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NOICOMIT
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Un appuntamento fra memorie, attualità e futuro del mondo Comit
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Periodico trimestrale dell’Anpecomit - numero 2 - luglio 2008
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BANCA COMMERCIALE ITALIANA
SEDE DI ROMA, VIA DEL CORSO 226
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NO ALLE MANI LIBERE SULLE
AZIENDE INVOCATE DA
MICHELI E ICHINO
A CURA DI A. MASIA
FILATELIA: IL “PENNY BLACK” DI F. MAZZOTTA
G. COZZI - PUNTURE DI SPILLO Oh, COMIT CIAO! OVVERO
AD ALGHERO ANCH’IO C’ERO…
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Gli organi direttivi ANPECOMIT
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L’ANPECOMIT (da una storia di
oltre 100 anni!)
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Consiglio Direttivo
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Antonio Maria Masia - Presidente
Francesco Basilico - Vice Presidente
Catello Califano - Tesoriere
Gianfranco Mascini - Segretario
Giuliano Boer - Consigliere
Gioacchino Costantino - Consigliere
Fulvio Fabrici - Consigliere
Alfredo Izeta - Consigliere
Sergio Marini - Consigliere
Maria Pia Monarca - Consigliere
Gianni Virdis - Consigliere
Pasqualino Menchise - Presidente
Giuseppe Folesani
Francesco Greco
Sede sociale: Roma Via Cesare
Balbo 35
Telefono / Telefax: 064820307
E-mail: [email protected]
Sito web: www.noicomit.altervista.org
Codice fiscale: 97321550580
Aderente alla
“FAP CREDITO - Federazione Nazionale Sindacale delle Associazioni dei
Pensionati del Credito”
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Mauro Luparelli - Presidente
Ermanno Santilli
Filippo Vasta
Associazione Nazionale fra Pensionati
ed Esodati della Banca Commerciale
Italiana - A.N.P.E.C.
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Collegio dei Revisori
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Collegio dei Probiviri
Denominazione sociale
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L’Anpecomit è nata a Roma il 20 novembre 2003 su iniziativa di soci fondatori Salvatore Bono,
Catello Califano, Roberto Ciccolini, Mario Saverio Cozzoli, Salvatore Diana, Fulvio Fabrici,
Francesco Greco, Massimo Grotti, Mauro Luparelli, Giovanni Maniscalco, Antonio Maria Masia,
Pasqualino Menchise, Roberto Migliaccio, Maria Pia Monarca, Raffaele Montemarano, Roberto
Peracchi, Francesco Perrini, Pasquale Piccirillo, Giancarlo Renzetti, Gavino Ruggiu, Graziella
Tonon, Fernando Umena.
Motivo fondante dell’associazione è tenere vivo e valorizzare il patrimonio di memorie, storia e
cultura della Banca Commerciale Italiana, fare riferimento ed unità di indirizzo nella tutela dei diritti e degli interessi dei soci, e comunque di tutti i soggetti del mondo Comit interessati, a prescindere dai gradi, appartenenze politiche, di movimento e sindacali.
NON VOGLIAMO un sistema bancario che abbia il solo fine del profitto e che ne ignori la funzione sociale!
NON VOGLIAMO una banca che trascuri i valori della relazione, della formazione, della solidarietà e della cultura!
NON VOGLIAMO una gestione del risparmio avida di commissioni, priva di controlli e con continui incrementi delle spese bancarie!
VOGLIAMO difendere i diritti acquisiti a cominciare dal nostro Fondo Pensione!
VOGLIAMO un'adeguata ed efficiente assistenza da parte delle Cassa Sanitaria!
VOGLIAMO rispetto, considerazione e risorse a favore di chi ha dedicato una vita all'interno della Comit
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No alle mani libere sulle aziende invocate da Micheli e Ichino
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A proposito delle seguenti due circostanze
- Intervista a Francesco Micheli, 62
anni, Direttore generale di IntesaSanpaolo, del Sole 24OrePlus del
17-5-2008
- Conferenza dibattito a Roma 29-52008 sul tema “il Riformismo e le
nuove frontiere del lavoro, organizzato dal PD/Communitas 2002, con
il Sen. Pietro Ichino, l’On.le Pier
Paolo Barretta, e il Sen. Tiziano
Treu
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alcune valutazioni, partendo dalle
dichiarazioni di Micheli, alle quali replicherò inviando al Sole24Plus
questa nota, .sperando ( anche se
nutro qualche dubbio) nella pubblicazione:
civico ed etico, la seguente domanda : come chiedere oggi ai pensionati (gli attivi che ieri hanno
versato i loro contributi anche per i
pensionati della loro giovinezza lavorativa) di rinunciare alla solidarietà degli attivi di oggi (i pensionati
di domani)? Si consulti per la risposta con il Suo Presidente, Prof.
Giovanni Bazoli che nei suoi excursus conferenziali richiama spesso
(sarà sincero?) l’etica e la solidarietà cattolica. O con il cardinale
Tettamanzi, che invece di questo fà
un credo.
A questo punto penso proprio che
tanto manager si meriti l'ABI, e
così da quell'alto pulpito potrà meglio far valere le " sue non negoziabili regole" su tutto il sistema
bancario.
Il prof Ichino, neo nominato senatore nella lista PD, ha sostenuto
con decisione il concetto che il lavoratore singolo o in gruppo, utilizzando al meglio l’intelligenza
singola o collettiva debba fare la
scelta giusta per un imprenditore
giusto. La scelta = forza è il suo
nuovo verbo. La scelta da parte
del mondo del lavoro se fatta
bene sull’imprenditore buono significa escludere quello “cattivo”.
E per supportare questa tesi cita
gli errori sindacali a proposito del
caso attuale Alitalia e del vecchio
caso Alfa Romeo di Arese,
quando, secondo lui, la scarsa intelligenza del “lavoro” escluse il
possibile intervento della Nissan,
per far posto alla FIAT. E così Air
France è scappata e la Nissan in
Inghilterra paga i suoi il doppio che
non la FIAT in Italia. Ho fatto presente all’illustre Professore che la
sua visione è assolutamente teorica, seppure suggestiva: un
sogno, un’enunciazione fine a se
stessa. Come si possono infatti
mettere sullo stesso piano di forza,
di potere decisionale e di governance il soggetto debolissimo del
Lavoro, oberato da problemi di salario, di precariato, di scarse tutele
anche sul piano della sicurezza e
non solo, e l’Impresa?
E quindi come è possibile questa
scelta = forza che lui evoca?
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- inaccettabile infine che si voglia
infrangere il principio di solidarietà
intergenerazionale fra attivi e pensionati a proposito della Cassa Sanitaria, facendo così ricadere sulla
categoria debole e più esposta al ricorso del servizio sanitario gli inevitabili disavanzi. Si domanda
retoricamente il Dr. Micheli: "come
si può chiedere agli attivi di utilizzare i loro versamenti per ripianare
eventuali disavanzi dei pensionati?"
Provi il Dr. Micheli a porsi in senso
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moto il meccanismo di ricorso al
fondo esuberi, che prevede l’obbligatorietà prima esclusa , quale
strumento di pressione per esigere
e arrotondare il budget dei "volontari" ( si fa per dire) al macero. E
nell'articolo lo stesso Micheli continua ad ipotizzare il ricorso all'bbligatorietà: “sulle regole non tratto”,
manda a dire senza contradditorio.
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- le volontarietà a lasciare il servizio
di cui si fa vanto il Dr. Micheli, (nonché il suo A.D. Dr. Passera, fra l’altro in occasione dell’Assemblea
azionisti IntesaSanpaolo del 2007
per rispondere ad una mia osservazione) e il sistema bancario in generale, contrasta nettamente e
clamorosamente con quanto sin qui
avvenuto. Oltre un migliaio di licen-
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- è del tutto inaccettabile, per i lavoratori, e lo dovrebbe essere per i
Sindacati che presumono di rappresentarli, e così pure per i
Media e per le Istituzioni, il
punto di vista di Micheli. Cioè
che il Fondo Esuberi, pur sostenuto, solo finanziariamente,
dalle Banche (perchè le ricadute sociali, familiari, reddituali
etc..sono invece a carico dei lavoratori e della collettività) serve
"anche per accelerare il turn-over".
Come si può accettare che aziende
bancarie floride e ricche di stock
option parzialmente defiscalizzate ai
managers e super dividendi agli
azionisti riciclino in quantità industriale (termine che troviamo
anche in qualche sentenza giudiziaria sul tema) mano d'opera da 50
anni in su, per assumere un pugno
di ragazzi spesso in forma precaria
o in apprendistato? E nel contempo
politici, giornali ed illustri opinionisti
ci dicono che occorre allungare la
vita lavorativa. Dove? Nelle panchine dei giardinetti pubblici?
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ziamenti diretti, e migliaia di uscite
solo apparentemente volontarie,
meglio sarebbe dire “spintanee” :
effetto diretto del clima preventivo e
preoccupato indotto su chi, avendo
certi requisiti, era opportuno “farsi
dimettere”, al fine di evitare soluzioni peggiori. Prendiamo l'ultimo
caso, a seguito della fusione Intesa
SanPaolo. Si era detto e propagandato, in sede di annuncio in
pompa magna della fusione quale
grande evento di visione e politica
manageriale, che tutto si sarebbe
svolto in assoluta libertà di decisione del personale interessato. Invece non è stato così, visto che, in
mancanza di un dato numero di volontari “predestinati”, si è messo in
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E per passare dai sogni alla realtà
gli ho ricordato, come Presidente
dell’Anpecomit e della FAP, che
le migliaia di bancari costretti fuori
dal lavoro, a tutto vantaggio degli
utili e dei premi di cui sopra (Micheli), non sono allegri e gioiosi
lavoratori finalmente felici ed appagati per aver scelto il giusto imprenditore. Tutt’altro!
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bancario etccc…MAI?. Non è facile glielo riconosco per chi per
sua legittima stimata e capace
professione difende, in tutte le sedi
giudiziare previste, la controparte
forte, non certo i lavoratori.
- per Micheli. La regola del
50enne a riposo forzato per lui non
vale perché ritiene di essere il depositario, dopo la folgorazione
sarda del 94 sulla via degli ESUBERI, della verità e dell’esigenza
di farla applicare senza trattative?
O non pensa invece che anche
per lui siagiunta l’ora di lasciare
spazio a nuove leve?
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Conclusione:
- per Ichino. Proporre suggestioni
va bene, Professore, ma qualche
sua autorevole parolina di critica al
sistema confindustriale, aziendale,
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Sperando che i nuovi si pongano
delle riflessioni sulle tesi, ora imperanti purtroppo, delle “mani libere”
alle aziende su tutto e su tutti, che
si traducono in pratiche gestionali
ciniche e visioni solamente mercantili e lontane un mondo da un
mondo solidale e meno diseguale.
Riflessioni che inducano a gestioni
più vicine alla relazione, alla formazione, alla condivisione e al
concetto sociale del profitto (caro a
Raffaele Mattioli).
Antonio Maria Masia
Roma 27-5-2008
ATTIVITA’ DI SOSTEGNO ALLA SOLUZIONE DELLE PROBLEMATICHE DI CATEGORIA
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Recupero (4% e 12,50%) delle maggiori imposte applicate dal Fondo Pensioni sulle somme capitalizzate a favore dei titolari della pensione del Fondo PensioniComit, rispetto a quelle previste dalla legge tributaria:
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sono pertanto esclusi i casi relativi agli ex dipendenti che hanno incassato gli zainetti, gli esodati e ogni altra controversia con la Banca ( contestazione del TFR, mancato riconoscimento di altri diritti, ecc. ). Si è per ora deciso di iniziare con una o due pratiche “pilota” per capire come è meglio muoversi, almeno sino alla conclusione della fase
amministrativa, prima di coinvolgere molte più persone. A tempo debito torneremo in argomento con le istruzioni dettagliate che ciascun ricorrente dovrà seguire per iniziare la pratica di rimborso; si prega di evitare telefonate o invio di
e-mail che al momento non troverebbero risposte definitive. Per ora è indispensabile richiedere al Fondo la dichiarazione dei contributi versati e di tenere a disposizione eventuali altri documenti afferenti il pregresso rapporto di lavoro
(statini di stipendio, Ecocert, estratto c/ INPS o altro).
Recupero interessi per ritardato accredito zainetti a favore dei colleghi andati in esodo:
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dopo un primo tentativo di resistenza, il Fondo ha liquidato un importo medio di poco meno di 1.000 Euro a oltre
400 soci che hanno inoltrato le relative richieste.
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Liquidazione plusvalenze a favore dei pensionati del Fondo ante 98, ai 98/99, agli attivi:
finalmente a distanza di ben 20 mesi dalla erogazione del saldo della parte ritenuta ordinaria della ex pensione del
Fondo, e dopo nostre ripetute richieste (compresa la petizione di fine 2007, a firme di circa 200 nostri soci pensionati,
al Presidente del Tribunale di Milano ed alla Covip) i Liquidatori del Fondo, informando le Fonti Istitutive, hanno deciso di procedere alla distribuzione, a titolo di ACCONTO, di una parte della quota residua ritenuta straordinaria (plusvalenze) ricavata dalla cessione del patrimonio del Fondo.
Nei giorni scorsi è giunta a tutti una lettera del Fondo pensioni che preannunciava l’accredito, in conto plusvalenze:
- del 35% di quanto specificato (“orientativamente”) nella precedente lettera datata 4 settembre 2006, ai pensionati
ante 1998.
- di quasi l’intero (siamo nell’ordine del 90%) ai pensionati 98-99.
Gli accrediti sono stati effettuati il 26 maggio con valuta 23/5.
Nella sottostante tabella abbiamo cercato di fare un raffronto tra quanto percepito in linea “capitale liquidato” ( fatto
100) e “acconto plusvalenze” ( mediamente pari all’80%) :
Ragazzi 98 - 99
Pensionati ante 1998
Cap. Liquidato
Plusvalenze
Cap. Liquidato
Plusvalenze
74,30
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Plusv. Erogate
53,50 il 90% di 59,44
80
Plusv. Erogate 35% di 80
Tot.
100
128
Tot.
127,8
(100- 25,70)
59,44 (80% di 74,30)
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I due diversi conteggi portano comunque allo stesso risultato: in realtà il Fondo ha inteso allineare le due categorie
di pensionati.
In altre parole se in questo momento dessimo come vinto il ricorso in cassazione dai ragazzi 98-99, o fosse applicato
l’art.27 dello Statuto, tutti i pensionati si troverebbero ad aver avuto lo stesso trattamento.
