La leadership
teorie a confronto
leadership e potere
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Hollander rileva la differenza fra leadership e
potere, mentre la prima è un processo
d’influenza fra leader e membri per raggiungere
gli scopi del gruppo e produce persuasione, il
secondo implica aspetti d’obbligo e controllo e
produce soddisfazione. Hollander rileva il
significato di leadership, che è un processo che
implica non solo il leader, per quanto il suo ruolo
sia centrale in detto processo, ma anche i
seguaci (followers)
Novara e Sarchielli
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·
il potere, come capacità di influenzare o di
vincere le resistenze degli altri, assicurandosi
comportamenti di consenso o di acquisiscenzacompiacenza;
·
l’autorità, come validità dell’esercizio del
potere, che si fonda su regole stabilite e rispetto
a un certo campo di attività;
·
il controllo, come modalità con cui viene
valutato il conseguimento degli obiettivi
predefiniti, e assicura il rispetto di un certo patto
sociale che lega fra loro gli attori sociali;
Turner
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Secondo Turner i tre principali processi
d’influenza sociale, intesa nel senso più largo,
sono: il potere, che produce soddisfazione;
l’influenza, che produce persuasione, come
mostrato da Moscovici nel caso delle minoranze
attive; l’autorità, definita come potere d’influenza
che si basa su norme sociali, tradizioni, valori e
regole, ed è cioè convalidata. La leadership
rappresenta, secondo quest’autore, o un ruolo
sociale formale o un esercizio d’influenza agito
da uno o più membri del gruppo
Stogdill
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propensione alla responsabilità e al
conseguimento del compito, forza e tenacia nel
raggiungimento degli obiettivi, coraggio e
originarietà nel problem solving, tendenza a
prendere iniziative nelle situazioni sociali, fiducia
in sé e sentimento d’identità personale,
disponibilità ad accettare le conseguenze di
decisioni ed azioni, prontezza nell’assorbire lo
stress interpersonale, capacità di tollerare
frustrazioni e ritardi, abilità nell’influenzare il
comportamento degli altri, capacità di strutturare
il sistema d’in
Codol
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Codol vede nel riconoscimento sociale un
elemento necessario di qualunque
dinamica identitaria individuale e nella
valorizzazione di sé una dimensione
fondamentale dell’identità personale.
Northouse
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Come sostiene anche Northouse, l’approccio dei
tratti ha il merito di avere messo in luce una serie
di caratteristiche che costituiscono la specificità
del leader, per quanto abbia alcune innegabili
debolezze, la prima delle quali è quella di
prendere in considerazione solo un elemento del
processo di leadership, in pratica i
comportamenti del gruppo e le situazioni, gli
ambienti in cui si afferma un certo leader.
Lewin, Lippitt e White
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Una delle ricerche classiche è quella di Lewin, Lippitt e
White, su tre stili di leadership: autocratica, democratica e
permissiva o laissez faire. Il leader autocratico organizza e
dirige ogni attività, resta piuttosto distaccato nei confronti
dei ragazzi, tende a proibire le comunicazioni fra i coetanei,
non rende partecipi gli allievi del progetto operativo. Il
leader democratico discute con il gruppo ogni decisione
ed attività, è piuttosto amichevole e disponibile, non
proibisce i contatti fra i pari, rende partecipativi i membri
del gruppo. Il leader permissivo interviene pochissimo
nelle attività di gruppo, lasciando quest’ultimo libero di
agire.
Programma di ricerche dell’Ohio State
University
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Le analisi evidenziarono quattro fattori:
1) la considerazione,
2) il dare origine ad una struttura,
3) l’enfasi sulla produzione,
4) la sensibilità.
