> indica la
presenza di link e l’attributo “href” (hypertext reference) indica l’indirizzo
del documento di destinazione.
Figura 2
37
Gli elementi invisibili
Tutti i tag descritti sopra devono rimanere invariati nel testo tradotto.
Questo vale per tutti i marcatori e per tutti gli attributi, ma non per tutti i
valori degli attributi. Tra questi ultimi bisogna, infatti, distinguere quelli
traducibili da quelli inalterabili.
Per esempio i valori del attributo “align” che determina la posizione di
un elemento all’interno del documento possono essere solo “right”, “left”,
“center” e “justify” (allineato a destra, a sinistra, al centro o giustificato).
La sostituzione di questi valori con degli equivalenti in un’altra lingua
avrebbe come effetto che il browser non riconoscerebbe come valido il
valore inserito.
Al contrario, nel caso dell’attributo “title” del tag <a>, il valore può
essere costituito da una stringa (sequenza di caratteri alfanumerici)
qualsiasi. In questo caso l’attributo indica il nome assegnato ad un
collegamento ipertestuale. Nell’esempio precedente questo valore era
“Clicca per visualizzare il sito UdA”. Questa brevissima parte di testo è
visualizzato solo quando l’utente posiziona il puntatore del mouse sul
collegamento ipertestuale (fig. 3).
Se si omettesse la traduzione di questo testo, l’aspetto iniziale del
documento risulterebbe invariato ma quando l’utente vorrebbe seguire il
rimando ipertestuale verrebbe visualizzato il testo nella lingua originale. La
qualità della traduzione sarebbe decisamente scadente. Si capisce quindi
perché non è possibile partire dell’interfaccia per tradurre un documento
digitale.
38
Figura 3
Strumenti di traduzione assistita
Come si è visto dalla figura 1 il codice sorgente potrebbe risultare
piuttosto intricato. Spesso i documenti web sono talmente complessi da
rendere quasi impossibile la traduzione senza ausili tecnologici. In questi
casi uno strumento di traduzione assistita (CAT, Computer-Aided
Translation) si rivela utile in quanto consente di formattare opportunamente
il documento, per esempio mettendo in particolare rilievo il testo da
tradurre.
Figura 4
39
La figura 4 mostra un documento HTML dopo la rielaborazione da
parte di uno strumento di traduzione assistita. Il programma in questo caso
ha attribuito colori diversi ai diversi elementi del documento, facilitando in
questo modo la distinzione tra marcatori HTML e il testo della pagina web.
Inoltre gli strumenti CAT consentono di tradurre il materiale e di
archiviare in appositi file, detti memorie di traduzione (TM, Translation
Mermory) le frasi tradotte unitamente a quelle in lingua originale. Con il
procedere del lavoro, lo strumento di traduzione assistita verifica se nella
memoria è presente la frase da tradurre o una frase simile e, in caso
affermativo, presenta la traduzione disponibile unitamente alle eventuali
differenze individuate. In questo modo si rende più rapido ed efficiente il
processo di traduzione, garantendo al tempo stesso la coerenza
terminologica. Questo si rivela particolarmente vantaggioso qualora si
traducessero documenti tecnici piuttosto lunghi e complessi che si
caratterizzano per la ripetitività della terminologia.
Si badi, però, la traduzione assistita si distingue in maniera
fondamentale dalla traduzione automatica. Il programma CAT si limita a
suggerire possibili soluzioni in base alle traduzione fatte precedentemente e
non traduce autonomamente. Gli strumenti CAT non sono che dei semplici
ausili alla traduzione umana e non la sostituiscono in nessun momento. La
traduzione automatica è ben altra cosa e non risulta essere altrettanto
vantaggiosa nella pratica traduttiva. Come vedremo in un altro capitolo,
malgrado i notevoli sforzi per sviluppo degli strumenti automatici e
nonostante le aspettative spesso esagerate la traduzione automatica al
contrario di quella assistita rimane, salvo casi eccezionali, esclusa
dall’effettiva pratica della traduzione.
40
LA TRADUZIONE AUTOMATICA
“Non esiste civiltà che non abbia una sua versione di Babele, una
mitologia della dispersione originaria delle lingue.”31 Da tempo
immemorabile ormai l’uomo si interroga sul ruolo negativo dell’isolamento
linguistico “e il tentativo di porvi rimedio grazie al ritrovamento o
all’invenzione di una lingua comune a tutto il genere umano attraversa la
storia di tutte le culture.”32
Oggi il mondo caratterizzato dal processo di globalizzazione
percepisce molto più urgentemente di ieri la necessità della ricomposizione
delle fratture linguistiche. Ci si è accorti che il villaggio globale ha bisogno
di poter comunicare senza ostacoli al di là dei propri confini politici e
culturali, ma che ognuno parla ancora rigorosamente solo la propria lingua.
L’adozione di una lingua franca, a differenza di quello che si è potuto
pensare in passato, non costituisce una soluzione particolarmente allettante.
La prospettiva che una lingua diventi il veicolo di tutte le comunicazioni
interculturali implica una relazione di dominio sulle altre lingue. Queste
finirebbero per essere degradate a lingue di seconda classe e finirebbero a
poco a poco per scomparire, portandosi dietro tutta la cultura di cui sono
testimoni.
Questo è ciò che sta già in parte accadendo a causa del dominio
culturale statunitense. Dato il dominio dell’inglese nei prodotti culturali
globali, le lingue locali assumono un’immagine di inferiorità. Si teme che
delle 6000 lingue attualmente parlate al mondo alla fine del XXI secolo ne
saranno scomparse 5500. Dietro ogni lingua c’è una cultura e la capacità di
rispecchiare un modo di pensare. Quando muore una lingua diminuisce la
31
George Steiner, After Babel, Oxford-New York, OUP, trad. it. Dopo Babele, Garzanti,
Milano, 1994, p. 86.
32
Umberto Eco, La ricerca della lingua perfetta, Roma-Bari, Laterza, 2004 p. 6.
41
capacità di pensare di conoscere in modo differente.33
L’unica alternativa è quella di affidare la comunicazione tra comunità
di lingue diverse alla mediazione dei traduttori. Questa, per esempio, è stata
la scelta della Comunità Europea che ha deciso di considerare equivalenti
tutte lingue parlate dai paesi membri. In questo caso però il problema è che
la domanda di traduzione supera di gran lunga l’offerta. Non ci sono
abbastanza traduttori e l’aumento di produttività anche con l’ausilio di
strumenti informatici è arrivato al suo limite massimo. Un buon traduttore
cimentandosi con una traduzione specialistica non supera mediamente le 46 pagine o le 2000 parole al giorno.34 Inoltre la traduzione è un servizio
estremamente costoso: è stato calcolato che il 40-45% dei costi delle
istituzioni comunitarie sono costituite dai servizi di traduzione e
interpretazione, ma si tratta di una stima che risale a prima
dell’allargamento dell’Unione ai paesi dell’Est.35 Si capisce quindi perché
ci sia un interesse così forte nella traduzione automatica (MT).
L’utilità della traduzione automatica
La prospettiva di una traduzione completamente automatica senza
l’intervento di un traduttore umano ha attratto l’attenzioni di molti,
soprattutto tra coloro che non lavorano come traduttori. Le posizioni prese
riguardo al fenomeno della traduzione automatica oscilla tra due estremi
opposti: da un lato si asserisce che la traduzione automatica sia
completamente inutile, perché la qualità dei testi prodotti è decisamente
scadente e non potrà mai sostituire il traduttore umano; dall’altra parte
invece si sostiene che essa riuscirà a superare tutte le barriere linguistiche,
33
M. Davies e Z. Sardar, Perché il mondo detesta l’America, Milano, Feltrinelli, 2003, p. 115.
Olivia Craciunescu, Constanza Gerding-Salas, Susan Stringer O’Keeffe, “Machine
Translation and Computer-Assisted Translation: a New Way of Translating”, Translation
Journal, vol. 3, n.3, 2004.
35
Douglas Arnold, Machine Translation: an Intoductory Guide, London, NCC Blackwell, 1994,
p. 5.
42
34
minacciando perciò l’esistenza dei traduttori. La verità, come spesso
accade, si trova nel mezzo. Nessuna delle due posizioni è esatta: quella
totalmente negativa sottovaluta le possibilità dei sistemi MT, quella
positiva ne sottovaluta i limiti.
L’indubbia utilità della traduzione automatica è dimostrata dal suo
effettivo utilizzo. Per esempio METEO è usato dal Centro Meteorologico
Canadese fin dal 1977 per tradurre bollettini meteorologici tra l’inglese e il
francese, e SYSTRAN, uno dei sistemi più rodati e affidabili, è utilizzato
dalle istituzioni europee. Il fatto che questi strumenti si rivelano utili solo in
circostanze particolari e che la qualità dei testi tradotti è ancora piuttosto
scarsa non ne sancisce l’inutilità. Infatti non in tutti i casi si necessita di una
traduzione qualitativamente elevata, a volte è necessario che essa sia
eseguita rapidamente al solo fine di conoscere a grandi linee il contenuto di
un testo in lingua straniera. In altre parole, la traduzione automatica è
maggiormente adatta a situazioni in cui un ampio volume di traduzioni sia
richiesto a stretti termini di consegna e in cui la qualità richiesta per il
prodotto finale non sia troppo elevata. Inoltre, la traduzione automatica
necessita di testi in formato elettronico, perciò il suo impiego sembra
particolarmente indicato per testi che nascono e sono destinati a essere
fruiti in tale formato, come nel caso di documenti web.
Nessun computer, però, partendo da un testo qualsiasi, è in grado di
portare a termine una traduzione di qualità simile a quella di un traduttore
professionista senza alcun bisogno si intervento umano. Anzi, l’intervento
umano è una componente essenziale della traduzione automatica. Il
traduttore deve pre-elaborare il testo per semplificare la sintassi e il lessico
oltre a risolvere eventuali ambiguità. Il testo così predisposto può essere
tradotto da una macchina evitando in massima parte imprecisioni e
malintesi. A seconda del grado di accuratezza desiderato, il testo tradotto
può
anch’esso
subire
una
rielaborazione
al
fine
di
eliminare
43
definitivamente tutti i possibili errori.
La prospettiva della sostituzione dell’uomo con la macchina ha portato
ad un certo rifiuto di queste tecnologia da parte dei traduttori non solo a
causa di una possibile perdita di lavoro e di prestigio professionale, ma
anche per il timore di una riduzione della qualità dei servizi offerti. Inoltre
il ristretto campo d’applicazione della traduzione automatica ha comunque
determinato una diffusione piuttosto limitata di questi sistemi. La
traduzione automatica non è servita ad aumentare la produttività della gran
parte dei traduttori, che preferiscono l’utilizzo di strumenti più semplici ma
più efficienti. Questa situazione ha generato reazioni come quelle di Martin
Kay, il quale, riguardo alla traduzione automatica, arriva ad affermare che
nella storia non esiste esempio migliore dell’uso improprio dei computer.
Per poter automatizzare il processo della traduzione sarebbe necessario
esplicitarne i principi con la precisione richiesta da un programma
informatico. Secondo Kay, insomma, il fallimento è dovuto al fatto che si
stia tentando di far fare ai computer qualcosa che noi stessi ancora non
comprendiamo completamente.36
Steve Vitek, invece, evidenzia una altro aspetto: non è possibile
tradurre senza comprendere il senso del testo, ma questo è proprio quello
che
pretendiamo
dai
computer.
Fin
quando
le
macchine
non
comprenderanno il significato di ciò che devono tradurre la traduzione
automatica non rimarrà che uno strumento utile per tradurre delle singole
parole da una lingua all’atra, parole che non riveleranno nulla del senso del
testo originale se non per caso. Per questo una traduzione automatica che
punta ad una traduzione accurata del contenuto del testo di partenza non è
altro che un futile esercizio. 37
36
Martin Kay, “The Proper Place of Men and Machine in Language Translation”, in Machine
Translation, 12, 1997, pp.3-23.
37
Steve Vlasta Vitek, “Reflections of a Human Translator on Machine Translation”, Translation
Journal, vol. 4 n. 3, Luglio 2000.
44
Oggi, nonostante il notevole sviluppo tecnologico, la traduzione
automatica non riesce a fornire risposte adeguate ai problemi pratici della
traduzione più di quanto non l’abbia fatto in passato. La speranza di una
traduzione automatica che possa sostituire quella umana in maniera
accettabile finora è andata delusa e nulla fa pensare che si possa avverare in
un prossimo futuro. Il giorno in cui i computer riusciranno a sostituire
completamente i traduttori nel loro lavoro sarà anche il giorno in cui
saranno in grado di sostituirci in ogni altro tipo di attività. La strada da
imboccare, secondo Kay, sarebbe un’altra: adottare quella soluzione che si
è dimostrata proficua in tanti altri campi, cioè lo sviluppo di sistemi che
facciano collaborare maggiormente l’uomo e la macchina. In sostanza
bisognerebbe investire maggiori energie nel migliorare gli strumenti di
traduzione assistita (CAT, computer-aided translation). La ricerca, invece di
tentare di eliminare completamente il fattore umano, dovrebbe orientarsi
verso l’automatizzazione di procedure ripetitive e moleste, lasciando agli
uomini gli aspetti creativi e appaganti della traduzione.
La traduzione automatica online
Internet sta diventando sempre più importante come mezzo di
comunicazione che trascende i confini nazionali e culturali. Diversamente
dalla televisione o dalla radio, gruppi di persone o singoli individui possono
pubblicare testi che possono essere letti da qualsiasi luogo del mondo.
Eliminate le distanze geografiche tra gli individui coinvolti in questa forma
di comunicazione, rimangono però da superare le barriere linguistiche.
Nonostante l’attuale importanza internazione della lingua inglese, essa
sta già lentamente perdendo il suo ruolo di lingua franca della
comunicazione in Internet. Come è stato detto, l’adozione di un’unica
lingua per il superamento della barriera linguistica non costituisce una
soluzione soddisfacente. Ogni comunità linguistica avverte intimamente di
45
possedere il diritto di poter comunicare attraverso la propria lingua, per
questo motivo aumentano sempre di più i documenti web in lingue diverse
dall’inglese. Il risultato è che l’utente web alla ricerca di informazioni nella
ragnatela globale si ritrova perso in una babele di lingue a lui
incomprensibili. È incontestabile che la diversità linguistica costituisce una
ricchezza, essa però non può divenire un ostacolo alla reciproca
comprensione.
Di recente si è potuto assistere alla diffusione di sistemi di traduzione
automatica messi a disposizione gratuitamente in Internet, i quali possono
tradurre singoli frammenti di testo o addirittura l’intero contenuto di una
pagina web. Sono fiorite decine di siti che offrono traduzioni istantanee, ma
attualmente il più popolare di questi strumenti online è “Babelfish” di
Altavista, che è basato sul sistema di traduzione automatica SYTRAN.
In molti sono convinti che queste macchine abbiano la potenzialità per
facilitare la comunicazione interlinguistica e interculturale. Alcuni, come
era già accaduto per la traduzione automatica, si lasciano andare in maniera
esagerata ad un ottimistico entusiasmo. Sam Lehman-Wilzig arriva
addirittura a sostenere che la traduzione automatica istantanea in Internet
sia il primo segnale di una rivoluzione nella comunicazione della portata
pari all’invenzione del testo stampato. Secondo lui, la traduzione istantanea
ci porterebbe più vicini all’unità linguistica pre-babelica senza però mettere
in pericolo la ricchezza e la bellezza della diversità linguistica e culturale.38
Più realistica sembra la posizione di Mary Flanagan, che riconosce ed
ammette il limiti della traduzione automatica, concordando con Kay sul
fatto che con il passare del tempo le reticenze verso la traduzione
automatica non sono diminuite, e che solo pochissimi traduttori intergrano
tali strumenti nel loro processo lavorativo. Ma Flanagan sostiene anche che
38
Sam Lehman-Wilzig, “The Tower of Babel vs the Power of Babel”, in New Media and
Society, vol.2, n.4, 2000, pp. 467-494.
46
è necessario riconsiderare la faccenda alla luce degli sviluppi più recenti.
Negli ultimi anni la traduzione automatica online, che ha ottenuto molta
attenzione e un notevole successo, ha aperto una nuova prospettiva. La
questione, adesso non è tanto se tali strumenti siano utili o no ai traduttori,
quanto se abbiano una utilità anche per utenti occasionali, che antepongono
la quantità alla qualità.39
L’ideale di una traduzione qualitativamente elevata e completamente
automatizzata (FAHQT, fully automatic hight quality translation) è un
obiettivo che vale la pena di essere perseguito, ma ha dimostrato di non
essere indispensabile per il successo della traduzione automatica online. La
FAHQT deve essere sostituita da un approccio diverso: la traduzione
comprensibile completamente automatizzata (FAUT, fully automatic
understandable
translation).
La
traduzione
automatica,
anche
se
qualitativamente inferiore a quella umana, ha trovato la sua nicchia di
mercato nel Web, soddisfacendo con successo la necessità di una
traduzione immediata. Bisogna, infatti, ammettere che in molti casi si tratta
di una soluzione soddisfacente per un gran numero di utenti del World
Wide Web, i quali devono poter esaminare immediatamente l’enorme mole
di informazioni che reperiscono in Internet.
Ma la traduzione automatica online rimane comunque un rimedio
imperfetto: i tempi di elaborazione di questi sistemi sono spesso ridotti a
svantaggio dell’accuratezza e della comprensibilità della traduzione. L’esito
di una traduzione di questo genere potrebbe essere un testo completamente
incomprensibile come nell’esempio che segue.
Traduzione:
39
Mary Flanagan, “MT today: Emerging Roles, New Successes”, Machine Translation, 12,
1997, pp. 25-27.
47
Sono un traduttore freelance con un ufficio nei miei clienti del serving
di affari riusciti ragionevolmente e della sede nel Regno Unito ed i Paesi
Bassi. L'altro giorno sono stato interferito fuori della protezione quando un
cliente lo ha telefonato dall'azzurro ed ha insistito sul cadere dentro per
rivedere un testo in persona (è sembrato essere nella vicinanza ed il testo
era urgente).40
Testo originale:
I am a freelance translator with an office in my home and a
reasonably successful business serving clients in the UK and the
Netherlands. The other day I was caught off guard when a client phoned
me out of the blue and insisted on dropping in to review a text in person (he
happened to be in the neighbourhood, and the text was urgent).41
L’unica informazione che il lettore di lingua italiana riuscirebbe a
evincere dal testo così tradotto è che il soggetto del discorso è un traduttore
freelance, tutto il resto rimarrebbe oscuro. In questo caso la traduzione
automatica può essere utile solo per capire, senza conoscere l’inglese, se si
parla del argomento che ci interessa, rimandando ad un secondo momento
la traduzione più accurata.
Un utente che si trova davanti a una pagina web tradotta da una
macchina potrebbe essere disorientato dal trovare la parola “domestico” in
luogo di “home” o “home page” ad indicare un rimando ipertestuale alla
pagina principale del sito. Oppure potrebbe non capire che l’espressione
“segno in” (sign in) in realtà significhi “registrati” e che “firmi in su qui”
(sign up here) stia ad indicare il link ad un modulo di iscrizione per
40
La traduzione è stata eseguita dal sitema di traduzione automatica di Yahoo! basato su
SYSTRAN.
41
Il brano è tratto dal Translation Jounal. http://www.accurapid.com/journal/30fawb.htm
48
accedere ai servizi offerti dal sito.42 In sostanza, la traduzione automatica
non facilità di molto la navigazione tra i documenti in lingua straniera del
Web.
Malgrado tutto anche la traduzione automatica online rimane una
soluzione parziale del problema, utile solo in casi specifici. Il cuore del
problema della mediazione tra lingue diverse rimane saldamente nella mani
dei traduttori. “Ma visto che adesso è diventato così facile venire a contatto
con le lingue diverse dalla nostra, perché non impararne anche qualcuna?
La vera via per sbarazzarsi definitivamente di interpreti e traduttori è solo
questa.”43
42
Gli esempi citati sono tratti della traduzione automatica del sito www.ingenta.com.
Diego Marani, “Internet e il problema delle lingue straniere: i pro e i contro delle traduzioni
automatiche online”, in La Repubblica del 30 dicembre 1998.
43
49
TRADURRE PER IL WEB
La fedeltà della traduzione
Tradizionalmente lo scopo di ogni traduttore è sempre stato quello di
realizzare una traduzione fedele. Per questo il conflitto tra traduzione libera
e letterale è una delle questioni più ricorrenti e centrali all’interno degli
studi sulla traduzione.
La traduzione letteraria ha una funzione ‘documentale’, ossia il suo
scopo è quello di far conoscere un’opera letteraria a chi non è in grado di
comprendere la lingua in cui è stata redatta. Il testo tradotto, quindi, non
traspone semplicemente il contenuto di un testo da una lingua ad un’altra,
bensì sostituisce l’originale nella cultura di arrivo, “lo rappresenta in terra
straniera e , per quanto possibile, lo fa conoscere per quello che è al nuovo
lettore”44. La traduzione deve conservare l’autonomia e ‘l’estraneità’ del
genio originale, deve raggiungere, cioè, “una simbiosi, una fusione che
tutela in qualche modo la separatezza e l’unicità dell’originale”45.
La traduzione specialistica, invece, ha spostato l’attenzione dal testo
originale alla funzione e al destinatario del testo stesso. Il fine del testo
specialistico è quello di trasmettere delle informazioni, e per questo motivo
la forma assolve una funzione subordinata al contenuto. Al contrario di
quanto accade nella traduzione letteraria, dove stile e messaggio hanno lo
stesso peso, nella traduzione specialistica è importante privilegiare la
chiarezza della comunicazione rispetto allo stile dell'autore. Pertanto
l’obiettivo principale del traduttore specialistico non è necessariamente la
fedeltà alla forma del testo originale, che va anzi adeguata alle convenzioni
della lingua d’arrivo, bensì la riproduzione integrale del contenuto
dell’originale. Il traduttore è autorizzato ad alterare il carattere del testo, se
44
Roberto Bertozzi, Equivalenza e sapere traduttivo, LED, Milano, 1999, p. 72.
Geoge Steiner, After Babel, OUP, Oxford-New York, 1974, trad. it., Dopo Babele, Garzanti, Milano,
1994, p. 313.
45
50
questo si rende necessario per produrre maggiore chiarezza nel testo
d’arrivo. Lo scopo primario della traduzione specialistica è quello di
comunicare delle informazioni che nella traduzione devono risultare
esaurienti, di gradevole lettura, ma allo stesso tempo sobrie e facilmente
comprensibili al lettore almeno quanto lo sono nell’originale. Delle
variazioni rispetto all’originale sono possibili e anzi a volte necessarie,
tuttavia possono riguardare soltanto la forma, e non devono comportare
alcuna perdita o distorsione delle informazioni contenute nel testo di
partenza.