Abbiamo anche saputo, da esponente del Fondo, che sarebbero bastati 80 milioni di € (cifra vicina a quella da noi
stimata) per sanare la situazione di tutti i circa 1300 pensionati 98-99. Orbene, se teniamo conto dei 55 milioni (bloccati a favore Beni Stabili) poi interamente svincolata e dei 20 milioni di interessi maturati nel 2006 (altri 20 nel 2007),
importi non compresi nel monte plusvalenze, si sarebbe potuto effettuare la sanatoria senza intaccare il “monte” sopravvenienze. No comment!
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Ritardato pagamento della liquidazione della parte ordinaria della pensione: Ragazzi del 98/99:
Causa “Ragazzi 98/99”:
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a seguito di nostro intervento per il tramite dell’avv. Mazzucchi, tutti coloro che hanno avuto ritardo per motivazione
diverse rispetto alle date di erogazione del secondo acconto (giugno 2006) e terzo acconto (ottobre 2006), hanno ricevuto, in data 23/5/2008 valuta 19/5, l’accredito degli interessi di ritardato pagamento, che i Liquidatori avevano annunciato entro il 31.3.2008. La cifra comprende anche gli interessi sugli interessi per l’ulteriore ritardo. Precisiamo che
il calcolo è stato eseguito sul capitale residuo lordo e che gli interessi, pare, siano stati assoggettati a ritenuta d’acconto, il nostro legale ha subito provveduto a chiedere delucidazioni su tale detrazione fiscale.
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la Corte d’Appello di Milano il 18/3 ha riformato quella di 1° grado (Giudice Di Leo) a noi favorevole. Questo il punto
espresso dai nostri Legali che condividiamo: si tratta di decisione invero sorprendente per la sua pochezza e per la
intrinseca contraddittorietà: dal dato di fatto iniziale della inesistenza di un qualsiasi accordo delle fonti istitutive antecedenti il gennaio 2008 si arriva alla conclusione che, viceversa … un tale accordo, magari verbale (sic!) in realtà
sarebbe desumibile dalla successione degli eventi; con la conseguenza che non sarebbero maturati i famosi “diritti
quesiti”. Un ricorso per cassazione, dunque, potrebbe anche avere successo....
Sono già state impartite le necessarie istruzioni. Abbiamo avuto 144 adesioni sui 145 partecipanti alla causa. La notifica, che a detta dell’avv. Ichino, doveva essere “imminente”, non è ancora avvenuta, comunque ricordiamo che i termini di legge per presentare il ricorso sono di 60 gg., saremo sicuramente pronti.
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Ricostituzione pensione:
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riguarda i colleghi, che a suo tempo hanno subito i controlli fiscali per i contributi foresteria e trasferimento. Gli stessi
dovrebbero aver ricevuto, a suo tempo, da Banca Intesa un prospetto intitolato “sistemazione pratica contributo differenza canone di locazione e/o indennità di trasferta”. Potete comunque telefonare a Banca Intesa Uff. Normativo e
Contenzioso del Lavoro n. 0287937272 (7579) (7479) sigg. Stefani o Fascia, per verificare l’esistenza di eventuali versamenti ed in caso ottenere copia del prospetto. Tale documento è da allegare al mod. “Ricostituzione della Pensione”
da richiedere (anche via internet) all’INPS, compilare e poi presentare all’Ente stesso.
Plusvalenze zainetti:
causa in corso da parte dei colleghi entrati in fondo esodo nel 2003/2004, colleghi che hanno avuto anticipazioni per
la 1° casa o per problemi di saluti, colleghi ceduti ad altri Istituti. La causa a nome di 588 nominativi e patrocinata dagli
avvocati Pileggi, Civitelli e Fasano è stata depositata ed aspettiamo la fissazione della 1° udienza.
Ultima nota:
finalmente hanno distribuito un acconto sulle plusvalenze che sono venute
alla luce anche grazie e per merito della nostra determinata e trasparente
azione di contrasto allo scioglimento ingiustificato ed illegittimo di un Fondo.
Che dato per spacciato valeva “oro”.
Francesco Basilico (ha collaborato Mario Auterio)
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L’intervento di Antonio Maria Masia all’Assemblea Annuale dell’Associazione Pensionati del
Banco di Napoli
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Care amiche e cari amici dell’Associazione Pensionati del Banco di Napoli un caro saluto a tutti.
E grazie di cuore ai Responsabili della Vostra prestigiosa Associazione per essere qui in occasione della Vostra Assemblea annuale.
Questo incontro mi dà l’opportunità e l’onore di poter dire alcune cose che ritengo importanti e utili in nome dell’Associazionismo in genere ed in particolare a sostegno delle nostre Associazioni e di quella Federale .
Sono Presidente dell’AnpeComit, nata e per riannodare i rapporti di amicizia e conoscenza fra i colleghi ex Comit ,
ed anche per difenderci da una crescente aggressione di Banca Intesa e del sistema in genere. Esperienza che ci accomuna. Siamo l’equivalente della Vostra Unione Pensionati Banco di Napoli, seppure non ancora al Vostro livello
di organizzazione e di efficienza: basta leggere il Vostra giornale Senatus per apprezzare l’importanza del compito di
servizio che Vi siete assegnato. Alto servizio a favore di migliaia di colleghi che i Vostri rappresentanti fanno tutti i
giorni e con assoluto spirito di volontarietà. Compito che, come dico spesso ai miei colleghi, va riconosciuto e sostenuto con partecipazione, perché essenziale al fine di perseguire non solo l’obiettivo emotivo di sentirsi parte di un
categoria e di un gruppo che professionalmente deriva dalla stessa azienda, ma anche per poter difendere efficacemente interessi e diritti acquisiti in anni di lavoro. Difesa e baluardo, particolarmente importati nell’epoca di non attività della nostra vita, quella più esposta ai disagi di rappresentanza, di salute e di capacità individuale di reazione.
Vedete amici, l’importanza di stare uniti in una società che ha sempre più una visione sociale cinica e mercantile del
presente e del futuro è assolutamente indispensabile e determinante. Oggi tutto funziona e si muove in nome del PROFITTO. Dei superpremi defiscalizzati ai manager, dei maggiori dividendi da distribuire agli azionisti. E tutto ciò con il
camuffamento del bene comune, della solidarietà intergenerazionale e del motto che più si produce e più c’è benessere per tutti. NON e così!. Così ci fanno passare per i “fessi” richiamati dal vostro Mario De Bonis quando ieri ci ha
recitato, da par suo, le poesie del grande Eduardo.
Il cosiddetto libero mercato crea ingiustizie e disuguaglianze inaccettabili .
E fra le tante vittime del sistema ci siamo noi PENSIONATI , che ISOLATI saremmo ancor più vittime della disuguaglianza e socialmente abusati, perché appunto deboli e individualmente non reattivi.
Finito il nostro periodo attivo diventiamo immediatamente PASSIVI. Non più funzionali alle Istituzioni (tranne che per
il voto) , ai Sindacati che appena fuori dal mondo del lavoro ci scaricano, e ovviamente alle aziende di provenienza
e riferimento.
Ed allora oggi più che mai le nostre Associazioni direttamente devono rispondere alle grandi concentrazioni di potere
del sistema bancario in particolare. Ma la risposta deve essere anche indiretta e più organizzata e compatta attraverso la FEDERAZIONE delle Associazioni che in questo momento io rappresento come Presidente, con il supporto prezioso del Vostro Carlo Della Ragione nel ruolo di Vicario e del Vice Presidente Sergio Fisco (Banco di
Sicilia) quì presente.
E voglio dunque richiamare in questa sede i grandi temi che la FAP ha scelto nell’ambito della progettazione della
sua attività e che ho elencato nella mia lettera ai Presidenti delle Associazioni all’inizio del mio mandato e che trovate
anche sul Vostro giornale Senatus, all’interno di uno spazio “Mondo Fap” che ogni Associazione dedica all’attività comune.
Il tema della pensione in generale la cui capacità di tenuta del potere d’acquisto va difesa e rafforzata da continue
aggressioni, come l’ultima relativa al blocco della perequazione per le pensioni otto volte superiori al minimo sociale.
Le pensioni integrative tutte rimesse in discussione da appetiti immobiliari e aziendali. Le Casse Sanitarie e i sistemi
di assistenza sanitaria ai pensionati con il pervicace ed insano tentativo di infrangere il sacrosanto principio di solidarietà intergenerazionale fra attivi e pensionati. Ed infine tutte le complicate tematiche , di carattere fiscale, burocratico
e giuridico derivante dalle grandi e confuse operazioni di concentrazione del sistema (ESODI), che hanno visto e vedono migliaia di lavoratori ancor giovani spinti fuori dal mondo del lavoro. Mentre media e politici si riempiono la
bocca dello “specchietto” incentrato sul cosiddetto necessario allungamento dell’attività lavorativa.
A queste tematiche stiamo lavorando con grande determinazione, pur nella ristrettezza di mezzi e di tempo, per tentare di dare a problemi comuni soluzioni ed alternative comuni.
Il tutto nell’ambito di una consapevolezza culturale e civile da difendere e diffondere: il Pensionato è una risorsa non
un problema.
Grazie per la vostra accoglienza ed attenzione.
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(Antonio Maria Masia - Napoli 6.5.2008)
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A CURA DI ANTONIO MARIA MASIA (SECONDA PUNTATA)
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Durante e dopo la guerra la BCI continua la sua crescita
estera rimanendo fedele alla propria innata vocazione internazionale. Nel ‘18 crea la BCI Francia a Parigi, poi si
muove su Vienna , Praga, Ungheria, Istanbul, fonda la
BCI Bulgara destinata a diventare uno dei più grandi Istituti di quel paese. Controlla insieme a Paribas la SUDAMERIS, nel ‘20 ecco la Banca Ungaro- Italiana di
Budapest, la BCI per l’Egitto e la Grecia negli anni ‘21 e
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Giuseppe Toeplitz
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Banca Commerciale Italiana
e Rumena - Bucarest
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‘28. Nel ‘25 normalizza i suoi rapporti finanziari con gli
USA dopo che nel ‘24 aveva creato la BCI Trust Co. di
New York, nel ‘26 Boston e Filadelfia, nel ‘26/’27 Polonia.
Nel ‘33 nonostante l’autarchia che riduce gli scambi di
merci e capitali controlla 11 affiliate estere ed ha partecipazioni di peso in altre Istituzioni bancarie straniere.
All’interno, superata la crisi degli anni ‘20/’21 l’economia
riprende un altro lungo percorso di crescita sino alla ri-
troduzione della convertibilità in oro della moneta, comporta però un forte fenomeno di deflazione che incide
ovviamente e negativamente sulla
domanda di investimento e sull’occupazione.
Le
imprese hanno difficoltà a rispettare
gli obblighi assunti
con le banche per
finanziare gli investimenti espansivi
del periodo precedente e sono costrette a cedere in
molti casi le proprie azioni alle
banche stesse a
garanzia
delle
Sede di Costantinopoli
esposizioni.
La BCI a questo
punto, quale grande banca finanziatrice, si trova ad essere fra le più esposte agli effetti negativi della congiuntura.
Sul finire del ‘29 si apre una grave crisi a livello mondiale. Da noi, a maggior ragione, la crescita rallenta vistosamente e la borsa subisce un primo duro
contraccolpo dal crack di Wall Street. Le imprese, che
si stavano appena riprendendo dagli effetti della politica deflattiva del ‘26/’27, vedono contrarsi di nuovo affari e redditività.
Si affidano ancora
ed inevitabilmente
alle banche, che
non possono esimersi di fronte alle
ulteriori richieste di
aziende delle quali,
come
abbiamo
visto, dispongono
ormai dei pacchetti
azionari di controllo, rischiando di
conseguenza
il
coinvolgimento
nell’eventuale fallimento di queste. Banca Commerciale Italiana e
Si gonfia così il Bulgara - Sofia
portafoglio azionario della BCI.
A fronte, una non corrispondente crescita dei depositi
ed una ereditata sottocapitalizzazione che la costringono, per non precipitare nell’insolvenza , al ricorso al
credito ed alle anticipazioni dell’Istituto d’emissione ed
all’indebitamento a breve sull’estero.
valutazione della lira del ‘26.
Nel contesto la Comit, sotto Toeplitz, si distingue specie
nell’assistenza e supporto allo sviluppo di aziende importanti quali la Terni, la Sip, la Breda, Montecatini, Orlando, Mira Lanza, Snia Viscosa, Dalmine, Franchi
Gregoriano, Marzotto, Crespi, Chatillon.
Nel ‘26 Mussolini, abbagliato da sogni di autarchica gloria introduce la famosa “quota novanta” di rivalutazione
della lira fissando appunto in 90 (ex 150) lire il cambio
per sterlina, lo stesso cambio esistente al tempo della
marcia su Roma.
La realizzazione della “quota novanta”, che voleva essere il preludio alla stabilizzazione della lira e alla rein
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Intanto è quello che ti manca sempre, soprattutto per
fare le cose meno gradite. Diciamocelo: quando non vogliamo fare qualche cosa è facile giustificarsi con un bel:
”Mi spiace, ma non ho tempo!”
Poi c’è il tempo da cani. Perché da cani e non da gatti,
forse che i gatti non si bagnano ed i cani sì?
Ecco, ci sono: è un tempo da cani perché chi ha un
cane, e non ha un giardino, deve per forza uscire per
fargli fare i suoi bisognini, con il bello o il brutto tempo.
Tempo meteorologico: gli inglesi sono maestri nell’utilizzarlo nei discorsi. Avvantaggiati dal clima variabile della
loro isola, è fonte di innumerevoli spunti di conversazione, tanto da indurli ad avere due differenti parole per
il tempo orario (time) e quello climatico (weather). Loro
sì che fanno piovere cani e gatti.
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TEMPO
Ma che cos’è il tempo?
C’è poi il tempo delle mele. Se parliamo del frutto non
ha significato, in quanto c’è tutto l’anno. Se invece
parliamo del film, allora ci emozioniamo ricordando i
primi amoretti, i batticuori, la mano nella mano, le
stucchevoli poesie che scrivevamo e …gli urlacci dei
genitori se tornavi a casa con cinque, dico cinque minuti di ritardo!. Questo “tempo” non ha senso per i ragazzini di oggi che godono di una libertà di azione e
di orari a noi sconosciuta.
Passiamo al buon tempo antico.
No, è meglio lasciar perdere perché se incomincio
anch’io a blaterare ”Ai miei tempi….” vuol proprio dire
che sono vecchia. Alt! non di deve dire vecchia, è una
parola tabù, bisogna assolutamente dire anziana,
pena sguardi di odio dei tuoi amici di pari generazone.
Vogliamo parlare del tempo di Einstein? Lui sì che
era un genio; riusciva a farsi comprendere anche da
noi studenti con quell’ intuitivo paragone spaziotempo: il treno viaggia con i passeggeri a bordo e le
persone a terra che lo vedono transitare: bellissima
esemplificazione di due tempi diversi!
