La rivoluzione guerra contadina tedesca: Tirolo, Svizzera,comune: Austria, Germania meridionale dell’uomo nel dibattito storiografico Germania meridionale, Austria, di Pietro Fogale Svizzera, Tirolo di Pietro Fogale 80 La rivoluzione dell’uomo comune: Germania meridionale, Austria, Svizzera, Tirolo L a rivoluzione dell’uomo comune, più nota come guerra contadina, fu un vasto movimento insurrezionale che all’inizio del XVI secolo coinvolse la Germania meridionale, l’Austria e la Svizzera, arrivando a lambire anche la Francia.. 81 Legenda: zone della guerra contadina Zone in cui si presentano gravamina Zone in cui vengono occupati monasteri e castelli Zone dove si svolgono combattimenti Campagna militare dei principi e della lega Sveva La storiografia più recente ha cambiato la definizione di quegli eventi, non parla più di guerra contadina ma di rivoluzione dell’uomo comune perché non furono solo i contadini a prendere parte agli eventi conflittivi del 1524-26 ma anche altre categorie non privilegiate della società: artigiani, garzoni e lavoratori a giornata. Gli eventi Tra il 1524 e il 1526 migliaia di persone si organizzarono, combatterono e vennero sconfitte dalle truppe dei signori territoriali in scontri che lasciarono sul campo migliaia di morti. (si calcola che furono almeno centomila).1 Gli eventi si innescarono in Svevia, una regione dove da tempo si viveva in uno stato di rivolta endemico, lì si formano tre schiere, la schiera del lago, la schiera dell’Algäu, e la schiera di Baltring, si tratta di accampamenti permanenti dove si riuniscono i contadini per organizzarsi da un punto di vista politico e militare. Partita dalla Svevia nel gennaio del 1525 la rivolta si estese rapidamente a tutta la Germania meridionale coinvolgendo l’alto Reno, la Turingia, la Franconia, il Tirolo, la Stiria, l’Austria superiore. In ogni regione vediamo riunirsi contadini, che fanno propri i 12 Articoli. 28 CINQUECENTO 80. Il trionfo della morte, Pieter Bruegel, 1562 (particolare). 81. I luoghi della guerra contadina. 82 Il copione con cui si muovono i contadini è simile in tutte le regioni, i contadini assaltano monasteri e castelli, sono oltre 50 quelli che vengono dati alle fiamme o distrutti in Svevia dalla “lega cristiana”. Particolarmente duri saranno gli scontri in Franconia e Turingia dove i contadini troveranno anche guide militari tra i cavalieri. I contadini profanarono oggetti e luoghi sacri, saccheggiarono castelli e monasteri, dileggiarono e malmenarono monaci e monache. Pochi furono gli episodi di sangue, il più noto è la strage di Weinsberg dove i contadini svevi presero la città e il castello passando a fil di spada tutta la guarnigione. Uno degli episodi più cruenti è raccontato dal parroco Johannes Herolt, che ricostruisce quanto avvenuto a Weisenberg.2 Il giorno della santa Pasqua, che era il giorno 16 del mese di aprile, quando i contadini si erano accampati nei dintorni di Neckarsulm, arrivò un carrettiere di nome Semelhans, che aveva trasportato del sale al castello di Weinsberg. Raccontò che nobili e cavalieri erano andati giù in paese e che nessuno era rimasto nel castello. Allora i contadini si misero in movimento mentre il conte Ludwig di Helfenstein, a quel tempo balivo di Weinsberg, insieme con gli altri nobili che si trovavano con lui nella sua guarnigione, cercava di calmare e di ammonire i cittadini di Weinsberg, affinché si dimostrassero coraggiosi e non si consegnassero ai contadini, poiché sua altezza reale non li avrebbe abbandonati, bensì salvati, perché il Württemberg si trovava allora sotto la potestà di re Ferdinando. Ecco [proprio mentre 84 82. Proverbi fiamminghi, Pieter Bruegel il Vecchio, 1559 (particolare). 83. I ceti nell’impero: contadini, cittadini, accademici, principi, re, papa, XVI sec. 84. Il lavoro dei minatori, retro-pala d’altare, Chiesa di Sant’Anna a Annaberg, (1497-1521). 83 CINQUECENTO 29 diceva questo] arrivarono i contadini tanto di 85 sorpresa, che il conte e gli altri della sua guarnigione non poterono andare più al castello e furono costretti a rimanere nel borgo con i cittadini. A questo punto i contadini diedero la scalata al castello, presero la contessa con i bambini, depredarono il castello e vennero poi dinanzi alle mura della città. I cittadini però, che erano ben disposti verso i contadini, aprirono loro le porte della città e li fecero entrare. Allora Lucifero e tutti i suoi diavoli si scatenarono. I contadini divennero fiere e furie, non diverse da chi è impazzito e posseduto dal demonio. Essi presero innanzitutto il conte e poi i nobili con i