Blake e Mouton
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Blake e Mouton progettarono la
Leadership Grid, conosciuta come Griglia
Manageriale, ideata per valutare lo stile di
comando dei dirigenti, che include come
fattori indipendenti l’ «interesse per le
persone» e l’ «interesse per la
produzione». Ciascuna di queste
dimensioni è misurata in una scala a 9
punti
Blake e Mouton
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Dall’utilizzo di questa griglia appaiono cinque stili di leadership, così denominati:
·
«povero» o laissez faire, stile in cui è basso sia l’interesse per le persone sia quello
per la produzione. I leader che hanno questo stile cercano di fare il minimo sforzo per
eseguire il lavoro richiesto, cercano di evitare i problemi e di passare inosservati;
·
«circolo ricreativo», stile in cui è alto l’orientamento alle persone e basso quello
alla produzione. È uno stile definito anche come «gruppo d’amici»; i leader sono
amichevoli, cercano di creare un’atmosfera confortevole, il ritmo di lavoro è molto rilassato;
·
«orientato al compito», stile in cui è basso l’interesse per la produzione e alto
quello per le persone. I leader che usano tale stile organizzano il lavoro in modo tale da
raggiungere nel minor tempo possibile gli scopi prefissati e in modo tale che l’elemento
umano interferisce in misura molto ridotta;
·
«metà strada», stile di un leader che mostra un interesse medio per il compito e
per la relazione, in pratica che non trascura né gli obiettivi aziendali né le relazioni
con i dipendenti;
·
«team o squadra», stile in cui è alto sia l’orientamento alla produzione, sia
l’orientamento alle persone.
L’approccio situazionista
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Se tanto nell’approccio dei tratti quanto in
quello centrato sul comportamento del leader
il focus attentivo è sulla persona del capo,
nell’approccio situazionalista il focus si
sposta sulle circostanze ambientali, sulle
situazioni in cui si svolge il processo di
leadership, dando loro un carattere di
priorità assoluta.
I modelli della contingenza
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. I modelli della contingenza
prendono in considerazione
l’interazione fra lo stile di leadership
e la situazione
Fiedler
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L’orientamento del leader può essere più o meno efficace a
partire da tre fattori che determinano il grado di favorevolezza
della situazione per il leader; questi tre fattori, misurati in modo
dicotomico, sono:
·
la qualità delle relazioni leader- membri, che sono buone se
esistono elementi come fiducia reciproca, lealtà, clima affettivo
positivo, o povere in assenza di tali elementi;
·
il grado di strutturazione del compito, che è positivo se lo
scopo da raggiungere è chiaro, le istruzioni sono precise, il
risultato finale è previsto;
·
il potere legato alla posizione del leader, che può essere forte
o debole, a seconda che il capo abbia a disposizione mezzi
sufficienti per influenzare i membri o la competenza necessaria per
affrontare quel compito.
Il modello di Vroom e Yetton
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Il modello di Vroom e Yetton riguarda
principalmente gli stili del leader nei processi
decisionali organizzativi e s’interessa in
particolare di individuare quali stili di presa di
decisione sono resi necessari dalle diverse
situazioni. Il modello è definito dagli autori come
«normative model of decision making», vale a
dire modello normativo della presa di decisione,
in quanto una volta analizzata la situazione si
può indicare quale stile sia più adatto per
giungere ad una soluzione efficace.
Il modello di Vroom e Yetton
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Gli stili decisionali dei leader sono cinque e variano su di un continuum
che va dall’autocratico al partecipativo:
·
autocratico, in cui il leader prende le decisioni da solo senza
consultare i membri del gruppo, utilizzando le informazioni di cui
dispone;
·
autocratico con richiesta di informazioni ai collaboratori; il leader
decide da solo, anche se i subordinati sono almeno in parte coinvolti,
poiché il leader chiede loro delle informazioni, precisando o non
precisando a quale scopo esse siano utili;
·
consultivo individuale, in cui il leader consulta individualmente i
collaboratori e prende da solo la decisione, che può tener conto o meno
dei suggerimenti dei subordinati;
·
consultivo di gruppo, in cui il leader consulta il gruppo nel suo
insieme, per quanto egli prenda da solo la decisione, che può tener conto
o meno dei suggerimenti del gruppo;
·
partecipativo, in cui il leader condivide il problema col gruppo, valuta
insieme ad esso la situazione per arrivare a una soluzione consensuale.
