Cartostampa Chiandetti srl - Via Vittorio Veneto - 33010 Reana del Rojale/UD - Reg. Tribunale di Udine - n. 19/2000 del 19 luglio 2000 - Poste Italiane S.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB UDINE - Anno quattordicesimo - Periodicità mensile - €7,00 - Direttore responsabile Luigi Chiandetti
Informazioni Tecniche
M E N S I L E
D I
I N F O R M A Z I O N E
T E C N I C A
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2014
• Contabilità lavori
• Rivoluzione digitale nella P.A.:
obbligo di Fattura elettronica
• Pagamento con POS: una scelta
del professionista
• Distanze legali tra pareti
finestrate con particolare
riguardo al computo di balconi
e sporgenze
• Giurisprudenza
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Cartostampa Chiandetti srl - Via Vittorio Veneto - 33010 Reana del Rojale/UD - Reg. Tribunale di Udine - n. 19/2000 del 19 luglio 2000 - Poste Italiane S.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB UDINE - Anno quattordicesimo - Periodicità mensile - €7,00 - Direttore responsabile Luigi Chiandetti
Informazioni Tecniche
M E N S I L E
D I
I N F O R M A Z I O N E
T E C N I C A
5
sommario
2014
• Contabilità lavori
• Rivoluzione digitale nella P.A.:
obbligo di Fattura elettronica
• Pagamento con POS: una scelta
del professionista
• Distanze legali tra pareti
finestrate con particolare
riguardo al computo di balconi
e sporgenze
ATTUALITÀ
• Giurisprudenza
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Cartostampa Chiandetti srl
Tipografia - Litografia - Editrice
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33010 Reana del Rojale/ Udine/
Friuli Venezia Giulia
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sul c/c postale n. 86220258 intestato alla
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Reana del Rojale (UD), via Vittorio Veneto, 106; il responsabile del trattamento è Chiandetti Cristina, verso il quale
Lei potrà esercitare i diritti di cui all’art. 7 D.Lgs 196/03.
Rivoluzione digitale nella P.A.: obbligo di Fattura
elettronica
Pagamento con POS: una scelta del professionista
GIURISPRUDENZA & DOTTRINA
DIRETTORE RESPONSABILE
Luigi Chiandetti
COMITATO DI REDAZIONE
A cura dell’editore
Contabilità lavori
14
Distanze legali tra pareti finestrate con particolare
riguardo al computo di balconi e sporgenze
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Giurisprudenza
ATTUALITÀ
Giacomo Moretti
da GeoPunto 55/14
CONTABILITÀ
LAVORI
L’ANALISI DEGLI STANDARD DI QUALITÀ AFFRONTA L’E03 CONTABILITÀ DEI LAVORI.
LO SCOPO È DI FORNIRE AL PROFESSIONISTA LA DESCRIZIONE DEI COMPITI LEGATI ALLA
REDAZIONE DEGLI ATTI CONTABILI NECESSARI, INSIEME AI REQUISITI DI CONOSCENZA,
COMPETENZA E CAPACITÀ DEL GEOMETRA ED I PRINCIPI DEONTOLOGICI.
Lo standard di qualità illustra i compiti e le
competenze del geometra in riferimento alla contabilità
dei lavori e ne descrive le competenze necessarie.
Una delle attività che la Direzione Lavori deve
espletare nell’esercizio dell’incarico è la “Contabilità dei Lavori” che vengono effettuati nella realizzazione dell’opera appaltata.
Lo standard di qualità E03, Contabilità dei Lavori, offre al professionista una chiara descrizione del lavoro e dei compiti che siamo tenuti
ad elaborare per la redazione di tutti gli atti contabili necessari, nonché le conoscenze e le abilità specifiche ed i principi deontologici di
condotta professionale che ogni professionista
deve profondere nell’espletamento dell’incarico.
Vi sono allegate, inoltre, una serie di liste di controllo che sono la base per una corretta valuta-
4
zione delle attività che si svolgono durante tutte
le fasi della contabilizzazione delle opere.
È opportuno, in questo percorso che in precedenza ho definito “un piccolo viaggio insieme ai
lettori”, cercare di sfatare alcune radicate convinzioni che molti professionisti hanno relativamente all’attività della contabilizzazione dei
lavori. Attività indicate e classificate nel D.lgs. 12
aprile 2006 n. 163 “Codice dei contratti pubblici
relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione
delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE” e
D.P.R. 5 ottobre 2010 n. 207 “Regolamento di
esecuzione ed attuazione del decreto legislativo
12 aprile 2006, n. 163, recante Codice dei con-
5/2014
ATTUALITÀ
tratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in
attuazione delle direttive 2004/17/CE e
2004/18/CE”. La storia normativa che riguarda
il Direttore dei Lavori e la Contabilità dei Lavori risale al Regio Decreto 25 maggio 1895 n. 350
che, malgrado sia stato oggetto di modifiche
normative nel corso di più di un secolo, non ha
subito cambiamenti che ne abbiano stravolto il
dettato originale. La tecnologia, che sempre più
aiuta noi tecnici, ha invece fatto perdere ai più
giovani l’utilizzo, mediante la compilazione manuale degli elaborati, degli strumenti previsti dalla
normativa ed indicati dalla stessa per la effettuazione di controlli contabili incrociati, riducendo la contabilizzazione delle opere ad un
mero inserimento di numeri in un programma di
calcolo che, il più delle volte, porta alla redazione
e stampa del famigerato s.A.L. (stato Avanzamento Lavori), documento contabile che definirei uno tra quelli previsti dalla normativa.
Gli elaborati contabili previsti dall’attuale quadro
normativo al titolo IX Contabilità dei Lavori del
D.P.R. 5 ottobre 2010 n. 207 art. 181 sono:
• Il giornale dei lavori;
• I libretti di misura delle lavorazioni e delle provviste;
• Le liste settimanali;
• Il registro di contabilità;
• Il sommario del registro di contabilità;
• Gli stati di avanzamento dei lavori;
• I certificati per il pagamento delle rate di acconto;
• Il conto finale e la relativa relazione.
ELABORATI CONTABILI
PREVISTI DALLA
ATTUALE NORMATIVA
- Il giornale dei lavori;
- I libretti di misura delle lavorazioni
e delle provviste;
- Le liste settimanali;
- Il registro di contabilità;
- Il sommario del registro di
contabilità;
- Gli stati di avanzamento dei lavori;
- I certificati per il pagamento delle
rate di acconto;
- Il conto finale e la relativa
relazione.
5/2014
Tutti gli elaborati contabili sono ampiamente descritti negli articoli da 182 a 200 del titolo IX
“Contabilità dei Lavori” del D.P.R. 5 ottobre 2010
n. 207, ove vengono riportati in dettaglio sia a
cosa servono i singoli documenti sia le modalità
per la loro compilazione.
Vediamo ora alcuni aspetti che ritengo essenziali
nella corretta stesura degli elaborati contabili e
che spesso determinano contrasti tra la Direzione
Lavori, l’Impresa Esecutrice ed il Committente:
a) IL GIORNALE DEI LAVORI
questo è un documento contabile di fondamentale importanza la cui redazione viene posta in
carico all’assistente del direttore dei lavori dal
disposto normativo (art. 182). Naturalmente, la
responsabilità della tenuta del giornale dei lavori
è sempre in capo al Direttore dei Lavori che ha
l’obbligo “di verifica della esattezza delle annotazioni” (comma 4 art. 182) mediante l’apposizione della sua firma ogni dieci giorni e,
comunque, in occasione di ogni sua visita. Mi
piace definirlo “Il Diario di Bordo” ed è l’unico documento contabile in cui il Direttore dei Lavori
annota gli ordini di servizio, le istruzioni, le prescrizioni, le osservazioni e le avvertenze che si
ritengono opportune per la corretta realizzazione
dell’opera. È un documento che, soprattutto nei
lavori privati, non viene redatto o è redatto in maniera molto approssimativa senza indicazione
del personale presente in cantiere, delle attrezzature utilizzate, delle condizioni meteorologiche,
della quantità e tipologia dei lavori che giornalmente si realizzano, senza considerare poi la trascrizione degli ordini di servizio che risulta quasi
sempre inesistente quando esiste il giornale dei
lavori. Occorre dire che questo documento, redatto in maniera corretta con la trascrizione di
tutto quanto previsto dall’art. 182, garantisce la
possibilità di avere una “chiara fotografia” della
5
ATTUALITÀ
realizzazione dell’opera anche a distanza di
tempo e certifica (poiché documento sottoscritto
periodicamente dal Direttore dei Lavori) sia l’andamento delle lavorazioni nel tempo sia eventuali anomalie che in esso vengono trascritte.
È quindi un documento la cui tenuta e redazione
è a carico del Direttore dei Lavori e non dell’impresa esecutrice e di cui è bene conservarne
copia nel fascicolo personale dell’opera per futura memoria.
b) IL LIBRETTO DELLE MISURE
Tutti conosciamo il libretto delle misure ma molti
lo confondono con il computo metrico. Sono due
elaborati simili che potrebbero anche coincidere
per tipologia di lavorazioni e quantità, ma sono
riferiti a due distinti momenti del processo produttivo. Il computo metrico è un elaborato relativo
alla progettazione, il libretto delle misure è un elaborato di contabilità. Il libretto delle misure è il
perno degli elaborati della contabilità e gli articoli
183, 184 e 185 indicano con esattezza il contenuto, le annotazioni e le modalità di misurazione
dei lavori. L’art. 185 recita: “La tenuta dei libretti
delle misure è affidata al direttore dei lavori, cui
spetta eseguire la misurazione e determinare la
classificazione delle lavorazioni; può essere, peraltro attribuita al personale che lo coadiuva,
sempre sotto la sua diretta responsabilità. Il direttore dei lavori deve verificare i lavori, e certificarli sui libretti delle misure con la propria firma,
e cura che i libretti o i brogliacci siano aggiornati
La responsabilità della tenuta
del giornale dei lavori e sempre in
capo al direttore dei lavori che ha
l’obbligo
“di verifica della esattezza delle
annotazioni” tanto da poter essere
definito come “diario di bordo”.