In entrambi i casi, nella traduzione letteraria e specialistica, quindi,
ponendo l’enfasi su aspetti diversi, il concetto di fedeltà rimane comunque
di vitale importanza. Lo stesso non vale per la traduzione digitale. Sebbene
la traduzione di documenti digitali, possa riguardare qualsiasi varietà
testuale (sia letteraria che specialistica), ognuna con delle specifiche
problematiche, a causa delle particolarità dei mezzi di comunicazione
digitali il vincolo di fedeltà tra traduzione e originale in determinate
circostanze può essere disatteso. Sono due le caratteristiche che producono
questo fondamentale mutamento di prospettiva.
La prima è che viene meno la secolare supremazia del testo originale
sulla traduzione e la conseguente dipendenza del testo di arrivo dal testo di
partenza. Si instaura invece una relazione di interdipendenza tra i due testi,
poiché spesse volte in questo settore l’originale è concepito e scritto già in
vista della sua traduzione. In gergo si dice che il testo di partenza prima di
essere localizzato (o tradotto) è ‘enabled’. L’enabling, che consiste nel
produrre un testo destinato alla traduzione e nel facilitare il trasferimento di
significato da una lingua all’atra, costituisce un ponte che permette di
superare l’abisso che divide il testo originale dalla sua traduzione. Inoltre
questo processo che precede la traduzione getta una luce completamente
nuova sulla questione della intraducibilità, cioè sull’eterno interrogativo se
51
la traduzione sia di fatto possibile.
La seconda caratteristica è che il destinatario dei testi digitale non è
più lettore passivo ma utente, ossia in un certa misura partecipante attivo
della comunicazione. Va però precisato che la possibilità d’azione del
lettore è comunque limitata e programmata da parte del autore del
documento digitale, che predispone consapevolmente i percorsi di lettura
possibili. Il nuovo ruolo del ricevente pone comunque al centro
dell’attenzione del traduttore non più il testo di partenza o il suo contenuto,
ma piuttosto l’uso che ne deve fare il destinatario. La funzione del testo nel
contesto culturale in cui deve inserirsi diventa il fattore fondamentale delle
scelte traduttive.
Il principio fondamentale della traduzione digitale non è tanto il
rispetto del progetto primitivo, e quindi sostanzialmente della cultura
originaria, quanto di quella di destinazione, realizzando, se necessario un
documento completamente nuovo. In questo ambito il concetto di fedeltà,
quindi, è molto ridimensionato nella sua importanza e perde il carattere di
assioma assoluto. Nella traduzione dei siti web infatti può essere necessario
discostarsi dal testo di partenza sia nella forma che nel contenuto. La
traduzione in questo caso è ‘funzionale’ e non ‘documentale’ (non è
marcata come traduzione) perché tende a produrre un testo di arrivo
orientato a funzionare nella nuova situazione comunicativa in cui è calata
come se fosse un testo originale. Giacché il sito tradotto potrebbe dover
assolvere nel paese di destinazione una funzione diversa da quella nel paese
di origine, potrebbe essere necessario modificarne, oltre alla forma, per
adattarsi alle diverse convenzioni stilistiche, anche il contenuto.
Più che di ‘fedeltà’ della traduzione sembra essere più utile parlare di
‘lealtà’ del traduttore46. Questa è la responsabilità deontologica che il
traduttore ha nei confronti degli altri partecipanti alla comunicazione, ossia
46
Fderica Scarpa, La traduzione specializzata, Hoepli, Milano, 2001, p. 203
52
l’emittente, il destinatario e il committente. Il traduttore deve infatti
lavorare nell’interesse della comunicazione e quindi la sua responsabilità è
non solo nei confronti del contenuto del testo di partenza (e quindi
dell’emittente) ma anche, in egual misura, nei confronti del committente
della traduzione e dei destinatari del testo di arrivo. Nella traduzione
digitale si ha la necessità di ricorre anche ad una reinterpretazione più
libera del testo originale al fine di venire incontro alle esigenze di tutti i
partecipanti alla comunicazione. Nei casi più estremi la traduzione può
essere talmente lontana dall’originale da rendere discutibile il fatto che si
tratti ancora di una traduzione. Volendo riprendere il tradizionale sistema
triadico della teoria delle traduzione in quei casi si parlerebbe piuttosto di
“imitazione”47 che non di traduzione in senso stretto.
Tre approcci alla realizzazione di siti multilingue
Ci sono tre tipi differenti di siti web multilingue che corrispondono a
tre modi diversi di accostarsi al problema della traduzione dei siti web.
Partendo da quello che permette di rimanere più fedeli all’originale a quello
che reinterpreta più liberamente il sito di partenza i tre approcci sono: la
traduzione pagina per pagina, la creazione di sub-siti paralleli per ogni
lingua, oppure la realizzazione di siti completamente distinti.48
Il sito web singolo è costituito da un solo sito con un unico dominio.
47
Secondo il sistema triadico proposto da Dryden ‘metafrasi’, ‘parafrasi’ e ‘imitazione’ corrispondono
rispettivamente alla traduzione letterale (parola per parola), alla traduzione fedele ma autonoma e alla
ricreazione, reinterpretazione libera dell’originale.
48
Mathew Hillier, “Cultural Context in Multilingual Web”, Electronic Commerce Research and
Applications, 2003, pp. 2-14.
53
Si tratta di un approccio minimalista nel quale solo alcune parti del sito
vengono tradotte. Di solito il sito è strutturato in modo tale che da una
pagina in lingua inglese si rimandi attraverso un link ai contenuti nelle altre
lingue. La traduzione avviene pagina per pagina o in alcuni casi addirittura
sono tradotti solo singoli paragrafi. A volte i siti di questo genere fanno
ricorso ai servizi di traduzione automatica online (come BabelFish di
Altavista) per consentire alla propria utenza di tradurre istantaneamente le
porzioni di testo o le pagine a cui sono interessati. Questo approccio è
quello che comporta il minore dispendio di risorse per la realizzazione e il
mantenimento, ed è anche quello che in genere permette una maggiore
aderenza alla forma e al contenuto dei testi originali, a scapito, però, della
qualità e della usabilità.
Rientra in questa categoria la rivista elettronica di traduttologia
Intralinea (www.intralinea.it):
Attraverso il link posto in alto a destra (“in inglese”) è possibile
passare alla versione tradotta della pagina visualizzata. Nel sito è possibile
disporre in entrambe le lingue (inglese e italiano) di tutti i menu, sia quelli
verticali che quelli orizzontali, ma non di tutti i testi nel corpo della pagina.
54
Gli articoli contenuti in questa rivista, per esempio, rimangono sempre in
lingua originale, siano essi redatti in inglese o in italiano, creando in questo
modo un interessante commistione delle due lingue in un medesimo
documento. D’altra parte anche nei menu in lingua italiana appaiono degli
anglismi inusuali anche per un ambiente permeabile ai forestierismi con il
Web. Le voci “special issues” e “members area” sarebbero potute essere
sostituiti con gli equivalenti italiani (per esempio, numeri speciali e area
riservata). “Login” invece è ormai entrato stabilmente a far parte del gergo
della rete.
Un secondo approccio possibile è quello del sito web multiplo che è
anche quello più diffuso. Al sito multiplo è assegnato un solo dominio con
una pagina iniziale nella quale è possibile scegliere la lingua che si
preferisce. Generalmente i sub-siti hanno tutti lo stesso aspetto e sono
strutturati in maniera speculare. Se necessario, ci possono essere anche
delle differenze rilevanti tra i contenuti delle singole versioni. Per esempio
quando una azienda offre un servizio che in dato paese non può essere
erogato, la relativa sezione del sito nella lingua del paese in questione viene
omessa. L’unità di riferimento per la traduzione in questo caso non è più la
pagina web ma il sito nel suo complesso.
55
I menu del sito AMTrad (www.amtrad.it), il sito di Alessandra Muzzi,
dimostrano come le due versioni linguistiche siano adattate agli utenti a cui
sono destinati. Nella versione italiana, per esempio, è presente la voce
“servizi di formazione” che manca invece nella versione inglese. Dato che i
corsi di formazione proposti in questa sezione del sito si tengono
esclusivamente in Italia, segnalarli nelle pagine destinate ad utenti che si
trovano in altri paesi avrebbe poco senso.
L’approccio del sito multiplo, rispetto al sito singolo, permette la
realizzazione di una traduzione maggiormente adattabile alle esigenze dei
destinatari e quindi una maggiore qualità del sito web multilingue. Questo a
un prezzo ovviamente più alto, poiché ai costi per la traduzione del sito si
aggiungono quelli per il mantenimento e l’aggiornamento della versioni
tradotte.
Quando le versioni nelle diverse lingue sono presentate separatamente,
queste posseggono ognuna un proprio dominio. In questo caso si hanno due
siti distinti e autonomi che possono avere anche un contenuto del tutto
diverso l’uno dall’altro. Quello che rimane costante tra i due è la funzione
che devono svolgere e l’idea generale. In genere si tratta di un approccio
adottato solo per siti con fini pubblicitari, che richiedono un forte
adattamento della forma e dei contenuti alla cultura di arrivo. Siti web
distinti vengono adottato normalmente solo dalle grandi società e le aziende
multinazionali, come la Mecedes-Benz o la Coca-Cola Company, con sedi
distaccate nei singoli paesi che possono curare autonomamente ognuna il
proprio sito.
56
I siti della casa automobilistica tedesca Mecedes-Benz si assomigliano
molto, ma i contenuti sono assai differenti. I colori e il design generale del
sito rimangono invariati nelle diverse versioni, ma i contenuti informativi e
i testi pubblicitari sono perfettamente adattati alla esigenze dei rispettivi
mercati di destinazione. Come nella traduzione pubblicitaria il ricorso ad
una ampia rielaborazione degli slogan, dei testi promozionali è una
57
necessità inevitabile, se si vuole che il sito tradotto abbia l’effetto sperato
della cultura d’arrivo.
Tradurre le interfacce
La categoria della traduzione digitale non è riferita a una particolare
tipologia di testo, come accade per la traduzione letteraria o la traduzione
specialistica. Questa categoria traduttiva si distingue dalle altre per il
medium attraverso il quale i testi da tradurre sono trasmessi. La tipologia di
testo che è possibile incontrare varia dai testi pubblicitari alle pubblicazione
accademiche, dai testi informativi agli ipertesti letterari, ognuna con le sue
specifiche problematiche traduttive. È difficile, dunque, individuare delle
particolarità della traduzione, oltre a quelle esposte finora, generalmente
valide per i testi digitali.
Tuttavia un requisito è comune a tutti i documenti digitali: la presenza
di testi che fungono da interfaccia, ossia che premettono all’utente di
interagire con il sito. Il primo e principale tipo di interfaccia di un sito web
è costituito dai menu. Questi sono, se vogliamo, simili ad un indice, e
permettono di spostarsi da una sezione all’altra del sito senza perdere
l’orientamento. Per questo il loro utilizzo all’interno dei documenti digitali
è irrinunciabile.
Un primo ostacolo alla traduzione delle interfacce di particolare
importanza è costituito dalla lunghezza del testo. I menu solitamente sono
rappresentati graficamente da dei pulsanti. Se questi elementi grafici non
sono stati predisposti per la traduzione può accadere che non ci sia
abbastanza
spazio
per
il
testo
italiana,
solitamente
più
lungo
dell’equivalente inglese. Di conseguenza è opportuno limitare o se
possibile, eliminare completamente l’uso di preposizioni, articoli e in
genere, qualsiasi informazione non strettamente necessaria per la
comprensione del messaggio. In casi limite è possibile anche ricorrere
58
all’abbreviazione del messaggio stesso. La difficoltà sta nel fatto che la
traduzione deve rispondere sia a criteri di concisione, come è stato detto,
sia a quelli chiarezza, e i due possono facilmente entrare in conflitto.
Un
ulteriore
problema
è
costituito
dalla
mancanza
di
standardizzazione terminologica in italiano. I stessi concetti possono essere
espressi con termini differenti, dando luogo ad ambiguità semantiche e
creando non pochi disagi per i traduttori. “Nell’informatica la mancanza di
standardizzazione è dovuta al modo rapido e disordinato con cui il settore si
è sviluppato, a una resistenza generalizzata alla prescrizione linguistica e,
crucialmente, a una diffusa mancanza di interesse per i problemi di natura
linguistica.”49 La conseguenza di questo disinteresse è stata l’instaurarsi di
una prassi secondo la quale l’azienda che riesce a prevalere in un
determinato settore dell’informatica finisce anche con l’imporre la propria
terminologia.
Per esempio capita spesso di incontrare all’interno dei siti la seguente
frase: “Add this site to the bookmarks”. Il termine “bookmark” indica uno
strumento del browser per organizzare e visualizzare rapidamente le pagine
web a cui si accede di frequente. A seconda dei casi è tradotto con
“segnalibro”, “preferiti” oppure ricorrendo ad un prestito integrale. Al fine
di agevolare la comprensione da parte degli utenti il traduttore deve tendere
ad usare il termine italiano più usuale. Il termine “preferiti”, essendo la
parola usata nel browser della Microsoft, gode della maggiore diffusione.
Per tanto la traduzione migliore sembra essere “Aggiungi questo sito ai
preferiti”.
D’altro canto però il traduttore è anche responsabile della qualità dei
testi che produce e non sempre la terminologia comunemente adottata è
quella migliore. Quando non esiste il rischio di risultare poco chiaro o di
essere frainteso è possibile ricorrere anche a delle traduzioni più originali,
49
Federica Scarpa, La traduzione specializzata, Hoepli, Milano, 2001, p. 51.
59
scartando le scelte terminologiche delle grandi aziende informatiche.
L’assenza di standardizzazione è anche la causa dell’ampio uso di
anglicismi, che nella maggior parte dei casi entrano nel lessico italiano
sotto forma di presiti non integrati (home page, guest book) o di calchi
semantici (virus, portale, sito).
Questo fenomeno è stato rilevato e criticato molte volte da più parti.
Bisogna tener presente, però, che i prestiti hanno il vantaggio di rimanere
isolati da tutti i campi semantici diversi da quello in cui vanno ad inserirsi
rendendo il termine monoreferenziale. L’univocità semantica dei prestiti
contribuisce alla precisione e alla chiarezza del discorso e agevola la
comunicazione.
Ma un uso eccessivo di forestierismi sortisce l’effetto contrario. A
volte gli anglicismi della terminologia informatica risultano non trasparenti
per coloro che non possiedono conoscenze specialistiche in questo settore.
Molte volte si tende ad usare il forestierismo anche quando esiste una
variante italiana più trasparente. Questo non accade per esigenze di
precisione, ma per il gusto di esibirsi in inutili tecnicismi oppure per la
fretta e la comodità di chi traduce. Si verifica spesso anche che i calchi o
prestiti semantici e sintattici si cristallizzino in moduli "pronti all’uso",
causando un impoverimento nelle scelte terminologiche o stilistiche ed
erodendo la qualità della traduzione.
Buona parte delle parole inglesi, però, non è effettivamente
sostituibile con termini italiani corrispondenti, spesso perché esse
designano oggetti o situazioni inedite, non previste dal lessico italiano o
perlomeno non traducibili a meno di usare locuzioni involute e poco
efficaci: un esempio è costituito dal termine “mouse” che in teoria potrebbe
essere reso con un calco semantico, “topo”, oppure con una perifrasi come
“periferica
di
puntamento”.
Entrambe
le
soluzioni
risultano
immediatamente meno opportune del prestito non adattato.
60
I prestiti integrali producono anche dei problemi grammaticali di cui
bisogna tenere conto, primo tra tutti quello della corretta grafia.
Analizzando i forestierismi impiegati nei siti web ci si accorge
immediatamente che esistono diverse grafie per gli stessi termini. Il
fenomeno più diffuso sembra essere quello di scrivere come un’unica
parola locuzioni inglesi come “home page”, “guest book”, “sign in” che
diventano per l’appunto “homepage”, “guestbook” e “signin”. Le due
grafie sembrano egualmente diffuse. Per “on line” in italiano esistono
addirittura tre diverse grafie: “on line”, online” e anche “on-line”.
Inoltre i molti termini inglesi entrati nella lingua italiana in questo
settore essendo per la maggior parte sostantivi causano anche il problema
della determinazione del loro genere. La scelta tra maschile e femminile
avviene di norma innanzitutto mantenendo il loro genere naturale, oppure
attribuendo all’anglicismo il genere del sostantivo italiano con un
significato analogo. L’attribuzione di un genere grammaticale non è tuttavia
sempre così automatica ed esistono numerosi casi di indecisione tra un
genere e l’altro: il/la mail (messaggio di posta elettronica, ma anche la
lettera di posta elettronica).
Visti i problemi che possono causare i forestierismi sembra essere
opportuno tradurre sempre, se possibile, l’interfaccia testuale. Ovviamente
fanno eccezione i termini standard come ‘home page’, ‘link’ e ‘e-mail’, i
quali, se sostituiti con altri termini, finirebbero per generare troppa
confusione. In linea generale, la traduzione deve evitare l’anglicizzazione
fine a se stessa ma, d’altro canto, non deve ricercare nemmeno
l’italianizzazione a tutti i costi.
In definitiva, per poter adattare la traduzione al contesto culturale e
linguistico in cui deve inserirsi, il traduttore deve prima conoscere le
modalità con cui vengono tipicamente formulati i contenuti sia nella lingua
di partenza, sia in quella di arrivo. In sostanza, il traduttore per rispettare le
61
aspettative dei destinatari della traduzione deve innanzitutto conoscere le
norme e convenzioni che caratterizzano i documenti digitali, ovvero deve
essere prima di tutto un buon ‘web writer’.
62
SCRIVERE PER IL WEB
Il lavoro del traduttore per il Web non è dissimile da quello dell’autore
dei testi. Il web writer inizia sempre da una pagina bianca, il traduttore web
invece si trova di fronte a un testo già scritto da qualcun'altro. Per il resto,
gran parte del lavoro di traduttori e scrittori per il Web è simile, dovendo
entrambi produrre un testo finale facilmente fruibile sul nuovo medium
online. La traduzione è un lavoro creativo che richiede la stessa padronanza
delle tecniche di scrittura online del web writer. Un testo tradotto è un testo
originale che deve vivere di vita propria nella nuova lingua. Il traduttore,
quindi, è uno scrittore e, come tale, deve essere in grado di creare contenuti
di qualità, fruibili e leggibili come testi originali. Insomma tutte le regole
che si applicano al web writing valgono inalterate anche per la traduzione.
Quando si scrive o si traduce per il Web bisogna tenere presente
alcune fondamentali differenze tra la carta stampata e le pagine web:
Innanzitutto la modalità di lettura dei testi digitali è molto differente
da quella dei testi stampati su carta. L’utente web si comporta in modo
diverso dal lettore normale. Nel Web in realtà non si legge, ma ci si limita a
scorrere velocemente i contenuti della pagina, per di più in maniera
disordinata, cioè saltando da una parte all’altra del testo alla ricerca di
qualcosa che attiri l’attenzione. Questo accade per due motivi principali: gli
utenti web sono generalmente alla ricerca di informazioni che sperano di
reperire nel più breve tempo possibile (si tenga presente che il tempo di
connessione ha un costo); un altro motivo è che la lettura a schermo è più
faticosa rispetto alla lettura su carta.
Una seconda basilare differenza deriva dalla necessità di posizionarsi
ai primi posti negli elenchi dei motori di ricerca. Infatti il successo di un
sito dipende soprattutto dalla possibilità che le sue pagine vengano trovate
63
dai navigatori. Il web writer, cioè, scrive per essere letto e compreso da
esseri umani ma anche dagli spider che incessantemente navigano il Web
alla ricerca di contenuti che ne determinano il posizionamento negli
elenchi. Di conseguenza, chi scrive per il Web scrive per farsi trovare,
sceglie con attenzione le parole chiave da inserire nel testo e in torno a
queste parole costruisce il suo testo.
Un’ultima differenza è che i testi scritti per il Web devono vivere
anche fuori dal contesto del sito in cui sono contenuti. Bisogna essere
consapevoli del fatto che una pagina potrà essere stampata o letta da utenti
che non conoscono nulla di ciò che precede o segue tale pagina, perché vi
possono giungere seguendo un link di un altro sito o dopo aver digitato
alcune parole chiave in un motore di ricerca. Per questo ogni paragrafo e
ogni pagina devono essere abbastanza modulari e autonomi, e contenere
tutti gli elementi che permettono di ricostruirne il contesto.
Scrivere per motori di ricerca
I motori di ricerca (Search Engines) sono dei software che svolgono
una doppia attività: in modo autonomo esplorano la rete, indirizzo per
indirizzo, e schedano in un loro archivio le pagine trovate, estraendone le
informazioni essenziali. Questa enorme banca dati è a disposizione dei
viaggiatori di Internet che, collegandosi a uno di questi siti, possono
chiedere gli indirizzi delle pagine che contengono una certa parola chiave.
I motori, per la loro classificazione, si basano primariamente sulla
lettura del testo presente nella pagina. Un motore, quando indicizza un sito,
si serve di alcuni piccoli software (detti spider) che esplorano un sito
recuperando le pagine da analizzare per il posizionamento. In un secondo
momento il motore di ricerca applicherà i propri algoritmi di indicizzazione
per tentare di attribuire a quella pagina un valore in base alle ricerche degli
utenti. Quando un utente inserirà nel motore di ricerca una frase o una
64
parola, esso restituirà le pagine che a suo giudizio maggiormente attengono
a quella precisa ricerca. Alcune pagine avranno una pertinenza maggiore,
altre una pertinenza minore.
“Users almost never look beyond the second page of search results”50,
dice Jakob Nielsen (gli utenti non vanno mai oltre la seconda pagina di
risultati). Per questo il fine del web writer deve essere è quello di assicurare
alle proprie pagine web un valore maggiore per le frasi di ricerca che gli
interessano in modo da farle visualizzare in testa ai motori di ricerca.
Il concetto chiave nella redazione di una pagina scritta anche per i
motori è keyword, parola chiave. Ogni volta che si redige una pagina web
con un occhi rivolto al motore di ricerca è bene fissare inizialmente due o
tre parole chiave base che condizioneranno la scrittura del testo. Queste
vanno ripetute più volte nel corpo della pagina senza cadere in goffe
ripetizioni.
Ma questo non basta: le parole chiave scelte è bene posizionarle anche
in altri punti della pagina verso cui i motori di ricerca sono sensibili:
Prima di tutto ci sono i marcatori che descrivono il sito e il suo
contenuto, chiamati meta tag. Questi sono collocati nella testa del
documento, ovvero tra i tag <head> </head>, e non sono visibili per
l’utente. Nel meta tag “description” si inserisce una breve descrizione del
contenuto della pagina, non più lunga di 120 caratteri, nel meta tag
“keywords” invece vanno elencati le parole chiave. Per esempio:
<meta name = “description” content = “Appartamenti Ambrosini offre le migliori
sistemazioni disponibili a Milano. Consulta le nostre offerte.”>
<meta name = “keywords” content = “appartamenti, Milano, riposo, stile di vita,
casa, vivere, vendite>
50
Jakob
Nielsen,
“Search:
Visible
and
Simple”,
in
useit.com
<http://www.useit.com/alertbox/20010513.html> (13 maggio 2001) [ultimo accesso settembre
2004]
65
Il meta tag “description” appare come riassunto nel sito di alcuni
motori di ricerca, per esempio Yahoo!, mentre le “keywords” sono
essenziali per il posizionamento tra i risultati dei motori.