Solo che, già allora, non avevo ben capito il percorso
del treno e quindi in quali stazioni dovessi andare per
vederlo passare. Però bello eh!
Se invece vogliamo mostrarci acculturati, possiamo
lanciarci in una dissertazione sui tempi verbali
filosofando su passato, presente, futuro e, eventualmente, condizionale. Il congiuntivo non lo prenderei
in considerazione dato che ormai lo si trova solo più
in autori tipo Pico della Mirandola, Dante o Manzoni
(quello che nei ritagli di tempo andava a sciacquare i
panni in Arno, anche se a vederne il ritratto mi pareva
persona poco adatta a tali lavori); da fonti ben informate ho saputo che verrà trasmesso in TV un format
dal titolo “Il congiuntivo, questo sconosciuto”.
Il tempo musicale fa bella mostra di sé prima delle
note sul pentagramma: gavotta, polka, valzer, lento,
adagio, veloce, ad libitum…
Ogni indicazione, ogni frazione (3/4 – 7/8 ecc.) indicano un ritmo, una cadenza che compie il miracolo di
trarre la magia della musica da solo sette piccole
note. Per concludere rivolgo un doveroso pensiero a
tutti gli amati-odiati orologi che con il loro tic-tac
hanno scandito a lungo il tempo delle nostre ore liete
o tristi. Un poco mi manca quel ticchettio, tanto simile
al battito del nostro cuore, ma infernale nel silenzio
della notte.
Ora è sostituito dalle silenziose pile, e le lancette dei
secondi e dei minuti dai numeri e dobbiamo anche
fare attenzione se siano AM o PM (ma non è più facile con le 24 ore?). Una cosa però resiste, fedele nei
secoli: il segnale orario dall’Istituto Galileo Ferraris di
Torino che regola tutti gli italici tempi (caro vecchio
uccellino della Rai!) e che mi ha detto or ora “è tempo
di chiudere e dire ciao”. Mi ha anche suggerito il mio
motto per il futuro:“
Non vogliamo fermare il tempo, solo bloccarne gli effetti collaterali”.
Perciò, dato che tempus fugit, do tempo al tempo…
sino alla prossima.
Piera Favetto
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La seconda metà del 30 vede l’aggravarsi della crisi
bancaria negli USA che accelera la fuga dei capitali
americani dall’Europa. A ruota numerose le banche europee, austriache (Creditanstalt di Vienna) tedesche ed
italiane, compreso il Credito Italiano ed il Banco di Roma
in difficoltà irreversibili.
La Comit riduce gli stipendi dei dipendenti tra il 12% e il
15%. Ma non serve a niente l’orgoglio di Toeplitz
che dal 1925 si avvale della collaborazione preziosa ed
illuminata del trentenne RAFFAELE MATTIOLI di Vasto,
già Segretario della Camera di Commercio di Milano, a farcela da solo.
Siamo alla gravissima
crisi del ‘31/’33 del modello operativo di banca
mista della quale la BCI
è l’esempio maggiore.
In questo periodo attraverso diverse e drammatiche fasi negoziate con
la Banca d’Italia e con il
Governo, per mezzo del
suo ministro Alberto Beneduce, da Toeplitz e soprattutto da Mattioli, la
Banca è costretta a cedere prima i pacchetti di
controllo delle aziende nel suo portafoglio in cambio di
liquidità e poi il suo stesso capitale. Nasce così, imposto
da Beneduce, l’Istituto per la Ricostruzione Industriale
I.R.I. che diventa l’azionista di maggioranza non solo
della Comit ma anche del Credito Italiano e del Banco di
Roma. I tre Istituti assumono la denominazione di banche d’interesse nazionale.
L’IRI si assume la responsabilità per il finanziamento a
lungo termine delle grandi imprese nel nuovo contesto
di specializzazione che verrà codificato nella legge bancaria del 36 che impone precisi ruoli e paletti agli intermediari bancari.
Fine della seconda puntata (continua)
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LA MEMORABILE AVVENTURA
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IL PASSAGGIO DALLE MODALITÀ CARTACEE A QUELLE ELETTRONICHE DEI RAPPORTI GESTITI DALLA GLORIOSA
BANCA COMMERCIALE ITALIANA (SECONDA E ULTIMA PUNTATA)
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lavorazione di controllo. Ultimata, inviava il resoconto
Egli era il rappresentante della IBM presso la Comit e,
alle filiali, le quali soltanto ora avrebbero saputo se i
come tale, inserito pienamente nei problemi da affronsaldi dei conti movimentati erano giusti o no. Come si
tare e risolvere. Dotato di viva intelligenza, di risorse
vede, una procedura lenta, farraginosa e non priva di
tecniche d'avanguardia, di forte spirito d'iniziativa e di
rischi, visto che le filiali “viaggiavano”, fra un controllo
fantasia creativa, costituì, d'intesa con i responsabili
e l'altro da parte del Centro Parma, nel dubbio che il
'tradizionali', un primo gruppo di programmatori selesaldo di qualche conto non fosse regolare.
zionati fra il personale della Banca. Lo fece istruire e
Con le nuove procedure in tempo reale nulla di ciò povia via rinforzare con altri elementi fino a trasformarlo
teva più accadere perchè le filiali avevano l'immediato
in un manipolo preparatissimo, affiatato e determinato
riscontro di ogni singola impostazione; non solo, ma in
verso il conseguimento degli obiettivi. Uno dei quali,
qualsiasi istante potevano venire a conoscenza della
prima ancora degli altri, consistette nella costruzione
situazione generale e, alla sera, chiedere il bilancio
dei programmi “in famiglia”, cioè in casa, senza subire
della giornata senza più l'assillo dei tempi passati. Un
la schiavitù delle forniture esterne.
poderoso volume di istruzioni era già in possesso delle
Di pari passo fu costituito e adeguatamente addestrato
filiali.
un gruppo di 'amministrativi' che, in un primo tempo,
Arrivò dunque il giorno fatale, il giorno in cui le prime
avrebbe avuto il compito di collaudare le nuove proceagenzie (quattro del centro di Milano) dovettero abdure via via che venivano 'pronte' e poi di assibandonare le vecchie modalità e applicare le nuove
stere in loco le filiali nella delicata fase di preparazione
procedure. Era il 1° luglio 1969. La tensione era altise di passaggio al nuovo.
sima, ma ognuno di noi, conscio dell'eccellente lavoro
I lavori occuparono un arco di tempo che si protrasse
di preparazione e collaudo, era sufficientemente tranfino al 1969.
quillo. Il vertice si teneva in contatto continuo. FinalSi attrezzò in maniera adeguata il Centro contabile di
mente le Agenzie, presente il nostro personale
Parma perchè sopperisse alle nuove esigenze senza
d'assistenza, dettero il via.
contraccolpi. Si tennero strettissimi rapporti con gli altri
Tutto filò liscio fino a sera quando, pigiando un semServizi affinchè le nuove procedure rispettassero gli
plice pulsante, si tirarono le somme della giornata e
standard di lavoro abituali e, anzi, fornissero maggiori
tutto 'quadrò'. Superata questa prova cruciale, si proe più selezionate quantità di dati, anche dal lato qualicedette allargando i collegamenti in senso geografico,
tativo. Si intensificò al massimo il rapporto con il geossia a tutte le filiali (con pacchetti specifici anche per
store delle linee telefoniche perchè si sapeva che,
le numerose filiali della rete estera: Londra, New York,
specialmente al sud dell'Italia la rete era fortemente
Tokio, ecc.) e in senso applicativo (prima i conti corcarente. Idem con il gestore della rete elettrica; anzi si
renti, poi il portafoglio, le operazioni dell'estero-merci,
studiarono, applicandoli poi, sistemi di back-up locali
dei titoli, dei P.O.S., delle transazioni a livello europeo
per fronteggiare mancanze di energia elettrica.
e così via fino ad abbracciare l'intera attività dell'IstiInsomma, fu studiato ogni minimo particolare
tuto).
affinchè l'inevitabile trauma dell'abbandono delle carte
Tutto costò fatiche e sacrifici di tantissime persone,
e il parallelo utilizzo del mezzo elettronico (terminale)
alle quali si deve riconoscenza (come si fa a ricordarle
fosse di entità sopportabile. E così fu.
tutte per nome, anche quelle che ci hanno lasciato?) e
Le modalità precelarga dovizia di
denti, per chi non
mezzi.
lo sa, prevedeIl Centro Contabile di Parma
Poi, come si sa,
vano che le filiali
Veduta di Villa Ombrosa, ristrutturata
venne la privatizinviassero al Cendall’architetto Gigiotti Zanini nel 1941
zazione della notro contabile di
stra Banca (mal
Parma, alla fine di
fatta, perchè senza
ogni santo giorno,
paletti contro l'alla cosiddetta
trui voracità), il vorbanda perforata
ticoso
ottenuta dalle vecavvicendamento ai
chie macchine
vertici, la falsa agAudit durante le
gregazione con
registrazioni. Il
Cariplo (IntesaCentro doveva atB.C.I.) e infine la
tendere che questi
definitiva scomrotolini arrivassero
parsa dalla scena.
da tutte le filiali. A
Ma i ricordi vanno
questo punto li ritutelati.
componeva e avLorenzo Milanesi
viava la relativa
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Alghero aprile 2008. Assemblea Generale dell’ANPECOMIT (Aspetto turistico)
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Radice, essenza, anima e cuore
della Confederazione catalano-arastrada, belli, nelle scarpate verso il
del Mare Nostrum, la Sardegna è
gonese, e fu epoca d’oro per la
mare, i tappeti di fiorellini rosa-fucstata fonte o affluente di varie culcittà. Fra gli algheresi si diffuse la
sia chiamati “buongiornini” perché
ture mediterranee. Ichnusa (da
lingua catalana, una lingua parlata
si aprono al mattino e si chiudono
iχνος=orma) l’avevano chiamata i
ancora oggi in Alghero, che però
la sera. Nella Plaça del Bisbe
Greci perché a Dio, quando creò la
non è il catalano-spagnolo, è sem(Piazza del Vescovo) un interesTerra, avanzò un po’ di materiale
plicemente la lingua degli alghesante antico Teatro.
così lo buttò a mare imprimendogli
resi. Sulle targhe delle vie
sopra l’orma del suo piede! Ad Alorgogliosa doppia intestazione in
24 aprile - Da Alghero a Capo Cacghero (il nome forse deriva o dalla
algherese e in italiano.
cia lungo la “Costiera di Corallo”
grande quantità di alghe, forse mePer gli spagnoli Alghero fu molto
detta così perchè una volta c’era
glio dire resti di “posidonia” deposiimportante come località strategica.
una barriera corallina, oggi invece i
tate dalle mareggiate su tutto il
Perfino l’imperatore del Sacro Rocoralli si trovano in profondità proilitorale, o viene collegato ad Algeri
mano Impero Carlo V di Spagna
bitive, come le aragoste. Ed ecco
dall’etimo “al Giazirah”, l’isola) abfece tappa ad Alghero nel 1541
la Baia di Porto Conte con i suoi
biamo trascorso
piccoli porti naturali e
quattro giorni mele belle scogliere.
ravigliosi e simpaNella campagna veticamente in
ramente incontamicompagnia di tanti
nata (ci troviamo in
amici. Perché tale
effetti nel Parco Naè stato questo
turale di Porto
soggiorno ad AlConte istituito a salghero, non
vaguardia dell’ecosiun’arida e monostema) molto diffusa
tona riunione di
la Palma Nana con
soci, ma un piacecui si intrecciano cevole incontro fra
stini (in altre zone
amici che magari
usano l’asfodelo). A
non si vedevano
metà strada ci ferda tempo, o fra
miamo per visitare il
persone che forse
Villaggio nuragico
non si conoscedi Palmavera edifivano ma che
cato probabilmente in
hanno fatto subito
diverse fasi dal 1600
amicizia. L’Hotel
al 900 a.C. (età del
Carlos V raffinato ed elegante è
ospitato nell’antico Palazzo De
bronzo). Il nuraghe propriamente
stata la nostra casa per quattro
Ferrera in stile gotico da dove, afdetto ( radice nur=cumulo cavo) cirgiorni in belle e comode camere,
facciato alla finestra, esclamò alla
condato da capanne, era come un
terrazzo vista sul mare con in fondo
folla osannante: “Estode todos ca“forte” tutto di pietra e comprenil Promontorio di Capo Caccia.
balleros!”.
deva, inglobate in un massiccio baNel primo pomeriggio passeggiata
Benchè già protetta da coste frastione ellittico, due Torri e una
nel centro storico di Alghero
stagliate inavvicinabili, sul finire del
grande Capanna delle Riunioni o
La tradizione da sempre ha attriXVI sec., dagli spagnoli venne rafSala del Consiglio. Le tombe erano
buito ad Alghero il titolo vezzeggiaforzato il sistema difensivo della
chiamate “domus de ianas” con un
tivo di “Barceloneta” come simbolo
città con un possente complesso
significato bivalente di “casa di
della sua catalanità, in quanto cadi Muraglie, torri e possenti bastioni
fate” o “casa di streghe”. Sia nei
ratterizzata da un profondo legame
come i Bastioni di Cristoforo Conuraghi che nelle tombe sono stati
con Barcellona. Dopo l’influenza
lombo (la muralla). Lungo la
recuperati vari oggetti: bronzetti lapolitica ed
vorati, utensili,
economica
gioielli, e “naviin parte di
celle” (lanterne
Barceloneta, qui bella que sés
Barceloneta, che bella che sei
Pisa ma soa olio). PurSegua en fatxa del Cap de la caça,
seduta di fronte a Capo Caccia,
prattutto di
troppo non absi no fossi perduda la raça
se non se ne fosse perduta la razza biamo nessuna
Genova nel
una sirena hi fora de més.
una sirena ci sarebbe in più.
XIII sec., nel
testimonianza di
Barceloneta,
qui
bella
que
sés.
Barceloneta,
che bella che sei!
1353 Alscrittura nuraghero passò
gica ma certaR. Carardi: « Rimes alguereses »
infatti sotto il
mente, secondo
governo
varie testimo-
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Sosta dovuta alla famosa Spiaggia La Pelosa tipica per la sabbia
finissima e bianchissima che dona
al mare bassi fondali trasparenti
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trachite traforato a forma pressappoco di elefante con una corta
proboscide (forse la domus janas
di un re nuragico).Quindi a Valledoria alle foci del
fiume Coghinas in un
tratto di costa fra Castelsardo e la punta di
Isola Rossa ricco di
scogliere rossastre e
romantiche insenature
sabbiose. Qui è il Rifugio estivo dei
Masia che con affettuosa ospitalità hanno
invitato tutti a prendere
un caffè nella loro graziosa villa adagiata in
mezzo alla frescura di
una ombrosa pineta. A
Castelsardo, antico
borgo cinto da vecchie
mura, abbiamo passeggiato per le caratteristiche e
strette vie che si arrampicano in
erte scoscese o per ripide scale.