path- goal theory
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Nella path- goal theory due sono gli assunti di base:
in primo luogo, il comportamento del leader sarà
accettabile per i sottoposti se essi lo considerano
capace di soddisfare i loro bisogni immediatamente
o nel futuro; in secondo luogo, il comportamento del
leader risulta motivante per i subordinati, quando è
in grado di far loro comprendere che la
soddisfazione dei loro bisogni va di pari passo con il
raggiungimento dell’efficacia produttiva.
path- goal theory
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leadership strumentale, definita anche come initiating structure
cioè «dare origine a una struttura»; con questo stile che è
orientato al compito, il leader pianifica il lavoro, fornisce
spiegazioni, controlla;
·
leadership supportiva, detta anche «considerazione», che è
orientata a creare un clima di lavoro sereno e a considerare i
bisogni dei subordinati;
·
leadership orientata ai risultati, in cui il leader ha elevate
aspettative nei confronti dei subordinati e cerca di incentivarli di
continuo;
·
leadership partecipativa; come quella supportiva è orientata
alle relazioni, e in misura ancora più rilevante. Il leader vuole
mettere in comune con i collaboratori, le informazioni, li
interpella, ascolta i loro pareri, vuole effettivamente lavorare con
tutto il gruppo.
Situational Leadership Theory
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telling: si tratta di uno stile prescrittivo, contrassegnato da molta guida e
poco sostegno, per cui il capo dà ordini, usa generalmente comunicazioni
ad una via, fissa gli obiettivi per i collaboratori, controlla i risultati, non
delega;
·
selling: si tratta di uno stile contrassegnato da molta guida e da
molto sostegno, per cui il leader definisce il lavoro in modo preciso come
nel telling ma, a differenza di quest’ultimo stile, tiene anche in
considerazione i sottoposti, usa comunicazioni a due vie, incoraggia,
aiuta, fornisce supporto;
·
partecipating: è uno stile partecipativo contrassegnato da poca guida
e molto sostegno; c’è un centraggio forte sulle relazioni interpersonali, ai
collaboratori vengono offerti incoraggiamenti, aiuto, sostegno, in modo
tale che essi possano da soli organizzare il proprio lavoro;
·
delegating: stile caratterizzato da poca guida e poco sostegno,
definibile «di delega», in cui il leader lascia che i collaboratori organizzino
il proprio lavoro e non fornisce loro neppure supporto o incoraggiamenti
La teoria transazionale di Hollander
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Le teorie transazionali rilevano, a differenza dei
modelli finora discussi, l’interazione reciproca
fra leader e subordinati. Anche partendo
dall’assunto che il leader è il membro del gruppo
che influenza gli altri partecipanti più di quanto
sia lui stesso influenzato, è difficile ipotizzare
che il processo d’influenza non sia reciproco.
Insomma, il termine di transazione si riferisce allo
scambio sociale che avviene fra il leader e i seguaci
e sottolinea un ruolo più attivo di quest’ultimi in tale
relazione.
credito idiosincratico
riguarda i seguenti quattro punti:
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·
conformismo iniziale: il leader, o l’aspirante tale, deve inizialmente
adattarsi alle norme del gruppo per acquistare l’influenza necessaria per
poi eventualmente cambiarle. ·
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competenza: il leader deve dare prova di contribuire al principale compito
del gruppo con le competenze di cui dispone.
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·
legittimità: essa è importante per guadagnare autorità; la legittimità
può derivare sostanzialmente da due fonti, non necessariamente in
contrasto fra di loro: la prima riguarda la designazione esterna, cioè il
leader viene assegnato ad un gruppo, come avviene nella maggior parte
dei contesti organizzativi ed istituzionali; la seconda fonte si riferisce al
fenomeno dell’emergere di un leader,
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identificazione con gruppo: la credibilità che si conquista un leader è legata
anche a quanto egli dimostri d’identificarsi con gli scopi e la natura del gruppo.
