Anteprima Estratta dall' Appunto di Diritto
romano
Università : Università La Sapienza
Facoltà : Giurisprudenza
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OBBLIGAZIONI
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LA NOZIONE E LA STORIA DELL’”OBLIGATIO” ROMANA
Le OBBLIGAZIONI rappresentano, fra i diritti relativi, quelli a contenuto patrimoniale.
I Diritti di Obbligazione si distinguono, nei confronti dei diritti reali, per il fatto che il creditore
(soggetto attivo del rapporto) può ottenere la soddisfazione dell’interesse protetto solo attraverso la
collaborazione del debitore (soggetto passivo), su cui grava un dovere di comportamento.
Sono due i momenti esenziali del rapporto Obbligatorio: l’Obbligo di Comportamento del Debitore
nei confronti del creditore (che ha ad oggetto la prestazione dovuta) e la responsabilità del debitore
stesso per il caso che la prestazione non venga adempiuta.
In epoca classica, e già tardo-repubblicana, l’OBLIGATIO corrisponde alla definizione che se n’è
dianzi data in modo astratto. Il debitore deve eseguire una prestazione e risponde nei confronti del
creditore con l’ACTIO IN PERSONAM, in caso di inadempimento imputabile. Tale responsabilità
presenta caratteristiche particolari: se ha perso parte la natura personale che aveva nel periodo più
antico, nel processo formulare il giudice può pronunciare una condanna solo a pagare la LITIS
AESTIMATIO, la valutazione in termini pecuniari dell’interesse del creditore all’adempimento
dell’obbligazione. Ciò accentua il carattere essenziale della cooperazione del debitore perché il
creditore consegua la prestazione dovuta, dato che non potrà mai ottenere nel processo la condanna
del debitore stesso ad eseguirlo.
Nelle fonti si trovano due definizioni dell’OBLIGATIO. La più famosa: (“l’obbligazione è un
rapporto giuridico vincolante in base al quale siamo tenuti a prestare una cosa in base al diritto della
nostra città”): in essa si evidenziano il dovere di prestazione e la responsabilità del debitore, mentre
v’è apparentemente una restrizione alla prestazioni IN DANDO.
L’altra definizione di Paolo: “l’essenza delle obbligazioni non si trova nelle circostanza che ci
rendano titolari di un diritto di proprietà o di servitù, bensì che vincolino taluno ad eseguire nei
nostri confronti una prestazione IN DANDO, IN FACIENDO, IN PRAESTANDO. Ritornano qui il
dovere di prestazione e la responsabilità del debitore. E’ infelice il modo in cui si tenta di
distinguere l’obbligazione nei confronti di diritti reali.
L’OBLIGATIO ha raggiunto la configurazione che si rispecchia nelle definizioni anzidette fra il II
ed il I sec.a.C (quando si hanno le prime attestazioni dell’uso in senso giuridico di OBLIGARE ed
OBLIGATIO).
Il problema dell’origine dell’OBLIGATIO ha sempre affascinato la dottrina, ed è stato discusso in
relazione al problema di quale sia stata la più antica fonte di un obbligazione. Dato che la
giurisprudenza classica propone una classificazione di tali fonti che distingue l’ATTO LECITO (il
Contractus) e l’ATTO ILLECITO ( il Delictum).
Più antiche obbligazioni da atto lecito: il NEXUM, il MUTUO, i VADES, i PRAEDES, gli
SPONSORES. Il NEXUM è la fattispecie più recente poiché presuppone, come GESTUM PER
AES ET LIBRAM, un’economia che conosce già la moneta, dell’AES RUDE.
Dall’esistenza della moneta possono prescindere le altre figure di obbligazione (la SPONSIO, con i
VADES, e di PRAEDES), le quali hanno caratteristiche arcaizzanti: all’epoca della legislazione
decemvirale, VADES e PRAEDES funzionano ancora come forme di eterogarenzia, in cui della
frustrazione, dell’aspettativa del creditore non risponde il soggetto su cui grava il dovere di
comportamento, ma un terzo garante, e ciò dipende dalla circostanza che VADES e PRAEDES
erano originariamente degli ostaggi. Lo SPONSOR si vincola, in epoca risalente, mediante un
giuramento: è anch’egli un garante per fatto altrui.