Un documento che garantisce
la possibilità di avere una “chiara
fotografia” della realizzazione
dell’opera anche a distanza di tempo.
6
ed immediatamente firmati dall’esecutore o dal
tecnico dell’esecutore che ha assistito al rilevamento delle misure”. Quindi è cura del direttore
dei lavori la misurazione delle lavorazioni effettuate, misurazione che dovrà sempre essere effettuata alla presenza dell’esecutore o tecnico
dell’esecutore (contraddittorio) che dovrà firmare
il libretto delle misure o brogliaccio. È importante
quanto indicato nel comma 3 dell’art. 183 che
recita: “Nel caso di utilizzo di programmi di contabilità computerizzata, la compilazione dei libretti
delle misure viene effettuata attraverso la registrazione delle misure rilevate direttamente in
cantiere dal personale incaricato, in apposito brogliaccio ed in contraddittorio con l’esecutore”.
Ma che cosa è il brogliaccio delle misure?
È quel documento contabile, che può essere
rappresentato anche da normali fogli bianchi intestati e numerati, in cui il direttore dei lavori in
contraddittorio con l’esecutore, così come richiamato dall’articolo 213, registra in maniera sistematica le quantità dei lavori realizzati anche
mediante l’utilizzo di schizzi e disegni e che deve
essere firmato dall’esecutore. Il rilevamento delle
misure delle lavorazioni che si effettuano deve essere svolto in maniera sistematica, e comunque
ad intervalli brevi di tempo, poiché il susseguirsi
delle lavorazioni può impedire la corretta misurazione dei lavori compiuti. (si pensi ai vespai realizzati prima della posa in opera dei massetti).
Per ultimo, occorre sottolineare come le misure
da inserirsi all’interno del libretto debbano essere chiare, ordinate secondo gli assi cartesiani
(lunghezza, larghezza ed altezza) ed indicare l’esatta ubicazione dell’opera anche mediante l’inserimento di schizzi e disegni che facilitino la
successiva lettura dell’elaborato. Bisogna sempre ricordare che questo documento contabile
sarà oggetto di controllo da parte di terze persone, quali il RUP ed il Collaudatore, che dovranno in maniera semplice identificare le opere
ivi indicate al fine di effettuare riscontri oggettivi
e/o le giuste operazioni di collaudo.
c) IL REGISTRO DI CONTABILITÀ
Poche parole sul registro di contabilità. È il documento contabile che deve essere numerato e
firmato in tutte le sue pagine dal RUP e dall’esecutore, e non solo. L’articolo 211 comma 4 recita: “Il registro di contabilità è numerato e bollato
dagli uffici del registro ai sensi dell’articolo 2215
del codice civile”. Nei lavori privati, nei cui con-
5/2014
ATTUALITÀ
tratti spesso sono richiamate le norme relative
alle opere pubbliche, questo documento non
viene quasi mai redatto, privando le imprese di
un elaborato contabile che risulta essere l’unico
su cui apporre le riserve così come indicato dall’articolo 190 del D.P.R. 5 ottobre 2010 n. 207.
d) STATO AVANZAMENTO LAVORI
E CERTIFICATO DI PAGAMENTO
Nelle occasioni in cui mi sono confrontato con
giovani colleghi, spesso alla domanda “quale
documento contabile consente all’appaltatore la
riscossione delle somme?” mi viene risposto il
S.A.l. Dobbiamo eliminare questa radicata convinzione poiché il s.A.L., stato Avanzamento Lavori, è quel documento contabile “nel quale sono
riassunte tutte le lavorazioni e tutte le somministrazioni eseguite dal principio dell’appalto fino
ad allora...” come indicato nell’articolo 194 del
D.P.R. 5 ottobre 2010 n. 207.
Il documento contabile che permette all’appaltatore la riscossione delle somme è “il certificato di
pagamento” di cui all’articolo 195 del D.P.R. 5 ottobre 2010 n. 207 che recita: “Quando per l’am-
zzo
Pierluigi Capu
Francesco Zanin
a cura:
Aggiornamento
Ermanno Felleti
Giorgio Morettto
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2013
CHIANDETTI
montare delle lavorazioni e delle somministrazioni
eseguite è dovuto il pagamento di una rata di acconto, il responsabile del procedimento rilascia, nel
più breve tempo possibile e comunque non oltre il
termine stabilito dal contratto, apposito certificato
compilato sulla base dello stato d’avanzamento
presentato dal direttore dei lavori. Esso è inviato alla
stazione appaltante in originale ed in due copie, per
l’emissione del mandato di pagamento”.
La contabilità dei lavori è quindi un insieme di
elaborati che il Direttore dei Lavori è tenuto a redigere mediante una azione sistematica di rilevamento delle misure delle lavorazioni che si
effettuano durante l’esecuzione di un appalto, in
contraddittorio con l’esecutore o persona da
questi indicata.
Un’ultima precisazione: spesso in caso di controversie non solo non esiste la prova del contraddittorio, che eviterebbe molte discussioni in
caso di mancata apposizione delle riserve, ma
non esistono gli atti contabili, salvo a volte un
computo metrico (quello relativo alla gara di appalto) eventualmente corretto ma stampato ancora con la dizione “computo Metrico”.
LEGGE 7 MARZO 1985, N. 75
DIRETTIVE EMANATE DAL CONSIGLIO NAZIONALE GEOMETRI
REGOLAMENTO PER GLI ESAMI DI STATO PER L’ABILITAZIONE ALL’ESERCIZIO DELLA
LIBERA PROFESSIONE DI GEOMETRA
PROGRAMMA DI ESAME
DECRETO MINISTERIALE 14.7.1987 MODIFICHE AL REGOLAMENTO DEGLI ESAMI DI
STATO PER L’ABILITAZIONE ALL’ESERCIZIO DELLA LIBERA PROFESSIONE DI GEOMETRA
DIRITTO
URBANISTICA - EDILIZIA AMMINISTRATIVA
CATASTO
TOPOGRAFIA E TOPOGRAFIA APPLICATA ALLE OPERAZIONI CATASTALI
TECNOLOGIA DELLE COSTRUZIONI ED ELEMENTI DI STATICA
ESTIMO CIVILE E RURALE - ELEMENTI DI AGRONOMIA
DEONTOLOGIA PROFESSIONALE
TESTI DEI TEMI DELLE PROVE SCRITTO-GRAFICHE ASSEGNATI AGLI ESAMI DI
ABILITAZIONE ALL’ESERCIZIO DELLA LIBERA PROFESSIONE DI GEOMETRA
PROFESSIONE GEOMETRA
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€ 30,00 + € 7,00 per spedizione postale
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33010 Reana del Rojale (UD) - Tel. 0432.857054 - Fax 0432.857712 - E-mail: [email protected]
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ATTUALITÀ
RIVOLUZIONE
DIGITALE nella P.A.:
Ferdinando
De Marzi
da GeoPunto 56/14
obbligo di FATTURA ELETTRONICA
In attuazione del processo di
digitalizzazione della Pubblica
Amministrazione, dal 6 giugno
scorso è scattato l’obbligo di
emettere, trasmettere, conservare
e archiviare le fatture,
esclusivamente in formato
elettronico, in caso di cessione di
beni e di servizi, anche da parte dei
liberi professionisti, a Ministeri,
Agenzie Fiscali ed Enti nazionali di
previdenza e assistenza sociale.
Nell’articolo un’ampia analisi della
normativa e le indicazioni utili a
facilitare i colleghi nell’invio delle
fatture elettroniche, nel rispetto
degli standard previsti per la loro
l’emissione. Geoweb presenta il
servizio Geo-fattura.
8
Lo scorso 6 giugno, nello spirito del progressivo
processo di digitalizzazione della Pubblica Amministrazione, secondo quanto disposto dal Regolamento di Attuazione della L. 244 del 2007 e
s.m.i. pubblicato con Decreto M.E.F. dell’aprile
2013 n. 55, è scattato l’obbligo per i fornitori di
beni e servizi, tra cui anche i Professionisti, a Ministeri, Agenzie fiscali ed Enti nazionali di previdenza e assistenza sociale, di emettere,
trasmettere, conservare e archiviare le fatture
esclusivamente in formato elettronico. Un successivo step di attuazione è stato fissato per il
31 marzo 2015 e riguarderà i rimanenti Enti, Associazioni ed Amministrazioni Autonome non riportati nell’elenco redatto ai sensi della L.
196/2009 pubblicato nella GU. n. 229 del 30
settembre 2013. Inoltre sempre ai sensi dell’art.
6 del D.M. 55 del 2013 e della circolare interpretativa del M.E.F. n. 1 del 31 marzo 2014, decorsi tre mesi dalla data di entrata in vigore è
fatto assoluto divieto alle PA di pagare anche in
parte servizi di cui non sia pervenuta fatturazione
nel prescritto formato elettronico.
