Università degli Studi “G. d’Annunzio” Chieti-Pescara Facoltà di Lingue e Letterature Straniere Corso di Laurea in Traduttori e Interpreti TESI DI LAUREA LA TRADUZIONE DIGITALE Temi e problemi della traduzione per il World Wide Web Relatore: Prof. Renzo D’Agnillo Correlatore: Prof. Ottavio Ricci Candidato: Giovanni Battista Moroni Anno accademico 2004/2005 INDICE INTRODUZIONE......................................................................................... 3 La rivoluzione digitale ............................................................................... 3 Computer e traduzione ............................................................................... 4 La localizzazione........................................................................................ 6 La traduzione digitale................................................................................. 9 INTERNET ................................................................................................. 11 Dalle origini ad Arpanet ........................................................................... 11 Arpanet ..................................................................................................... 13 L’esplosione di Internet ............................................................................ 15 INTERNET E LA QUESTIONE DELLA LINGUA.................................. 18 Interferenze linguistiche........................................................................... 18 McLanguage............................................................................................. 20 Un cambiamento di tendenza ................................................................... 21 IL WORLD WIDE WEB, UN IPERTESTO ELETTRONICO.................. 25 Il Web come ipertesto multimediale......................................................... 26 Il testo digitale .......................................................................................... 29 Il codice .................................................................................................... 31 IL LIVELLO PROFONDO DEL TESTO DIGITALE ............................... 34 Breve introduzione al linguaggio HTML................................................. 36 Gli elementi invisibili............................................................................... 38 Strumenti di traduzione assistita .............................................................. 39 LA TRADUZIONE AUTOMATICA.......................................................... 41 L’utilità della traduzione automatica........................................................ 42 La traduzione automatica online .............................................................. 45 TRADURRE PER IL WEB ........................................................................ 50 La fedeltà della traduzione ....................................................................... 50 Tre approcci alla realizzazione di siti multilingue ................................... 53 Tradurre le interfacce ............................................................................... 58 SCRIVERE PER IL WEB........................................................................... 63 Scrivere per motori di ricerca................................................................... 64 Strutturazione del testo............................................................................. 67 Il registro del discorso: tra oralità e scrittura ........................................... 70 CONCLUSIONE......................................................................................... 74 ARTICOLI TRADOTTI ............................................................................. 80 Translation versus Localization ............................................................... 81 Traduzione e localizzazione ..................................................................... 85 1 Translation Technology ............................................................................ 89 Tecnologia per la traduzione .................................................................... 94 The Localisation Industry......................................................................... 99 L’industria della localizzazione.............................................................. 105 Localisation Project Models................................................................... 112 Modelli di progetti di localizzazione...................................................... 116 Softwarelokalisierung............................................................................. 120 La localizzazione del software ............................................................... 128 Automatisierte Übersetzung................................................................... 136 La traduzione automatizzata................................................................... 151 BIBLIOGRAFIA....................................................................................... 164 2 INTRODUZIONE La rivoluzione digitale L’influsso delle tecnologia sulla vita quotidiana fa sorgere una varietà di questioni e di problemi, nonché emozioni contrastanti. Mentre alcuni, affascinati dall’era digitale, hanno adottato la tecnologia come un nuovo stile di vita, altri sull’onda dello scetticismo diffidano di un futuro nel quale le macchine potrebbero invadere la nostra privacy. Maurizio Decina sintetizza questa preoccupazione in una battuta: “Anno 2013, una bambina si rivolge alla mamma e chiede: ‘Mum! Mum! What does privacy mean’?”1 Indipendentemente da quale atteggiamento assumiamo in riguardo a questa questione, è evidente che le nuove tecnologie stanno producendo una serie di cambiamenti in tutti i settori della società, e che, di conseguenza, anche la traduzione ne è inevitabilmente coinvolta. La rivoluzione digitale è un processo di trasformazione che è cominciato attorno alla metà del novecento con la costruzione dei primi elaboratori elettronici. Assume dimensioni economiche e internazionali già negli anni settanta, continua la sua crescita durante gli anni ottanta, per affermarsi come vera e propria “rivoluzione industriale” negli anni novanta. Il primo computer, infatti, risale intorno al 1945 quando due fisici e un matematico all’università della Pennsylvania invetarono ENIAC (Electronic Numerical Integrator and Computer), il primo vero calcolatore elettronico della storia. Si trattava di un mostro di 30 tonnellate che faceva uso di schede perforate e necessitava di molto tempo per l’immissione dei dati. Le prime generazioni di computer erano troppo grandi, complessi e costosi per avere un reale influsso sulla vita quotidiana. Non solo erano 1 Maurizio Décina, “Il futuro delle reti”, intervento alla conferenza La rivoluzione digitale. Come cambia la nostra vita e quali regole per tutelarla, Autorità per le Garanzie nelle comunicazioni, 16 ottobre 2003. 3 inaffidabili, ma avevano anche poca memoria e consumavano grandi quantità di energia anche per piccole operazioni. La rivoluzione si ebbe con l’avvento dei microcomputer che presto avrebbero assunto la forma del Personal Computer di IBM e del Macintosh di Apple. Dischi più piccoli con maggiore capacità di memoria, nuovi linguaggi di programmazione, processori più veloci, software sempre più sofisticati e sistemi operativi di sempre più facile utilizzo, tutto a prezzi accessibili, hanno favorito la maggiore diffusione dei computer anche per uso privato. L’ultimo gradino evolutivo è stato raggiunto con Internet. Ideato dalla DARPA (Defense Advanced Research Project Agency) come sistema di comunicazione capace di resistere ad una guerra nucleare, si è sviluppato come medium per una comunità globale virtuale. I nuovi standard e protocolli per la trasmissione di dati, insieme agli ipertesti e i browser hanno trasformato i computer da una moltitudine di macchine isolate sparse per tutto il mondo in un’unica comunità interconnessa. Computer e traduzione L’avvento dei primi computer fece nascere subito l’idea di utilizzarli per tradurre. I primi tentativi nella traduzione automatica furono compiuti già negli anni Cinquanta ed erano connessi a grandi speranze. All’iniziale entusiasmo seguì presto il disincanto. Ci si rese conto che i computer non erano in grado di infrangere le barriere linguistiche. Si arrivò alla conclusione che la traduzione automatica era più costosa, più lenta e meno precisa dei metodi tradizionali e che non vi era una reale prospettiva di renderla utilizzabile. Ci si rivolse quindi più intensamente allo sviluppo di sistemi che potessero facilitare la traduzione umana. Nonostante il fallimento della traduzione automatica così come era stata immaginata inizialmente, i computer si sono rivelati degli strumenti 4 preziosi. In alcuni casi, quando vi è la necessità di fornire un’idea generale del contenuto di un testo, anche la traduzione automatica, seppure con i sui evidenti limiti, ha oggi la sua utilità. Negli ultimi anni la traduzione ha subito delle notevoli mutazioni dovute all’esplosione delle reti informatiche, delle tecnologie digitali e della mutimedialità. L’immagine romantica del traduttore che lavora nella solitudine di una stanza circondato da libri polverosi appartiene irrimediabilmente al passato. Oggi anche i più tradizionalisti non possono rinunciare all’uso del PC. In pochi usano ancora i dizionari nella loro forma cartacea, preferendo la versatilità e velocità di quelli digitali. Molto diffusi sono anche i sistemi di traduzione automatica e assistita, oltre che l’uso di strumenti online come i newsgroup, le mailinglist, le banche dati terminologiche, ecc. Lo sviluppo di sempre nuovi strumenti elettronici disponibili ha provocato un drastico mutamento della pratica della traduzione. Per restare competitivo sul mercato il traduttore è costretto ad apprendere come integrare queste nuove risorse nel processo traduttivo. Si pensi ad esempio alle possibilità offerte ad un traduttore professionista: consultare banche dati e giornali scientifici in formato elettronico, trasferire file di testo o immagini, svolgere ricerche, ottenere software di vario tipo, reperire anticipazioni sui congressi internazionali, visionare offerte di lavoro. Al tempo stesso, però, la rivoluzione digitale ha rinnovato anche il modo di comunicare. I nuovi canali della comunicazione hanno imposto un uso nuovo della lingua. In particolare, l’utilizzo della rete ha introdotto modalità di interazione assai diverse rispetto alla comunicazione faccia-afaccia, trasformando inoltre il rapporto esistente tra soggetto e tecnologie informatiche. Il computer ha infatti gradualmente perso la propria centralità, trasformandosi sempre più da archivio e calcolatore ad uno strumento di comunicazione. “Il diverso supporto tecnologico produce 5 nuove forme di lingua, ad esempio, i messaggi di posta elettronica hanno caratteristiche intermedie tra la comunicazione telefonica e lo scambio epistolare.”2 Le comunità virtuali di utenti in Internet hanno sviluppato delle convenzioni comunicative peculiari. Si pensi a tutti i neologismi, gli acronimi, le abbreviazioni, gli emoticon, l’uso delle maiuscole e delle minuscole etc. Tutto questo ha chiaramente implicazioni importanti per la traduzione. Inoltre nello spazio virtuale di Internet le distanze acquistano un altro valore. Lingue e culture diverse, distanti fra loro migliaia di chilometri, si incontrano ormai quotidianamente attraverso la rete. D’altra parte, però, lo sviluppo tecnologico non è stato in grado di superare le barriere linguistiche. L’inglese, che finora e stata la lingua franca anche per le comunità virtuali, sta perdendo per vari motivi questo suo ruolo. Contestualmente si assiste ad un aumento del bisogno di mediazione linguistica e culturale che ha generato un nuovo settore della traduzione, la localizzazione, e un mercato estremamente redditizio. Secondo i dati forniti dalla LISA (Localisation Industry Standards Asssociation), l’associazione che raggruppa tutti i principali operatori del settore, l’industria della localizzazione è capace di generare un volume d’affari globale di 15 miliardi di euro3. La localizzazione La crescente tendenza dei mercati e delle imprese ad operare a livello mondiale, travalicando i confini nazionali, unitamente alla maggiore diffusione dei PC negli uffici e nelle case, ha determinato l’espansione del mercato della traduzione soprattutto nel segmento informatico. Da diversi anni ormai il mercato della localizzazione dei software e dei siti web 2 Federico Zanettin, “Testi elettronici e traduzione ipermediale”, Intralinea, vol.2 1999 Deborah Fry, Localization Industry Primer, LISA, Lenchy, 2003, trad. it. L’industria della localizzazione, LISA, Lenchy, 2003, p.6. 6 3 continua a registrare forti tassi di crescita, offrendo ai traduttori dotati delle necessarie conoscenze tecniche interessanti opportunità. Diversamente da quanto accade nel ambito della industria informatica, la localizzazione non riceve a livello accademico la considerazione che meriterebbe. Basti dire che il termine localizzazione è rimasto perlopiù sconosciuto al di fuori della ristretta cerchia degli addetti ai lavori. Per trovare una definizione di tale termine partiamo da quella proposta dalla fonte più autorevole, la LISA: “La localizzazione è il processo mediante il quale un prodotto ideato e sviluppato in un determinato Paese viene poi adattato alle esigenze linguistiche, culturali ed economiche di altri Paesi che ne diventano fruitori, proprio come se tale prodotto fosse stato realizzato in loco.”4 Nonostante il termine localizzazione sia applicabile a tutti i tipi di prodotti, ci si riferisce solitamente in modo specifico alle applicazioni software e ai siti web. Questo tipo di definizione, pur essendo formalmente ineccepibile, crea, a mio avviso, qualche confusione. Infatti, la definizione sopracitata non risulta essere abbastanza chiara per chi si avvicina a questo mondo per la prima volta. Nel spiegare cosa sia la localizzazione gran parte degli autori, ricalcando la formulazione della LISA, tende a mettere l’accento sull’aspetto dell’adattamento linguistico e culturale ad una realtà locale. Ma ponendo la questione in questi termi, viene da chiedersi quale sia la differenza tra localizzazione e traduzione. Come ogni traduttore sa, l’adattamento alla cultura del paese di destinazione fa parte della traduzione in tutti i settori e, per questo, non può essere considerata una peculiarità della localizzazione. Nel tradurre un testo commerciale, giuridico o pubblicitario, ad esempio, una semplice trasposizione letterale da una lingua all’altra sarebbe insoddisfacente: certi concetti, formule o slogan vanno adattati a una diversa realtà sociale, 4 Deborah Fry, Ibidem, p.3. 7 culturale e giuridica. Sembra, perciò, molto più convincente la spiegazione fornita da Alessandra Muzzi, secondo la quale la particolarità della localizzazione sarebbe che i testi da tradurre non si limitino a descrivere una realtà ad essi esterna (come nel caso di un libretto d’istruzioni o un testo giuridico), ma siano essi stessi parte integrante della realtà descritta5. Nei software e nei siti web la componente linguistica è costitutiva del prodotto e ne determina il funzionamento. Questi infatti si sviluppano su due livelli: il primo livello, quello superficiale, è l’interfaccia utente; ad un livello più profondo, “nascosto” all’utente, vi è il codice sorgente, ciò che effettivamente deve essere tradotto o localizzato. In aggiunta va chiarito un’altro fondamentale fattore distintivo della localizzazione. Questa, a differenza della traduzione, è un processo complesso, articolato in fasi distinte di cui la traduzione non è che una componente. La localizzazione è di norma un lavoro di gruppo che coinvolge accanto al traduttore diverse figure professionali. L’intero processo è stato adeguatamente illustrato da Federico Vinci 6 con lo schema in Fig.1: 5 Alessandra Muzzi, “Le sfide della localizzazione”, Tradurre, n.2, gennaio 2001, pp. 3-6. Federico Vinci, “La localizzazione”, in Traduzione revisione e localizzazione nel terzo millennio: da e verso l’inglese, a cura di Claudia Monacelli, Franco Angeli Editore, Milano, 2001, pp. 140-176. 8 6 La traduzione digitale Lasciando da parte la localizzazione di software che pur potendo essere tecnicamente accomunato alla traduzione dei siti web presenta problematiche traduttive completamente differenti, rivolgeremo la nostra attenzione ai testi destinati alla pubblicazione in rete. L’oggetto di questa tesi non è l’intero processo di localizzazione, bensì quella parte di esso che interessa più da vicino il traduttore, in particolare analizzeremo la traduzione di testi elettronici, cioè la traduzione digitale. Un sito web può non contenere soltanto testo, ma è spesso composto anche da immagini, filmati e elementi sonori. I testi digitali in Internet sono soprattutto composti da parole scritte e immagini, ma è possibile ad esempio usare il computer anche come un telefono o una radio, e la sempre maggiore sofisticazione tecnologica permetterà probabilmente un aumento di testi di natura orale. Perciò questa particolare branca della traduzione spesso viene fatta rientrare nella categoria più vasta della traduzione multimediale. Questa posizione non ci trova completamente d’accordo, poiché se è vero che i testi elettronici del Web si uniscono a suoni, immagini, filmati etc., come in tanti altri prodotti multimediali, è pur vero che si basa su linguaggi “sottostanti” particolari che, affinché il prodotto digitale possa essere recepito compiutamente in un’altra lingua devono essere per forza di cose, al pari di qualsiasi altro software, adattati all’orizzonte d’attesa del potenziale ricevente, che come mai prima significa orizzonte d’uso. Il ricevente in questo caso non è più lettore, ascoltatore o spettatore passivo, come il fruitore di traduzione multimediale, ma è utente e quindi partecipante attivo. “Penso che più che di traduzione multimediale sia ormai pertinente parlare di localizzazione multimediale o, meglio, di traduzione digitale, insistendo volutamente sul primo termine del sintagma 9 per sottolineare la centralità dell’elemento linguistico.”7 Questa categorizzazione, comunque, come avremo modo di vedere, non è priva di problemi. Il termine traduzione digitale non distingue un tipo di traduzione secondo una tipologia di testo, come accade normalmente, ma secondo il mezzo attraverso il quale il testo è trasmesso. Quello che la contraddistingue è il fatto che i testi siano redatti e letti esclusivamente attraverso strumenti digitali. La traduzione digitale riguarda un’estrema varietà di tipi testuali, dai testi pubblicitari e informativi a pubblicazioni accademiche a complessi ipertesti letterari. Ciononostante la forma digitale conferisce ai testi delle caratteristiche che li distinguono sia dai documenti a stampa come, per esempio i romanzi, sia da altri testi multimediali come per esempio i film, con evidenti conseguenze per la traduzione che giustificano una tale classificazione. 7 Giovanni Nadiani, “Letteratura elettronica e sua traducibilità. Verso una teoria della traduzione digitale”, Intralinea, vol.6, 2003. 10 INTERNET Internet è un fenomeno che sta assumendo dimensioni ed evidenza assolutamente straordinarie. “Oggi soltanto chi vive nell'isolamento geografico o culturale, oppure rifiuta la stessa idea di progresso al punto di negarlo anche se lo vede, ignora le dimensioni e la portata di un così straordinario fenomeno.”8 Eppure solo in pochi conoscono veramente questo medium, tanto che la stragrande maggioranza dei suoi utenti abituali non sarebbe in grado di spiegare cosa sia Internet e non saprebbe distinguere questo dal Web. Effettivamente può essere molto difficile rispondere a questi interrogativi senza scendere in complicati tecnicismi ed è anche vero che dal punto di vista pratico del utente non è indispensabile saperlo. Il traduttore di testi digitali, però, non può permettersi di porsi così passivamente di fronte a questo fenomeno. Per poter affrontare il problema della traduzione di testi elettronici destinati alla diffusione via Internet, non si può prescindere dal definire più precisamente questo medium al fine di prendere coscienza della sua natura. Per questo sembra opportuno illustrarne almeno a grandi linee la genesi. Dalle origini ad Arpanet Quello che sarà la rete delle reti ha origine già alla fine degli anni cinquanta nel contesto della guerra fredda, nel terrore di una possibile guerra atomica e nella conseguente contesa tecnologica tra gli USA e l’Unione Sovietica. Tuttavia la nascita di Internet non può essere ridotta alla semplice realizzazione di un progetto militare. Infatti, se è vero che il 8 Ignazio Contu, “Finalmente l’hanno capito. Internet fa proprio sul serio”, Telèma, n.21/22, 2000. 11 primitivo impulso allo sviluppo di una rete di comunicazione tra computer distanti venne da ambienti legati all'amministrazione della difesa, la maggior parte delle innovazioni che hanno scandito l'evoluzione della rete sono nate all'interno di libere comunità di ricerca, quasi del tutto svincolate dal punto di vista professionale e intellettuale dalle centrali di finanziamento del progetto9. Il punto di partenza è tradizionalmente collocato nel 1957, in coincidenza di un evento fortemente simbolico: i sovietici mettono in orbita il primo satellite artificiale, lo Sputnik. Il successo tecnologico sovietico costrinse gli Stati Uniti a riaffermare la propria supremazia tecnicoscientifica. Al fine di razionalizzare e accelerare la ricerca in settori dalle possibili ricadute militari si decise di istituire una agenzia unica per la ricerca e lo sviluppo scientifico chiamata ARPA (Advanced Research Project Agency) la cui sede fu stabilita nell’edificio del Pentagono. L’Arpa raccolse alcuni dei migliori scienziati statunitensi, capaci di mettere appunto il primo satellite americano in 18 mesi. Ma poco dopo tutti i programmi aerospaziali furono trasferiti alla NASA e l’ARPA fu obbligata a trovare un nuovo ambito di ricerca. Ci si dedicò quindi alla neonata scienza dei calcolatori, arrivando a concepire l’idea di integrare i computer in una rete. Nel 1959 sulla costa opposta degli Stati Uniti alla Rand Corporation, una azienda californiana legata alla ricerca militare, le cui attività di ricerca e consulenza erano per gran parte commissionate dall’aviazione, venne assunto un giovane ingegnere che aveva lavorato nel settore delle valvole per computer: Paul Baran. Egli fu inserito nella sezione informatica e si mise a studiare un problema a cui già da qualche tempo i tecnici della Rand stavano lavorando: come preservare l’operatività delle telecomunicazioni dell’esercito in caso di attacco nucleare. La risposta di Baran fu che per 9 Carlo Gubitosa, La vera storia di Internet, Apogeo, Milano, 1999. 12 garantire la sicurezza di una rete, questa dovesse avere una configurazione decentralizzata e ridondate, ossia era necessario creare una infinità di strade alternative per la circolazione dei dati, in modo che la distruzione di uno o di molti dei nodi funzionanti non interrompesse il flusso delle informazioni all’interno della rete. L'assenza di un nodo centrale avrebbe eliminato ogni possibile obiettivo strategico, la cui distruzione avrebbe potuto compromettere il funzionamento dell'intero sistema. A tal fine il sistema di telecomunicazioni doveva, però, basarsi sulle nuove macchine di calcolo digitale, in grado di applicare sistemi di correzione degli errori e scelta dei canali di comunicazione. Lo stesso Baran ebbe anche un'altra intuizione geniale: piuttosto che inviare un messaggio da un nodo all'altro come un unico blocco di bit, è meglio dividerlo in parti separate, che possono viaggiare attraverso vari percorsi verso la destinazione, dove sarebbero ricomposti. Le sue idee incontrarono, tuttavia, lo scetticismo della comunità scientifica, che non riteneva il progetto tecnicamente realizzabile, e l’aperta ostilità della compagnia telefonica AT&T che sarebbe dovuta essere la principale destinataria del progetto. Baran era ormai stato costretto ad accantonare il suo progetto, quando nel 1965 a Londra il fisico inglese Donald Davies in modo del tutto indipendente pervenne a conclusioni simili a quelle dello scienziato americano. Tutte queste idee e intuizioni teoriche, elaborate in sedi diverse e indipendenti, confluirono pochi anni dopo nel progetto Arpanet, la progenitrice di Internet. Arpanet Nel 1963 Bob Taylor entrò a far parte dell’ARPA. Fu lui a promuovere un progetto volto a consentire la comunicazione e lo scambio di risorse tra i computer dei vari laboratori universitari finanziati dall’agenzia. 13 Taylor chiamò a sovrintendere gli aspetti tecnici del progetto Larry Roberts. Per molti mesi il problema del progettare una rete abbastanza affidabile e veloce da permettere l’elaborazione interattiva a distanza rimase insoluto. Finché nel 1967 Roberts partecipò a una conferenza alla quale intervenne un collaboratore di Donald Davies che illustrò i principi elaborati autonomamente dal ricercatore inglese e da Baren. Fu finalmente la svolta: Roberts elaborò un progetto della rete, facendovi confluire tutte quelle idee che erano rimaste nell’aria per oltre un decennio. Dunque, se è vero che l’idea della rete nacque in un contesto militare, la diffusa opinione che essa dovesse fungere da strumento di comunicazione sicuro tra i centri di comando militari nell'evenienza di una guerra nucleare è frutto di un equivoco storiografico. In realtà l'obiettivo perseguito da Bob Taylor era di aumentare la produttività e la qualità del lavoro scientifico nei centri finanziati dall'ARPA, permettendo ai ricercatori universitari di comunicare e di condividere le risorse informatiche, a quei tempi costosissime e di difficile manutenzione. Parte dell'equivoco circa le origini belliche della rete deriva dal fatto che nella stesura delle specifiche Larry Roberts riprese le idee elaborate da Baran all'inizio degli anni sessanta.10 La rete Arpanet cominciava a crescere. I nodi nel 1971 erano diventati quindici e gli utenti alcune centinaia. L’applicazione che ebbe la maggiore influenza nell’evoluzione della rete fu la posta elettronica. Nel giro di pochi mesi tutti coloro che avevano accesso alla rete iniziarono ad usarla per scambiarsi messaggi di tutti i tipi: da quelli di lavoro a quelli personali. La rete dell'ARPA era divenuta un sistema di comunicazione tra una comunità di giovani ricercatori di informatica. Intorno alla posta elettronica crebbe anche il fenomeno del software gratuito. Infatti ben presto cominciarono ad 10 Marco Calvo, Gino Roncaglia, Fabio Ciotti, Marco Zela, Internet 2004, Laterza, Roma-Bari, 2004. 14 apparire programmi per leggere i messaggi sempre più raffinati e dotati di funzionalità evolute, che venivano liberamente distribuiti. Il problema che ci si poneva adesso era quello di come far comunicare tra loro reti basate su tecnologie diverse. Se ci si fosse riusciti, sarebbe stato possibile diffondere le risorse disponibili su Arpanet a una quantità di utenti assai maggiore. E i risultati non si fecero attendere troppo a lungo. I primi esiti della ricerca furono pubblicati nel 1974 in un articolo in cui comparve per la prima volta il termine “internet”11. Le ripercussioni di tale articolo furono enormi. Ben presto numerosi ricercatori iniziarono a perfezionare le proposte iniziali e a sperimentare varie implementazioni. Nel frattempo Arpanet continuava la sua espansione, sia come diffusione sia, soprattutto, come servizi e applicazioni che venivano sviluppati. Nel giugno del 1975 si creò il primo gruppo di discussione basato sulla posta elettronica. I temi che vi si discutevano erano di ambito tecnico, ma non mancarono scambi di messaggi dedicati a fatti di attualità. Sulla base di un sistema di comunicazione interattivo fondato sui computer si era costituita una vera e propria comunità intellettuale. L’esplosione di Internet Il successo di Arpanet nella comunità scientifica aveva dimostrato ampiamente i vantaggi che l’attività di ricerca poteva trarre dalle reti di comunicazione telematica. Tuttavia alle soglie degli anni ottanta delle centinaia di dipartimenti di informatica solo quindici avevano il privilegio di poter accedere alla rete. Negli anni ottanta si diffondono reti meno costose tra le università americane. Tutte queste nuove reti, pur avendo adottato internamente tecnologie diverse rispetto a quelle di Arpanet, potevano comunicare con 11 Vinton Cerf e Robert Kahn, “A Protocol for Packet Network Internetworking”, IEEE Transaction on Communication, 1974. 15 essa. Ben presto anche altri paesi occidentali iniziarono a creare reti di ricerca. Intorno alla rete dell’ARPA andava prendendo forma una sorta di rete delle reti. Per molti anni la rete era stata uno strumento nelle mani di poche migliaia di studenti e ricercatori di informatica. Ma la diffusione che seguì aveva aumentato radicalmente il numero degli utenti. Questo determinò agli inizi degli anni novanta una profonda trasformazione dei servizi di rete e la comparsa di una serie di nuove applicazioni decisamente di più facile utilizzo. Soprattutto un sistema sviluppato dai laboratori informatici del CERN a Ginevra cominciò ad attirare l’attenzione degli utenti di Internet. Si trattava del World Wide Web l’invenzione che maggiormente ha contribuito alla diffusione e alla popolarità di Internet. Il primo documento ufficiale in cui si fa riferimento a questo strumento risale al marzo del 198912. In quell’anno Tim Berners Lee, concepì l’idea di un sistema ipertestuale per facilitare la condivisione di informazioni e ne propose lo sviluppo al centro. Nel 1990 lo stesso Lee rendeva pubblico il nome che aveva idea per la sua creatura. 13 Il Web, però, ha bisogno di uno strumento che permetta di navigare tra le sue pagine: un browser. Già l’inventore del Web ne aveva sviluppato uno, ma questo, a causa della sua difficoltà di utilizzo rimase limitato nella sua diffusione. Un primo aiuto in questo senso venne nel 1992 da Marc Andersen che sviluppò un browser web grafico: nacque così Mosaic. Fu una vera e propria rivelazione per la comunità degli utenti Internet che nel giro di pochi mesi attrasse su Wold Wide Web migliaia di utenti. Questo strumento fece emergere un modo nuovo di utilizzare i servizi della rete, completamente svincolato dalla complesse conoscenze tecniche. Grazie a 12 Tale documento è ancora disponibile presso il sito del W3 <http://www.w3.org/History/1989/Proposal.html> 13 Anche questo documento è conservato sul sito del W3 <http://www.w3.org/Proposal.html> Consortium. Consortium. 16 Mosaic e alla sottostante architettura Web, Internet divenne alla portata di chiunque con il minimo sforzo. La semplicità d’uso di Mosaic e le caratteristiche innovative del Web, nel giro di pochissimi mesi, conquistarono tutti gli utenti della rete, dando inizio a un processo di espansione tecnologica senza pari nel passato. Attualmente il numero di documenti presenti sul Web è valutato nell'ordine dei miliardi, e in centinaia di milioni gli utenti che quotidianamente ne fanno uso. Il 2 maggio del 1994 si tenne a Ginevra la prima WWW Conference seguita nell’ottobre da una seconda tenuta a Chicago. Da quei primi incontri si presero le mosse per la fondazione del W3 Consortium, una organizzazione voluta da Tim Berners Lee al fine di gestire in modo pubblico e aperto lo sviluppo delle tecnologie Web. La nuova Internet era ormai pronta a un’ennesima mutazione: da un sistema di comunicazione fortemente radicato nell’ambiente accademico stava per divenire un vero e proprio medium globale. 