Un altro punto sensibile a cui prestare attenzione è il titolo del
documento: quello che in HTML è compreso tra i tag <title> </title> e che
nella navigazione viene visualizzato nella barra in alto sulla finestra del
browser, chiamata appunto barra del titolo. I titoli delle pagine o dei
paragrafi, invece, è consigliabile inserirli tra i <h1> </h1> di modo che i
motori li riconoscano come “headline” e li utilizzino al fine
dell’indicizzazione.
Anche inserire adeguati commenti alle immagini migliora i
posizionamento del sito: in HTML per i commenti alle immagini vengono
si utilizza l’attributo “alt” all’interno del marcatore <img> .
In una traduzione le parole chiave non vanno scelte secondo il criterio
della fedeltà all’originale, ma secondo quello della maggiore possibile
funizionalità nella lingua d’arrivo. L’obbiettivo del traduttore non è quello
riprodurre fedelmente l’originale, ma quello di creare una pagina che
sortisca lo stesso effetto del testo di partenza sia sui lettori che sui motori di
ricerca.
Ma scrivere per i motori di ricerca non significa soltanto scrivere per
essere trovati. Una volta che l’utente, tramite la ricerca con un motore, è
giunto sulla pagina che desiderava, deve essere anche in grado di poter
comprenderne il contenuto senza prima doversi andare a cercare altre
informazioni nel sparse per l’intero sito. Quello che conta dal punto di vista
concettuale è che i materiali siano organizzati per unità relativamente
autonome, ognuna dotata di una coerenza locale, ma collegate l’una
all’altra secondo criteri coerenti.
66
Strutturazione del testo
Si è accennato alla differenza della modalità di lettura degli ipertesti
elettronici rispetto ai media tradizionali. I testi per il Web sono fruiti
mediante appositi strumenti hardware e software che vincolano e
condizionano il lettore. È abbastanza intuitivo che la lettura di un testo
digitale sia più faticosa di quella di un testo su carta. Innanzitutto si è
obbligati ad assumere una posizione seduta (davanti al computer) e a
mantenerla, inoltre è anche più impegnativa per via delle caratteristiche
spesso non ottimali degli strumenti di visualizzazione (schede grafiche e
monitor).
Il collegamento Internet costa e, mentre si è collegati, ogni minuto
incide sulla bolletta telefonica. Ogni collegamento dunque è anche, forse
inconsciamente, una corsa contro il tempo, cercando di massimizzare la
raccolta di informazioni in rapporto al tempo impiegato per ottenerle.
È importante, quindi, fornire al lettore un’evidente strutturazione
logica al testo. “Uno dei caratteri che meglio distinguono, in linea generale,
la scrittura dei testi per il Web è la maggiore esplicitezza strutturale: i testi
di una certa estensione sono fittamente segmentati su più livelli”.51 È
necessario dividere i blocchi di testo troppo estesi con interruzioni di riga,
facendo coincidere le unità formali con le unità di contenuto. Il vuoto e lo
spazio bianco acquistano la loro importanza: indirizzano e fanno fermare lo
sguardo. In questo si possono mettere a frutto le possibilità offerte dal
codice HTML di distinguere tra accapo semplice (con il marcatore <br>) e
accapo con interlinea (con il marcatore <p>), regolando così finemente lo
spazio che separa un segmento dall’altro.
Inoltre è bene disseminare la pagina di segnali che dicano
immediatamente di cosa si parla e che rendano subito chiaro il contenuto
51
Massimo Prada, “Lingua e Web”, in La lingua italiana e i mass media, a cura di I. Bonomi,
A. Masini e S. Morgana, Carocci, Roma, 2004, p. 261.
67
della pagina, titolando le pagine e i paragrafi, condensando nel titolo il
contenuto del testo. Usando un’espressione di Jakob Nielsen si direbbe che
i titoli devono essere “pearls of clarity”, perle di chiarezza.52 Se il titolo non
chiarisce immediatamente ciò di cui tratta il testo l’utente non lo leggerà
mai, perciò Nielsen suggerisce di usare titoli chiari e brevi, non più di tre o
quattro parole.
Altrettanto importante è individuare alcune parole chiave all'interno
del paragrafo, evidenziandole in grassetto o con altri artifici tipografici. Le
parole chiave così evidenziate fungono da punti di aggancio all’occhio che
scorre il documento. È consigliabile, però, evitare il corsivo che a video si
legge male, e non trarre in inganno il lettore, confondendo link e parole
chiave (per esempio sottolineando parole che non sono link).
Gli articoli online del Corriere della Sera costituiscono un esempio
particolarmente virtuoso dell’uso dei questi elementi paratestuali. I testi
sono suddivisi su più livelli, cioè in paragrafi opportunamente titolati e in
capoversi. Inoltre il Corriere è l’unico tra i testi giornalistici a fare ricorso
52
Jacob Nielsen, “Microcontent: How to Write Headlines, Page Titles and Subject Lines”, in
Useit.com http://www.useit.com/alletrbox/980906.html (9 settembr 1998) [Ultimo accesso
agosto 2004).
68
ad artifici tipografici per la messa in rilievo delle parole tematicamente
salienti (che appaiono in grassetto).
Luisa Carrada consiglia addirittura di usare colori diversi per mettere
in rilievo le parole chiave. Le pagine del suo sito sono anche un ottimo
esempio di come l’uso di colori diversi dal solito nero possano creare dei
piacevoli effetti.
“Per un web writer il colore fa parte della "grammatica sublime della
scrittura": il testo va pensato, immaginato, progettato anche a colori,
nello spazio concreto della pagina in cui dovrà vivere e comunicare.
E' con un cambio di colore che le parole possono saltare fuori,
ammiccare, dire al lettore "leggimi", oppure "qui si parla di ...", cioè
aiutare l'autore a costruire quella mappa testuale e visiva insieme che
dovrebbe essere ogni buona pagina web.” 53
Franco Carlini mette in evidenza un ulteriore aspetto della lettura a
schermo: la pagina web obbliga a una lettura a scorrimento. Il limite fisico
rappresentato dal monitor permette di vedere non più di una ventina di
righe alla volta. Tutto quello che c’è sopra o sotto può essere portato alla
vista, ma solo a prezzo della momentanea invisibilità del resto. Lo scrolling
verticale delle videate determina “il limite della continua invisibilità di gran
parte del testo e possibili situazioni di perdita di orientamento. [...] La
mancanza di azione fisica e il fatto che i movimenti nel testo avvengano in
maniera istantanea può far sì che non si abbia più la percezione della
collocazione spaziale del paragrafo”.54
Si capisce quindi perché vi sia l’esigenza di concisione e semplicità
nella composizione di testi digitali. In generale si tende a dividere i testi in
periodi brevi e ad evitare periodi complessi che posso ostacolare
l’immediata comprensione del senso, privilegiando la costruzione
53
Luisa Carrada, “Scrivere per il Web. Il colore nella grammatica della scrittura”,in Il mestiere
di scrivere. <http://www.mestierediscrivere.com/testi/colore.htm> (2 luglio 2001) [ultimo
accesso agosto 2004]
54
Franco Carlini, Lo stile del Web, Einaudi, Torino, 1999.
69
paratattica e usando solo moderatamente costrutti subordinativi. Nielsen,
inoltre, raccomanda di ridurre la lunghezza del testo digitale della metà
rispetto ad un analogo testo cartaceo, sfruttando dove possibile le funzioni
offerte da tabelle, elenchi puntati e numerati. Quando possibile il testo
dovrebbe essere tanto breve da trovare spazio in un singola videata.
Eventuali approfondimenti dovranno essere affrontati, rimandando il
lettore, tramite dei link, a delle pagine successive. Si tratta, insomma, di
stratificare i contenuti su più livelli e di creare dei percorsi che diano ai
lettori la possibilità di scegliere il grado di esaustività di cui hanno bisogno.
Nel caso della traduzione dei contenuti di un sito dalla lingua inglese
c’è un altro fondamentale fattore a favore di uno stile conciso: i testi
occupano uno spazio ben definito e prestabilito all’interno della pagina dal
quale non posso sconfinare a causa della presenza nella stessa pagine di
elementi grafici. Poiché la traduzione italiana e mediamente più lunga
dell’originale inglese, si possono creare dei problemi nella visualizzazione
grafica del sito, delle finestre pop-up, dei menu e delle liste a
tendina.Questo significa che anche inquesto caso molto spesso si è costretti
a rinunciare alla fedeltà della traduzione per assicurare la funzionalità
dell’interfaccia testuale.
Il registro del discorso: tra oralità e scrittura
La scrittura per il Web sia caratterizza per una certa tendenza alla
commistione i tratti tipici delle modalità comunicativa orale e scritta.
Tecnicamente si tratta di testo scritto, dato che si appoggia su parole battute
alla tastiera, ma il tono e l’andamento sono sovente quelli della
comunicazione orale. Insomma, la caratteristica sembra essere quella di una
contemporanea presenza di più registi in una forma che si potrebbe
chiamare “oralità scritta”, written speech.
Non è infrequente l’uso di elementi tipici della lingua parlata o della
70
lingua scritta che imita le movenze della parlato come le interiezioni e
alcuni segnali discorsivi.55 Questi ultimi, come nel parlato, hanno la
funzione di contrassegnare l’inizio del discorso (allora, dunque...),
esplicitare l’atteggiamento del parlante verso ciò viene detto (da un certo
punto di vista, in qualche modo...), o concludere il discorso (bene...
arrivederci a domani). L’uso dei segnali discorsivi, a scapito, magari, della
finitezza formale, propria dei testi scritti tradizionali, è giustificato dal fatto
che non si può contare sulla prolungata attenzione del destinatario.
Va sottolineato, però, che non tutti gli ipertesti telematici mostrano i
segni di una spiccata commistione tra elementi tipici dell’oralità e della
scrittura. I testi giornalistici sul Web, per esempio, si mantengono ad un
livello di formalità medio e manifestano caratteristiche più prossime a
quelle tipiche dei testi tradizionali. La rilassatezza formale e la presenza di
tratti propri della colloquialità e dell’oralità si fanno più marcati in alcune
pagine personali, nei siti che si rivolgono a gruppi ristretti di persone, o
quelli che si rifanno a filoni culturali più o meno marcatamente trash.
Nella traduzione dall’inglese all’italiano si presenta il problema
dell’uso dei deittici personali, che puntano direttamente alle figure degli
attori della comunicazione (mittente e destinatario: pronomi e verbi di
prima e seconda persona), in particolare il pronome personale “you” che
può essere tradotto con “tu”, “voi” o “lei”.
La scelta del “tu” è adeguata per siti in cui gli utenti costituiscono una
sorta di comunità di esperti o di appassionati di una stessa materia o di un
dato argomento. I portali musicali, o i siti dedicati a programmatori, web
designer, appassionati di calcio, ecc. sono il luogo adatto per rivolgersi agli
utenti in modo informale e diretto.
Nel
55
sito
del
giocatore
di
calcio
Alessandro
Nesta
Il Serianni ci avverte del fatto che la terminologia per descrivere questi stessi elementi non è
uniforme. Altri termini in uso sono “connettivi pragmatici”, “riempitivi” o “elementi di
articolazione”. Si è scelto il termine “segnali discorsivi” seguendo proprio l’uso del Serianni.
71
(www.alessandronesta.it) troviamo vari esempi dell'uso del tu: “Entra
anche tu a far parte della Community del Capitano!” oppure “Vieni a
incontrare il tuo campione in chat!” o ancora “Personalizza il tuo Pc coi
colori del Capitano!”. L'uso del tu è adeguato al tipo di utente che
frequenterà il sito, crea un senso di appartenenza e invita i tifosi a visitare
altre pagine del sito.
La scelta del pronome allocutivo “lei” è piuttosto rara sul Web, ma
può essere la scelta più adeguata nei casi in cui si instaurano rapporti
formali, come per esempio quelli di tipo commerciale, con i quali si invita
l’utente a scegliere o valutare un prodotto o un servizio. Si da del lei ai
lettori quando ci si rivolge ad un utente specifico che deve effettuare una
scelta (accettare le condizioni di un sito, acquistare un prodotto, scaricare
un file, ecc.). Il lei è particolarmente indicato per i rapporti che una azienda
instaura con i propri clienti e in questi casi è difficilmente sostituibile con il
tu.
La homepage di Viking (www.vikingop.it), una azienda che
distribuisce prodotti per ufficio, utilizza il “lei” sia per i pulsanti (“Clicchi
qui”) sia per altre comunicazioni ai clienti (“Vuole conoscere i nostri tempi
di consegna?” oppure “Inserisca il Suo indirizzo e-mail”). Tuttavia la
scelta, in questo caso non è del tutto coerente perché si riscontra nello
stesso sito l’uso del “voi” e del “tu”: “Registratevi qui” e “Lavora con
noi!”.
Tra i siti commerciali e aziendali è, però, molto diffuso anche l’uso del
“tu”. In alcuni casi è una scelta consapevole che mira ad instaurare con il
possibile cliente un clima confidenziale, ma spesso l’impressione è che la
scelta derivi da una cattiva traduzione dei contenuti originariamente in
inglese, in cui non esiste la distinzione di diversi livelli di formalità della
lingua italiana. Comunque in linea di principio si tratta di una scelta poco
consigliabile per la creazione di un ambiente serio e professionale.
72
Molto spesso, soprattutto in ambito formale, si evita il ricorso a forme
linguistiche che puntino direttamente al lettore. È questo il caso delle
versioni online dei quotidiani, come “Il Corriere della Sera”
e “La
Repubblica”, e di alcune riviste elettroniche, come per esempio
“Intralinaea” o “Telèma”.
Diverso è il caso dei testi di argomento tecnico che appaiono più
aperti e nel complesso più propensi a una scrittura relativamente
amichevole. Per esempio, nei siti “Il mestiere di scrivere” oppure “Html.it”
si riscontra frequentemente l’uso della secondo persona plurale:
“Scrivete con onestà. Non occultate nulla, né tagliate corto. Quando
scrivete di cose importanti, potete essere tentati di volare verso
paradisi sicuri e familiari e adottare uno stile scontato, sentimentale o
alla moda.” (Il Mestiere di Scrivere)
“Immaginate le diverse aree del sito come camere diverse, con
funzioni e atmosfere diverse. Naturalmente la casa avrà un suo
carattere particolare, un'atmosfera, dei colori, che dipenderanno dal
vostro gusto e dalle vostre preferenze.” (Html.it)
73
CONCLUSIONE
Globalizzazione è la parola che circola con insistenza sulla bocca di
tutti, è diventato un termine alla moda, molto elastico, dai mille usi,
soprattutto dalle mille interpretazioni possibili. Volendone dare una
definizione comunemente accettata, si potrebbe dire che la globalizzazione
è preminentemente un fenomeno economico mirante all'integrazione dei
singoli mercati nazionali in un unico mercato mondiale, il cui effetto è
l’intensificazione dell’interdipendenza dei mercati e della produzione nei
diversi paesi, in virtù dell’aumento di scambi di beni e servizi e dei
movimenti di capitale e tecnologia.
Ma la globalizzazione è anche un processo di integrazione sociale e
culturale, sostenuto dalle comunicazioni di massa e da Internet. Infatti
questo fenomeno tende a travolgere tutte le barriere che intralciano la
formazione di un unico mercato mondiale, non solo quelle politiche ma
anche quelle etniche, culturali e linguistiche. Non a caso stiamo assistendo,
oltre che alla diffusione della lingua angloamericana, all’esportazione del
modello culturale e sociale statunitense, in parte imposto addirittura con la
forza.
Se è vero, quindi, come è stato detto, che la globalizzazzione è un
evento inevitabile, allora sembrerebbe che essa debba essere anche un
fenomeno culturale a cui non è più possibile sottrarsi. Per usare le parole di
Mark Davis "Globalization, resistence is futile!"56. Questa espressione,
diventata celebre grazie ad un telefilm di fantascienza di successo57, sembra
56
Mark Davis, “Globalization: Resitance is futile”, intervento al Global Strategies Summit a San
Francisco, California, il 4 Marzo 2003.
57
Nell'universo di Star Trek una razza aliena, per metà umana e per metà macchina, chiamata Borg, vaga
nell'universo alla ricerca di nuove specie da sottomettere e assimilare. Prima di incorporare nel loro
“collettivo” una specie, intimano la resa con le parole “We are the Borgs. Resistence is futile”.
74
particolarmente felice dal momento che riesce a cogliere sia l'ineluttabilità
di questo processo,
sia un certo sentimento di inquietudine che lo
accompagna.
Sono in molti a percepire il processo di globalizzazione come un
processo di assimilazione o assoggettamento culturale. Non è inconsueto
sentire parlare di globalizzazione come se si trattasse di una nuova forma di
colonialismo. Molto spesso si accosta il concetto di globalizzazione al
concetto di americanizzazione. Il diffondersi di parole come McWorld e
McLanguage, di recente entrate nel famoso dizionario inglese MerriamWebster, testimonia la larga condivisione del concetto di globalizzazioneassimilazione. E d'altronde i fatti accaduti a Seattle e a Genova dimostrano
che non sono affatto in pochi ad avvertire questa situazione di pericolo. La
diffussione dei marchi McDonald’s e Coca-Cola è spesso interpretata come
sintomo di un cancro culturale cha va diffondendosi, distruggendo antiche
tradizioni e culture a favore del dio denaro.
Il processo di globalizzazione è considerato anche un serio rischio per
la democrazia e la libertà. I fenomeni economici hanno ormai assunto
preminenza internazionale ed atttraverso i loro meccanismi è possibile
eludere i controlli da parte dei singoli stati. Di fronte ad importanti
questioni dalle quali dipendono i destini dei popoli, le istituzioni
democratiche sono impotenti.
I mezzi di comunicazione di massa e Internet hanno un ruolo di
primaria importanza per la globalizzazione. Essi permettono di annullare le
distanze fisiche tra popoli diversi e facilitano i contatti interculturali. Si
parla spesso di Internet come uno strumento di unificazione cultuarle e
linguistica convergente verso il modello americano. È certamente vero che
una forma di affinità e un modo di esprimersi relativamente omogeneo
fatalmente avrà luogo con l'espandersi del mezzo, poiché uno strumento
crea senza dubbio delle affinità fra coloro che lo usano. Ma è discutibile il
75
fatto che Internet formerà una cultura unitaria, nel senso profondo della
parola. Inizialmente, quando Internet era ancora dominio quasi esclusivo
degli Stati Uniti, la tendenza era certamente quella verso l’appiattimento
delle diversità, ma con il moltiplicarsi delle specificità culturali presenti
nella Rete, la situazione è cambiata. Attualmente sembra esserci più spazio
per la formazione delle culture periferiche e delle culture originali. A queste
è riservato uno spazio decisamente maggiore, poiché lo strumento è agile,
flessibile, e le ospita in maniera naturale. La nuova tecnologia di cui stiamo
parlando facilita l’ingresso di nuove espressioni, di nuove voci, di nuove
culture. Per questa ragione, avremo più pluralismo culturale. La tecnologia
non invita ad omogeneizzare e ad omologare, ma piuttosto ad esprimersi
con diversità. Paradossalmente, Internet favorisce la globalizzazione
economica, facilitando gli scambi commerciali, ma a dispetto di quanto si è
pensato in un primo momento, è un ostacolo all’omologazione culturale.
Secondo molti, Internet sembrerebbe scongiurare, almeno in parte, il
rischio di perdità di democrazia nel mondo globalizzato. Sono in molti a
pensare che Internet darà al cittadino una grandissima quantità di
informazione che gli permetterà di prendere decisioni politiche con più
consapevolezza che in passato. La partecipazione dei cittadini alla vita
pubblica sarà più facile grazie a queste tecnologie che avranno un ruolo
importante nella difesa delle libertà e in particolare della libertà di
espressione. Oggi è molto difficile imporre censure e controlli delle
informazioni,
grazie
alla
scomparsa
delle
frontiere
nel
campo
dell'informazione.
Ma un conto è la disponibilità di informzioni nella rete, un altro è la
loro effettiva accessibilità. Infatti le informazioni vengono diffuse
attraverso Internet, ma non tutti riescono ad accedervi.
Innanzitutto vi è il problema del “digital divide”, ossia il divario
tecnologico tra paesi industrializzati e terzo mondo. Come si può accedere
76
ad Internet dove non ci sono computer? Si può avere qualcosa di elettronico
dove non c'è elettricità? Questo è un problema enorme che riguarda i due
terzi dell'umanità.
Un secondo problema è costituito dalle barriere linguistiche. A cosa
serve poter reperire informazioni da tutto il mondo su qualsiasi argomento,
se poi la maggioranza delle persone non riesce a comprendere la lingua in
cui esse sono scritte? In un mondo dove popoli diversi entrano in contatto
quotidianamente tra di loro, e ciascuno con le proprie individualità
culturali, il ruolo del mediatore è di immensa importanza. Il lavoro del
traduttore è sempre stato di grandissimo valore per la società in cui opera,
sebbene sia stato spesso sottovalutato, ma oggi il mediatore linguistico
diventa addirittura vitale per il funzionamento sociale del villaggio globale.
In qualità di mediatore, il traduttore promuove la conoscenza
reciproca tra culture diverse che spesso sono in conflitto tra di loro,
favorendo la comprensione e la pace e preservando le culture stesse da una
possibile omologazione. In un articolo apparso pochi giorni dopo l'undici
settembre, Gabe Bokor ribadisce: "I am proud of belonging to a trade
which is inherently pacifist and concerns itself with promoting good
international understanding."58
L’importanza sociale, prima ancora che economica, della traduzione
nel settore informatico ed in particolare nel World Wide Web è indiscussa.
Ne è dimostrazione il numero enorme di documenti digitali tradotti ogni
anno. Ciononostante, questo particolare genere di traduzione non è tenuta
nella giusta considerazione. Solo in pochi se ne occupano, e chi lo fa
generalmente affronta la questione in modo troppo generico, oppure dedica
eccessiva attenzione agli aspetti tecnici a discapito di quelli linguistici e
culturali. L’esigua bibliografia esistente in materia ne è la prova: tutta la
letteratura scientifica, essendo prodotta principalmente da informatici,
58
Gabe Bokor, “Transaltion and International Politics”, Translation Journal, Vol.5, No. 4, 2001
77
prende in esame quasi esclusivamente le questioni tecniche del processo di
localizzazione che non riguardano direttamente la traduzione. La
prospettiva linguistica è troppo spesso sottovalutata e per questo trattata
con superficialità se non addirittura tralasciata.
Solitamente si fa rientrare la traduzione dei siti web sotto la categoria
più ampia della localizzazione del software, non le si riconosce, cioè, una
sua autonomia. Generalmente si ritiene che la localizzazione di pagine web
sia rincoducibile a quella della documentazione elettronica. Da un punto di
vista tecnico ciò è vero, poiché di regola la documentazione dei software è
prodotta, esattamente come i siti web, in HTML. Ma dal punto di vista
linguistico e delle rilevanza culturale le due cose non possono
assolutamente essere accostate.