Poi alla svelta ritorno ad Alghero.
Alle h 18 Convegno per i soci
ANPEC e quindi Cena di Gala
ricca di sapori locali come le Seadas dolci ripieni di formaggio e
miele. Ottimi i Dolci sardi gentilmente offerti dalla sorella di Antonio (Pabassinos, Tiriccas,
Casalinas, ecc.) La serata è stata
allietata da un tastierista e una
cantante. Mariella Di Pasquale
We
tipo isole tropicali, ma caratterizzata anche qua e là dalla presenza di scisti cristallini
affioranti fra la sabbia come
TEMPUS
lamine sottili e allineate, for“Tempus nuraghes de pedras antigas
mazioni rocciose dovute a
binchidos dae tempus e dirrutos
vari processi di metamorfie arvures e rundinas e fruttos
smo (basse temperature e
disizos cuntierras e fadigas
alte pressioni).
banzighende sunt tres velas in mare
sa sorte sa morte ei sa vida
25 Aprile – Bosa - Adagiata
una tanca ‘e istellas fiorida
in una verde conca sul fiume
de pitzinnos chi cherene giocare
Temo, Bosa è un esempio
boghes de poesia sa zente manna
pressoché unico, per la Sariscustaimis in notte de istiu
degna, di città edificata acluntanu brincaiat unu riu
canto a un fiume nel quale si
ammajados in s’oru ‘ e sa gianna
specchiano le Antiche Condies de amarguras e isperas
cerie, Sas Conzas, vecchie
unu sonniu una ninna-nanna
costruzioni decorate con trae su entu chi muidat sa canna
chite rossa. Anche la sabbia
in milli e chentumiza camineras
della spiaggia di Bosa è rotempus lizu in prestidu leadu
sata
contivizadu cheres cun amore
in ora ‘e gosu in ora ‘ e dolore
26 aprile - Castelsardo –
proite andas che fiore torradu
Sosta prima a Sedini per vea chie cun amore t’hat donadu…”
dere la famosa Roccia
Antonio Masia
dell’Elefante, un masso di
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nianze, i nuragici commerciavano
con i Fenici e anche con gli Etruschi. Nel 500 a.C. la civiltà nuragica misteriosamente scomparve.
Visto da lontano può
sembrare un gigante
coricato o forse meglio, un faraone disteso il Promontorio di Capo Caccia,
ma adesso incombe
vicino a noi con le
sue falesie alte
quasi 300 metri.
Laggiù il mare e la
Grotta di Nettuno
in cui un tempo viveva la foca monaca
ormai
estinta. I
più coraggiosi iniziano la
discesa per
l’Escala
del Cabirol
(”cabirol”
capriolo) (si
arrampica
sulla roccia
con più di
654 gradini!) e finalmente si
entra in uno
spettacolare mondo fatto di specchi d’acqua color smeraldo o zaffiro, e di colonne di stalattiti e
stalagmiti (formazione nel mesozoico-cretaceo circa 75 milioni di
anni fa) così nella Sala dell’Organo o nella Sala della Cupola,
spazi ampi come Cattedrali illuminate da fasci di luce che attraversano fori e spaccature sulla
volta.E pensare che per formarsi
un solo centimetro di stalattite ci
son voluti 100 anni e più del doppio per un centimetro di stalagmite. L’impatto con quella serena
bellezza è di grande emozione.
Quel silenzioso, paziente, lento lavoro di millenni fa pensare alla
nullità dell’uomo di fronte alla saggezza delle forze della natura che
hanno spesso motivazioni difficilmente sondabili da menti umane.
Pomeriggio a Stintino situato
sulla stretta penisola isthintinu,
termine sassarese: budello, intestino) che dalla Piana della Nurra
si protende verso l’Isola Asinara.
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A proposito di vera solidarietà…. in questo mondo di ladri
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Mi permetto fare una brevissima
introduzione a questa nota di
Gianfranco da me fortemente voluta per il nostro periodico e che
lui avrebbe evitato per un suo innato senso di sobrietà e riservatezza. La preziosa, sensibile e
altamente meritoria attività solidale di cui il nostro Segretario si
è fatto carico è stata a suo tempo
inclusa nell’ambito di un filone sociale che l’Anpecomit intendeva e
intende promuovere fra i soci, inizialmente, della sezione di Roma.
La riproponiamo nella speranza
che lo spunto venga favorevolmente raccolto , e non solo in ambito romano; nella speranza che la
cattiva attuale e diffusa declinazione del verbo percepire: io percepisco che tu sei diverso, tu
percepisci che io sono diverso, lui
percepisce che tu ed io siamo diversi ….sparisca per sempre dalle
nostre menti e dai nostri cuori.
(Antonio Masia)
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Nello sconquasso provocato dall’esodo biblico di seimila persone
promosso da Passera e dai sindacati mi ritrovai anche io “volontariamente” a casa.
Mentre la mia amata banca prendeva, a tutto vapore, la rotta verso
lidi di stock option, utili e commissioni mi dissi che, forse, nella
nuova situazione di totale libertà,
era giusto dedicarmi ad un nuovo
budget, quello dell’aiuto ad altri
“over 60” che avevano bisogno di
assistenza.
Bussai così alla Caritas Diocesana Romana e, dopo uno stage
operativo di qualche mese, fui inviato come “volontario” a lavorare
nel Centro Alzheimer “Casa Ventura”, gestito dal Comune di
Roma, nella zona Monte Mario
Nord.
Ho passato tante mattinate con
“amici” malati ed alle prese con
grandi problemi ma ho potuto avviare con ciascuno di loro (circa
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Verso Maremma
(una poesia di Roberto Ringressi)
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Roberto Cardone
Sul molo - 2004
Olio su tela
cm. 70x120
venti) un rapporto diretto fatto di
simpatia, di dialogo e di vicinanza.
Con qualcuno il rapporto è stato
molto fitto ed è stata per me
un’esperienza unica, partecipare
all’aprirsi di tanti mondi che, sia
pure con grande fatica, facevano
riaffiorare qualche “flash” di vita
giovanile legato ora a prigionie in
Germania, ora ad emigrazioni, ora
a fanciullezza passata.
Anche nelle situazioni più difficili
c’è sempre stata comunque la certezza di fare sbocciare tanti sorrisi
e di regalare un po’ di serenità.
Purtroppo la popolazione in Italia,
con la scarsità di nuove nascite, è
destinata ad invecchiare in maniera impressionante (in pochi
anni più del 30 % sarà oltre i 60
anni) e, probabilmente, ci si dovrà
aiutare tra pari età per cercare di
vivere nella maniera migliore possibile questo lungo tratto della nostra vita.
Gianfranco Mascini
Lunga e dritta correva la strada
che bianca di polvere nell'afa estiva
conduceva lentamente al mare
nell'assordante frinir delle cicale
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Un uomo in bicicletta sdicentrata
pigiava sui pedali e arrancava
la moglie incinta in canna
e unica dote una valigia lisa
legata dietro la sella rattoppata
era mio padre
Dal sito www.noicomit.altervistaorg (Galleria di Personaggi Comit)
Roberto Cardone è nato a Udine nel 1938 sotto il segno dell'Acquario.
Il mare ha sempre avuto grande importanza nella storia della sua famiglia. L'amore per il disegno e la pittura si manifesta sin dall'adolescenza con la frequentazione dello studio di un vecchio pittore. Gli
studi e poi gli impegni professionali limitano fortemente questa passione che coltiva solo per il suo personale diletto. Schivo e riservato
per natura non ha mai amato mostrare i suoi " lavori "; il suo mondo
poetico si esprime in spazi di grande respiro, compiuti ed universali,
cieli densi di nuvolaglie levantine, acque che ne riflettono il morbido
trascolorare, isole di laguna dai percorsi dolci e sinuosi
Oggi Roberto Cardone, pensionato Comit e socio Anpecomit, vive a
Pagnacco, nei pressi di Udine, ove può coltivare la sua passione per
lapittura e per la poesia.
Alfredo Izeta
Quanta amarezza nel venire via
dai verdi monti della Romagna avita
verso Maremma a cercar fortuna
quante speranze di migliore vita
i sogni di mia madre perduti nella luna
cominciò così la mia avventura
Roberto Ringressi è presente nella Galleria dei Personaggi Comit. Profondo
conoscitore di arte africana (la sua collezione di maschere è fra le più importanti in Italia) scrive poesie velate di
profonda malinconia Sente molto quello
che scrive e la sua scrittura è sempre
sincera.
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DIECI GIORNI SUL VESPUCCI
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in attesa degli avanzi di qualche pesciolino, comandi
secchi e sproporzionati di qualche ufficiale o sottufficiale
bauscia, la preghierina di rigore a Santa Barbara e ad
un altro santo che non ricordo, poi a nanna.
L’amaca di corda non era male, La schiena restava
molto arcuata ed era difficile trovare una posizione
appropriata per il braccio che stava sotto. I piedi erano
molto in alto, ma il nostromo ci spiegò che ciò favoriva
la circolazione. Prima di coricarci (si fa per dire), avevamo, tutti e quattrocento, lasciato una lunga scia dalle
murate per i pesci più golosi.
Riuscii a dormire abbastanza. La giornata era stata faticosa ed eccitante e mi addormentai come un sasso in
bilico su un burrone. Sul più bello, mentre era appena
iniziato un sogno nel quale incontravo, nei pressi del
Centro Commerciale dell’Olgiata, una ragazza mia compagna di scuola che mi fermava con un sorriso
accattivante e sinuoso che io mi sforzavo di non ricambiare per non attirare gli strali sarcastici del nonno già
citato prima, mi svegliai di soprassalto e sentii un urlo
rauco e terribile. Era il nostromo che ci dava la sveglia
con atteggiamento che io giudicai in modo negativo. .
Dopo la frugale colazione, rappresentata da una bella
tazza di caffè lungo zuccherato a volontà (del nostromo), due grossi biscotti di marca Purina e quattro
prugne secche (per combattere la stitichezza), il comandante ci riunì sul ponte per spiegarci il funzionamento
della nave ed i nostri compiti di fiancheggiamento dell’equipaggio, una rappresentanza del quale era presente e ce n’accorgemmo subito per un paio di
pernacchie provenienti dal loro settore e che il comandante ignorò con eleganza.
Il comandante ci fece subito capire chiaramente che il
compito di educare al mare un branco di mocciosi figli di
papà non gli andava e che in ogni caso avrebbe fatto di
tutto per trasformarci in lupi di mare, rotti a tutte le
fatiche e disagi. Il compito non gli era gradito anche perché lo considerava una punizione. Ma diamine! Gli altri
comandavano navi veloci, armate di tutto punto, tecnologicamente avanzate, con equipaggi esperti e lui aveva
una carretta, vecchia di un secolo, doveva portarla in
giro di porto in porto a farla fotografare e per giunta doveva farla manovrare da ragazzetti vogliosi di gloria che
giocavano ai pirati.
Decisi di scacciare questi cattivi pensieri e dedicarmi invece alla meravigliosa avventura che mi attendeva. Mi
sarei rifatto, per il cibo, in Valle Aurina, da nonna Teresa
e poi, last but not least, con il sushi della mamma.
Durante il tour della nave, accompagnato con i miei
compagni dal nostromo, scoprii che l’albero di trinchetto
era tutto pieno di nomi, sigle e date intagliati nel legno
con i temperini. Fra questi vidi distintamente tre U maiuscole ed una data risalente a più di trent’anni fa e mi
vennero le lacrime agli occhi. Chissà quanto aveva sofferto anche lui, l’autore di quella sigla.
Il nostromo ci spiegò sommariamente come funzionava
la navigazione a vela, per ottenere lo scopo precipuo di
far avanzare la nave e non farla arretrare verso il porto
di partenza. Capii che occorreva il vento, magari anche
solo un venticello e che il nostro non bastava. Per tal
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Il “Vespucci” è maschio, mi dicono, perché, pur essendo
una nave, è più precisamente un motoveliero, cioè una
grossa barca a vela il cui comandante non si fida molto
dell’energia eolica e, a suo tempo, pretese anche un
motore. Non si sa mai. Il nome è quello di un navigatore
italiano che si attirò molte antipatie quando sostenne
che Colombo aveva preso un’abbaglio grosso come una
casa, avendo scambiato l’America per l’India ed aveva
insistito nella sua versione anche quando non aveva trovato traccia di marajah, bramini e tagliatori di teste. Gli
abitanti che vide erano tutti pariah e le mucche le mettevano sui barbecue, non sugli altari. Non c’erano
nemmeno strade disseminate di boasse ed Amerigo,
quando baciò la terra come aveva fatto a suo tempo
Cristoforo, si accorse subito che non aveva sapore di
curry ma soltanto di ketchup.
Quando mio nonno materno era giovane i ragazzi si dividevano rigidamente in vespucci e lambrettucci e lui
faceva parte di questi ultimi, anche perché, fin d’allora,
era di sinistra e preferiva un mezzo più spartano, più
robusto, meno lussuoso e meno costoso.
La mia avventura di marinaio apprendista sulla nave
scuola è stata esaltante, nonostante alcuni punti negativi che andrò gradualmente e con parsimonia ad illustrare unitamente a quelli, di gran lunga più numerosi,
che io ritengo positivi.
Il primo giorno, nel porto di La Spezia, dove ero stato
depositato la sera prima da uno scettico nonno, di prima
mattina dovetti scalare la fiancata destra della nave per
raggiungere la murata, scavalcarla ed irrigidirmi subito
sull’attenti di fronte allo sguardo non proprio benevolo di
un nostromo che aveva notato il mio impaccio nello
scavalcamento, ma che subito si addolcì apprezzando
l’impeccabilità del mio irrigidimento, da me provato e
riprovato al “Morosini” ben sapendo che quello era il
punto debole dei nostromi di tutto il mondo.
Con un cenno della mano il nostromo m’indicò il mio alloggiamento, rappresentato da una bell’amaca di corda
un po’ sdruscita, senza bagno e piacevolmente ondeggiante a seconda dello stato del mare. Non osai chiedere al sottufficiale dove si poteva provvedere alle
bisogna corporali ma aguzzai lo sguardo intorno e vidi
con piacere che esisteva la possibilità di scarico direttamente sulle onde. Bastava sporgersi dalla murata e numerose corde erano a disposizione per tenersi in
equilibrio. Ogni cinque amache la Marina aveva piazzato, con una spesa non indifferente, una specie di sputacchiera Richard Ginori che serviva per chi soffriva di
mal di mare.