Ne consegue che, nel rispetto della normativa, i
5/2014
ATTUALITÀ
fornitori di beni e servizi dovranno attenersi al fortale ricevuta costituisce prova certa dell’emato di fatturazione elettronica verso le PA rimissione della fattura.
spettando le seguenti prescrizioni:
• È stato stabilito altresì anche l’obbligo di con• Predisposizione della fattura ed esportazione
servazione e archiviazione dei documenti con
in formato XML (eXstensible Markup Langaranzia di autenticità, integrità e leggibilità
guage) secondo lo standard pubblicato sul
secondo le modalità previste dalla normativa
sito www.fatturapa.it; che garantisca l’autenvigente.
ticità, l’integrità e leggibilità, secondo le spe- Per concludere si informa che l’Agenzia delle Encifiche tecniche di cui agli allegati A - B C D - trate, con la circolare n. 18 del 24 giugno 2014,
E del citato Decreto n. 55/2013.
ha chiarito anche la definizione di fattura elettro• Di fondamentale importanza, in fase di com- nica, affermando che comunque possono essere
pilazione, è l’inserimento obbligatorio del Co- considerate fatture elettroniche anche quelle che,
dice (IPA) Identificativo dell’Ufficio della PA seppur create in formato cartaceo, successivadestinatario della fattura elettronica. Tale co- mente siano trasformate in documenti informadice è comunicato al fornitore dalla PA stessa tici e inviate e ricevute tramite P.E.C.
o può essere reperito autonomamente consultando l’Indice della
PA www.indicepa.gov.it
NELL’OTTICA DI DIGITALIZZARE LA PA È SCATTATO
• Oltre ai dati fiscali del soggetto
L’OBBLIGO PER I FORNITORI DI BENI E SERVIZI Dl EMETTERE,
emettente e dei destinatari, obbliTRASMETTERE, CONSERVARE E ARCHIVIARE
gatori ai sensi della normativa viLE FATTURE ESCLUSIVAMENTE IN FORMATO ELETTRONICO.
gente, devono essere altresì
riportati i codici CIG (Codice Identificativo Gara) o CUP (Codice
Unico di Progetto) secondo quanto previsto Il Consiglio Nazionale Geometri, a tal proposito,
dal comma 2 dell’art. 25 del DL n. 6612014. da sempre attento a tutte le innovazioni che ri• La fattura elettronica, compilata secondo le guardano la nostra professione, vista la rilevante
specifiche di cui sopra, dovrà essere sotto- attualità dell’argomento, per venire incontro alle
scritta mediante apposizione della firma elet- esigenze degli iscritti che saranno interessati daltronica qualificata o digitale posseduta dal l’adempimento fiscale derivante dall’entrata in vifornitore, inoltre la data di emissione dovrà gore della Legge, ha comunicato con la circolare
corrispondere alla data della ricevuta di avve- 6389/2014 l’avvenuta attivazione di due nuovi
nuta consegna.
servizi telematici, presenti sul portale della nostra
• La fattura dovrà, poi, essere inoltrata al Si- società controllata Geoweb spa., denominati
stema Centralizzato di Interscambio (SDI), “GEO - FATTURA” e “CONSERVAZIONE SOSTImediante (PEC), all’indirizzo [email protected] TUTIVA” attraverso i quali, previa registrazione e
rapa.it che provvederà alla successiva tra- pagamento di un canone minimo,sarà possibile
smissione della stessa, una volta verificata, usufruire di un software di gestione che faciliterà
all’ufficio destinatario della PA. La gestione del l’invio delle fatture elettroniche nel rispetto degli
Sistema di Interscambio è stata attualmente standard previsti per la loro emissione ed inoltre
attribuita, sulla base del Decreto del M.E.F. 7 provvederà all’archiviazione e conservazione domarzo 2008, all’Agenzia delle Entrate che si cumentale delle fatture nel rispetto della normaavvarrà per la conduzione tecnica del gestore tiva vigente.Tali servizi sono stati presentati e
informatico SOGEI.
promossi dagli incaricati della Soc. Geoweb, nel
• Le fatture inviate saranno sottoposte a con- corso dell’incontro tenutosi il 19 giugno 2014
trollo di ricezione delle notifiche e dei riscontri presso la sala dell’assemblea del Collegio dei
di accettazione o rifiuto inoltrati dallo SDI a Geometri e G.L. di Roma, evento che ha riscosso
fronte dell’esito della trasmissione della fat- un notevole successo considerata la presenza di
tura. La circolare n.1/2014 del Dipartimento numerosi colleghi interessati all’argomento, oltre
Finanze ha precisato che la fattura si consi- che alla divulgazione degli altri molteplici servizi
dera emessa anche in caso di notifica di man- offerti già presenti sulla piattaforma riguardanti tra
cata consegna da parte dello SDI, in quanto le altre cose l’offerta di Formazione e-learning.
5/2014
9
ATTUALITÀ
SINTESI DEL FLUSSO PROCEDURALE
SOGGETTO
TRASMITTENTE
SISTEMA DI
INTERSCAMBIO
Trasmissione
Fatture a Sdl
Controlli
propedeutici
all’inoltro
No
Notifica di scarto
SOGGETTO
RICEVENTE
CONTROLLI
SUPERATI?
Sì
Inoltro Fattura
No
Notifica di
mancata consegna
Sì
INOLTRO
RIUSCITO?
Verifica di
accettabilità
Ricevuta di consegna
Notifica
rifiuto fattura
Ricezione Fattura
Inoltro
notifica di
rifiuto
Notifica
di rifiuto
No
VERIFICA
SUPERATA?
Sì
Notifica
accettazione
fattura
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Inoltro
notifica di
accettazione
Notifica
accettazione
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ATTUALITÀ
POS:
una scelta
Giacomo Moretti
da GeoPunto 56/14
Pagamento con
del professionista
Tanto si è discusso dell’obbligo
del POS che non poteva mancare
sulla rivista un’analisia pprofondita
della norma e delle sue
conseguenze. Partiamo dal
presupposto che, in qualità di
professionisti, abbiamo l’obbligo
di accettare pagamenti effettuati
con “Moneta Elettronica” per
importi superiori a 30,00 euro. Poi domandiamoci: cosa avviene se
il professionista non dispone di POS per permettere al “consumatore
o utente” il pagamento della prestazione?
Il 30 giugno 2014 è entrato in
DOTARSI O NON DOTARSI DEL POS È UNA SCELTA
vigore il disposto dell’art. 15
CHE OGNI PROFESSIONISTA DOVRÀ VAGLIARE ANCHE
comma 4 del D.L. 179/2012
E SOPRATTUTTO IN RELAZIONE ALLA TIPOLOGIA
convertito in Legge n.
221/2012, come modificato
DI PRESTAZIONI OFFERTE ALLA CLIENTELA
dall’art. 9 comma 15 bis del
D.L. 150/2013, convertito
con modificazioni dalla Legge 15/2014 che pre- cernente la prevenzione dell’utilizzo del sistema
vede: “A decorrere dal 30 giugno 2014, i sog- finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di
getti che effettuano l’attività di vendita di prodotti attività criminose e di finanziamento del terrorie di prestazioni di servizi, anche professionali, smo nonché della direttiva 2006/70/CE che ne
sono tenuti ad accettare anche pagamenti ef- reca misure di esecuzione” sono i seguenti:
fettuati attraverso carte di debito. Sono in ogni • obblighi di adeguata verifica della clientela;
caso fatte salve le disposizioni del D.Lgs. 21 no- • obblighi di registrazione e conservazione;
• obblighi di segnalazione; disposizioni per la livembre 2007 n. 231”.
mitazione all’uso del contante e dei titoli al
Il comma 5 dell’art. 15 bis del DL. 150/2013,
portatore.
convertito con modificazioni dalla Legge
15/2014 prevedeva l’emanazione di regola- In particolare è vietato il trasferimento, tra sogmento di attuazione al fine di disciplinare “gli im- getti diversi, di denaro contante o di libretti di deporti minimi, le modalità ed i termini” di posito bancari o postali al portatore di valore
attuazione delle disposizioni. I principali obblighi complessivamente pari o superiore ad euro
che derivano dal D.Lgs. 21 novembre 2007 n. 1.000,00. Il trasferimento di denaro contante o
231 “Attuazione della direttiva 2005/60/CE con- di libretti di deposito o di altri titoli al portatore
5/2014
11
ATTUALITÀ
per importi pari o superiori ad euro 1000,00
dovrà essere eseguito, esclusivamente, per il
tramite di banche, istituti di moneta elettronica e
poste italiane S.p.A. Il Regolamento di attuazione è stato pubblicato con D.M. 21 gennaio
2014 e prevede: all’art. 2 comma 1:
“L’obbligo di accettare pagamenti effettuati attraverso carte di debito di cui all’articolo 15,
comma 4, del decreto-legge 18 ottobre 2012,
n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge
17 dicembre 2012, n. 221, si applica a tutti i pagamenti di importo superiore a trenta euro disposti a favore dei soggetti di cui all’articolo 1,
lettera d), per l’acquisto di prodotti o la prestazione di servizi”.
All’art. 1 lettera d): “esercente: il beneficiario, impresa o professionista, di un pagamento abilitato all’accettazione di carte di pagamento
anche attraverso canali telematici”.
In qualità di professionisti abbiamo quindi l’obbligo di accettare pagamenti effettuati con “Moneta Elettronica” per importi superiori a € 30,00.
Che cosa avviene se il professionista non dis-
IN QUALITÀ DI PROFESSIONISTI
ABBIAMO QUINDI L’OBBLIGO DI
ACCETTARE PAGAMENTI CON
“MONETA ELETTRONICA” PER
IMPORTI SUPERIORI A € 30,00.
MA LE DISPOSIZIONI LEGISLATIVE
NON PREVEDONO SANZIONI.
FERMO RESTANDO CHE SI
POTRANNO EFFETTUARE
PAGAMENTI TRAMITE ASSEGNO
O BONIFICO BANCARIO.