In aggiunta bisogna sottolineare la difficoltà delle università europee,
e soprattutto italiane, nel produrre una riflessione approfondita su questi
problemi e di formare dei localizzatori capaci di confrontarsi con tutti gli
aspetti della localizzazione. È curioso notare come in Italia esista un solo
corso universitario per localizzatori, peraltro istituito solo recentemente.
Inoltre, secondo stime recenti il numero di traduttori che operano in Italia
in questo settore non supera le 300 unità su 20.000 traduttori censiti nel
200159. La conseguenza è che spesso la traduzione dei documenti digitali
viene curata da persone senza specifiche competenze linguistiche. È
inevitabile che la qualità dei prodotti localizzati e della inerente riflessione
teorica ne siano influenzate negativamente.
Nel contesto appena delineato, questa tesi ha inteso approfondire
alcune riflessioni di carattere descrittivo e teorico sulle nuove forme
espressive che impiegano tecnologie digitali e che sono destinate alla
pubblicazione in Rete. Constatando l’assenza di studi teorici sulla
traduzione o, meglio, sulla localizzazione di questi nuovi prodotti, essa ha
59
Alessandra Di Pofi et al., “Introduzione alla localizzazione”, Il traduttore Nuovo, 2002.
78
cercato di fornire qualche spunto per una riflessione che si sforzi di cogliere
quanto sta succedendo, anche considerando la progressiva espansione e la
rapidissima trasformazione della pratica traduttiva.
79
ARTICOLI TRADOTTI
80
TRANSLATION VERSUS LOCALISATION
By Bert Esselink60
Most likely, you will have heard or read about terms like localization
and globalization. Apparently the whole world is globalizing and we are all
localizing... but where does that leave translation? Is localization a new,
hyped word for translation? Is localization a subset of translation, or vice
versa? Are any translators working in this so-called localization industry, or
is it just techies? As a trained translator and author of A Practical Guide to
Software Localization, many people have asked me the same question:
"What's the difference between localization and translation". In my first
contribution to tranfree , I will try to answer this question as clearly as I
can, realizing it's just one more theory... To compare translation with
localization, I'm using the following categories:
- activities
- complexity
- adaptation level
- technology used
Activities
Traditionally, translation is only one of the activities in projects where
material is transferred from one language into another. Other activities that
can be distinguished in traditional translation projects include terminology
research, editing, proofreading, and page layout. In localization, many more
activities have been added to this list. Examples of activities in localization
which are not necessarily part of traditional translation are multilingual
60
Bert Esselink, “Transaltion versus Localisation”, Tranfree, n.10, 2000.
81
project management, software and online help engineering and testing,
conversion of translated documentation to other formats, translation
memory alignment and management, multilingual product support, and
translation strategy consultancy. Most large, multi-language localization
agencies focus on these additional activities and outsource core translation
activities to freelance translators. Typically, only final language quality
assurance is performed in- house by these vendors.
Complexity
Compared to traditional translation projects, managing software or
web localization projects can be very complex. First of all, localization
projects contain a large number of components, such as software, sample
files, online help, online and printed documentation, collateral materials
such as product boxes and disk labels, and multimedia demos. In most
cases translation starts before the source material is final, so in most
localization projects the source files are updated several times during
translation.
Because volumes are usually very large and all components contain
dependencies, managing localization projects is a tricky task. Large
volumes and tight deadlines require teams of translators, who all need to be
reviewed carefully to maintain consistency. For example, when translator A
translates the software and translator B the online help files, all references
to the running software translated by translator B in the online help must
exactly match the software translations that translator A has chosen.
Also planning localization projects is a complicated task, because
many tasks depend on completion of previous tasks. For example, screen
captures of localized software to be included in the online help or
documentation cannot be created until the localized software has been
engineered and tested.
82
Adaptation Level
Localization is derived from the word locale, which is defined in the
Collins Cobuild Dictionary as "a small area, for example the place where
something happens or where the action of a book or film is set". In a
software localization context, a locale is a region which is defined by a
number of characteristics, such as language, culture, and all types of
regional standards such as character set, currency, default page sizes,
address formats, custom calendars, date/time formats, and other things that
give many American software developers headaches. For example, a
language is French, a locale is the region in Canada where French is
spoken.
In software localization projects, all local characteristics need to be
implemented in the final product. A truly localized product shouldn't only
be in the target language but should also use default settings for the target
locale. So, a product sold in Germany should automatically use A4 as
default page size, support input and output of accented characters, and
display currency amounts using Marks and Euros instead of dollars.
Apart from technical adaptations to software code, often complete
rewrites (sometimes called transcreations) of sample files or marketing
material need to be done before it is acceptable for a certain target locale.
Even though the situation seems to be changing slightly, still too many
software products developed in the U.S. are too focused on the U.S. market
only.
Technology Used
In software localization, the integration of translation technology is
ahead of traditional translation. Because of the nature of software products
and web sites, which are highly repetitive, and updated on a regular basis,
83
smart re- use of existing translations has become a competitive advantage
and the use of translation memory a must. Most software products are
updated at least once a year, and web sites are often updated on a daily
basis. As a result, translation memory tools have been used successfully for
many years in the localization industry.
Other examples of translation technology that is widely applied in the
localization industry are software localization tools for software user
interface translations, terminology extraction and management tools, and
machine translation.
To sum up, localization has never and will never replace translation.
It's just a term used to cover all activities related to adapting a software
product or web site to be used in a target locale. Translation will always
remain one of the most important activities in any localization project.
84
TRADUZIONE E LOCALIZZAZIONE
di Bert Esselink
Con ogni probabilità avrete già sentito parlare di localizzazione e
globalizzazione. Apparentemente il mondo intero si sta globalizzando e noi
tutti ci stiamo localizzando... ma qual è il ruolo della traduzione in tutto
questo? Localizzazione è un un nuovo termine alla moda per denominare la
traduzione? La localizzazione è un tipo di traduzione, o viceversa? Nella
cosiddetta industria della localizzazione lavorano anche traduttori, oppure
ci sono solo dei tecnici? Essendo un traduttore qualificato e l’autore del
libro A Practical Guide to Sofware Localization (Guida pratica alla
localizzazione dei software), molte persone mi hanno posto la stessa
domanda: “Qual è la differenza tra localizzazione e traduzione?” Nel mio
primo articolo per Tranfree cercherò di rispondere proprio a questa
domanda nel modo più comprensibile possibile, rendendomi conto che si
tratta solo di un’altra teoria... Al fine di confrontare la traduzione con la
localizzazione userò le seguenti categorie:
- attività
- complessità
- livello di adattamento
- tecnologie impiegate
Attività
In progetti nei quali del materiale è trasposto da una lingua all'altra
abitualmente la traduzione è solo una delle attività da svolgere. Le altre
attività che possono essere distinte nei progetti di traduzione tradizionali
includono
la
ricerca
terminologica,
l’editing,
la
revisione
e
l’impaginazione. Nella localizzazione molte altre attività si aggiungono a
85
questa lista. Per esempio le attività inerenti alla localizzazione che non
fanno necessariamente parte della traduzione tradizionale sono la gestione
di progetti multilingue, lo sviluppo e la verifica del software della guida in
linea, la conversione del materiale tradotto in formati diversi, l'allineamento
e la gestione delle memorie di traduzione, l'assistenza in lingua e la
consulenza sulle strategie di traduzione. La maggior parte delle agenzie di
localizzazione multilingue si concentrano su queste attività aggiuntive e
affidano la traduzione vera e propia a traduttori esterni. Normalmente i
produttori si occupano solo della verifica finale della qualità linguistica.
Complessità
In confronto alla traduzione classica, gestire un progetto di
localizzazione di software e o di un sito web può essere molto complesso.
Innanzitutto i progetti di localizzane contengono un gran numero di
componenti, come il software, i file campione, la guida in linea, la
documentazione digitale e stampata, materiale a corredo come per esempio
l’imballaggio del prodotto, le etichette dei dischi, e i demo multimediali. In
molti casi la traduzione inizia ancora prima che il materiale di partenza sia
giunto alla versione finale. Per questo i file originali devono essere
aggiornati diverse volte durante la traduzione.
Poiché generalmente il volume è molto ampio e i componenti
contengono degli annessi, gestire dei progetti di localizzazione può essere
un compito difficile. Molto lavoro e scadenze strette rendono necessario
l’impiego di gruppi di traduttori, il cui lavoro deve essere revisionato al
fine di mantenere la coerenza. Se per esempio, il software è tradotto da un
traduttore e la guida in linea da un altro, allora tutti i riferimenti al software
della guida devono corrispondere alle scelte traduttive fatte dal primo
traduttore.
86
Anche la programmazione di progetti di localizzazione è un compito
complesso, perché molte attività dipendono dal completamento di quelle
precedenti. Per esempio, le immagini delle schermate da includere nella
guida in linea o nelle documentazione non possono essere prodotte fin
quando il software localizzato non è stato sviluppato e collaudato.
Livello di adattamento
Localizzazione deriva dalla parola inglese locale che è definita dal
Collins Cobuild Dictionary come un'area ristretta, per esempio il luogo
dove accade qualcosa o nel quale è ambientata l'azione di un libro o di un
film. Nel contesto della localizzazione del software si tratta di una regione
caratterizzata da una serie di particolarità, come la lingua, la cultura e tutti i
tipi di standard regionali, come l'alfabeto, la valuta, la dimensione standard
delle pagine, le feste nazionali, i formati degli indirizzi, della data e
dell’orario e tutte le altre cose che procurano ai progettisti di software
americani dei grattacapi. Per esempio, una lingua è il francese e un locale è
la regione canadese dove questa lingua è parlata.
Nella localizzazione tutte queste caratteristiche locali devono essere
conglobate nel prodotto finale. Un prodotto totalmente localizzato non
dovrebbe soltanto far uso della lingua di destinazione, ma dovrebbe anche
essere impostato sulle opzioni tipiche per il luogo per cui è stato realizzato.
Quindi un prodotto da vendere in Germania dovrebbe far uso
automaticamente della dimensione della pagina A4, supportare l’input e
l’output di caratteri accentati e indicare le valute in Marchi e in Euro
anziché in Dollari.
Oltre all’adattamento tecnico del codice sorgente, spesso è necessario
operare una riscrittura completa (a volte chiamata transcreazione) dei file
campione e del materiale di marketing al fine di renderli soddisfacenti per il
87
mercato di destinazione. Anche se la situazione sta cambiando
leggermente, ancora troppi prodotti software sviluppati negli Stati Uniti
sono ancora specifici per il solo mercato americano.
Le tecnologie impiegate
Nella localizzazione l’integrazione di strumenti elettronici nel
processo traduttivo è più avanzata rispetto alla traduzione tradizionale.
Poiché i software e i siti web sono per loro natura molto ripetitivi e devono
essere aggiornati regolarmente, un riutilizzo di traduzioni già esistenti è
diventato un vantaggio competitivo e l'uso delle memorie di traduzione è
ormai obbligatorio. La maggior parte dei software sono aggiornati almeno
una volta all’anno e i siti web spesso anche giornalmente. Per questo
motivo nell’industria della localizzazione le memorie traduttive sono usate
con successo da molti anni.
Altri esempi di tecnologie largamente applicate nell’industria della
localizzazione sono gli strumenti per la traduzione delle interfacce utente,
gli strumenti per la ricerca e la gestione terminologica e la traduzione
automatica.
Riassumendo, la localizzazione non ha rimpiazzato, né rimpiazzerà
mai la traduzione. Il termine è usato solo per descrivere tutte le attività
inerenti all’adattamento di un prodotto software o di un sito web al mercato
a cui sono destinati. La traduzione rimarrà sempre una delle attività più
importanti dei progetti di localizzazione.
88
TRANSLATION TECHNOLOGY
By bert Esselink61
This is my second contribution in a series of four articles about
software localisation. The previous article discussed the differences
between translation and localisation, and below I will cover the types of
translation tools that are used by translators working for localisation service
providers.
First of all, a distinction needs to be made between machine
translation (MT) tools and computer aided translation (CAT) tools. Where
machine translation tries to replace a translator to a certain extent, computer
aided translation tools support the translator by preventing repetitive work,
automating terminology lookup activities, and recycling previously
translated texts. Machine translation has not been applied much in the
software localisation industry mainly because, unlike in the automotive and
aerospace industries, software publishers never really created their
documentation in a structured way that would make machine translation
successful. Even though this seems to be gradually changing, I will focus
on computer aided translation tools in order to reflect current practices in
the localization industry.
Computer aided translation tools, also called computer assisted
translation tools, can be categorized as follows:
- Translation Memory tools
- Terminology tools
- Software Localization tools
61
Bert Esselink, “Translation Technology”, Tranfree, n.11, 2000.
89
The first two types, translation memory and terminology tools, are
typically combined for translation of documentation, online help, or html
text. Software localization tools are used to translate and test software user
interfaces, i.e. dialog boxes, menus, and messages.
Translation Memory tools
Basically, a translation memory system is no more than a database
which stores translated sentences.
When a source text is imported into a translation memory tool, the text
is segmented. Usually segmentation is performed at sentence level, where
segments are separated by colons, commas, question marks, etc. However,
it is also possible to segment texts on a paragraph basis, where segments
are separated by paragraph marks. Each segment is a record in the
translation memory database, and each record can store several fields, such
as source text segment, translated segment, language, name of translator,
date of translation, or type of text. The number of possible data fields in
records differs per translation memory tool.
When text segmented by a translation memory tool is translated, all
translations are automatically stored in the records containing the source
segments. If identical or similar sentences occur in the source text, the
translations are automatically retrieved from the database and inserted into
the target text. An identical segment that is automatically translated is
called a full match; a similar sentence that is automatically translated is
called a fuzzy match. Obviously, fuzzy matches need to be post-edited to
make them correspond to the source text. A fuzzy match is for example a
sentence where only one word has changed.
On large projects, translation memory databases can be shared
amongst a team of translators. This means that if translator A has translated
a sentence which also occurs in the text that translator B is translating, A's
90
translation will automatically be retrieved from the translation memory
database and inserted in B's target text.
Naturally, translation memory tools are especially useful on large
volume texts, which contain a lot of repetitive text and where translations
can be created on a one-to-one sentence basis. Using translation memory
tools to translate marketing text or adverts is not a good idea, simply
because those types of texts often require many adjustments, rewrites, and
other modifications.
In the software localisation industry, translation memory tools have
always been very popular because of the short life cycle of software
products. Most software products are updated at least once a year, and reusing translations of previous versions will decrease time to market of
localised versions drastically.
Examples of translation memory tools are Trados Translator's
Workbench
(http://www.trados.com/),
Atril
Déjà
Vu
(http://www.atril.com/), and STAR Transit (http://www.star-ag.ch/).
Terminology tools
In localisation, terminology management is usually dealt with in a
very basic manner. Localisers typically don't create or use large
multilingual terminology databases with term definitions, context,
grammatical information, source, etc. Instead, in most cases only bilingual
glossaries of translated terms or phrases are used, for example all translated
terms from the software user interface, e.g. menu options, dialog box items,
etc. For this reason, not only are professional terminology management
tools used, but also basic glossary tools with search features.
Most translation memory tools come with terminology management
applications which can be linked to the translation memory for automatic
terminology lookup. Automatic terminology lookup means that terms in the
91
source text which are found in the dictionary or terminology database are
automatically displayed with their translations.
Examples
of
terminology
tools
are
Trados
Multiterm
(http://www.trados.com/), Atril TermWatch (http://www.atril.com/) or
STAR TermStar (http://www.star-ag.ch/).
Software Localisation tools
Special tools have been developed to translate graphical user
interfaces of software applications, i.e. the dialog boxes, menus, and
messages that are displayed on a computer screen. These tools allow
translators to view their translations in context. For example translations
can be entered directly in a dialog box and then saved.
Software localisation tools also contain features for automatically
translating updated software with previously translated versions, and for
running basic tests on localized software, for example checking if no
translated text has been truncated in the screens because of space
restrictions.
Examples of software localisation tools are Corel Catalyst (now
Alchemy
Catalyst
-
http://www.alchemysoftware.ie/)
and
Passolo
(http://www.passolo.com/).
The Next Generation
Even though many translators still need to get acquainted with
traditional translation technology such as translation memory, the next
generation translation tools have already been introduced. Companies like
e-Translate and Uniscape offer automated internet-based translation
workflow solutions that automate many steps in translation projects. Texts
are not only transferred automatically through each translation and review
phase, but databases containing the source text are linked to translation
92
technology that detects changed content and then first pre-translates it using
a combination of translation memory and machine translation before it is
forwarded to a human translator for post-editing.
These so-called translation portals and internet-based translation
management solutions are especially designed to deal with frequently
changing content, such as text published on daily updated web sites. For
more information about these types of translation technology, visit
http://www.uniscape.com/ or http://www.etranslate.com/.
Technology and the web will totally change the way translations have
been done for many centuries. Frequently updated content, geographically
distributed resources, and pressure to keep prices down will result in further
integration of technology and workflow automation in translation
processes. Undoubtedly the tools can be developed quickly, but the real
challenge will be to keep producing quality translations and to still enjoy
translating.
93
TECNOLOGIA PER LA TRADUZIONE
di Bert Esselik
Questo è il mio secondo contributo in una serie di quattro articoli sulla
localizzazione.
L’articolo precedente ha esaminato le differenza tra la traduzione e la
localizzazione. Qui invece mi occuperò dei diversi tipi di strumenti usati
dai traduttori che lavorano per fornitori di servizi di localizzazione.
Innanzitutto va fatta una distinzione tra gli strumenti di traduzione
automatica (MT – machine translation) e gli strumenti di traduzione
assistita (CAT – computer aided translation). Mentre i primi entro certi
limiti mirano a sostituire il traduttore, i secondi agevolano il lavoro del
traduttore, evitandogli il lavoro ripetitivo, automatizzando la ricerca
terminologica e riutilizzando i testi già tradotti. L’uso della traduzione
automatica non si è diffuso molto nell’industria della localizzazione,
soprattutto
perché,
al
contrario
dell’industria
automobilistica
e
aerospaziale, i produttori di software non hanno mai prodotto una
documentazione strutturata in modo tale da rendere efficace la traduzione
automatica. Anche se questa situazione sembra evolversi gradualmente, mi
occuperò qui solo degli strumenti di traduzione assistita al fine di
descrivere la pratica corrente nell'industria della localizzazione.
Gli strumenti di traduzione assistita possono essere categorizzati nel
modo seguente:
- Memorie traduttive
- Strumenti di gestione terminologica
- Strumenti di localizzazione
94
I primi due tipi di strumenti sono normalmente usati insieme per la
traduzione della documentazione, la guida in linea e i testi in HTML. Gli
ultimi sono usati per tradurre e collaudare le interfacce utente, ovvero le
finestre di dialogo, i menu, e i messagi.
Le memorie traduttive
Fondamentalmente una memoria traduttiva non è altro che una banca
dati che memorizza delle frasi tradotte.
Il testo di partenza, una volta importato nella memoria traduttiva,
viene segmentato. La segmentazione avviene di solito al livello della frase,
dove i due punti, le virgole, i punti interrogativi ecc. fungono da separatori.
Comunque è possibile dividere il testo anche in paragrafi, in quel caso sono
i segni di interruzione del paragrafo a marcare la fine di un segmento. Ogni
segmento costituisce un record del database, che a sua volta contiene più
campi: segmento originale, segmento tradotto, lingua, nome del traduttore,
data di traduzione e tipi di testo. Il numero dei campi possibili nei record
varia da strumento a strumento.
Quando un testo segmentato da una memoria traduttiva viene tradotto,
i segmenti d'arrivo sono archiviati automaticamente nei record contenenti il
segmento di partenza.
Se nel testo originale si ripentono frasi simili, le rispettive traduzione
sono reperite automaticamente dal database e inserite nel testo d’arrivo. Nel
caso della traduzione automatica di segmenti identici si parla di
corrispondenza totale (full match); quando i segmenti sono soltanto simili
allora si parla di corrispondenza parziale (fuzzy match). Ovviamente le
corrispondenze parziali vanno rielaborate affinché corrispondano al testo di
partenza. Un caso del genere si ha, per esempio, quando in una frase
cambia solo una parola.
95
In progetti di dimensioni più vaste, i database delle memorie traduttive
possono essere condivisi da un gruppo di traduttori. Questo significa che,
se un traduttore ha già tradotto una frase presente nel testo di un altro
traduttore, la traduzione del primo è richiamata automaticamente e inserita
nel testo d’arrivo del secondo.
Chiaramente questi strumenti risultano particolarmente utili per testi
di una certa lunghezza, che contengano un gran numero di ripetizioni e
dove la traduzione può essere eseguita frase per frase. Utilizzare le
memorie traduttive per testi pubblicitari o di marketing non è una buona
idea, semplicemente perché questi tipi di testi richiedono molti
aggiustamenti, riscritture e altre modifiche.
Nell’industria della localizzazione le memorie traduttive sono sempre
state molto diffuse a causa del breve ciclo di vita dei prodotti software. La
maggior parte dei software è aggiornato almeno una volta all’anno e il
riutilizzo delle traduzioni precedenti riduce drasticamente i tempi di
commercializzazione delle versioni localizzate.
Delle memorie traduttive sono, per esempio, Trados Translator’s
Workbench
(http://www.trados.com/),
Atril
Déjà
Vu
(http://www.atril.com/), e STAR Transit (http://www.star-ag.ch/).
Strumenti di gestione terminologica
Nella localizzazione la gestione terminologica è affrontata in maniera
elementare. I localizzatori normalmente non creano, né usano banche dati
terminologiche multilingue, che contengono la definizione dei termini, il
contesto, informazioni grammaticali, la fonte ecc. Nella maggior parte dei
casi si fa uso soltanto di glossari bilingue dei termini o delle espressioni
tradotti, per esempio, quelli dell’interfaccia utente: le opzioni dei menu, gli
elementi delle finestre di dialogo ecc. Per questo motivo oltre agli strumenti
96
di gestione terminologica professionali si impiegano anche dei semplici
glossari con la funzione di ricerca.
La maggior parte delle memorie traduttive comprendono delle
applicazioni per la gestione terminologica, che possono essere collegati alle
memorie per la ricerca automatica dei termini. Questo significa che i
termini del testo di partenza trovati nel dizionario o nella banca dati
terminologica appaiono automaticamente insieme alla loro traduzione.
Strumenti di gestione terminologica sono, per esempio Trados
Multiterm
(http://www.trados.com/),
Atril
TermWatch
(http://www.atril.com/) o STAR TermStar (http://www.star-ag.ch/).
Strumenti di localizzazione
Per la traduzione dell’interfaccia grafica delle applicazioni, cioè le
finestre di dialogo, i menu e i messaggi che compaiono sullo schermo, sono
stati sviluppati strumenti particolari. Questi permettono di vedere la
traduzione nel suo contesto. Per esempio la traduzione può essere inserita
direttamente nella finestra di dialogo per poi essere salvata.
Gli strumenti di localizzazione contengono anche delle funzionalità
per la traduzione automatica degli aggiornamento del software, usando
versioni tradotte precedentemente, e per eseguire delle semplici verifiche
sul software localizzato, per esempio controllando che la traduzione non
appaia troncata sullo schermo a causa dello spazio ristretto.