cavalieri, molti dei quali furono trucidati mentre cercavano di difendersi. Dietrich von Weiler fuggì sulla torre della chiesa e di lì sopra parlò ai contadini, chiedendo grazia della vita e promettendo loro molto denaro. Fu allora che uno dal basso gli sparò e riuscì a colpirlo; altri poi salirono sulla torre e lo scaraventarono giù. Condussero quindi in aperta campagna, sulla strada per Heilhronn, il nobile e illustrissimo conte di Helfenstein, a quel tempo balivo, e con lui tredici nobili, tra i quali c’erano Rudolf von Eltershofen e Pleickhart von Ruchzingen. Qui fecero un cerchio e costrinsero nobili e cavalieri con tutti i loro servi, in tutto 24 persone, a passare sotto un giogo. Il conte offrì di pagare loro una grande quantità di denaro, se lo avessero lasciato in vita, ma non servì a niente, se non a morire. E quando il conte se ne rese conto, non disse più nemmeno una parola, finché non lo trucidarono. Rudolf von Eltershofen si fece il segno della croce e andò serenamente incontro alla morte. E così i contadini hanno mandato costoro sotto il giogo contro tutte le norme della guerra; poi li hanno svestiti e li hanno lasciati così. Dio onnipotente abbia pietà di loro e di noi. Dopo aver fatto tutto questo, hanno incendiato il castello e se ne sono andati quindi in direzione di Würzburg. Il panico serpeggiava ovunque, le città passavano una dopo l’altra dalla parte dei rivoltosi, signori laici ed ecclesistici abbandonavano precipitosamente i loro possedimenti. A mantenere la calma e ad organizzare la controffensiva furono i principi territoriali, tanto cattolici quanto protestanti, a sud si organizzarono nella Lega Sveva, a nord si unirono i principati più grossi il duca Giorgio di Sassonia, il Palatinato, i principati vescovili di Treviri e Magonza l’Assia, ingaggiando eserciti mercenari. Ovunque le schiere dei contadini si scontrarono con gli eserciti dei principi, subirono ripetute sconfitte, lo scontro finale avvenne a Frankenhausen in Franconia nel maggio del 1525, 6000 contadini alla cui testa si era messo Tohmas Müntzer si scontrarono con le truppe del duca Giorgino e quelle dell’Assia, 5000 contadini vennero uccisi e 600 presi prigionieri. Ma non fu la sola strage di contadini, in ogni regione la rivolta venne repressa nel sangue. Già nella primavera del 1525 la rivolta poteva dirsi domata. Solo in Tirolo, con la guida di Michael Gaismair, che si dimostrò un abile comandante militare, la rivolta proseguì sino al 1526 Ai signori non bastò però la vittoria militare e il massacro che ne seguì, troppo grande era stata la paura di fronte alle schiere dei contadini e non persero l’occasione per vendicarsi di quanti avevano osato impugnare le armi, prerogativa che era solo dei nobili. Ecco una cronaca di quanto succedeva nei giorni e nei mesi successivi alla fine della rivolta.3 Nel giorno di San Pietro e San Paolo furono saccheggiati due villaggi nelle vicinanze di Rothenburg, Breitenau e Ohrenbach; furono resi terra bruciata e numerosi contadini vennero uccisi. Nel giorno della visita di Maria, il 2 luglio, il margravio si recò con i suoi 30 CINQUECENTO 86 85. Miniera, disegno, 1480 ca. 86. Poveri elemosinanti in città, Petrarca Meisters, 1520. 87. Contadini sulla via del mercato, incisione su rame, M. Schongauer fine XV sec. 87 88 88. Presa di Boxenberg da parte della Lega Sveva, incisione su legno, 1523. 89. Salita al Calvario, Pieter Bruegel il Vecchio, 1564 (particolare). 90. Il suicidio di Saul, Pieter Bruegel il Vecchio, 1562. 91. Decapitazione di minatori presso Innsbruck, miniatura, D. Schillig, 1513. 89 90 soldati da Rothenburg a Blaufelden, dove costrinse i contadini a giurargli fedeltà assoluta; ne prese poi sei o sette, li fece portare legati verso Crailsheim e ne decapitò lì quattro il giorno dopo. Da Crailshelm andò poi a Feuchtwangen e lì fece decapitare il 4 luglio un monaco che aveva officiato la messa nel convento di suore a Sulz e che aveva scritto per i contadini in rivolta alcune lettere, ecc. Costui era peraltro un uomo dotto nella Scrittura che era anche andato sul campo di battaglia ad ammonire e pregare molto cristianamente; e quando fu decapitato la sua testa cadde sull’erba e rimase diritta, aprendo tre volte la bocca come se gridasse «JESUS». Da Feuchtwangen il margravio andò infine di nuovo a Ansbach, qui la guerra ebbe un momento di pausa e i soldati furono messi in libertà. Poco dopo egli andò sulle montagne [della Franconia] per domare la ribellione anche in questi luoghi. Mastro Augustin, il boia del margravio, come risulta dalle sue spiegazioni nella supplica al