12
pone di POS per permettere al “consumatore o
utente” il pagamento della prestazione?
INIZIAMO CON IL DIRE CHE LE ATTUALI
DISPOSIZIONI LEGISLATIVE NON
PREVEDONO ALCUNA SANZIONE.
Leggendo con attenzione i pareri del Consiglio
Nazionale Ingegneri, Circ. n. 382/XVIII Sess. del
10.06.2014, dei Consiglio Nazionale Architetti
Pianificatori Paesaggisti e Conservatori, Circ. 79
del 21.05.2014, del Consiglio Nazionale Forense, Circ. N. 10-0-2014 del 20 maggio 2014
si evidenzia che il disposto legislativo prevede
per i professionisti un “onere” non essendo associata alcuna sanzione a carico dei professionisti che non dovessero predisporre della
necessaria strumentazione a garanzia dei pagamenti effettuabili con moneta elettronica nel
caso in cui sia lo stesso cliente a richiedere tale
forma di pagamento.
Il Ministero dell’Economia e delle Finanze, rispondendo alla interrogazione parlamentare n.
5-02936 presentata dall’Ing. Causi il 4 giugno
2014 e relativa all’obbligo per i soggetti
che esercitano attività di vendita
di prodotti e di prestazioni di
servizi di accettare pagamenti effettuati attraverso
carte di debito, ha confermato la posizione
presa dal Consiglio
Nazionale Forense
con la Circolare n.
10-0-2014 del 20
5/2014
ATTUALITÀ
maggio 2014 che cita: “Come appare evidente
anche a prima lettura, la previsione corrisponde
a chiari intendimenti di semplificazione e non
stabilisce affatto che tutti i professionisti debbano dotarsi di POS, né che tutti i pagamenti
indirizzati agli avvocati dovranno essere effettuati in questo modo a partire dalla data indicata, ma solo che, nel caso il cliente voglia
pagare con una carta di debito, il professionista
sia tenuto ad accettare tale forma di pagamento. In altre parole, salvi i limiti vigenti nell’ordinamento (perché previsti da altre fonti; si pensi
ad esempio al divieto di pagamento in contanti
oltre la soglia di mille euro, previsto dalla normativa antiriciclaggio, espressamente richiamata dalla disposizione in commento; cfr. art.
49, d. lgsl. 231/2007), la volontà della parti del
contratto d’opera professionale (cliente ed avvocato) resta ancora il riferimento principale per
la individuazione delle forme di pagamento.
Ad esempio, i clienti che sono soliti effettuare i
pagamenti tramite assegno o bonifico bancario
potranno continuare a farlo”.
E il Ministero nella risposta pubblicata mercoledì 11 giugno 2014 nell’allegato al bollettino in
Commissione VI (Finanze) 5-02936 scrive:
“Nel ribadire la necessità di promuovere la diffusione e l’uso dei pagamenti con carte di debito e
credito su vasta scala, anche in considerazione
della scarsa incidenza dei pagamenti elettronici
in Italia, rispetto alla media degli altri Paesi europei, nonché l’eccessivo costo dell’uso del contante per il sistema economico e per i singoli
imprenditori, si ritiene opportuno che - al fine di
massimizzare i vantaggi connessi all’implementazione della tecnologia nei sistemi di pagamento
e, nel contempo, minimizzare l’incidenza degli
oneri a carico delle imprese, commercianti e professionisti vengano attivati una serie di tavoli di
confronto con le banche e con gli altri operatori
di mercato per ridurre i costi legati alla disponibilità e all’utilizzo dei POS, e sfruttare a vantaggio
del sistema i margini di efficienza esistenti, ottenendo così una significativa compressione dei
costi ed una soluzione che consenta di superare
le difficoltà insite nel cambiamento prospettato”.
OCCORRE PERTANTO FARE ALCUNE
CONSIDERAZIONI.
Dotarsi o non dotarsi del POS (Point of sale) è
5/2014
una scelta che ogni professionista dovrà vagliare anche e soprattutto in relazione alla tipologia di prestazioni offerte alla clientela.
Uno studio professionale che si occupa prevalentemente di attività di progettazione, direzione
lavori, pratiche tecniche-amministrative, pratiche catastali con importi delle prestazioni che
sono ben oltre i trenta euro (diverse centinaia di
euro), valuterà con il cliente forme di pagamento
alternative quali l’assegno bancario, il bonifico,
etc. inserendo nella lettera di incarico le specifiche relative alle modalità di pagamento. Uno
studio professionale che si occupa di visure,
volture catastali, certificazioni con importi delle
prestazioni spesso al di sotto dei cento euro
potrà valutare con positività l’utilizzo del POS
per agevolare il pagamento dei clienti a volte
anche occasionali.
Per quanto sopra indicato si ritiene che l’utilizzo
del POS sia indicato per i professionisti che hanno
clienti spesso occasionali e che erogano prestazioni il cui importo sia tra i trenta ed i cento euro.
Una ultima considerazione vista dalla
parte dell’utente: con l’entrata in vigore dei disposti legislativi l’utente potrebbe indirizzare la
scelta del professionista, oltre che in base alle
qualità individuali, anche in base alla possibilità di
poter accedere ai pagamenti con carte di debito.
Per finire, il mercato si sta attrezzando per offrire
ai professionisti strumenti economici in alternativa al classico POS allacciato alla linea telefonica. Esistono sul circuito bancario dei piccoli
dispositivi dotati di tastierino digitale che si collegano in bluetooth o wireless allo smartphone
e permettono l’effettuazione di transazioni con
le principali carte di debito e bancomat con
emissione di ricevuta email o scontrino digitale
e cartaceo.
Questi dispositivi hanno un costo ridotto (tra gli
€ 50,00 e gli € 100,00) e spesso non prevedono
un costo di gestione mensile ma solo una percentuale (tra 1,50% e 2,75%) sulle effettive
transazioni effettuate.
I principali POS Mobili sul mercato sono: Mobile POS Move and Pay di Setefi (Intesa Sanpaolo), Jusp, Payleven, Sum up, Wallet-Abile.
Pertanto possono essere un valido strumento a
vantaggio della clientela e per il professionista
che prevede di effettuare pochi pagamenti a
mezzo di carte di debito e risulta inoltre possibile il loro utilizzo in mobilità.
13
GIURISPRUDENZA & DOTTRINA
dal Bollettino di
Legislazione Tecnica
n. 3/2014
DISTANZE LEGALI
LA NORMA DI BASE SULLE
DISTANZE LEGALI CONTENUTA
NEL CODICE CIVILE ED IL SUO
RAPPORTO CON I
REGOLAMENTI LOCALI.
tra pareti finestrate
con particolare riguardo
al computo di
balconi e sporgenze
Le disposizioni specifiche per le pareti
finestrate contenute nel D. M.
1444/1968: finalità del limite di dieci
metri imposto dal decreto e sua
inderogabilità. Cosa va computato ai
fini delle distanze e cosa no: nuove
costruzioni e sopra elevazioni,
costruzioni abusive: Il caso di parete
finestrato antistante parete non
finestrata e le modalità di computo
della distanza; Cosa debba intendersi
per «parete finestrata». Cosa va
computato ai fini delle distanze e cosa
no: quando vanno computati balconi e
sporgenze; Eventuali possibili deroghe
e recenti evoluzioni in tal senso
disposte dal D.L. 6912013.
Con questo articolo si intende mettere in luce,
attraverso l’analisi del prevalente orientamento
della Giurisprudenza espressa dalla Suprema
Corte di Cassazione, l’applicazione delle norme
che prescrivono una distanza minima tra le pareti finestrate delle costruzioni.
Saranno esaminati i casi nei quali detto limite si
deve applicare, se vi siano possibilità di deroga,
cosa debba intendersi per «pareti finestrate» ed
in particolare come e da quali punti debba essere calcolata la distanza minima, soprattutto in
relazione alla necessità o meno di computare le
estremità sporgenti dei fabbricati quali balconi,
aggetti, lesene, logge, ecc.
LA NORMA BASE SULLE DISTANZE
La norma base di riferimento in tema di distanze
tra le costruzioni è costituita dall’art. 873 del Codice civile.
14
CODICE CIVILE
Art. 873 - Distanze nelle costruzioni
Le costruzioni su fondi finitimi, se non sono unite
o aderenti, devono essere tenute a distanza non
minore di tre metri. Nei regolamenti locali può
essere stabilita una distanza maggiore.
Regolamenti locali e Codice civile
Il limite imposto dall’art. 873 del Codice civile ai
regolamenti locali in tema di distanze tra costruzioni è che in nessun caso essi possono stabilire distanze inferiori a tre metri: purché non sia
stato violato questo limite, i regolamenti locali,
nello stabilire distanze maggiori, possono anche
determinare punti di riferimento, per la misurazione delle distanze, diversi da quelli indicati nel
Codice civile, escludendo taluni elementi della
costruzione dal calcolo delle più ampie distanze
previste in sede regolamentare. (Corte di Cassazione 19554/2009, 481911998,635117990).
5/2014
GIURISPRUDENZA & DOTTRINA
La prima delle pronunce sopra citate, ad esempio, ha ritenuto legittime le norme di un regolamento edilizio comunale che, dopo aver stabilito
in via generale l’obbligo di rispettare una distanza minima dal confine di cinque metri,
hanno altresì previsto la non concorrenza al
computo della suddetta distanza di alcune tipologie di manufatti (sporti delle coperture, scale
aperte, balconi, logge) fino ad un massimo di
1,20 m, pertanto in ogni caso nel rispetto del limite inderogabile di tre metri previsto dal Codice
civile. Si veda peraltro a tale proposito quanto
sarà più avanti maggiormente dettagliato a proposito delle pareti finestrate.