17 INTERNET E LA QUESTIONE DELLA LINGUA Interferenze linguistiche La rete diventa sempre più un luogo di comunicazione internazionale, ma è anche un luogo di comunicazione multilinguistica? Sembrerebbe proprio il contrario. Fin dagli albori di Internet la lingua dominante del World Wide Web è stata l’inglese. Questo perché inizialmente il Web era sotto il dominio assoluto degli Stati Uniti e solo negli anni novanta Internet ha iniziato ad espandersi anche nei paesi di altre lingue. L’inglese svolge oggi, al pari del latino o del francese nel passato, la funzione di lingua internazionale e la crescente diffusione dei mezzi informatici e di Internet ne ha rafforzato il ruolo. Questa egemonia dell’inglese ha destato non poche preoccupazioni riguardo allo stato di salute delle lingue che subiscono anche e soprattutto a causa di Internet e del Web il suo influsso. “Lo stranierismo è merce corrente [...] altrettanto prevedibile è il loro dilagare nei siti web, che ci autorizza ad individuare una vera e propria invasione, in particolare nei siti settoriali (e privilegiano l’inglese tecnologico, com’è ovvio, quelli d’argomento informatico), senza considerare che la maggior parte dei siti nostrani ha addirittura una versione dei testi in lingua inglese.”14 Nel settore informatico più che in altri si verifica il fenomeno della ripresa pura e semplice del vocabolo straniero, che non viene né tradotto né adattato alla lingua d’arrivo. Il tema del possibile decadimento dell’italiano non nasce certo con la diffusione di Internet, ma i molti prestiti non o poco adatti (o forse a volte male adattati) entrati nell’italiano attraverso il gergo informatico hanno rianimato la discussione. “Da anni infatti si discute se sia doveroso tradurre 14 Andrea Masini, “L’italiano contemporaneo e la lingua dei media”, in La lingua italiana e i mass media, a cura di I. Bonomi, A. Masini e S. Morgana, Carocci, Roma, 2004, p. 21. 18 i termini stranieri in (buon) italiano, o se viceversa sia lecito lasciarli nella lingua originale o al limite italianizzarli alla meno peggio.”15 Nella rete sono frequenti i dibattiti su questo argomento, che evidenziano come in ambito informatico sia diffuso l’uso di prestiti anche quando esiste un termine italiano equivalente, e che lamentano l’utilizzo sempre più frequente di neologismi grossolani come “scannare” (nel senso di digitalizzare, leggere con lo scanner) e “scannerizzazione”, anziché i più eleganti “scandire” e “scansione”. Comunque in genere i linguisti non ritengono che i prestiti siano di per sé un rischio per la lingua. Marazzini, per esempio, sostiene che i prestiti “possono essere interpretati come un segno di vitalità”16 e De Mauro esclude decisamente che gli anglicismi entrati nell’uso della lingua italiana (e i forestierismo in genere) costituiscano un pericolo per la lingua: “da quando sono documentate, le seimila diverse lingue del mondo, anche le più consolidate ed egemoni, hanno conosciuto e conoscono fenomeni di interscambio e globalizzazione.” 17 Vi è qualche dissenso sul numero delle parole entrate in italiano dalle lingue straniere come prestiti non adattati. Ed è discutibile se i derivati degli anglicismi siano essi stessi dei forestierismi.18 Comunque il numero dei prestiti, confrontato con la ricchezza lessicale globale della lingua italiana, è talmente esiguo da non poter giustificare l’insorgere di irragionevoli timori. Inotre sembra che la diffusione dei mezzi di comunicazione globale come Internet non abbiano, almeno finora, aumentato significativamente il numero dei forestierismi. “Se si confrontano i neologismi entrati nell'italiano negli anni '90 con quelli dei 15 Cristina Cona, “Non dimentichiamo la nostra lingua”, Interalia, Settembre 2002. p.8. C. Marazzini, Da Dante alla lingua selvaggia, Carocci, Roma 1999. p. 225. 17 Tullio De Mauro, “Ogni lingua è globale, ciascuna a proprio modo”, Telema n.11, 1997. 18 Gusmani lo nega, ritenendo del tutto improprio attribuire l’etichetta di prestito ai termini derivati. Così facendo si renderebbe la definizione di prestito talmente generica da risultare scarsamente utile. Si potrebbe infatti concludere, che tutto il patrimonio di una lingua e dovuto a prestito, essendo stata ciasuna parola,una volta, un prestito. 19 16 decenni immediatamente precedenti si notano diverse costanti: il numero di parole nuove entrate nella lingua è quasi identico ed è stabile il rapporto tra neologismi sintagmatici, creati cioè con materiale interno alla lingua, e forestierismi. In altre parole, negli ultimi quarant'anni non c'è stata un'accelerazione nell'acquisizione di forestierismi.”19 McLanguage Va altresì osservato che la contaminazione delle lingue per via telematica non avviene a senso unico, ossia non è solo l’inglese a influenzare le altre lingue, ma anch’esso è influenzato della lingue delle culture con cui entra in contatto. Il linguaggio informatico, di Internet e del Web non è più inglese ma si è evoluto in un “tecno-esperanto”, cioè “una macedonia di parole che fondono latino-grecismi e parole inglesi irrompendo sulla scena linguistica nei più diversi paesi compresi quelli anglofoni di qua e di là dell’Atlantico”.20 Può darsi che questo tranquillizzi qualche purista che pretende di trascinare sul banco degli imputati il malvagio inglese, reo di invasione della presunta purezza dell’italiano e di altre lingue. Ma, d’altro canto, in questo modo si apre un’altra questione: la “salute” dell’inglese. Il Web, essendo un fenomeno di portata globale che tende a livellare le differenze tra le culture che in esso si incontrano per permettere una migliore (o una più facile e immediata) comunicabilità, è spesso ritenuto responsabile da un lato dell’assimilazione delle diverse lingue all’inglese, e dall’altro del appiattimento dell’inglese ad un esperanto privato della sue radici culturali. Anche questo problema non è certo nato con l’avvento della rete, era già una questione aperta per una lingua che per l’imponente espansione coloniale dell’Impero inglese e per la colossale importanza economica 19 Elisa Ranucci, “I neologismi nell’italiano contemporaneo”, Interalia, Settembre 2001, p.1415. 20 Tulio De Mauro, “La telelingua è il vero esperanto”, Telèma n.2, 1995. 20 statunitense è parlata come lingua ufficiale in 52 paesi e da 1,7 miliardi di persone in tutto il mondo. La nuova tecnologia non ha fatto altro che acutizzare il problema e di imporlo di nuovo alla nostra attenzione. Mary Snell-Hornby sostiene che nel caso della lingua parlata in Internet si tratta di un inglese che non si conforma più alle regole e le norme di una varietà nazionale alla quale dà il nome di McLanguage.21 Questa sarebbe un tipo particolare di inglese americano, semplificato e privato della sua ricchezza stilistica e lessicale e, con l’ausilio di abbreviazioni, icone, acronimi e grafici, fatto su misura per essere “consumato” velocemente. Questa lingua, che funziona da denominatore comune per la comunicazione interculturale, fa spesso uso del registro colloquiale e tende a non rispettare rigidamente le prescrizioni grammaticali. I paesi di lingua inglese, anche in epoca coloniale, hanno sempre adottato una politica linguistica tutt’altro che puristica. Questo da un lato ha favorito la sua espansione, facilitandone l’apprendimento da parte di popolazioni di lingue diverse, dall’altro ha determinato una particolare apertura alle innovazioni e agli influssi esterni che ha fatto sorgere numerose varietà regionali. La Mclanguage ha d’altronde molti tratti comuni con l’inglese dei scrittori Africani postcoloniali. Questi scrivono in inglese ma pensano nella loro madrelingua, cioè traducono costantemente da una lingua all’altra, esattamente come fanno molti utenti web. Il risultato è una lingua comprensibile a tutti ma piena di interferenze locali. Un cambiamento di tendenza Ora però assistiamo ad un ulteriore mutamento della situazione: lentamente ma inesorabilmente altre lingue cominciano a impossessarsi del 21 Mary Snell-Hornby, “Comunicating in the Global Village: On Language, Translation and Cultural Identity”, Current Issues in Language & Society, vol.6, n.2, 1999, pp. 103-119. 21 Web scalzando l’inglese dalla sua posizione dominante e rivendicando la loro autonoma importanza in un mondo globalizzato. Se nel 1998 il 75% delle pagine web erano in inglese, negli ultimi anni l’aumento degli utenti di lingue diverse dall’inglese è cresciuto vertiginosamente: sono passati nel giro di pochissimo tempo dal 10% al oltre il 50%. Secondo degli studi condotti nel 2002, più della metà degli utenti Internet non sono di madre lingua inglese e la maggior parte dei documenti è pubblicata in una lingua diversa dall’inglese. Gli ultimi studi indicano che il numero degli utenti di lingua inglese è sceso quasi a un terzo degli utenti totali. 10,1% Inglese 1,7% Cinese 3,1% Spagnolo 3,8% 35,2% 3,9% Giapponese Tedesco 4,2% Francese Coreano 6,9% Italiano Portoghese 8,4% 9,0% 13,7% Olandese Altro Figura 1: Utenti web suddivisi per lingua (Settembre 2004) 22 Anche se l’inglese continua ad essere di gran lunga la lingua più usata nella rete e molti utenti di Internet sono in grado almeno di comprenderlo, rimane fuor di ogni dubbio che un sito nella lingua madre dei suoi visitatori è molto più attraente e di più facile utilizzo. Gli utenti tendono a passare più tempo e sono più propensi ad 22 Fonte: Global Reach <http://global-reach.biz/globstats> [Ultimo accesso settenbre 2004] 22 acquistare prodotti in siti nella loro lingua madre. Le aziende che vogliono sfruttare al medio i vantaggi del mercato globale e di Internet, perciò, devono assolutamente superare la barriera linguistica che li divide dai loro potenziali clienti. I primi ad accorgersi di questo aspetto sono stati i gestori dei portali, che hanno prontamente reagito mettendo a disposizione i loro servizi in molte lingue diverse e offrendo gratuitamente sistemi di traduzione automatica online. Per esempio, sia AltaVista che Yahoo! permettono la traduzione automatica di interi siti. In questo modo è stata riportata alla ribalta la questione della traduzione automatica immediata. In un ambiente (quello di Internet) dove ogni minuto di connessione ha un costo, è ovvio che si voglia accedere alle informazioni nel minor tempo possibile. La traduzione che rende fruibile il contenuto di un siti web realizzato in una lingua diversa della propria deve quindi avvenire in tempo reale. Inutile ripetere che le traduzioni così realizzate sono di scarsissima qualità e che si adatta solo come soluzione di emergenza. La soluzione migliore è e rimane che i siti siano direttamente localizzati dai loro realizzatori e che siano disponibili nel maggior numero di lingue possibili. Ed in effetti ci si accorge immediatamente che sono sempre più numerosi i siti multi-lingue. In questo contesto il ruolo del traduttore, già importante di per sé, diventa fondamentale. Nell’era dell’informazione e della comunicazione il traduttore diventa una figura di vitale importanza della società globalizzata. La traduzione dei testi elettronici diventerà sempre più centrale e sempre più la qualità della lingua dipenderà anche dalla qualità delle traduzioni. Sottolineare il ruolo del traduttore si rende necessario anche alla luce delle previsioni via via più insistenti che vedono il traduttore umano diventare superfluo con il progresso nel campo della traduzione automatica. Il pronostico dell’estinzione del traduttore in un futuro non molto lontano 23 non è condiviso da nessun che sia cosciente di quale sia realmente il lavoro del traduttore. Ma se è vero che l’esistenza futura del traduttore allo stato attuale delle cose non è assolutamente in pericolo, è anche vero che questa professione subisce rapidi e profondi mutamenti. Le aspettative nei loro confronti sono cresciute enormemente. A causa del vasto numero di documenti trasmessi per via telematica si pretende che il lavoro sia compiuto a ritmi mai visti prima. Per soddisfare queste esigenze il traduttore deve imparare ad usare gli strumenti elettronici, a lavorare con sistemi di traduzione assistita, a svolgere lavoro di gruppo. I traduttori sono sempre più specializzati in una disciplina, e sempre più spesso in ambiti tecnici. Sono mutate e aumentate anche le responsabilità che gravano sulla figura del traduttore: oggi il traduttore si deve assumere un doppio impegno: ha il compito di favorire e assicurare un processo di globalizzazione nel quale non ci siano emarginati, esclusi dal godimento dei suoi vantaggi; e ha il dovere di preservare la molteplicità delle identità linguistiche e culturali e di impedire che la globalizzazione significhi americanizzazione, o comunque, omologazione culturale. Il traduttore favorisce i contatti e gli scambi pacifici tar le culture e impedisce che le reciproche influenze si risolvano in un appiattimento su un inico modello di vita, valorizzando le differenze tra le culture,che sono la vera ricchezza di un mondo globalizzato. 24 IL WORLD WIDE WEB, UN IPERTESTO ELETTRONICO Il World Wide Web è stato cronologicamente l’ultima funzionalità di Internet ad essere sviluppata e tra tutte le applicazioni disponibili in rete è quella che gode della maggiore diffusione presso gli utenti. Questo strumento ha cambiato decisamente il volto di Internet, rendendo l’interazione con la rete una attività semplice e gradevole. Il Web può essere definito come un’enorme rete di documenti contenenti testi, immagini, ma anche suoni e animazioni distribuiti tra i vari nodi di Internet e collegati tra loro a formare una trama virtualmente infinita. L'architettura originaria del Web è stata sviluppata da Tim Berners Lee. Alla sua opera si devono l'elaborazione e l'implementazione dei principi, dei protocolli e dei linguaggi che ancora caratterizzano questa complessa applicazione di rete. Tuttavia, quando fu concepito, il Web era destinato a una comunità di utenti limitata, non necessariamente in possesso di particolari competenze informatiche ed editoriali, e non particolarmente preoccupata degli aspetti qualitativi e stilistici nella presentazione dell'informazione. Per questa ragione nello sviluppo dell'architettura Web furono perseguiti espressamente gli obiettivi della semplicità di implementazione e di utilizzazione. Queste caratteristiche hanno notevolmente contribuito al successo del Web. Ma con il successo lo spettro dei fornitori di informazione si è allargato: nel corso degli anni il World Wide Web è diventato un vero e proprio ambiente editoriale e di fornitura di servizi avanzati. Ovviamente l'espansione ha suscitato esigenze e aspettative che non erano previste nel progetto originale, stimolando una serie di revisioni e di innovazioni degli standard tecnologici originari. Si è avuto quindi un potenziamento della capacità di gestione e 25 controllo dei contenuti multimediali pubblicati sul Web, e dunque dei linguaggi utilizzati per la loro creazione. In una prima fase un ruolo propulsivo in questo processo fu assunto dalle grandi aziende produttrici di browser. Nel corso degli anni novanta sia Microsoft che Netscape, man mano che nuove versioni dei loro browser venivano sviluppate, introducevano innovazioni ed estensioni, al fine di conquistare il maggior numero di fornitori di servizi e dunque di utenti (infatti le nuove caratteristiche, almeno inizialmente, erano riconosciute e interpretate correttamente solo dai rispettivi browser). Questa corsa all'ultima innovazione, se molto ha migliorato l'aspetto e la fruibilità delle pagine pubblicate su Web, ha rischiato di avere effetti devastanti sull’accessibilità dei contenuti on-line. Per evitare che le tensioni indotte dal mercato limitassero l'universalità di accesso all'informazione on-line, nel 1994 lo stesso Tim Berners Lee promosse la costituzione del World Wide Web Consortium (W3C). L’organizzazione senza fini di lucro, che raccoglie centinaia di aziende, enti, centri di ricerca e singoli specialisti coinvolti più o meno direttamente nel settore delle tecnologie Web, è ufficialmente deputata allo sviluppo degli standard tecnologici per il Web. Il Web come ipertesto multimediale Qualsiasi documento Web presente in rete è potenzialmente accessibile allo stesso modo (attraverso un legame ipertestuale) da qualsiasi altro documento. Inoltre la regnatela globale integra, come abbiamo visto, diverse forme espressive (testo, suoni, filmati). Di conseguenza il Web può essere definito come un ipertesto multimediale: è dunque chiaro che tali concetti delineano la cornice generale nella quale esso e tutte le tecnologie sottostanti si inseriscono. In primo luogo è bene distinguere il concetto di multimedialità da quello di ipertesto. I due concetti sono spesso affiancati e 26 talvolta sovrapposti, ma mentre il primo si riferisce agli strumenti e ai codici della comunicazione, il secondo riguarda la sfera più complessa della organizzazione dell'informazione. Con multimedialità, dunque, ci si riferisce alla possibilità di utilizzare contemporaneamente, in uno stesso messaggio, più linguaggi o codici.23 Da questo punto di vista, possiamo dire che una certa dose di multimedialità è intrinseca in tutte le forme di comunicazione che l'uomo ha sviluppato e utilizzato, a partire dalla complessa interazione tra parola e gesto, fino alla invenzione della scrittura, dove il linguaggio verbale si fonde con l'iconicità del linguaggio scritto, e a tecnologie comunicative più recenti come il cinema o la televisione. Nondimeno l'informatica, riducendo linguaggi diversi ad un unico codice binario (cioè costituito da una serie di 0 e di 1), permette un livello di integrazione fra codici diversi totalmente nuovo: tradizionalmente, i supporti utilizzati per i testi scritti erano diversi, nelle tecnologie impiegate e nei modi di fruizione, dai supporti utilizzati per suoni, da alcuni di quelli usati per le immagini o per i filmati. “La convergenza al digitale rende possibile una integrazione strettissima e totalmente inedita fra codici e linguaggi che eravamo abituati a considerare lontani. E per questa via rende possibile forme di comunicazione nuove, le cui caratteristiche e potenzialità stiamo appena iniziando ad esplorare.” 24 La definizione di ipertesto, invece, richiederebbe una trattazione più estesa. Se ci si occupan un po’ di questo argomento, ci si imbatte inevitabilmente nei nomi di Barthes, Derrida e Genette, in rifeirmento soprattutto alla critica postmoderna. Argomento di questo lavoro è, però, la traduzine dei testi elettronici in rete ed è quindi necessario prendere come 23 Il concetto di multimedialità è più problematico di quanto non appaia qui. Il termine a rigore dovrebbe indicare la molteplicità dei supporti fisici (medium) del messaggio. In realtà, però, si è soliti riferirsi piuttosto al intreccio di più codici espressivi. In questo senso sarebbe più opportuno, come suggerisce Gino Roncaglia, parlare di “multicodicalita”. 24 Fabio Ciotti, Gino Roncaglia, Il mondo digitale. Introduzione ai nuovi media, Laterza, RomaBari, 2000, pp 28-29. 27 punto di partenza una definizione diversa di ipertesto che si riferisce ad un insieme di testi elettronici posti in relazione tra loro in maniera non sequenziale attraverso una serie di riferimenti incrociati. Volendo fornire una definizione più precisa diremmo che esso consiste in una serie di blocchi testuali25 e di una serie di collegamenti e rimandi istituiti fra tali blocchi, fra porzioni di tali blocchi o all’interno di un singolo blocco. La prima formulazione moderna dell'idea di ipertesto si trova in un articolo dell’americano Vannevar Bush, As We May Think26, apparso nel 1945, dove viene descritta una complicata macchina immaginaria, il Memex (contrazione di Memory extension). Si trattava di una sorta di scrivania meccanizzata, dotata di schermi per visualizzare e manipolare documenti microfilmati, e di complicati meccanismi con cui sarebbe stato possibile costruire legami e collegamenti tra unità informative diverse. La sintesi tra le suggestioni di Bush e le tecnologie informatiche è stata opera di Ted Nelson, che ha anche coniato il termine 'ipertesto', agli inizi degli anni sessanta. Nel suo scritto più famoso, Literary Machines27 si descrive un potente sistema ipertestuale, chiamato Xanadu28. L’idea di Nelson è quella di realizzare una rete ipertestuale mondiale, da lui definita docuverso, costituita dall’insieme degli scritti, delle immagini e dei dati conservati in tutto il mondo che possa essere utilizzata da centinaia di milioni di persone. Il progetto Xanadu non è mai stato realizzato concretamente, nonostante i molti tentativi cui Nelson ha dato vita. Ma le sue idee sono confluite molti anni più tardi nella concezione del World Wide Web. 25 I blocchi testuali sono spesso anche chiamati “lessie”, prendendo in prestito il termine usato da Roland Barthes per denotare delle unità di lettura ritagliate all’interno del testo, risultanti dalla scomposizione del lavoro di lettura. Si badi, però, che i concetti di blocco testuale e lessia, così come è intesa da Barthes, non coincidono. Infatti, mentre le lessie sono individuate dal lettore, i blocchi costiutivi del ipertesto sono determinati dall’autore. 26 Vannevar Bush, “As we may think”, Atlantic Monthly, 1945 27 Teodor Nelson, Literary Machines, Mindfull Press, Sausalito, 1992 28 Il sistema ipertestuale prende il nome dal misterioso palazzo nel poema Kubla Kahn del poeta romantico S. T. Coleridge. 28 Nella cultura occidentale, a partire dalla invenzione della scrittura alfabetica, e in particolare da quella della stampa, l'organizzazione dell'informazione in un messaggio, e la corrispondente fruizione della stessa, è essenzialmente basata su un modello lineare sequenziale, su cui si può sovrapporre al massimo una strutturazione gerarchica. Basti pensare ad un libro, esso è una sequenza lineare di testo, eventualmente organizzato come una sequenza di capitoli, che a loro volta possono essere organizzati in sequenze di paragrafi, e così via. La fruizione del testo avviene pertanto in modo sequenziale, dalla prima all'ultima pagina. Il lettore della maggior parte dei testi finora prodotti dalla cultura occidentale inizia a leggere il testo dall'inizio, e prosegue linearmente fino alla fine. A questo modello ci sono ovviamente delle eccezioni. Infatti il concetto di ipertestualità non è completamente nuovo, ma anzi è presente già in molti dei testi stampati. La lettura di un articolo scientifico in una rivista contenete note e rimandi prevede infatti che i lettori si spostino da un blocco testuale ad un altro, e anche il consultare un dizionario mentre si legge un libro è un tipo di lettura ipertestuale. Cionondimeno l’ipertesto è spesso associato al mondo dell’informatica, cioè è quasi sempre pensato come un testo elettronico. In effetti, se è vero che un ipertesto può non essere un testo digitale, è anche vero che nella scrittura tradizionale prevale nettamente la linearità mentre un testo digitale, in special modo un documento web, non può non essere un ipertesto. A differenza della carta stampata i testi elettronici in rete prevedono questa modalità di lettura quasi costituzionalmente29. Quindi il testo digitale viene di fatto a coincidere con un ipertesto elettronico. Il testo digitale Il testo che riceviamo composto su di uno schermo differisce, per 29 Federico Zanettin, “Testi elettronici e traduzione ipermediale”, Intralinea, vol. 2, 1999. 29 diversi punti essenziali, dal testo che leggiamo sulla carta. Innanzitutto, dato un codice sorgente, per arrivare a confrontarci con ciò che questo veicola abbiamo bisogno di un elaboratore che legga il codice e ci restituisca una pagina a schermo, ovvero necessitiamo di una macchina che funga da supporto per ciò che va letto. Fatto questo, ciò che scorriamo è, in effetti, quanto la macchina ha già letto una prima volta. La nostra base di partenza è il prodotto di un'interpretazione già compiuta dalla macchina, che in questo modo diventa una specie di secondo autore (o, se si preferisce, di primo lettore). È possibile quindi distinguere due livelli del testo elettronico: il codice, consistente nella sequenza di caratteri che viene processata dalla macchina e che è effettivamente scritta dall’autore; e l’opera così come appare sullo schermo, ossia il testo come appare al lettore dopo l’interpretazione da parte del computer. Il rapporto che si instaura tra questi due livelli di testo si presenta nella seguente maniera. Quello che può essere definito come il testo vero e proprio è il codice, cioè il livello più profondo del testo elettronico. Questo contiene tutte le informazioni del testo anche quelle che non vengono riprodotte sullo schermo, o che sono visualizzate solo in determinate situazioni. Il codice è il punto di partenza per la realizzazione dell'ipertesto. Il secondo elemento, ciò che appare a schermo, è solo una presenza momentanea, che viene simulata ogni volta che l'apposito programma processa il primo testo. Quando leggiamo un documento digitale, anche se ogni volta che viene visualizzato la macchina ci mostra lo stesso testo, in realtà ci troviamo sempre di fronte a un testo nuovo, un testo riscritto dalla macchina ogni volta di nuovo a partire dal codice sottostante. D’altra parte questo secondo livello è l’unica realtà con cui si misura il lettore ed è l’unico aspetto che il testo elettronico può avere nella fruizione. Il rapporto che lega questi due testi può essere visto, metaforicamente, 30 come se il primo testo, il codice, descrivesse e immaginasse un originale, di cui la macchina crea una copia, il testo a schermo. Da questo punto di vista, un vero testo originale non esiste, ma solo la collezione di copie simulate con cui si interagisce. La nostra esperienza quotidiana con i computer, del resto, ci ha abituato ad un modo di lavorare che sfrutta questa metafora. Usando sistemi operativi dove è possibile aprire più sessioni o più finestre sullo stesso schermo, ad esempio, oppure sfruttando funzionalità come il copia-e-incolla, ognuno di noi ha imparato a considerare lo schermo come quello spazio provvisorio dove si creano legami tra dati memorizzati altrove. Il codice Per quanto riguarda quindi un traduttore che si confronta con un ipertesto, e più precisamente con un documento web, quello che gli interesserà di più non sarà la sua realizzazione momentanea, generata da un progarmma, bensì la sua codificazione che ne rappresenta la realtà stabile. Nel caso concreto di una pagina web, il codice si basa su di un linguaggio di rappresentazione dei documenti in formato elettronico, appartenete alla classe dei linguaggi di marcatura (markup languages) denominato Hypertext Markup Language (HTML). L'espressione markup deriva dall'analogia tra questi linguaggi e le annotazioni inserite da autori, curatori editoriali e correttori nei manoscritti e nelle bozze di stampa di un testo al fine di indicare correzioni e trattamenti editoriali, chiamate in inglese mark-up. In modo simile, i linguaggi di marcatura sono costituiti da un insieme di istruzioni, dette tag (marcatori), che servono a descrivere la struttura, la composizione e l'impaginazione del documento. I marcatori sono sequenze di normali caratteri e vengono introdotti, secondo una determinata sintassi, all'interno del documento, accanto alla porzione di testo cui si riferiscono. 31 HyperText Markup Language (HTML) è il linguaggio attualmente più utilizzato per dare forma ai miliardi di documenti che popolano World Wide Web.30 Come si è detto, si tratta di un linguaggio orientato alla descrizione di documenti testuali, ma integra anche alcune estensioni per il trattamento di dati multimediali e soprattutto di collegamenti ipertestuali. Ad esempio è possibile indicare i diversi livelli dei titoli di un documento, lo stile dei caratteri (corsivo, grassetto...), i capoversi, la presenza di liste (numerate o no). Volendo realizzare un documento ipermediale (cioè un ipertesto multimediale), avremo a disposizione anche marcatori specifici per la definizione dei link ipertestuali e per l'inserimento di immagini. Attraverso i marcatori HTML è possibile anche specificare alcune strutture interattive come moduli di immissione attraverso cui l'utente può inviare comandi e informazioni al server. Lo sviluppo del HTML è stato assai complesso e, soprattutto in una certa fase, piuttosto disordinato. Nella sua prima versione ufficiale, il linguaggio era estremamente semplice, e non prevedeva la possibilità di rappresentare fenomeni testuali ed editoriali complessi. Di conseguenza le sue specifiche hanno subito numerose revisioni che hanno dato origine a diverse versioni ufficiali, nonché a una serie di estensioni introdotte dai vari produttori di browser Web (in particolare, Microsoft e Netscape). Pur se in maniera un po' caotica, questi raffinamenti successivi, accogliendo le sollecitazioni provenienti da una comunità di utenti sempre più vasta e variegata, hanno progressivamente allargato la capacità di rappresentazione del linguaggio, introducendo molti elementi utili a migliorare l'organizzazione strutturale e formale dei documenti. La costituzione del W3C ha permesso di standardizzare in modo definitivo il linguaggio, che è ormai finalmente stabilizzato. Nel dicembre 30 L’HTML è certamente il linguaggio più diffuso, ma non l’unico. Per ovviare ai suoi numerosi limiti è stato sviluppato un (meta)linguaggio più potente e versatile per la creazione di documenti da distribuire su Web, denominato Extensible Markup Language (XML). 32 del 1999, infatti, è stata rilasciata ufficialmente l'ultima versione, denominata HTML 4.01. 33 IL LIVELLO PROFONDO DEL TESTO DIGITALE Ogni documento digitale è costituito da due strati: l’interfaccia utente, ciò che è destinata alla lettura; ed il codice sorgente, il livello più profondo in cui sono contenute tutte le parti del testo e tutte le informazioni strutturali. Come abbiamo visto il primo non è che una rappresentazione momentanea e parziale del testo, mentre il secondo è la realtà stabile con cui il traduttore si deve confrontare. Il codice sorgente è un linguaggio artificiale attraverso il quale il programmatore (in questo caso il webmaster) struttura l’aspetto e il contenuto del prodotto informatico. Esso, quindi, determina l’aspetto esteriore del sito web così come è visto dagli utenti. Bisogna sottolineare il fatto che nel codice sono contenuti anche porzioni del testo che nella pagina web finale non sono immediatamente visibili. Infatti, i documenti digitali, distinguendosi per una certa dinamicità, possono nascondere frammenti anche rilevanti del testo che diventano visibili solo in risposta ad una precisa azione del lettore. Il linguaggio più diffuso nel Web è ancora l’HTML. Anche se si stanno diffondendo linguaggi con maggiori potenzialità, l’universalità e l’accessibilità anche i principianti fa si che l’HTML sia ancora il pilastro portante dello sviluppo Web. Senza nessuna pretesa di completezza ci accingiamo ad introdurre questo linguaggio di marcatura al solo fine di illustrare quali siano le difficoltà tecniche della traduzione digitale che la rendono così diversa dagli altri tipi di traduzione. Abbiamo detto, quindi, che il codice HTML oltre a includere il contenuto dell’ipertesto, ne determina la struttura e la rappresentazione: il linguaggio di marcatura permette di descrivere, usando particolari simboli chiamati tag o marcatori (che sono sempre costituiti da parole, lettere, o 34 altri caratteri stampabili) la struttura di un documento, indicando in modo opportuno l'inizio e la fine di una parola, l'inizio e la fine delle varie parti di cui si compone un documento (paragrafi, sezioni, capitoli), ecc. Quando si accede al testo in rete, le informazioni in esso contenute indicheranno al computer che lo riceve come interpretarlo per visualizzarlo o stamparlo in modo corretto. Per poter accedere al documento autentico così come è stato realizzato dal suo autore bisogna visualizzare dal browser il codice sorgente. Nel esempio seguente (fig. 1) è illustrato il testo HTML “puro”, visualizzato aprendo il file con estensione HTM o HTML con un qualsiasi editor di testo. Figura 1 Come si può vedere, il testo in codice HTML puro apparire a prima vista molto oscuro: ci si ritrova davanti ad una confusione quasi incomprensibile di simboli e caratteri. Per questo motivo e necessario che il traduttore di un testo digitale abbia una buona conoscenza del linguaggio di marcatura adoperato, in modo che riesca a distinguere il testo da tradurre da quello che deve rimanere assolutamente invariato. 