Il giuramento e gli ostaggi sono le garanzie usate sul piano dei rapporti internazionali fra comunità
politiche non soggette ad un ordinamento comune. L’impiego di queste figure come mezzo per
assumere una responsabilità deve risalire, dunque, ad un periodo in cui, tra i PATRES, v’era,
nell’ambito della comunità, un’analoga difficoltà a far sorgere vincoli di responsabilità. Era
necessario creare un potere di fatto del “creditore” sulla persona del garante o ricorrere ad un
vincolo sul piano religioso. L’assunzione di una responsabilità per garantire un’aspettativa del
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“creditore” poteva verificarsi nel delitti privati, quando l’offensore pattuisse una composizione
volontaria per ottenere dall’offeso la rinuncia alla sanzione affittiva, la VINDICTA. Se la
composizione non poteva essere immediatamente “pagata” (non i denaro, ma in bestiame od altri
beni di pregio), l’offensore aveva interesse ad ottenere l’immediata rinuncia da parte della vittima,
la quale non voleva procedervi senza un’assicurazione che la composizione stessa sarebbe stata
effettivamente “pagata”. Dato che l’offensore doveva procurarsi i mezzi per tale pagamento, non
poteva rimanere nella materiale disponibilità dell’offeso a garantirne l’aspettativa. Nasce così la
figura dell’ostaggio: si lascia un altro soggetto nel potere di fatto dell’offeso, a garanzia del
“pagamento” della composizione. E’ qui che si rinviene l’origine dei VADES e dei PRAEDES,
come figure di OBLIGATI, i quali sono costretti in vincoli, in quanto la soddisfazione dell’offeso
dipende ormai solo dalla circostanza che egli mantenga il potere di fatto sugli ostaggi stessi.
Rispetto ai VADES è figura recenziore quella dello SPONSOR che s’impegna sul piano sacrale. Al
vincolo reale dell’ostaggio sostituisce uno potenziale, destinato a realizzarsi nel momento in cui sia
stata frustrata l’aspettativa garantita. Si tratta di una forma che, più adeguata alla funzione del
rapporto obbligatorio, ne permetterà lo sviluppo.
Nonostante che nella SPONSIO venga meno il vincolo materiale dell’OBLIGATUS, l’assunzione
di responsabilità non è ancora, assunzione di responsabilità per il fatto proprio (e quindi per una
prestazione da compiere), ma è prevalentemente rivolta a garantire il fatto di un terzo od un
avvenimento oggettivo. L’emersione di questa nuova figura non fa scomparire i VADES e i
PRAEDES, ma anche per questi ultimi il vincolo diventa meramente potenziale, assunto mediante
una forma verbale e dialogica, modellata su quella della SPONSIO. Già all’epoca delle XII Tavole
la SPONSIO è un atto con cui il debitore può assumere, contemporaneamente, il dovere di
comportamento e la relativa responsabilità, prefigurando così la struttura tipica del negozio
obbligatorio classico.
Lo sviluppo delle condizioni socio-economiche e culturali della comunità porta, nell’ambito degli
ATTI ILLECITI, dalla VINDICTA e dalla correlativa composizione volontaria alla composizione
legale, mentre s’instaura una netta contrapposizione tra gli ILLECITI PRIVATI, I DELICTA, e
pubblici, i CRIMINA. All’epoca delle XII Tavole, il primo processo è ancora in corso: si hanno
ancora pene private di carattere affittivo per cui è possibile la composizione volontaria, mentre, in
altri casi, si è ormai affermata la composizione legale, dando luogo ad una pena pecuniaria.
Le vicende successive all’epoca decemvirale sono insicure. L’OBLIGATIO ha assunto carattere
unitario e non si articola più in funzione delle fonti del vincolo. La tendenza di maggior rilievo nel
processo che avrebbe portato all’OBLIGATIO classica è quella che porta la prestazione ad esser il
momento centrale del rapporto obbligatorio. A partire dalla fine del III sec.a.C. prende avvio lo
“sviluppo del sistema contrattuale”. Per gli ILLECITI si porta a termine la vicenda che cancella le
residue pene afflittive, sostituite da azioni pretorie che, nell’ambito della figura civilistica, fissano
una sanzione pecuniaria: nel MEMBRUM RUPTUM, al posto della TALIO L’ACTIO
INIURIARUM AESTIMATORIA e nel FURTUM MANIFESTUM l’ACTIO FURTI
MANIFESTI, al QUADRUPLUM, in luogo dell’ADDICTIO.