Il modello dei legami verticali di
leadership
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Nel modello dei legami verticali diadici, i rapporti fra il
leader e i followers non sono considerati tutti allo stesso
livello; in altre parole il gruppo non è preso in
considerazione come un tutto omogeneo e si parte
dall’ipotesi che ogni seguace costruisce un rapporto
specifico col capo. Ogni leader ha un cerchio più o meno
stretto di seguaci, questi cerchi costituiscono un ingroup
quando sono vicini al capo, un outgroup quando sono più
distanti. I seguaci che fanno parte dell’ingroup ricevono
più informazioni, interesse e confidenze dal leader rispetto
ai seguaci che fanno parte dell’outgroup, che invece hanno
rapporti più formali
Graen e Uhl- Bien
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modello di costruzione della leadership, che ha come base l’idea
che il leader possa sviluppare scambi di qualità con tutti i
subalterni e non solo con alcuni, fatto che avvantaggerà gli
obbiettivi dell’organizzazione come pure il progresso di carriera
dagli individui. Gli autori citati sostengono che la costruzione
della leadership si sviluppò nel corso del tempo in tre fasi:
a) la fase sconosciuta; in questa fase le interazioni all’interno
della diade leader- sottoposto sono limitate dalle norme esistenti,
suggerite dai rapporti contrattuali. b) la fase di conoscenza;
questa fase inaugura gli scambi ed inizia con un’«offerta» da
parte del leader e del subalterno per migliorare gli scambi,
condividere informazioni e risorse..
c) la fase matura di associazione; questa terza fase è
caratterizzata da scambi di alta qualità, da un alto grado di
scambio fra leader e sottoposti.
L’approccio trasformazionale
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L’approccio trasformazionale è relativamente recente e
inizia col lavoro del sociologo politico Burns, che
considera i leader come gli individui che stimolano le
motivazioni dei seguaci allo scopo di raggiungere in modo
adeguato sia i propri scopi sia quelli dei seguaci. Burns
distingue fra il concetto di leadership transazionale e
leadership trasformazionale, distinzione necessaria in
quanto entrambe si occupano dei rapporti fra leader e
sottoposti. La prima è centrata sugli scambi, le transazioni
o negoziazioni fra loro, per cui il leader acquista un
vantaggio concedendo qualcosa ai seguaci, ad esempio il
manager che dà promozioni ed incentivi di carriera agli
impiegati che raggiungono obiettivi elevati
leadership carismatica
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si riferisce ad un processo diverso per cui il
leader si impegna attivamente con i suoi seguaci,
creando con essi un’interrelazione che eleva sia
la propria motivazione e il proprio morale sia
quelli dei sottoposti. Si tratta, in altri termini, di
un leader attento ai bisogni, alle motivazioni e
alle potenzialità delle persone a lui subordinate.
House sostiene che il leader carismatico ha
speciali caratteristiche, quali la dominanza, il
desiderio di influenzare gli altri, la fiducia in sé,
una forte consapevolezza dei propri valori
morali.
Fattori di leadership trasformazionale
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a) Fattori di leadership trasformazionale; questo tipo di leadership comprende quattro fattori
conosciuti come le «quattro I».
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Influenza idealizzata: i leader trasformazionali mettono in atto comportamenti tali da renderli
modelli di ruolo per i loro collaboratori. Essi sono molto rispettati, hanno standard elevati di
condotta morale ed etica, favoriscono i bisogni degli altri ai propri, forniscono ai seguaci una
«visione» e un senso della «missione».
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Motivazione ispirazionale: i leader trasformazionali motivano i collaboratori, li coinvolgono
nell’immaginare situazioni future attraenti, rendono il lavoro efficace, comunicano chiaramente le
loro attese. Tutto ciò genera spirito di gruppo ed entusiasmo.