35 Breve introduzione al linguaggio HTML Le informazioni che indicano come disporre gli elementi all’interno di una pagina sono contenute in appostiti marcatori, detti tag. I tag sono un insieme di istruzioni che il browser legge in maniera sequenziale, da sinistra a destra, dall’alto al basso, esattamente come nella lettura umana. Le istruzioni sono racchiuse tra parentesi angolari (<tag>) e terminano con lo stesso tag preceduto dal simbolo di chiusura (</tag>). Per esempio: <title>La traduzione digitale</title> Questa istruzione indica al browser che il titolo del documento è “La traduzione digitale”. Partiamo da un esempio semplice di una pagina web per identificare tutti i suoi elementi basilari. <html> <head> <title>La traduzione digitale</title> </head> <body> <font face=Arial size=4> <h1>La traduzione digitale</h1> La traduzione digitale è quel settore della traduzione che si occupa della traduzione di documenti digitali. <br> <a href=“www.unich.it” title=“Clicca per visualizzare il sito UdA”>Sito dell’Università Chieti-Pescara</a> </font> </body> </html> Prendiamo in rassegna ogni elemento del documento appena descritto: I marcatori <html>, <head> e <body> con i rispettivi tag di chiusura indicano rispettivamente l’inizio e la fine del documento HTML, la testa del documento, che contiene informazioni sul documento stesso (per esempio il titolo), e il corpo del testo, cioè il quello che sarà visualizzato 36 nella finestra del browser. Il testo compreso tra il marcatore <title> come abbiamo già detto è il titolo del documento. Esso, facendo parte della testa, sarà visualizzato sulla barra della finestra del browser e non all’interno del documento. Il tag <h1> sta per “heading 1”. Esso marca il testo che all’interno del documento svolge la funzione di titolo del testo. Esso sarà rappresentato con un carattere più grande e in grassetto. Il tipo di carattere e la grandezza del carattere sono determinati dal marcatore <font>. Esso racchiude in se stesso gli attributi “face” (tipo di carattere) e “size” (la grandezza del carattere). Con <br> si indica una interruzione di riga, cioè si manda a capo il testo che segue. Questo è uno dei pochi marcatori che non possiede un rispettivo tag di chiusura. Il marcatore più importante però è quello che permette di stabilire dei collegamenti ipertestuali con altri documenti digitali. Il tag <a> indica la presenza di link e l’attributo “href” (hypertext reference) indica l’indirizzo del documento di destinazione. Figura 2 37 Gli elementi invisibili Tutti i tag descritti sopra devono rimanere invariati nel testo tradotto. Questo vale per tutti i marcatori e per tutti gli attributi, ma non per tutti i valori degli attributi. Tra questi ultimi bisogna, infatti, distinguere quelli traducibili da quelli inalterabili. Per esempio i valori del attributo “align” che determina la posizione di un elemento all’interno del documento possono essere solo “right”, “left”, “center” e “justify” (allineato a destra, a sinistra, al centro o giustificato). La sostituzione di questi valori con degli equivalenti in un’altra lingua avrebbe come effetto che il browser non riconoscerebbe come valido il valore inserito. Al contrario, nel caso dell’attributo “title” del tag <a>, il valore può essere costituito da una stringa (sequenza di caratteri alfanumerici) qualsiasi. In questo caso l’attributo indica il nome assegnato ad un collegamento ipertestuale. Nell’esempio precedente questo valore era “Clicca per visualizzare il sito UdA”. Questa brevissima parte di testo è visualizzato solo quando l’utente posiziona il puntatore del mouse sul collegamento ipertestuale (fig. 3). Se si omettesse la traduzione di questo testo, l’aspetto iniziale del documento risulterebbe invariato ma quando l’utente vorrebbe seguire il rimando ipertestuale verrebbe visualizzato il testo nella lingua originale. La qualità della traduzione sarebbe decisamente scadente. Si capisce quindi perché non è possibile partire dell’interfaccia per tradurre un documento digitale. 38 Figura 3 Strumenti di traduzione assistita Come si è visto dalla figura 1 il codice sorgente potrebbe risultare piuttosto intricato. Spesso i documenti web sono talmente complessi da rendere quasi impossibile la traduzione senza ausili tecnologici. In questi casi uno strumento di traduzione assistita (CAT, Computer-Aided Translation) si rivela utile in quanto consente di formattare opportunamente il documento, per esempio mettendo in particolare rilievo il testo da tradurre. Figura 4 39 La figura 4 mostra un documento HTML dopo la rielaborazione da parte di uno strumento di traduzione assistita. Il programma in questo caso ha attribuito colori diversi ai diversi elementi del documento, facilitando in questo modo la distinzione tra marcatori HTML e il testo della pagina web. Inoltre gli strumenti CAT consentono di tradurre il materiale e di archiviare in appositi file, detti memorie di traduzione (TM, Translation Mermory) le frasi tradotte unitamente a quelle in lingua originale. Con il procedere del lavoro, lo strumento di traduzione assistita verifica se nella memoria è presente la frase da tradurre o una frase simile e, in caso affermativo, presenta la traduzione disponibile unitamente alle eventuali differenze individuate. In questo modo si rende più rapido ed efficiente il processo di traduzione, garantendo al tempo stesso la coerenza terminologica. Questo si rivela particolarmente vantaggioso qualora si traducessero documenti tecnici piuttosto lunghi e complessi che si caratterizzano per la ripetitività della terminologia. Si badi, però, la traduzione assistita si distingue in maniera fondamentale dalla traduzione automatica. Il programma CAT si limita a suggerire possibili soluzioni in base alle traduzione fatte precedentemente e non traduce autonomamente. Gli strumenti CAT non sono che dei semplici ausili alla traduzione umana e non la sostituiscono in nessun momento. La traduzione automatica è ben altra cosa e non risulta essere altrettanto vantaggiosa nella pratica traduttiva. Come vedremo in un altro capitolo, malgrado i notevoli sforzi per sviluppo degli strumenti automatici e nonostante le aspettative spesso esagerate la traduzione automatica al contrario di quella assistita rimane, salvo casi eccezionali, esclusa dall’effettiva pratica della traduzione. 40 LA TRADUZIONE AUTOMATICA “Non esiste civiltà che non abbia una sua versione di Babele, una mitologia della dispersione originaria delle lingue.”31 Da tempo immemorabile ormai l’uomo si interroga sul ruolo negativo dell’isolamento linguistico “e il tentativo di porvi rimedio grazie al ritrovamento o all’invenzione di una lingua comune a tutto il genere umano attraversa la storia di tutte le culture.”32 Oggi il mondo caratterizzato dal processo di globalizzazione percepisce molto più urgentemente di ieri la necessità della ricomposizione delle fratture linguistiche. Ci si è accorti che il villaggio globale ha bisogno di poter comunicare senza ostacoli al di là dei propri confini politici e culturali, ma che ognuno parla ancora rigorosamente solo la propria lingua. L’adozione di una lingua franca, a differenza di quello che si è potuto pensare in passato, non costituisce una soluzione particolarmente allettante. La prospettiva che una lingua diventi il veicolo di tutte le comunicazioni interculturali implica una relazione di dominio sulle altre lingue. Queste finirebbero per essere degradate a lingue di seconda classe e finirebbero a poco a poco per scomparire, portandosi dietro tutta la cultura di cui sono testimoni. Questo è ciò che sta già in parte accadendo a causa del dominio culturale statunitense. Dato il dominio dell’inglese nei prodotti culturali globali, le lingue locali assumono un’immagine di inferiorità. Si teme che delle 6000 lingue attualmente parlate al mondo alla fine del XXI secolo ne saranno scomparse 5500. Dietro ogni lingua c’è una cultura e la capacità di rispecchiare un modo di pensare. Quando muore una lingua diminuisce la 31 George Steiner, After Babel, Oxford-New York, OUP, trad. it. Dopo Babele, Garzanti, Milano, 1994, p. 86. 32 Umberto Eco, La ricerca della lingua perfetta, Roma-Bari, Laterza, 2004 p. 6. 41 capacità di pensare di conoscere in modo differente.33 L’unica alternativa è quella di affidare la comunicazione tra comunità di lingue diverse alla mediazione dei traduttori. Questa, per esempio, è stata la scelta della Comunità Europea che ha deciso di considerare equivalenti tutte lingue parlate dai paesi membri. In questo caso però il problema è che la domanda di traduzione supera di gran lunga l’offerta. Non ci sono abbastanza traduttori e l’aumento di produttività anche con l’ausilio di strumenti informatici è arrivato al suo limite massimo. Un buon traduttore cimentandosi con una traduzione specialistica non supera mediamente le 46 pagine o le 2000 parole al giorno.34 Inoltre la traduzione è un servizio estremamente costoso: è stato calcolato che il 40-45% dei costi delle istituzioni comunitarie sono costituite dai servizi di traduzione e interpretazione, ma si tratta di una stima che risale a prima dell’allargamento dell’Unione ai paesi dell’Est.35 Si capisce quindi perché ci sia un interesse così forte nella traduzione automatica (MT). L’utilità della traduzione automatica La prospettiva di una traduzione completamente automatica senza l’intervento di un traduttore umano ha attratto l’attenzioni di molti, soprattutto tra coloro che non lavorano come traduttori. Le posizioni prese riguardo al fenomeno della traduzione automatica oscilla tra due estremi opposti: da un lato si asserisce che la traduzione automatica sia completamente inutile, perché la qualità dei testi prodotti è decisamente scadente e non potrà mai sostituire il traduttore umano; dall’altra parte invece si sostiene che essa riuscirà a superare tutte le barriere linguistiche, 33 M. Davies e Z. Sardar, Perché il mondo detesta l’America, Milano, Feltrinelli, 2003, p. 115. Olivia Craciunescu, Constanza Gerding-Salas, Susan Stringer O’Keeffe, “Machine Translation and Computer-Assisted Translation: a New Way of Translating”, Translation Journal, vol. 3, n.3, 2004. 35 Douglas Arnold, Machine Translation: an Intoductory Guide, London, NCC Blackwell, 1994, p. 5. 42 34 minacciando perciò l’esistenza dei traduttori. La verità, come spesso accade, si trova nel mezzo. Nessuna delle due posizioni è esatta: quella totalmente negativa sottovaluta le possibilità dei sistemi MT, quella positiva ne sottovaluta i limiti. L’indubbia utilità della traduzione automatica è dimostrata dal suo effettivo utilizzo. Per esempio METEO è usato dal Centro Meteorologico Canadese fin dal 1977 per tradurre bollettini meteorologici tra l’inglese e il francese, e SYSTRAN, uno dei sistemi più rodati e affidabili, è utilizzato dalle istituzioni europee. Il fatto che questi strumenti si rivelano utili solo in circostanze particolari e che la qualità dei testi tradotti è ancora piuttosto scarsa non ne sancisce l’inutilità. Infatti non in tutti i casi si necessita di una traduzione qualitativamente elevata, a volte è necessario che essa sia eseguita rapidamente al solo fine di conoscere a grandi linee il contenuto di un testo in lingua straniera. In altre parole, la traduzione automatica è maggiormente adatta a situazioni in cui un ampio volume di traduzioni sia richiesto a stretti termini di consegna e in cui la qualità richiesta per il prodotto finale non sia troppo elevata. Inoltre, la traduzione automatica necessita di testi in formato elettronico, perciò il suo impiego sembra particolarmente indicato per testi che nascono e sono destinati a essere fruiti in tale formato, come nel caso di documenti web. Nessun computer, però, partendo da un testo qualsiasi, è in grado di portare a termine una traduzione di qualità simile a quella di un traduttore professionista senza alcun bisogno si intervento umano. Anzi, l’intervento umano è una componente essenziale della traduzione automatica. Il traduttore deve pre-elaborare il testo per semplificare la sintassi e il lessico oltre a risolvere eventuali ambiguità. Il testo così predisposto può essere tradotto da una macchina evitando in massima parte imprecisioni e malintesi. A seconda del grado di accuratezza desiderato, il testo tradotto può anch’esso subire una rielaborazione al fine di eliminare 43 definitivamente tutti i possibili errori. La prospettiva della sostituzione dell’uomo con la macchina ha portato ad un certo rifiuto di queste tecnologia da parte dei traduttori non solo a causa di una possibile perdita di lavoro e di prestigio professionale, ma anche per il timore di una riduzione della qualità dei servizi offerti. Inoltre il ristretto campo d’applicazione della traduzione automatica ha comunque determinato una diffusione piuttosto limitata di questi sistemi. La traduzione automatica non è servita ad aumentare la produttività della gran parte dei traduttori, che preferiscono l’utilizzo di strumenti più semplici ma più efficienti. Questa situazione ha generato reazioni come quelle di Martin Kay, il quale, riguardo alla traduzione automatica, arriva ad affermare che nella storia non esiste esempio migliore dell’uso improprio dei computer. Per poter automatizzare il processo della traduzione sarebbe necessario esplicitarne i principi con la precisione richiesta da un programma informatico. Secondo Kay, insomma, il fallimento è dovuto al fatto che si stia tentando di far fare ai computer qualcosa che noi stessi ancora non comprendiamo completamente.36 Steve Vitek, invece, evidenzia una altro aspetto: non è possibile tradurre senza comprendere il senso del testo, ma questo è proprio quello che pretendiamo dai computer. Fin quando le macchine non comprenderanno il significato di ciò che devono tradurre la traduzione automatica non rimarrà che uno strumento utile per tradurre delle singole parole da una lingua all’atra, parole che non riveleranno nulla del senso del testo originale se non per caso. Per questo una traduzione automatica che punta ad una traduzione accurata del contenuto del testo di partenza non è altro che un futile esercizio. 37 36 Martin Kay, “The Proper Place of Men and Machine in Language Translation”, in Machine Translation, 12, 1997, pp.3-23. 37 Steve Vlasta Vitek, “Reflections of a Human Translator on Machine Translation”, Translation Journal, vol. 4 n. 3, Luglio 2000. 44 Oggi, nonostante il notevole sviluppo tecnologico, la traduzione automatica non riesce a fornire risposte adeguate ai problemi pratici della traduzione più di quanto non l’abbia fatto in passato. La speranza di una traduzione automatica che possa sostituire quella umana in maniera accettabile finora è andata delusa e nulla fa pensare che si possa avverare in un prossimo futuro. Il giorno in cui i computer riusciranno a sostituire completamente i traduttori nel loro lavoro sarà anche il giorno in cui saranno in grado di sostituirci in ogni altro tipo di attività. La strada da imboccare, secondo Kay, sarebbe un’altra: adottare quella soluzione che si è dimostrata proficua in tanti altri campi, cioè lo sviluppo di sistemi che facciano collaborare maggiormente l’uomo e la macchina. In sostanza bisognerebbe investire maggiori energie nel migliorare gli strumenti di traduzione assistita (CAT, computer-aided translation). La ricerca, invece di tentare di eliminare completamente il fattore umano, dovrebbe orientarsi verso l’automatizzazione di procedure ripetitive e moleste, lasciando agli uomini gli aspetti creativi e appaganti della traduzione. La traduzione automatica online Internet sta diventando sempre più importante come mezzo di comunicazione che trascende i confini nazionali e culturali. Diversamente dalla televisione o dalla radio, gruppi di persone o singoli individui possono pubblicare testi che possono essere letti da qualsiasi luogo del mondo. Eliminate le distanze geografiche tra gli individui coinvolti in questa forma di comunicazione, rimangono però da superare le barriere linguistiche. Nonostante l’attuale importanza internazione della lingua inglese, essa sta già lentamente perdendo il suo ruolo di lingua franca della comunicazione in Internet. Come è stato detto, l’adozione di un’unica lingua per il superamento della barriera linguistica non costituisce una soluzione soddisfacente. Ogni comunità linguistica avverte intimamente di 45 possedere il diritto di poter comunicare attraverso la propria lingua, per questo motivo aumentano sempre di più i documenti web in lingue diverse dall’inglese. Il risultato è che l’utente web alla ricerca di informazioni nella ragnatela globale si ritrova perso in una babele di lingue a lui incomprensibili. È incontestabile che la diversità linguistica costituisce una ricchezza, essa però non può divenire un ostacolo alla reciproca comprensione. Di recente si è potuto assistere alla diffusione di sistemi di traduzione automatica messi a disposizione gratuitamente in Internet, i quali possono tradurre singoli frammenti di testo o addirittura l’intero contenuto di una pagina web. Sono fiorite decine di siti che offrono traduzioni istantanee, ma attualmente il più popolare di questi strumenti online è “Babelfish” di Altavista, che è basato sul sistema di traduzione automatica SYTRAN. In molti sono convinti che queste macchine abbiano la potenzialità per facilitare la comunicazione interlinguistica e interculturale. Alcuni, come era già accaduto per la traduzione automatica, si lasciano andare in maniera esagerata ad un ottimistico entusiasmo. Sam Lehman-Wilzig arriva addirittura a sostenere che la traduzione automatica istantanea in Internet sia il primo segnale di una rivoluzione nella comunicazione della portata pari all’invenzione del testo stampato. Secondo lui, la traduzione istantanea ci porterebbe più vicini all’unità linguistica pre-babelica senza però mettere in pericolo la ricchezza e la bellezza della diversità linguistica e culturale.38 Più realistica sembra la posizione di Mary Flanagan, che riconosce ed ammette il limiti della traduzione automatica, concordando con Kay sul fatto che con il passare del tempo le reticenze verso la traduzione automatica non sono diminuite, e che solo pochissimi traduttori intergrano tali strumenti nel loro processo lavorativo. Ma Flanagan sostiene anche che 38 Sam Lehman-Wilzig, “The Tower of Babel vs the Power of Babel”, in New Media and Society, vol.2, n.4, 2000, pp. 467-494. 46 è necessario riconsiderare la faccenda alla luce degli sviluppi più recenti. Negli ultimi anni la traduzione automatica online, che ha ottenuto molta attenzione e un notevole successo, ha aperto una nuova prospettiva. La questione, adesso non è tanto se tali strumenti siano utili o no ai traduttori, quanto se abbiano una utilità anche per utenti occasionali, che antepongono la quantità alla qualità.39 L’ideale di una traduzione qualitativamente elevata e completamente automatizzata (FAHQT, fully automatic hight quality translation) è un obiettivo che vale la pena di essere perseguito, ma ha dimostrato di non essere indispensabile per il successo della traduzione automatica online. La FAHQT deve essere sostituita da un approccio diverso: la traduzione comprensibile completamente automatizzata (FAUT, fully automatic understandable translation). La traduzione automatica, anche se qualitativamente inferiore a quella umana, ha trovato la sua nicchia di mercato nel Web, soddisfacendo con successo la necessità di una traduzione immediata. Bisogna, infatti, ammettere che in molti casi si tratta di una soluzione soddisfacente per un gran numero di utenti del World Wide Web, i quali devono poter esaminare immediatamente l’enorme mole di informazioni che reperiscono in Internet. Ma la traduzione automatica online rimane comunque un rimedio imperfetto: i tempi di elaborazione di questi sistemi sono spesso ridotti a svantaggio dell’accuratezza e della comprensibilità della traduzione. L’esito di una traduzione di questo genere potrebbe essere un testo completamente incomprensibile come nell’esempio che segue. Traduzione: 39 Mary Flanagan, “MT today: Emerging Roles, New Successes”, Machine Translation, 12, 1997, pp. 25-27. 47 Sono un traduttore freelance con un ufficio nei miei clienti del serving di affari riusciti ragionevolmente e della sede nel Regno Unito ed i Paesi Bassi. L'altro giorno sono stato interferito fuori della protezione quando un cliente lo ha telefonato dall'azzurro ed ha insistito sul cadere dentro per rivedere un testo in persona (è sembrato essere nella vicinanza ed il testo era urgente).40 Testo originale: I am a freelance translator with an office in my home and a reasonably successful business serving clients in the UK and the Netherlands. The other day I was caught off guard when a client phoned me out of the blue and insisted on dropping in to review a text in person (he happened to be in the neighbourhood, and the text was urgent).41 L’unica informazione che il lettore di lingua italiana riuscirebbe a evincere dal testo così tradotto è che il soggetto del discorso è un traduttore freelance, tutto il resto rimarrebbe oscuro. In questo caso la traduzione automatica può essere utile solo per capire, senza conoscere l’inglese, se si parla del argomento che ci interessa, rimandando ad un secondo momento la traduzione più accurata. Un utente che si trova davanti a una pagina web tradotta da una macchina potrebbe essere disorientato dal trovare la parola “domestico” in luogo di “home” o “home page” ad indicare un rimando ipertestuale alla pagina principale del sito. Oppure potrebbe non capire che l’espressione “segno in” (sign in) in realtà significhi “registrati” e che “firmi in su qui” (sign up here) stia ad indicare il link ad un modulo di iscrizione per 40 La traduzione è stata eseguita dal sitema di traduzione automatica di Yahoo! basato su SYSTRAN. 41 Il brano è tratto dal Translation Jounal. http://www.accurapid.com/journal/30fawb.htm 48 accedere ai servizi offerti dal sito.42 In sostanza, la traduzione automatica non facilità di molto la navigazione tra i documenti in lingua straniera del Web. Malgrado tutto anche la traduzione automatica online rimane una soluzione parziale del problema, utile solo in casi specifici. Il cuore del problema della mediazione tra lingue diverse rimane saldamente nella mani dei traduttori. “Ma visto che adesso è diventato così facile venire a contatto con le lingue diverse dalla nostra, perché non impararne anche qualcuna? La vera via per sbarazzarsi definitivamente di interpreti e traduttori è solo questa.”43 42 Gli esempi citati sono tratti della traduzione automatica del sito www.ingenta.com. Diego Marani, “Internet e il problema delle lingue straniere: i pro e i contro delle traduzioni automatiche online”, in La Repubblica del 30 dicembre 1998. 43 49 TRADURRE PER IL WEB La fedeltà della traduzione Tradizionalmente lo scopo di ogni traduttore è sempre stato quello di realizzare una traduzione fedele. Per questo il conflitto tra traduzione libera e letterale è una delle questioni più ricorrenti e centrali all’interno degli studi sulla traduzione. La traduzione letteraria ha una funzione ‘documentale’, ossia il suo scopo è quello di far conoscere un’opera letteraria a chi non è in grado di comprendere la lingua in cui è stata redatta. Il testo tradotto, quindi, non traspone semplicemente il contenuto di un testo da una lingua ad un’altra, bensì sostituisce l’originale nella cultura di arrivo, “lo rappresenta in terra straniera e , per quanto possibile, lo fa conoscere per quello che è al nuovo lettore”44. La traduzione deve conservare l’autonomia e ‘l’estraneità’ del genio originale, deve raggiungere, cioè, “una simbiosi, una fusione che tutela in qualche modo la separatezza e l’unicità dell’originale”45. La traduzione specialistica, invece, ha spostato l’attenzione dal testo originale alla funzione e al destinatario del testo stesso. Il fine del testo specialistico è quello di trasmettere delle informazioni, e per questo motivo la forma assolve una funzione subordinata al contenuto. Al contrario di quanto accade nella traduzione letteraria, dove stile e messaggio hanno lo stesso peso, nella traduzione specialistica è importante privilegiare la chiarezza della comunicazione rispetto allo stile dell'autore. Pertanto l’obiettivo principale del traduttore specialistico non è necessariamente la fedeltà alla forma del testo originale, che va anzi adeguata alle convenzioni della lingua d’arrivo, bensì la riproduzione integrale del contenuto dell’originale. Il traduttore è autorizzato ad alterare il carattere del testo, se 44 Roberto Bertozzi, Equivalenza e sapere traduttivo, LED, Milano, 1999, p. 72. Geoge Steiner, After Babel, OUP, Oxford-New York, 1974, trad. it., Dopo Babele, Garzanti, Milano, 1994, p. 313. 45 50 questo si rende necessario per produrre maggiore chiarezza nel testo d’arrivo. Lo scopo primario della traduzione specialistica è quello di comunicare delle informazioni che nella traduzione devono risultare esaurienti, di gradevole lettura, ma allo stesso tempo sobrie e facilmente comprensibili al lettore almeno quanto lo sono nell’originale. Delle variazioni rispetto all’originale sono possibili e anzi a volte necessarie, tuttavia possono riguardare soltanto la forma, e non devono comportare alcuna perdita o distorsione delle informazioni contenute nel testo di partenza. In entrambi i casi, nella traduzione letteraria e specialistica, quindi, ponendo l’enfasi su aspetti diversi, il concetto di fedeltà rimane comunque di vitale importanza. Lo stesso non vale per la traduzione digitale. Sebbene la traduzione di documenti digitali, possa riguardare qualsiasi varietà testuale (sia letteraria che specialistica), ognuna con delle specifiche problematiche, a causa delle particolarità dei mezzi di comunicazione digitali il vincolo di fedeltà tra traduzione e originale in determinate circostanze può essere disatteso. Sono due le caratteristiche che producono questo fondamentale mutamento di prospettiva. La prima è che viene meno la secolare supremazia del testo originale sulla traduzione e la conseguente dipendenza del testo di arrivo dal testo di partenza. Si instaura invece una relazione di interdipendenza tra i due testi, poiché spesse volte in questo settore l’originale è concepito e scritto già in vista della sua traduzione. In gergo si dice che il testo di partenza prima di essere localizzato (o tradotto) è ‘enabled’. L’enabling, che consiste nel produrre un testo destinato alla traduzione e nel facilitare il trasferimento di significato da una lingua all’atra, costituisce un ponte che permette di superare l’abisso che divide il testo originale dalla sua traduzione. Inoltre questo processo che precede la traduzione getta una luce completamente nuova sulla questione della intraducibilità, cioè sull’eterno interrogativo se 51 la traduzione sia di fatto possibile. La seconda caratteristica è che il destinatario dei testi digitale non è più lettore passivo ma utente, ossia in un certa misura partecipante attivo della comunicazione. Va però precisato che la possibilità d’azione del lettore è comunque limitata e programmata da parte del autore del documento digitale, che predispone consapevolmente i percorsi di lettura possibili. Il nuovo ruolo del ricevente pone comunque al centro dell’attenzione del traduttore non più il testo di partenza o il suo contenuto, ma piuttosto l’uso che ne deve fare il destinatario. La funzione del testo nel contesto culturale in cui deve inserirsi diventa il fattore fondamentale delle scelte traduttive. Il principio fondamentale della traduzione digitale non è tanto il rispetto del progetto primitivo, e quindi sostanzialmente della cultura originaria, quanto di quella di destinazione, realizzando, se necessario un documento completamente nuovo. In questo ambito il concetto di fedeltà, quindi, è molto ridimensionato nella sua importanza e perde il carattere di assioma assoluto. Nella traduzione dei siti web infatti può essere necessario discostarsi dal testo di partenza sia nella forma che nel contenuto. La traduzione in questo caso è ‘funzionale’ e non ‘documentale’ (non è marcata come traduzione) perché tende a produrre un testo di arrivo orientato a funzionare nella nuova situazione comunicativa in cui è calata come se fosse un testo originale. Giacché il sito tradotto potrebbe dover assolvere nel paese di destinazione una funzione diversa da quella nel paese di origine, potrebbe essere necessario modificarne, oltre alla forma, per adattarsi alle diverse convenzioni stilistiche, anche il contenuto. Più che di ‘fedeltà’ della traduzione sembra essere più utile parlare di ‘lealtà’ del traduttore46. Questa è la responsabilità deontologica che il traduttore ha nei confronti degli altri partecipanti alla comunicazione, ossia 46 Fderica Scarpa, La traduzione specializzata, Hoepli, Milano, 2001, p. 203 52 l’emittente, il destinatario e il committente. Il traduttore deve infatti lavorare nell’interesse della comunicazione e quindi la sua responsabilità è non solo nei confronti del contenuto del testo di partenza (e quindi dell’emittente) ma anche, in egual misura, nei confronti del committente della traduzione e dei destinatari del testo di arrivo. Nella traduzione digitale si ha la necessità di ricorre anche ad una reinterpretazione più libera del testo originale al fine di venire incontro alle esigenze di tutti i partecipanti alla comunicazione. Nei casi più estremi la traduzione può essere talmente lontana dall’originale da rendere discutibile il fatto che si tratti ancora di una traduzione. Volendo riprendere il tradizionale sistema triadico della teoria delle traduzione in quei casi si parlerebbe piuttosto di “imitazione”47 che non di traduzione in senso stretto. Tre approcci alla realizzazione di siti multilingue Ci sono tre tipi differenti di siti web multilingue che corrispondono a tre modi diversi di accostarsi al problema della traduzione dei siti web. Partendo da quello che permette di rimanere più fedeli all’originale a quello che reinterpreta più liberamente il sito di partenza i tre approcci sono: la traduzione pagina per pagina, la creazione di sub-siti paralleli per ogni lingua, oppure la realizzazione di siti completamente distinti.48 Il sito web singolo è costituito da un solo sito con un unico dominio. 47 Secondo il sistema triadico proposto da Dryden ‘metafrasi’, ‘parafrasi’ e ‘imitazione’ corrispondono rispettivamente alla traduzione letterale (parola per parola), alla traduzione fedele ma autonoma e alla ricreazione, reinterpretazione libera dell’originale. 48 Mathew Hillier, “Cultural Context in Multilingual Web”, Electronic Commerce Research and Applications, 2003, pp. 2-14. 53 Si tratta di un approccio minimalista nel quale solo alcune parti del sito vengono tradotte. Di solito il sito è strutturato in modo tale che da una pagina in lingua inglese si rimandi attraverso un link ai contenuti nelle altre lingue. La traduzione avviene pagina per pagina o in alcuni casi addirittura sono tradotti solo singoli paragrafi. A volte i siti di questo genere fanno ricorso ai servizi di traduzione automatica online (come BabelFish di Altavista) per consentire alla propria utenza di tradurre istantaneamente le porzioni di testo o le pagine a cui sono interessati. Questo approccio è quello che comporta il minore dispendio di risorse per la realizzazione e il mantenimento, ed è anche quello che in genere permette una maggiore aderenza alla forma e al contenuto dei testi originali, a scapito, però, della qualità e della usabilità. Rientra in questa categoria la rivista elettronica di traduttologia Intralinea (www.intralinea.it): Attraverso il link posto in alto a destra (“in inglese”) è possibile passare alla versione tradotta della pagina visualizzata. Nel sito è possibile disporre in entrambe le lingue (inglese e italiano) di tutti i menu, sia quelli verticali che quelli orizzontali, ma non di tutti i testi nel corpo della pagina. 54 Gli articoli contenuti in questa rivista, per esempio, rimangono sempre in lingua originale, siano essi redatti in inglese o in italiano, creando in questo modo un interessante commistione delle due lingue in un medesimo documento. D’altra parte anche nei menu in lingua italiana appaiono degli anglismi inusuali anche per un ambiente permeabile ai forestierismi con il Web. Le voci “special issues” e “members area” sarebbero potute essere sostituiti con gli equivalenti italiani (per esempio, numeri speciali e area riservata). “Login” invece è ormai entrato stabilmente a far parte del gergo della rete. Un secondo approccio possibile è quello del sito web multiplo che è anche quello più diffuso. Al sito multiplo è assegnato un solo dominio con una pagina iniziale nella quale è possibile scegliere la lingua che si preferisce. Generalmente i sub-siti hanno tutti lo stesso aspetto e sono strutturati in maniera speculare. Se necessario, ci possono essere anche delle differenze rilevanti tra i contenuti delle singole versioni. Per esempio quando una azienda offre un servizio che in dato paese non può essere erogato, la relativa sezione del sito nella lingua del paese in questione viene omessa. L’unità di riferimento per la traduzione in questo caso non è più la pagina web ma il sito nel suo complesso. 