Negli ultimi due secoli della repubblica, l’intervento del pretore crea nuovi rapporti obbligatori, sia
sul piano degli Atti Leciti che di quelli Illeciti: tra i primi, molte delle figure protette mediante
un’azione pretoria vennero poi recepite nel Ius Civile, cosa che non si verifica per gli Atti Illeciti. In
periodo classico, le Actiones in Personam del diritto onorario, che nascono da Atti Illeciti o Leciti,
danno luogo a rapporti obbligatori che non si differenziano, dal punto di vista sostanziale, dalle
Obligationes Civiles.
Secondo un’opinione un tempo diffusa in letteratura, con la terminologia OBLIGARE,
OBLIGATIO i giuristi si sarebbero riferiti solo ai rapporti obbligatori del Ius Civile, da cui sorge un
OPORTERE. Per quelli del Ius Honorarium si trovano espressioni come ACTIONE
(HONORARIA) TENERI (essere tenuto in base ad un’azione onoraria) e simili, sebbene debba
notarsi che questo modo di esprimersi si riscontra anche per azioni civili o che tutelano diritti reali
(HEREDITAS PETITIONE TENERI).
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LE FONTI DELL’OBBLIGAZIONE
Il problema delle fonti dell’obbligazione riguarda le classificazioni fatte al proposito dai giuristi
romani; le altre classificazioni sono tutte connesse a Gaio. Nelle INSTITUTIONES, la trattazione
delle OBLIGATIONES inizia con una SUMMA DIVISIO :”delle quali – cioè delle obbligazioni- la
prima classificazione prevede due specie: ogni obbligazione nasce infatti da un contratto o da un
delitto”.
Questa bipartizione diventa una tripartizione nelle RES COTIDIANAE dove nel libro II si afferma:
“le obbligazioni nascono o da un contratto o da un delitto, o in modo a sé stante da una serie di
singole fattispecie”. Questa tripartizione si trasforma nelle INSTITUTIONES imperiali, in una
quadripartizione, dove le obbligazioni nascono “da contratto o quasi contratto o da delitto o quasi
delitto”.
Quando, nel corso degli ultimi due secoli, emerge la categoria dell’OBLIGATIO, le figure che vi
rientrano si raggruppano introno ai poli del CONTRACTUS e del DELICTUM. Il termine
DELICTUM è più risalente, almeno per il significato atecnico, mentre CONTRACTUS, più
recente, viene quasi esclusivamente usato in un significato tecnico-giuridico.
Già fra il I sec.a.C. e il I sec.d.C. sorge la contrapposizione fra OBLIGATIONES EX
CONTRACTU ed EX DELICTO che aveva una portata pratica per determinare, nell’ambito delle
fattispecie protette da ACTIONES IN PERSONAM, quelle in cui l’azione stessa fosse
reipersecutoria o penale. La contrapposizione si irrigidisce nella SUMMA DIVISIO di Gaio che
viene presentata come una classificazione esaustiva.
La classificazione gaiana fondata sulla contrapposizione fra CONTRACTUS e DELICTUM crea
problemi. Gaio intende il CONTRACTUS come l’Atto Lecito Bilaterale Produttivo di obbligazioni
e, nell’ambito di questa opinione, mette in crisi la bipartizione stessa, subito dopo averla proposta.
Gaio discute dell’inquadramento nelle OBLIGATIONES RE CONTRACTAE della SOLUTIO
INDEBITI (il pagamento dell’indebito che obbliga l’accipiente alla restituzione di quanto
percepito): il giurista ricorda la posizione di alcuni giuristi, di scuola sabiniana, che ritenendo che la
Solutio Indebiti fosse un contratto in base a tale inquadramento, ne traevano la conseguenza che , se
l’accipiente fosse una donna o un impubere, poteva restare obbligato solo se il tutore avesse prestato
la sua auctoritas al pagamento che si sarebbe manifestato come non dovuto, in quanto questiGaio
osserva che nella SOLUTIO INDEBITI la volontà delle parti non era rivolta all’assunzione, bensì
all’estinzione del vincolo obbligatorio: “questa figura di obbligazione non sembra nascere da
contratto poiché chi trasmette la proprietà di una cosa per adempiere ad un’obbligazione vuol
liberarsi da un vincolo più che crearne a proprio favore uno nuovo.”