Verso mezzogiorno arrivò il rancio marinaro, giustamente calibrato sul budget del Ministero della Marina,
ma verso sera, prima di cena, fu possibile integrarlo con
qualche pesciolino catturato dagli esperti del Morosini
nelle saporite acque del porto. Poi il comandante ordinò
di levare le ancore, di spiegare tutte le vele, di accendere (non si sa mai) anche il motore e via, mentre sul
molo una folla plaudente di ragazze accompagnate da
alcune suore gridava Hurrà! fra le lacrime di alcune di
loro e di un paio di suore.
Tramonto sul mare, verso la Corsica, fra voli di gabbiani
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motivo erano stati installati due grossi ventilatori azionati
a pedale per le emergenze che potevano verificarsi,
come ad esempio l’impossibilità di mettere in funzione il
motore ausiliario per mancanza di nafta che il Ministero
c’inviava con il contagocce.
Nei giorni successivi, giorno per giorno, imparai tutti i
segreti delle vele e dei relativi alberi, quello di maestra,
il trinchetto, quello di mezzana, l’albero Bonaventura, le
coffe, le sartie, e poi le vele, grandi, piccole, il fiocco, il
controfiocco ed imparai anche che le semplici corde di
questo mondo sono chiamate cime, con malcelato
compiacimento. Imparai che non si deve dire “vado sulla
nave”, ma “salgo a bordo”. Il davanti è la prora, il di dietro la poppa e non capisco che cosa c’entrino le tettone
di Barbara Chiappini.
Nafta permettendo, fu acceso più volte anche il motore
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(ma ce n’era anche uno di ricambio, già appartenente
ad una vecchia corriera che faceva servizio, negli anni
trenta, fra La Spezia e Pontremoli). Sole, mare, sudore,
schiena un po’ arcuata a causa dell’amaca, niente ragazze, turni di guardia per prevenire eventuali arrembaggi di ragazze assatanate, pulizia accurata dei
gabinetti degli ufficiali e lavaggi del ponte con Mastro
Lindo, ma, nonostante questi ultimi servizi, sentivo che
stavo per diventare un vero uomo (non lo ero e non lo
sono ancora, però, lo riconosco, ma lo sto diventando
rapidamente). Il mio sogno è di diventare finalmente austero, duro, burbero, bello, elegante, ammirato, amato
come mio padre, a parte le idee che preferirei, tutto
sommato, più aderenti a quelle di mio nonno materno.
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GIACOMO MORANDI
CHE SIGNIFICA DETASSARE GLI STRAORDINARI ? NIENTE PER NOI !
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In questi giorni si parla di detassare gli straordinari; pare quasi che questa iniziativa, a detta degli “esperti”, abbia
implicanze positive per far girare l’economia delle varie aziende, oltre a riconoscere qualche euro in più al lavoratore dipendente. Iniziativa sindacabile al pari di quella secondo cui, abolendo l’ICI, si farebbe girare di più l’economia
(sentita a Ballarò da Cicchitto). Fresca fresca poi la notizia secondo cui l’attuale Ministro delle finanze starebbe abbozzando l’idea di tassare un po’ di più gli stipendi alti. Permettetemi un paio di riflessioni, terra terra, stante il fatto
che pur non essendo un economista, dovrei essere senz’altro uomo di esperienza finanziaria se non altro per i molti
anni trascorsi anche in posti chiave della Comit. E, per posti “chiave”, intendo dire non solo “esecutivi”. Che effetto
avrebbe per noi pensionati la detassazione degli straordinari che non facciamo ? Sortirebbe solo l’effetto…acqua
fresca in quanto il reddito da pensione, il nostro, è fermo come quel tipo di…prosecco che non si muove, e quindi,
non fermentando, non manda in orbita il tappo all’apertura della bottiglia. Scusate l’esempio un po’ “sui generis”,
se vuoi riconducibile ad un …lavoretto di imbottigliamento che ho appena terminato e che mi ha suggerito subito
detto esempio. Va da se che, per noi pensionati, da un simile provvedimento, non solo non otterremmo nessun beneficio, ma continueremo a subire il fenomeno perverso del calo del potere di acquisto delle nostre pensioni che,
per quanto riguarda lo scrivente, andato in pensione nel 1993, ora si attesta oltre il 50 %, ripeto cinquanta per
cento. Come dire, citando anche questa volta un altro esempio “sui generis” , che se nel 1993, attualizzando il potere di acquisto di allora, potevo comperare un paio di scarpe, oggi invece ne potrei comperare solo una…posto
che le scarpe si potessero vendere, singolarmente, ad una ad una.
Detto questo, c’è da chiedersi che senso avrebbe una detassazione degli straordinari (che fanno parte del lavoro
“fluttuante”: il lavoratore – va detto subito - oltre ad avere incentivi, premi di rendimento ecc. ecc., può farli e non
farli gli straordinari, mentre per il pensionato è “NO” di tutto questo,) rispetto alla detassazione delle pensioni che
fanno parte invece del lavoro “fermo”, come dall’esempio più o meno pertinente di poco fa ? Le aziende possono
infatti trarre linfa anche e soprattutto con i redditi messi in circolazione da parte dei pensionati, mentre la detassazione degli straordinari, quanto ad effetti, costituisce una goccia d’acqua in mezzo all’oceano. O no ?
Inoltre detassare le pensioni, significherebbe ristabilire un doveroso e necessario equilibrio di natura sociale,
ormai gravemente compromesso, compensando, in qualche modo, quella macroscopica perdita di valore di
acquisto delle nostre pensioni che, per noi più anziani, ora è allarmante.Questo è il primo problema.
Passando alla seconda proposta di questo governo, ventilata in TV ieri sera, che sarebbe quella di tassare di
più le entrate significative, c’è da presumere – in aggiunta al fatto delle pensioni più modeste - che venga
toccata anche quella dei pensionati che ricevono pensioni buone. Vi pare questa cosa buona e giusta, come recita il Vangelo, considerando che queste nostre pensioni
sono state ottenute sulla base del tipo di lavoro che abbiamo svolto, a livelli di un certo prestigio e responsabilità ? Mi pare che anche questo cozzi contro ogni forma
di giustizia sociale. O no ?
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Diciamocela infine tutta e per intero: oggi, le nostre pensioni di funzionari di banca di una volta, non solo non si
scostano più di tanto da quelle degli impiegati che vengono assunti ora, ma anche di quelli di tanti altri contesti professionali. Bella soddisfazione, ma soprattutto
che….miseria ! Nella sua vera accezione.
ARNALDO DE PORTI
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TURISMO E NATURA – LE GOLE DEL VERDON (FRANCIA - ALTA PROVENZA)
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In Francia le chiamano “Grand
L’itinerario
l’alta affluenza turistica sino a
Canyon du Verdon”: non è proMoustiers-Ste-Marie (550 abitanti
prio il Grand Canyon (troppo verde
Riva destra
ma moltissimi alberghi): qui è opquello francese) ma è sicuramente
Partendo da Castellane, borgo
portuna una sosta (meglio ancora
qualcosa di simile anche se di
medievale che vale la pena di visise avete tempo per pernottare) per
dimensioni più modeste. Si trova a
tare, si segue il corso del Verdon
visitare questo borgo medievale,
circa 200 Km da Ventimiglia: per
per arrivare al Point Sublime, il
serrato in una profonda gola racraggiungere la zona dovete perprimo balcone di roccia che perchiusa tra due picchi uniti da una
correre l’autostrada, uscire a Canmette di ammirare uno splendido
lunga catena al centro della quale
nes e dirigervi verso Digne.
panorama sulla profonda gola sotè stata posta una stella in seguito
Incontrealle Crorete prima
ciate
Grasse (la
(quella
patria dei
originale
profumi e
è caduta
delle esa terra
senze: per
nell’Ottole signore
cento e si
è una
trova nel
sosta obpiccolo
bligata in
museo
quanto podel aese:
tranno acin alto è
quistare i
stata
prodotti duposta
rante la viuna copia
sita ad una
più
delle nugrande),
merose
aziende
Riva sinidella cittastra
dina) e poi
Da MouCastellane,
stierspiccolo
Ste-Marie
borgo medievale dal quale inizia la
tostante. Si prosegue sino ad insi prosegue sino ad incontrare il
strada per la nostra meta.
contrare l’imbocco della Route de
Lac de Sainte Croix, un bacino
Le verdi acque del Verdon scorCretes (subito prima di La Palud
artificiale dalle acque azzurre alirono in una valle tortuosa, prosur-Verdon) che costeggia il Vermentato: il Verdon sbocca nel lago
fonda anche 700 metri,
don: prendetela in quanto offre alpassando attraverso due alti speattraversando un’alta landa disabimeno una decina di stupendi
roni rocciosi che segnano in pratata tra Castellane e Moustiersbelvedere. Rientrati nella strada
tica la fine del Canyon. Nelle
Ste-Marie; il fiume alimenta poi il
principale si prosegue in una navicinanze è d’obbligo una sosta ad
Lac de Sainte Croix (bacino artifitura incontaminata nonostante
Aiguines, con il suo castello seiciale) dopo aver attraversato
centesco caratterizzato da
circa 21 chilometri di spettaquattro torri circolari ricoperte
Il Verdon
colari gole sul fondo delle
da tegole in ceramica poliIl Verdon è un fiume della Francia che scorre nei di- croma; Proseguendo inconquali si possono vedere decine di minuscoli puntini che partimenti delle Alpi dell'Alta Provenza e del Var.
trerete altri punti panoramici
Nasce nei pressi del colle d'Allos nelle Alpi Maritsi rivelano essere canoe e
(da non perdere l’Etrit des
time e si getta nella Durance nei pressi di Vinonsub in muta di neoprene.
Cavaliers e il Balcon de la
sur-Verdon dopo aver percorso circa 175 chilometri. Mescia).Ora potete tornare
Nella zona non mancano
punti di fornitura di materiale La colorazione verde del fiume è dovuta al fluoro e
soddisfatti alle vostre case:
per sport estremi, quali il raf- a micro-alghe che contiene: è probabile che il suo
secondo me ricorderete per
ting, il canyoning, gli sport di nome derivi da questa particolarità, formatasi dal
sempre questo bagno nella
nome latino viridium (luogo verdeggiante). Tuttavia il natura, insieme ai paesi che
roccia in genere, il ciclismo
lago di Sainte-Croix presenta una colorazione turdi montagna e così via.
lo circondano.
chese dovuta al fondo argilloso.
Alfredo Izeta - maggio 2008
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LE STATUE-STELE DELLA LUNIGIANA
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ture, armi (asce, pugnali e frecce)
e monili.
Raramente vengono raffigurati gli
arti inferiori del corpo, anzi, a volte
la parte bassa del monolite non è
levigata ed è rozzamente appuntita facendo pensare che la statua
venisse
conficcata
nel terreno, tesi
avvalorata
anche da
una colorazione
leggermente diversa della
pietra.
I luoghi di
ritrovamento
delle statue-stele in Lunigiana sono i più
svariati anche perché, con il passare dei secoli, molte sono state
spostate dai siti originari. Alcune
sono state ritrovate vicino a santuari cristiani, altre in prossimità di
sorgenti o di fiumi e l'acqua sembra aver avuto, anche per analogia
con ritrovamenti in
altre zone,
un qualche
tipo di relazione con il
culto o i riti
che verosimilmente
coinvolgevano questi
monumenti. In
alcuni casi
la statua o
parte di
essa è stata
ritrovata inserita addirittura nel
muro di una casa o di una pieve.
Ma qual' era la vera funzione, il significato di questi oggetti misteriosi, cosa rappresentavano per gli
abitanti di queste piccole regioni
autoctone come la Lunigiana,
sparse a macchia di leopardo per
l'Europa e non solo? Tra questi popoli, a volte così lontani, c'era un
qualche collegamento, un qualche
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contatto?
Le interpretazioni date dagli archeologi e dagli storici sono molteplici, diverse e talvolta discordanti.
Alcuni studiosi fanno notare, in
netto contrasto con altri, l'assenza
di ossa umane in prossimità delle
statue ritrovate, assenza che farebbe escludere la relazione con
una tomba o un cimitero; per contro gli stessi evidenziano la cospicua presenza di materiale in
ceramica che farebbe piuttosto
pensare a vasi votivi offerti ad un
idolo, ad una divinità protettiva.
Alcuni altri hanno visto in questi
monumenti delle opere d'arte fine
a se stesse come potrebbero essere le varie manifestazioni d'arte
rupestre, altri ancora hanno attribuito loro delle finalità pratiche
come quella di cippi di confine territoriale e così via.
Difficilmente gli esperti arriveranno
a dare un'interpretazione univoca
sul significato e su cosa hanno
rappresentato questi antichissimi
monumenti. Dovremmo pertanto limitarci a prendere atto dell'unica
cosa evidente ed inoppugnabile
anche se un po' misteriosa: che
alcuni uomini di cinquemila anni
fa, appartenenti a civiltà diverse e
dislocati in zone distanti anche migliaia di chilometri, hanno sentito il
bisogno di incidere la loro figura su
una pietra con modalità, tecniche
e caratteristiche abbastanza simili.
Bisogna peraltro ammettere che le
enigmatiche espressioni che queste figure promanano, ancora oggi
ci turbano e non possono non suscitare in noi stimoli e curiosità.
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La Lunigiana è una zona del nostro Paese non molto conosciuta,
a volte confusa con la Garfagnana, di incerta collocazione geografica tra la Liguria , la Toscana e
l'Emilia.
Questa Terra prende il nome da
Luni, importante porto e centro
commerciale in epoca romana e si
identifica sostanzialmente con la
valle del fiume Magra che nasce al
Passo della Cisa, estremo lembo
nord della Toscana al confine con
l'Emilia, scende toccando Pontremoli, Aulla e Sarzana e raggiunge
il mare a Bocca di Magra (in prossimità vi sono i resti di un anfiteatro romano ed un piccolo museo)
tra La Spezia e Carrara, segnando
così anche il confine tra Liguria e
Toscana.
Volendo caratterizzare in sintesi la
Lunigiana possiamo dire che, pur
essendo la maggior parte del suo
territorio in provincia di Massa Carrara e quindi in Toscana, pur
registrando numerosi influssi liguri
ed anche emiliani, evidenzia, nella
parlata, nella cucina, nella cultura,
nel modo di costruire le case ed i
borghi, alcune caratteristiche proprie, autoctone, che la distinguono
e la differenziano da quelle delle
tre Regioni.
Un aspetto di questa "originalità"
sono anche le statue-stele della
Lunigiana che costituiscono uno
dei gruppi più importanti in Europa
di questi monumenti antropomorfi
in pietra che sono presenti, a partire dalla seconda metà del quarto
millennio a.C, in alcune zone ben
delimitate del nostro continente ed
anche dell' Asia e dell' Africa. Oggi
sono note in Europa circa seicento
statue-stele, in Italia ve ne sono un
centinaio, metà delle quali rinvenute in Lunigiana.