·
Stimolazione intellettuale: i leader trasformazionali stimolano i loro seguaci ad essere creativi,
innovativi, affrontano le vecchie situazioni in modi nuovi. Non sono espresse critiche pubbliche a
chi nel gruppo ha fatto sbagli, s’incoraggiano chi guarda di là dai suoi interessi e che s’impegna in
soluzioni attente dei problemi.
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Considerazione individualizzata: i leader trasformazionali sono attenti ai bisogni di crescita e
di successo di ognuno dei loro seguaci. In questo senso promuovo opportunità d’apprendimento
diverse e misurano il loro comportamento secondo le differenze dei seguaci. Ad esempio ad alcuni
danno più incoraggiamenti, ad altri più autonomia, ad altri compiti più strutturati, ad altri ancora
standard più rigidi. S’incoraggia la comunicazione a due vie, si pratica l’ascolto attivo, ci si muove
di continuo nei luoghi di lavoro per assicurare la propria presenza, si pratica la delega per far
crescere i propri collaboratori.
Fattori di leadership transazionale
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questo tipo di leadership si realizza quando il leader premia o punisce i collaboratori
a seconda dell’adeguatezza della loro prestazione; essa comprende due fattori:
·
La ricompensa contingente: si riferisce al processo di scambio per cui il leader
ricompensa gli sforzi dei seguaci. Con questo tipo di leadership il leader cerca di
ottenere l’accordo dei seguaci rispetto a ciò che deve essere fatto e in rapporto al
quale egli accorderà loro dei vantaggi.
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Direzione per eccezione che assume due forme: attiva e passiva. La direzione
per eccezione si riferisce a quel tipo di leadership che comprende la critica tendente
a correggere, feedback negativo e rinforzo negativo. La forma attiva implica
un’osservazione da vicino di quanto fanno i sottoposti allo scopo di rilevare errori e
violazioni di regole per recare immediatamente le relative correzioni. La forma
passiva implica che l’intervento del leader non sia così immediato, per così dire in
corso d’opera, ma avvenga, quando non sono stati raggiunti gli standard previsti e
siano sopraggiunti dei problemi. La differenza fra la ricompensa contingente e la
direzione per eccezione è che la prima usa modelli di rinforzo positivo, la seconda
modelli di rinforzo negativo
Fattore di non- leadership
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in questo caso c’è assenza o evitamento di
leadership. Si tratta di uno stile non transazionale, e,
come mostrano la maggior parte delle ricerche, fra i
meno efficaci. La «non- leadership» comprende
un unico fattore.
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Laissez- faire; il leader cede le proprie
responsabilità, rinvia le decisioni, non fornisce
feedback, non ha particolari scambi con i
sottoposti, non si sforza di andare incontro ai
loro bisogni e di occuparsi della loro crescita.
modello di leadership femminista
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tendenza a mettere in essere strutture partecipative piuttosto che autoritarie;
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la concezione del potere distingue uomini e donne: mentre per i primi il potere è
concepito come dominazione e controllo degli altri, per le seconde il potere non è
dominazione ma energia e forza che possono essere condivise;
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la gestione del conflitto nella prospettiva femminista di leadership è qualcosa di
importante per giungere a soluzioni produttive e soddisfacenti per tutti;
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la creazione di un ambiente di lavoro di tipo supportivo costituisce una forza
particolare della leadership femminista. Per «supportivo» s’intende un ambiente
lavorativo caratterizzato da calore, comprensione, incoraggiamento, supporto,
fiducia reciproca, empatia;
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la valorizzazione della differenza costituisce uno dei cavalli di battaglia del
femminismo fin dai suoi esordi; si tratta di una prospettiva di pensiero non limitata
alla differenza di genere, ma che si estende al considerare tutte le differenze come
possibili fonti di arricchimento e di innovazione.
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