margravio, dimostra che egli in questa spedizione ha decapitato nell’insieme 80 persone, delle quali in particolare: 1 a Neuhof, 1 a Erlbach, 10 a Ipsheim, 3 a Ansbach, 6 a Leutershausen, 9 a Kitzingen, 2 a Höchstadt, 18 a Neustadt, sulle rive del fiume Aisch, 25 a Rothenburg sul fiume Tauber, tra i quali c’erano 2 sudditi del cavaliere Ludwig von Hutten, 4 a Crailsheim, 1 a Feuchtwangen; per un totale di 80. A 7 ha tagliato le dita a Leutershausen, a 62 a Kitzingen ha cavato gli occhi. Come risulta dalla sua supplica, gli è stato promesso sulla testa di ognuno di quelli decapitati con la spada 1 fiorino; su quelli ai quali aveva tagliato le dita e cavato gli occhi mezzo fiorino. La somma totale perciò è: 80 decapitati a 69 dei quali sono stati cavati gli occhi e tagliate le dita, fiorini 114 e 2 centesimi. Da questi si devono detrarre: 10 fiorini, ricevuti dai cittadini di Rothenburg; 2 fiorini, ricevuti da Ludwig von Hutten; resto: 102 fiorini A questi si devono aggiungere 2 mesi di soldo; per ogni mese 8 fiorini = 16 fiorini, Facit: 118 fiorini e 2 centesimi. Augustin, boia, che gli abitanti di Kitzingen chia91 mano mastro Awe. CINQUECENTO 31 91b Cause della guerra contadina Il comunalismo Il comunalismo è un concetto utilizzato per indicare quei comuni che potevano contare su uno statuto, e che disponevano di un tribunale e delle competenze in materia penale. Di conseguenza - coloro che erano investiti di pubbliche funzioni tanto nelle città quanto nei paesi, si sentivano rappresentati dei loro comuni - i poteri politici esercitati non erano poteri delegati dal signore territoriale - tutti gli artigiani e i contadini del comune godevano dei medesimi diritti Città e villaggi, che rientrano nella categoria comunale, sono antifeudali. Il comunalismo è una categoria che si rivela utile per la descrizione della società tra XIV e XIX secolo e all’interno di un territorio circoscritto a quello che è un terzo del regno di Massimiliano I e che va dalla confederazione elvetica sino alla selva di Turingia Il comunalismo conosce la sua nascita tra XIII e XIV secolo, in questo periodo il cosiddetto terzo Stato, conobbe nelle città un nuovo sistema di relazioni, e nei comuni una nuova forma di ordinamento sociale. E’ soprattutto nel XIV secolo che nobili signori laici ed ecclesiastici permisero il comunalismo, trasferendo ai comuni le loro competenze politiche. Lo sviluppo del comune deriva dalla relativa autonomia economica raggiunta dai contadini e artigiani nel tardo medioevo, ma se fino alla fine del XV secolo rivolte cittadine e lotte di corporazioni sono il sintomo della lotta delle città per ampliare i propri diritti a scapito dei signori territoriali o meno, nel corso del XV secolo queste lotte si trasformarono da offensive in difensive per difendere le proprie competenze amministrative e giurisdizionali. 91a. Sfortuna e sofferenza, 1480 ca. 91b. Contadini torturati e giustiziati, incisione su legno 1507. 91c. La sala delle torture, Bamberga 1507. Secondo le più recenti tendenze storiografiche, rappresentate dallo storico Peter Blickle,4 le cause della guerra contadina sono da ricercarsi in un insieme di fattori economici, politici, religiosi e giuridici che si possono descrivere attraverso una formula:5 pressione + tensione + aspettative economica sociale politiche disposizione = bisogno di legittimazione all’insurrezione La disposizione all’insurrezione è un elemento che ha un relazione diretta con gli elementi al nominatore, e una relazione indiretta con il bisogno di legittimazione, che è l’elemento più importante della formula. Più è grande il bisogno di legittimazione, minore sarà la disposizione all’insurrezione. Nel XV secolo la nobiltà tedesca iniziò in Alta Svevia un processo di rifeudalizzazione limitando la mobilità dei contadini, e convertendo la dipendenza oggettiva in un legame di proprietà della persona. I fattori che portarono ad un inasprimento 91a della signoria personale, sono da ricercarsi nella crisi agraria del tardo medioevo, seguita alla grande peste del 1348. La decimazione della popolazione aveva provocato il crollo dei prezzi dei cereali, e di conseguenza della rendita dei signori territoriali. Nelle città venne a mancare la forza lavoro che produsse di contro un aumento dei salari. Per i contadini rimasti in campagna la prospettiva di abbandonare il lavoro dei campi per dedicarsi all’artigianato deve essere stata molto attraente, tanto che la fuga dalle campagne assunse dimensioni ragguardevoli.6 Per evitare lo spopolamento delle campagne i signori non poterono far altro che inasprire la signoria personale. La crisi agraria e le contromisure prese, favorirono il 32 CINQUECENTO 91c 92 92. Contadino con la bandiera del Bundschuh, incisione su legno 1502. 