Si tratta di massi tagliati e modellati dall'uomo, di dimensioni diverse ma di norma non superiori ai
due metri di altezza, 50/60 centimetri di larghezza e 30 di spessore, sui quali sono stati incisi i
tratti della figura umana, sia uomo
che donna. Viene data particolare
enfasi alla faccia, alle braccia ed ai
seni, ma in alcuni si rilevano interessanti rappresentazioni di cin-
GINO LUCIANI
La più importante raccolta di statue-stele della Lunigiana si trova
al: Museo Castello del Piagnaro
54027 Pontremoli (MS)
Aperto al pubblico tutti i giorni
tranne il lunedi
Orario invernale: 9/12 - 14/17
Orario estivo : 9/12 - 16/19
Tel. 0187- 831439
Per u n viaggio in Lunigiana si
possono consultare i siti:
www.terredi lunigiana.com
www.lunigiana.com
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FILATELIA: IL “PENNY BLACK”
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Il Penny Black, emesso nel 1840 dal Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda, è l’emblema del collezionismo di tutti
i tempi: È stato il primo francobollo postale ufficiale ad essere utilizzato in tutto il mondo. La nascita del francobollo
ha origini del tutto casuali in quanto prima di allora spedire le lettere costava caro, non vi era un importo fisso ed
esso variava in base a molti fattori, tra i quali la distanza e il peso della lettera. E, cosa più importante, il pagamento
della tassa era a carico del destinatario che, spesso, si rifiutava di ritirare la lettera. Si narra che sir Rowland Hill,
uomo di indubbie qualità pratiche e dotato di eccellenti capacità di analisi, durante un viaggio in Irlanda fu testimone
di una scena che lo indusse ad attenta riflessione. Durante la sosta della corriera venne consegnata una lettera ad
una ragazza che, dopo averla soppesata attentamente, la riconsegnò al portalettere dicendo di non avere lo scellino
per il pagamento del “porto”. Sir Rowland Hill si offrì di pagare la tassa e consegnò la lettera alla giovane, ma con
sua somma sorpresa scoprì che la ragazza si era accordata con il fidanzato che viveva a Londra: questi apponeva
dei segni convenzionali sulle buste ed alla destinataria bastava dare un’occhiata alla busta per sapere esattamente
le notizie in essa contenuta. Realtà o leggenda non lo sapremo mai, ma resta il fatto che sir Hill si interessò al problema e nel 1837 fece pubblicare a sue spese il libretto “Post Office Reform: its Importance and Practicability”
con cui rese noto al Parlamento inglese il suo pensiero riformatore basato su un servizio postale prepagato, basato
sulla riscossione della tariffa all’atto della spedizione e non del ricevimento.
Introdusse anche il concetto di tariffe basse ed uniformi per favorire l’aumento del traffico postale. Il progetto si scontrò con l’ostilità preconcetta del Post Office, che non accettò l’intrusione di un estraneo quale era considerato Rowland Hill. Tuttavia, questi, grazie all’intervento di dodici uomini d’affari londinesi mercanti e banchieri (sempre
loro…) che organizzarono una raccolta di firme a favore del progetto, la proposta arrivò alla Camera ed il 26 dicembre del 1839 il Parlamento britannico approvò la riforma che rese necessaria la realizzazione dei francobolli. A Hill fu
assegnata una carica provvisoria al Tesoro in qualità di supervisore ed egli suggerì che i francobolli dovessero essere dei pezzi di carta di dimensioni sufficienti ad accogliere una stampa e dotati sul retro di una soluzione glutinosa
idonea all’incollaggio degli stessi, come prova dell’avvenuto pagamento della tariffa postale. Il francobollo sarebbe
stato annullato mediante un timbro indelebile per evitare che venisse riutilizzato. Nel frattempo era stato bandito un
concorso per trovare il disegno più adatto ad essere riprodotto sul francobollo. Giunsero 2600 proposte delle quali
nessuna ebbe il favore del riformatore: Hill decise, quindi, di adottare il profilo della Regina Vittoria. L’effigie venne
incisa da Charles e Frederick Heath su un bozzetto tratto da una medaglia coniata anni prima da William Wyon. Per
la realizzazione fu prescelta la Perkins, Bacon e Petch che stampava banconote e non era certo solita stampare
fogli contenenti pezzi di carta piccoli in grandi quantitativi, ma se la cavò piuttosto bene! Fu scelto il colore nero perchè era l’unico, che a differenza degli altri colori, non mutava di tonalità.
Il 6 maggio 1840 nacque così il primo francobollo, il famosissimo “Penny Black”, ma in realtà furono due i valori
emessi contemporaneamente: c’era anche il 2 pence azzurro, che non raggiunse mai la fama del “Penny Black”.
L’anno successivo il colore del valore da 1 penny fu cambiato da nero in rosso per rendere maggiormente visibile
l’inchiostro nero del timbro postale.
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Il successo del francobollo fu clamoroso e Rowland Hill fu fatto baronetto e nominato direttore generale delle Poste
del Regno Unito. Il Penny Black non costituisce un esemplare raro, ne furono infatti stampati 66 milioni di pezzi ma,
in quanto prima emissione adesiva, è tenuto in grande considerazione dai filatelici. Molti acquistarono il francobollo
non solo per farne uso postale, ma anche per conservarlo come “figurina” o piccola stampa decorativa. Il Penny
Black è sempre disponibile sul mercato filatelico ma, vista la continua domanda da parte dei collezionisti e l’importanza dell’esemplare, ha costi relativamente elevati che vanno dai 400/ 500 euro circa per l’esemplare usato a ben
1000/1500 euro per uno nuovo. I prezzi variano, ovviamente, in base alla “qualità”, “freschezza”, “centratura” ecc.
del francobollo. E……attenzione….ai falsi…………….
Otto anni dopo, nel 1848, su invenzione dell’ingegnere Henry Archer che ideò la perforazione meccanica del francobollo, fu emesso il “penny rosa” il primo francobollo con margini dentellati, completando così la genesi del francobollo dentellato così come è noto oggi.
Le matrici da cui furono stampati i primi penny black, sono conservate alla British Library di Londra, mentre il “bozzetto originale” che riproduce il profilo altero e reso aulico della Regina Vittoria e in chiusura la scritta con grafia un
po’ tremebonda “Proposal to Penny Post Proof”, la data 1 giugno 1839 e la firma Rowland Hill, è di proprietà
dell’archivio storico della torinese Bolaffi, leader in Italia della filatelia. Alberto Bolaffi in un’ intervista rilasciata al Corriere della Sera il 17 settembre 1992 a Fiorella Minervino ebbe a dichiarare “mi sento come un privato che avesse in
casa sua la Primavera del Botticelli”.
Fernando Mazzotta
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Le memorie di un modellista… stanco
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di minor larghezza. In soldoni, di solito il listello è lungo da 0.60 a 1 mt
e largo 5 mm, misura quest’ultima
che, progressivamente, dovrà essere ridotta via via che si va verso
prua o poppa. Questo è solo un piccolo “assaggio” degli aspetti da considerare, davvero numerosi ma che
in questa sede non è il caso di approfondire. A parte gli aspetti strettamente costruttivi, ci sono poi una
miriade di trabocchetti che, ignorati,
sviliscono un buon lavoro agli occhi
di esperti: il timone, o meglio la
ruota del timone, se la vedete su
una caravella di Cristoforo Colombo
è come vedere una delle auto dei
primi ‘900 con l'alettone posteriore....
Io suggerisco di documentarsi a
fondo sul soggetto da riprodurre,
per evitare anacronismi o errati
montaggi dell’apparente intricato
complesso delle “manovre”, cioè
quel cordame che viaggia da un albero all’altro, da un pennone al
ponte e così via. Oltretutto, alla fine,
si resta ammirati e sorpresi nel constatare che su una nave tutto era
essenziale e funzionale ad un ben
preciso compito. Naturalmente, documentarsi sul soggetto significa
anche gettar l’occhio sulla vita dell’epoca, su usi e particolarità. Alla
fine si avrà la soddisfazione, in una
col completamento del modello, di
conoscere una realtà davvero sorprendente. Le condizioni di vita dei
marinai erano durissime tant’è vero
che, fra le possibili attività dell’uomo, difficilmente uno sano di
mente avrebbe scelto quella vita …
un po’ meglio gli ufficiali (almeno
come alloggiamenti e vitto). Sulle
navi da guerra, comunque, si usava
il riguardo di dipingere di rosso gli
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affusti dei cannoni e gli ambienti
delle batterie conseguendo il duplice risultato di non impressionare
gli addetti ai pezzi e di risparmiare
successive riverniciature per coprire
le tracce inevitabili nei combattimenti…. Col passare del tempo ti
vien voglia di uscire dalla logica
della scatola di montaggio e, almeno a me è successo, vuoi fare
qualcosa di diverso.
MI spiego: sul mercato, gira gira, si
trovano sempre gli stessi modelli,
per lo più di navi inglesi, francesi,
spagnole… qualche raffinato si può
spingere a reperirne olandesi…italiane pochissime, a prescindere
dalla Vespucci che, per quanto bellissima, è pur sempre un ibrido (in
ferro) e comunque non appartiene
all’epoca d’oro della vela, cioè il
700-800.
Nel periodo che sono stato a Napoli
ebbi l’opportunità di conoscere un
modellista che mi sviluppò – partendo dalle foto che feci a un modello in museo – i disegni della
Partenope, fregata del 1834 dell’Armata di Mare (questo era il nome
della Marina Militare delle Due Sicilie). Questo è stato il mio ultimo lavoro e mi sono sfiziato a sfruttare
tutte le conoscenze che avevo acquisito nel corso di svariati anni:
anche se dentro ci posso sbirciare
pochissimo, però so che le batterie
coperte sono fatte tutte con cannoni
interi sui loro affusti (e non le mezzecanne che sporgono dai portelli
alla “tanto è quello che si vede”), so
che le ruota del timone agisce effettivamente sul gioco di corde (non è
il termine corretto, è per farmi intendere da tutti, ma tecnicamente si
chiama agghiaccio”) che muovono
la barra del timone, so che la carena è stata rivestita di un
buon migliaio di piastrine di
rame (le proporzioni, perbacco, non potevo contentarmi di quelle in vendita…
troppo fuori scala) rame che,
infine, con una mistura infernale di ammoniaca, sale,
aceto, ho reso di un bel verderame…
Sì, lo confesso, il modellista,
alla fine un po’ paranoico lo diventa…..
Maurizio D’Angelo
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Diversamente da tanti che, liberi
dagli obblighi della vita attiva, trovano finalmente il tempo di dedicarsi a qualche hobby, sono stato
modellista negli anni lavorativi,
ritagliandomi spazi serotini, spesso
molto risicati.
L’inizio è stato curiosità e anche un
certo qual puntiglio (“mò, vuoi vedere che non son capace….?) perché mi era capitata fra le mani una
pubblicazione di modellismo navale
statico antico….pubblicazione che,
come scoprii diversi anni dopo, essendo di una, allora, molto nota
azienda specializzata, insegnava
l’esatto contrario di quel che deve
essere e fare un buon modellista.
Ora, senza raggiungere le vette di
perfezionismo paranoico di taluni, ci
sono comunque diverse maniere di
esser modellista.
Di solito si comincia con una scatola
di montaggio e qui va subito fatta
una precisazione: le scatole di montaggio di modelli in legno hanno
poco a che vedere con quelle di
modelli in plastica. Queste ultime
contengono una serie di pezzi già
sagomati da assemblare. Questo
non vuol dire che non si possano
raggiungere eccellenti risultati, anzi,
con buone tecniche di rifinitura del
modello si realizzano piccoli capolavori. Per contro, una scatola di montaggio di un modello in legno
contiene, in prevalenza, materiale
grezzo, i listelli che serviranno per
formare il fasciame della nave, la
chiglia e le ordinate (non sempre
già tagliate) e, ovviamente, minuteria varia, cordami, tele. Tutto deve
esser opportunamente lavorato: i listelli andranno curvati per seguire la
linea dello scafo e, cosa che nei
neofiti provoca ulteriori ambasce,
“rastremati” . Già, perché, immaginando uno scafo tagliato
a fette come un salame,
avremo che le fette, procedendo dal centroscafo verso
poppa e verso prua, diventano sempre più piccole. In
un lavoro di fasciatura dello
scafo ben fatto, se lungo il
perimetro della “fetta” maggiore, quella centrale, ci
vanno, diciamo, 20 listelli, per
poter avere sulle fette più piccole gli stessi 20 listelli, evidentemente dovranno essere
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PUNTURE DI SPILLO - A CURA DI GIORGIO COZZI
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Oh, COMIT CIAO! Ovvero ad Alghero anch’io c’ero…
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E’ sempre utile quando si va in un posto cercare spunti
sui costumi, sulla lingua e sui modi dire, perché sono
aspetti che aiutano capire l’ambiente e la gente e poi
perché ti fanno sembrare uno che… la sa lunga. Ebbene, rovistando tra le carte, mi sono imbattuto nel
motto “FORZA PARIS!” (Avanti insieme!), famoso grido
di battaglia della gloriosa brigata “Sassari”, che mi è
parso - anche Masia sarà d’accordo – veramente perfetto per noi della brigata ANPEC,
sbarcati ad Alghero con tanto entusiasmo, tanta voglia di batterci, di stare e
di lottare insieme. Ad accoglierci all’aeroporto il vessillo dei Quattro Mori
che, quasi riluttante al vento e pieno di
sussiego, bisbigliava: “Non so se mi
spiego” (brrrr…)
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Durante il viaggio a BOSA, invece,
Antonio, microfono alla mano, ci
ha fatto il ripasso di storia sarda,
partendo dalla civiltà nuragica: a
quanto pare gli uomini nuragici
non andavano molto d’accordo, si
tiravano…le pietre a mucchi, così
hanno lasciato i nuraghi in grande
quantità. Essi non erano solo pastori, ma anche navigatori e commercianti che facevano molti
scambi con egizi e fenici (inventando così gli Scambi commerciali
e lo Sviluppo, un lascito che poi i
bancari sardi in carriera si sono ritrovati nel loro “dhl”).
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Come sempre, il Presidente Masia era (molto) in palla.
Dopo quasi due ore, parlando fitto come la macchia
mediterranea, aveva appena esaurito… le premesse.
Nessun argomento è sfuggito alla sua relazione torrenziale (meno male che non l’aveva preparata). Ma
come fa? Tutto in apnea. Maria Pia intanto provvedeva
al suo rifornimento idrico, mentre gli astanti non nutrivano più speranze, nemmeno in un intervallo pubblicitario. Solo Otello Pozzi avrebbe potuto reggere il
confronto dialettico con pari autonomia respiratoria,
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Non dimentichiamo però che l’appuntamento era serio, istituzionale: per sabato, ultimo giorno, era prevista
l’assemblea annuale dei soci ANPEC.