In alcuni squarci delle Res Cotidianae riportati nel Digesto la bipartizione viene sostituita da una
tripartizione: le obbligazioni nascono da contratto, da delitto o da tutti gli altri atti che sono idonei a
produrle, in sostanza la classificazione dell’art. 1173 cod.civ.
Se l’opera di per sé non è sospetta, non vi sono neppure ragioni sostanziali per respingere come
spuria la tripartizione, la quale è la naturale conseguenza, in proiezione costruttiva della critica di
Gaio. Le VARIAE CAUSARUM FIGURAE sono una categoria descrittiva e classificatoria, di
carattere residuale, in cui vengono collocati tutti i casi che non rientrano nei CONTRACTUS e nei
MSLEFICIA. Nell’ambito delle VARIAE CAUSARUM FIGURAE Gaio procede all’accostamento
delle singole fattispecie ai Contratti e ai Delitti, con una terminologia che prefigura quella che
distingue, nelle Istituzioni gasane, le OBLIGATIONES QUASI EX CONTRACTU e QUASI EX
DELICTO: si tratta di un procedimento che tende a riportare le singole figure ad un contesto in base
al quale fosse più agevole individuarne la disciplina concreta.
Nelle Institutiones di Giustiniano cambia l’impostazione generale: la SUMMA DIVISIO delle
OBLIGATIONES diventa quella fra OBLIGATIONES CIVILES e PRAETORIAE.
Dopo la SUMMA DIVISIO si trova la quadripartizione fra OBLIGATIONES EX CONTRACTU,
EX MALEFICIO (o EX DELICTO), QUASI EX MALEFICIO (o QUASI EX DELICTO). Si
evidenzia una segmentazione fra le Variae Causarum Figurae già insita nella trattazione Gaiana,
senza variare la portata e l’ambito delle classificazione.
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L’astrazione del quasi-contratto e del quasi-delitto non esiste ancora al livello della compilazione,
anche se la caduta della sovrastruttura delle Variae Causarum Figurae ha facilitato uno sviluppo in
tal senso.
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LA PRESTAZIONE E I SUOI REQUISITI
La PRESTAZIONE, quale dovere di comportamento del debitore, è elemento essenziale
dell’OBLIGATIO del periodo imperiale, ma già in quello tardo-repubblicano. E’ questo un profilo
in cui la struttura arcaica si differenzia da quella classica in due punti. Da una parte, l’aspettativa del
“creditore” non si riferiva, alle origini, ad un comportamento del soggetto che si assumeva la
responsabilità: si trattava del comportamento di un terzo; dall’altra l’aspettativa del creditore non
doveva, necessariamente, avere carattere patrimoniale.
Il primo punto era connesso con il fatto che i VADES e i PRAEDES erano ostaggi sottoposti ad una
prigionia redimibile. Con l’affermarsi della SPONSIO (il cui vincolo è potenziale e si concretizza
solo quando l’aspettativa creditoria è frustrata), la responsabilità dell’inadempimento potè essere del
soggetto da cui il creditore attende un determinato comportamento.
A partire dalle XII Tavole si instaura uno sviluppo per cui la PRESTAZIONE tende a diventare il
momento centrale del rapporto obbligatorio: l’atto con cui si assume l’obbligazione diventa la
promessa di tenere un certo comportamento, cui si accompagna la responsabilità per
l’inadempimento; contemporaneamente la PRESTAZIONE stessa acquista carattere patrimoniale
(in quanto il debitore stesso garantendo l’adempimento non più con la propria persona, ma con il
proprio patrimonio), e diventa inerente alla persona del debitore (non potendo più assumersi la
responsabilità del fatto del terzo).