92a. Il Bundschuh sulla lancia di un cavaliere, incisione su legno 1502. 93. Il carro di fieno, Hieronimus Bosh, XVI sec. 94. I ceti della società: contadini, miniatura, Jean Bourdicchon, inizio XVI sec. 92a processo di territorializzazione, che comportò anche un ampliamento della proprietà dei signori in seguito alla richiesta di un terzo dell’eredità, che dall’altro lato impoverì sempre più i contadini. Il contadino che viveva all’interno di una giurisdizione signorile non era più un libero proprietario della terra, non poteva fare libero testamento e quindi trasmettere ad altri le sue terre e subì inoltre una progressiva spoliazione della sua libertà personale, la sua stessa persona divenne soggetta a una serie di vincoli , di prestazioni d’opera servili. Il contadino non poteva più emigrare, stava prendendo corpo in forma giuridica e istituzionale il vincolo del colono alla terra; il fenomeno avvenne soprattutto a nord ma subì un’accelerazione in Svevia, Franconia e Turingia. I signori introdussero nuove forme di diritto: il diritto romano, un diritto codificato, rispetto all’antica consuetudine, un diritto che era estraneo ai contadini, che questi non capiscono. Il diritto romano è basato su un principio fondamentale: il principe non è vincolato alle leggi in quanto è lui stesso a crearle. Il diritto 93 romano dà ai signori territoriali nuove prerogative: il diritto di stabilire leggi e a livello più alto, di definire le norme base per le quali doveva essere governato lo stato. All’inizio del XVI secolo la condizione della popolazione rurale si era così degradata da provocare dei conflitti sociali, uno interno ai villaggi tra contadini possessori di terra e quanti invece terra non ne possedevano e traevano il loro sostentamento dal lavoro nel fondo del signore; un secondo conflitto si andava invece profilando tra signori e comunità rurali, tra autorità e sudditi. Nelle città si era andata formando un oligarchia che impediva l’accesso alle cariche politiche a chiunque non ne facesse parte, la crisi economica si faceva sentire tra gli artigiani delle città. La situazione tra Quattro e Cinquecento era tale da provocare rivolte e sollevazioni varie, che potevano avere però solo un carattere locale perché basate sull’antica consuetudine. Il diritto con cui i sudditi si contrapponevano ai signori era basato sul diritto consuetudinario, sulla tradizione, che era prevalentemente orale e che permetteva solo una dialettica tra la comunità e il suo signore immediato. Nonostante questo limite i successi riportati contribuirono ad accentuare la consapevolezza politica dei contadini. Numerosi furono i moti insurrezionali, a partire dal 1444 in Alsazia si formano anche leghe fra le comunità contadine come la lega dello scarpone Bundschu, un simbolo che si diffonde anche in altre aree in Renania, a Spira, e animerà grandi rivolte contadine nel 1502, 1513, 1517, e si diffonderà nella Germania orientale in Assia e Hannover. Le leghe che si formano avevano un programma di rivendicazioni antisignorile 94 ben definito. Chiedevano: CINQUECENTO 33 - la restituzione dei demani, delle terre collettive, dei boschi, dei pascoli e delle acque; questi beni devono essere di proprietà dei comuni e non dei margravi o dei vescovi; - l’abolizione delle opere e dei censi feudali: i signori non devono più riscuotere diritti di passo sul ponte del borgo o diritti funerari, matrimoniali e sui battesimi; - l’abolizione dei diritti ecclesiastici, che sono diritti giurisdizionali. L’antica consuetudine non era però un elemento sufficiente a risolvere la conflittualità sociale che si era andata profilando agli inizi del 1500. Tra autorità, il signore territoriale, il consiglio cittadino e i sudditi, gli uomini comuni, la tradizione può permettere al massimo rivendicazioni locali. Per superare i problemi dell’antica consuetudine e il localismo che ne derivava era necessario disporre di una “nuova forma di diritto”. Il nuovo diritto fu trovato nel diritto 96 95. Un povero taglialegna nella sua baracca, PetrarcaMeisters1519/20. 96. Combattimento tra Carevale e Quaresima, Pieter Bruegel, 1559 (particolare). 97. Combattimento tra Carevale e Quaresima, Pieter Bruegel, 1559 (particolare). 