DISPOSIZIONI SPECIFICHE
PER LE PARETI FINESTRATE
Alla norma codicistica si aggiunge la norma di cui
al D.M. 02/04/1968, n. 1444, specifica per le pareti finestrate, che come si vedrà va considerata
alla stregua di una norma di legge, dal momento
che la sua emanazione deriva dalla delega specifica contenuta nella L. 1150/1942 (cosiddetta
«Legge urbanistica») come modificata dalla L.
765/1967 (cosiddetta «Legge Ponte»).
D. Min. 02/04/1968, n. 1444
Art. 9 - Limiti di distanza fra i fabbricati
Le distanze minime tra fabbricati per le diverse
zone territoriali omogenee sono stabilite come
segue:
1) Zone A): per le operazioni di risanamento
conservativo e per le eventuali ristrutturazioni,
le distanze tra gli edifici non possono essere
inferiori a quelle intercorrenti tra i volumi edificati preesistenti computati senza tener
conto di costruzioni aggiuntive di epoca recente e prive di valore storico, artistico o ambientale;
2) Nuovi edifici ricadenti in altre zone: è prescritta in tutti i casi la distanza minima assoluta di m. 10 tra pareti finestrate e pareti di
edifici antistanti;
3) Zone C): è altresì prescritta, tra pareti finestrate di edifici antistanti, la distanza minima
pari all’altezza del fabbricato più alto; la
norma si applica anche quando una sola parete sia finestrata, qualora gli edifici si fronteggino per uno sviluppo superiore a ml. 12.
Le distanze minime tra fabbricati - tra i quali
siano interposte strade destinate al traffico dei
5/2014
veicoli (con esclusione della viabilità a fondo
cieco al servizio di singoli edifici o di insediamenti) - debbono corrispondere alla larghezza
della sede stradale maggiorato di: ml. 5 per lato,
per strade di larghezza inferiore a ml. 7; ml. 7,50
per lato, per strade di larghezza compresa tra
ml. 7 e ml. 15; ml. 10 per lato, per strade di larghezza superiore a ml. 15.
Qualora le distanze tra fabbricati come sopra
computate risultino inferiori all’altezza del fabbricato più alto, le distanze stesse sono maggiorate fino a raggiungere la misura corrispondente
all’altezza stessa. Sono ammesse distanze inferiori a quelle indicate nei precedenti commi, nel
caso di gruppi di edifici che formino oggetto di
piani particolareggiati o lottizzazioni convenzionate con previsioni planovolumetriche.
Finalità del limite di dieci metri imposto
dal D.M. 1444/1968 e sua inderogabilità
In tema di distanze tra costruzioni, ‘art. 9, punto
2, del D.M. 02/04/1968, n. 1444, essendo stato
emanato su delega dell’art. 41-quinquies della
L. 1150/1942 (cosiddetta «Legge urbanistica»)
a sua volta aggiunto dall’art. 17 della L.
765/1967 (cosiddetta «Legge Ponte») ha efficacia di legge dello Stato, sicché le sue disposizioni in tema di limiti inderogabili di densità,
altezza e distanza tra i fabbricati prevalgono sulle
contrastanti previsioni dei regolamenti locali successivi, ai quali si sostituiscono per inserzione
automatica. (Corte di Cassazione a Sezioni Unite
14953/2011)
Nella pronuncia a Sezioni Unite della Corte di
Cassazione, sopra citata, è stato ritenuto illegittimo il contenuto delle N.T.A. del P.R.G. di un
Comune, che aveva imposto il rispetto della distanza minima di dieci metri tra pareti finestrate
soltanto per i tratti dotati di finestre, con esonero
di quelli ciechi, il quale doveva pertanto direttamente essere disapplicato.
Il D.M. 02/04/1968, n. 1444, che in applicazione
dell’art. 41-quinquies della L. 1150/1942 (come
modificato dall’art. 17 della L 765/1967) detta i
limiti di densità, altezza e distanza tra i fabbricati,
all’art. 9, punto 2, con disposizione tassativa e
inderogabile, dispone che negli edifici ricadenti in
zone territoriali omogenee diverse dalla zona A è
prescritta in tutti i casi la distanza minima assoluta di dieci metri tra pareti finestrate e pareti di
edifici antistanti.
Tale prescrizione, stante la sua assolutezza e in-
15
GIURISPRUDENZA & DOTTRINA
derogabilità, risultante da fonte normativa statale
e quindi sovraordinata rispetto agli strumenti urbanistici locali, comporta che, nel caso di esistenza sul confine tra due fondi di un fabbricato
avente il muro perimetrale finestrato, il proprietario dell’area confinante che voglia, a sua volta,
realizzare una costruzione sul suo terreno, deve
mantenere il proprio edificio ad almeno dieci metri
dal muro altrui, con esclusione, nel caso considerato, di esercizio della facoltà di costruire in
aderenza, facoltà esercitabile esclusivamente nell’ipotesi di inesistenza sul confine di finestre altrui.
Il principio non prevede alcuna deroga nemmeno nel caso in cui la nuova costruzione realizzata nel mancato rispetto del menzionato D.M.
sia destinata ad essere mantenuta ad una quota
inferiore a quella delle finestre antistanti, ed a distanza dalla soglia di queste ultime inferiore a tre
metri. (Corte di Cassazione 22495/2007,
23495/2006)
Le distanze fra le costruzioni sono predeterminate con carattere cogente in via generale ed
astratta, in considerazione delle esigenze collettive connesse ai bisogni di igiene e di sicurezza, di guisa che al giudice non è lasciato
alcun margine di discrezionalità nell’applicazione della disciplina in materia per equo contemperamento degli opposti interessi. Pertanto,
in caso di costruzione realizzata senza l’osservanza delle distanze legali o regolamentari, il
giudice deve ordinare incondizionatamente la riduzione in pristino, ancorché questa possa incidere sulle parti dell’edificio regolari
cagionando un maggiore danno ad una delle
parti in causa. (Corte di Cassazione 8725/1993)
(Consiglio di Stato 6909/2005).
Le norme sulle distanze di cui all’art. 873 del Codice civile, dettate a tutela di reciproci diritti soggettivi dei singoli e miranti unicamente ad evitare
la creazione di intercapedini antigieniche e pericolose, sono derogabili mediante convenzione
tra privati. Viceversa, le norme del D.M. 02/04/1
968, n. 1444, e degli strumenti urbanistici locali
che impongono di mantenere le distanze fra fabbricati o di questi dai confini, non sono invece derogabili, perché dirette, più che alla tutela di
interessi privati, a quella di interessi generali pubblici in materia urbanistica e come tali inderogabili,
con la conseguente invalidità delle convenzioni in
contrasto con dette norme, anche tra i proprietari di fondi confinanti che le hanno pattuite. (Corte
di Cassazione 12966/2006, 237/2000)
16
QUANDO VANNO APPLICATE
LE NORME SULLE DISTANZE: NUOVE
COSTRUZIONI, SOPRAELEVAZIONI
E OPERE ABUSIVE;
COSA DEBBA INTENDERSI PER
«PARETE FINESTRATA»
Nozione di «costruzione»
L’art. 873 del Codice civile si riferisce non necessariamente ad un edificio, ma ad un qualsiasi
manufatto non completamente interrato che
abbia i caratteri della solidità, stabilità, ed immobilizzazione al suolo, anche mediante appoggio,
incorporazione o collegamento fisso ad un
corpo di fabbrica preesistente o contestualmente realizzato, indipendentemente dal livello
di posa e di elevazione dell’opera.
Ai fini del rispetto delle distanze fra costruzioni,
non rileva il materiale utilizzato per la fabbrica, richiedendosi soltanto una durevolezza dell’opera, comunemente riconoscibile anche alle
opere in legno o ferro od altri materiali leggeri,
purché infissi al suolo non transitoriamente.
(Corte di Cassazione 13389/2011, 19554/2009,
15282/2005, 3199/2002)
Nelle pronunce sopra citate, ad esempio, sono
state ritenute rientranti nella nozione di «costruzione» una autorimessa e una tettoia in lamiera
destinata a magazzino.
In ogni caso la nozione di «costruzione», stabilita dalla legge statale, è unica e non può essere
derogata, sia pure al limitato fine del computo
delle distanze, dalla normativa secondaria, giacché il rinvio contenuto nella seconda parte dell’art. 873 del Codice civile è limitato alla sola
facoltà, per i regolamenti locali, di stabilire una
distanza maggiore (tra edifici o dal confine) rispetto a quella del Codice civile. (Corte di Cassazione 1953012005,155612005)
5/2014
GIURISPRUDENZA & DOTTRINA
Rientra nel concetto di «costruzione», e va computata ai fini delle distanze, qualsiasi modifica
della volumetria di un fabbricato esistente che
comporti l’aumento della sagoma di ingombro,
in guisa da incidere direttamente sulla situazione
di distanza tra edifici, indipendentemente dalla
sua utilizzabilità a fini abitativi. (Corte di Cassazione 1556/2005)
Applicabilità del limite anche in caso di
sopraelevazione
Normativa sopravvenuta più restrittiva
La sopraelevazione (per tale intendendosi qualsiasi costruzione che si eleva al di sopra della
linea di gronda di un preesistente fabbricato),
poiché comporta sempre un aumento della volumetria preesistente, deve rispettare le distanze
legali tra costruzioni stabilite dalla normativa vigente al momento della realizzazione della
stessa, ancorché tale nuovo corpo di fabbrica
sia «rientrato» rispetto ad un muro di appoggio
la cui distanza sia da considerare legale avuto
riguardo alla normativa, più favorevole, dell’epoca della sua costruzione. (Corte di Cassazione
22895/2004)
In materia di distanze legali fra edifici, la sopraelevazione di un edificio preesistente, determinando la modifica della volumetria del fabbricato
con aumento della sagoma di ingombro, costituisce nuova costruzione, soggetta alla disciplina
sulle distanze legali in vigore al momento della
sua effettuazione.