La possibilità che il fatto garantito del VAS (o PRAES) o dallo SPONSOR fosse di natura non
patrimoniale ha lasciato una concreta traccia nell’impiego della SPONSIO per assicurare la
conclusione di un futuro matrimonio: quest’impiego non era più ammesso già alla fine della
repubblica.
Per quanto concerne la possibilità che, con la SPONSIO, si assumesse la responsabilità per il
verificarsi, od il non verificarsi, di un fatto oggettivo, ancora in periodo classico si riscontrano
tracce di questa operatività in materia, ad es., di garanzia per i vizi nella compravendita: Ulpiano
discute il caso che oggetto della SPONSIO stessa fosse la presenza nello schiavo di una qualità o
l’assenza di un vizio. Nel passo citato, Ulpiano interpreta la stipulazione con cui ci si assumeva la
garanzia come promessa di risarcire il danno per la mancanza del fatto garantito: egli salva la
struttura del negozio obbligatorio come promessa del fatto proprio, ma è evidente che si tratta di
una costruzione propria del giurista più recente.
Un altro caso in cui la SPONSIO, ancora all’epoca di Sabino, doveva essere valutata come
assunzione di responsabilità per un fatto oggettivo, è quello della STIPULATIO HABERE
LICERE, in cui, nella compravendita, l’alienante si assume la garenzia che il compratore possa
godere indisturbato la cosa acquistata. La giurisprudenza tardo-classica riporta anche questo caso
alla struttura promissoria della STIPULATIO e ritiene che il venditore possa assumersi validamente
solo l’obbligazione per il comportamento proprio e dei propri eredi: nei confronti del
comportamento dei terzi, la promessa è inefficace.
Il carattere personale della PRESTAZIONE opera anche dal lato attivo: destinatario della stessa può
essere solo il soggetto che ha preso parte all’atto, onde, nell’esperienza romana, è escluso il
contratto a favore di terzi.
Mucio Scevola, agli inizi del I sec.a.C., formula la regola “nessuno può farsi promettere una
prestazione a favore di altri”, fondata espressamente sulla necessità che le parti del rapporto
coincidano con quelle del negozio.
Solo verso la fine del III sec.d.C., in casi eccezionali, la cancelleria di Diocleziano ammette
un’ACTIO UTILIS a favore del terzo beneficiario (il diritto riconosciuto al terzo non era ancora
configurato come effetto essenziale del contratto).
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La giurisprudenza classica ammette che il contratto a favore di terzi avesse efficacia nei confronti
del contraente interessato a che la prestazione fosse eseguita dal terzo. Si hanno in questo caso gli
effetti del CONTRATTO IMPROPRIO a favore di terzi, il quale ha efficacia esclusivamente fra le
parti, non avendo il terzo né diritto né azione per ottenere la prestazione destinatagli.
Il carattere personale della prestazione influisce sul principio “l’obbligazione non può iniziare dalla
persona dell’erede”, il quale si applica sia al creditore che al debitore. Giustiniano ha abrogato il
principio stesso; nelle altre fonti, esso appare riferito solo alla STIPULATIO e al MANDATO.
Dalla motivazione data da Gaio “non è infatti apparso corretto far iniziare l’obbligazione dalla
persona dell’erede” si ricava che il divieto appariva ingiustificato alla stessa giurisprudenza classica
che ammetteva una serie di accorgimenti che mostrano come non si desse alcun peso, sul piano
sostanziale, all’applicazione della regola.
Dalle fonti risulta che, alle volte, i giuristi romani classificavano le PRESTAZIONI secondo
l’oggetto dell’OPORTERE: DARE, FACERE (NON FACERE), PRAESTARE. La differenza fra il
DARE od il FACERE OPORTERE era netta. Il DARE OPORTERE era l’obbligo di trasferire la
proprietà di una cosa (o di costituire un diritto reale parziario: usufrutto o servitù). Le obbligazioni
civili di DARE, o IN DANDO, nascenti da atto lecito (da contratto) davano sempre luogo ad
un’ACTIO con INTENTIO CERTA.