95 divino, la cui fonte era la Bibbia, il diritto divino dette ai contadini la legittimazione necessaria all’insurrezione. Il diritto divino si rese disponibile in seguito alla Riforma di Lutero e alla traduzione della Bibbia che metteva le Sacre Scritture alla portata di tutti attraverso la lettura o attraverso i predicatori riformati, e consentì all’uomo comune di portare avanti le proprie rivendicazioni sulla base della Bibbia. Le tre schiere dei contadini si ritrovano nella città di Memmingen dove vennero elaborati i 12 articoli. I 12 articoli costituiscono il manifesto della guerra contadina, sono la sintesi delle centinaia di gravamina presentati dalle comunità contadine. La novità importante è che le rivendicazioni sono inquadrate dentro un nuovo principio di legittimazione, il diritto divino, mentre fino allora ci si era basati sull’antica consuetudine, che però non consentiva un collegamento tra i contadini perché il diritto consuetudinario è variabile, mentre il diritto divino è valido ovunque. Molto significativo il dodicesimo articolo dove si afferma che “se uno o più di questi articoli non risulta conforme alla parola di Dio potete considerarlo non valido.” In questa situazione esplosiva si venne ad innestare la predicazione riformata, “e se ogni credente, anche il contadino, aveva diritto di formarsi una convinzione in base alla sua personale lettura della Bibbia, perché non aveva il diritto di giudicare anche delle cose civili secondo il proprio criterio e in base alla scrittura?” Il contadino si è destato “era la parola d’ordine di molti fogli ad uso del popolo”7 E’ il ricorso al diritto divino che permette uno sviluppo tanto ampio della rivolta e che terrorizza i signori territoriali, tanto cattolici quanto protestanti, che si impegneranno a fondo nella repressione del movimento. 34 CINQUECENTO 97 Il suo carattere di movimento di massa, la sua carica eversiva mirante a rivoltare l’ordine esistente, il ricorso alla Bibbia come fonte di diritto, gli aspetti millenaristici che l’hanno accompagnata hanno portato molto spesso a leggere quelli eventi in chiave fortemente ideologica. A questo punto è però necessario fare luce su di un punto importante nella nostra narrazione: bisogna chiarire i rapporti tra la Riforma, Lutero e la guerra contadina. La Riforma 98 98. Autodafè, incisione su legno, 1557. 99. Il tamburino Acker Concz e il portabandiera Klos Wuczer, incisione su rame 1544. 100. Distruzione di castel Uhl Berg, incisione su legno 1523. La riforma di Lutero prende l’avvio nel 1517 con la pubblicazione delle 95 tesi, Lutero però pensava ad una Riforma religiosa interiore non certo a spaccare la Chiesa, Lutero pensa alla salvezza dell’anima. Per questo bisognava tornare al Vangelo, unica fonte della religione, che doveva essere tradotto e messo in mano ai credenti, bisognava abolire le differenze tra sacerdoti e fedeli, non ci dovevano essere mediazioni tra Dio e i fedeli. Ciò che bisogna ribadire è che la posizione di Lutero è una posizione strettamente religiosa, a lui non interessavano le implicazioni politiche che potevano derivare dalla sua predicazione. A trarre le conseguenze delle sue posizioni sono altri: -la Chiesa che vedeva in Lutero un pericolo per la sua posizione dominante in Germania; -l’uomo comune, che vede in Lutero l’esegeta primo della Sacra Scrittura, colui che ha “fornito” la legittimazione per la rivoluzione; -i principi territoriali che vi vedono un modo per mettere le mani sui numerosi beni ecclesiastici. Lutero non ha alcuna comprensione per le rivendicazioni dei contadini, a lui non interessa nulla della giustizia terrena: il cristiano deve sopportare miseria, sofferenza e ingiustizia e deve obbedire al suo principe. Interessante a tal proposito è uno scritto di Lutero “contro i contadini che si son raccolti in bande di briganti e di assassini” in cui Lutero si fa sostenitore del principio di autorità. Non dobbiamo dimenticare, leggendo questa dura presa di posizione contro i contadini che lui era stato accusato di essere l’ispiratore della rivolta, mentre qui ribadisce la sua estraneità ai fatti, la lettura fuorviante che è stata fatta del Vangelo, e punta l’indice, pur senza nominarlo, contro Thomas Münzer “l’arcidiavolo di Mühlhausen”.8 Nel libretto precedente non ho osato esprime alcun giudizio sui contadini, perché essi si dichiaravano disposti ad accettare che si insegnasse loro ciò che è giusto e ciò che è meglio e perchè Cristo comanda di non giudicare (Matteo 7,1) Ma, quando meno me lo aspettavo, eccoli che passano all’azione e attaccano con il pugno, dimenticandosi delle loro affermazioni imperversano e saccheggiano, comportandosi come cani arrabbiati. Da questo si può capire che cosa avessero nella loro mente falsa e come fosse soltanto una grande