Ne consegue che, qualora tale normativa sia diversa da quella prevista per la costruzione originaria, il preveniente non potrà sopraelevare in
allineamento con l’originaria costruzione, non
trovando applicazione il criterio della prevenzione, che, nel caso di costruzione sul confine,
impone a colui che edifica per primo di costruire
in corrispondenza della stessa linea di confine
su cui ha innalzato il piano inferiore oppure a distanza non inferiore a quella legale, in modo da
non costringere il prevenuto ad elevare a sua
volta un immobile a linea spezzata. (Corte di
Cassazione 15527/2008, 400/2005)
Nelle Sentenze sopra citate la Suprema Corte
ha ritenuto eseguite in violazione delle distanze
legali una sopraelevazione in allineamento all’edificio preesistente ed in aderenza a quella di
controparte, nonché la costruzione di una mansarda realizzata in sopraelevazione dell’edificio
preesistente, in entrambi i casi in violazione delle
5/2014
distanze previste dallo strumento urbanistico in
vigore al momento della sopraelevazione stessa.
In materia di distanze legali tra edifici, la modificazione del tetto di un fabbricato integra sopraelevazione e, come tale, una nuova
costruzione soltanto se essa produce un aumento della superficie esterna e della volumetria
dei piani sottostanti, così incidendo sulla struttura e sul modo di essere della copertura; spetta
al giudice di merito di volta in volta verificare, in
concreto, se l’opera eseguita abbia le anzidette
caratteristiche ovvero se, in ipotesi, avendo carattere ornamentale e funzioni meramente accessorie rispetto al fabbricato, vada esclusa dal
calcolo delle distanze legali. (Corte di Cassazione 74932/2008, 20786/2006)
In tema di distanze fra costruzioni ed in ipotesi di
successione di norme nel tempo, le disposizioni
più restrittive sopravvenute sono di immediata
applicazione, poiché gli strumenti urbanistici locali, essendo essenzialmente diretti alla tutela
dell’interesse pubblico nel campo urbanistico,
trascendono l’interesse dei privati. Ne consegue
che, sopravvenuta una nuova regolamentazione,
le nuove costruzioni devono ad essa adeguarsi,
ancorché l’autorizzazione a costruire fosse legittima sulla base della previgente normativa. Tale
principio trova peraltro un limite nel già avvenuto
esercizio dello «ius aedificandi», con la concreta
attuazione dell’opera, poiché in tale ipotesi la
nuova disciplina non può spiegare efficacia retroattiva, né vulnerare situazioni pregresse e già
consolidate. (Corte di Cassazione 2003812070,
77160/2008)
Opere a carattere abusivo
Ai fini dell’osservanza delle disposizioni in materia di distanze tra edifici, non rileva l’eventuale
carattere abusivo delle opere realizzate sul fondo
confinante. Ciò, in quanto le disposizioni sulle distanze tra le costruzioni sono preordinate non
solo alla tutela degli interessi dei proprietari frontisti, ma, in una più ampia prospettiva, anche alla
salvaguardia di esigenze generali, tra cui la salubrità e la sicurezza pubblica.
(Consiglio di Giustizia Amministrativa Regione Siciliana 930/2008, 226/1993)
Parete finestrata antistante parete non finestrata e modalità di computo della distanza
In tema di distanze tra le costruzioni, l’art. 9,
punto 2, del D.M. 02/04/1968, n. 1444, pre-
17
GIURISPRUDENZA & DOTTRINA
scrive, con disposizione tassativa e inderogabile,
la distanza minima assoluta di dieci metri tra i
fabbricati, anche nel caso in cui solo una delle
pareti antistanti risulti finestrata, e non necessariamente entrambe, atteso che la norma in
esame è finalizzata alla salvaguardia dell’interesse pubblico-sanitario a mantenere una determinata intercapedine tra gli edifici che si
fronteggiano quando uno dei due abbia una parete finestrata. (Corte di Cassazione
22495/2007, 20574/2007, 23495/2006)
La norma dell’art. 9 del D.M. 02/04/1968, n.
1444, in materia di distanze fra fabbricati, che
siccome emanata in attuazione dell’art. 17 della
L. 765/1967 che a sua volta ha introdotto ‘art.
41-quinquies della L. 1150/1942, non può essere derogata dalle disposizioni regolamentari
locali, va interpretata nel senso che la distanza
minima di dieci metri è richiesta anche nel caso
che una sola delle pareti fronteggiantisi sia finestrata e che è indifferente se tale parete sia
quella del nuovo edificio o quella dell’edificio
preesistente; inoltre è sufficiente, per l’applicazione di tale distanza, che le finestre esistano in
qualsiasi zona della parete contrapposta ad altro
edificio, ancorché solo una parte di essa si trovi
a distanza minore da quella prescritta.
Da tutto quanto sopra consegue, pertanto, che
il rispetto della distanza minima è dovuto anche
per i tratti di parete che sono in parte privi di finestre. (Corte di Cassazione 13547/2011,
20574/2007)
La distanza tra pareti finestrate di edifici antistanti
prevista dall’art. 9, punto 2, del D.M.
02/04/1968, n. 1444, va calcolata con riferimento ad ogni punto dei fabbricati e a tutte le
pareti finestrate, e non solo a quella principale,
prescindendo anche dal fatto di essere o meno
in posizione parallela. (Consiglio di Stato
5557/2013)
Cosa debba intendersi per «parete finestrata»
Ai fini dell’applicabilità della distanza minima tra
pareti finestrate e pareti di edifici antistanti, di cui
all’art. 9 del D.M. 02/04/1968, n. 1444 (norma
eccezionale, e perciò insuscettibile di interpretazione analogica), non può considerarsi «parete
finestrata» né una vetrata fissa e priva di aperture, la quale, non consentendo l’affaccio, non è
configurabile come veduta, ma come semplice
luce, né un terrazzo di copertura, il quale non
18
costituisce elemento integrante della parete sottostante, bensì parte distinta e sovrapposto dell’edificio. (Corte di Cassazione 19092/2012)
Posto che nella disciplina legale dei «rapporti di
vicinato» l’obbligo di osservare belle costruzioni
determinate distanze sussiste solo in relazione
alle vedute, e non anche alle luci, la dizione «pareti finestrate» contenuta in un regolamento edilizio che si ispiri all’art. 9 del D.M. 02/04/1968, n.
1444, il quale prescrive nelle nuove costruzioni e
nelle sopraelevazioni la distanza minima di dieci
metri tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti, non potrebbe che riferirsi esclusivamente
alle pareti munite di finestre qualificabili come
«vedute», senza ricomprendere quelle sulle quali
si aprono finestre cosiddette «lucifere» (come
tale intendendosi quelle aperture che hanno solo
la funzione di dare luce ed aria ad un locale e
non invece anche la funzione di consentire di affacciarsi e di guardar fuori in una qualsiasi direzione). (Corte di Cassazione 6604/2012, Sezioni
Unite 14953/2011)
Su questo tema va registrata una pronuncia
contraria del Consiglio di Stato, il quale ha affermato appunto che in tema di distanze tra le costruzioni, l’art. 9, punto 2, del D.M. 02/04/1968,
n. 1444, prescrive che per «pareti finestrate» devono intendersi non soltanto le pareti munite di
«vedute» ma più in generale tutte le pareti munite
di aperture di qualsiasi genere verso l’esterno
quali porte, balconi, finestre di ogni tipo (di veduta a di luce). (Consiglio di Stato 5557/2013)
Stante peraltro il fatto che la linea contraria a
questa dettata dal Consiglio di Stato è contenuta in diverse pronunce della Suprema Corte,
ivi compresa quella a Sezioni Unite 14953/2011,
non si ritiene di dover dare credito a tale ultimo
orientamento.
Cosa va computato ai fini delle distanze
e cosa no con particolare riguardo a balconi e sporgenze
Tenuto conto delle finalità perseguite dal Legislatore, le distanze vanno misurate dalle sporgenze estreme dei fabbricati, escludendosi
soltanto quelle, assolventi a mere esigenze ornamentali, di rifinitura ed accessorie di limitata
entità quali cornicioni, lesene, mensole, grondaie
e simili (cosiddetti «sporti»).
Di converso invece vanno computate ai fini delle
distanze le parti quali scale esterne, terrazze e
corpi avanzati (cosiddetti «aggettanti»), anche se
5/2014
GIURISPRUDENZA & DOTTRINA
non corrispondenti a volumi abitativi coperti, atti
ad estendere in superficie e volumi edificati la
consistenza del fabbricato. (Corte di Cassazione
19554/2009, 1556/2005, 13001/2000)
Nella prima delle pronunce sopra citate, ad
esempio, si è ritenuto dover computare ai fini
delle distanze una colonna in muratura addossata alla parete esterna di un edificio ed alta
quanto lo stesso, destinata ad ospitare la canna
fumaria e sovrastata quindi dal camino.