Tutte le altre obbligazioni erano considerate IN FACIENDO (comprese quelle tendenti al
trasferimento del possesso ed alla restituzione della materiale disponibilità di una cosa): categoria
nella quale si ricomprendevano anche quelle in NON FACIENDO (aventi ad oggetto l’astensione
da una determinata attività). Esse davano luogo ad un’ACTIO CIVILIS con l’INTENTIO
INCERTA al QUIDQUID DARE FACERE OPORTET o ad un IUDICIUM BONAE FIDEI, con
l’INTENTIO al QUIDQUID DARE FACERE OPORTET EX FIDE BONA.
IL PRAESTARE OPORTERE: tale termine si avvicinava al contenuto originario dell’obbligazione,
come garanzia per qualsiasi aspettativa del creditore. A parte i IUDICIA DIVISORIA,
PRAESTARE OPORTERE non ricorre nell’INTENTIO di alcuna ACTIO IN PERSONAM del IUS
CIVILE.
La diversità della prestazione, IN DANDO o IN FACIENDO, ha rilevanza per la trasmissibilità –
attiva e passiva – dell’obbligazione. In una Costituzione del 530 d.C. Giustiniano affermava che
solo le STIPULATIONES IN FACIENDO erano intrasmissibili sia attivamente che passivamente.
Non è chiaro il fondamento dell’intrasmissibilità: Giustiniano accenna al carattere personale del
FACERE, ma solo eccezionalmente ciò può riguardare il creditore e non tutte le prestazioni di
FACERE sono infungibili. Ma, in quest’ultimo caso, non v’era bisogno di sancire l’intrasmissibilità
dell’obbligazione, perché la morte del debitore ne avrebbe provocato l’estinzione per impossibilità
sopravvenuta. L’intrasmissibilità non rappresentava una regola inderogabile, dato che le parti
potevano assicurare la trasmissibilità dell’obbligazione ricordando esplicitamente gli eredi, dal lato
attivo o da quello passivo (MENTIO HEREDUM).
La PRESTAZIONE può essere determinata dalla volontà delle parti; già i romani ammettevano che,
in alternativa, i contratti si riferissero ad elementi idonei ad identificare la prestazione stessa. Si ha
così il caso in cui vi è individuazione PER RELATIONEM: la prestazione non è determinata
nell’atto che crea l’obbligazione, ma determinabile in base a criteri ivi fissati.
Vi sono delle difficoltà quando la determinazione della PRESTAZIONE è rimessa alla volontà di
un terzo o di una delle parti allorché ricorre un’arbitramento od Arbitraggio.
Per l’ARBITRAGGIO del terzo si colgono nelle fonti i primi spunti per la differenziazione, ancora
attuale, fra il mero arbitrio, in cui il terzo può fissare il contenuto della prestazione nel modo che
ritenga più opportuno, e l’ARBITRIUM BONI VIRI, in cui è chiamato ad esercitare la sua funzione
usando della correttezza della persona perbene, del BONUS VIR, la quale costituisce un criterio
oggettivo, in base a cui l’Arbitramento può essere eventualmente sindacato. Nei IUDICIA BONA
FIDEI, il modo in cui è stato esercitato l’Arbitraggio può essere sindacato dal giudice: e ciò poteva
verificarsi anche nella STIPULATIO, quando i CERTA VERBA si richiamassero espressamente
all’ ARBITRATUS BONI VIRI. L’ARBITRIUM BONI VIRI del terzo sembra insostituibile, con la
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conseguenza che, mancando tale determinazione, il Negozio è nullo: questa è la soluzione seguita
da Giustiniano, che risolve definitivamente in senso positivo la questione dell’ammissibilità
dell’Arbitraggio relativo al prezzo della compravendita.
La PRESTAZIONE deve essere possibile; la massima assume valore generale nel Digesto
Giustinianeo ed è fuori discussione che i giuristi romani si siano attenuti al principio, escludendo
che possa sorgere l’obbligazione, quando la PRESTAZIONE stessa fosse impossibile.
La prestazione deve essere impossibile per qualsiasi soggetto sia nelle stesse condizioni oggettive in
cui si trova il debitore.