55 I menu del sito AMTrad (www.amtrad.it), il sito di Alessandra Muzzi, dimostrano come le due versioni linguistiche siano adattate agli utenti a cui sono destinati. Nella versione italiana, per esempio, è presente la voce “servizi di formazione” che manca invece nella versione inglese. Dato che i corsi di formazione proposti in questa sezione del sito si tengono esclusivamente in Italia, segnalarli nelle pagine destinate ad utenti che si trovano in altri paesi avrebbe poco senso. L’approccio del sito multiplo, rispetto al sito singolo, permette la realizzazione di una traduzione maggiormente adattabile alle esigenze dei destinatari e quindi una maggiore qualità del sito web multilingue. Questo a un prezzo ovviamente più alto, poiché ai costi per la traduzione del sito si aggiungono quelli per il mantenimento e l’aggiornamento della versioni tradotte. Quando le versioni nelle diverse lingue sono presentate separatamente, queste posseggono ognuna un proprio dominio. In questo caso si hanno due siti distinti e autonomi che possono avere anche un contenuto del tutto diverso l’uno dall’altro. Quello che rimane costante tra i due è la funzione che devono svolgere e l’idea generale. In genere si tratta di un approccio adottato solo per siti con fini pubblicitari, che richiedono un forte adattamento della forma e dei contenuti alla cultura di arrivo. Siti web distinti vengono adottato normalmente solo dalle grandi società e le aziende multinazionali, come la Mecedes-Benz o la Coca-Cola Company, con sedi distaccate nei singoli paesi che possono curare autonomamente ognuna il proprio sito. 56 I siti della casa automobilistica tedesca Mecedes-Benz si assomigliano molto, ma i contenuti sono assai differenti. I colori e il design generale del sito rimangono invariati nelle diverse versioni, ma i contenuti informativi e i testi pubblicitari sono perfettamente adattati alla esigenze dei rispettivi mercati di destinazione. Come nella traduzione pubblicitaria il ricorso ad una ampia rielaborazione degli slogan, dei testi promozionali è una 57 necessità inevitabile, se si vuole che il sito tradotto abbia l’effetto sperato della cultura d’arrivo. Tradurre le interfacce La categoria della traduzione digitale non è riferita a una particolare tipologia di testo, come accade per la traduzione letteraria o la traduzione specialistica. Questa categoria traduttiva si distingue dalle altre per il medium attraverso il quale i testi da tradurre sono trasmessi. La tipologia di testo che è possibile incontrare varia dai testi pubblicitari alle pubblicazione accademiche, dai testi informativi agli ipertesti letterari, ognuna con le sue specifiche problematiche traduttive. È difficile, dunque, individuare delle particolarità della traduzione, oltre a quelle esposte finora, generalmente valide per i testi digitali. Tuttavia un requisito è comune a tutti i documenti digitali: la presenza di testi che fungono da interfaccia, ossia che premettono all’utente di interagire con il sito. Il primo e principale tipo di interfaccia di un sito web è costituito dai menu. Questi sono, se vogliamo, simili ad un indice, e permettono di spostarsi da una sezione all’altra del sito senza perdere l’orientamento. Per questo il loro utilizzo all’interno dei documenti digitali è irrinunciabile. Un primo ostacolo alla traduzione delle interfacce di particolare importanza è costituito dalla lunghezza del testo. I menu solitamente sono rappresentati graficamente da dei pulsanti. Se questi elementi grafici non sono stati predisposti per la traduzione può accadere che non ci sia abbastanza spazio per il testo italiana, solitamente più lungo dell’equivalente inglese. Di conseguenza è opportuno limitare o se possibile, eliminare completamente l’uso di preposizioni, articoli e in genere, qualsiasi informazione non strettamente necessaria per la comprensione del messaggio. In casi limite è possibile anche ricorrere 58 all’abbreviazione del messaggio stesso. La difficoltà sta nel fatto che la traduzione deve rispondere sia a criteri di concisione, come è stato detto, sia a quelli chiarezza, e i due possono facilmente entrare in conflitto. Un ulteriore problema è costituito dalla mancanza di standardizzazione terminologica in italiano. I stessi concetti possono essere espressi con termini differenti, dando luogo ad ambiguità semantiche e creando non pochi disagi per i traduttori. “Nell’informatica la mancanza di standardizzazione è dovuta al modo rapido e disordinato con cui il settore si è sviluppato, a una resistenza generalizzata alla prescrizione linguistica e, crucialmente, a una diffusa mancanza di interesse per i problemi di natura linguistica.”49 La conseguenza di questo disinteresse è stata l’instaurarsi di una prassi secondo la quale l’azienda che riesce a prevalere in un determinato settore dell’informatica finisce anche con l’imporre la propria terminologia. Per esempio capita spesso di incontrare all’interno dei siti la seguente frase: “Add this site to the bookmarks”. Il termine “bookmark” indica uno strumento del browser per organizzare e visualizzare rapidamente le pagine web a cui si accede di frequente. A seconda dei casi è tradotto con “segnalibro”, “preferiti” oppure ricorrendo ad un prestito integrale. Al fine di agevolare la comprensione da parte degli utenti il traduttore deve tendere ad usare il termine italiano più usuale. Il termine “preferiti”, essendo la parola usata nel browser della Microsoft, gode della maggiore diffusione. Per tanto la traduzione migliore sembra essere “Aggiungi questo sito ai preferiti”. D’altro canto però il traduttore è anche responsabile della qualità dei testi che produce e non sempre la terminologia comunemente adottata è quella migliore. Quando non esiste il rischio di risultare poco chiaro o di essere frainteso è possibile ricorrere anche a delle traduzioni più originali, 49 Federica Scarpa, La traduzione specializzata, Hoepli, Milano, 2001, p. 51. 59 scartando le scelte terminologiche delle grandi aziende informatiche. L’assenza di standardizzazione è anche la causa dell’ampio uso di anglicismi, che nella maggior parte dei casi entrano nel lessico italiano sotto forma di presiti non integrati (home page, guest book) o di calchi semantici (virus, portale, sito). Questo fenomeno è stato rilevato e criticato molte volte da più parti. Bisogna tener presente, però, che i prestiti hanno il vantaggio di rimanere isolati da tutti i campi semantici diversi da quello in cui vanno ad inserirsi rendendo il termine monoreferenziale. L’univocità semantica dei prestiti contribuisce alla precisione e alla chiarezza del discorso e agevola la comunicazione. Ma un uso eccessivo di forestierismi sortisce l’effetto contrario. A volte gli anglicismi della terminologia informatica risultano non trasparenti per coloro che non possiedono conoscenze specialistiche in questo settore. Molte volte si tende ad usare il forestierismo anche quando esiste una variante italiana più trasparente. Questo non accade per esigenze di precisione, ma per il gusto di esibirsi in inutili tecnicismi oppure per la fretta e la comodità di chi traduce. Si verifica spesso anche che i calchi o prestiti semantici e sintattici si cristallizzino in moduli "pronti all’uso", causando un impoverimento nelle scelte terminologiche o stilistiche ed erodendo la qualità della traduzione. Buona parte delle parole inglesi, però, non è effettivamente sostituibile con termini italiani corrispondenti, spesso perché esse designano oggetti o situazioni inedite, non previste dal lessico italiano o perlomeno non traducibili a meno di usare locuzioni involute e poco efficaci: un esempio è costituito dal termine “mouse” che in teoria potrebbe essere reso con un calco semantico, “topo”, oppure con una perifrasi come “periferica di puntamento”. Entrambe le soluzioni risultano immediatamente meno opportune del prestito non adattato. 60 I prestiti integrali producono anche dei problemi grammaticali di cui bisogna tenere conto, primo tra tutti quello della corretta grafia. Analizzando i forestierismi impiegati nei siti web ci si accorge immediatamente che esistono diverse grafie per gli stessi termini. Il fenomeno più diffuso sembra essere quello di scrivere come un’unica parola locuzioni inglesi come “home page”, “guest book”, “sign in” che diventano per l’appunto “homepage”, “guestbook” e “signin”. Le due grafie sembrano egualmente diffuse. Per “on line” in italiano esistono addirittura tre diverse grafie: “on line”, online” e anche “on-line”. Inoltre i molti termini inglesi entrati nella lingua italiana in questo settore essendo per la maggior parte sostantivi causano anche il problema della determinazione del loro genere. La scelta tra maschile e femminile avviene di norma innanzitutto mantenendo il loro genere naturale, oppure attribuendo all’anglicismo il genere del sostantivo italiano con un significato analogo. L’attribuzione di un genere grammaticale non è tuttavia sempre così automatica ed esistono numerosi casi di indecisione tra un genere e l’altro: il/la mail (messaggio di posta elettronica, ma anche la lettera di posta elettronica). Visti i problemi che possono causare i forestierismi sembra essere opportuno tradurre sempre, se possibile, l’interfaccia testuale. Ovviamente fanno eccezione i termini standard come ‘home page’, ‘link’ e ‘e-mail’, i quali, se sostituiti con altri termini, finirebbero per generare troppa confusione. In linea generale, la traduzione deve evitare l’anglicizzazione fine a se stessa ma, d’altro canto, non deve ricercare nemmeno l’italianizzazione a tutti i costi. In definitiva, per poter adattare la traduzione al contesto culturale e linguistico in cui deve inserirsi, il traduttore deve prima conoscere le modalità con cui vengono tipicamente formulati i contenuti sia nella lingua di partenza, sia in quella di arrivo. In sostanza, il traduttore per rispettare le 61 aspettative dei destinatari della traduzione deve innanzitutto conoscere le norme e convenzioni che caratterizzano i documenti digitali, ovvero deve essere prima di tutto un buon ‘web writer’. 62 SCRIVERE PER IL WEB Il lavoro del traduttore per il Web non è dissimile da quello dell’autore dei testi. Il web writer inizia sempre da una pagina bianca, il traduttore web invece si trova di fronte a un testo già scritto da qualcun'altro. Per il resto, gran parte del lavoro di traduttori e scrittori per il Web è simile, dovendo entrambi produrre un testo finale facilmente fruibile sul nuovo medium online. La traduzione è un lavoro creativo che richiede la stessa padronanza delle tecniche di scrittura online del web writer. Un testo tradotto è un testo originale che deve vivere di vita propria nella nuova lingua. Il traduttore, quindi, è uno scrittore e, come tale, deve essere in grado di creare contenuti di qualità, fruibili e leggibili come testi originali. Insomma tutte le regole che si applicano al web writing valgono inalterate anche per la traduzione. Quando si scrive o si traduce per il Web bisogna tenere presente alcune fondamentali differenze tra la carta stampata e le pagine web: Innanzitutto la modalità di lettura dei testi digitali è molto differente da quella dei testi stampati su carta. L’utente web si comporta in modo diverso dal lettore normale. Nel Web in realtà non si legge, ma ci si limita a scorrere velocemente i contenuti della pagina, per di più in maniera disordinata, cioè saltando da una parte all’altra del testo alla ricerca di qualcosa che attiri l’attenzione. Questo accade per due motivi principali: gli utenti web sono generalmente alla ricerca di informazioni che sperano di reperire nel più breve tempo possibile (si tenga presente che il tempo di connessione ha un costo); un altro motivo è che la lettura a schermo è più faticosa rispetto alla lettura su carta. Una seconda basilare differenza deriva dalla necessità di posizionarsi ai primi posti negli elenchi dei motori di ricerca. Infatti il successo di un sito dipende soprattutto dalla possibilità che le sue pagine vengano trovate 63 dai navigatori. Il web writer, cioè, scrive per essere letto e compreso da esseri umani ma anche dagli spider che incessantemente navigano il Web alla ricerca di contenuti che ne determinano il posizionamento negli elenchi. Di conseguenza, chi scrive per il Web scrive per farsi trovare, sceglie con attenzione le parole chiave da inserire nel testo e in torno a queste parole costruisce il suo testo. Un’ultima differenza è che i testi scritti per il Web devono vivere anche fuori dal contesto del sito in cui sono contenuti. Bisogna essere consapevoli del fatto che una pagina potrà essere stampata o letta da utenti che non conoscono nulla di ciò che precede o segue tale pagina, perché vi possono giungere seguendo un link di un altro sito o dopo aver digitato alcune parole chiave in un motore di ricerca. Per questo ogni paragrafo e ogni pagina devono essere abbastanza modulari e autonomi, e contenere tutti gli elementi che permettono di ricostruirne il contesto. Scrivere per motori di ricerca I motori di ricerca (Search Engines) sono dei software che svolgono una doppia attività: in modo autonomo esplorano la rete, indirizzo per indirizzo, e schedano in un loro archivio le pagine trovate, estraendone le informazioni essenziali. Questa enorme banca dati è a disposizione dei viaggiatori di Internet che, collegandosi a uno di questi siti, possono chiedere gli indirizzi delle pagine che contengono una certa parola chiave. I motori, per la loro classificazione, si basano primariamente sulla lettura del testo presente nella pagina. Un motore, quando indicizza un sito, si serve di alcuni piccoli software (detti spider) che esplorano un sito recuperando le pagine da analizzare per il posizionamento. In un secondo momento il motore di ricerca applicherà i propri algoritmi di indicizzazione per tentare di attribuire a quella pagina un valore in base alle ricerche degli utenti. Quando un utente inserirà nel motore di ricerca una frase o una 64 parola, esso restituirà le pagine che a suo giudizio maggiormente attengono a quella precisa ricerca. Alcune pagine avranno una pertinenza maggiore, altre una pertinenza minore. “Users almost never look beyond the second page of search results”50, dice Jakob Nielsen (gli utenti non vanno mai oltre la seconda pagina di risultati). Per questo il fine del web writer deve essere è quello di assicurare alle proprie pagine web un valore maggiore per le frasi di ricerca che gli interessano in modo da farle visualizzare in testa ai motori di ricerca. Il concetto chiave nella redazione di una pagina scritta anche per i motori è keyword, parola chiave. Ogni volta che si redige una pagina web con un occhi rivolto al motore di ricerca è bene fissare inizialmente due o tre parole chiave base che condizioneranno la scrittura del testo. Queste vanno ripetute più volte nel corpo della pagina senza cadere in goffe ripetizioni. Ma questo non basta: le parole chiave scelte è bene posizionarle anche in altri punti della pagina verso cui i motori di ricerca sono sensibili: Prima di tutto ci sono i marcatori che descrivono il sito e il suo contenuto, chiamati meta tag. Questi sono collocati nella testa del documento, ovvero tra i tag <head> </head>, e non sono visibili per l’utente. Nel meta tag “description” si inserisce una breve descrizione del contenuto della pagina, non più lunga di 120 caratteri, nel meta tag “keywords” invece vanno elencati le parole chiave. Per esempio: <meta name = “description” content = “Appartamenti Ambrosini offre le migliori sistemazioni disponibili a Milano. Consulta le nostre offerte.”> <meta name = “keywords” content = “appartamenti, Milano, riposo, stile di vita, casa, vivere, vendite> 50 Jakob Nielsen, “Search: Visible and Simple”, in useit.com <http://www.useit.com/alertbox/20010513.html> (13 maggio 2001) [ultimo accesso settembre 2004] 65 Il meta tag “description” appare come riassunto nel sito di alcuni motori di ricerca, per esempio Yahoo!, mentre le “keywords” sono essenziali per il posizionamento tra i risultati dei motori. Un altro punto sensibile a cui prestare attenzione è il titolo del documento: quello che in HTML è compreso tra i tag <title> </title> e che nella navigazione viene visualizzato nella barra in alto sulla finestra del browser, chiamata appunto barra del titolo. I titoli delle pagine o dei paragrafi, invece, è consigliabile inserirli tra i <h1> </h1> di modo che i motori li riconoscano come “headline” e li utilizzino al fine dell’indicizzazione. Anche inserire adeguati commenti alle immagini migliora i posizionamento del sito: in HTML per i commenti alle immagini vengono si utilizza l’attributo “alt” all’interno del marcatore <img> . In una traduzione le parole chiave non vanno scelte secondo il criterio della fedeltà all’originale, ma secondo quello della maggiore possibile funizionalità nella lingua d’arrivo. L’obbiettivo del traduttore non è quello riprodurre fedelmente l’originale, ma quello di creare una pagina che sortisca lo stesso effetto del testo di partenza sia sui lettori che sui motori di ricerca. Ma scrivere per i motori di ricerca non significa soltanto scrivere per essere trovati. Una volta che l’utente, tramite la ricerca con un motore, è giunto sulla pagina che desiderava, deve essere anche in grado di poter comprenderne il contenuto senza prima doversi andare a cercare altre informazioni nel sparse per l’intero sito. Quello che conta dal punto di vista concettuale è che i materiali siano organizzati per unità relativamente autonome, ognuna dotata di una coerenza locale, ma collegate l’una all’altra secondo criteri coerenti. 66 Strutturazione del testo Si è accennato alla differenza della modalità di lettura degli ipertesti elettronici rispetto ai media tradizionali. I testi per il Web sono fruiti mediante appositi strumenti hardware e software che vincolano e condizionano il lettore. È abbastanza intuitivo che la lettura di un testo digitale sia più faticosa di quella di un testo su carta. Innanzitutto si è obbligati ad assumere una posizione seduta (davanti al computer) e a mantenerla, inoltre è anche più impegnativa per via delle caratteristiche spesso non ottimali degli strumenti di visualizzazione (schede grafiche e monitor). Il collegamento Internet costa e, mentre si è collegati, ogni minuto incide sulla bolletta telefonica. Ogni collegamento dunque è anche, forse inconsciamente, una corsa contro il tempo, cercando di massimizzare la raccolta di informazioni in rapporto al tempo impiegato per ottenerle. È importante, quindi, fornire al lettore un’evidente strutturazione logica al testo. “Uno dei caratteri che meglio distinguono, in linea generale, la scrittura dei testi per il Web è la maggiore esplicitezza strutturale: i testi di una certa estensione sono fittamente segmentati su più livelli”.51 È necessario dividere i blocchi di testo troppo estesi con interruzioni di riga, facendo coincidere le unità formali con le unità di contenuto. Il vuoto e lo spazio bianco acquistano la loro importanza: indirizzano e fanno fermare lo sguardo. In questo si possono mettere a frutto le possibilità offerte dal codice HTML di distinguere tra accapo semplice (con il marcatore <br>) e accapo con interlinea (con il marcatore <p>), regolando così finemente lo spazio che separa un segmento dall’altro. Inoltre è bene disseminare la pagina di segnali che dicano immediatamente di cosa si parla e che rendano subito chiaro il contenuto 51 Massimo Prada, “Lingua e Web”, in La lingua italiana e i mass media, a cura di I. Bonomi, A. Masini e S. Morgana, Carocci, Roma, 2004, p. 261. 67 della pagina, titolando le pagine e i paragrafi, condensando nel titolo il contenuto del testo. Usando un’espressione di Jakob Nielsen si direbbe che i titoli devono essere “pearls of clarity”, perle di chiarezza.52 Se il titolo non chiarisce immediatamente ciò di cui tratta il testo l’utente non lo leggerà mai, perciò Nielsen suggerisce di usare titoli chiari e brevi, non più di tre o quattro parole. Altrettanto importante è individuare alcune parole chiave all'interno del paragrafo, evidenziandole in grassetto o con altri artifici tipografici. Le parole chiave così evidenziate fungono da punti di aggancio all’occhio che scorre il documento. È consigliabile, però, evitare il corsivo che a video si legge male, e non trarre in inganno il lettore, confondendo link e parole chiave (per esempio sottolineando parole che non sono link). Gli articoli online del Corriere della Sera costituiscono un esempio particolarmente virtuoso dell’uso dei questi elementi paratestuali. I testi sono suddivisi su più livelli, cioè in paragrafi opportunamente titolati e in capoversi. Inoltre il Corriere è l’unico tra i testi giornalistici a fare ricorso 52 Jacob Nielsen, “Microcontent: How to Write Headlines, Page Titles and Subject Lines”, in Useit.com http://www.useit.com/alletrbox/980906.html (9 settembr 1998) [Ultimo accesso agosto 2004). 68 ad artifici tipografici per la messa in rilievo delle parole tematicamente salienti (che appaiono in grassetto). Luisa Carrada consiglia addirittura di usare colori diversi per mettere in rilievo le parole chiave. Le pagine del suo sito sono anche un ottimo esempio di come l’uso di colori diversi dal solito nero possano creare dei piacevoli effetti. “Per un web writer il colore fa parte della "grammatica sublime della scrittura": il testo va pensato, immaginato, progettato anche a colori, nello spazio concreto della pagina in cui dovrà vivere e comunicare. E' con un cambio di colore che le parole possono saltare fuori, ammiccare, dire al lettore "leggimi", oppure "qui si parla di ...", cioè aiutare l'autore a costruire quella mappa testuale e visiva insieme che dovrebbe essere ogni buona pagina web.” 53 Franco Carlini mette in evidenza un ulteriore aspetto della lettura a schermo: la pagina web obbliga a una lettura a scorrimento. Il limite fisico rappresentato dal monitor permette di vedere non più di una ventina di righe alla volta. Tutto quello che c’è sopra o sotto può essere portato alla vista, ma solo a prezzo della momentanea invisibilità del resto. Lo scrolling verticale delle videate determina “il limite della continua invisibilità di gran parte del testo e possibili situazioni di perdita di orientamento. [...] La mancanza di azione fisica e il fatto che i movimenti nel testo avvengano in maniera istantanea può far sì che non si abbia più la percezione della collocazione spaziale del paragrafo”.54 Si capisce quindi perché vi sia l’esigenza di concisione e semplicità nella composizione di testi digitali. In generale si tende a dividere i testi in periodi brevi e ad evitare periodi complessi che posso ostacolare l’immediata comprensione del senso, privilegiando la costruzione 53 Luisa Carrada, “Scrivere per il Web. Il colore nella grammatica della scrittura”,in Il mestiere di scrivere. <http://www.mestierediscrivere.com/testi/colore.htm> (2 luglio 2001) [ultimo accesso agosto 2004] 54 Franco Carlini, Lo stile del Web, Einaudi, Torino, 1999. 69 paratattica e usando solo moderatamente costrutti subordinativi. Nielsen, inoltre, raccomanda di ridurre la lunghezza del testo digitale della metà rispetto ad un analogo testo cartaceo, sfruttando dove possibile le funzioni offerte da tabelle, elenchi puntati e numerati. Quando possibile il testo dovrebbe essere tanto breve da trovare spazio in un singola videata. Eventuali approfondimenti dovranno essere affrontati, rimandando il lettore, tramite dei link, a delle pagine successive. Si tratta, insomma, di stratificare i contenuti su più livelli e di creare dei percorsi che diano ai lettori la possibilità di scegliere il grado di esaustività di cui hanno bisogno. Nel caso della traduzione dei contenuti di un sito dalla lingua inglese c’è un altro fondamentale fattore a favore di uno stile conciso: i testi occupano uno spazio ben definito e prestabilito all’interno della pagina dal quale non posso sconfinare a causa della presenza nella stessa pagine di elementi grafici. Poiché la traduzione italiana e mediamente più lunga dell’originale inglese, si possono creare dei problemi nella visualizzazione grafica del sito, delle finestre pop-up, dei menu e delle liste a tendina.Questo significa che anche inquesto caso molto spesso si è costretti a rinunciare alla fedeltà della traduzione per assicurare la funzionalità dell’interfaccia testuale. Il registro del discorso: tra oralità e scrittura La scrittura per il Web sia caratterizza per una certa tendenza alla commistione i tratti tipici delle modalità comunicativa orale e scritta. Tecnicamente si tratta di testo scritto, dato che si appoggia su parole battute alla tastiera, ma il tono e l’andamento sono sovente quelli della comunicazione orale. Insomma, la caratteristica sembra essere quella di una contemporanea presenza di più registi in una forma che si potrebbe chiamare “oralità scritta”, written speech. Non è infrequente l’uso di elementi tipici della lingua parlata o della 70 lingua scritta che imita le movenze della parlato come le interiezioni e alcuni segnali discorsivi.55 Questi ultimi, come nel parlato, hanno la funzione di contrassegnare l’inizio del discorso (allora, dunque...), esplicitare l’atteggiamento del parlante verso ciò viene detto (da un certo punto di vista, in qualche modo...), o concludere il discorso (bene... arrivederci a domani). L’uso dei segnali discorsivi, a scapito, magari, della finitezza formale, propria dei testi scritti tradizionali, è giustificato dal fatto che non si può contare sulla prolungata attenzione del destinatario. Va sottolineato, però, che non tutti gli ipertesti telematici mostrano i segni di una spiccata commistione tra elementi tipici dell’oralità e della scrittura. I testi giornalistici sul Web, per esempio, si mantengono ad un livello di formalità medio e manifestano caratteristiche più prossime a quelle tipiche dei testi tradizionali. La rilassatezza formale e la presenza di tratti propri della colloquialità e dell’oralità si fanno più marcati in alcune pagine personali, nei siti che si rivolgono a gruppi ristretti di persone, o quelli che si rifanno a filoni culturali più o meno marcatamente trash. Nella traduzione dall’inglese all’italiano si presenta il problema dell’uso dei deittici personali, che puntano direttamente alle figure degli attori della comunicazione (mittente e destinatario: pronomi e verbi di prima e seconda persona), in particolare il pronome personale “you” che può essere tradotto con “tu”, “voi” o “lei”. La scelta del “tu” è adeguata per siti in cui gli utenti costituiscono una sorta di comunità di esperti o di appassionati di una stessa materia o di un dato argomento. I portali musicali, o i siti dedicati a programmatori, web designer, appassionati di calcio, ecc. sono il luogo adatto per rivolgersi agli utenti in modo informale e diretto. Nel 55 sito del giocatore di calcio Alessandro Nesta Il Serianni ci avverte del fatto che la terminologia per descrivere questi stessi elementi non è uniforme. Altri termini in uso sono “connettivi pragmatici”, “riempitivi” o “elementi di articolazione”. Si è scelto il termine “segnali discorsivi” seguendo proprio l’uso del Serianni. 71 (www.alessandronesta.it) troviamo vari esempi dell'uso del tu: “Entra anche tu a far parte della Community del Capitano!” oppure “Vieni a incontrare il tuo campione in chat!” o ancora “Personalizza il tuo Pc coi colori del Capitano!”. L'uso del tu è adeguato al tipo di utente che frequenterà il sito, crea un senso di appartenenza e invita i tifosi a visitare altre pagine del sito. La scelta del pronome allocutivo “lei” è piuttosto rara sul Web, ma può essere la scelta più adeguata nei casi in cui si instaurano rapporti formali, come per esempio quelli di tipo commerciale, con i quali si invita l’utente a scegliere o valutare un prodotto o un servizio. Si da del lei ai lettori quando ci si rivolge ad un utente specifico che deve effettuare una scelta (accettare le condizioni di un sito, acquistare un prodotto, scaricare un file, ecc.). Il lei è particolarmente indicato per i rapporti che una azienda instaura con i propri clienti e in questi casi è difficilmente sostituibile con il tu. La homepage di Viking (www.vikingop.it), una azienda che distribuisce prodotti per ufficio, utilizza il “lei” sia per i pulsanti (“Clicchi qui”) sia per altre comunicazioni ai clienti (“Vuole conoscere i nostri tempi di consegna?” oppure “Inserisca il Suo indirizzo e-mail”). Tuttavia la scelta, in questo caso non è del tutto coerente perché si riscontra nello stesso sito l’uso del “voi” e del “tu”: “Registratevi qui” e “Lavora con noi!”. Tra i siti commerciali e aziendali è, però, molto diffuso anche l’uso del “tu”. In alcuni casi è una scelta consapevole che mira ad instaurare con il possibile cliente un clima confidenziale, ma spesso l’impressione è che la scelta derivi da una cattiva traduzione dei contenuti originariamente in inglese, in cui non esiste la distinzione di diversi livelli di formalità della lingua italiana. Comunque in linea di principio si tratta di una scelta poco consigliabile per la creazione di un ambiente serio e professionale. 72 Molto spesso, soprattutto in ambito formale, si evita il ricorso a forme linguistiche che puntino direttamente al lettore. È questo il caso delle versioni online dei quotidiani, come “Il Corriere della Sera” e “La Repubblica”, e di alcune riviste elettroniche, come per esempio “Intralinaea” o “Telèma”. Diverso è il caso dei testi di argomento tecnico che appaiono più aperti e nel complesso più propensi a una scrittura relativamente amichevole. Per esempio, nei siti “Il mestiere di scrivere” oppure “Html.it” si riscontra frequentemente l’uso della secondo persona plurale: “Scrivete con onestà. Non occultate nulla, né tagliate corto. Quando scrivete di cose importanti, potete essere tentati di volare verso paradisi sicuri e familiari e adottare uno stile scontato, sentimentale o alla moda.” (Il Mestiere di Scrivere) “Immaginate le diverse aree del sito come camere diverse, con funzioni e atmosfere diverse. Naturalmente la casa avrà un suo carattere particolare, un'atmosfera, dei colori, che dipenderanno dal vostro gusto e dalle vostre preferenze.” (Html.it) 73 CONCLUSIONE Globalizzazione è la parola che circola con insistenza sulla bocca di tutti, è diventato un termine alla moda, molto elastico, dai mille usi, soprattutto dalle mille interpretazioni possibili. Volendone dare una definizione comunemente accettata, si potrebbe dire che la globalizzazione è preminentemente un fenomeno economico mirante all'integrazione dei singoli mercati nazionali in un unico mercato mondiale, il cui effetto è l’intensificazione dell’interdipendenza dei mercati e della produzione nei diversi paesi, in virtù dell’aumento di scambi di beni e servizi e dei movimenti di capitale e tecnologia. Ma la globalizzazione è anche un processo di integrazione sociale e culturale, sostenuto dalle comunicazioni di massa e da Internet. Infatti questo fenomeno tende a travolgere tutte le barriere che intralciano la formazione di un unico mercato mondiale, non solo quelle politiche ma anche quelle etniche, culturali e linguistiche. Non a caso stiamo assistendo, oltre che alla diffusione della lingua angloamericana, all’esportazione del modello culturale e sociale statunitense, in parte imposto addirittura con la forza. Se è vero, quindi, come è stato detto, che la globalizzazzione è un evento inevitabile, allora sembrerebbe che essa debba essere anche un fenomeno culturale a cui non è più possibile sottrarsi. Per usare le parole di Mark Davis "Globalization, resistence is futile!"56. Questa espressione, diventata celebre grazie ad un telefilm di fantascienza di successo57, sembra 56 Mark Davis, “Globalization: Resitance is futile”, intervento al Global Strategies Summit a San Francisco, California, il 4 Marzo 2003. 