menzogna tutto ciò che essi in nome del Vangelo hanno proclamato nei 12 articoli. In breve, è opera del demonio quello che fanno. E, in particolare, l’arcidiavolo è colui che governa a 100 99 CINQUECENTO 35 102 - A 101 Mühlhausen, istigando, nient’altro che alla rapina, all’assassinio e allo spargimento di sangue, [...] Tre orrendi peccati contro Dio e contro gli uomini pesano su questi contadini, e perciò essi si son meritati la morte del corpo e dell’anima già numerose volte. Per primo; essi hanno giurato fedeltà all’autorità, promettendo di essere obbedienti e sottomessi come Dio comanda, quando dice “Date a Cesare, quel che è di Cesare” e ognuno sia sottomesso all’autorità” (Rom. 13,1). Ma, poichè essi rompono intenzionalmente e delittuosamente questo giuramento d’obbedienza, ponendosi contro i loro signori, come usano fare i malviventi e i briganti che son infidi, menzogneri e ribelli, essi hanno ormai perduto anima e corpo. Perciò S. Paolo ‘(Rom. 13,2) esprime su di loro il seguente giudizio. “Chi oppone resistenza all’autorità verrà punito” Questa sentenza toccherà prima o poi anche ai contadini, poiché Dio pretende che vengano rispettati la fedeltà e il dovere. Secondo: Essi hanno provocato ribellione, hanno saccheggiato e rapinato con grande scelleratezza conventi e castelli che non appartenevano loro, meritandosi così senz’alcun dubbio la morte del corpo e dell’anima [...] Poiché la sedizione non è come un semplice assassinio, ma come un grande fuoco che infiamma e distrugge un intero paese. E quindi la D sedizione porta con sé un paese pieno di omicidi e di spargimenti di sangue fa vedove e orfani, distruggendo ogni cosa come la peggiore tra tutte le calamità. [...] Terzo: Essi giustificano col Vangelo questi orrendi e spaventosi peccati e, chiamandosi fratelli cristiani, fanno prestare giuramento di fedeltà, costringendo così la gente a stare dalla loro parte in questi misfatti. In questo modo essi diventano i più grandi bestemmiatori di Dio e i profanatori del suo sacro nome venerando e servendo così il diavolo sotto l’apparenza del Vangelo. Per questo motivo hanno meritato dieci volte la morte del corpo e dell’anima poichè io non ho mai sentito di un peccato peggiore di questo. [...] 36 CINQUECENTO B C 101. Propaganda protestante, xilografia Lucas Cranach ca. 1545. 102. A-I. Immagini dai dieci comandamenti, catechismo di P. Canisius (1560). E non serve affatto ai contadini andar dicendo che tutte le cose son state create libere e a disposizione di tutti (1 Mosè 1,1 - 31; 2,1 - 25); che tutti noi siamo stati battezzati; alla stessa maniera, poiché nel Nuovo Testamento Mosè non vale più e conta invece soltanto Cristo il nostro Maestro, il quale ci sottomette con il corpo e con i beni all’autorità di Cesare e del diritto secolare, dicendo; “Date a Cesare quel che è di Cesare” E così parla anche Paolo (Rom. 12) a tutti i cristiani battezzati: “Ognuno sia sottomesso all’autorità”. [...] E L’ottica di Riforma da cui partivano i contadini era quella Svizzera, era quella di Zwingli che sosteneva che nella Sacra Scrittura esistevano due cose: - i precetti di Dio per la salvezza spirituale; - le disposizioni per la convivenza civile. Zwingli teorizza il diritto alla resistenza contro l’autorità, Lutero sostiene il dovere dell’obbedienza, ma Zwingli è il prodotto della società svizzera, un mondo dove il potere era gestito in maniera completamente diversa che nel resto d’Europa. Che ci fosse una differenza tra Lutero e Zwingli, i contadini non lo sapevano, al contrario dei principi che per l’occasione misero da parte le loro differenze dottrinali, cattolici e protestanti si unirono per reprimere il movimento contadino, per sostenere il principio d’autorità -la lorocontro il diritto alla disobbedienza. Il fatto che insieme, principi cattolici e protestanti sconfiggessero il movimento contadino non significa che misero poi da parte i loro rispettivi rancori, dopo aver combattuto armi alla mano contro i contadini, continuarono la lotta ideologica a colpi di trattati. Ma cosa rappresentò questa “rivoluzione”? La “guerra contadina” rappresentò il tentativo di superare, sulla base del vangelo, la crisi del feudalesimo attraverso una trasformazione dei rapporti sociali e di potere. Ci troviamo in presenza di una crisi di trapasso che fu avvertita anche soggettivamente dai contemporanei. Questo periodo è caratterizzato dal fatto che è lo stato ad essere in discussione ad ogni livello, è contestato dall’interno dai ceti subalterni, ma anche i ceti dominanti ne rimettono in gioco aspetti centrali. Il passaggio dal medioevo