La PRESTAZIONE deve essere lecita. L’illiceità della PRESTAZIONE attiene al contenuto del
negozio e comporta, necessariamente, quella del negozio stesso. Tale illiceità può dipendere dalla
circostanza che l’esecuzione della prestazione vada contro norme di ordine pubblico oppure che
violi i BONI MORES. L’illiceità della prestazione produce l’inesistenza dell’obbligazione già sul
piano del diritto civile, senza che si possa distinguere fra negozi tutelati da IUDICIA BONA FIDEI
o da ACTIONES STRICTI IURIS.
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OBBLIGAZIONI ALTERNATIVE ED OBBLIGAZIONI GENERICHE
Fra le obbligazioni vengono trattate a parte alcune figure, che presentano particolarità relative
all’oggetto (OBBLIGAZIONI ALTERNATIVE O GENERICHE), ai soggetti (OBBLIGAZIONI
SOLIDALI e INDIVISIBILI), agli effetti (OBBLIGAZIONI NATURALI).
Nelle OBBLIGAZIONI ALTERNATIVE sono previste due o più prestazioni di cui una soltanto
deve essere adempiuta dal debitore: ad es., si promette con una STIPULATIO di trasferire la
proprietà dello schiavo Stico o dello schiavo Panfilo, di tener un certo comportamento IN
FACIENDO o di pagare una data somma di denaro. I problemi pratici dell’alternatività fra le
prestazioni vengono affrontati rispetto ai singoli tipi di negozi obbligatori (la STIPULATIO, la
COMPRAVENDITA, il LEGATUM PER DAMNATIONEM).
Una pluralità di prestazioni si ha anche nel caso dell’OBBLIGAZIONE FACOLTATIVA o CUM
FACULTATE SOLUTIONIS. Nell’OBBLIGAZIONE ALTERNATIVA, le prestazioni sono
entrambe dovute, mentre, in quella FACOLTATIVA, una soltanto è la prestazione dovuta, ma al
debitore è concesso di liberarsi eseguendo una prestazione diversa: obbligato a trasferire la
proprietà dello schiavo Panfilo, ha la possibilità di adempiere trasferendo anche una statua o
pagando una somma di denaro. La prestazione oggetto dell’OBBLIGAZIONE FACOLTATIVA è
solo quella di DARE PAMPHILUM, le altre prestazioni sono IN FACULTATE SOLUTIONIS.
Nell’OBBLIGAZIONE FACOLTATIVA, l’impossibilità sopravvenuta della prestazione IN
OBLIGATIONE determina l’estinzione dell’obbligazione, anche se rimane possibile la prestazione
facoltativa, mentre l’impossibilità sopravvenuta di una delle prestazioni stesse produce, in quella
ALTERNATIVA, la concentrazione sull’altra.
Nell’OBBLIGAZIONE ALTERNATIVA è essenziale l’aspetto della scelta fra le due prestazioni.
Ove le parti non abbiano previsto nulla al riguardo, non v’è dubbio che per le obbligazioni nascenti
da atto INTER VIVOS la scelta spetti al debitore.
Nel caso non vi fosse un’esplicita attribuzione, la scelta del debitore non era definitiva fino
all’adempimento (IUS VARIANDI): mancava fino a tale momento la concentrazione
dell’obbligazione su una soltanto delle PRESTAZIONI.
L’attribuzione esplicita della scelta ad una delle parti del rapporto obbligatorio (eventualmente ad
un terzo) aveva lo scopo di mutare il soggetto a ciò legittimato. In tale occasione, si poteva
precisare anche le modalità della scelta così attribuita: ad es. limitarla al creditore in persona. Se la
scelta veniva conferita al debitore, la clausola era interpretata nel senso di escludere il IUS
VARIANDI.
L’ADEMPIMENTO estingue l’OBBLIGAZIONE ALTERNATIVA, in quanto si procede
contemporaneamente alla scelta e si esegue la prestazione.
Ove la scelta spetti al debitore, l’impossibilità sopravvenuta di una prestazione, imputabile al
debitore o dovuta a caso fortuito, produce la concentrazione dell’obbligazione sull’altra. Ciò
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Dal processo per legis actiones, al processo per formulas(chiedono sempre il contenuto della formula,
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Concetto già duscusso da Heidegger e sviluppato da Hans Georg Gadamer (1900-2002) che afferma la
circolarità dei processi interpretativi. Dato un testo da interpretare, si evidenzia come l'app
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