A ingrossare la platea dei partecipanti
si sono aggiunti altri amici sardi (Peppuccio Fiore, Budroni, Virdis and…).
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Pochi insomma, ma belli, e così la vacanza l’abbiamo goduta di più.
Ma la vera attrattiva del Convegno, inutile negarlo, era
quella di visitare luoghi meravigliosi, di godere il mare,
i fiori, i profumi, la bellezza infinita
di questa terra, secondo il programma scandito a tappe forzate
dalla dolce Isabel, guida ungherese dal fascino slavo, agile e sinuosa come un delfino, ma ormai
diventata… sardina (brrrr…).
Tutto è filato a meraviglia, però a
CAPO CACCIA ecco la scala per
scendere alla famosa Grotta, fatta
di ben 654 gradini (contati), così
non voleva andarci … Nettuno. Poi
l’esempio di alcuni intrepidi e di
quasi tutte le signore, ha trascinato
anche i più timorosi e pure alcuni
pezzi da novanta (chili!). La risalita, cronometrata per i primi (ancora le donne!) in 86 minuti, ha poi
fatti registrare paurosi distacchi,
tra cui quello del tacco di una
scarpa.
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Antonio sperava di vedere tutte le sue
Legioni, invece il gruppo non era foltissimo, ma poteva contare sui fidi pretoriani: Romani (Ciancia, Greco,
Mascini, Tripepi and partners), Toscani
(Fabrici,Angeleri and …), Cispadani
(V.P. Basilico, Auterio, and…) accompagnati dalle gentili spose (qui la
quota rosa sfiorava il 50%). Molto gradite le presenze di Bruno Bacchiddu
(ormai sardo-meneghino) e del neosindaco Ricchiuti con fascia tricolore;
infine, dalla Nuova Terra, ecco spuntare il Chicco (Della Grisa) con simpatica consorte.
ma si è saggiamente trattenuto. Anche all’intervento
“fiscale” dell’amico Vanin è toccato solo un piccolo
rateo del 4% (e nessuna possibilità di ottenere il 12,5).
Poi si sono svolti altri interventi, diciamo normali,
senza particolari casi di dissenso nè di dissenteria.
Invece ai feroci cartaginesi che mettevano a “filu e
ferru” l’isola, Sardus, Amsicora e i guerrieri Sardana,
non gli hanno lasciato prendere piede (da cui il nome
ICHNUSA).
Tutte cose molto interessanti, senonchè, per arrivare
ai giorni nostri, ad Antonio sarebbero occorsi altri trecento chilometri, invece quando toccava ai Doria e a
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Brancaleone (quello della famosa Armata?), eccoci arrivati a Bosa e… addio storia.
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E che dire poi di STINTINO dalla spiaggia incantevole,
ammirata in tutta la sua nudità, senza i segni delle “invasioni barbariche” estive, con migliaia di vacanzieri
stipati col giornale e il telefonino. La visione magica
della “Pelosa”, senza veli e senza peli, ha scatenato le
varie “digitali” presenti e la rovente telecamera dell’immancabile Gaetano.
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E come dimenticare il “coffee-party” offerto a sorpresa
dal Presidente a VALLEDORIA, buen retiro presidenziale e centro operativo Anpec, strettamente sorvegliato dalle guardie forestali, anche loro accorse a
gustare due dei sessanta espressi, preparati all’istante
dall’ineffabile Toia..
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Infine ecco la serata di gala che ha galvanizzato tutti
quanti. Bella compagnia, belle signore, tutte “mode
ratamente eleganti” (come previsto dal programma). A
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un certo punto, il coro misto dei “Cantores”, (tutti di
elevata statura, tranne il trainante “basso” Fanni), sfidando il divieto del sindaco di Alghero di cantare “Oh
bella ciao”, si sono lanciati nell’esecuzione di “OH,
COMIT CIAO!”, pezzo poetico e nostalgico, molto applaudito con richieste di bis, che i cantores bis-trattati
hanno esaudito. Uno spettacolo… dimenticabile!
Poi, sull’onda di lenti travolgenti, tutti a ballare come
semoventi. Forse il Presidente, impegnato in sambe e
lambade, avrebbe gradito anche il suono delle “launeddas” e il tradizionale “ballu tundu” delle sagre popolari. E’ molto attaccato alla sua terra e, inoltre, lo
sappiamo, è anche ispiratissimo e apprezzato poeta
dialettale. Da una sua raccolta mi sono trascritto questi versi: “Sa vida est un eternu girutundu!/ E cun sa
roda ch’est sempre girende/ bisos e rughes andende e
torrende!”. Penso che la traduzione sia superflua, comunque: “La vita è un eterno girotondo/E con la ruota
che è in eterno movimento/I sogni e le croci vanno e
vengono”. (G.C.)
Parliamo di politica?
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E’ poco più che una bambina. E’ una campionessa sportiva.
A domanda risponde esponendo il suo pensiero Non vuole che la sua attesa delle Olimpiadi sia turbata.
Non vuole che “la politica” le tolga questa opportunità.
La Politica?
Evidentemente è preoccupata per le manifestazioni pro Tibet. Teme che si scelga di “punire” la Cina sabotando in
qualche modo i Giochi.
Certo lo vediamo: è molto giovane. Non sa ancora che nulla di drastico sarà messo in campo. E questa è politica.
Ma lei è molto giovane .Politica ha per lei un significato molto più vago, e deteriore.
Ore e ore di allenamenti, la scuola (che scuola?). Avrà le giornate piene. Poco tempo per telegiornali e giornali. Sentirà molto parlare, e parlerà, di strategie di gara, di allenamenti , di giusta alimentazione, di abbigliamento supertecnologico, di medaglie e podii e di nessuna altra pratica finalizzata, si spera.…..Poco tempo per pensare ad altro. Perché
a poco altro si pensa intorno a lei.
La stanno costruendo e programmando per vincere, ha già vinto molto, vuole vincere ancora.
Sono questi i confini del suo mondo.
Qualche spazio per lo svago, la famiglia, gli amici. Poi fine.
Il resto sta “fuori”.
Il resto è “politica”
Forse ha risposto così perché colta di sorpresa. Se avesse avuto il tempo per pensare…
Almeno lo spero.
Politica è una parola. Dentro ci puoi mettere tutto.
Dalla “polis” in su. Dalla “polis” in giù.
Polis è la nostra casa, polis può essere il nostro ombelico. O le nostre tasche. O la nostra città: O il mondo intero.
Dipende da chi sei. Dipende da te. E molto da chi ti sta intorno.
E allora potremmo cominciare col chiederci che politica di educazione o di cittadinanza è prendere una giovane vita,
un corpo dotato,una intelligenza vivace e aperta a tutti gli stimoli e imporle degli orizzonti così delineati E così chiusi.
Grossa responsabilità.
Coppe e medaglie possono convivere con altre idee, altre speranze. E a volte lo fanno. Dipende da chi sei. Dipende
molto da chi ti sta intorno.
Ma non intendo nemmeno affacciarmi sul pianeta giovani. La scuola, la famiglia, la parrocchia, il centro sociale, gli
amici. le discoteche con tutto quello che convogliano. I loro fragili miti.
Ogni giorno la sua storia, ogni giorno fiumi di parole. Io non ho ricette..
Ma loro sono la polis di domani.
Una enorme responsabilità “politica” dell’oggi.
Una delle tante, a volte ignorata, comunque sottovalutata, o malintesa.
Sono quasi sempre “gli altri” a doversene occupare.
Noi soccorriamo, tamponiamo.
Un pessimo modo di far politica in realtà.
Edda Cucè
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Le magie dell’orco
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sentissi ancora addosso il suo sguardo asimmetrico, la verità era che non mi filava nemmeno di
striscio. Addirittura più mortificante: ero probabilmente per lui un caso di ordinaria amministrazione. Mi misi allora a testa bassa sulla Olivetti, le
guance rosse, mandando mentalmente un accidenti al capo ad ogni foglietto compilato. Come
per miracolo, la vaschetta delle lettere in uscita si
riempì; mi sentivo però frantumato, senza spessore alcuno. Con passo incerto, mi diressi alla
sua postazione per consegnare i moduli: nel
valutare il compitino,
assunse le fattezze di
un monarca.
Dopo una sbirciata obliqua, disse abbassando
la voce: dai che va
bene, la dattilografia
non è il tuo forte, sei comunque un bravo fioeu.
Fa minga il Vincenzo
come ti chiami e potrai
migliorare, concluse
l’orco con quei denti
neri che prendevano
inaspettata vita dall'azzurro fumo della sigaretta. Prima o poi, sarai
anche tu dei nostri e
non andrai più via (chi
volta el cü a Milan, volta
el cü al pan).
Un sintetico epitaffio,
un’altra magia. Guarda
te, conosceva persino il mio nome e, per ore,
aveva fatto finta di niente. Mi sentii appena euforico, come dopo aver superato un esame all’Università. Era ormai stabilito: da quella volta,
appartenevo finalmente alla medesima famiglia
del Galimba.
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Si era ai primi di dicembre, s’approssimava
Sant’Ambrogio, e fuori erano solo caligine e
brume del nord. Nuvole compatte che non promettevano niente di buono, appena intraviste
dallo squarcio del finestrone che affacciava su un
cortile interno. Ero da poco arrivato nella metropoli operosa e stavo già maturando un fastidioso
sentimento in sottofondo: era proprio questa Milano, altro che Amalfi, e mi sarebbe toccato,
chissà per quanto ancora, di abbronzarmi soltanto al sole artificiale
del neon. Mentre aspettavo di sottopormi alle
prove di dattilo, provai a
rifugiarmi nei sentimenti
positivi: sono su una
barca, respiro il profumo
del legno, pesco a traina
mollemente rilassato e
c’è una bella guagliona
in bikini sul cuscino di
prua. Ma il vocione roco
del Galimba* mi riportò
bruscamente alla realtà,
in quella immensa camerata. Bisognava ammettere che l’unica cosa
in legno che si trovava
nei paraggi erano le scrivanie di noce scuro, e
non sapevano di mare.
Dal centro di un tavolo il
tiranno fece ribaltare,
con una magia da prestigiatore, una specie di
basculla dalla quale si materializzò per incanto
una mostruosa Olivetti. Inquietante sentirsi dire,
dopo appena qualche giorno di lavoro, fammi vedere quello che sai fare.
Percossi i tasti con frenesia, per dimostrare che
ero almeno veloce. Ma sbagliai troppo spesso:
ognuna di quelle ics, di quelle stridenti ribattiture,
mi sembrò una sommessa ribellione, un intervallo
di luce di quella parte di me che inseguiva la tentennante traccia del sogno.
Mi insultò subito, il Galimba, per quelle cromatiche invenzioni. Una lettera contabile non è un
cruciverba, mi disse. E poi, a muso duro: non ti
pagheranno per fare solo finta di martellare sulla
tastiera. Eccolo, pensai, se adesso dovesse
darmi pure del "brutt terun", corrugherò le sopracciglia in un tale moto di disgusto, da scuoterlo fin
nelle recondite, ingorde profondità. Sorprendentemente, girò invece i tacchi: la sua asciutta lezione
per quella mattinata era bastata. Nonostante mi
Vincenzino Barone
*) Gli amici milanesi meno giovani non possono
certo aver dimenticato che le prove di dattilografia e sulla divisumma, alla fine degli anni sessanta, erano tra le più temute per i neo-assunti,
tenuto conto anche di una certa ruvidezza dell’esaminatore Giuseppe Galimberti, peraltro ottimo nostro Funzionario.
Attorno alla metà degli anni settanta il Galimba,
com’era scherzosamente chiamato, andò in pensione, credo col grado di Procuratore.
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Un ampio stralcio dell’intervento di Alessandro Buffardi all’Assemblea di Intesa Sanpaolo
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Signori Azionisti, Signori Consiglieri, Signori Presidenti
Anche quest’anno mi soffermerò
sulla percentuale di eticità che ha
accompagnato, professor Bazoli, i
Suoi comportamenti nel perseguimento dei risultati aziendali. Come
Ella sa, la Chiesa come istituzione
sovrana che guarda allo Stato
come altra istituzione sovrana annovera – tra varie pietre miliari –
questa: il vincolo dei fedeli all’obbedienza all’istituzione ecclesiastica,
non solo nella loro professione di
fede, ma anche nel loro essere cittadini, operatori sociali o agenti politici; la pretesa che alla morale della
Chiesa si conformi l’etica pubblica.
E’ la cosiddetta “via confessionale”.
Il mio intervento, quindi, non potrà
essere da Lei bacchettato come
‘fuori tema dell’ordine del giorno’;
potrà eventualmente tacciarmi di
lesa maestà per essermi attardato
a verificare la cifra etica dei comportamenti Suoi e dei Suoi collaboratori.
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Secondo argomento: la scelta
dei consulenti-consiglieri.
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.................Omissis............
Nella settimana lavorativa ci si comporta così, la domenica (o durante
le ferie) si indossa la casacca opusdeina (cfr. recensione su La
Stampa del 13/4/08 del libro di Giovanni Minoli “Opus Dei”).
E’ questa l’etica della carità, della
verità o è un’etica ‘ad personam’?
Torniamo ai consulenti-consiglieri.
Lo studio, l’analisi, l’approntamento
di quanto necessario all’esecuzione
delle due più nefaste azioni poste in
essere da Banca Intesa (i licenziamenti del 2004 e la cancellazione
del Fondo pensioni Comit) sono
state affidati dal Professore al più
noto ed influente giuslavorista oggi
conosciuto.
Più che dalle sue pubblicazioni divulgative, negli ultimi tempi siamo
stati anestetizzati da numerosi interventi giornalistici e frequenti comparsate televisive; queste ultime
hanno spesso preferito indugiare
più sugli aspetti umani della sua sicurezza personale che sull’analisi
delle tesi del giurista (peraltro travolto dal gusto della provocazione
del polemista, tipico di chi ha alle
spalle un tragitto ideologico stupefacente).
In una recente intervista a La
Stampa (6/3/08), alla richiesta di
come vorrebbe che un nuovo governo (e perché non lui stesso..?) ri-
formasse il diritto del lavoro, così ha
risposto:
“Dopo sei mesi di lavoro, l’art. 18 si
applica solo ai licenziamenti per
motivi disciplinari o di discriminazione o di rappresaglia. Il controllo
del giudice si deve limitare a questo. Se il motivo è economico o organizzativo, la protezione del
lavoratore è costituita da un indennizzo e da una assicurazione.
Quindi è il costo del licenziamento
a costituire il filtro della scelta imprenditoriale.”