Strumenti di localizzazione sono, per esempio, Corel Catalyst (adesso
Alchemy
Catalyst
-
http://www.alchemysoftware.ie/)
e
Passolo
(http://www.passolo.com/).
La prossima generazione
Mentre molti traduttori non hanno ancora preso confidenza con le
tecnologie tradizionali per la traduzione, come le memorie traduttive, la
97
nuova generazione di strumenti per la traduzione è già stata introdotta.
Aziende come e-Translate e Uniscape offrono soluzioni per un processo
traduttivo automatizzato basato su Internet, che meccanizzano molte fasi
dei progetti di traduzione. Non solo i testi sono trasferiti automaticamente
attraverso ogni fase di traduzione e revisione, ma anche i database
contenenti il testo di partenza sono collegati a degli strumenti che
individuano le variazioni nel contenuto e producono una prima traduzione,
usando in combinazione la memoria traduttiva e la traduzione automatica,
prima di inoltrarlo al traduttore umano per il post-editing.
Questi cosiddetti portali traduttivi e soluzioni per la gestione della
traduzione basata su Internet sono stati ideati soprattutto per occuparsi dei
contenuti modificati di frequente, come per esempio i testi pubblicati in siti
web aggiornati quotidianamente. Per maggiori informazioni su questo tipo
di tecnologia per la traduzione visita http://www.uniscape.com/ o
http://www.etranslate.com/.
La tecnologia e il Web cambieranno completamente quello che è stato
per molti secoli il modo di tradurre. I contenuti aggiornati di frequente,
risorse distribuite geograficamente e le pressioni a tenere bassi i prezzi
provocheranno
una
maggiore
integrazione
delle
tecnologie
e
dell'automatizzazione delle procedure nel processo traduttivo.
Indubbiamente è possibile sviluppare in poco tempo gli strumenti, ma
la sfida sarà quella di proseguire a produrre delle traduzioni di qualità e
continuare a farlo con piacere.
98
THE LOCALISATION INDUSTRY
By Bert Esselink62
This is my third contribution in a series of four articles about software
localisation. The first article discussed the differences between translation
and localisation, and the second provided an overview of translation
technology. In this article, I will focus on the localisation industry and
introduce the history, major players and industry organisations.
History
Starting in the early 1980s, many software publishers realised they had
to localise their products, mainly as a requirement to sell them overseas.
Before that time, software was mainly published in the language the
developers happened to speak. At that time most large software publishers
would either use individual freelance translators, single-language vendors,
or in- house translation departments to perform the translation work.
Smaller software publishers often requested translations from distributors
or local sales people with no translation experience.
Software publishers saw their in-house translation departments grow
quickly through large volumes of translatable text in software applications
and documentation. Most of them started looking for outsourcing
possibilities in order to focus on their core business and keep headcounts
down. Not only was the workload for internal translation departments very
unpredictable, also multi-language project management was causing them
headaches, especially in projects involving dozens of languages.
The demand for outsourcing of translation activities combined with
the large volumes and high complexity of jobs automatically resulted in the
start-up of the first multi-language vendors (MLVs), who mainly focused
62
Bert Esselink, “The Localisation Industy”, Tranfree, n.12, 2000.
99
on large-volume translation projects into multiple languages. Most MLVs
also offered project management of these large, complex, and time-critical
translation projects. MLVs were either start-ups, for example the INK
network in Europe, or large divisions of established companies, such as
Berlitz's translation division, now called GlobalNET.
Still, many software publishers were experiencing bottlenecks just
before their multilingual product releases, for example in their engineering
and testing departments who suddenly found themselves having to test
multiple language versions instead of just one English version. This called
for an extended outsourcing model, which really took off in the beginning
of the 1990s. Apart from translation services, MLVs also started offering
engineering, testing, desktop publishing, printing, and support services.
This period can be considered as the start of localisation as we now
know it. With teams of translators, project managers, engineers, testers, and
desktop publishers, MLVs could provide one-stop multilingual solutions to
software publishers.
An important trend that started taking shape in the late 1990s was the
consolidation of the localisation industry. Many localisation vendors either
merged with others or were acquired in order to achieve more market share,
a better geographical spread, or additional skills. In the 1990s, the number
of large localisation vendors decreased from 30 to 10. Examples of major
consolidations taking place in the late 1990s were the acquisitions of
Mendez by Lernout & Hauspie, LMI by Berlitz, and (very recently) ILE/IC
(INT'L.com) by Lionbridge.
The yearly growth of the localisation industry since the beginning of
the 1990s has averaged 30%, and in 2000 total revenues are in the range of
US$ 6 billion. The most popular languages into which products are
localised are French, Italian, German, Spanish (FIGS), Brazilian
100
Portuguese, and Japanese. In 80% of the localisation work outsourced by
clients, the source language is English.
MLVs and SLVs
Today, at the beginning of 2000, the major players in the localisation
industry are the following companies:
- ALPNET
- Lionbridge
- Berlitz GlobalNET
- Bowne Global Solutions
- Lernout & Hauspie
- SDL
These companies are all examples of multi-language vendors (MLVs)
offering a wide range of services besides localisation, varying from
SGML/XML consulting and large volume documentation translation and
publishing (ALPNET), to multilingual internet services and testing
(Lionbridge), from speech technology (Lernout & Hauspie) to language
training (Berlitz). Revenues of these companies are approximately US$ 70
million. The second tier of multi-language vendors are companies such as
the localisation department of Sykes.
Even though these MLVs usually get the most publicity, most of the
revenue in the translation and localisation industry is still generated by the
thousands of single-language vendors (SLVs) and freelance translators that
are active in every country. SLVs typically focus on one target language,
have 1 to 30 employees, and offer mainly translation and desktop
publishing services. Most SLVs work for MLVs; freelance translators
usually work for both MLVs and SLVs.
101
Organisations
In 1990 the Localisation Industry Standards Association (LISA) was
founded in Switzerland. LISA defines its mission as "promoting the
localisation and internationalisation industry and providing a mechanism
and services to enable companies to exchange and share information on the
development of processes, tools, technologies and business models
connected with localisation, internationalisation and related topics".
LISA organises quarterly forums and regular workshops in which
members can exchange information and attend training. These forums
typically deal with business aspects of localisation and globalisation. Very
little attention is paid to the activities and issues of translators. For more
information about LISA, visit their Web site at www.lisa.org.
In Ireland two organisations were founded in the 1990s to establish
contacts between software publishers, localisation service providers and
universities in and around Dublin.
The Localisation Research Centre (LRC) was established at the
University of Limerick in April 1998 as the result of a merger between the
Centre for Language Engineering and the Localisation Resources Centre.
The Software Localisation Interest Group (SLIG) is a special interest
group for all parties involved in software localisation. It was founded by
the Localisation Resources Centre in February 1994. For more information
about LRC and SLIG visit their Web sites at lrc.csis.ul.ie and
http://www.slig.ie/ respectively.
Training & Further Reading
Not many opportunities exist for translators to be trained in
localisation processes and tools. Most localisation firms train their staff
internally. Translation and language schools and universities typically do
not supply technically aware translators.
102
Standard technologies such as translation memory tools are often not
even covered in translation or language studies.
Over the past few years, several surveys were conducted to research
how educational establishments could change their curricula to better train
translators for the "real world". Examples of these surveys are:
- LEIT: Short for LISA Education Initiative Taskforce, a commission
that was formed in March 1998 and consists of representatives from
universities in the U.S. and Europe. More information at
www.ttt.org/leit.
- LETRAC: Short for Language Engineering for Translators Curricula,
a project funded by the European Commission. More information at
www.iai.uni-sb.de/LETRAC.
- CLP: Short for Certified Localisation Professional, a project initiated
by the Irish Software Localisation Interest Group, and several
industry leaders. More information at lrc.csis.ul.ie/CLP.
Currently, very few translation schools or language universities
specialise in localisation. There's a post-graduate course in localisation at
the University of Limerick in Ireland, and some institutes integrate
localisation modules into their translation education.
Not much information is available about localisation which is
especially for translators. To fill this gap, A Practical Guide to Software
Localisation was written. The book was published in 1998 and a new
edition will be published in the second half of 2000. It can still be ordered
through http://www.amazon.com/ or http://www.benjamins.com/.
103
Future Developments
It is difficult to predict how the industry will develop in the next few
years, especially because localisation is more fragmented than ever and
everybody seems to be questioning what the localisation industry actually
encompasses. Where localisation firms once distinguished themselves from
traditional translation companies by specialising in translation, engineering
and testing of software applications, now most of them are migrating to
web localisation solutions.
Since the web is obviously not limited to software publishers only,
many localisation firms find themselves again translating large volume
web-based product and marketing information which might have nothing to
do with software applications, just like the good old days of translation.
In other words, the localisation industry will most likely slowly
integrate back into the translation industry. And when large localisation
firms such as Lionbridge and ALPNET keep moving upstream in the
publishing process and offering content creation and product support
solutions, today's localisation industry will soon be called the "multilingual
solutions industry".
104
L’INDUSTRIA DELLA LOCALIZZAZIONE
Di Bert Esselink
Questo è il mio terzo contributo in una serie di quattro articoli sulla
localizzazione. Il primo ha esaminato le differenze tra la traduzione e la
localizzazione, il secondo ha fornito una panoramica sulle tecnologie
impiegate nella traduzione. In questo articolo mi occuperò dell’industria
della localizzazione, introducendone la storia, i principali attori e le
maggiori organizzazioni industriali.
Storia
Fin dai primi anni ottanta molti produttori di software si resero conto
di dover localizzare i loro prodotti soprattutto al fine di venderli all’estero.
Prima di allora il software era prodotto principalmente nella lingua dei
progettisti. La maggior parte dei grandi produttori impiegava per il lavoro
di traduzione singoli traduttori freelance, agenzie single-language, oppure
reparti interaziendali. Spesso produttori più piccoli richiedevano le
traduzioni alle società distributrici o ai venditori locali senza che questi
avessero alcuna esperienza di traduzione.
I produttori di software assistevano alla rapida crescita dei loro reparti
interaziendali dedicati alla traduzione a causa della grande quantità di testi
nelle applicazioni software e nella documentazione. In molti cominciarono
a considerare la possibilità di appaltare questo lavoro al fine di potersi
concentrare sulle attività principali e di mantenere basso il numero dei
dipendenti. Non solo il carico di lavoro per i reparti interni di traduzione
era imprevedibile, ma anche la gestione dei progetti multilingue causavano
delle noie, specialmente in progetti che coinvolgevano dozzine di lingue.
105
La necessità di appaltare le attività di traduzione insieme alla mole e la
complessità del lavoro determinò l’avviamento delle prime agenzie multilingue (MLVs - multi-language vendors), che si concentrarono soprattutto
su progetti di traduzione di grandi dimensioni in più lingue. Gran parte dei
MLVs offrivano anche la gestione di questi grandi, complessi progetti che
richiedono una attenta gestione dei tempi. I MLVs erano nuove aziende,
per esempio la rete INK in Europa, oppure grandi reparti di aziende
affermate, come il reparto traduzione della Berlitz, adesso chiamata
GlobalNET.
Ciononostante molti produttori di software si trovarono ad affrontare
dei colli di bottiglia poco prima della messa in commercio dei loro prodotti
in più lingue. Questo capitò, per esempio, nei loro reparti di sviluppo e
collaudo che invece della versione inglese si ritrovarono improvvisamente
a dover collaudare versioni multilingue. Questo richiese un esteso modello
di appalto che si diffuse finalmente all’inizio degli anni novanta. Oltre ai
servizi di traduzione, i MLVs iniziarono ad offrire anche servizi di
sviluppo, collaudo, desktop publishing, stampa e supporto.
Questo periodo può essere considerato l’inizio della localizzazione
così come la conosciamo oggi. Con delle equipe di traduttori, project
manager, sviluppatori, collaudatori, desktop publisher, i MVLs potettero
offrire ai produttori di software delle soluzioni multilingue complete.
Una tendenza importante che inizio a prendere forma alla fine degli
anni novanta fu il consolidamento dell’industria della localizzazione. Molti
localizzatori si fusero con altre o furono acquisite al fine di conquistare
maggiori quote di mercato, una migliore copertura geografica o
competenze aggiuntive. Negli anni novanta il numero delle grandi agenzie
di localizzazione diminuì da 30 a 10. Esempi per i principali
consolidamenti avvenuti in quegli anni sono l'acquisizione di Mendez da
106
parte di Lernout & Huspie, di LMI da parte di Berlitz e (recentemente) di
ILE/IC (INT’L.com) da parte di Lionbridge.
Il tasso di crescita annuale dell’industria della localizzazione
dall’inizio degli anni novanta è stato mediamente del 30% e nel 2000 le
entrate totali si aggirano intorno ai 6 miliardi di Dollari. Le lingue più
comuni nelle quali si localizzano i prodotti sono il francese, l’italiano, il
tedesco, lo spagnolo (FIGS), il portoghese brasiliano e il giapponese.
Nell’80% del lavoro di localizzazione appaltato la lingua di partenza è
l’inglese.
MLVs e SLVs
Oggi, all’inizio del 2000, i principali attori dell’industria della
localizzazione sono le seguenti aziende:
- ALPNET
- Lionbridge
- Berlitz GlobalNET
- Bowne Global Solutions
- Lernout & Hauspie
- SDL
Tutte queste aziende sono esempi di agenzie multilingue (MVLs) che
accanto alla localizzazione offrono una vasta gamma di servizi, che varia
dalla consulenza per SGML/XML e la traduzione e pubblicazione di
documentazioni di vaste dimensioni, ai servizi internet multilingue e al
collaudo (Lionbridge); dalla sintesi vocale (Lernout & Hauspie) alla
formazione linguistica.
Le entrate di queste aziende ammontano approssimativamente a 70
milioni di Dollari. Il secondo tipo di MLVs sono le aziende come il reparto
di traduzione di Sykes.
107
Anche se queste MLVs ricevono solitamente la maggiore attenzione,
la gran parte delle entrate nell'industria della traduzione e della
localizzazione è ancora generata dalle migliaia di agenzie che si occupano
di una sola lingua (SLVs – single-language vendors) e dai traduttori
freelance attivi in ogni paese. I SLVs di regola si concentrano su una sola
lingua d’arrivo, hanno da 1 a 300 dipendenti e offrono principalmente
servizi di traduzione e desktop publishing. La maggior parte dei SLVs
lavorano per i MLVs; i traduttori freelance normalmente lavorano per
entrambi.
Organizzazioni
Nel 1990 è stata fondata in Svizzera la LISA (Localization Industry
Standard Association). La LISA definisce la propria missione “promuovere
l’industria della localizzazione e della internazionalizzazione e fornire un
meccanismo e servizi per permettere alla società di scambiarsi e di
condividere le informazioni sugli sviluppi dei processi, degli strumenti, le
tecnologie e i modelli commerciali riguardanti la localizzazione,
l’internazionalizzazione ed argomenti ad esse connessi”.
La LISA organizza dei forum trimestrali e dei seminari durante i quali
i membri possono scambiarsi informazioni e frequentare dei corsi. Questi
forum normalmente riguardano gli aspetti commerciali della localizzazione
e della globalizzazione. Si presta poca attenzione alle attività e alle
questioni dei traduttori. Per maggiori informazioni sulla LISA si consulti il
loro sito all’indirizzo www.lisa.org.
In Irlanda negli anni novanta sono state fondate due organizzazioni
con il fine di stabile dei contatti tra i produttori di software, i fornitori di
servizi di localizzazione e le università di Dublino e dintorni.
108
Il LRC (Localisation Research Centre) è stato istituito presso
l'Università di Limerick nel aprile 1998. Esso è il risultato della fusione tra
il Centre for Language Engineering e il Localisation Resources Center.
Il SLIG (Software Localisation Interest Group) è un particolare
gruppo d’interesse per tutte le parti coinvolte nella localizzazione dei
software. Esso è stato fondato dal LRC nel febbraio 1994. Per maggiori
informazione sul LRC e SLIG si consulti le loro pagine web
rispettivamente agli indirizzi http://lrc.csis.ul.ie e http://www.slig.ie.
Formazione e letture d’approfondimento
Per i traduttori non esisto molte opportunità di essere formati per il
processo di localizzazione e per l’uso degli strumenti. Molte aziende che si
occupano di localizzazione formano esse stesse il loro personale. Le scuole
e le facoltà di lingue e traduzione normalmente non forniscono traduttori
tecnicamente preparati.
Tecnologie standard come le memorie traduttive spesso non sono
considerate nei programmi di studio in lingue e traduzione.
Negli ultimi anni sono state realizzate diverse indagini su come le
istituzioni scolastiche possano cambiare i loro curriculum per preparare
meglio i traduttori al "mondo reale". Alcuni di questi studi sono:
- LEIT: che sta per LISA Education Initiative Taskforce, una
commissione nominata nel marzo 1998 costituita da rappresentanti di
università statunitensi ed europee. Maggiori informazioni sono
disponibili all’indirizzo www.ttt.org/leit.
- LETRAC: acronimo di Language Engineering for Translators
Curricula, un istituito fondato dalla Commissione Europea. Maggiori
informazioni
sono
disponibili
all’indirizzo
www.iai.uni-
sb.de/LETRAC.
109
- CLP: che sta per Certified Localisation Professional, un progetto
iniziato dalla SLIG irlandese e diversi leader di settore. Maggiori
informazioni sono disponibili all’indirizzo lrc.csis.ul.ie/CLP.
Attualmente solo pochissime scuole per traduttori o facoltà di lingue
formano specialisti in localizzazione. Esiste un corso di specializzazione in
localizzazione presso l'Università di Limerick in Irlanda, e alcuni istituti
integrano moduli di studio in localizzazione nei corsi per traduttori.
Sulla localizzazione sono disponibili solo poche informazioni che
riguardano in maniera particolare i traduttori. A Practical Guide to
Software Localisation è stato scritto proprio per colmare questa lacuna. Il
libro è stato pubblicato nel 1998 e una nuova edizione sarà pubblicata nella
seconda metà del 2000. È possibile ordinare il libro agli indirizzi
http://www.amazon.com/ e http://www.benjamins.com/.
Sviluppi futuri
È difficile predire come si svilupperà questa industria nei prossimi
anni, soprattutto perché la localizzazione è più frammentata che mai e tutti
sembrano interrogarsi su cosa essa comprenda realmente. Mentre le aziende
di localizzazione si distinguevano una volta dalle società di traduzione
tradizionali perché erano specializzate nella traduzione, lo sviluppo e il
collaudo si applicazioni software, oggi la maggior parte di esse stanno
spostando le loro attività verso soluzioni di localizzazione del web.
Poiché il Web ovviamente non si limita ai soli produttori di software,
molte aziende di traduzione si ritrovano a tradurre grandi quantità di
prodotti basati sul web e informazioni di marketing che non hanno nulla a
che vedere con le applicazioni software, proprio come nei bei vecchi tempi
della traduzione.
In altre parole, l’industria della localizzazione sarà con ogni
110
probabilità lentamente reintegrata nell’industria della traduzione. E se le
grandi aziende della localizzazione come Lionbridge e ALPNET
continuano a risalire il processo di pubblicazione e ad offrire soluzioni per
la creazione dei contenuti e per il supporto alla produzione, l’odierna
industria della localizzazione presto si chiamerà “l’industria delle soluzioni
multilingue”.
111
LOCALISATION PROJECT MODELS
By Bert Esselink63
This is my fourth contribution in a series of four articles about
software localisation. The first article discussed the differences between
translation and localisation, the second provided an overview of translation
technology, and the third article covered the localisation industry
developments. In this article, I will focus on localisation project models and
the way the web is changing them.
Traditional Project Models
The "Guide to the Project Management Body of Knowledge"
published by the Project Management Institute (http://www.pmi.org/)
defines project as "a temporary endeavour undertaken to create a unique
product or service." This definition also applies to most traditional
localisation or translation projects. Localisation projects usually start with a
publisher sending out a localisation kit with all source material to a
translation agency. The project manager sends out the relevant documents
to a translator or a group of translators, schedules the time required to
translate, edit, and proofread the material, and returns the translations after
completion to the client. Projects have a definite beginning and a definite
end.
Before the introduction of translation memory tools, translation work
would usually not start until the domestic product was finalised and
sometimes even published or shipped. After design, development, and
testing of an English product, only limited time was scheduled to create
localised versions of a product. Nevertheless, foreign users often had to
63
Bert Esselink, “Localisation Project Models”, Tranfree, n.13, 2000
112
wait for months before a version of the product in their language was
available.
With the invention of translation memory and other computer aided
translation tools in the beginning of the 1990s, this model changed
dramatically. Publishers started aiming for simultaneous release (simship)
of the domestic product and at least the most important target languages.
This meant that translation already had to start while the source material or
product was still being developed or written. The only way to effectively
re-use translations of material that was still "under construction" was to use
translation memory.
In most of today's localisation projects, translators start translating the
a first draft of a product, and then leverage all translations already done by
importing translations stored in a translation memory database. The only
way in which simship of different language versions can be achieved is by
combining translation memory with a thorough internationalisation of the
product, i.e. separating language-dependent information from the product's
layout or code information and thus limiting the amount of testing or layout
work required for localised versions after translation is finished.
Tomorrow's Project Models
With the web, a new type of localisation model is evolving.
Professional web sites are usually dynamic, database-driven sites, where all
information and text is stored in a database, which automatically publishes
information to web pages whenever new content is added or changed. Web
sites are updated on a continuous basis. This means that translating a web
site cannot be considered a "project" anymore; instead, it is a continuous
flow of changes and updates. In the case of multilingual web sites, changes
in one language should ideally be reflected in the other languages
immediately.
113
This new localisation model, which is characterised by small "chunks"
of translatable information, has called the need for more automation.
Sending each small change or update to a page on a web site to a project
manager, who then coordinates the translation in all required languages is
just too time-consuming and inefficient. This is the reason many translation
tool developers are now working on workflow systems which enable
companies to automate the transfer of files between all people involved in a
translation project, i.e. client, project manager, translator, editor,
proofreader, client validator, etc. Examples of such tools are Lionbridge's
LionTrack and SDL's SDLX WebFlow. Apart from workflow automation
some of these tools also contain online project tracking features, so clients
can see any time of the day how far translation of their material has
progressed.
Implementation of these systems requires a thorough analysis of the
client's and vendor's processes and information flows, so the tool can be
customised. Moving to this new, automated localisation project model also
means that many clients are looking for long-term partnerships with
localisation vendors, in order to better integrate them in their development
and business processes, and to build up expertise and product knowledge in
one central location.
In a few years from now, it is not unlikely that translators will be part
of "virtual teams" working for one or more clients. These teams will consist
of translators who, regardless of their location, have all qualified or
received training to do translations for a particular client. If new
information is added to the client's web site, the text is transferred to the
first translator in the team, who then indicates if he or she is available to do
the work. If rejected, the job is automatically passed to the next translator
in the team until someone can do it. After translation, the translated
material is automatically transferred to a reviewer working for the client,
114
who approves the translation so it can be merged back into the multilingual
database for publication on the web.