57 Nell'universo di Star Trek una razza aliena, per metà umana e per metà macchina, chiamata Borg, vaga nell'universo alla ricerca di nuove specie da sottomettere e assimilare. Prima di incorporare nel loro “collettivo” una specie, intimano la resa con le parole “We are the Borgs. Resistence is futile”. 74 particolarmente felice dal momento che riesce a cogliere sia l'ineluttabilità di questo processo, sia un certo sentimento di inquietudine che lo accompagna. Sono in molti a percepire il processo di globalizzazione come un processo di assimilazione o assoggettamento culturale. Non è inconsueto sentire parlare di globalizzazione come se si trattasse di una nuova forma di colonialismo. Molto spesso si accosta il concetto di globalizzazione al concetto di americanizzazione. Il diffondersi di parole come McWorld e McLanguage, di recente entrate nel famoso dizionario inglese MerriamWebster, testimonia la larga condivisione del concetto di globalizzazioneassimilazione. E d'altronde i fatti accaduti a Seattle e a Genova dimostrano che non sono affatto in pochi ad avvertire questa situazione di pericolo. La diffussione dei marchi McDonald’s e Coca-Cola è spesso interpretata come sintomo di un cancro culturale cha va diffondendosi, distruggendo antiche tradizioni e culture a favore del dio denaro. Il processo di globalizzazione è considerato anche un serio rischio per la democrazia e la libertà. I fenomeni economici hanno ormai assunto preminenza internazionale ed atttraverso i loro meccanismi è possibile eludere i controlli da parte dei singoli stati. Di fronte ad importanti questioni dalle quali dipendono i destini dei popoli, le istituzioni democratiche sono impotenti. I mezzi di comunicazione di massa e Internet hanno un ruolo di primaria importanza per la globalizzazione. Essi permettono di annullare le distanze fisiche tra popoli diversi e facilitano i contatti interculturali. Si parla spesso di Internet come uno strumento di unificazione cultuarle e linguistica convergente verso il modello americano. È certamente vero che una forma di affinità e un modo di esprimersi relativamente omogeneo fatalmente avrà luogo con l'espandersi del mezzo, poiché uno strumento crea senza dubbio delle affinità fra coloro che lo usano. Ma è discutibile il 75 fatto che Internet formerà una cultura unitaria, nel senso profondo della parola. Inizialmente, quando Internet era ancora dominio quasi esclusivo degli Stati Uniti, la tendenza era certamente quella verso l’appiattimento delle diversità, ma con il moltiplicarsi delle specificità culturali presenti nella Rete, la situazione è cambiata. Attualmente sembra esserci più spazio per la formazione delle culture periferiche e delle culture originali. A queste è riservato uno spazio decisamente maggiore, poiché lo strumento è agile, flessibile, e le ospita in maniera naturale. La nuova tecnologia di cui stiamo parlando facilita l’ingresso di nuove espressioni, di nuove voci, di nuove culture. Per questa ragione, avremo più pluralismo culturale. La tecnologia non invita ad omogeneizzare e ad omologare, ma piuttosto ad esprimersi con diversità. Paradossalmente, Internet favorisce la globalizzazione economica, facilitando gli scambi commerciali, ma a dispetto di quanto si è pensato in un primo momento, è un ostacolo all’omologazione culturale. Secondo molti, Internet sembrerebbe scongiurare, almeno in parte, il rischio di perdità di democrazia nel mondo globalizzato. Sono in molti a pensare che Internet darà al cittadino una grandissima quantità di informazione che gli permetterà di prendere decisioni politiche con più consapevolezza che in passato. La partecipazione dei cittadini alla vita pubblica sarà più facile grazie a queste tecnologie che avranno un ruolo importante nella difesa delle libertà e in particolare della libertà di espressione. Oggi è molto difficile imporre censure e controlli delle informazioni, grazie alla scomparsa delle frontiere nel campo dell'informazione. Ma un conto è la disponibilità di informzioni nella rete, un altro è la loro effettiva accessibilità. Infatti le informazioni vengono diffuse attraverso Internet, ma non tutti riescono ad accedervi. Innanzitutto vi è il problema del “digital divide”, ossia il divario tecnologico tra paesi industrializzati e terzo mondo. Come si può accedere 76 ad Internet dove non ci sono computer? Si può avere qualcosa di elettronico dove non c'è elettricità? Questo è un problema enorme che riguarda i due terzi dell'umanità. Un secondo problema è costituito dalle barriere linguistiche. A cosa serve poter reperire informazioni da tutto il mondo su qualsiasi argomento, se poi la maggioranza delle persone non riesce a comprendere la lingua in cui esse sono scritte? In un mondo dove popoli diversi entrano in contatto quotidianamente tra di loro, e ciascuno con le proprie individualità culturali, il ruolo del mediatore è di immensa importanza. Il lavoro del traduttore è sempre stato di grandissimo valore per la società in cui opera, sebbene sia stato spesso sottovalutato, ma oggi il mediatore linguistico diventa addirittura vitale per il funzionamento sociale del villaggio globale. In qualità di mediatore, il traduttore promuove la conoscenza reciproca tra culture diverse che spesso sono in conflitto tra di loro, favorendo la comprensione e la pace e preservando le culture stesse da una possibile omologazione. In un articolo apparso pochi giorni dopo l'undici settembre, Gabe Bokor ribadisce: "I am proud of belonging to a trade which is inherently pacifist and concerns itself with promoting good international understanding."58 L’importanza sociale, prima ancora che economica, della traduzione nel settore informatico ed in particolare nel World Wide Web è indiscussa. Ne è dimostrazione il numero enorme di documenti digitali tradotti ogni anno. Ciononostante, questo particolare genere di traduzione non è tenuta nella giusta considerazione. Solo in pochi se ne occupano, e chi lo fa generalmente affronta la questione in modo troppo generico, oppure dedica eccessiva attenzione agli aspetti tecnici a discapito di quelli linguistici e culturali. L’esigua bibliografia esistente in materia ne è la prova: tutta la letteratura scientifica, essendo prodotta principalmente da informatici, 58 Gabe Bokor, “Transaltion and International Politics”, Translation Journal, Vol.5, No. 4, 2001 77 prende in esame quasi esclusivamente le questioni tecniche del processo di localizzazione che non riguardano direttamente la traduzione. La prospettiva linguistica è troppo spesso sottovalutata e per questo trattata con superficialità se non addirittura tralasciata. Solitamente si fa rientrare la traduzione dei siti web sotto la categoria più ampia della localizzazione del software, non le si riconosce, cioè, una sua autonomia. Generalmente si ritiene che la localizzazione di pagine web sia rincoducibile a quella della documentazione elettronica. Da un punto di vista tecnico ciò è vero, poiché di regola la documentazione dei software è prodotta, esattamente come i siti web, in HTML. Ma dal punto di vista linguistico e delle rilevanza culturale le due cose non possono assolutamente essere accostate. In aggiunta bisogna sottolineare la difficoltà delle università europee, e soprattutto italiane, nel produrre una riflessione approfondita su questi problemi e di formare dei localizzatori capaci di confrontarsi con tutti gli aspetti della localizzazione. È curioso notare come in Italia esista un solo corso universitario per localizzatori, peraltro istituito solo recentemente. Inoltre, secondo stime recenti il numero di traduttori che operano in Italia in questo settore non supera le 300 unità su 20.000 traduttori censiti nel 200159. La conseguenza è che spesso la traduzione dei documenti digitali viene curata da persone senza specifiche competenze linguistiche. È inevitabile che la qualità dei prodotti localizzati e della inerente riflessione teorica ne siano influenzate negativamente. Nel contesto appena delineato, questa tesi ha inteso approfondire alcune riflessioni di carattere descrittivo e teorico sulle nuove forme espressive che impiegano tecnologie digitali e che sono destinate alla pubblicazione in Rete. Constatando l’assenza di studi teorici sulla traduzione o, meglio, sulla localizzazione di questi nuovi prodotti, essa ha 59 Alessandra Di Pofi et al., “Introduzione alla localizzazione”, Il traduttore Nuovo, 2002. 78 cercato di fornire qualche spunto per una riflessione che si sforzi di cogliere quanto sta succedendo, anche considerando la progressiva espansione e la rapidissima trasformazione della pratica traduttiva. 79 ARTICOLI TRADOTTI 80 TRANSLATION VERSUS LOCALISATION By Bert Esselink60 Most likely, you will have heard or read about terms like localization and globalization. Apparently the whole world is globalizing and we are all localizing... but where does that leave translation? Is localization a new, hyped word for translation? Is localization a subset of translation, or vice versa? Are any translators working in this so-called localization industry, or is it just techies? As a trained translator and author of A Practical Guide to Software Localization, many people have asked me the same question: "What's the difference between localization and translation". In my first contribution to tranfree , I will try to answer this question as clearly as I can, realizing it's just one more theory... To compare translation with localization, I'm using the following categories: - activities - complexity - adaptation level - technology used Activities Traditionally, translation is only one of the activities in projects where material is transferred from one language into another. Other activities that can be distinguished in traditional translation projects include terminology research, editing, proofreading, and page layout. In localization, many more activities have been added to this list. Examples of activities in localization which are not necessarily part of traditional translation are multilingual 60 Bert Esselink, “Transaltion versus Localisation”, Tranfree, n.10, 2000. 81 project management, software and online help engineering and testing, conversion of translated documentation to other formats, translation memory alignment and management, multilingual product support, and translation strategy consultancy. Most large, multi-language localization agencies focus on these additional activities and outsource core translation activities to freelance translators. Typically, only final language quality assurance is performed in- house by these vendors. Complexity Compared to traditional translation projects, managing software or web localization projects can be very complex. First of all, localization projects contain a large number of components, such as software, sample files, online help, online and printed documentation, collateral materials such as product boxes and disk labels, and multimedia demos. In most cases translation starts before the source material is final, so in most localization projects the source files are updated several times during translation. Because volumes are usually very large and all components contain dependencies, managing localization projects is a tricky task. Large volumes and tight deadlines require teams of translators, who all need to be reviewed carefully to maintain consistency. For example, when translator A translates the software and translator B the online help files, all references to the running software translated by translator B in the online help must exactly match the software translations that translator A has chosen. Also planning localization projects is a complicated task, because many tasks depend on completion of previous tasks. For example, screen captures of localized software to be included in the online help or documentation cannot be created until the localized software has been engineered and tested. 82 Adaptation Level Localization is derived from the word locale, which is defined in the Collins Cobuild Dictionary as "a small area, for example the place where something happens or where the action of a book or film is set". In a software localization context, a locale is a region which is defined by a number of characteristics, such as language, culture, and all types of regional standards such as character set, currency, default page sizes, address formats, custom calendars, date/time formats, and other things that give many American software developers headaches. For example, a language is French, a locale is the region in Canada where French is spoken. In software localization projects, all local characteristics need to be implemented in the final product. A truly localized product shouldn't only be in the target language but should also use default settings for the target locale. So, a product sold in Germany should automatically use A4 as default page size, support input and output of accented characters, and display currency amounts using Marks and Euros instead of dollars. Apart from technical adaptations to software code, often complete rewrites (sometimes called transcreations) of sample files or marketing material need to be done before it is acceptable for a certain target locale. Even though the situation seems to be changing slightly, still too many software products developed in the U.S. are too focused on the U.S. market only. Technology Used In software localization, the integration of translation technology is ahead of traditional translation. Because of the nature of software products and web sites, which are highly repetitive, and updated on a regular basis, 83 smart re- use of existing translations has become a competitive advantage and the use of translation memory a must. Most software products are updated at least once a year, and web sites are often updated on a daily basis. As a result, translation memory tools have been used successfully for many years in the localization industry. Other examples of translation technology that is widely applied in the localization industry are software localization tools for software user interface translations, terminology extraction and management tools, and machine translation. To sum up, localization has never and will never replace translation. It's just a term used to cover all activities related to adapting a software product or web site to be used in a target locale. Translation will always remain one of the most important activities in any localization project. 84 TRADUZIONE E LOCALIZZAZIONE di Bert Esselink Con ogni probabilità avrete già sentito parlare di localizzazione e globalizzazione. Apparentemente il mondo intero si sta globalizzando e noi tutti ci stiamo localizzando... ma qual è il ruolo della traduzione in tutto questo? Localizzazione è un un nuovo termine alla moda per denominare la traduzione? La localizzazione è un tipo di traduzione, o viceversa? Nella cosiddetta industria della localizzazione lavorano anche traduttori, oppure ci sono solo dei tecnici? Essendo un traduttore qualificato e l’autore del libro A Practical Guide to Sofware Localization (Guida pratica alla localizzazione dei software), molte persone mi hanno posto la stessa domanda: “Qual è la differenza tra localizzazione e traduzione?” Nel mio primo articolo per Tranfree cercherò di rispondere proprio a questa domanda nel modo più comprensibile possibile, rendendomi conto che si tratta solo di un’altra teoria... Al fine di confrontare la traduzione con la localizzazione userò le seguenti categorie: - attività - complessità - livello di adattamento - tecnologie impiegate Attività In progetti nei quali del materiale è trasposto da una lingua all'altra abitualmente la traduzione è solo una delle attività da svolgere. Le altre attività che possono essere distinte nei progetti di traduzione tradizionali includono la ricerca terminologica, l’editing, la revisione e l’impaginazione. Nella localizzazione molte altre attività si aggiungono a 85 questa lista. Per esempio le attività inerenti alla localizzazione che non fanno necessariamente parte della traduzione tradizionale sono la gestione di progetti multilingue, lo sviluppo e la verifica del software della guida in linea, la conversione del materiale tradotto in formati diversi, l'allineamento e la gestione delle memorie di traduzione, l'assistenza in lingua e la consulenza sulle strategie di traduzione. La maggior parte delle agenzie di localizzazione multilingue si concentrano su queste attività aggiuntive e affidano la traduzione vera e propia a traduttori esterni. Normalmente i produttori si occupano solo della verifica finale della qualità linguistica. Complessità In confronto alla traduzione classica, gestire un progetto di localizzazione di software e o di un sito web può essere molto complesso. Innanzitutto i progetti di localizzane contengono un gran numero di componenti, come il software, i file campione, la guida in linea, la documentazione digitale e stampata, materiale a corredo come per esempio l’imballaggio del prodotto, le etichette dei dischi, e i demo multimediali. In molti casi la traduzione inizia ancora prima che il materiale di partenza sia giunto alla versione finale. Per questo i file originali devono essere aggiornati diverse volte durante la traduzione. Poiché generalmente il volume è molto ampio e i componenti contengono degli annessi, gestire dei progetti di localizzazione può essere un compito difficile. Molto lavoro e scadenze strette rendono necessario l’impiego di gruppi di traduttori, il cui lavoro deve essere revisionato al fine di mantenere la coerenza. Se per esempio, il software è tradotto da un traduttore e la guida in linea da un altro, allora tutti i riferimenti al software della guida devono corrispondere alle scelte traduttive fatte dal primo traduttore. 86 Anche la programmazione di progetti di localizzazione è un compito complesso, perché molte attività dipendono dal completamento di quelle precedenti. Per esempio, le immagini delle schermate da includere nella guida in linea o nelle documentazione non possono essere prodotte fin quando il software localizzato non è stato sviluppato e collaudato. Livello di adattamento Localizzazione deriva dalla parola inglese locale che è definita dal Collins Cobuild Dictionary come un'area ristretta, per esempio il luogo dove accade qualcosa o nel quale è ambientata l'azione di un libro o di un film. Nel contesto della localizzazione del software si tratta di una regione caratterizzata da una serie di particolarità, come la lingua, la cultura e tutti i tipi di standard regionali, come l'alfabeto, la valuta, la dimensione standard delle pagine, le feste nazionali, i formati degli indirizzi, della data e dell’orario e tutte le altre cose che procurano ai progettisti di software americani dei grattacapi. Per esempio, una lingua è il francese e un locale è la regione canadese dove questa lingua è parlata. Nella localizzazione tutte queste caratteristiche locali devono essere conglobate nel prodotto finale. Un prodotto totalmente localizzato non dovrebbe soltanto far uso della lingua di destinazione, ma dovrebbe anche essere impostato sulle opzioni tipiche per il luogo per cui è stato realizzato. Quindi un prodotto da vendere in Germania dovrebbe far uso automaticamente della dimensione della pagina A4, supportare l’input e l’output di caratteri accentati e indicare le valute in Marchi e in Euro anziché in Dollari. Oltre all’adattamento tecnico del codice sorgente, spesso è necessario operare una riscrittura completa (a volte chiamata transcreazione) dei file campione e del materiale di marketing al fine di renderli soddisfacenti per il 87 mercato di destinazione. Anche se la situazione sta cambiando leggermente, ancora troppi prodotti software sviluppati negli Stati Uniti sono ancora specifici per il solo mercato americano. Le tecnologie impiegate Nella localizzazione l’integrazione di strumenti elettronici nel processo traduttivo è più avanzata rispetto alla traduzione tradizionale. Poiché i software e i siti web sono per loro natura molto ripetitivi e devono essere aggiornati regolarmente, un riutilizzo di traduzioni già esistenti è diventato un vantaggio competitivo e l'uso delle memorie di traduzione è ormai obbligatorio. La maggior parte dei software sono aggiornati almeno una volta all’anno e i siti web spesso anche giornalmente. Per questo motivo nell’industria della localizzazione le memorie traduttive sono usate con successo da molti anni. Altri esempi di tecnologie largamente applicate nell’industria della localizzazione sono gli strumenti per la traduzione delle interfacce utente, gli strumenti per la ricerca e la gestione terminologica e la traduzione automatica. Riassumendo, la localizzazione non ha rimpiazzato, né rimpiazzerà mai la traduzione. Il termine è usato solo per descrivere tutte le attività inerenti all’adattamento di un prodotto software o di un sito web al mercato a cui sono destinati. La traduzione rimarrà sempre una delle attività più importanti dei progetti di localizzazione. 88 TRANSLATION TECHNOLOGY By bert Esselink61 This is my second contribution in a series of four articles about software localisation. The previous article discussed the differences between translation and localisation, and below I will cover the types of translation tools that are used by translators working for localisation service providers. First of all, a distinction needs to be made between machine translation (MT) tools and computer aided translation (CAT) tools. Where machine translation tries to replace a translator to a certain extent, computer aided translation tools support the translator by preventing repetitive work, automating terminology lookup activities, and recycling previously translated texts. Machine translation has not been applied much in the software localisation industry mainly because, unlike in the automotive and aerospace industries, software publishers never really created their documentation in a structured way that would make machine translation successful. Even though this seems to be gradually changing, I will focus on computer aided translation tools in order to reflect current practices in the localization industry. Computer aided translation tools, also called computer assisted translation tools, can be categorized as follows: - Translation Memory tools - Terminology tools - Software Localization tools 61 Bert Esselink, “Translation Technology”, Tranfree, n.11, 2000. 89 The first two types, translation memory and terminology tools, are typically combined for translation of documentation, online help, or html text. Software localization tools are used to translate and test software user interfaces, i.e. dialog boxes, menus, and messages. Translation Memory tools Basically, a translation memory system is no more than a database which stores translated sentences. When a source text is imported into a translation memory tool, the text is segmented. Usually segmentation is performed at sentence level, where segments are separated by colons, commas, question marks, etc. However, it is also possible to segment texts on a paragraph basis, where segments are separated by paragraph marks. Each segment is a record in the translation memory database, and each record can store several fields, such as source text segment, translated segment, language, name of translator, date of translation, or type of text. The number of possible data fields in records differs per translation memory tool. When text segmented by a translation memory tool is translated, all translations are automatically stored in the records containing the source segments. If identical or similar sentences occur in the source text, the translations are automatically retrieved from the database and inserted into the target text. An identical segment that is automatically translated is called a full match; a similar sentence that is automatically translated is called a fuzzy match. Obviously, fuzzy matches need to be post-edited to make them correspond to the source text. A fuzzy match is for example a sentence where only one word has changed. On large projects, translation memory databases can be shared amongst a team of translators. This means that if translator A has translated a sentence which also occurs in the text that translator B is translating, A's 90 translation will automatically be retrieved from the translation memory database and inserted in B's target text. Naturally, translation memory tools are especially useful on large volume texts, which contain a lot of repetitive text and where translations can be created on a one-to-one sentence basis. Using translation memory tools to translate marketing text or adverts is not a good idea, simply because those types of texts often require many adjustments, rewrites, and other modifications. In the software localisation industry, translation memory tools have always been very popular because of the short life cycle of software products. Most software products are updated at least once a year, and reusing translations of previous versions will decrease time to market of localised versions drastically. Examples of translation memory tools are Trados Translator's Workbench (http://www.trados.com/), Atril Déjà Vu (http://www.atril.com/), and STAR Transit (http://www.star-ag.ch/). Terminology tools In localisation, terminology management is usually dealt with in a very basic manner. Localisers typically don't create or use large multilingual terminology databases with term definitions, context, grammatical information, source, etc. Instead, in most cases only bilingual glossaries of translated terms or phrases are used, for example all translated terms from the software user interface, e.g. menu options, dialog box items, etc. For this reason, not only are professional terminology management tools used, but also basic glossary tools with search features. Most translation memory tools come with terminology management applications which can be linked to the translation memory for automatic terminology lookup. Automatic terminology lookup means that terms in the 91 source text which are found in the dictionary or terminology database are automatically displayed with their translations. Examples of terminology tools are Trados Multiterm (http://www.trados.com/), Atril TermWatch (http://www.atril.com/) or STAR TermStar (http://www.star-ag.ch/). Software Localisation tools Special tools have been developed to translate graphical user interfaces of software applications, i.e. the dialog boxes, menus, and messages that are displayed on a computer screen. These tools allow translators to view their translations in context. For example translations can be entered directly in a dialog box and then saved. Software localisation tools also contain features for automatically translating updated software with previously translated versions, and for running basic tests on localized software, for example checking if no translated text has been truncated in the screens because of space restrictions. Examples of software localisation tools are Corel Catalyst (now Alchemy Catalyst - http://www.alchemysoftware.ie/) and Passolo (http://www.passolo.com/). The Next Generation Even though many translators still need to get acquainted with traditional translation technology such as translation memory, the next generation translation tools have already been introduced. Companies like e-Translate and Uniscape offer automated internet-based translation workflow solutions that automate many steps in translation projects. Texts are not only transferred automatically through each translation and review phase, but databases containing the source text are linked to translation 92 technology that detects changed content and then first pre-translates it using a combination of translation memory and machine translation before it is forwarded to a human translator for post-editing. These so-called translation portals and internet-based translation management solutions are especially designed to deal with frequently changing content, such as text published on daily updated web sites. For more information about these types of translation technology, visit http://www.uniscape.com/ or http://www.etranslate.com/. Technology and the web will totally change the way translations have been done for many centuries. Frequently updated content, geographically distributed resources, and pressure to keep prices down will result in further integration of technology and workflow automation in translation processes. Undoubtedly the tools can be developed quickly, but the real challenge will be to keep producing quality translations and to still enjoy translating. 93 TECNOLOGIA PER LA TRADUZIONE di Bert Esselik Questo è il mio secondo contributo in una serie di quattro articoli sulla localizzazione. L’articolo precedente ha esaminato le differenza tra la traduzione e la localizzazione. Qui invece mi occuperò dei diversi tipi di strumenti usati dai traduttori che lavorano per fornitori di servizi di localizzazione. Innanzitutto va fatta una distinzione tra gli strumenti di traduzione automatica (MT – machine translation) e gli strumenti di traduzione assistita (CAT – computer aided translation). Mentre i primi entro certi limiti mirano a sostituire il traduttore, i secondi agevolano il lavoro del traduttore, evitandogli il lavoro ripetitivo, automatizzando la ricerca terminologica e riutilizzando i testi già tradotti. L’uso della traduzione automatica non si è diffuso molto nell’industria della localizzazione, soprattutto perché, al contrario dell’industria automobilistica e aerospaziale, i produttori di software non hanno mai prodotto una documentazione strutturata in modo tale da rendere efficace la traduzione automatica. Anche se questa situazione sembra evolversi gradualmente, mi occuperò qui solo degli strumenti di traduzione assistita al fine di descrivere la pratica corrente nell'industria della localizzazione. Gli strumenti di traduzione assistita possono essere categorizzati nel modo seguente: - Memorie traduttive - Strumenti di gestione terminologica - Strumenti di localizzazione 94 I primi due tipi di strumenti sono normalmente usati insieme per la traduzione della documentazione, la guida in linea e i testi in HTML. Gli ultimi sono usati per tradurre e collaudare le interfacce utente, ovvero le finestre di dialogo, i menu, e i messagi. Le memorie traduttive Fondamentalmente una memoria traduttiva non è altro che una banca dati che memorizza delle frasi tradotte. Il testo di partenza, una volta importato nella memoria traduttiva, viene segmentato. La segmentazione avviene di solito al livello della frase, dove i due punti, le virgole, i punti interrogativi ecc. fungono da separatori. Comunque è possibile dividere il testo anche in paragrafi, in quel caso sono i segni di interruzione del paragrafo a marcare la fine di un segmento. Ogni segmento costituisce un record del database, che a sua volta contiene più campi: segmento originale, segmento tradotto, lingua, nome del traduttore, data di traduzione e tipi di testo. Il numero dei campi possibili nei record varia da strumento a strumento. Quando un testo segmentato da una memoria traduttiva viene tradotto, i segmenti d'arrivo sono archiviati automaticamente nei record contenenti il segmento di partenza. Se nel testo originale si ripentono frasi simili, le rispettive traduzione sono reperite automaticamente dal database e inserite nel testo d’arrivo. Nel caso della traduzione automatica di segmenti identici si parla di corrispondenza totale (full match); quando i segmenti sono soltanto simili allora si parla di corrispondenza parziale (fuzzy match). Ovviamente le corrispondenze parziali vanno rielaborate affinché corrispondano al testo di partenza. Un caso del genere si ha, per esempio, quando in una frase cambia solo una parola. 