In tema di distanze legali fra edifici, mentre rientrano nella categoria degli sporti, non computabili ai fini delle distanze, soltanto quegli elementi
con funzione meramente ornamentale, di rifinitura od accessoria (come le mensole, le lesene,
i cornicioni, le canalizzazioni di gronda e simili),
costituiscono, invece, corpi di fabbrica, computabili ai predetti fini, le sporgenze degli edifici
aventi particolari proporzioni, come i balconi, costituite da salette aggettanti anche se scoperte,
di apprezzabile profondità ed ampiezza. (Corte
di Cassazione 17242/2010, 12964/2006)
In una delle Sentenze sopra citate la Corte di
Cassazione ha ritenuto violata la distanza legale
tra edifici per la presenza di balconi aggettanti
sovrastati da archi murari solidali con il fabbricato che per la loro profondità ed ampiezza determinavano un ampliamento della superficie e
del volume.
In tema di distanze legali tra fabbricati, integra la
nozione di «volume tecnica», non computabile
nella volumetria della costruzione, solo l’opera
edilizia priva di alcuna autonomia funzionale,
anche potenziale, in quanto destinata a contenere impianti serventi, quali quelli connessi alla
condotta idrica, termica o all’ascensore, di una
5/2014
costruzione principale per esigenze tecnico funzionali dell’abitazione e che non possono essere
ubicati nella stessa, e non anche quella che costituisce, came il vano scale, parte integrante del
fabbricato. (Corte di Cassazione 2566/2011,
17242/2010)
Nella Sentenza 2566/2011 sopra citata è stato
affermato che, ai fini della determinazione dell’altezza dell’edificio, va computato il torrino della
cassa scale, la cui prosecuzione al di sopra della
linea di gronda del fabbricato integra una sopraelevazione utile per la definizione concreta
delle distanze legali tra gli edifici come stabilite
dalla normativa vigente al momento della realizzazione dell’immobile. La Sentenza ha altresì
chiarito che non assumono rilievo eventuali disposizioni contenute in circolari amministrative,
che costituiscono espressione della potestà di
indirizzo e di disciplina dell’attività dell’amministrazione ma non sono fonte di diritto, né di interpretazione della legge.
In tema di distanze tra costruzioni su fondi finitimi, con riferimento alla determinazione del relativo calcolo, poiché il balcone, estendendo in
superficie il volume edificatorio, costituisce
corpo di fabbrica, e poiché l’art. 9 del D.M.
02/04/1968, n. 1444, stabilisce la distanza minima di dieci metri fra pareti finestrate e pareti
antistanti, un regolamento edilizio che stabilisca un criterio di misurazione della distanza tra
edifici che non tenga conto dell’estensione del
balcone, è «contra legem» in quanto, sottraendo dal calcolo della distanza l’estensione
del balcone, viene a determinare una distanza
tra fabbricati inferiore a dieci metri, violando il
distacco voluto dalla cosiddetta «Legge Ponte»
(L. 765/1967 che ha inserito nella «Legge urbanistica» 1150/1942 l’art. 41-quinquies, ai
sensi del quale è stato emanato il D.M.
02/04/1968, n. 1444). (Corte di Cassazione
17089/2006)
Nel calcolo della distanza minima fra costruzioni, posta dall’art. 873 del Codice civile o da
norme regolamentari integrative, deve tenersi
conto anche delle strutture accessorie di un
fabbricato qualora queste, presentando connotati di consistenza e stabilità, abbiano natura di
opera edilizia. (Corte di Cassazione 1966/2007,
17390/2004)
Nelle Sentenze sopra citate sono stati ritenuti da
computare ai fini della distanza una scala
esterna in muratura ed altri manufatti simili.
19
GIURISPRUDENZA & DOTTRINA
dal Bollettino di
Legislazione Tecnica
n. 3/2014
Giurisprudenza
EDILIZIA E IMMOBILI
AMBIENTE E BENI CULTURALI
APPALTI PUBBLICI
SICUREZZA
URBANISTICA
EDILIZIA E IMMOBILI
CATASTO
Ord. C. Cass. 13 febbraio 2014, n. 3394
Edilizia e immobili - Catasto - Docfa - Rigetto
Mancata motivazione - Illegittimità.
L’Amministrazione non può limitarsi a comunicare il classamento ritenuto adeguato ma deve
altresì fornire qualche elemento che espliciti le
ragioni per cui la proposta avanzata dal contribuente con la procedura cosiddetta Docfa è
stata disattesa. L’atto con cui l’Amministrazione
disattende le indicazioni del contribuente circa il
classamento di un fabbricato deve contenere
una adeguata ancorché sommaria - motivazione. (Nel caso in esame dopo importanti lavori
di ristrutturazione il proprietario di un immobile
aveva presentato un Docfa con il quale proponeva un classamento della propria abitazione
come “abitazione popolare”.
L’Agenzia del Territorio rifiutava la proposta e la
classificava, invece, “abitazione civile”, con un
incremento della rendita catastale, e conseguentemente di tutte le imposte, di quasi il
doppio. L’Agenzia, peraltro, si limitava a comunicare il nuovo classamento senza motivarlo in
alcun modo).
20
CONDOMINIO
Sent. C. Cass. 3 marzo 2014, n. 4936
Comunione dei diritti reali - Condominio negli edifici - Canna fumaria - Regolamento condominiale
Limiti - Non valgono le regole sulle distanze.
La realizzazione di una canna fumaria in condominio non ha natura di nuova costruzione e non
deve pertanto rispettare le regole in materia di
distanza minima. Gli unici limiti e divieti son quelli
imposti dal regolamento di condominio e dalle
caratteristiche minime di funzionalità e di efficienza fissati dalle normative di sicurezza e di
igiene. In difetto di regolamento contrattuale l’installazione di una canna fumaria deve essere
considerata illegittima solo se viola il decoro architettonico o se compromette la salubrità dell’aria a causa delle sue emissioni. (Nel caso in
esame il proprietario di un immobile situato al
piano terra di un edificio condominiale, dopo
aver ottenuto l’autorizzazione dall’assemblea
condominiale, e successivamente dal Comune,
aveva realizzato una canna fumaria lungo il muro
perimetrale dello stabile. Successivamente all’installazione un altro condomino aveva però
fatto causa perché sosteneva che la canna fumaria pregiudicasse il suo diritto di veduta. La
Corte d’Appello adita aveva deciso per la demolizione della canna fumaria ma la decisione è
stata annullata dalla Cassazione in ragione del
fatto che la canna fumaria non rientra nel novero
delle “costruzioni”).
Sent. C. Cass. 23 gennaio 2014, n. 1451
Comunione dei diritti reali - Condominio negli
edifici - Lastrico solare - Riparazione o ricostruzione - Ripartizione delle spese - Criteri.
La spesa per la riparazione o la ricostruzione del
lastrico solare va sopportata, ai sensi dell’art.
5/2014
GIURISPRUDENZA & DOTTRINA
1126 Cod. civ., per un terzo da coloro che ne
hanno l’uso esclusivo e per due terzi da tutti i
condomini dell’edificio o della parte di questo a
cui il lastrico serve da copertura. (Nel caso in
esame il proprietario di un appartamento strutturato su due livelli, il quarto e il quinto, e fruente,
al piano superiore, del calpestio sul terrazzo-lastrico di copertura del fabbricato, sito in un condomino impugnava la delibera dell’assembleare
che, a suo dire, aveva illegittimamente ripartito la
spesa per il rifacimento del lastrico, accollando
ad esso istante, oltre al terzo per calpestio,
anche la quota di partecipazione sui restanti due
terzi a titolo di copertura del fabbricato).
AMBIENTE, PAESAGGIO
E BENI CULTURALI
AUTORIZZAZIONE PAESAGGISTICA
Sent. TAR Campania 31 marzo 2014, n. 645
Volumi tecnici - Irrilevanza sotto il profilo urbanistico - Autorizzazione paesaggistica postuma Incrementi volumetrici - Ammissibilità.
Va esclusa la rilevanza urbanistica dei cd. volumi tecnici, tali dovendo ritenersi i piccoli volumi accessori, con funzioni serventi alla
allo cazione di impianti e dispositivi tecnologici, quali vani caldaie, vani frigorifero o vani
scale, inidonei a soddisfare alcuna finalità residenziale, completamente privi di una propria autonomia funzionale, anche potenziale,
in quanto destinati a contenere impianti serventi di una costruzione principale, per esigenze tecnico-funzionali della costruzione
stessa.
In tema di incrementi volumetrici, la connotazione tecnica dei volumi ne consente la sottoposizione al vaglio di compatibilità paesaggistica
postuma, onde apprezzarne in concreto l’incidenza sul paesaggio e l’eventuale sanabilità. (Nel
caso in esame il tribunale ha ritenuto che non
comportano incrementi volumetrici né l’intervento volto a realizzare un locale in muratura
avente una superficie di mq. 9,12, di cui è prevista l’integrale chiusura, in modo da renderlo un
volume tecnico inaccessibile, né l’intervento
volto a ampliare un fabbricato già esistente,
avente una superficie coperta di mq. 12,08, destinato a ospitare la centrale termica e cioè impianti tecnologici a servizio del fabbricato
principale).
5/2014
APPALTI PUBBLICI
DIRETTORE DEI LAVORI
Sent. C. Conti 3 gennaio 2014, n. 3
Direttore dei lavori - Responsabilità - Sua posizione a garanzia della regolare esecuzione dei lavori - Sussistenza - Fattispecie.
Il direttore dei lavori non solo ha il dovere di vigilare sulla corretta esecuzione delle lavorazioni da
parte dell’appaltatore ma, in caso di danni, deve
valutare non solo i difetti di esecuzione ma si
rende indispensabile una verifica che riguarda
eventuali inconvenienti riferibili alla progettazione.