all’età moderna, con la nascita dello stato moderno, è segnato da F 103 G 103. Gesù a dodici anni fra i dottori, Albrecht Dürer, 1506. CINQUECENTO 37 grandi rivoluzioni, oltre alla già citata 104 guerra contadina tedesca (1525-1526), dobbiamo considerare anche la rivoluzione delle comunidades di Castiglia (15201521), le cui analogie con la guerra contadina tedesca sono state e sono spesso dimenticate. I due eventi oltre alla vicinanza cronologica, hanno in comune altre caratteristiche: si sono scontrate con la medesima controparte: gli Asburgo e CarloV in particolare. Inoltre, in entrambi i casi, il protagonista è l’uomo comune, “che definisce quei gruppi sociali e professionali non privilegiati e perciò esclusi dalla gestione del potere politico, sia in città che in campagna”.9 Non è però nella natura delle rivolte che vanno viste le congruenze, la guerra contadina ha un carattere prevalentemente rurale mentre la rivolta dei comuneros è un episodio sostanzialmente cittadino, ma nell’obiettivo: la lotta allo stato territoriale, e in particolare ai ceti privilegiati che si ponevano come mediatori tra sudditi e autorità centrale.10 “I primi due decenni del Cinquecento furono un pessimo momento per i mediatori privilegiati del potere non meno che per i mediatori privilegiati della salvezza eterna, […] e proprio in questa direzione mi sembra sia da ricercarsi il nesso profondo fra rivoluzione politica e riforma religiosa agli albori dell’età moderna”.11 Oltre all’uomo comune troviamo un intera generazione di intellettuali che percepiscono l’atmosfera di libertà che si produce in questo periodo di mutamento. Erasmo, Macchiavelli, Tommaso Moro nelle loro opere metteranno in discussione i fondamenti ultimi dello stato. 104. Predica di Lutero, Lucas Cranach 1547. 105. Lutero giovane, Lucas Cranach. La storiografia sulla guerra contadina Il giudizio dei contemporanei sulla guerra contadina e sui suoi protagonisti La storiografia sulla guerra contadina, sotto forma di cronache o volantini, iniziò immediatamente dopo la loro sconfitta militare. La visione degli eventi era fortemente legata all’emozione suscitata per quanto era appena successo, avvenimenti che si erano rapidamente succeduti, a partire dalla Riforma di Lutero intesa come punto di partenza dei successivi rivolgimenti sociali. 105 La pubblicistica riguardò in particolare la figura di Thomas Münzer un predicatore riformato che si era messo alla testa dei contadini, con il suo progetto di realizzare il regno di Dio sulla terra. Non si prestò invece quasi nessuna attenzione alla cronaca della guerra, con la sconfitta la “guerra contadina” venne considerata un capitolo chiuso, mentre Münzer, con la sua utopia, continuò ad esercitare una notevole influenza anche dopo la sua morte, rappresentando sia per i cattolici che per i riformati una delle figure più pericolose della rivolta. Per i controversisti di parte cattolica Münzer era un discepolo di Lutero, colui che ne aveva proseguito l’opera, scrivevano di Münzer ma erano Lutero e l’intera Riforma che volevano colpire. Se Münzer era pericoloso, Lutero lo era ancor di 38 CINQUECENTO H I 106 106. Lutero come cornamusa del diavolo, caricatura del 1525. 107. Ritratto di Carlo V. 108. Il frate Johann Tetzel nell’atto di vendere indulgenze, caricatura del 1517. più perché la sua influenza si propagava sull’intera Germania, la sua immagine era legata a quella del diavolo: Solo il diavolo ha finora impedito all’Autorità di darti ciò che ti meriti, perché lui vuole attraverso Lutero guadagnare ancora più anime alle sua causa. Se così non fosse ti avrebbe annientato come è success a Thomas Münzer. Perché? Poiché tu hai causato al popolo mille volte più danni, 108 sovversioni e rivolte di Münzer. Perché? Perché Münzer ha agito solo in Turingia, tu invece hai sobillato tutte le regioni della nazione tedesca! Münzer ha detto e scritto ciò che può dire o scrivere un buffone o un folle, mentre tu sei molto più dotto e sai dare alla menzogna e alle idee sovversive una cornice migliore.12 Per i controversisti cattolici Münzer, Carlostadio, Pfeifer e altre importanti figure che avevavo avuto un ruolo di primo piano durante la rivolta erano “figli di Lutero”12 I controversisti riformati invece presero le distanze da Münzer per difendere la Riforma: Lutero lo odiava perché riconosceva in lui l’obiettivo di trasporre le conquiste della Riforma sul terreno sociale, e creare un nuovo ordine statale, Münzer non si poteva sconfiggere solo con le armi, ne andava distrutta anche l’immagine, doveva essere discreditato e diffamato. Per