95 In progetti di dimensioni più vaste, i database delle memorie traduttive possono essere condivisi da un gruppo di traduttori. Questo significa che, se un traduttore ha già tradotto una frase presente nel testo di un altro traduttore, la traduzione del primo è richiamata automaticamente e inserita nel testo d’arrivo del secondo. Chiaramente questi strumenti risultano particolarmente utili per testi di una certa lunghezza, che contengano un gran numero di ripetizioni e dove la traduzione può essere eseguita frase per frase. Utilizzare le memorie traduttive per testi pubblicitari o di marketing non è una buona idea, semplicemente perché questi tipi di testi richiedono molti aggiustamenti, riscritture e altre modifiche. Nell’industria della localizzazione le memorie traduttive sono sempre state molto diffuse a causa del breve ciclo di vita dei prodotti software. La maggior parte dei software è aggiornato almeno una volta all’anno e il riutilizzo delle traduzioni precedenti riduce drasticamente i tempi di commercializzazione delle versioni localizzate. Delle memorie traduttive sono, per esempio, Trados Translator’s Workbench (http://www.trados.com/), Atril Déjà Vu (http://www.atril.com/), e STAR Transit (http://www.star-ag.ch/). Strumenti di gestione terminologica Nella localizzazione la gestione terminologica è affrontata in maniera elementare. I localizzatori normalmente non creano, né usano banche dati terminologiche multilingue, che contengono la definizione dei termini, il contesto, informazioni grammaticali, la fonte ecc. Nella maggior parte dei casi si fa uso soltanto di glossari bilingue dei termini o delle espressioni tradotti, per esempio, quelli dell’interfaccia utente: le opzioni dei menu, gli elementi delle finestre di dialogo ecc. Per questo motivo oltre agli strumenti 96 di gestione terminologica professionali si impiegano anche dei semplici glossari con la funzione di ricerca. La maggior parte delle memorie traduttive comprendono delle applicazioni per la gestione terminologica, che possono essere collegati alle memorie per la ricerca automatica dei termini. Questo significa che i termini del testo di partenza trovati nel dizionario o nella banca dati terminologica appaiono automaticamente insieme alla loro traduzione. Strumenti di gestione terminologica sono, per esempio Trados Multiterm (http://www.trados.com/), Atril TermWatch (http://www.atril.com/) o STAR TermStar (http://www.star-ag.ch/). Strumenti di localizzazione Per la traduzione dell’interfaccia grafica delle applicazioni, cioè le finestre di dialogo, i menu e i messaggi che compaiono sullo schermo, sono stati sviluppati strumenti particolari. Questi permettono di vedere la traduzione nel suo contesto. Per esempio la traduzione può essere inserita direttamente nella finestra di dialogo per poi essere salvata. Gli strumenti di localizzazione contengono anche delle funzionalità per la traduzione automatica degli aggiornamento del software, usando versioni tradotte precedentemente, e per eseguire delle semplici verifiche sul software localizzato, per esempio controllando che la traduzione non appaia troncata sullo schermo a causa dello spazio ristretto. Strumenti di localizzazione sono, per esempio, Corel Catalyst (adesso Alchemy Catalyst - http://www.alchemysoftware.ie/) e Passolo (http://www.passolo.com/). La prossima generazione Mentre molti traduttori non hanno ancora preso confidenza con le tecnologie tradizionali per la traduzione, come le memorie traduttive, la 97 nuova generazione di strumenti per la traduzione è già stata introdotta. Aziende come e-Translate e Uniscape offrono soluzioni per un processo traduttivo automatizzato basato su Internet, che meccanizzano molte fasi dei progetti di traduzione. Non solo i testi sono trasferiti automaticamente attraverso ogni fase di traduzione e revisione, ma anche i database contenenti il testo di partenza sono collegati a degli strumenti che individuano le variazioni nel contenuto e producono una prima traduzione, usando in combinazione la memoria traduttiva e la traduzione automatica, prima di inoltrarlo al traduttore umano per il post-editing. Questi cosiddetti portali traduttivi e soluzioni per la gestione della traduzione basata su Internet sono stati ideati soprattutto per occuparsi dei contenuti modificati di frequente, come per esempio i testi pubblicati in siti web aggiornati quotidianamente. Per maggiori informazioni su questo tipo di tecnologia per la traduzione visita http://www.uniscape.com/ o http://www.etranslate.com/. La tecnologia e il Web cambieranno completamente quello che è stato per molti secoli il modo di tradurre. I contenuti aggiornati di frequente, risorse distribuite geograficamente e le pressioni a tenere bassi i prezzi provocheranno una maggiore integrazione delle tecnologie e dell'automatizzazione delle procedure nel processo traduttivo. Indubbiamente è possibile sviluppare in poco tempo gli strumenti, ma la sfida sarà quella di proseguire a produrre delle traduzioni di qualità e continuare a farlo con piacere. 98 THE LOCALISATION INDUSTRY By Bert Esselink62 This is my third contribution in a series of four articles about software localisation. The first article discussed the differences between translation and localisation, and the second provided an overview of translation technology. In this article, I will focus on the localisation industry and introduce the history, major players and industry organisations. History Starting in the early 1980s, many software publishers realised they had to localise their products, mainly as a requirement to sell them overseas. Before that time, software was mainly published in the language the developers happened to speak. At that time most large software publishers would either use individual freelance translators, single-language vendors, or in- house translation departments to perform the translation work. Smaller software publishers often requested translations from distributors or local sales people with no translation experience. Software publishers saw their in-house translation departments grow quickly through large volumes of translatable text in software applications and documentation. Most of them started looking for outsourcing possibilities in order to focus on their core business and keep headcounts down. Not only was the workload for internal translation departments very unpredictable, also multi-language project management was causing them headaches, especially in projects involving dozens of languages. The demand for outsourcing of translation activities combined with the large volumes and high complexity of jobs automatically resulted in the start-up of the first multi-language vendors (MLVs), who mainly focused 62 Bert Esselink, “The Localisation Industy”, Tranfree, n.12, 2000. 99 on large-volume translation projects into multiple languages. Most MLVs also offered project management of these large, complex, and time-critical translation projects. MLVs were either start-ups, for example the INK network in Europe, or large divisions of established companies, such as Berlitz's translation division, now called GlobalNET. Still, many software publishers were experiencing bottlenecks just before their multilingual product releases, for example in their engineering and testing departments who suddenly found themselves having to test multiple language versions instead of just one English version. This called for an extended outsourcing model, which really took off in the beginning of the 1990s. Apart from translation services, MLVs also started offering engineering, testing, desktop publishing, printing, and support services. This period can be considered as the start of localisation as we now know it. With teams of translators, project managers, engineers, testers, and desktop publishers, MLVs could provide one-stop multilingual solutions to software publishers. An important trend that started taking shape in the late 1990s was the consolidation of the localisation industry. Many localisation vendors either merged with others or were acquired in order to achieve more market share, a better geographical spread, or additional skills. In the 1990s, the number of large localisation vendors decreased from 30 to 10. Examples of major consolidations taking place in the late 1990s were the acquisitions of Mendez by Lernout & Hauspie, LMI by Berlitz, and (very recently) ILE/IC (INT'L.com) by Lionbridge. The yearly growth of the localisation industry since the beginning of the 1990s has averaged 30%, and in 2000 total revenues are in the range of US$ 6 billion. The most popular languages into which products are localised are French, Italian, German, Spanish (FIGS), Brazilian 100 Portuguese, and Japanese. In 80% of the localisation work outsourced by clients, the source language is English. MLVs and SLVs Today, at the beginning of 2000, the major players in the localisation industry are the following companies: - ALPNET - Lionbridge - Berlitz GlobalNET - Bowne Global Solutions - Lernout & Hauspie - SDL These companies are all examples of multi-language vendors (MLVs) offering a wide range of services besides localisation, varying from SGML/XML consulting and large volume documentation translation and publishing (ALPNET), to multilingual internet services and testing (Lionbridge), from speech technology (Lernout & Hauspie) to language training (Berlitz). Revenues of these companies are approximately US$ 70 million. The second tier of multi-language vendors are companies such as the localisation department of Sykes. Even though these MLVs usually get the most publicity, most of the revenue in the translation and localisation industry is still generated by the thousands of single-language vendors (SLVs) and freelance translators that are active in every country. SLVs typically focus on one target language, have 1 to 30 employees, and offer mainly translation and desktop publishing services. Most SLVs work for MLVs; freelance translators usually work for both MLVs and SLVs. 101 Organisations In 1990 the Localisation Industry Standards Association (LISA) was founded in Switzerland. LISA defines its mission as "promoting the localisation and internationalisation industry and providing a mechanism and services to enable companies to exchange and share information on the development of processes, tools, technologies and business models connected with localisation, internationalisation and related topics". LISA organises quarterly forums and regular workshops in which members can exchange information and attend training. These forums typically deal with business aspects of localisation and globalisation. Very little attention is paid to the activities and issues of translators. For more information about LISA, visit their Web site at www.lisa.org. In Ireland two organisations were founded in the 1990s to establish contacts between software publishers, localisation service providers and universities in and around Dublin. The Localisation Research Centre (LRC) was established at the University of Limerick in April 1998 as the result of a merger between the Centre for Language Engineering and the Localisation Resources Centre. The Software Localisation Interest Group (SLIG) is a special interest group for all parties involved in software localisation. It was founded by the Localisation Resources Centre in February 1994. For more information about LRC and SLIG visit their Web sites at lrc.csis.ul.ie and http://www.slig.ie/ respectively. Training & Further Reading Not many opportunities exist for translators to be trained in localisation processes and tools. Most localisation firms train their staff internally. Translation and language schools and universities typically do not supply technically aware translators. 102 Standard technologies such as translation memory tools are often not even covered in translation or language studies. Over the past few years, several surveys were conducted to research how educational establishments could change their curricula to better train translators for the "real world". Examples of these surveys are: - LEIT: Short for LISA Education Initiative Taskforce, a commission that was formed in March 1998 and consists of representatives from universities in the U.S. and Europe. More information at www.ttt.org/leit. - LETRAC: Short for Language Engineering for Translators Curricula, a project funded by the European Commission. More information at www.iai.uni-sb.de/LETRAC. - CLP: Short for Certified Localisation Professional, a project initiated by the Irish Software Localisation Interest Group, and several industry leaders. More information at lrc.csis.ul.ie/CLP. Currently, very few translation schools or language universities specialise in localisation. There's a post-graduate course in localisation at the University of Limerick in Ireland, and some institutes integrate localisation modules into their translation education. Not much information is available about localisation which is especially for translators. To fill this gap, A Practical Guide to Software Localisation was written. The book was published in 1998 and a new edition will be published in the second half of 2000. It can still be ordered through http://www.amazon.com/ or http://www.benjamins.com/. 103 Future Developments It is difficult to predict how the industry will develop in the next few years, especially because localisation is more fragmented than ever and everybody seems to be questioning what the localisation industry actually encompasses. Where localisation firms once distinguished themselves from traditional translation companies by specialising in translation, engineering and testing of software applications, now most of them are migrating to web localisation solutions. Since the web is obviously not limited to software publishers only, many localisation firms find themselves again translating large volume web-based product and marketing information which might have nothing to do with software applications, just like the good old days of translation. In other words, the localisation industry will most likely slowly integrate back into the translation industry. And when large localisation firms such as Lionbridge and ALPNET keep moving upstream in the publishing process and offering content creation and product support solutions, today's localisation industry will soon be called the "multilingual solutions industry". 104 L’INDUSTRIA DELLA LOCALIZZAZIONE Di Bert Esselink Questo è il mio terzo contributo in una serie di quattro articoli sulla localizzazione. Il primo ha esaminato le differenze tra la traduzione e la localizzazione, il secondo ha fornito una panoramica sulle tecnologie impiegate nella traduzione. In questo articolo mi occuperò dell’industria della localizzazione, introducendone la storia, i principali attori e le maggiori organizzazioni industriali. Storia Fin dai primi anni ottanta molti produttori di software si resero conto di dover localizzare i loro prodotti soprattutto al fine di venderli all’estero. Prima di allora il software era prodotto principalmente nella lingua dei progettisti. La maggior parte dei grandi produttori impiegava per il lavoro di traduzione singoli traduttori freelance, agenzie single-language, oppure reparti interaziendali. Spesso produttori più piccoli richiedevano le traduzioni alle società distributrici o ai venditori locali senza che questi avessero alcuna esperienza di traduzione. I produttori di software assistevano alla rapida crescita dei loro reparti interaziendali dedicati alla traduzione a causa della grande quantità di testi nelle applicazioni software e nella documentazione. In molti cominciarono a considerare la possibilità di appaltare questo lavoro al fine di potersi concentrare sulle attività principali e di mantenere basso il numero dei dipendenti. Non solo il carico di lavoro per i reparti interni di traduzione era imprevedibile, ma anche la gestione dei progetti multilingue causavano delle noie, specialmente in progetti che coinvolgevano dozzine di lingue. 105 La necessità di appaltare le attività di traduzione insieme alla mole e la complessità del lavoro determinò l’avviamento delle prime agenzie multilingue (MLVs - multi-language vendors), che si concentrarono soprattutto su progetti di traduzione di grandi dimensioni in più lingue. Gran parte dei MLVs offrivano anche la gestione di questi grandi, complessi progetti che richiedono una attenta gestione dei tempi. I MLVs erano nuove aziende, per esempio la rete INK in Europa, oppure grandi reparti di aziende affermate, come il reparto traduzione della Berlitz, adesso chiamata GlobalNET. Ciononostante molti produttori di software si trovarono ad affrontare dei colli di bottiglia poco prima della messa in commercio dei loro prodotti in più lingue. Questo capitò, per esempio, nei loro reparti di sviluppo e collaudo che invece della versione inglese si ritrovarono improvvisamente a dover collaudare versioni multilingue. Questo richiese un esteso modello di appalto che si diffuse finalmente all’inizio degli anni novanta. Oltre ai servizi di traduzione, i MLVs iniziarono ad offrire anche servizi di sviluppo, collaudo, desktop publishing, stampa e supporto. Questo periodo può essere considerato l’inizio della localizzazione così come la conosciamo oggi. Con delle equipe di traduttori, project manager, sviluppatori, collaudatori, desktop publisher, i MVLs potettero offrire ai produttori di software delle soluzioni multilingue complete. Una tendenza importante che inizio a prendere forma alla fine degli anni novanta fu il consolidamento dell’industria della localizzazione. Molti localizzatori si fusero con altre o furono acquisite al fine di conquistare maggiori quote di mercato, una migliore copertura geografica o competenze aggiuntive. Negli anni novanta il numero delle grandi agenzie di localizzazione diminuì da 30 a 10. Esempi per i principali consolidamenti avvenuti in quegli anni sono l'acquisizione di Mendez da 106 parte di Lernout & Huspie, di LMI da parte di Berlitz e (recentemente) di ILE/IC (INT’L.com) da parte di Lionbridge. Il tasso di crescita annuale dell’industria della localizzazione dall’inizio degli anni novanta è stato mediamente del 30% e nel 2000 le entrate totali si aggirano intorno ai 6 miliardi di Dollari. Le lingue più comuni nelle quali si localizzano i prodotti sono il francese, l’italiano, il tedesco, lo spagnolo (FIGS), il portoghese brasiliano e il giapponese. Nell’80% del lavoro di localizzazione appaltato la lingua di partenza è l’inglese. MLVs e SLVs Oggi, all’inizio del 2000, i principali attori dell’industria della localizzazione sono le seguenti aziende: - ALPNET - Lionbridge - Berlitz GlobalNET - Bowne Global Solutions - Lernout & Hauspie - SDL Tutte queste aziende sono esempi di agenzie multilingue (MVLs) che accanto alla localizzazione offrono una vasta gamma di servizi, che varia dalla consulenza per SGML/XML e la traduzione e pubblicazione di documentazioni di vaste dimensioni, ai servizi internet multilingue e al collaudo (Lionbridge); dalla sintesi vocale (Lernout & Hauspie) alla formazione linguistica. Le entrate di queste aziende ammontano approssimativamente a 70 milioni di Dollari. Il secondo tipo di MLVs sono le aziende come il reparto di traduzione di Sykes. 107 Anche se queste MLVs ricevono solitamente la maggiore attenzione, la gran parte delle entrate nell'industria della traduzione e della localizzazione è ancora generata dalle migliaia di agenzie che si occupano di una sola lingua (SLVs – single-language vendors) e dai traduttori freelance attivi in ogni paese. I SLVs di regola si concentrano su una sola lingua d’arrivo, hanno da 1 a 300 dipendenti e offrono principalmente servizi di traduzione e desktop publishing. La maggior parte dei SLVs lavorano per i MLVs; i traduttori freelance normalmente lavorano per entrambi. Organizzazioni Nel 1990 è stata fondata in Svizzera la LISA (Localization Industry Standard Association). La LISA definisce la propria missione “promuovere l’industria della localizzazione e della internazionalizzazione e fornire un meccanismo e servizi per permettere alla società di scambiarsi e di condividere le informazioni sugli sviluppi dei processi, degli strumenti, le tecnologie e i modelli commerciali riguardanti la localizzazione, l’internazionalizzazione ed argomenti ad esse connessi”. La LISA organizza dei forum trimestrali e dei seminari durante i quali i membri possono scambiarsi informazioni e frequentare dei corsi. Questi forum normalmente riguardano gli aspetti commerciali della localizzazione e della globalizzazione. Si presta poca attenzione alle attività e alle questioni dei traduttori. Per maggiori informazioni sulla LISA si consulti il loro sito all’indirizzo www.lisa.org. In Irlanda negli anni novanta sono state fondate due organizzazioni con il fine di stabile dei contatti tra i produttori di software, i fornitori di servizi di localizzazione e le università di Dublino e dintorni. 108 Il LRC (Localisation Research Centre) è stato istituito presso l'Università di Limerick nel aprile 1998. Esso è il risultato della fusione tra il Centre for Language Engineering e il Localisation Resources Center. Il SLIG (Software Localisation Interest Group) è un particolare gruppo d’interesse per tutte le parti coinvolte nella localizzazione dei software. Esso è stato fondato dal LRC nel febbraio 1994. Per maggiori informazione sul LRC e SLIG si consulti le loro pagine web rispettivamente agli indirizzi http://lrc.csis.ul.ie e http://www.slig.ie. Formazione e letture d’approfondimento Per i traduttori non esisto molte opportunità di essere formati per il processo di localizzazione e per l’uso degli strumenti. Molte aziende che si occupano di localizzazione formano esse stesse il loro personale. Le scuole e le facoltà di lingue e traduzione normalmente non forniscono traduttori tecnicamente preparati. Tecnologie standard come le memorie traduttive spesso non sono considerate nei programmi di studio in lingue e traduzione. Negli ultimi anni sono state realizzate diverse indagini su come le istituzioni scolastiche possano cambiare i loro curriculum per preparare meglio i traduttori al "mondo reale". Alcuni di questi studi sono: - LEIT: che sta per LISA Education Initiative Taskforce, una commissione nominata nel marzo 1998 costituita da rappresentanti di università statunitensi ed europee. Maggiori informazioni sono disponibili all’indirizzo www.ttt.org/leit. - LETRAC: acronimo di Language Engineering for Translators Curricula, un istituito fondato dalla Commissione Europea. Maggiori informazioni sono disponibili all’indirizzo www.iai.uni- sb.de/LETRAC. 109 - CLP: che sta per Certified Localisation Professional, un progetto iniziato dalla SLIG irlandese e diversi leader di settore. Maggiori informazioni sono disponibili all’indirizzo lrc.csis.ul.ie/CLP. Attualmente solo pochissime scuole per traduttori o facoltà di lingue formano specialisti in localizzazione. Esiste un corso di specializzazione in localizzazione presso l'Università di Limerick in Irlanda, e alcuni istituti integrano moduli di studio in localizzazione nei corsi per traduttori. Sulla localizzazione sono disponibili solo poche informazioni che riguardano in maniera particolare i traduttori. A Practical Guide to Software Localisation è stato scritto proprio per colmare questa lacuna. Il libro è stato pubblicato nel 1998 e una nuova edizione sarà pubblicata nella seconda metà del 2000. È possibile ordinare il libro agli indirizzi http://www.amazon.com/ e http://www.benjamins.com/. Sviluppi futuri È difficile predire come si svilupperà questa industria nei prossimi anni, soprattutto perché la localizzazione è più frammentata che mai e tutti sembrano interrogarsi su cosa essa comprenda realmente. Mentre le aziende di localizzazione si distinguevano una volta dalle società di traduzione tradizionali perché erano specializzate nella traduzione, lo sviluppo e il collaudo si applicazioni software, oggi la maggior parte di esse stanno spostando le loro attività verso soluzioni di localizzazione del web. Poiché il Web ovviamente non si limita ai soli produttori di software, molte aziende di traduzione si ritrovano a tradurre grandi quantità di prodotti basati sul web e informazioni di marketing che non hanno nulla a che vedere con le applicazioni software, proprio come nei bei vecchi tempi della traduzione. In altre parole, l’industria della localizzazione sarà con ogni 110 probabilità lentamente reintegrata nell’industria della traduzione. E se le grandi aziende della localizzazione come Lionbridge e ALPNET continuano a risalire il processo di pubblicazione e ad offrire soluzioni per la creazione dei contenuti e per il supporto alla produzione, l’odierna industria della localizzazione presto si chiamerà “l’industria delle soluzioni multilingue”. 111 LOCALISATION PROJECT MODELS By Bert Esselink63 This is my fourth contribution in a series of four articles about software localisation. The first article discussed the differences between translation and localisation, the second provided an overview of translation technology, and the third article covered the localisation industry developments. In this article, I will focus on localisation project models and the way the web is changing them. Traditional Project Models The "Guide to the Project Management Body of Knowledge" published by the Project Management Institute (http://www.pmi.org/) defines project as "a temporary endeavour undertaken to create a unique product or service." This definition also applies to most traditional localisation or translation projects. Localisation projects usually start with a publisher sending out a localisation kit with all source material to a translation agency. The project manager sends out the relevant documents to a translator or a group of translators, schedules the time required to translate, edit, and proofread the material, and returns the translations after completion to the client. Projects have a definite beginning and a definite end. Before the introduction of translation memory tools, translation work would usually not start until the domestic product was finalised and sometimes even published or shipped. After design, development, and testing of an English product, only limited time was scheduled to create localised versions of a product. Nevertheless, foreign users often had to 63 Bert Esselink, “Localisation Project Models”, Tranfree, n.13, 2000 112 wait for months before a version of the product in their language was available. With the invention of translation memory and other computer aided translation tools in the beginning of the 1990s, this model changed dramatically. Publishers started aiming for simultaneous release (simship) of the domestic product and at least the most important target languages. This meant that translation already had to start while the source material or product was still being developed or written. The only way to effectively re-use translations of material that was still "under construction" was to use translation memory. In most of today's localisation projects, translators start translating the a first draft of a product, and then leverage all translations already done by importing translations stored in a translation memory database. The only way in which simship of different language versions can be achieved is by combining translation memory with a thorough internationalisation of the product, i.e. separating language-dependent information from the product's layout or code information and thus limiting the amount of testing or layout work required for localised versions after translation is finished. Tomorrow's Project Models With the web, a new type of localisation model is evolving. Professional web sites are usually dynamic, database-driven sites, where all information and text is stored in a database, which automatically publishes information to web pages whenever new content is added or changed. Web sites are updated on a continuous basis. This means that translating a web site cannot be considered a "project" anymore; instead, it is a continuous flow of changes and updates. In the case of multilingual web sites, changes in one language should ideally be reflected in the other languages immediately. 113 This new localisation model, which is characterised by small "chunks" of translatable information, has called the need for more automation. Sending each small change or update to a page on a web site to a project manager, who then coordinates the translation in all required languages is just too time-consuming and inefficient. This is the reason many translation tool developers are now working on workflow systems which enable companies to automate the transfer of files between all people involved in a translation project, i.e. client, project manager, translator, editor, proofreader, client validator, etc. Examples of such tools are Lionbridge's LionTrack and SDL's SDLX WebFlow. Apart from workflow automation some of these tools also contain online project tracking features, so clients can see any time of the day how far translation of their material has progressed. Implementation of these systems requires a thorough analysis of the client's and vendor's processes and information flows, so the tool can be customised. Moving to this new, automated localisation project model also means that many clients are looking for long-term partnerships with localisation vendors, in order to better integrate them in their development and business processes, and to build up expertise and product knowledge in one central location. In a few years from now, it is not unlikely that translators will be part of "virtual teams" working for one or more clients. These teams will consist of translators who, regardless of their location, have all qualified or received training to do translations for a particular client. If new information is added to the client's web site, the text is transferred to the first translator in the team, who then indicates if he or she is available to do the work. If rejected, the job is automatically passed to the next translator in the team until someone can do it. After translation, the translated material is automatically transferred to a reviewer working for the client, 114 who approves the translation so it can be merged back into the multilingual database for publication on the web. Workflow automation enables project managers to focus more on managing, such as resource management, quality management, scheduling, and budgeting, instead of acting as a "post office" sending files back and forth between translators and clients. 115 MODELLI DI PROGETTI DI LOCALIZZAZIONE Questo è il mio quarto contributo in una serie di quattro articoli sulla localizzazione. Il primo ha esaminato le differenze tra la traduzione e la localizzazione, il secondo ha fornito una panoramica sulle tecnologie impiegate nella traduzione e il terzo ha trattato gli sviluppi dell’industria della localizzazione. In questo articolo mi occuperò dei modelli di progetti di localizzazione e di come il web li stia cambiando. Modelli di progetti tradizionali Il libro "Guide to the Project Management Body of Knowledge" edito dal Project Management Institute (http://www.pmi.org/) definisce progetto come “uno sforzo temporaneo compiuto con il fine di creare un prodotto o un servizio unico”. Questa definizione vale anche per i progetti di localizzazione o di traduzione più tradizionali. Di solito un progetto di localizzazione inizia con la spedizione da parte del produttore di un kit di localizzazione contenete tutto il materiale sorgente a una agenzia di traduttori. Il project manager invia i documenti a un traduttore o a un gruppo di traduttori, programma il tempo necessario per tradurre, editare e verificare il materiale, e restituisce, una volta completate, le traduzioni al committente. I progetti hanno un inizio e una fine definiti. Prima dell’introduzione degli strumenti di memoria traduttiva, la traduzione non sarebbe iniziata prima del completamento del prodotto originale e a volte addirittura non prima della sua commercializzazione ed esportazione. Dopo la progettazione, lo sviluppo e il collaudo dei prodotto in lingua inglese, solo poco tempo veniva previsto per crearne una versione 116 localizzata. Ciononostante, gli utenti stranieri spesso dovevano aspettare mesi prima di trovare disponibile la versione del prodotto nella loro lingua. All’inizio degli anni novanta, con l’invenzione delle memorie traduttive e altri strumenti di traduzione assistita questo modello è mutato notevolmente. I produttori hanno iniziato a mirare alla distribuzione simultanea (simship) del prodotto originale e almeno delle versioni nelle lingue più importanti. Questo significa che la traduzione deve iniziare mentre il materiale o il prodotto di partenza è ancora in via di sviluppo. L’unico modo per riutilizzare efficientemente le traduzioni del materiale non definitivo è quello di fare uso delle memorie traduttive. Nella maggior parte dei progetti odierni i traduttori iniziano a lavorare su una prima versione provvisoria del prodotto per poi rimettere a frutto le traduzioni già eseguite importandole dai database delle memorie traduttive. L’unico modo per riuscire ad ottenere una simship di versioni in lingue differenti è quello di associare alle memorie traduttive anche una completa internazionalizzazione del prodotto. Ossia, è necessario separare le informazioni linguisticamente dipendenti dal layout del prodotto e dalle informazioni del codice, limitando in questo modo la quantità di lavoro necessario per le versioni localizzate dopo la conclusione della traduzione. Futuri modelli di progetti Con il web si sta sviluppando un nuovo modello di localizzazione. I siti web professionali normalmente sono dinamici, impostati sui database, dove tutte le informazioni e i testi sono memorizzati in una banca dati che li pubblica automaticamente nelle pagine non appena si aggiunge o si modifica il contenuto. I siti sono aggiornati costantemente. Questo significa che tradurre un sito web non può più essere considerato un progetto; piuttosto si tratta di un processo continuo di modifiche e aggiornamenti. 