(Nel caso esaminato dallo Corte il tecnico di un
Comune era stato nominato responsabile del
procedimento per la realizzazione di un campo
do calcio e aveva conferito l’incarico di redazione del progetto esecutivo e direzione lavori a
due professionisti. In seguito il tecnico comunale
aveva incaricato un geologo per la predisposizione di uno studio geotecnico dell’area il quale
avevo autorizzato la realizzazione del progetto.
Le conclusioni del geologo erano, però, state
contraddette dall’Autorità di Bacino ma il progetto era stato comunque approvato. In seguito
si era verificato uno smottamento. La Corte dei
Conti ha spiegato che la responsabilità dei
danni, corrispondenti alle spese sostenute inutilmente per la realizzazione di una struttura contenente dei difetti, è del direttore dei lavori; i
giudici ritengono, infatti, che le omissioni commesse nella direzione dei lavori, in merito ai materiali usati e alla corretta esecuzione, sono
sufficienti a determinare la responsabilità del direttore dei lavori).
EDILIZIA E IMMOBILI
ABUSI EDILIZI
Sent. C. Stato 10 marzo 2014, n. 1084
Edilizia e immobili - Attività edilizia e appalti privati - Abusi edilizi - In centro storico - Non sempre c’è la demolizione.
E’ illegittimo il provvedimento con il quale si ingiunge la demolizione di opere di ristrutturazione
edilizia realizzate in zona «A» in assenza di permesso di costruire o in totale difformità senza alcuna motivazione in ordine alle ragioni della
scelta della sanzione demolitoria rispetto a quella
pecuniaria. L’autore dell’abuso ha sempre diritto
ad una scelta motivata che tenga conto sia del
peso dell’abuso che della specifica situazione
21
GIURISPRUDENZA & DOTTRINA
oggetto di tutela. (Nella fattispecie il preesistente
edificio (ristorante) ero stato modificato con l’apertura di tre bocche di lupo disposte sul piano
di calpestio della piazza ottenute mediante
scavo della stessa, la realizzazione di una scala
a tre rampe tra piano interrato e piano terra, in
luogo dell’unica preesistente, la realizzazione di
una nuova finestra su strada, nonché con la realizzazione di un tratto di canna fumaria in rame e
di una tenda. Invece della riduzione in pristino il
Consiglio di Stato ha ipotizzato a favore dell’autore dell’abuso una via di uscita di carattere generale affermando che è sempre necessario
scegliere tra sanzione demolitoria e quella pecuniaria, anche se la demolizione è usuale).
ATTIVITÀ EDILIZIA E APPALTI PRIVATI
TITOLI ABILITATIVI
Sent. C. Cass. 2610212014, n. 9268
Edilizia e immobili - Attività edilizia e appalti privati - Titoli abilitativi - Permesso di costruire Case mobili e roulottes adibite ad abitazione Necessità.
Le roulottes e le case mobili rientrano tra i manufatti leggeri, prefabbricati, per la cui installazione è necessario il preventivo ottenimento del
permesso di costruire se utilizzati come abitazioni, e non dirette a soddisfare esigenze meramente temporanee. La tipologia dei manufatti
non depone infatti per la temporaneità della realizzazione; temporaneità che implica il montaggio e la rimozione del manufatto allorché le
esigenze appunto temporanee, nella specie legate alla durata della stagione turistica, siano
cessate. (Nel caso in esame si trattava di case
mobili poggiate su mattoni, cavalletti e ruote,
collegate stabilmente e permanentemente alle
reti di distribuzione idrica e del gas ed alla rete di
collettamento fognario).
CONDOMINIO
Sent. C. Cass. 3 gennaio 2014, n. 53
Comunione dei diritti reali - Condominio negli edifici - Muro perimetrale dell’edificio - Apertura di una
finestra - Da parte del singolo condomino - Legittimità - Costituzione di una servitù - Esclusione.
E’ possibile l’apertura di finestre su area di proprietà comune e indivisa, ma non bisogna pregiudicare la stabilità e il decoro architettonico
dell’edificio e, inoltre, non bisogna impedire l’esercizio concorrente di analoghi diritti degli altri
condomini. Le chiostrine e i cortili comuni degli
22
edifici, infatti, hanno proprio la funzione di dare
aria e luce agli appartamenti circostanti: risulta
dunque escluso che la finestra ricavata sul muro
perimetrale integri un’ipotesi di servitù a carico
degli alloggi dei dirimpettai, mai costituita perché mai accettata, dal momento che l’apertura
costituisce l’utilizzazione di un bene di proprietà
comune e indivisa. Inoltre non può ritenersi violato il precetto dell’art. 1102 Cod. civ. in quanto
non viene alterata la destinazione d’uso della
cosa comune, dal momento che il muro perimetrale resta tale con o senza l’apertura della finestra. A conferma dell’esclusione della servitù
l’antico brocardo secondo cui i beni propri non
possono costituire servitù per nessuno («nemini
res sua servit»). (Nella specie un condominio
aveva citato in giudizio una coppia di coniugi che
aveva realizzato sul terrazzo di copertura due
manufatti in profilato in ferro e pannelli ed aveva
aperto una finestra sul muro condominiale con
affaccio sulla chiostrina).
SICUREZZA
Uffici e luoghi di lavoro
Sent. C. Cass. 17 febbraio 2014, n. 7342
Sicurezza - Uffici e luoghi di lavoro - Ambiente di
lavoro non conforme alla normativa - Più violazioni
configurano unica violazione - Sanzione unica.
La violazione di più precetti riconducibili alla categoria omogenea di requisiti di sicurezza relativi ai luoghi di lavoro di cui all’allegato IV punti
1.1, 1.2, 1.3, 1.4, 1.5, 1.6, 1.7, 1.8, 1.9, 1.10,
1.11, 1.12, 1.13, 1.14, 2.1, 2.2, 3, 4, 6.1, 6.2,
6.3, 6.4, 6.5 e 6.6, del D. Leg.vo 09/04/2008,
n. 81 è considerata una unica violazione ed è
punita con la pena prevista dall’art. 68, comma
1, lett. b). L’organo di vigilanza è tenuto a precisare in ogni caso, in sede di contestazione, i
diversi precetti violati. (Nel caso in esame un
datore di lavoro viene condannato al pagamento di un’ammenda per non aver provveduto
affinché i luoghi di lavoro fossero conformi ai requisiti di legge sanciti in materia di tutela della
salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro poiché l’azienda non possedeva un locale appositamente destinato a spogliatoio ed, inoltre,
l’area di lavoro si trovava al di sotto di un soppalco non beneficiando così dell’apporto di luce
naturale diretta proveniente. La Cassazione accoglie il ricorso).
5/2014
GIURISPRUDENZA & DOTTRINA
URBANISTICA
PIANIFICAZIONE TERRITORIALE
E URBANISTICA
Sent. C. Stato 12 febbraio 2014, n. 673
Urbanistica - Pianificazione territoriale e urbanistica - Contrasto tra indicazioni grafiche e norme
attuative del P.R.G. - Prevalenza di quest’ultime.
In caso di contrasto tra le indicazioni grafiche e
le prescrizioni normative del piano regolatore generale, sono queste ultime a prevalere, in quanto
in sede d’interpretazione degli strumenti urbanistici le risultanze grafiche possono chiarire e
completare quanto è normativamente stabilito
nel testo, ma non sovrapporsi o negare quanto
risulta da questo.
dal Bollettino di Legislazione Tecnica
n. 5/2014
ressato aveva fatto montare sul proprio terrazzo
una struttura costruita da due pali dello spessore di 8,50 per 11,50 centimetri, poggiati sul
pavimento del terrazzo a livello, e da quattro traverse con binario di scorrimento a telo in PVC
della superficie di 15 metri quadri, dell’altezza
variabile da 2,80 a 2,10 metri, ancorata al sovrastante balcone e munita di una copertura rigida di 4 metri quadri a riparo del telo retraibile).
URBANISTICA
DISTANZE TRA LE COSTRUZIONI
Sent. C. Cass. 23 aprile 2014, n. 9222
Urbanistica - Distanze tra le costruzioni Edificazione in aderenza - Presenza di un fosso - Esclusione - Legittimità
La presenza di un fosso tra due fabbricati preclude la possibilità di edificare in appoggio al
muro del vicino. In presenza di un fossato, nel
caso di specie ospitante una rete fognaria, tra
due costruzioni, le distanze legali vanno sempre
rispettate e a nulla vale la circostanza che il regolamento edilizio comunale permetta di costruire in aderenza al muro del vicino, in
conformità con la norma dell’art. 877 del Codice
civile: tale norma non può essere applicata in
presenza di “canali di bonifica, corsi d’acqua,
appartenenza a terzi o di inedificabilità di una
striscia di terreno tra due costruzioni”.
EDILIZIA E IMMOBILI
ATTIVITÀ EDILIZIA E APPALTI PRIVATI
TITOLI ABILITATIVI
Sent. C. Stato 11 aprile 2014, n. 1777
Edilizia - Attività edilizia - Titoli abilitativi - Veranda
poggiata ma non ancorata al terreno - Permesso
di costruire - Necessità - Esclusione
Non ha bisogno del permesso di costruire la
struttura con due pali appoggiati sul pavimento
del terrazzo che funge da tenda: l’opera non è
un intervento di ristrutturazione edilizia o cambio
di destinazione d’uso da una categoria all’altra
ma un mero intervento di natura manutentiva rientrante nell’attività edilizia libera. La struttura
“poggiata” ma non “ancorata in modo fisso” al
pavimento si configura come un arrendo esterno
“facilmente amovibile” e non richiede titolo abilitativo, neanche se la struttura prevede binari di
scorrimento a terra. (Nel caso in esame l’inte-
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