Workflow automation enables project managers to focus more on
managing, such as resource management, quality management, scheduling,
and budgeting, instead of acting as a "post office" sending files back and
forth between translators and clients.
115
MODELLI DI PROGETTI DI LOCALIZZAZIONE
Questo è il mio quarto contributo in una serie di quattro articoli sulla
localizzazione. Il primo ha esaminato le differenze tra la traduzione e la
localizzazione, il secondo ha fornito una panoramica sulle tecnologie
impiegate nella traduzione e il terzo ha trattato gli sviluppi dell’industria
della localizzazione. In questo articolo mi occuperò dei modelli di progetti
di localizzazione e di come il web li stia cambiando.
Modelli di progetti tradizionali
Il libro "Guide to the Project Management Body of Knowledge" edito
dal Project Management Institute (http://www.pmi.org/) definisce progetto
come “uno sforzo temporaneo compiuto con il fine di creare un prodotto o
un servizio unico”. Questa definizione vale anche per i progetti di
localizzazione o di traduzione più tradizionali. Di solito un progetto di
localizzazione inizia con la spedizione da parte del produttore di un kit di
localizzazione contenete tutto il materiale sorgente a una agenzia di
traduttori. Il project manager invia i documenti a un traduttore o a un
gruppo di traduttori, programma il tempo necessario per tradurre, editare e
verificare il materiale, e restituisce, una volta completate, le traduzioni al
committente. I progetti hanno un inizio e una fine definiti.
Prima dell’introduzione degli strumenti di memoria traduttiva, la
traduzione non sarebbe iniziata prima del completamento del prodotto
originale e a volte addirittura non prima della sua commercializzazione ed
esportazione.
Dopo la progettazione, lo sviluppo e il collaudo dei prodotto in lingua
inglese, solo poco tempo veniva previsto per crearne una versione
116
localizzata. Ciononostante, gli utenti stranieri spesso dovevano aspettare
mesi prima di trovare disponibile la versione del prodotto nella loro lingua.
All’inizio degli anni novanta, con l’invenzione delle memorie
traduttive e altri strumenti di traduzione assistita questo modello è mutato
notevolmente. I produttori hanno iniziato a mirare alla distribuzione
simultanea (simship) del prodotto originale e almeno delle versioni nelle
lingue più importanti. Questo significa che la traduzione deve iniziare
mentre il materiale o il prodotto di partenza è ancora in via di sviluppo.
L’unico modo per riutilizzare efficientemente le traduzioni del materiale
non definitivo è quello di fare uso delle memorie traduttive.
Nella maggior parte dei progetti odierni i traduttori iniziano a lavorare
su una prima versione provvisoria del prodotto per poi rimettere a frutto le
traduzioni già eseguite importandole dai database delle memorie traduttive.
L’unico modo per riuscire ad ottenere una simship di versioni in lingue
differenti è quello di associare alle memorie traduttive anche una completa
internazionalizzazione del prodotto. Ossia, è necessario separare le
informazioni linguisticamente dipendenti dal layout del prodotto e dalle
informazioni del codice, limitando in questo modo la quantità di lavoro
necessario per le versioni localizzate dopo la conclusione della traduzione.
Futuri modelli di progetti
Con il web si sta sviluppando un nuovo modello di localizzazione. I
siti web professionali normalmente sono dinamici, impostati sui database,
dove tutte le informazioni e i testi sono memorizzati in una banca dati che li
pubblica automaticamente nelle pagine non appena si aggiunge o si
modifica il contenuto. I siti sono aggiornati costantemente. Questo significa
che tradurre un sito web non può più essere considerato un progetto;
piuttosto si tratta di un processo continuo di modifiche e aggiornamenti.
117
Nel caso di siti multilingue le modifiche in una lingua dovrebbero essere
apportate immediatamente anche nelle altre lingue.
Questo nuovo modello di localizzazione, caratterizzato da brevissime
informazioni traducibili ha suscitato il bisogno di maggiori automatismi.
Spedire ogni piccolo cambiamento o aggiornamento di una pagina a un
project manager, che a sua volta coordina la traduzione in tutte le lingue
necessitate è semplicemente troppo dispendioso e inefficiente. Questa è la
ragione per cui molti sviluppatori di strumenti per la traduzione stanno
lavorando a un sistema di workflow che permetta alle società di
automatizzare il trasferimento dei file tra le persone coinvolte nel progetto
di traduzione, cioè il committente, il project manager, il curatore, il
revisore, il supervisore ecc. Esempi di tale strumenti sono Lion Track della
Lionbridge e SDLX Web Flow della SDL. Oltre all'automatizzazione del
workflow alcuni di questi strumenti includono delle funzionalità per il
controllo del progetto, in modo che i committenti possano vedere in ogni
momento della giornata a che punto si trovi la traduzione del loro
materiale.
Al fine di personalizzare lo strumento l’implementazione di questi
sistemi richiedono una analisi integrale dei processi e dei flussi di
informazione del committente e dell’agenzia. Adottare questo nuovo
modello di localizzazione automatizzata significa anche che i committenti
ricerchino delle collaborazioni a lungo termine con le agenzie di
localizzazione, al fine di integrarle meglio nel loro processo commerciale e
di sviluppo, e per accumulare competenza e conoscenza del prodotto in un
unico centro.
Non è improbabile che, entro pochi anni, i traduttori saranno parte di
gruppi virtuali che lavorano per uno o più committenti. Questi gruppi
saranno costituiti da traduttori che, indipendentemente dal loro luogo di
118
residenza, sono tutti qualificati o sono stati formati per tradurre per un
particolare committente.
Se viene aggiunta una nuova informazione nel sito del committente, il
testo è trasferito al primo traduttore del gruppo, che indicherà se è
disponibile per svolgere quel lavoro. Nel caso venga rifiutato il lavoro
passerebbe automaticamente al prossimo traduttore del gruppo fin quando
sarà eseguito da qualcuno. Dopo la traduzione il materiale è trasferito
automaticamente a un revisore che lavora per il committente che approva la
traduzione così che possa essere reinserita nella banca dati multiligue per la
pubblicazione nel web.
L’automatizzazione del workflow consente ai project manager di
concentrarsi sulla gestione delle risorse e della qualità, sulla pianificazione
e la preventizzazione, invece di fare da ufficio postale, mandando avanti e
indietro i file tra i traduttori e i clienti.
119
SOFTWARELOKALISIERUNG
Mehr als Übersetzung
von Karl-Heinz Freigang64
Noch vor 15 Jahren war weltweit Englisch die Sprache, in der
Softwareprodukte mit ihren Anwendern kommunizierten. Mit dem
Durchbruch des PC und seiner Ausstattung für ”jedermann” wurde es
notwendig, Bedienoberflächen, Systemmeldungen und Dokumentation in
den Sprachen der Benutzer verfügbar zu machen.
Heutzutage verkauft sich ein Softwareprodukt nicht mehr, wenn die
Kommunikation mit den Benutzern nicht in deren Landessprache ist. Dabei
reicht es nicht, wenn die Dokumentation in die Landessprache übertragen
wird. Benutzer erwarten, dass Menüs, Dialogfelder, Systemmeldungen,
Fehlermeldungen, Online-Hilfen, Installationsanweisungen usw. in ihrer
Sprache vorliegen.
All
diese
verschiedenen
Texte
sind
Gegenstand
der
Softwarelokalisierung, die sich in den letzten Jahren zu einer boomenden
Industrie entwickelt hat. Absolventen der Ausbildungsinstitute für
Übersetzer, die sich in diese Tätigkeit einarbeiten wollen oder während des
Studiums Einblicke in die Arbeit eines ”Lokalisierers” gewonnen haben,
finden nach ihrem Examen beste berufliche Chancen. Sei es als
Angestellter in Softwareunternehmen oder als Freiberufler, die meist in
Teams mit anderen Kolleginnen und Kollegen Lokalisierungsprojekte
übernehmen.
64
Karl-Heinz Freigang, “Softwarelokalisierung”, Technische Kommunikation, 2/1999, p.23.
120
Komponenten der Software
Die Besonderheit der Softwarelokalisierung liegt darin, dass es nicht
nur
um
die
Übersetzung
der
sprachlichen
Komponenten
von
Softwareprodukten geht. Die Anpassung formaler Elemente wie Datumsund Uhrzeitformat, Währung, Maßeinheiten, Zeichensätze muss ebenfalls
durchgeführt werden. Gleiches gilt für die grafischen Elemente, die sich an
den kulturellen Gegebenheiten des Ziellandes orientieren sollten. Auch
wenn die Bearbeitung grafischer Elemente nicht die Aufgabe eines
Übersetzers ist - er kann aufgrund seiner Ausbildung am ehesten
Ungereimtheiten entdecken. So ist festzustellen, dass auch in der
lokalisierten
Version
vieler
Softwareprodukte
beispielsweise
der
”Papierkorb” durch einen typischen amerikanischen Mülleimer (”trash”)
dargestellt wird. Auch die bekannte Windows-Zwischenablage wird in der
deutschen Version immer noch durch ein Klemmbrett (”clipboard”)
symbolisiert.
Die zu lokalisierenden Komponenten eines Softwareprodukts lassen
sich in drei Grobbereiche einteilen:
- die
Software
mit
Menüs,
Befehlen,
Dialogfeldern,
Schaltflächen, Meldungen,
- die Online-Hilfetexte,
- die Dokumentation, entweder in gedruckter Form oder
maschinenlesbar z. B. als Hypertext.
All diese Komponenten enthalten natürlich Textpassagen, die auch in
anderen Komponenten vorkommen und die im Sinne einer größtmöglichen
Konsistenz und Benutzerfreundlichkeit dann auch in den verschiedenen
Komponenten gleich übersetzt werden sollten. Ideal wäre es, wenn bei der
ersten Übersetzung einer solchen Textpassage die Übersetzung gespeichert
121
und für die übrigen Komponenten in einem Translation-Memory zur
Verfügung gestellt werden könnte.
Um welche Arten von Texten und welche Formate handelt es sich nun
bei den einzelnen Komponenten?
Software
Z. B. Windows-Software besteht aus verschiedenen Dateitypen, die alle zu
übersetzende Texte oder Zeichenketten enthalten können. Es handelt sich
dabei um ”ausführbare” Programmdateien (EXE- oder COM-Dateien)
sowie um weitere Programmdateien wie Treiber (DRV) oder ”Dynamic
Link Libraries” (DLL). Diese Programmdateien enthalten die Menüs,
Dialogfelder, Befehle und Meldungen der Software, die dem Übersetzer
entweder in Form von Resourcen-Dateien (”resource files”) im ”NurText”-Format oder direkt in den binären Programmdateien vorliegen.
Resourcen
(normalerweise mit der Dateinamenserweiterung RC oder DLG) sind NurText-Dateien, die in jedem Texteditor oder Textverarbeitungsprogramm
bearbeitet werden können. Nach der Übersetzung müssen sie in binäre
Programmdateien kompiliert werden. Da sie als Nur-Text-Dateien
vorliegen, können sie auch problemlos mit den gängigen TranslationMemory-Systemen (z. B. Trados Translator’s Workbench, Star Transit,
IBM TranslationManager) bearbeitet werden. Der Nachteil liegt darin, dass
der Übersetzer nicht direkt sehen kann, wie sich seine Arbeit auf das
betreffende Dialogfeld, das Menü oder die Schaltfläche auswirkt, d. h., ob
der Text der Übersetzung vom Platzbedarf her passt oder ob Schaltflächen
oder Fenster nachträglich angepasst werden müssen. Die folgende
Abbildung ( Abb. 1 ) zeigt ein Beispiel für ein solches Resourcen-Format:
122
Abb. 1: Resourcen-Format-Beispiel
Der Übersetzer muss hier wissen, dass nur die in Anführungszeichen
stehenden Textelemente zu übersetzen sind (mit Ausnahme der Angabe
”Helv” in der dritten Zeile, die die Schriftart des hier vorliegenden
Dialogfelds bezeichnet). Der Einsatz von vorbereiteten Filtern oder Makros
in den Translation-Memory-Systemen ermöglicht eine Abgrenzung der zu
übersetzenden Teile von den Teilen, die zum Programmcode gehören, und
ermöglicht es außerdem, den Programmcode vor versehentlichem
Überschreiben zu schützen.
Programmdateien
(in der Regel mit der Dateinamenserweiterung EXE oder DLL) können in
einem Resource-Editor direkt übersetzt werden (z. B. Microsoft App Studio
oder Borland Resource Workshop). Inzwischen sind auch LokalisierungsTools auf dem Markt, die ebenfalls eine direkte Übersetzung von
Programmdateien erlauben (z. B. Corel Catalyst, PASSOLO). Der Vorteil
dieser Werkzeuge liegt darin, dass der Übersetzer direkt die Auswirkungen
seiner Arbeit sieht und auch Anpassungen z. B. von Schaltflächen direkt
selbst vornehmen kann. Die folgende Abbildung ( Abb. 2 ) zeigt ein
Beispiel für die Übersetzung eines Menüs in einem Resource-Editor:
123
Abb. 2: Menü-Übersetzung im Resource-Editor
In diesem Beispiel kann die Übersetzung der einzelnen Menüpunkte
sowohl im Programmcode (rechts untere Hälfte) als auch im ResourceEditor (linke Hälfte) vorgenommen werden. Die Auswirkungen auf das
Erscheinungsbild des Menüs sind direkt in der rechten oberen Hälfte zu
sehen.
Ähnlich wie in diesem Beispiel läuft auch die Übersetzung mit Hilfe
eines der obenerwähnten Lokalisierungs-Tools. Der Nachteil dabei ist, dass
in diesen Lokalisierungs-Tools zwar die einzelnen Übersetzungen z. B. der
verschiedenen Menüoptionen in einer Liste gespeichert werden können, die
dann für andere Lokalisierungsprojekte wiederverwendet werden kann. Um
sie für die Übersetzung der Dokumentation verfügbar zu machen, muss
jedoch eine solche Liste (Glossar) exportiert und in das für die Übersetzung
der Dokumentation eingesetzte Translation-Memory bzw. die zugehörige
Terminologiedatenbank importiert werden.
Online-Hilfe
Texte der Online-Hilfe ersetzen heutzutage immer mehr die gedruckte
Dokumentation. Sie liegen dem Übersetzer in verschiedenen Formaten vor,
124
z. B. in Form von Windows-Hilfedateien im RTF-Format, die nach der
Bearbeitung mit einem geeigneten Hilfe-Compiler umgesetzt werden. Oder
in Form von HTML-Dateien, bei deren Aufruf ein HTML-Browser
gestartet wird, mit dem die Dateien gelesen werden können. Der Übersetzer
muss in diesen Fällen in der Lage sein, diese Formate zu bearbeiten. Dies
ist entweder mit Hilfe von Lokalisierungs-Tools möglich, die auch für die
Bearbeitung von Hilfetexten entwickelt wurden. Oder wiederum mit Hilfe
der bereits erwähnten Translation-Memory-Systeme, die entsprechende
Filter aufweisen.
Vom Übersetzer-Standpunkt aus betrachtet, ist beim Übersetzen von
Hilfetexten darauf zu achten, dass diese von den potentiellen Lesern auf
ganz andere Art und Weise rezipiert werden. Während letztere in der Regel
eher sequentiell gelesen werden, d. h. die Informationen aus den
vorangehenden Kapiteln meist vorausgesetzt werden können, werden
Hilfetexte in der Regel punktuell gelesen. D. h., der Leser springt direkt aus
der Anwendung an eine bestimmte Stelle des Hilfetextes, ohne die
vorangehenden Stellen gelesen zu haben. Die einzelnen Passagen eines
Hilfetextes, auf die über Hyperlinks zugegriffen werden kann, sollten also
für sich genommen verständlich sein und nicht allzu viele implizite
Rückverweisungen enthalten. Dies muss natürlich der Originalautor des
Hilfetextes bereits beachten. Der Übersetzer jedoch darf nicht unbedingt
die ihm vom Translation Memory angebotenen, etwa aus der Übersetzung
des gedruckten Handbuchs stammenden Übersetzungen ohne weiteres
übernehmen.
Dokumentation
Texte der gedruckten Dokumentation liegen normalerweise im Format
eines Textverarbeitungsprogramms (z. B. Word) oder im Format eines
Desktop-Publishing-Programms vor. Während noch vor einiger Zeit der
125
Übersetzer die Texte direkt in dem entsprechenden Programm durch
Überschreiben des Ausgangstextes bearbeitet hat, werden sie heutzutage
meist in Translation-Memory-Systeme importiert, dort bearbeitet und
anschließend wieder ins Ausgangsformat exportiert. Für diese Import- und
Exportvorgänge
stellen
Translation-Memory-
Systeme
Filter
zur
Verfügung, die beim Import die dem DTP-System eigenen Steuercodes
durch eigene Tags ersetzen und beim Export wieder einfügen. Wie bereits
im Zusammenhang mit der Übersetzung der Softwarekomponenten
erwähnt, wäre es sinnvoll, die dort erstellten Übersetzungen - sowohl die
einzelnen Termini als auch komplette Phrasen (z. B. Fehlermeldungen) in
einem Translation Memory bereitgestellt zu bekommen. Wird die Software
in Form von Resource-Dateien (s. o.) mit Hilfe des Translation-MemorySystems übersetzt mit allen Nachteilen, die oben angesprochen wurden -,
stehen die Übersetzungen zur Verfügung.
Ideal wären jedoch Werkzeuge, mit denen sowohl die Software direkt
in den Programmdateien als auch die Online-Hilfe und die gedruckte
Dokumentation bearbeitet werden können und die gleichzeitig die
Funktionalitäten
von
Translation-Memory-Systemen
inklusive
der
zugehörigen Terminologieverwaltungssysteme bieten.
Schlussbemerkung
Abschließend
einige
Bemerkungen
zur
Hardware-
und
Softwareausstattung, die für die Softwarelokalisierung erforderlich ist.
Generell
gilt,
dass
es
sinnvoll ist,
genau
die
Hardware-
und
Softwareausstattung zur Verfügung zu haben, unter der die zu
lokalisierende Software läuft. Man sollte - vor allem auch als Freiberufler immer darauf achten bzw. darauf drängen, dass vom Auftraggeber nicht nur
die zu übersetzenden Resourcen und sonstigen Dateien zur Verfügung
gestellt
werden.
Die
komplette,
lauffähige
Software
in
ihrer
126
Ausgangssprache sollte dabei sein. So ist man in der Lage, jederzeit das
Programm auszuführen und bei Unklarheiten die Wirkung bestimmter
Optionen und Befehle auszuprobieren. Allein aus diesem Grund ist es
erforderlich, dass die erforderliche Hardware zur Verfügung steht. Als
Softwarevoraussetzung sollte auf jeden Fall das Betriebssystem vorhanden
sein, unter dem die Software läuft, und zwar möglichst auch in der Sprache,
in die übersetzt werden muss. Eventuell kann es sinnvoll sein, verschiedene
Sprachversionen des Betriebssystems auf verschiedenen Rechnern oder auf
einem Rechner mit den Voraussetzungen zum Booten mit verschiedenen
Betriebssystemversionen verfügbar zu haben. Handelt es sich um eine
Update-Version einer Software, sollte darauf geachtet werden, dass auch
die Vorgängerversionen zur Verfügung stehen und dass Translation
Memories und Terminologie-Glossare zu den früheren Versionen
vorhanden sind.
Vor Beginn des Projekts sollte die Abfolge der Arbeitsschritte klar
sein. Man muss hierbei zumindest bei einem neuen Produkt immer davon
ausgehen,
dass
die
Übersetzung
nicht
erst
beginnt,
wenn
die
Originalversion komplett fertiggestellt ist. Bereits bei Vorliegen der BetaVersionen
beginnt
Arbeitsdurchgänge
die
bis
Lokalisierung.
zum
Vorliegen
Daher
des
werden
mehrere
endgültigen
Produkts
wahrscheinlich. Auftraggeber sind mehr und mehr daran interessiert, die
lokalisierten
Versionen
Markteinführung
des
eines
Produkts
Originalprodukts
unmittelbar
bereitzustellen.
nach
der
Effizientes
Projektmanagement ist daher eine unabdingbare Voraussetzung für eine
erfolgreiche Arbeit als Softwarelokalisierer.
127
LA LOCALIZZAZIONE DEL SOFTWARE
Non solo traduzione
di Karl-Heinz Freigang
Ancora 15 anni fa l’inglese era in tutto il mondo la lingua in cui i
prodotti software dialogavano con i propri utenti. Con il grande successo
del PC e la sua dotazione di facile utilizzo emerse la necessità di fornire le
interfacce, gli avvisi di sistema e la documentazione nelle lingue degli
utenti.
Oggi un prodotto software non si vende più se la comunicazione con
l’utente non avviene nella sua lingua. E non basta solo tradurre la
documentazione. Gli utenti si aspettano di poter disporre nella propria
lingua di menu, finestre di dialogo, avvisi di sistema, avvisi di errore, guide
in linea, istruzioni per l’installazione ecc.
Tutti questi differenti testi sono oggetto della localizzazione, che negli
ultimi anni si è trasformata in una industria fiorente. I diplomati in
traduzione che vogliono fare pratica in questa attività o che durante il loro
periodo di studio si sono formati un’idea del lavoro del localizzatore, sono
in possesso dopo l'esame di ottime opportunità professionali, sia come
impiegati di una azienda di software, sia come liberi professionisti che
solitamente assumono l'incarico di un progetto di localizzazione in un team,
insieme a colleghi e colleghe.
Le componenti del software
La particolarità della localizzazione risiede nel fatto che non è
sufficiente tradurre soltanto le componenti linguistiche del prodotto.
Bisogna eseguire anche l’adattamento di elementi formali come il formato
della data e dell’ora, della valuta, delle unità di misura. Lo stesso vale
anche per gli elementi grafici che devono adattarsi alle caratteristiche
128
culturali del paese di destinazione. Anche se l’elaborazione degli elementi
grafici non figura tra i compiti del traduttore, egli è comunque colui che in
virtù della sua formazione può individuarne più prontamente le inesattezze.
Così si osserva, per esempio, che anche nella versione localizzata di molti
prodotti software il “cestino” è rappresentato da un secchio per i rifiuti
tipicamente americano (“trash”). Anche i famosi “appunti” di Windows
nella versione localizzata sono ancora simboleggiati da un portablocco a
molla (“clipboard”).
Le componenti di un software da localizzare possono essere suddivise
a grandi linee in tre gruppi principali:
- il software con i menu, i comandi, le finestre di dialogo, i pulsanti e gli
avvisi;
- i testi della guida in linea;
- la documentazione in forma stampata o in forma digitale (per esempio
un ipertesto).
Tutte queste componenti contengono naturalmente dei testi, che sono
presenti anche in altre componenti e che quindi, per ottenere la maggiore
coerenza e facilità d’uso possibile, devono essere tradotti immediatamente
anche nelle altre componenti. La situazione ideale è quella in cui la
traduzione di queste parti di testo è archiviata e resa disponibile per le altre
componenti in una memoria traduttiva.
Quali sono i tipi di testo e i formati di tali componenti?