Allucinante non è solo lo stravolgimento dei principi giuridici (non è
più un giudice ‘terzo’ che decide,
ma una delle parti in base al
costo!!...suo), ma soprattutto il fatto
che con i conseguenti licenziamenti
del 2003/2005 è, in concreto, come
se, quanto teorizzato, fosse già
legge della Repubblica; da un lato
la materia grigia, ‘il teorico’, dall’altro gli esecutori sul campo: per fortuna c’è ancora qualche Corte
d’Appello (oltre che molti Tribunali)
che ha l’onestà intellettuale di ricordargli che il diritto (e la Giustizia) riposa ancora sulla certezza delle
norme in essere, anzichè arrendersi
alle elucubrazioni mentali dell’intellettuale di turno.
Il problema è che alcuni notisti politici avevano ipotizzato, in un eventuale governo di centro-sinistra, il
nostro A.D. ministro dell’economia
ed il nostro giuslavorista viceministro del lavoro; un bel tritacarne nel
quale i dipendenti a suo tempo licenziati, avrebbero trovato mai un
giudice disposto a fare Giustizia?!
E allora, Professor Bazoli, la scelta
dei Suoi uomini, il teorico e gli esecutori, di quelli che volentieri fanno
il lavoro sporco, è guidata dall’etica
della carità, da quella della verità o
non piuttosto dall’etica aziendale?
In tal caso si metta rapidamente in
cerca di un confessore compiacente che Le consenta, candido per
l’ennesima volta, di cominciare da
capo.
Per me, laico, se è questa l’etica
che guida i Vostri comportamenti,
l’espressione del mio voto è: contrario; il sentimento che lo accompagna è: il disprezzo.
Alessandro Buffardi
Torino, aprile 2008
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Primo argomento: il Fondo Pensione della (ex) Banca Commerciale Italiana.
Nato nel 1905, primo esempio di
previdenza complementare, dopo
essere stato rimesso in carreggiata
dalla Comit anche grazie al sacrificio economico di tutti i dipendenti e
pensionati iscritti, sotto la gestione
di Banca Intesa veniva inopinatamente messo in liquidazione nel dicembre 2004, senza l’accordo di
una comunque scandalosamente
silente COVIP, a causa di una situazione dichiarata strumentalmente deficitaria. Non vengono
sostanzialmente più erogate le pensioni dirette e di reversibilità a ca.
10.500 famiglie. Nell’aprile 2006
Beni Stabili si aggiudica l’intero patrimonio immobiliare per 1106 mln
di euro, consentendo al Fondo di
realizzare una plusvalenza di circa
530 milioni di euro sul valore del patrimonio immobiliare, a dimostrazione che il presupposto della
situazione “irreversibilmente deficitaria” era ed è infondato. La Covip
continua a lasciar fare, le cause in
corso e quelle che verranno ci diranno come stanno le cose.
Questi, succintamente, i fatti. Dopo
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aver in modo ingiustificato, arrogante ed illegittimo pilotato la liquidazione del Fondo, dopo aver introitato il doppio del paventato,
dopo aver sottratto a oltre 10.000
famiglie di pensionati la pensione
integrativa – che non è la stessa
cosa che dare in contropartita un
capitale -, dopo aver bloccato il ricavato della vendita per tentare di
ripartirlo secondo criteri iniqui ed ingiusti, Professor Bazoli, sulla base
di quale etica cristiana si è comportato e si comporta!? Sull’etica della
carità o sull’etica della verità? Sull’etica che vede nell’individuo una
persona, o su quella che lo considera un numero? A Lei ha fatto più
comodo optare per quell’etica che
la Chiesa conciliare ha rifiutato. (1)
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PARLIAMO D’ARTE
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A CURA DI GIORGIO FERRETTI
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CITTÀ E PAESI
Può capitare che, viaggiando per l'Italia meno battuta dal turismo di massa, vi imbattiate in gioielli preziosi, che riconciliano gli occhi e il cuore con l'idea della bellezza e del sentimento che s'aveva un tempo e che oggi è respinta ai
margini dalle lordure e dalla perversità d'una realtà che si stenta sempre più a tollerare.
A Forlì, che nei giorni di festa primaverili ed estivi è pressochè deserta dalla massa cittadina che si riversa al mare, e
vede le strade un po' affocate percorse con compiacimento da neri su biciclette neppur tanto male in arnese, apre i
suoi ambienti da poco restaurati da un gruppo di valenti architetti stranieri ed italiani un complesso architettonico di
assoluto pregio, e cioè quello di San Domenico, adibito a centro museale ed espositivo.
Sale e celle, refettori e gallerie denunciano inequivocabilmente l'origine conventuale dell'insieme, che affianca la
grande chiesa ancora in fase di recupero strutturale e funzionale.
In attesa di ospitare la ricca quadreria e statuaria della pinacotesa cittadina, gli spazi in cui era sistemata l'antica biblioteca dei domenicani ha ospitato (sino al 22 giugno) una delle più belle, intelligenti, ben strutturate mostre che vi
siano state in Italia da qualche anno a questa parte, non per niente curata da quella sensibile e attenta personalità
che risponde al nome dell'ex responsabile del polo museale toscano ed ex ministro per i beni culturali Antonio Paolucci. Si tratta della esposizione più completa ed esaustiva delle opere di Guido Cagnacci, pittore che giustamente la
guida ed il catalogo definiscono "protagonista del Seicento, tra Caravaggio e Guido Reni".Pittore pressochè autodidatta, sodale per qualche tratto del Guercino, autore di grana un po' grossa e opaca nei primi lavori, assorbe con il
tempo e la frequentazione, pur breve, della temperie romana, una luminosità, una raffinatezza di velatura e una sensibilità emotiva ed emozionante di grande rilievo, che lo portano da ultimo ad elevati risultati nell'ambiente veneziano,
prima, e in quello della Vienna imperiale, poi.
Certamente, dai primi palesi omaggi a pittori coevi (basta osservare il richiamo di postura e sinuosità al San Sebastiano di Ludovico Carracci) agli ultimi ansiti delle Cleopatre morenti, erotiche e abbaglianti, dai riferimenti al Ratto d'Europa di Guido Reni all'autonomo, svettante turgore dei trionfanti capezzoli dei seni delle sue donne e alla sottile
perversione delle bocche, con il labbro inferiore più breve per la piega all'ingiù di quello superiore, indice indiscutibile
di sensualità e perduto misticismo, certamente - dicevamo- i passi compiuti dal Cagnacci sono lunghissimi. Tant'è
che alla fine, in mezzo al tripudio di quadri piccoli "da stanza" e quadri grandi di destinazione religiosa, egli trova persino la libertà e la disinvoltura di uno sberleffo autobiografico,
raffigurando la sua modella nell'atto di dividere con una ciabatta due "cagnacci" che ringhiano per accaparrarsi la
preda di un'oca.
Se condite il tutto con l'osservazione di un corredo di opere -esposte- del Caravaggio e dei suoi seguaci (tra molti, Lanfranco, Serodine, Honthorst, Gentileschi e Vouet), capirete perchè la mostra di cui parliamo possa ritenersi a buon motivo una delle più importanti e belle tra quelle, certamente più strombazzate e grondanti di opere minori , che di recente
si sono tenute, tanto per dire, a Roma o a Milano, a Brescia o a Mantova.
Ma commetterei un grave errore se, con l'occasione, tacessi dell'altro gioiello che si ritrova tra le ben coltivate campagne romagnole non lontano da Cesena, su di un colle a circa 180 metri d'altitudine.
Longiano è un paese che nel 1992 ha ottenuto il titolo di "villaggio ideale" e nel 2005 la bandiera arancione del Touring Club Italiano, massimo riconoscimento alla qualità della vita e dell'accoglienza di città italiane con meno di 15.000
anime. L'abitato, lindo e ordinato, ospita tra l'altro un minuscolo teatro, il Teatro Petrella, del 1870, restaurato nel 1986,
e l'affascinante Oratorio di San Giuseppe, gioiello barocco che contiene un elegante, ricercato Museo d'arte sacra,
abbracciato all'interno, nell'aula principale, da muri ornati da stucchi straordinari di panneggi ampi e ondeggianti, sorretti da deliziosi angioletti che si guardano l'un l'altro compiaciuti.
Domina poi gli edifici in basso del paese la mole del Castello Malatestiano, nel cui complesso è stabilmente sistemata
la Fondazione Balestra, con una ampia raccolta di quadri, ma soprattutto di bellissime incisioni di artisti del '900 italiano (Rosai, Maccari, Sironi, Morandi, Vespignani e altri) e stranieri (Goya, Chagall, Matisse). La visita al Castello, e
alla collezione dono della moglie di Tino Balestra al Comune natio del marito deceduto, consente di scoprire, per chi
non l'avesse conosciuto, un uomo di bella personalità che è stato anche poeta di grande spessore umano e grande
grazia espressiva.Se ne possono ritrovare tratti salienti nelle due raccolte "Quiproquo" e "Se hai una montagna di neve
tienila all'ombra", da cui traggo, a conclusione, questi struggenti versi:
"Con una ciliegia nel becco
"l'estate sembra più allegra
"volano merli e cornacchie
"attorno al vecchio ciliegio
"e nel calore di giugno
"tesse reti un ragnetto
"minuscolo e già tanto esperto
"della lotta per sopravvivere".
Quante cose si imparano e che atmosfere si respirano anche in città appartate come Forlì e in solitari paesini come
Longiano! (G.F.)
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A QUESTO NUMERO HANNO COLLABORATO
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Mario Auterio, Enzo Barone, Francesco Basilico,
Giuliano Boer, Alessandro Buffardi, Giorgio Cozzi,
Edda Cucè, Maurizio D’Angelo, Arnaldo De Porti,
Mariella Di Pasquale, Piera Favetto, Giorgio Ferretti, Alfredo Izeta, Gino Luciani, Gianfranco Mascini,
Antonio Maria Masia, Fernando Mazzotta, Lorenzo
Milanesi, Giacomo Morandi, Riccardo Tedeschi. Li
ringraziamo e contiamo di ottenere nuovi contributi
per il prossimo numero, che uscirà il prossimo mese
di Ottobre. Nel giornale troverete anche due poesie
(di Antonio Masia a pag 11 e di Roberto Ringressi a
pag. 12) ed un breve inserto dedicato ad un quotato
pittore, Roberto Cardone ( a pag. 12 vi presentiamo
un suo quadro di epoca recente).
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RINGRAZIAMO E SALUTIAMO I NUOVI SOCI
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tiche di categoria (F. Basilico - M. Auterio)
6 Mondo FAP - L’intervento di A. Masia all’Assem
blea Annuale dell’Associazione Pensionati del
Banco di Napoli
7 La Banca Commerciale Italiana - la storia - se
conda puntata A. Masia)
8 TEMPO - ma che cos’è il tempo (P. Favetto)
9 La memorabile avventura (L. Milanesi)
10 Alghero aprile 2008. Assemblea Generale del
l’ANPECOMIT; aspetto turistico (M. Di Pasquale)
12 A proposito di vera solidarietà…. in questo
mondo di ladri (G. Mascini)
13 Dieci giorni sul Vespucci (G. Morandi)
14 Che significa detassare gli straordinari? Niente
per noi! (A. De Porti)
15 Turismo e natura - le gole del Verdon - Francia/
Alta provenza (A. Izeta)
16 Le statue-stele della Lunigiana (G. Luciani)
17 Filatelia - il “penny black” (F. Mazzotta)
18 Le memorie di un modellista....... stanco (M.
D’Angelo)
19 Punture di spillo - Oh, COMIT CIAO! Ovvero ad
Alghero anch’io c’ero… (G. Cozzi)
20 Parliamo di Politica? (E. Cucè)
21 Le magie dell’orco (V. Barone)
22 Un ampio stralcio dell’intervento di Alessandro
Buffardi all’Assemblea di Intesa Sanpaolo
23 Parliamo d’arte - Città e paesi (G. Ferretti)
24 Inserzionisti, nuovi soci, necrologi, sommario
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Martignoni Carlo, Daddi Anselmo, Cecchi Italo,
Cammilli Carlo, Mattioli Sergio, Russo Sebastiano
Micheli e Ichino (A. Masia)
4 Attività di sostegno alla soluzione delle problema-
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Ricordiamo con affetto e rimpianto
2 Informazioni sull’Anpecomit
3 No alle mani libere sulle aziende invocate da
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Albertini Giuseppe, Azzarita Mauro, Baroni Costantino Bruno, Bellini Maurizio, Bergamo Giuseppe, Bertellini Vittorio, Bonora Bruno, Calantoni Giuseppe,
Cappa Valter, Danelli Piergiorgio, De Vita Oreste, Di
Bitonto Antonio, Di Lieto Francesco, Federici Fabrizio, Frisoni Stanislao, Frova Marco, Giovannini
Marco, Gramaglia Giantino, La Rocca Espedito, Marcotrigiano Silvia, Maulini Umberto, Menini Giancarlo,
Michienzi Roberto, Montanaro Antonio, Nobile Domenico Eugenio, Palumbo Bruno, Paola Giuliana
Marina, Pasotto Virgilio Roberto, Perez Angelo, Petruzzi Mario , Piras Anna Lisa, Pucci Claudio, Puccini Eugenio, Ravanelli Giampaolo, Rega Paride,
Rossetti Massimo, Rovai Giulio, Rovati Giancarlo,
Rubiolo Adelio, Saitta Renzo, Salvati Pasquale, Santacroce Lucia, Savi Antonio, Schiavo Mario, Scotto
Massimo, Stabellini Valter, Tagliabue Emanuela, Tagliacollo Enrica, Uglietti Giancarlo, Zaccardi Paolo,
Zappacosta Paola
SOMMARIO
N.B.: articoli, lettere, pubblicazioni e varie
impegnano tutta e soltanto la responsabilità
degli autori
Rinnoviamo alle famiglie il nostro più vivo cordoglio!
NOICOMIT - Un appuntamento fra memorie, attualità e futuro del mondo Comit
Periodico trimestrale di informazione, arte, cultura, attualità, turismo dell’”Associazione fra Pensionati ed
Esodati della Banca Commerciale Italiana ANPECOMIT” - Via Cesare Balbo 35 - 00184 Roma tel/fax 06-4820307 - mail [email protected] / [email protected] - sito http//www.noicomit.altervista.org codice fiscale 97321550580 - aderente alla “FAP CREDITO - Federazione Nazionale Sindacale delle
Associazioni dei Pensionati del Credito”
Direttore Responsabile Neria De Giovanni - Responsabile layout e impaginazione Alfredo Izeta - Comitato di Redazione Franco Basilico, Giorgio Cozzi, Antonio Maria Masia - Autorizzazione Tribunale di Roma
n. 18 del 21 gennaio 2008 - Stampa Nova Arti Grafiche srl - Via Cavalcanti, 9 - 50058 Signa (FI) - Tel. 055
8734952 - Fax 055 875713
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