117 Nel caso di siti multilingue le modifiche in una lingua dovrebbero essere apportate immediatamente anche nelle altre lingue. Questo nuovo modello di localizzazione, caratterizzato da brevissime informazioni traducibili ha suscitato il bisogno di maggiori automatismi. Spedire ogni piccolo cambiamento o aggiornamento di una pagina a un project manager, che a sua volta coordina la traduzione in tutte le lingue necessitate è semplicemente troppo dispendioso e inefficiente. Questa è la ragione per cui molti sviluppatori di strumenti per la traduzione stanno lavorando a un sistema di workflow che permetta alle società di automatizzare il trasferimento dei file tra le persone coinvolte nel progetto di traduzione, cioè il committente, il project manager, il curatore, il revisore, il supervisore ecc. Esempi di tale strumenti sono Lion Track della Lionbridge e SDLX Web Flow della SDL. Oltre all'automatizzazione del workflow alcuni di questi strumenti includono delle funzionalità per il controllo del progetto, in modo che i committenti possano vedere in ogni momento della giornata a che punto si trovi la traduzione del loro materiale. Al fine di personalizzare lo strumento l’implementazione di questi sistemi richiedono una analisi integrale dei processi e dei flussi di informazione del committente e dell’agenzia. Adottare questo nuovo modello di localizzazione automatizzata significa anche che i committenti ricerchino delle collaborazioni a lungo termine con le agenzie di localizzazione, al fine di integrarle meglio nel loro processo commerciale e di sviluppo, e per accumulare competenza e conoscenza del prodotto in un unico centro. Non è improbabile che, entro pochi anni, i traduttori saranno parte di gruppi virtuali che lavorano per uno o più committenti. Questi gruppi saranno costituiti da traduttori che, indipendentemente dal loro luogo di 118 residenza, sono tutti qualificati o sono stati formati per tradurre per un particolare committente. Se viene aggiunta una nuova informazione nel sito del committente, il testo è trasferito al primo traduttore del gruppo, che indicherà se è disponibile per svolgere quel lavoro. Nel caso venga rifiutato il lavoro passerebbe automaticamente al prossimo traduttore del gruppo fin quando sarà eseguito da qualcuno. Dopo la traduzione il materiale è trasferito automaticamente a un revisore che lavora per il committente che approva la traduzione così che possa essere reinserita nella banca dati multiligue per la pubblicazione nel web. L’automatizzazione del workflow consente ai project manager di concentrarsi sulla gestione delle risorse e della qualità, sulla pianificazione e la preventizzazione, invece di fare da ufficio postale, mandando avanti e indietro i file tra i traduttori e i clienti. 119 SOFTWARELOKALISIERUNG Mehr als Übersetzung von Karl-Heinz Freigang64 Noch vor 15 Jahren war weltweit Englisch die Sprache, in der Softwareprodukte mit ihren Anwendern kommunizierten. Mit dem Durchbruch des PC und seiner Ausstattung für ”jedermann” wurde es notwendig, Bedienoberflächen, Systemmeldungen und Dokumentation in den Sprachen der Benutzer verfügbar zu machen. Heutzutage verkauft sich ein Softwareprodukt nicht mehr, wenn die Kommunikation mit den Benutzern nicht in deren Landessprache ist. Dabei reicht es nicht, wenn die Dokumentation in die Landessprache übertragen wird. Benutzer erwarten, dass Menüs, Dialogfelder, Systemmeldungen, Fehlermeldungen, Online-Hilfen, Installationsanweisungen usw. in ihrer Sprache vorliegen. All diese verschiedenen Texte sind Gegenstand der Softwarelokalisierung, die sich in den letzten Jahren zu einer boomenden Industrie entwickelt hat. Absolventen der Ausbildungsinstitute für Übersetzer, die sich in diese Tätigkeit einarbeiten wollen oder während des Studiums Einblicke in die Arbeit eines ”Lokalisierers” gewonnen haben, finden nach ihrem Examen beste berufliche Chancen. Sei es als Angestellter in Softwareunternehmen oder als Freiberufler, die meist in Teams mit anderen Kolleginnen und Kollegen Lokalisierungsprojekte übernehmen. 64 Karl-Heinz Freigang, “Softwarelokalisierung”, Technische Kommunikation, 2/1999, p.23. 120 Komponenten der Software Die Besonderheit der Softwarelokalisierung liegt darin, dass es nicht nur um die Übersetzung der sprachlichen Komponenten von Softwareprodukten geht. Die Anpassung formaler Elemente wie Datumsund Uhrzeitformat, Währung, Maßeinheiten, Zeichensätze muss ebenfalls durchgeführt werden. Gleiches gilt für die grafischen Elemente, die sich an den kulturellen Gegebenheiten des Ziellandes orientieren sollten. Auch wenn die Bearbeitung grafischer Elemente nicht die Aufgabe eines Übersetzers ist - er kann aufgrund seiner Ausbildung am ehesten Ungereimtheiten entdecken. So ist festzustellen, dass auch in der lokalisierten Version vieler Softwareprodukte beispielsweise der ”Papierkorb” durch einen typischen amerikanischen Mülleimer (”trash”) dargestellt wird. Auch die bekannte Windows-Zwischenablage wird in der deutschen Version immer noch durch ein Klemmbrett (”clipboard”) symbolisiert. Die zu lokalisierenden Komponenten eines Softwareprodukts lassen sich in drei Grobbereiche einteilen: - die Software mit Menüs, Befehlen, Dialogfeldern, Schaltflächen, Meldungen, - die Online-Hilfetexte, - die Dokumentation, entweder in gedruckter Form oder maschinenlesbar z. B. als Hypertext. All diese Komponenten enthalten natürlich Textpassagen, die auch in anderen Komponenten vorkommen und die im Sinne einer größtmöglichen Konsistenz und Benutzerfreundlichkeit dann auch in den verschiedenen Komponenten gleich übersetzt werden sollten. Ideal wäre es, wenn bei der ersten Übersetzung einer solchen Textpassage die Übersetzung gespeichert 121 und für die übrigen Komponenten in einem Translation-Memory zur Verfügung gestellt werden könnte. Um welche Arten von Texten und welche Formate handelt es sich nun bei den einzelnen Komponenten? Software Z. B. Windows-Software besteht aus verschiedenen Dateitypen, die alle zu übersetzende Texte oder Zeichenketten enthalten können. Es handelt sich dabei um ”ausführbare” Programmdateien (EXE- oder COM-Dateien) sowie um weitere Programmdateien wie Treiber (DRV) oder ”Dynamic Link Libraries” (DLL). Diese Programmdateien enthalten die Menüs, Dialogfelder, Befehle und Meldungen der Software, die dem Übersetzer entweder in Form von Resourcen-Dateien (”resource files”) im ”NurText”-Format oder direkt in den binären Programmdateien vorliegen. Resourcen (normalerweise mit der Dateinamenserweiterung RC oder DLG) sind NurText-Dateien, die in jedem Texteditor oder Textverarbeitungsprogramm bearbeitet werden können. Nach der Übersetzung müssen sie in binäre Programmdateien kompiliert werden. Da sie als Nur-Text-Dateien vorliegen, können sie auch problemlos mit den gängigen TranslationMemory-Systemen (z. B. Trados Translator’s Workbench, Star Transit, IBM TranslationManager) bearbeitet werden. Der Nachteil liegt darin, dass der Übersetzer nicht direkt sehen kann, wie sich seine Arbeit auf das betreffende Dialogfeld, das Menü oder die Schaltfläche auswirkt, d. h., ob der Text der Übersetzung vom Platzbedarf her passt oder ob Schaltflächen oder Fenster nachträglich angepasst werden müssen. Die folgende Abbildung ( Abb. 1 ) zeigt ein Beispiel für ein solches Resourcen-Format: 122 Abb. 1: Resourcen-Format-Beispiel Der Übersetzer muss hier wissen, dass nur die in Anführungszeichen stehenden Textelemente zu übersetzen sind (mit Ausnahme der Angabe ”Helv” in der dritten Zeile, die die Schriftart des hier vorliegenden Dialogfelds bezeichnet). Der Einsatz von vorbereiteten Filtern oder Makros in den Translation-Memory-Systemen ermöglicht eine Abgrenzung der zu übersetzenden Teile von den Teilen, die zum Programmcode gehören, und ermöglicht es außerdem, den Programmcode vor versehentlichem Überschreiben zu schützen. Programmdateien (in der Regel mit der Dateinamenserweiterung EXE oder DLL) können in einem Resource-Editor direkt übersetzt werden (z. B. Microsoft App Studio oder Borland Resource Workshop). Inzwischen sind auch LokalisierungsTools auf dem Markt, die ebenfalls eine direkte Übersetzung von Programmdateien erlauben (z. B. Corel Catalyst, PASSOLO). Der Vorteil dieser Werkzeuge liegt darin, dass der Übersetzer direkt die Auswirkungen seiner Arbeit sieht und auch Anpassungen z. B. von Schaltflächen direkt selbst vornehmen kann. Die folgende Abbildung ( Abb. 2 ) zeigt ein Beispiel für die Übersetzung eines Menüs in einem Resource-Editor: 123 Abb. 2: Menü-Übersetzung im Resource-Editor In diesem Beispiel kann die Übersetzung der einzelnen Menüpunkte sowohl im Programmcode (rechts untere Hälfte) als auch im ResourceEditor (linke Hälfte) vorgenommen werden. Die Auswirkungen auf das Erscheinungsbild des Menüs sind direkt in der rechten oberen Hälfte zu sehen. Ähnlich wie in diesem Beispiel läuft auch die Übersetzung mit Hilfe eines der obenerwähnten Lokalisierungs-Tools. Der Nachteil dabei ist, dass in diesen Lokalisierungs-Tools zwar die einzelnen Übersetzungen z. B. der verschiedenen Menüoptionen in einer Liste gespeichert werden können, die dann für andere Lokalisierungsprojekte wiederverwendet werden kann. Um sie für die Übersetzung der Dokumentation verfügbar zu machen, muss jedoch eine solche Liste (Glossar) exportiert und in das für die Übersetzung der Dokumentation eingesetzte Translation-Memory bzw. die zugehörige Terminologiedatenbank importiert werden. Online-Hilfe Texte der Online-Hilfe ersetzen heutzutage immer mehr die gedruckte Dokumentation. Sie liegen dem Übersetzer in verschiedenen Formaten vor, 124 z. B. in Form von Windows-Hilfedateien im RTF-Format, die nach der Bearbeitung mit einem geeigneten Hilfe-Compiler umgesetzt werden. Oder in Form von HTML-Dateien, bei deren Aufruf ein HTML-Browser gestartet wird, mit dem die Dateien gelesen werden können. Der Übersetzer muss in diesen Fällen in der Lage sein, diese Formate zu bearbeiten. Dies ist entweder mit Hilfe von Lokalisierungs-Tools möglich, die auch für die Bearbeitung von Hilfetexten entwickelt wurden. Oder wiederum mit Hilfe der bereits erwähnten Translation-Memory-Systeme, die entsprechende Filter aufweisen. Vom Übersetzer-Standpunkt aus betrachtet, ist beim Übersetzen von Hilfetexten darauf zu achten, dass diese von den potentiellen Lesern auf ganz andere Art und Weise rezipiert werden. Während letztere in der Regel eher sequentiell gelesen werden, d. h. die Informationen aus den vorangehenden Kapiteln meist vorausgesetzt werden können, werden Hilfetexte in der Regel punktuell gelesen. D. h., der Leser springt direkt aus der Anwendung an eine bestimmte Stelle des Hilfetextes, ohne die vorangehenden Stellen gelesen zu haben. Die einzelnen Passagen eines Hilfetextes, auf die über Hyperlinks zugegriffen werden kann, sollten also für sich genommen verständlich sein und nicht allzu viele implizite Rückverweisungen enthalten. Dies muss natürlich der Originalautor des Hilfetextes bereits beachten. Der Übersetzer jedoch darf nicht unbedingt die ihm vom Translation Memory angebotenen, etwa aus der Übersetzung des gedruckten Handbuchs stammenden Übersetzungen ohne weiteres übernehmen. Dokumentation Texte der gedruckten Dokumentation liegen normalerweise im Format eines Textverarbeitungsprogramms (z. B. Word) oder im Format eines Desktop-Publishing-Programms vor. Während noch vor einiger Zeit der 125 Übersetzer die Texte direkt in dem entsprechenden Programm durch Überschreiben des Ausgangstextes bearbeitet hat, werden sie heutzutage meist in Translation-Memory-Systeme importiert, dort bearbeitet und anschließend wieder ins Ausgangsformat exportiert. Für diese Import- und Exportvorgänge stellen Translation-Memory- Systeme Filter zur Verfügung, die beim Import die dem DTP-System eigenen Steuercodes durch eigene Tags ersetzen und beim Export wieder einfügen. Wie bereits im Zusammenhang mit der Übersetzung der Softwarekomponenten erwähnt, wäre es sinnvoll, die dort erstellten Übersetzungen - sowohl die einzelnen Termini als auch komplette Phrasen (z. B. Fehlermeldungen) in einem Translation Memory bereitgestellt zu bekommen. Wird die Software in Form von Resource-Dateien (s. o.) mit Hilfe des Translation-MemorySystems übersetzt mit allen Nachteilen, die oben angesprochen wurden -, stehen die Übersetzungen zur Verfügung. Ideal wären jedoch Werkzeuge, mit denen sowohl die Software direkt in den Programmdateien als auch die Online-Hilfe und die gedruckte Dokumentation bearbeitet werden können und die gleichzeitig die Funktionalitäten von Translation-Memory-Systemen inklusive der zugehörigen Terminologieverwaltungssysteme bieten. Schlussbemerkung Abschließend einige Bemerkungen zur Hardware- und Softwareausstattung, die für die Softwarelokalisierung erforderlich ist. Generell gilt, dass es sinnvoll ist, genau die Hardware- und Softwareausstattung zur Verfügung zu haben, unter der die zu lokalisierende Software läuft. Man sollte - vor allem auch als Freiberufler immer darauf achten bzw. darauf drängen, dass vom Auftraggeber nicht nur die zu übersetzenden Resourcen und sonstigen Dateien zur Verfügung gestellt werden. Die komplette, lauffähige Software in ihrer 126 Ausgangssprache sollte dabei sein. So ist man in der Lage, jederzeit das Programm auszuführen und bei Unklarheiten die Wirkung bestimmter Optionen und Befehle auszuprobieren. Allein aus diesem Grund ist es erforderlich, dass die erforderliche Hardware zur Verfügung steht. Als Softwarevoraussetzung sollte auf jeden Fall das Betriebssystem vorhanden sein, unter dem die Software läuft, und zwar möglichst auch in der Sprache, in die übersetzt werden muss. Eventuell kann es sinnvoll sein, verschiedene Sprachversionen des Betriebssystems auf verschiedenen Rechnern oder auf einem Rechner mit den Voraussetzungen zum Booten mit verschiedenen Betriebssystemversionen verfügbar zu haben. Handelt es sich um eine Update-Version einer Software, sollte darauf geachtet werden, dass auch die Vorgängerversionen zur Verfügung stehen und dass Translation Memories und Terminologie-Glossare zu den früheren Versionen vorhanden sind. Vor Beginn des Projekts sollte die Abfolge der Arbeitsschritte klar sein. Man muss hierbei zumindest bei einem neuen Produkt immer davon ausgehen, dass die Übersetzung nicht erst beginnt, wenn die Originalversion komplett fertiggestellt ist. Bereits bei Vorliegen der BetaVersionen beginnt Arbeitsdurchgänge die bis Lokalisierung. zum Vorliegen Daher des werden mehrere endgültigen Produkts wahrscheinlich. Auftraggeber sind mehr und mehr daran interessiert, die lokalisierten Versionen Markteinführung des eines Produkts Originalprodukts unmittelbar bereitzustellen. nach der Effizientes Projektmanagement ist daher eine unabdingbare Voraussetzung für eine erfolgreiche Arbeit als Softwarelokalisierer. 127 LA LOCALIZZAZIONE DEL SOFTWARE Non solo traduzione di Karl-Heinz Freigang Ancora 15 anni fa l’inglese era in tutto il mondo la lingua in cui i prodotti software dialogavano con i propri utenti. Con il grande successo del PC e la sua dotazione di facile utilizzo emerse la necessità di fornire le interfacce, gli avvisi di sistema e la documentazione nelle lingue degli utenti. Oggi un prodotto software non si vende più se la comunicazione con l’utente non avviene nella sua lingua. E non basta solo tradurre la documentazione. Gli utenti si aspettano di poter disporre nella propria lingua di menu, finestre di dialogo, avvisi di sistema, avvisi di errore, guide in linea, istruzioni per l’installazione ecc. Tutti questi differenti testi sono oggetto della localizzazione, che negli ultimi anni si è trasformata in una industria fiorente. I diplomati in traduzione che vogliono fare pratica in questa attività o che durante il loro periodo di studio si sono formati un’idea del lavoro del localizzatore, sono in possesso dopo l'esame di ottime opportunità professionali, sia come impiegati di una azienda di software, sia come liberi professionisti che solitamente assumono l'incarico di un progetto di localizzazione in un team, insieme a colleghi e colleghe. Le componenti del software La particolarità della localizzazione risiede nel fatto che non è sufficiente tradurre soltanto le componenti linguistiche del prodotto. Bisogna eseguire anche l’adattamento di elementi formali come il formato della data e dell’ora, della valuta, delle unità di misura. Lo stesso vale anche per gli elementi grafici che devono adattarsi alle caratteristiche 128 culturali del paese di destinazione. Anche se l’elaborazione degli elementi grafici non figura tra i compiti del traduttore, egli è comunque colui che in virtù della sua formazione può individuarne più prontamente le inesattezze. Così si osserva, per esempio, che anche nella versione localizzata di molti prodotti software il “cestino” è rappresentato da un secchio per i rifiuti tipicamente americano (“trash”). Anche i famosi “appunti” di Windows nella versione localizzata sono ancora simboleggiati da un portablocco a molla (“clipboard”). Le componenti di un software da localizzare possono essere suddivise a grandi linee in tre gruppi principali: - il software con i menu, i comandi, le finestre di dialogo, i pulsanti e gli avvisi; - i testi della guida in linea; - la documentazione in forma stampata o in forma digitale (per esempio un ipertesto). Tutte queste componenti contengono naturalmente dei testi, che sono presenti anche in altre componenti e che quindi, per ottenere la maggiore coerenza e facilità d’uso possibile, devono essere tradotti immediatamente anche nelle altre componenti. La situazione ideale è quella in cui la traduzione di queste parti di testo è archiviata e resa disponibile per le altre componenti in una memoria traduttiva. Quali sono i tipi di testo e i formati di tali componenti? Software Per esempio, il software di Windows è composto da diversi tipi di file i quali possono contenere testi o sequenze di segni che devono essere tradotti. Si tratta di file eseguibili (file EXE o COM) come anche di driver 129 (DRV) o librerie di collegamento dinamico (DLL). Questi file contengono i menu, le finestre di dialogo, i comandi e gli avvisi del software e sono disponibili per il traduttore sotto forma di file risorsa (“resource files”) nel formato “solo testo” oppure direttamente sotto forma di file binari. Le Risorse Le risorse (normalmente con l’estensione RC o DLG) sono file di “solo testo” che possono essere trattati in un qualsiasi editor di testi o in un programma di videoscrittura. Dopo essere stati tradotti, i file binari devono essere compilati. Poiché questi file sono in formato “solo testo”, possono essere trattati senza problemi con comuni sistemi di memorie traduttive (per esempio Trados Translator’s Workbench, Star Transit, IBM TranslationManager). Lo svantaggio risiede nel fatto che il traduttore non riscontra direttamente gli esiti del proprio lavoro sulla finestra di dialogo, sul menu e sul pulsante in questione, cioè non può verificare se lo spazio disponibile per il testo della traduzione è sufficiete o se i pulsanti e le finestre devono essere adattati in un secondo momento. L’immagine seguente (fig.1) mostra un esempio di file in formato risorsa: Fig. 1: Esempio di formato risorsa 130 Il traduttore deve sapere che solo gli elementi testuali riportati tra virgolette devono essere tradotti (con l’eccezione della dicitura “Helv” nella terza riga, che indica il carattere usato nella finestra di dialogo). L’utilizzo di filtri e di macro predisposti nei sistemi di memoria traduttiva consente di separare le parti da tradurre dal codice del programma e permette inoltre di proteggere il codice dalla sovrascrittura accidentale. I file di programma I file di programma (di norma con l'estensione EXE o DLL) possono essere tradotti direttamente con un editor di risorse (per esempio Microsoft App Studio o Borland Resource Workshop). Intanto sul mercato sono comparsi anche strumenti per la localizzazione che permettono anch’essi una traduzione diretta dei file di programma (per esempio Corel Catalyst, PASSOLO). Il vantaggio di questi strumenti risiede nel fatto che il traduttore verifica direttamente gli esiti del proprio lavoro e può, per esempio, adattare immediatamente i pulsanti. L’immagine seguente (fig. 2) mostra un esempio di traduzione di un menu in un editor di risorse: Fig. 2: La traduzione di un menu in un editor di risorse. 131 In questo esempio la traduzione delle singole voci del menu può essere eseguita sia nel codice sorgente (in basso a destra) sia nell’editor di risorse (a sinistra). Gli effetti sull’aspetto del menu vengono visualizzati immediatamente in alto a destra. In modo simile a questo si svolge anche la traduzione realizzata con l’ausilio di uno strumento per la localizzazione. Le singole traduzioni, come per esempio quelle delle diverse opzioni del menu, possono essere salvate in una lista che può essere riutilizzata in altri progetti di localizzazione, anche se questi strumenti presentano uno svantaggio. Per poter impiegare la lista (glossario) nella traduzione della documentazione, questa deve essere esportata per poi importarla in una memoria di traduzione o nella relativa banca dati terminologica. La guida in linea La documentazione stampata è sostituita sempre più spesso dai testi della guida in linea. Questa può presentarsi al traduttore in diversi formati, per esempio nel formato RTF dei file della guida di Windows, che dopo essere stati elaborati vengono convertiti con un apposito compilatore. Oppure nella forma di un file HTML che quando viene selezionato avvia un browser nel quale si possono visualizzare questi file. In questi casi il traduttore deve essere in grado di elaborare questi tipi di formati. Questo è possibile con l’ausilio di strumenti di localizzazione che sono stati sviluppati anche per l'elaborazione dei testi delle guide in linea. Oppure con i già menzionati sistemi di memoria traduttiva con i relativi filtri. Nella traduzione delle guide in linea dal punto di vista del traduttore bisogna tenere conto del fatto che queste possono essere recepire in modo completamente diverso dall’eventuale lettore. Mentre le guide cartacee normalmente sono lette in maniera sequenziale, cioè di solito le informazioni dei capitoli precedenti possono essere date per scontate, le 132 guide in linea sono lette punto per punto. Ovvero il lettore salta direttamente dall’applicazione ad un determinato punto della guida in linea senza aver letto ciò che lo precede. Quindi i singoli passaggi della guida in linea a cui è possibile accedere tramite dei link ipertestuali dovrebbero essere autonomamente comprensibili e non dovrebbero contenere troppi riferimenti impliciti ai contenuti precedenti. Di questo naturalmente deve tenere conto già l'autore del testo originale. Ma il traduttore dal canto suo non può semplicemente accettare le traduzioni magari derivanti dal manuale cartaceo propostegli dalla memoria traduttiva. Documentazione I testi della documentazione stampata normalmente sono disponibili nel formato di un programma di videoscrittura (per esempio Word) oppure nel formato di un programma di desktop publishing. Mentre ancora non molto tempo fa il traduttore lavorava sui testi direttamente nel relativo programma, sovrascrivendo il testo di partenza, oggi solitamente i testi sono importati in un sistema di memoria traduttiva, nel quale vengono elaborati e in fine riesportati nel formato originale. Per svolgere questi processi di importazione ed esportazione le memorie traduttive dispongono di filtri che durante l’importazione sostituiscono il codice di marcatura dei sistemi DTP con i propri tag per reinserirli durante l’esportazione alla fine del processo. Come già menzionato a proposito della traduzione delle componenti software, sarebbe ragionevole avere a disposizione nella memoria traduttiva le traduzioni sia dei singoli termini, sia delle frasi complete (p. es. gli avvisi di errore) prodotte in quel contesto. Se il software è stato tradotto come file risorsa (vedi sopra), utilizzando una memoria traduttiva con tutti gli svantaggi menzionati sopra che questo comporta, le traduzioni sono disponibili. 133 Il caso ideale sarebbe quello di disporre di strumenti in grado di elaborare sia direttamente i file del software, sia la guida stampata e in linea, e che in oltre sia dotato delle funzionalità di una memoria traduttiva incluso il sistema di gestione terminologica. Considerazione conclusiva Per concludere alcune osservazioni sull’equipaggiamento hardware e software necessario per la localizzazione. In linea di massima è bene disporre esattamente del hardware e del software richiesti dal prodotto da localizzare. Bisognerebbe, soprattutto come libero professionista, pretendere dal committente non solo i file risorsa e gli altri file da tradurre, ma si dovrebbe disporre anche del software completo e funzionante nella lingua originale. In questo modo si è sempre in grado di avviare il programma e, in caso di dubbio, verificare l'effetto di determinati comandi e opzioni. Già solo per questo motivo è indispensabile disporre del hardware necessario. La dotazione software di base dovrebbe essere in ogni caso il sistema operativo richiesto dal software possibilmente nella lingua in cui si traduce. Eventualmente può essere utile disporre di versioni in lingue diverse del sistema operativo su computer differenti oppure su un computer in grado di eseguire il boot di diversi sistemi operativi. Se si tratta di una versione aggiornata del software bisognerebbe disporre anche delle versioni precedenti, delle memorie traduttive e dei glossari terminologici delle versioni antecedenti. Prima di iniziare il progetto dovrebbe essere ben chiara la sequenza delle fasi di lavoro. Bisogna partire dal presupposto, almeno nel caso di un nuovo prodotto, che la traduzione non inizia solo quando la versione originale è stata completata. La localizzazione inizia non appena è disponibile la versione beta. Quindi è probabile che siano necessarie svariate fasi di lavoro prima di giungere al prodotto definitivo. È interesse 134 sempre maggiore dei committenti che la versione localizzata di un prodotto sia completata immediatamente dopo l'introduzione sul mercato del prodotto originale. Per questo una gestione efficiente del progetto è un presupposto indispensabile per lavorare con successo come localizzatore. 135 AUTOMATISIERTE ÜBERSETZUNG Werkzeuge für effektives Management von Karl-Heinz Freigang65 Die Automatisierung der Übersetzerarbeit reicht von Hilfen beim Schreiben und Editieren von Übersetzungen bis hin zu Softwaresystemen zur automatischen Übersetzung. Selbstverständlich gehört eine Textverarbeitung heutzutage zu jedem Übersetzerarbeitsplatz wie noch vor wenigen Jahren die Schreibmaschine. Um Schreib- und Editierwerkzeuge herum sind in den vergangenen Jahren weitere Werkzeuge entwickelt worden, die mit unterschiedlichen Schwerpunkten verschiedene Aspekte des Übersetzungsprozesses und des gesamten Managements unterstützen sollen. Solche Aspekte sind: - Die Layout-Gestaltung im eigentlichen Übersetzungsprozess des zielsprachlichen Dokuments. - Die Recherche, Erfassung und Bereitstellung von Terminologie mit dem Ziel, terminologische Kohärenz des zielsprachlichen Dokuments zu gewährleisten. - Die eigentliche Übersetzung, d.h. die sprachliche Realisierung des zielsprachlichen Dokuments unter Herstellung bzw. Wahrung textinterner, textübergreifender Kohärenz. - Die Anpassung des zielsprachlichen Dokuments an die sprachlichen und kulturellen Konventionen der Adressaten. - Und schließlich – was häufig von Übersetzern, mehr aber noch von anderen am gesamten Prozess technischer Dokumentation beteiligten Personen vergessen wird – Management, Planung und Organisation der 65 Karl-Heinz Freigang, “Automatisierte Übersetzung”, Technische Kommunikation, 5/1999, p.12 136 Arbeitsabläufe in den unterschiedlichsten Umfeldern und Arbeitssituationen. Übersetzungsprozess Die drei Hauptaufgaben des Übersetzungsprozesses sind das Schreiben, das Recherchieren und das Übersetzen im engeren Sinn. Für jede dieser Tätigkeiten stehen einerseits spezielle eigenständige Softwareanwendungen zur Verfügung. Andererseits gibt es seit einiger Zeit Systeme, die Werkzeuge für diese drei Tätigkeiten in einem komplexen System integrieren – “integrierte Übersetzungssysteme”. Der Einsatz von Übersetzungswerkzeugen, die über die Textverarbeitung hinausgehen, setzt voraus, dass die zu übersetzenden, ausgangssprachlichen Dokumente in maschinenlesbarer Form vorliegen. Diese Voraussetzung ermöglicht: - den ausgangssprachlichen Text in Übersetzungseinheiten zu segmentieren, - die im Text vorkommenden Wortformen automatisch in einem Wörterbuch oder einer Terminologiedatenbank nachzuschlagen - oder gar den Text automatisch syntaktisch und semantisch zu analysieren, um auf der Grundlage des Analyseergebnisses den zielsprachlichen Text zu generieren. Integrierte Übersetzungssysteme Wie bereits erwähnt, integrieren diese Systeme Werkzeuge zum Schreiben/Editieren, zur Terminologierecherche und zur Unterstützung des eigentlichen Übersetzungsprozesses. Der zu übersetzende Text wird in den entsprechenden Editor geladen. Dort wird innerhalb des Dokuments oder in einem eigenen Fenster die Übersetzung erstellt und editiert. Die 137 ausgangssprachlichen Übersetzungseinheiten (Segmente), die entweder während des Imports des Textes in den Editor oder im Rahmen des Nachschlageprozesses auf Grundlage von Segmentierungsregeln ermittelt werden, können nunmehr im Übersetzungsspeicher, Translation-Memory, nachgeschlagen werden. Ergebnis: Die für das ausgangssprachliche Segment gefundene Übersetzung wird angeboten und kann vom Anwender in den Zieltext übernommen werden. Mit dem Nachschlagen des kompletten Segments werden die einzelnen Wortformen in dem integrierten terminologischen Glossar nachgeschlagen. Gefundene Termini werden ebenfalls in einem eigenen Fenster zur Übernahme in den Text angeboten. Bei den Schnittstellen zwischen den einzelnen Komponenten und bei der Konzeption und dem Aufbau der einzelnen Komponenten gibt es z.T. beträchtliche Unterschiede zwischen den einzelnen Übersetzungswerkzeugen. Der integrierte Editor Die Editoren integrierter Systeme sind entweder ein eigenständiges Modul innerhalb des Systems und stehen nur im Rahmen des jeweiligen Systems zur Verfügung, oder es sind herkömmliche, unabhängige Textverarbeitungssysteme. Die eigens entwickelten Editoren sind in der Regel reine “Nur-Text”Editoren: Dokumente werden in den Editor importiert, in Übersetzungseinheiten segmentiert und im Editor als “Nur Text” ohne direkte Formatierung bearbeitet. Dabei wird der ausgangssprachliche Text in einem eigenen Editierfenster angezeigt, in dem er durch seine Übersetzung nach und nach überschrieben wird. Auf Wunsch kann das Original in einem eigenen Fenster getrennt angezeigt werden, wobei beide 138 Fenster synchronisiert werden können, so dass sie der Anwender scrollen kann. Abb. 1: Editorfenster mit eingeblendetem Memory- und Wörterbuchfenster Die im Ausgangsdokument enthaltenen Layoutinformationen werden beim Import mit Hilfe von Filterroutinen identifiziert und in systemspezifische Tags umgewandelt. Filter stehen normalerweise für gängige Textverarbeitungsformate sowie DTP- und Resource-Formate zur Verfügung. Während der Bearbeitung können diese Tags vor versehentlichem Überschreiben geschützt und auch teilweise oder ganz ausgeblendet werden. Die während des Imports erfolgende Segmentierung des ausgangssprachlichen Textes kann bei manchen Systemen durch den Benutzer mit Hilfe eines Regelapparats beeinflusst werden. Nach Abschluss der Übersetzung wird das Dokument mit Hilfe von Exportroutinen wieder in sein ursprüngliches Format überführt und kann dann eventuell in der Originalanwendung zur endgültigen Gestaltung des Layouts weiterverarbeitet werden. Textverarbeitung als Editor Wird als Editor ein herkömmliches Textverarbeitungssystem verwendet, können zunächst alle Formate bearbeitet werden, die von dem benutzten System erkannt und konvertiert werden. Darüber hinaus stehen auch hier 139 Filter für eine Reihe von Formaten zur Verfügung, die von der Textverarbeitung nicht erkannt werden. Für bestimmte Formate, wie HTML/SGML oder Power-Point, werden inzwischen auch eigene Editoren angeboten bzw. eine Schnittstelle zur Originalanwendung. Abb. 2: Tag-Editor mit importierter HTML-Datei Wesentliche Kriterien bei der Beurteilung der Editor-Komponente von integrierten Systemen: - Bearbeitung unterschiedlicher Dateiformate. - Schutz von Tags oder – bei der Übersetzung von Resource-Dateien – des Programmcodes vor versehentlichem Überschreiben. - Möglichkeit, den Bildschirm in mehrere Fenster aufzuteilen und die Fenstergröße so einzustellen, daß außer dem bearbeiteten Segment ein größerer Textausschnitt zu sehen ist, der die kontextuelle Einbettung des Segments deutlich macht. 