Software
Per esempio, il software di Windows è composto da diversi tipi di file
i quali possono contenere testi o sequenze di segni che devono essere
tradotti. Si tratta di file eseguibili (file EXE o COM) come anche di driver
129
(DRV) o librerie di collegamento dinamico (DLL). Questi file contengono i
menu, le finestre di dialogo, i comandi e gli avvisi del software e sono
disponibili per il traduttore sotto forma di file risorsa (“resource files”) nel
formato “solo testo” oppure direttamente sotto forma di file binari.
Le Risorse
Le risorse (normalmente con l’estensione RC o DLG) sono file di
“solo testo” che possono essere trattati in un qualsiasi editor di testi o in un
programma di videoscrittura. Dopo essere stati tradotti, i file binari devono
essere compilati. Poiché questi file sono in formato “solo testo”, possono
essere trattati senza problemi con comuni sistemi di memorie traduttive
(per esempio Trados Translator’s Workbench, Star Transit, IBM
TranslationManager). Lo svantaggio risiede nel fatto che il traduttore non
riscontra direttamente gli esiti del proprio lavoro sulla finestra di dialogo,
sul menu e sul pulsante in questione, cioè non può verificare se lo spazio
disponibile per il testo della traduzione è sufficiete o se i pulsanti e le
finestre devono essere adattati in un secondo momento.
L’immagine seguente (fig.1) mostra un esempio di file in formato
risorsa:
Fig. 1: Esempio di formato risorsa
130
Il traduttore deve sapere che solo gli elementi testuali riportati tra
virgolette devono essere tradotti (con l’eccezione della dicitura “Helv”
nella terza riga, che indica il carattere usato nella finestra di dialogo).
L’utilizzo di filtri e di macro predisposti nei sistemi di memoria traduttiva
consente di separare le parti da tradurre dal codice del programma e
permette inoltre di proteggere il codice dalla sovrascrittura accidentale.
I file di programma
I file di programma (di norma con l'estensione EXE o DLL) possono
essere tradotti direttamente con un editor di risorse (per esempio Microsoft
App Studio o Borland Resource Workshop). Intanto sul mercato sono
comparsi anche strumenti per la localizzazione che permettono anch’essi
una traduzione diretta dei file di programma (per esempio Corel Catalyst,
PASSOLO). Il vantaggio di questi strumenti risiede nel fatto che il
traduttore verifica direttamente gli esiti del proprio lavoro e può, per
esempio, adattare immediatamente i pulsanti. L’immagine seguente (fig. 2)
mostra un esempio di traduzione di un menu in un editor di risorse:
Fig. 2: La traduzione di un menu in un editor di risorse.
131
In questo esempio la traduzione delle singole voci del menu può
essere eseguita sia nel codice sorgente (in basso a destra) sia nell’editor di
risorse (a sinistra). Gli effetti sull’aspetto del menu vengono visualizzati
immediatamente in alto a destra.
In modo simile a questo si svolge anche la traduzione realizzata con
l’ausilio di uno strumento per la localizzazione. Le singole traduzioni,
come per esempio quelle delle diverse opzioni del menu, possono essere
salvate in una lista che può essere riutilizzata in altri progetti di
localizzazione, anche se questi strumenti presentano uno svantaggio. Per
poter impiegare la lista (glossario) nella traduzione della documentazione,
questa deve essere esportata per poi importarla in una memoria di
traduzione o nella relativa banca dati terminologica.
La guida in linea
La documentazione stampata è sostituita sempre più spesso dai testi
della guida in linea. Questa può presentarsi al traduttore in diversi formati,
per esempio nel formato RTF dei file della guida di Windows, che dopo
essere stati elaborati vengono convertiti con un apposito compilatore.
Oppure nella forma di un file HTML che quando viene selezionato avvia
un browser nel quale si possono visualizzare questi file. In questi casi il
traduttore deve essere in grado di elaborare questi tipi di formati. Questo è
possibile con l’ausilio di strumenti di localizzazione che sono stati
sviluppati anche per l'elaborazione dei testi delle guide in linea. Oppure con
i già menzionati sistemi di memoria traduttiva con i relativi filtri.
Nella traduzione delle guide in linea dal punto di vista del traduttore
bisogna tenere conto del fatto che queste possono essere recepire in modo
completamente diverso dall’eventuale lettore. Mentre le guide cartacee
normalmente sono lette in maniera sequenziale, cioè di solito le
informazioni dei capitoli precedenti possono essere date per scontate, le
132
guide in linea sono lette punto per punto. Ovvero il lettore salta
direttamente dall’applicazione ad un determinato punto della guida in linea
senza aver letto ciò che lo precede. Quindi i singoli passaggi della guida in
linea a cui è possibile accedere tramite dei link ipertestuali dovrebbero
essere autonomamente comprensibili e non dovrebbero contenere troppi
riferimenti impliciti ai contenuti precedenti. Di questo naturalmente deve
tenere conto già l'autore del testo originale. Ma il traduttore dal canto suo
non può semplicemente accettare le traduzioni magari derivanti dal
manuale cartaceo propostegli dalla memoria traduttiva.
Documentazione
I testi della documentazione stampata normalmente sono disponibili
nel formato di un programma di videoscrittura (per esempio Word) oppure
nel formato di un programma di desktop publishing. Mentre ancora non
molto tempo fa il traduttore lavorava sui testi direttamente nel relativo
programma, sovrascrivendo il testo di partenza, oggi solitamente i testi
sono importati in un sistema di memoria traduttiva, nel quale vengono
elaborati e in fine riesportati nel formato originale. Per svolgere questi
processi di importazione ed esportazione le memorie traduttive dispongono
di filtri che durante l’importazione sostituiscono il codice di marcatura dei
sistemi DTP con i propri tag per reinserirli durante l’esportazione alla fine
del processo. Come già menzionato a proposito della traduzione delle
componenti software, sarebbe ragionevole avere a disposizione nella
memoria traduttiva le traduzioni sia dei singoli termini, sia delle frasi
complete (p. es. gli avvisi di errore) prodotte in quel contesto. Se il
software è stato tradotto come file risorsa (vedi sopra), utilizzando una
memoria traduttiva con tutti gli svantaggi menzionati sopra che questo
comporta, le traduzioni sono disponibili.
133
Il caso ideale sarebbe quello di disporre di strumenti in grado di
elaborare sia direttamente i file del software, sia la guida stampata e in
linea, e che in oltre sia dotato delle funzionalità di una memoria traduttiva
incluso il sistema di gestione terminologica.
Considerazione conclusiva
Per concludere alcune osservazioni sull’equipaggiamento hardware e
software necessario per la localizzazione. In linea di massima è bene
disporre esattamente del hardware e del software richiesti dal prodotto da
localizzare.
Bisognerebbe,
soprattutto
come
libero
professionista,
pretendere dal committente non solo i file risorsa e gli altri file da tradurre,
ma si dovrebbe disporre anche del software completo e funzionante nella
lingua originale. In questo modo si è sempre in grado di avviare il
programma e, in caso di dubbio, verificare l'effetto di determinati comandi
e opzioni. Già solo per questo motivo è indispensabile disporre del
hardware necessario. La dotazione software di base dovrebbe essere in ogni
caso il sistema operativo richiesto dal software possibilmente nella lingua
in cui si traduce. Eventualmente può essere utile disporre di versioni in
lingue diverse del sistema operativo su computer differenti oppure su un
computer in grado di eseguire il boot di diversi sistemi operativi. Se si tratta
di una versione aggiornata del software bisognerebbe disporre anche delle
versioni precedenti, delle memorie traduttive e dei glossari terminologici
delle versioni antecedenti.
Prima di iniziare il progetto dovrebbe essere ben chiara la sequenza
delle fasi di lavoro. Bisogna partire dal presupposto, almeno nel caso di un
nuovo prodotto, che la traduzione non inizia solo quando la versione
originale è stata completata. La localizzazione inizia non appena è
disponibile la versione beta. Quindi è probabile che siano necessarie
svariate fasi di lavoro prima di giungere al prodotto definitivo. È interesse
134
sempre maggiore dei committenti che la versione localizzata di un prodotto
sia completata immediatamente dopo l'introduzione sul mercato del
prodotto originale. Per questo una gestione efficiente del progetto è un
presupposto indispensabile per lavorare con successo come localizzatore.
135
AUTOMATISIERTE ÜBERSETZUNG
Werkzeuge für effektives Management
von Karl-Heinz Freigang65
Die Automatisierung der Übersetzerarbeit reicht von Hilfen beim
Schreiben und Editieren von Übersetzungen bis hin zu Softwaresystemen
zur
automatischen
Übersetzung.
Selbstverständlich
gehört
eine
Textverarbeitung heutzutage zu jedem Übersetzerarbeitsplatz wie noch vor
wenigen Jahren die Schreibmaschine.
Um Schreib- und Editierwerkzeuge herum sind in den vergangenen
Jahren weitere Werkzeuge entwickelt worden, die mit unterschiedlichen
Schwerpunkten verschiedene Aspekte des Übersetzungsprozesses und des
gesamten Managements unterstützen sollen. Solche Aspekte sind:
- Die Layout-Gestaltung im eigentlichen Übersetzungsprozess des
zielsprachlichen Dokuments.
- Die Recherche, Erfassung und Bereitstellung von Terminologie mit dem
Ziel, terminologische Kohärenz des zielsprachlichen Dokuments zu
gewährleisten.
- Die eigentliche Übersetzung, d.h. die sprachliche Realisierung des
zielsprachlichen
Dokuments
unter
Herstellung
bzw.
Wahrung
textinterner, textübergreifender Kohärenz.
- Die Anpassung des zielsprachlichen Dokuments an die sprachlichen und
kulturellen Konventionen der Adressaten.
- Und schließlich – was häufig von Übersetzern, mehr aber noch von
anderen am gesamten Prozess technischer Dokumentation beteiligten
Personen vergessen wird – Management, Planung und Organisation der
65
Karl-Heinz Freigang, “Automatisierte Übersetzung”, Technische Kommunikation, 5/1999, p.12
136
Arbeitsabläufe
in
den
unterschiedlichsten
Umfeldern
und
Arbeitssituationen.
Übersetzungsprozess
Die drei Hauptaufgaben des Übersetzungsprozesses sind das Schreiben, das
Recherchieren und das Übersetzen im engeren Sinn. Für jede dieser
Tätigkeiten stehen einerseits spezielle eigenständige Softwareanwendungen
zur Verfügung. Andererseits gibt es seit einiger Zeit Systeme, die
Werkzeuge für diese drei Tätigkeiten in einem komplexen System
integrieren – “integrierte Übersetzungssysteme”.
Der Einsatz von Übersetzungswerkzeugen, die über die Textverarbeitung
hinausgehen, setzt voraus, dass die zu übersetzenden, ausgangssprachlichen
Dokumente in maschinenlesbarer Form vorliegen. Diese Voraussetzung
ermöglicht:
- den
ausgangssprachlichen
Text
in
Übersetzungseinheiten
zu
segmentieren,
- die im Text vorkommenden Wortformen automatisch in einem
Wörterbuch oder einer Terminologiedatenbank nachzuschlagen
- oder gar den Text automatisch syntaktisch und semantisch zu
analysieren, um auf der Grundlage des Analyseergebnisses den
zielsprachlichen Text zu generieren.
Integrierte Übersetzungssysteme
Wie bereits erwähnt, integrieren diese Systeme Werkzeuge zum
Schreiben/Editieren, zur Terminologierecherche und zur Unterstützung des
eigentlichen Übersetzungsprozesses. Der zu übersetzende Text wird in den
entsprechenden Editor geladen. Dort wird innerhalb des Dokuments oder in
einem eigenen Fenster die Übersetzung erstellt und editiert. Die
137
ausgangssprachlichen Übersetzungseinheiten (Segmente), die entweder
während des Imports des Textes in den Editor oder im Rahmen des
Nachschlageprozesses auf Grundlage von Segmentierungsregeln ermittelt
werden, können nunmehr im Übersetzungsspeicher, Translation-Memory,
nachgeschlagen werden.
Ergebnis: Die für das ausgangssprachliche Segment gefundene
Übersetzung wird angeboten und kann vom Anwender in den Zieltext
übernommen werden. Mit dem Nachschlagen des kompletten Segments
werden die einzelnen Wortformen in dem integrierten terminologischen
Glossar nachgeschlagen. Gefundene Termini werden ebenfalls in einem
eigenen Fenster zur Übernahme in den Text angeboten.
Bei den Schnittstellen zwischen den einzelnen Komponenten und bei
der Konzeption und dem Aufbau der einzelnen Komponenten gibt es z.T.
beträchtliche
Unterschiede
zwischen
den
einzelnen
Übersetzungswerkzeugen.
Der integrierte Editor
Die Editoren integrierter Systeme sind entweder ein eigenständiges Modul
innerhalb des Systems und stehen nur im Rahmen des jeweiligen Systems
zur
Verfügung,
oder
es
sind
herkömmliche,
unabhängige
Textverarbeitungssysteme.
Die eigens entwickelten Editoren sind in der Regel reine “Nur-Text”Editoren:
Dokumente
werden
in
den
Editor
importiert,
in
Übersetzungseinheiten segmentiert und im Editor als “Nur Text” ohne
direkte Formatierung bearbeitet. Dabei wird der ausgangssprachliche Text
in einem eigenen Editierfenster angezeigt, in dem er durch seine
Übersetzung nach und nach überschrieben wird. Auf Wunsch kann das
Original in einem eigenen Fenster getrennt angezeigt werden, wobei beide
138
Fenster synchronisiert werden können, so dass sie der Anwender scrollen
kann.
Abb. 1: Editorfenster mit eingeblendetem Memory- und Wörterbuchfenster
Die im Ausgangsdokument enthaltenen Layoutinformationen werden
beim
Import
mit
Hilfe
von
Filterroutinen
identifiziert
und
in
systemspezifische Tags umgewandelt. Filter stehen normalerweise für
gängige Textverarbeitungsformate sowie DTP- und Resource-Formate zur
Verfügung.
Während
der
Bearbeitung
können
diese
Tags
vor
versehentlichem Überschreiben geschützt und auch teilweise oder ganz
ausgeblendet werden.
Die
während
des
Imports
erfolgende
Segmentierung
des
ausgangssprachlichen Textes kann bei manchen Systemen durch den
Benutzer mit Hilfe eines Regelapparats beeinflusst werden. Nach
Abschluss der Übersetzung wird das Dokument mit Hilfe von
Exportroutinen wieder in sein ursprüngliches Format überführt und kann
dann eventuell in der Originalanwendung zur endgültigen Gestaltung des
Layouts weiterverarbeitet werden.
Textverarbeitung als Editor
Wird als Editor ein herkömmliches Textverarbeitungssystem verwendet,
können zunächst alle Formate bearbeitet werden, die von dem benutzten
System erkannt und konvertiert werden. Darüber hinaus stehen auch hier
139
Filter für eine Reihe von Formaten zur Verfügung, die von der
Textverarbeitung nicht erkannt werden. Für bestimmte Formate, wie
HTML/SGML oder Power-Point, werden inzwischen auch eigene Editoren
angeboten bzw. eine Schnittstelle zur Originalanwendung.
Abb. 2: Tag-Editor mit importierter HTML-Datei
Wesentliche Kriterien bei der Beurteilung der Editor-Komponente von
integrierten Systemen:
- Bearbeitung unterschiedlicher Dateiformate.
- Schutz von Tags oder – bei der Übersetzung von Resource-Dateien –
des Programmcodes vor versehentlichem Überschreiben.
- Möglichkeit, den Bildschirm in mehrere Fenster aufzuteilen und die
Fenstergröße so einzustellen, daß außer dem bearbeiteten Segment ein
größerer Textausschnitt zu sehen ist, der die kontextuelle Einbettung des
Segments deutlich macht.
140
Die Terminologiekomponente
Das zu bearbeitende Segment wird sowohl im Translation-Memory als
auch in der angeschlossenen Terminologiedatenbank gesucht. Dies
geschieht mittels zweier Systeme:
- Eine eigenständige, unabhängige Terminologieverwaltung.
- Ein vollständig integriertes, nicht alleine nutzbares Terminologiemodul.
Da die in der Terminologiedatenbank zu suchenden Wortformen
selten in den Texten in ihrer Grundform vorkommen, auf der anderen Seite
aber in einer Terminologiedatenbank selbstverständlich nicht alle
flektierten Formen von Benennungen enthalten sein können, ist für die
Brauchbarkeit
der
Suchergebnisse
die
Leistungsfähigkeit
der
Suchalgorithmen von entscheidender Bedeutung. Dabei kann entweder in
das
Übersetzungswerkzeug
linguistisches,
genauer
morphologisches
Wissen integriert werden, z.B. in Form von sprachspezifischen Regeln und
Endungslisten. Oder es können für das Nachschlagen von Terminologie,
die
“Terminologieerkennung”,
Fuzzy-Match-Algorithmen
eingesetzt
werden, die – wie bei der Suche von Segmenten im Translation-Memory –
nicht nur genau identische Einheiten finden, sondern auch formal ähnliche
Wortformen.
Im einfachen Fall erfolgt das Nachschlagen durch eine Trunkierung
der Wortformen um ihre letzten drei bis vier Buchstaben. Um die Suche
effizienter
zu
gestalten
und
auf
das
Nachschlagen
potentieller
terminologischer Einheiten zu beschränken, wird zuweilen mit Listen von
Stoppwörtern gearbeitet, mit deren Hilfe zumindest Funktionswörter wie
Artikel, Präpositionen, Konjunktionen usw. bei der Suche ignoriert werden
können.
141
Translation-Memory
Was den Aufbau und die Organisation der Translation-MemoryKomponente betrifft, lassen sich grob zwei Ansätze unterscheiden:
Ansatz eins: Das Translation-Memory stellt eine Datenbank dar, die
Paare
von
ausgangssprachlichen
und
zielsprachlichen
Übersetzungseinheiten enthält. Diese Datenbankeinträge können ergänzt
werden durch Attribute wie Kunden- oder Projektcode, Bearbeiter,
Textsorte ...
Jede
neue
ausgangssprachliche
Übersetzungseinheit,
die
im
angeschlossenen Editor bearbeitet wird, kann nach der Übersetzung
zusammen mit der zielsprachlichen Einheit und eventuell definierten
Attributen in dieser Datenbank gespeichert werden. Sie steht von diesem
Moment für die Suche zur Verfügung. Das bedeutet, daß sich das
Translation-Memory während der Übersetzung eines Dokuments nach und
nach
füllt
und
bei
Auftreten
identischer
oder
ähnlicher
ausgangssprachlicher Segmente – Fuzzy-Matches – noch im selben
Dokument einen Übersetzungsvorschlag liefert.
Abb. 3: Satzpaare in einer Translation-Memory-Datenbank
Ansatz zwei: Translation-Memory wird aus Paaren von ausgangs- und
142
zielsprachlichen Texten gebildet, die im Format des entsprechenden
Übersetzungswerkzeugs vorliegen. Bei der Bearbeitung eines neuen Textes
kann auf der Grundlage dieser Referenztexte eine Vorübersetzung
durchgeführt werden, bei der im Rahmen des importierten Ausgangstextes
alle exakt mit Segmenten eines Referenztextes übereinstimmenden
Übersetzungseinheiten
durch
die
im
zielsprachlichen
Referenztext
enthaltene Übersetzung ersetzt werden.
Während der Bearbeitung der auf diese Weise noch nicht
vorübersetzten Segmente wird auf das Referenzmaterial auch mit Hilfe von
Fuzzy-Match-Algorithmen zugegriffen, so daß auch ähnliche Segmente
gefunden werden können. Die in dieser Phase erarbeiteten Übersetzungen
werden in einer temporären Datei abgelegt, so daß auch sie sofort für die
Übersetzung identischer oder ähnlicher Segmente zur Verfügung stehen.
Nach Abschluß der Übersetzung eines Dokuments wird diese temporäre
Datei wieder gelöscht. Die fertige Übersetzung bildet zusammen mit dem
ausgangssprachlichen Text ein Paar von Referenztexten für zukünftige
Übersetzungen.
143
Abb. 4: Referenzdateien Werkzeuge zur Softwarelokalisierung
Für
die
Übersetzung
von
Software,
insbesondere
der
Benutzeroberflächen mit Dialogfeldern, Menüs und Systemmeldungen,
144
stehen spezielle Werkzeuge zur Verfügung. Mit diesen können vor allem
die Komponenten eines Softwareprodukts bearbeitet werden, bei denen
neben der Übersetzung von Textelementen auch Schaltflächen und andere
Grafikelemente angepaßt werden müssen.
Abbildung 5 zeigt die Möglichkeit zur Bearbeitung von Elementen
eines Dialogfelds in einem solchen Softwarelokalisierungswerkzeug:
Abb. 5: Übersetzen eines Dialogfelds in einem Werkzeug zur
Softwarelokalisierung
In solchen Werkzeugen werden die ausgangssprachlichen Einheiten
und ihre Übersetzungen in tabellarischen Listen abgelegt. Diese können
beispielsweise bei der Übersetzung einer neuen Version als eine Art
Translation-Memory herangezogen werden. Auch bei einer nachträglichen
145
Änderung von Elementen während eines Lokalisierungsprojekts können
diese
Übersetzungslisten
zur
automatischen
Vorübersetzung
der
unveränderten Elemente genutzt werden.
Die Arbeit mit einem solchen Lokalisierungswerkzeug ermöglicht,
bereits während der Arbeit die Auswirkungen der Übersetzung auf das
Aussehen von Dialogfeldern zu sehen und eventuell grafische Elementen
selbst anzupassen.
Einsatzkriterien
Die Translation-Memory-Werkzeuge liefern Übersetzungsvorschläge
für Segmente (Übersetzungseinheiten), die in identischer oder ähnlicher
Form bereits einmal übersetzt worden sind. Dies bedeutet, daß sich
besonders solche Dokumente für die Bearbeitung mit diesen Werkzeugen
anbieten, die einerseits in sich relativ redundant sind und andererseits
starke Ähnlichkeiten mit bereits früher übersetzten Dokumenten aufweisen.
Ersteres ist mit Sicherheit bei technischer Dokumentation der Fall, bei der
sich bestimmte Textpassagen, wie Handlungsanweisungen, häufig in
identischer oder leicht abgewandelter Form wiederholen, so daß durch den
Einsatz
eines
Werkzeugs
mit
Translation-Memory
gleichartige
Anweisungen auch immer gleichartig übersetzt werden.
Software-Dokumentation
Der zweite Typ von Dokumenten ist sicherlich ebenfalls in der
technischen Dokumentation häufig anzutreffen, wenn – vor allem bei der
Übersetzung von Software – regelmäßig aktualisierte Versionen von
Produkten erscheinen. Ein ähnlicher Fall liegt sicherlich auch dann vor,
wenn zu einem technischen Produkt Texte unterschiedlicher Funktion
erstellt werden: Gedruckte Dokumentation oder Online-Hilfe.
146
In all diesen Fällen gewährleistet die Kombination eines TranslationMemory und einer Terminologiedatenbank eine einheitliche, kohärente
Übersetzung der immer wiederkehrenden Textelemente. Nicht gedacht sind
diese Werkzeuge sicherlich für alle Texte, bei denen stilistische Variation
und kreative Formulierung eine große Rolle spielen.
Die genannten Anforderungen an die ausgangssprachlichen Texte
werden natürlich auch und in besonderem Maße von den Komponenten von
Softwareprodukten erfüllt. Menüs, Dialogfelder, Fehlermeldungen, OnlineHilfen
und
gedruckte
Dokumentation
enthalten
jeweils
Übersetzungseinheiten, die sich in all diesen Textsorten wiederholen. Im
Sinne einer kohärenten Präsentation des Produkts sollen diese möglichst in
allen Texten gleich übersetzt werden.
Bei der Kurzlebigkeit von Softwareprodukten ist nach wie vor davon
auszugehen, dass ein Produkt fast jährlich, mindestens aber alle zwei Jahre
in einer neuen Version auf den Markt kommt und dann natürlich auch
lokalisiert werden muss Die erwähnten spezialisierten Werkzeuge zur
Softwarelokalisierung bieten Translation-Memory-Funktionen für die
Übersetzung der Softwarekomponenten an. Eine Übersetzung der
Dokumentation ist innerhalb dieser Softwarepakete allerdings meistens
nicht oder nur sehr umständlich möglich.
Um die Übersetzung der technischen Dokumentation einer Oberfläche
bequem zu ermöglichen, müssen die Übersetzungslisten aus dem
Lokalisierungswerkzeug exportiert und in den Translation-Memory
importiert werden.
Schnittstellen
In
Ansätzen
liegen
bereits
Schnittstellen
zwischen
Lokalisierungswerkzeug und integriertem Übersetzungssystem vor. Will
man jedoch einen Wechsel zwischen verschiedenen Werkzeugen bei der
147
Bearbeitung eines Lokalisierungsprojekts vermeiden, bleibt natürlich die
etwas benutzerunfreundlichere Möglichkeit der Bearbeitung der im “NurText”-Format vorliegenden Resource-Dateien (meist RC- oder DLGDateien) direkt im Editor des integrierten Übersetzungssystems. Hierfür
bieten diese Systeme – wie für die DTP-Formate – spezielle Filter an, die
den in den Resource-Dateien mitenthaltenen Programmcode identifizieren
und schützen können.
Ausgangstext
Generell spielt beim Einsatz von Übersetzungswerkzeugen natürlich
auch die Formulierung der Ausgangstexte eine große Rolle. Wenn in
verschiedenen Versionen eines ausgangssprachlichen Dokuments, die
möglicherweise von unterschiedlichen Autoren erstellt werden, inhaltlich
identische Sachverhalte mit unterschiedlichen Formulierungen dargestellt
werden,
können
die
Übersetzungswerkzeuge
möglicherweise
eine
vorhandene Identität nicht erkennen. Eine kohärente, einheitliche
Übersetzung der betreffenden Passagen ist dadurch nicht gewährleistet.
Häufig wird in der Übersetzungspraxis mit der Übersetzung einer
technischen Dokumentation oder eines Softwareprodukts bereits begonnen,
bevor die ausgangssprachliche Version endgültig fertiggestellt ist. Dabei ist
von
besonderer
Bedeutung,
dass
nachträgliche
Änderungen
im
Ausgangstext möglichst ohne großen Zeitverlust in die Übersetzung
übertragen werden können. Auch hier sind zunächst die Autoren des
ausgangssprachlichen Textes gefragt, die gewährleisten sollten, dass
tatsächlich nur die Passagen geändert werden, bei denen dies unbedingt
erforderlich ist. Wenn nun bei den Übersetzern die bisherige Fassung des
Dokuments und die zugehörige Übersetzung im Translation-Memory (bzw.
den Übersetzungslisten der Lokalisierungswerkzeuge) abgelegt ist, können
in der Neufassung relativ schnell alle unveränderten ausgangssprachlichen
148
Segmente
durch
ihre
im
Memory
abgelegten
zielsprachlichen
Entsprechungen ersetzt werden. Der Übersetzer muß dann lediglich noch
zu den veränderten oder neuen Segmenten springen – entsprechende
Optionen bieten die Werkzeuge an – und deren Übersetzung bearbeiten.
Unkontrollierte Übernahme
Auch wenn in einem Dokument eine große Zahl identischer Segmente
vorliegt, ist zumindest beim ersten Durchlauf durch die Übersetzung des
Dokuments eine unkontrollierte Übernahme der Übersetzungsvorschläge
aus dem Memory problematisch. Da Übersetzungen, die in einem
Translation-Memory abgelegt sind, nicht immer von ein und demselben
Übersetzer stammen müssen und ihre Qualität nicht immer unbesehen
akzeptiert werden kann, sollte der zuständige Übersetzer die angebotenen
Übersetzungen vor ihrer Übernahme in seine Übersetzung prüfen. Gerade
bei Dokumenten mit einer großen Zahl solcher Passagen können sich
ansonsten einmal gemachte Übersetzungsfehler immer weiter fortpflanzen.
Prüfung
Daher sollte in jedem Übersetzungsprojekt ein abschließender
Prüfdurchlauf durchgeführt werden. Auch um der Gefahr entgegenzutreten,
dass die stark segment- oder satzbezogene Vorgehensweise beim
Übersetzen, zu der die Werkzeuge bei unkritischer Verwendung eventuell
verleiten, zu Schwächen bezüglich der Kohärenz und der Verbindung
zwischen den Segmenten führen. Dieser abschließende Prüfdurchlauf sollte
auf jeden Fall nicht außerhalb des Übersetzungswerkzeugs erfolgen, damit
die letzten Änderungen im Dokument gespeichert und in das TranslationMemory integriert werden. Erst nach dieser Prüfung sollte die Bereinigung
des Dokuments bzw. der Export aus dem integrierten Übersetzungssystem
erfolgen.
149
Besonders aus den zuletzt genannten Aspekten sollte deutlich
geworden sein, dass der Einsatz der Übersetzungswerkzeuge nur dann zur
Sicherung der Übersetzungsqualität und zur Steigerung der Produktivität
führen kann, wenn sie von hierfür ausgebildeten Fachleuten bedient
werden: Nämlich von Übersetzern, die neben der technischen Fähigkeit
zum Umgang mit den Werkzeugen auch über die erforderliche sprachliche
und übersetzerische Kompetenz verfügen.
150
LA TRADUZIONE AUTOMATIZZATA
Gli strumenti per una gestione efficace
di Karl-Heinz Freigang
L’automatizzazione del processo di traduzione include dagli strumenti
per la scrittura e l'editing fino ai sistemi software per la traduzione
automatica. Al giorno d’oggi ovviamente un programma di videoscrittura fa
parte della postazione di lavoro di ogni traduttore come ancora pochi anni
fa ne faceva parte la macchina da scrivere.
Partendo dagli strumenti di scrittura e di editing sono stati sviluppati
negli ultimi anni altri strumenti che, ponendo l’accento su diversi aspetti,
facilitano il processo di traduzione e l’intera gestione. Tali aspetti sono:
- La cura del layout del documento nella lingua di arrivo all’interno del
processo di traduzione vero e proprio.
- La ricerca, il rilevamento e la preparazione della terminologia con lo
scopo di garantire la coerenza terminologica del documento nella lingua
di arrivo.
- La traduzione vera e propria, ossia la realizzazione del documento nella
lingua d’arrivo e la conservazione o la formazione della coerenza
interna ed esterna del testo.
- L’adattamento del documento d’arrivo alle convenzioni linguistiche e
culturali dei destinatari.
- E in fine – ciò che spesso viene dimenticato dai traduttori, ma più
spesso dalle altre persone coinvolte nel processo della documentazione
tecnica – la gestione, progettazione e l’organizzazione delle fasi
lavorative nelle diverse situazioni e contesti di lavoro.
151
Il processo di traduzione
I tre obiettivi principali del processo di traduzione sono la scrittura, la
ricerca e la traduzione in senso stretto. Per ognuna di queste attività
esistono delle specifiche applicazioni, d’altra parte però da qualche tempo
gli strumenti per queste tre attività sono integrati in un sistema complesso –
“i sistemi di traduzione integrati”.
L’impiego degli strumenti di traduzione che non si limitano alla sola
videoscrittura presuppone che i documenti da tradurre siano disponibili in
forma digitale. Questo consente:
- di segmentare il testo di partenza in unità traduttive;
- di reperire automaticamente le espressioni presenti nel testo in un
vocabolario o una banca dati terminologica;
- addirittura di analizzare automaticamente la sintassi e la semantica del
testo, per generare in base al risultato il testo d'arrivo.
I sistemi di traduzione integrati
Come già menzionato, questi sistemi integrano gli strumenti per la
scrittura e l’editing, la ricerca terminologica e l’assistenza al processo di
traduzione. Il testo da tradurre viene caricato nel editor dove, all’interno del
documento o in una finestra propria, viene eseguita ed editata la traduzione.
Le unità traduttive del testo di partenza (segmenti), che sono state
individuate durante l’importazione nell’editor oppure durante il processo di
ricerca in base delle regole di segmentazione, d’ora in avanti possono
essere consultate nella memoria traduttiva.
Il risultato è che viene proposta la traduzione trovata per il segmento
di partenza e l’utente può decidere di adottarla nel testo d’arrivo.
Eseguendo la ricerca per tutto il segmento, vengono reperite le singole
espressioni nel glossario terminologico integrato. Anche i termini trovati
vengono proposti in una apposita finestra per poter poi essere adottati nel
152
testo.
In alcuni casi ci sono delle differenze considerevoli tra i singoli
strumenti per la traduzione, sia per ciò che riguarda le interfacce, sia nella
concezione e la strutturazione delle singole componenti.
L’editor integrato
L’editor dei sistemi integrati può essere un modulo indipendente
all’intero del sistema, e quindi disponibile solo nell’ambito del sistema
stesso, oppure si può trattare di un tradizionale sistema di videoscrittura
indipendente.
Gli editor sviluppati a tale scopo sono di norma editor “solo testo”: i
documenti sono importati nel editor, segmentati in unità traduttive ed
elaborati come testo semplice senza formattazione diretta. In questo modo
il testo di partenza è visualizzato in una finestra, nella quale man mano
viene sostituita dalla traduzione. Se richiesto il testo originale può essere
visualizzato separatamente in un’altra finestra e le due finestre possono
essere sincronizzate in modo che l'utente possa scorrerle.
Fig. 1: Finestra dell’editor con la finestra della memoria e del vocabolario.
Durante l’importazione le informazioni sul layout del documento di
partenza vengono identificate attraverso delle rutine di filtraggio e
trasformate in specifici tag di sistema. Normalmente sono disponibili i filtri
per gli editor di testi più comuni, per i formati DTP e i formati risorsa.
153
Durante l’elaborazione i tag possono essere protetti dalla sovrascrittura
accidentale oppure essere nascosti in parte o completamente.
La segmentazione del testo di partenza, che ha luogo durante
l’importazione, può in alcuni sistemi essere condizionato dall’utente per
mezzo di una lista di regole. Conclusa la traduzione, il documento
attraverso delle rutine di esportazione viene riportato nel formato originale
ed eventualmente può essere ulteriormente elaborato nell’applicazione
originale fino al raggiungimento del layout definitivo.
L’elaboratore di testi come editor
Se un sistema di videoscrittura convenzionale è usato come editor,
possono essere elaborati tutti i formati che il sistema è in grado di utilizzare
e convertire. Inoltre anche qui sono disponibili una serie di filtri di formati
che l’elaboratore di testi non è in grado di riconoscere. Per certi formati,
come HTML/SGML o Power-Point, ci sono ora anche appositi editor
oppure interfacce con le applicazioni originali.
Fig. 2: File HTML caricato su un tag-editor
154
Criteri essenziali nella valutazione dei componenti per l'editing nei
sistemi integrati:
- Elaborazione di diversi formati di file.
- Protezione dalla sovrascrittura accidentale dei tag oppure, nel caso di
file risorsa, del codice di programmazione.
- Possibilità di poter suddividere la schermata in più finestre e di poter
impostare la dimensione delle finestre in modo tale da visualizzare,
oltre al segmento da tradurre, una porzione di testo maggiore che
chiarisca il contesto del segmento stesso.
La gestione terminologica
Il segmento da elaborare viene ricercato sia all’interno della memoria
traduttiva che nella banca dati terminologia ad essa collegata. Questo
accade attrverso due sistemi diversi:
- Una gestione terminologia indipendente ed autonoma.
- Un modulo per la terminologia completamente integrato, non
utilizzabile autonomamente.
Poiché le espressioni da ricercare nella banca dati terminologica nei
testi sono presenti solo di rado nella loro forma di base, ma d'altra parte nel
database non possono essere contenute tutte le forme flesse, l'efficienza
degli algoritmi di ricerca è di fondamentale importanza per l’utilità dei
risultati di ricerca. In questi strumenti traduttivi possono essere intergrate
informazioni linguistiche, o meglio morfologiche, per esempio sotto forma
di specifiche regole o liste di suffissi. Per la ricerca terminologica, il
“riconoscimento terminologico”, possono essere impiegati anche algoritmi
fuzzy-match, i quali, esattamente come nel caso di una ricerca nella
memoria traduttiva, non riconoscono solo unità identiche, ma anche
155
espressioni dalla forma simile.
Nel caso più semplice la ricerca avviene attraverso il troncamento
delle ultime tre, quattro lettere del termine. Per rendere più efficiente la
ricerca e per limitarla alle sole unità potenzialmente terminologiche,
talvolta si lavora con delle liste di “stopword”, le quali permettono di
ignorare le parole vuote (o grammaticali) come gli articoli, le preposizioni,
le congiunzioni, ecc.
Le memorie traduttive
Per quanto riguarda la struttura e l’organizzazione delle memorie
traduttive si possono distinguere due approcci:
Primo approccio:
La memoria traduttiva è composta da una database che contiene delle
coppie di unità traduttive nella lingua di partenza e in quella d’arrivo.
Questi record della banca dati possono essere integrati da attributi come il
codice cliente, il codice progetto, redattore, il tipo di testo, ecc.
Ogni nuova unità traduttiva di partenza elaborata nel editor integrato,
dopo la traduzione può essere salvata in questo database insieme all’unità
di arrivo agli attributi eventualmente predefiniti. Questa unità d’ora in
avanti sarà disponibile per la ricerca. Questo significa che la memoria
traduttiva si popola a poco a poco durante la traduzione e, qualora si
presentino segmenti di partenza uguali o simili (fuzzy-matches), viene
fornita nello stesso documento una proposta di traduzione.
156
Fig. 3: Coppie di frasi nel database di una memoria traduttiva.
Secondo approccio:
La memoria di traduzione è formata da coppie di testi in lingua di
partenza e in lingua di arrivo, presenti nel formato dello strumento di
traduzione corrispondente. Elaborando un testo nuovo può essere realizzata
sulla base dei testi di riferimento una pre-traduzione, sostituendo al testo
originale tutti i segmenti di partenza che corrispondono alle unità traduttive
del testo di riferimento nella lingua di partenza con la traduzione contenuta
nella testo di riferimento nella lingua di arrivo.
Durante l’elaborazione dei segmenti che in questo modo non sono
ancora stati tradotti si ricorre al materiale di riferimento anche con l’ausilio
degli algoritmi fuzzy-match, in modo da poter trovare in aggiunta segmenti
simili. Le traduzioni elaborate in questa fase vengono salvate in un file
temporaneo, così da poter essere immediatamente disponibili per la
traduzione di segmenti identici o simili. Alla fine della traduzione di un
documento il file temporaneo viene cancellato. La traduzione completata
costituisce insieme al testo di partenza una coppia di testi di riferimento per
le traduzioni successive.
157
Fig. 4: File di riferimento
Strumenti per la localizzazione del software
Per la traduzione di software, soprattutto per le interfacce utente con
finestre di dialogo, menu e avvisi di sistema, sono disponibili degli appositi
strumenti. Con questi possono essere elaborate principalmente le
158
componenti di un prodotto software, nelle quali, oltre alla traduzione degli
elementi testuali, vi è bisogno di adattare anche i pulsanti e altri elementi
grafici.
La figura 5 illustra la possibilità di elaborare con uno strumento di
localizzazione gli elementi di una finestra di dialogo.
Fig. 5: Traduzione di una finestra di dialogo con uno strumento per la
localizzazione di software.
Con questi strumenti si archiviano le unità di partenza e le loro
traduzioni in liste tabellari, che possono essere impiegate per esempio come
una sorta di memoria traduttiva per la traduzione di nuove versioni. Anche
nel caso di una successiva correzione nel corso di un progetto di
localizzazione queste liste di traduzione possono essere utilizzate per
159
realizzare delle pre-traduzioni degli elementi inalterati.
Il lavoro con questi strumenti consente di visualizzare già durante il
lavoro gli effetti della traduzione sull’aspetto delle finestre di dialogo ed
eventualmente di adattare gli elementi grafici.
Modalità di impiego
Le memorie traduttive propongono delle traduzioni per i segmenti
(unità di traduzione) che in forma identica o simile sono già stati tradotti.
Questo significa che per l’elaborazione con questi strumenti si adattano
principalmente quei documenti che sono relativamente ridondanti oppure
che presentano forti somiglianze con documenti tradotti in passato. Il primo
caso è certamente quello della documentazione tecnica, nella quale si
ripetono spesso passaggi di testo e istruzioni identici o leggermente
modificate, così che attraverso l'impiego di una memoria traduttiva le stesse
istruzioni sono tradotte sempre nello stesso modo.
La documentazione dei software
Il secondo tipo di documenti si ritrova anch’esso spesso nella
documentazione tecnica – soprattutto nella traduzione del software – nei
casi in cui vengono pubblicate regolarmente versioni aggiornate. Un caso
simile si presenta anche quando per un prodotto tecnico si redigono testi
con finalità differenti: la documentazione stampata o la guida in linea.
In tutti questi casi la combinazione di una memoria traduttiva e una
banca dati terminologica garantisce una traduzione unitaria e coerente degli
elementi testuali ricorrenti. Questi strumenti non sono certo adatti per i testi
nei quali sono in primo piano la variazione stilistica e la creazione
espressiva.
160
I suddetti requisiti nei testi in lingua di partenza vengono soddisfatti
naturalmente anche e soprattutto dalle componenti dei prodotti software.
Menu, finestre di dialogo, avvisi di errore, guide in linea e la
documentazione stampata contengono tutti unità traduttive che si ripetono
in ognuna delle tipologie testuali. Al fine di ottenere una presentazione
coerente del prodotto, tutte le unità traduttive dovrebbero essere tradotte
possibilmente nello stesso modo.
Tenendo conto del breve ciclo di vita dei prodotti software bisogna
presupporre che ogni anno, o almeno ogni due anni, una nuova versione di
un prodotto venga immessa sul mercato, e che quindi debba essere
localizzata. I suddetti strumenti specializzati per la localizzazione del
software dispongono di funzioni di memoria traduttiva per la traduzione
delle componenti software. Ma nella maggior parte dei casi una traduzione
della documentazione attraverso questi pacchetti software non è possibile
oppure è possibile solo con molte complessità.
Per consentire una comoda traduzione della documentazione tecnica
di un’interfaccia bisogna esportare le liste di traduzione dallo strumento di
localizzazione ed importarle in una memoria traduttiva.
Interfacce ibride
Esitono già i primi tentativi per lo sviluppo di un’interfaccia ibrida tra
uno strumento per la localizzazione e un sistema di traduzione integrato.
Ma se si vuole evitare di dover passare da uno strumento all’altro durante
l’elaborazione di un progetto di localizzazione c’è naturalmente la
possibilità un po’ meno comoda di elaborare nel editor del sistema di
traduzione integrato i file risorsa (solitamente file RC o DLG) in formato
“solo testo”. Per questo scopo i sistemi dispongono – come per i formati
DTP – di appositi filtri che possono identificare e proteggere il codice del
161
programma contenuto nei file risorsa.
Testo di partenza
In generale anche la formulazione dei testi di partenza riveste un ruolo
importante nell'impiego di strumenti per la traduzione. Se in due diverse
versioni di un documento di partenza, magari redatte da due autori
differenti, due informazioni contenutisticamente identiche sono formulate
in modo distinto, gli strumenti per la traduzione potrebbero non riconoscere
la corrispondenza esistente. Una traduzione coerente e unitaria di questi
passaggi non è quindi garantita.
Spesso nella prassi si inizia una traduzione di una documentazione
tecnica o di un prodotto software ancora prima che la versione originale sia
completata in maniera definitiva. Perciò è particolarmente importante che
le modifiche successive al testo di partenza possano essere trasposte nella
traduzione possibilmente senza grosse perdite di tempo. Innanzitutto gli
autori del testo di partenza devono garantire che siano apportate delle
modifiche solo ai passaggi nei quali questo è assolutamente necessario.
Quando quindi la prima stesura del documento e la rispettiva traduzione è
archiviata nella memoria traduttiva (oppure nelle liste di traduzione degli
strumenti di localizzazione), nella nuova versione possono essere sostituite
in maniera relativamente rapida tutti i segmenti di partenza invariati con i
corrispettivi segmenti di arrivo contenuti nella memoria. Il traduttore deve
quindi solo passare ai segmenti nuovi modificati – gli strumenti dispongono
di opzioni specifiche – e comporre la loro traduzione.
Adozione incontrollata delle proposte
Anche quando in un documento vi sono una grande quantità di
segmenti identici, l’adozione incontrollata delle proposte di traduzione
dalla memoria non è priva di problemi almeno durante la prima stesura
162
della traduzione del documento. Poiché le traduzioni registrate nelle
memorie traduttive non appartengono sempre ad un solo traduttore e non
sempre la loro qualità può essere accettata, il traduttore competente
dovrebbe revisionare le proposte prima di adottarle nella sua traduzione. In
caso contrario proprio nei documenti che contengono un gran numero di
questo tipo di passaggi gli errori fatti una volta si possono moltiplicare
continuamente.
Revisione
Di conseguenza in ogni progetto di traduzione dovrebbe essere
eseguita una fase di revisione finale, anche per far fronte al rischio che la
procedura improntata alla traduzione segmento o frase, alla quale può
indurre l'utilizzo acritico di tali strumenti, produca imperfezioni relative
alla coesione e alla coerenza tra i segmenti. Questa fase di revisione finale
non dovrebbe in ogni caso avvenire al di fuori dello strumento di
traduzione, di modo che le ultime modifiche siano salvate nel documento e
integrate nella memoria traduttiva. Solo dopo la revisione dovrebbe
avvenire la ripulitura (“clean up”) del documento e l’esportazione dal
sistema di traduzione integrato.
Specialmente quest’ultimi aspetti dovrebbero aver chiarito che
l’impiego di strumenti per la traduzione può essere una garanzia per la
qualità della traduzione e determinare un aumento della produttività solo
quando sono maneggiati da esperti con alle spalle una specifica
formazione, ossia da traduttori che dispongono oltre che di una certa
dimestichezza con gli strumenti anche della necessaria competenza
linguistica e traduttiva.
163
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Università degli Studi “G. d`Annunzio” Chieti-Pescara