140 Die Terminologiekomponente Das zu bearbeitende Segment wird sowohl im Translation-Memory als auch in der angeschlossenen Terminologiedatenbank gesucht. Dies geschieht mittels zweier Systeme: - Eine eigenständige, unabhängige Terminologieverwaltung. - Ein vollständig integriertes, nicht alleine nutzbares Terminologiemodul. Da die in der Terminologiedatenbank zu suchenden Wortformen selten in den Texten in ihrer Grundform vorkommen, auf der anderen Seite aber in einer Terminologiedatenbank selbstverständlich nicht alle flektierten Formen von Benennungen enthalten sein können, ist für die Brauchbarkeit der Suchergebnisse die Leistungsfähigkeit der Suchalgorithmen von entscheidender Bedeutung. Dabei kann entweder in das Übersetzungswerkzeug linguistisches, genauer morphologisches Wissen integriert werden, z.B. in Form von sprachspezifischen Regeln und Endungslisten. Oder es können für das Nachschlagen von Terminologie, die “Terminologieerkennung”, Fuzzy-Match-Algorithmen eingesetzt werden, die – wie bei der Suche von Segmenten im Translation-Memory – nicht nur genau identische Einheiten finden, sondern auch formal ähnliche Wortformen. Im einfachen Fall erfolgt das Nachschlagen durch eine Trunkierung der Wortformen um ihre letzten drei bis vier Buchstaben. Um die Suche effizienter zu gestalten und auf das Nachschlagen potentieller terminologischer Einheiten zu beschränken, wird zuweilen mit Listen von Stoppwörtern gearbeitet, mit deren Hilfe zumindest Funktionswörter wie Artikel, Präpositionen, Konjunktionen usw. bei der Suche ignoriert werden können. 141 Translation-Memory Was den Aufbau und die Organisation der Translation-MemoryKomponente betrifft, lassen sich grob zwei Ansätze unterscheiden: Ansatz eins: Das Translation-Memory stellt eine Datenbank dar, die Paare von ausgangssprachlichen und zielsprachlichen Übersetzungseinheiten enthält. Diese Datenbankeinträge können ergänzt werden durch Attribute wie Kunden- oder Projektcode, Bearbeiter, Textsorte ... Jede neue ausgangssprachliche Übersetzungseinheit, die im angeschlossenen Editor bearbeitet wird, kann nach der Übersetzung zusammen mit der zielsprachlichen Einheit und eventuell definierten Attributen in dieser Datenbank gespeichert werden. Sie steht von diesem Moment für die Suche zur Verfügung. Das bedeutet, daß sich das Translation-Memory während der Übersetzung eines Dokuments nach und nach füllt und bei Auftreten identischer oder ähnlicher ausgangssprachlicher Segmente – Fuzzy-Matches – noch im selben Dokument einen Übersetzungsvorschlag liefert. Abb. 3: Satzpaare in einer Translation-Memory-Datenbank Ansatz zwei: Translation-Memory wird aus Paaren von ausgangs- und 142 zielsprachlichen Texten gebildet, die im Format des entsprechenden Übersetzungswerkzeugs vorliegen. Bei der Bearbeitung eines neuen Textes kann auf der Grundlage dieser Referenztexte eine Vorübersetzung durchgeführt werden, bei der im Rahmen des importierten Ausgangstextes alle exakt mit Segmenten eines Referenztextes übereinstimmenden Übersetzungseinheiten durch die im zielsprachlichen Referenztext enthaltene Übersetzung ersetzt werden. Während der Bearbeitung der auf diese Weise noch nicht vorübersetzten Segmente wird auf das Referenzmaterial auch mit Hilfe von Fuzzy-Match-Algorithmen zugegriffen, so daß auch ähnliche Segmente gefunden werden können. Die in dieser Phase erarbeiteten Übersetzungen werden in einer temporären Datei abgelegt, so daß auch sie sofort für die Übersetzung identischer oder ähnlicher Segmente zur Verfügung stehen. Nach Abschluß der Übersetzung eines Dokuments wird diese temporäre Datei wieder gelöscht. Die fertige Übersetzung bildet zusammen mit dem ausgangssprachlichen Text ein Paar von Referenztexten für zukünftige Übersetzungen. 143 Abb. 4: Referenzdateien Werkzeuge zur Softwarelokalisierung Für die Übersetzung von Software, insbesondere der Benutzeroberflächen mit Dialogfeldern, Menüs und Systemmeldungen, 144 stehen spezielle Werkzeuge zur Verfügung. Mit diesen können vor allem die Komponenten eines Softwareprodukts bearbeitet werden, bei denen neben der Übersetzung von Textelementen auch Schaltflächen und andere Grafikelemente angepaßt werden müssen. Abbildung 5 zeigt die Möglichkeit zur Bearbeitung von Elementen eines Dialogfelds in einem solchen Softwarelokalisierungswerkzeug: Abb. 5: Übersetzen eines Dialogfelds in einem Werkzeug zur Softwarelokalisierung In solchen Werkzeugen werden die ausgangssprachlichen Einheiten und ihre Übersetzungen in tabellarischen Listen abgelegt. Diese können beispielsweise bei der Übersetzung einer neuen Version als eine Art Translation-Memory herangezogen werden. Auch bei einer nachträglichen 145 Änderung von Elementen während eines Lokalisierungsprojekts können diese Übersetzungslisten zur automatischen Vorübersetzung der unveränderten Elemente genutzt werden. Die Arbeit mit einem solchen Lokalisierungswerkzeug ermöglicht, bereits während der Arbeit die Auswirkungen der Übersetzung auf das Aussehen von Dialogfeldern zu sehen und eventuell grafische Elementen selbst anzupassen. Einsatzkriterien Die Translation-Memory-Werkzeuge liefern Übersetzungsvorschläge für Segmente (Übersetzungseinheiten), die in identischer oder ähnlicher Form bereits einmal übersetzt worden sind. Dies bedeutet, daß sich besonders solche Dokumente für die Bearbeitung mit diesen Werkzeugen anbieten, die einerseits in sich relativ redundant sind und andererseits starke Ähnlichkeiten mit bereits früher übersetzten Dokumenten aufweisen. Ersteres ist mit Sicherheit bei technischer Dokumentation der Fall, bei der sich bestimmte Textpassagen, wie Handlungsanweisungen, häufig in identischer oder leicht abgewandelter Form wiederholen, so daß durch den Einsatz eines Werkzeugs mit Translation-Memory gleichartige Anweisungen auch immer gleichartig übersetzt werden. Software-Dokumentation Der zweite Typ von Dokumenten ist sicherlich ebenfalls in der technischen Dokumentation häufig anzutreffen, wenn – vor allem bei der Übersetzung von Software – regelmäßig aktualisierte Versionen von Produkten erscheinen. Ein ähnlicher Fall liegt sicherlich auch dann vor, wenn zu einem technischen Produkt Texte unterschiedlicher Funktion erstellt werden: Gedruckte Dokumentation oder Online-Hilfe. 146 In all diesen Fällen gewährleistet die Kombination eines TranslationMemory und einer Terminologiedatenbank eine einheitliche, kohärente Übersetzung der immer wiederkehrenden Textelemente. Nicht gedacht sind diese Werkzeuge sicherlich für alle Texte, bei denen stilistische Variation und kreative Formulierung eine große Rolle spielen. Die genannten Anforderungen an die ausgangssprachlichen Texte werden natürlich auch und in besonderem Maße von den Komponenten von Softwareprodukten erfüllt. Menüs, Dialogfelder, Fehlermeldungen, OnlineHilfen und gedruckte Dokumentation enthalten jeweils Übersetzungseinheiten, die sich in all diesen Textsorten wiederholen. Im Sinne einer kohärenten Präsentation des Produkts sollen diese möglichst in allen Texten gleich übersetzt werden. Bei der Kurzlebigkeit von Softwareprodukten ist nach wie vor davon auszugehen, dass ein Produkt fast jährlich, mindestens aber alle zwei Jahre in einer neuen Version auf den Markt kommt und dann natürlich auch lokalisiert werden muss Die erwähnten spezialisierten Werkzeuge zur Softwarelokalisierung bieten Translation-Memory-Funktionen für die Übersetzung der Softwarekomponenten an. Eine Übersetzung der Dokumentation ist innerhalb dieser Softwarepakete allerdings meistens nicht oder nur sehr umständlich möglich. Um die Übersetzung der technischen Dokumentation einer Oberfläche bequem zu ermöglichen, müssen die Übersetzungslisten aus dem Lokalisierungswerkzeug exportiert und in den Translation-Memory importiert werden. Schnittstellen In Ansätzen liegen bereits Schnittstellen zwischen Lokalisierungswerkzeug und integriertem Übersetzungssystem vor. Will man jedoch einen Wechsel zwischen verschiedenen Werkzeugen bei der 147 Bearbeitung eines Lokalisierungsprojekts vermeiden, bleibt natürlich die etwas benutzerunfreundlichere Möglichkeit der Bearbeitung der im “NurText”-Format vorliegenden Resource-Dateien (meist RC- oder DLGDateien) direkt im Editor des integrierten Übersetzungssystems. Hierfür bieten diese Systeme – wie für die DTP-Formate – spezielle Filter an, die den in den Resource-Dateien mitenthaltenen Programmcode identifizieren und schützen können. Ausgangstext Generell spielt beim Einsatz von Übersetzungswerkzeugen natürlich auch die Formulierung der Ausgangstexte eine große Rolle. Wenn in verschiedenen Versionen eines ausgangssprachlichen Dokuments, die möglicherweise von unterschiedlichen Autoren erstellt werden, inhaltlich identische Sachverhalte mit unterschiedlichen Formulierungen dargestellt werden, können die Übersetzungswerkzeuge möglicherweise eine vorhandene Identität nicht erkennen. Eine kohärente, einheitliche Übersetzung der betreffenden Passagen ist dadurch nicht gewährleistet. Häufig wird in der Übersetzungspraxis mit der Übersetzung einer technischen Dokumentation oder eines Softwareprodukts bereits begonnen, bevor die ausgangssprachliche Version endgültig fertiggestellt ist. Dabei ist von besonderer Bedeutung, dass nachträgliche Änderungen im Ausgangstext möglichst ohne großen Zeitverlust in die Übersetzung übertragen werden können. Auch hier sind zunächst die Autoren des ausgangssprachlichen Textes gefragt, die gewährleisten sollten, dass tatsächlich nur die Passagen geändert werden, bei denen dies unbedingt erforderlich ist. Wenn nun bei den Übersetzern die bisherige Fassung des Dokuments und die zugehörige Übersetzung im Translation-Memory (bzw. den Übersetzungslisten der Lokalisierungswerkzeuge) abgelegt ist, können in der Neufassung relativ schnell alle unveränderten ausgangssprachlichen 148 Segmente durch ihre im Memory abgelegten zielsprachlichen Entsprechungen ersetzt werden. Der Übersetzer muß dann lediglich noch zu den veränderten oder neuen Segmenten springen – entsprechende Optionen bieten die Werkzeuge an – und deren Übersetzung bearbeiten. Unkontrollierte Übernahme Auch wenn in einem Dokument eine große Zahl identischer Segmente vorliegt, ist zumindest beim ersten Durchlauf durch die Übersetzung des Dokuments eine unkontrollierte Übernahme der Übersetzungsvorschläge aus dem Memory problematisch. Da Übersetzungen, die in einem Translation-Memory abgelegt sind, nicht immer von ein und demselben Übersetzer stammen müssen und ihre Qualität nicht immer unbesehen akzeptiert werden kann, sollte der zuständige Übersetzer die angebotenen Übersetzungen vor ihrer Übernahme in seine Übersetzung prüfen. Gerade bei Dokumenten mit einer großen Zahl solcher Passagen können sich ansonsten einmal gemachte Übersetzungsfehler immer weiter fortpflanzen. Prüfung Daher sollte in jedem Übersetzungsprojekt ein abschließender Prüfdurchlauf durchgeführt werden. Auch um der Gefahr entgegenzutreten, dass die stark segment- oder satzbezogene Vorgehensweise beim Übersetzen, zu der die Werkzeuge bei unkritischer Verwendung eventuell verleiten, zu Schwächen bezüglich der Kohärenz und der Verbindung zwischen den Segmenten führen. Dieser abschließende Prüfdurchlauf sollte auf jeden Fall nicht außerhalb des Übersetzungswerkzeugs erfolgen, damit die letzten Änderungen im Dokument gespeichert und in das TranslationMemory integriert werden. Erst nach dieser Prüfung sollte die Bereinigung des Dokuments bzw. der Export aus dem integrierten Übersetzungssystem erfolgen. 149 Besonders aus den zuletzt genannten Aspekten sollte deutlich geworden sein, dass der Einsatz der Übersetzungswerkzeuge nur dann zur Sicherung der Übersetzungsqualität und zur Steigerung der Produktivität führen kann, wenn sie von hierfür ausgebildeten Fachleuten bedient werden: Nämlich von Übersetzern, die neben der technischen Fähigkeit zum Umgang mit den Werkzeugen auch über die erforderliche sprachliche und übersetzerische Kompetenz verfügen. 150 LA TRADUZIONE AUTOMATIZZATA Gli strumenti per una gestione efficace di Karl-Heinz Freigang L’automatizzazione del processo di traduzione include dagli strumenti per la scrittura e l'editing fino ai sistemi software per la traduzione automatica. Al giorno d’oggi ovviamente un programma di videoscrittura fa parte della postazione di lavoro di ogni traduttore come ancora pochi anni fa ne faceva parte la macchina da scrivere. Partendo dagli strumenti di scrittura e di editing sono stati sviluppati negli ultimi anni altri strumenti che, ponendo l’accento su diversi aspetti, facilitano il processo di traduzione e l’intera gestione. Tali aspetti sono: - La cura del layout del documento nella lingua di arrivo all’interno del processo di traduzione vero e proprio. - La ricerca, il rilevamento e la preparazione della terminologia con lo scopo di garantire la coerenza terminologica del documento nella lingua di arrivo. - La traduzione vera e propria, ossia la realizzazione del documento nella lingua d’arrivo e la conservazione o la formazione della coerenza interna ed esterna del testo. - L’adattamento del documento d’arrivo alle convenzioni linguistiche e culturali dei destinatari. - E in fine – ciò che spesso viene dimenticato dai traduttori, ma più spesso dalle altre persone coinvolte nel processo della documentazione tecnica – la gestione, progettazione e l’organizzazione delle fasi lavorative nelle diverse situazioni e contesti di lavoro. 151 Il processo di traduzione I tre obiettivi principali del processo di traduzione sono la scrittura, la ricerca e la traduzione in senso stretto. Per ognuna di queste attività esistono delle specifiche applicazioni, d’altra parte però da qualche tempo gli strumenti per queste tre attività sono integrati in un sistema complesso – “i sistemi di traduzione integrati”. L’impiego degli strumenti di traduzione che non si limitano alla sola videoscrittura presuppone che i documenti da tradurre siano disponibili in forma digitale. Questo consente: - di segmentare il testo di partenza in unità traduttive; - di reperire automaticamente le espressioni presenti nel testo in un vocabolario o una banca dati terminologica; - addirittura di analizzare automaticamente la sintassi e la semantica del testo, per generare in base al risultato il testo d'arrivo. I sistemi di traduzione integrati Come già menzionato, questi sistemi integrano gli strumenti per la scrittura e l’editing, la ricerca terminologica e l’assistenza al processo di traduzione. Il testo da tradurre viene caricato nel editor dove, all’interno del documento o in una finestra propria, viene eseguita ed editata la traduzione. Le unità traduttive del testo di partenza (segmenti), che sono state individuate durante l’importazione nell’editor oppure durante il processo di ricerca in base delle regole di segmentazione, d’ora in avanti possono essere consultate nella memoria traduttiva. Il risultato è che viene proposta la traduzione trovata per il segmento di partenza e l’utente può decidere di adottarla nel testo d’arrivo. Eseguendo la ricerca per tutto il segmento, vengono reperite le singole espressioni nel glossario terminologico integrato. Anche i termini trovati vengono proposti in una apposita finestra per poter poi essere adottati nel 152 testo. In alcuni casi ci sono delle differenze considerevoli tra i singoli strumenti per la traduzione, sia per ciò che riguarda le interfacce, sia nella concezione e la strutturazione delle singole componenti. L’editor integrato L’editor dei sistemi integrati può essere un modulo indipendente all’intero del sistema, e quindi disponibile solo nell’ambito del sistema stesso, oppure si può trattare di un tradizionale sistema di videoscrittura indipendente. Gli editor sviluppati a tale scopo sono di norma editor “solo testo”: i documenti sono importati nel editor, segmentati in unità traduttive ed elaborati come testo semplice senza formattazione diretta. In questo modo il testo di partenza è visualizzato in una finestra, nella quale man mano viene sostituita dalla traduzione. Se richiesto il testo originale può essere visualizzato separatamente in un’altra finestra e le due finestre possono essere sincronizzate in modo che l'utente possa scorrerle. Fig. 1: Finestra dell’editor con la finestra della memoria e del vocabolario. Durante l’importazione le informazioni sul layout del documento di partenza vengono identificate attraverso delle rutine di filtraggio e trasformate in specifici tag di sistema. Normalmente sono disponibili i filtri per gli editor di testi più comuni, per i formati DTP e i formati risorsa. 153 Durante l’elaborazione i tag possono essere protetti dalla sovrascrittura accidentale oppure essere nascosti in parte o completamente. La segmentazione del testo di partenza, che ha luogo durante l’importazione, può in alcuni sistemi essere condizionato dall’utente per mezzo di una lista di regole. Conclusa la traduzione, il documento attraverso delle rutine di esportazione viene riportato nel formato originale ed eventualmente può essere ulteriormente elaborato nell’applicazione originale fino al raggiungimento del layout definitivo. L’elaboratore di testi come editor Se un sistema di videoscrittura convenzionale è usato come editor, possono essere elaborati tutti i formati che il sistema è in grado di utilizzare e convertire. Inoltre anche qui sono disponibili una serie di filtri di formati che l’elaboratore di testi non è in grado di riconoscere. Per certi formati, come HTML/SGML o Power-Point, ci sono ora anche appositi editor oppure interfacce con le applicazioni originali. Fig. 2: File HTML caricato su un tag-editor 154 Criteri essenziali nella valutazione dei componenti per l'editing nei sistemi integrati: - Elaborazione di diversi formati di file. - Protezione dalla sovrascrittura accidentale dei tag oppure, nel caso di file risorsa, del codice di programmazione. - Possibilità di poter suddividere la schermata in più finestre e di poter impostare la dimensione delle finestre in modo tale da visualizzare, oltre al segmento da tradurre, una porzione di testo maggiore che chiarisca il contesto del segmento stesso. La gestione terminologica Il segmento da elaborare viene ricercato sia all’interno della memoria traduttiva che nella banca dati terminologia ad essa collegata. Questo accade attrverso due sistemi diversi: - Una gestione terminologia indipendente ed autonoma. - Un modulo per la terminologia completamente integrato, non utilizzabile autonomamente. Poiché le espressioni da ricercare nella banca dati terminologica nei testi sono presenti solo di rado nella loro forma di base, ma d'altra parte nel database non possono essere contenute tutte le forme flesse, l'efficienza degli algoritmi di ricerca è di fondamentale importanza per l’utilità dei risultati di ricerca. In questi strumenti traduttivi possono essere intergrate informazioni linguistiche, o meglio morfologiche, per esempio sotto forma di specifiche regole o liste di suffissi. Per la ricerca terminologica, il “riconoscimento terminologico”, possono essere impiegati anche algoritmi fuzzy-match, i quali, esattamente come nel caso di una ricerca nella memoria traduttiva, non riconoscono solo unità identiche, ma anche 155 espressioni dalla forma simile. Nel caso più semplice la ricerca avviene attraverso il troncamento delle ultime tre, quattro lettere del termine. Per rendere più efficiente la ricerca e per limitarla alle sole unità potenzialmente terminologiche, talvolta si lavora con delle liste di “stopword”, le quali permettono di ignorare le parole vuote (o grammaticali) come gli articoli, le preposizioni, le congiunzioni, ecc. Le memorie traduttive Per quanto riguarda la struttura e l’organizzazione delle memorie traduttive si possono distinguere due approcci: Primo approccio: La memoria traduttiva è composta da una database che contiene delle coppie di unità traduttive nella lingua di partenza e in quella d’arrivo. Questi record della banca dati possono essere integrati da attributi come il codice cliente, il codice progetto, redattore, il tipo di testo, ecc. Ogni nuova unità traduttiva di partenza elaborata nel editor integrato, dopo la traduzione può essere salvata in questo database insieme all’unità di arrivo agli attributi eventualmente predefiniti. Questa unità d’ora in avanti sarà disponibile per la ricerca. Questo significa che la memoria traduttiva si popola a poco a poco durante la traduzione e, qualora si presentino segmenti di partenza uguali o simili (fuzzy-matches), viene fornita nello stesso documento una proposta di traduzione. 156 Fig. 3: Coppie di frasi nel database di una memoria traduttiva. Secondo approccio: La memoria di traduzione è formata da coppie di testi in lingua di partenza e in lingua di arrivo, presenti nel formato dello strumento di traduzione corrispondente. Elaborando un testo nuovo può essere realizzata sulla base dei testi di riferimento una pre-traduzione, sostituendo al testo originale tutti i segmenti di partenza che corrispondono alle unità traduttive del testo di riferimento nella lingua di partenza con la traduzione contenuta nella testo di riferimento nella lingua di arrivo. Durante l’elaborazione dei segmenti che in questo modo non sono ancora stati tradotti si ricorre al materiale di riferimento anche con l’ausilio degli algoritmi fuzzy-match, in modo da poter trovare in aggiunta segmenti simili. Le traduzioni elaborate in questa fase vengono salvate in un file temporaneo, così da poter essere immediatamente disponibili per la traduzione di segmenti identici o simili. Alla fine della traduzione di un documento il file temporaneo viene cancellato. La traduzione completata costituisce insieme al testo di partenza una coppia di testi di riferimento per le traduzioni successive. 157 Fig. 4: File di riferimento Strumenti per la localizzazione del software Per la traduzione di software, soprattutto per le interfacce utente con finestre di dialogo, menu e avvisi di sistema, sono disponibili degli appositi strumenti. Con questi possono essere elaborate principalmente le 158 componenti di un prodotto software, nelle quali, oltre alla traduzione degli elementi testuali, vi è bisogno di adattare anche i pulsanti e altri elementi grafici. La figura 5 illustra la possibilità di elaborare con uno strumento di localizzazione gli elementi di una finestra di dialogo. Fig. 5: Traduzione di una finestra di dialogo con uno strumento per la localizzazione di software. Con questi strumenti si archiviano le unità di partenza e le loro traduzioni in liste tabellari, che possono essere impiegate per esempio come una sorta di memoria traduttiva per la traduzione di nuove versioni. Anche nel caso di una successiva correzione nel corso di un progetto di localizzazione queste liste di traduzione possono essere utilizzate per 159 realizzare delle pre-traduzioni degli elementi inalterati. Il lavoro con questi strumenti consente di visualizzare già durante il lavoro gli effetti della traduzione sull’aspetto delle finestre di dialogo ed eventualmente di adattare gli elementi grafici. Modalità di impiego Le memorie traduttive propongono delle traduzioni per i segmenti (unità di traduzione) che in forma identica o simile sono già stati tradotti. Questo significa che per l’elaborazione con questi strumenti si adattano principalmente quei documenti che sono relativamente ridondanti oppure che presentano forti somiglianze con documenti tradotti in passato. Il primo caso è certamente quello della documentazione tecnica, nella quale si ripetono spesso passaggi di testo e istruzioni identici o leggermente modificate, così che attraverso l'impiego di una memoria traduttiva le stesse istruzioni sono tradotte sempre nello stesso modo. La documentazione dei software Il secondo tipo di documenti si ritrova anch’esso spesso nella documentazione tecnica – soprattutto nella traduzione del software – nei casi in cui vengono pubblicate regolarmente versioni aggiornate. Un caso simile si presenta anche quando per un prodotto tecnico si redigono testi con finalità differenti: la documentazione stampata o la guida in linea. In tutti questi casi la combinazione di una memoria traduttiva e una banca dati terminologica garantisce una traduzione unitaria e coerente degli elementi testuali ricorrenti. Questi strumenti non sono certo adatti per i testi nei quali sono in primo piano la variazione stilistica e la creazione espressiva. 160 I suddetti requisiti nei testi in lingua di partenza vengono soddisfatti naturalmente anche e soprattutto dalle componenti dei prodotti software. Menu, finestre di dialogo, avvisi di errore, guide in linea e la documentazione stampata contengono tutti unità traduttive che si ripetono in ognuna delle tipologie testuali. Al fine di ottenere una presentazione coerente del prodotto, tutte le unità traduttive dovrebbero essere tradotte possibilmente nello stesso modo. Tenendo conto del breve ciclo di vita dei prodotti software bisogna presupporre che ogni anno, o almeno ogni due anni, una nuova versione di un prodotto venga immessa sul mercato, e che quindi debba essere localizzata. I suddetti strumenti specializzati per la localizzazione del software dispongono di funzioni di memoria traduttiva per la traduzione delle componenti software. Ma nella maggior parte dei casi una traduzione della documentazione attraverso questi pacchetti software non è possibile oppure è possibile solo con molte complessità. Per consentire una comoda traduzione della documentazione tecnica di un’interfaccia bisogna esportare le liste di traduzione dallo strumento di localizzazione ed importarle in una memoria traduttiva. Interfacce ibride Esitono già i primi tentativi per lo sviluppo di un’interfaccia ibrida tra uno strumento per la localizzazione e un sistema di traduzione integrato. Ma se si vuole evitare di dover passare da uno strumento all’altro durante l’elaborazione di un progetto di localizzazione c’è naturalmente la possibilità un po’ meno comoda di elaborare nel editor del sistema di traduzione integrato i file risorsa (solitamente file RC o DLG) in formato “solo testo”. Per questo scopo i sistemi dispongono – come per i formati DTP – di appositi filtri che possono identificare e proteggere il codice del 161 programma contenuto nei file risorsa. Testo di partenza In generale anche la formulazione dei testi di partenza riveste un ruolo importante nell'impiego di strumenti per la traduzione. Se in due diverse versioni di un documento di partenza, magari redatte da due autori differenti, due informazioni contenutisticamente identiche sono formulate in modo distinto, gli strumenti per la traduzione potrebbero non riconoscere la corrispondenza esistente. Una traduzione coerente e unitaria di questi passaggi non è quindi garantita. Spesso nella prassi si inizia una traduzione di una documentazione tecnica o di un prodotto software ancora prima che la versione originale sia completata in maniera definitiva. Perciò è particolarmente importante che le modifiche successive al testo di partenza possano essere trasposte nella traduzione possibilmente senza grosse perdite di tempo. Innanzitutto gli autori del testo di partenza devono garantire che siano apportate delle modifiche solo ai passaggi nei quali questo è assolutamente necessario. Quando quindi la prima stesura del documento e la rispettiva traduzione è archiviata nella memoria traduttiva (oppure nelle liste di traduzione degli strumenti di localizzazione), nella nuova versione possono essere sostituite in maniera relativamente rapida tutti i segmenti di partenza invariati con i corrispettivi segmenti di arrivo contenuti nella memoria. Il traduttore deve quindi solo passare ai segmenti nuovi modificati – gli strumenti dispongono di opzioni specifiche – e comporre la loro traduzione. Adozione incontrollata delle proposte Anche quando in un documento vi sono una grande quantità di segmenti identici, l’adozione incontrollata delle proposte di traduzione dalla memoria non è priva di problemi almeno durante la prima stesura 162 della traduzione del documento. Poiché le traduzioni registrate nelle memorie traduttive non appartengono sempre ad un solo traduttore e non sempre la loro qualità può essere accettata, il traduttore competente dovrebbe revisionare le proposte prima di adottarle nella sua traduzione. In caso contrario proprio nei documenti che contengono un gran numero di questo tipo di passaggi gli errori fatti una volta si possono moltiplicare continuamente. Revisione Di conseguenza in ogni progetto di traduzione dovrebbe essere eseguita una fase di revisione finale, anche per far fronte al rischio che la procedura improntata alla traduzione segmento o frase, alla quale può indurre l'utilizzo acritico di tali strumenti, produca imperfezioni relative alla coesione e alla coerenza tra i segmenti. Questa fase di revisione finale non dovrebbe in ogni caso avvenire al di fuori dello strumento di traduzione, di modo che le ultime modifiche siano salvate nel documento e integrate nella memoria traduttiva. Solo dopo la revisione dovrebbe avvenire la ripulitura (“clean up”) del documento e l’esportazione dal sistema di traduzione integrato. Specialmente quest’ultimi aspetti dovrebbero aver chiarito che l’impiego di strumenti per la traduzione può essere una garanzia per la qualità della traduzione e determinare un aumento della produttività solo quando sono maneggiati da esperti con alle spalle una specifica formazione, ossia da traduttori che dispongono oltre che di una certa dimestichezza con gli strumenti anche della necessaria competenza linguistica e traduttiva. 163 BIBLIOGRAFIA Arnold, Douglas, Machine Translation: an Introductory Guide, NCC Blackwell, London, 1994. Appleby, Steve, “Multilingual Information Technology”, BT Technology Journal, vol. 21, n. 1, gennaio 2003. Appleby, Steve e Pompo, Marta, “The Multilingual World Wide Web”, BT Technology Journal, vol. 18, n. 1, gennaio 2001. Austermühl, Frank, Electronic Tools for Translators, St. Jerome Publishing, Manchester, 2001. 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