Lutero era Münzer l’incarnazione del diavolo, come lui lo era per i cattolici, e si diede da fare per divulgare questa leggenda in tutti i modi possibili, tanto che questo punto di vista rimase quello ufficiale fino alla rivoluzione francese.13 Il primo studio che ha riconosciuto alla guerra contadina il carattere di una lotta per la libertà è quello di Wilhelm Zimmermann, Die grosse deutsche Bauernkrieg pubblicato tra il 1841 e il 1843, e che da inizio ad un filone storiografico che è arrivato a contare centinaia di pubblicazioni. Friedrich Engels 107 Anche Engels si occupò delle vicende della guerra contadina, con uno scritto pubblicato nel 1850 nei numeri 5 e 6 della rivista “ Neue Rheinische Zeiutung. Politisch-ökonomische Revue”, pubblicata ad Amburgo da Karl Marx. Per quanto riguarda gli eventi egli si basò sulle ricostruzioni fatte da Zimmerman, ciò che più lo interessava era di verificare la teoria materialistica della storia: La mia esposizione, pur dando solo uno schizzo del corso storico della lotta, ha cercato di spiegare l’origine della guerra dei contadini, la posizione dei diversi partiti che scesero in lotta, le teorie politiche e religiose con le quali questi partiti cercarono di chiarire la loro posizione e infine l’esito della lotta stessa, come necessariamente derivanti dalle condizioni sociali storicamente esistenti in cui vivevano queste classi; così la costituzione politica tedesca di allora, le sollevazioni contro di essa, le teorie politiche e religiose dell’epoca non sono le cause, ma risultati del grado di sviluppo in cui si trovavano in Germania l’agricoltura, l’industria, le vie di comunicazione di terra e di acqua, il commercio delle merci e del denaro. Questa che è l’unica concezione materialistica della storia, non opera mia ma di Marx […] 14 CINQUECENTO 39 Le cause Per Engels le cause dalla guerra contadina sono da ricercarsi nella situazione economica e nella conseguente stratificazione sociale che ne era derivata. Tra XV e XVI secolo l’industria e il commercio avevano conosciuto un notevole sviluppo, pur non raggiungendo il livello di altri paesi europei, uno sviluppo che ebbe però una base fortemente regionale e che riguardò soprattutto le zone di grande traffico. Mentre in Inghilterra e in Francia lo sviluppo dell’industria e del commercio avevano fatto crescere interessi economici su tutto il territorio della nazione, favorendo in questo modo lo sviluppo del centralismo politico, in Germania lo sviluppo regionale ha portato allo sviluppo di interessi locali provocando uno smembramento politico: Il potere imperiale, dubitando perfino della propria posizione, oscillava incerto tra i diversi elementi che costituivano l’impero e perciò perdeva sempre più autorità […]lo stesso imperatore divenne sempre più un principe come gli altri. In queste condizioni la posizione delle classi tramandate dal medioevo mutò in modo essenziale, e accanto alle vecchie classi ne sorsero di nuove. Dall’alta nobiltà erano sorti i principi. Essi erano già quasi interamente indipendenti dall’imperatore ed erano in possesso della maggior parte dei diritti sovrani. Il bisogno di denaro del principe cresceva con l’estendersi del lusso e delle spese per il mantenimento della corte, con la costituzione di eserciti permanenti, con il costo crescente del governo. La pressione fiscale divenne sempre più aspra. Ma le città erano al riparo da essa per via dei loro privilegi. Cossichè tutto il peso fiscale ricadeva sulle spalle dei contadini.[…] Quando l’imposizione fiscale diretta non era sufficiente, interveniva l’indiretta, e le manovre più sporche e raffinate della tecnica finanziaria e monetaria furono usate per tappare i buchi del fisco.15. Questa nuova situazione politica ed economica portò con se nuove categorie sociali quindi nuovi rapporti e conflitti. Dalla gerarchia feudale del medioevo era quasi totalmente scomparsa la nobiltà media. Essa, o si era elevata alla posizione di indipendenza dei piccoli principi o era caduta nella schiera dei piccoli nobili. La piccola nobiltà, la cavalleria, andava incontro rapidamente alla sua dissociazione. Una gran parte di essa era già caduta in piena miseria e sopravviveva servendo i principi in uffici militari o civili.16 La piccola nobiltà, costituita dai cavalieri, a causa dei suoi problemi economici era in conflitto con tutti i ceti di cui era composta la società tedesca. Nelle città si erano andati formando tre stati: i patrizi, che controllavano il consiglio e tutti gli uffici cittadini; i borghesi, il ceto produttivo, che controllava le corporazioni ma non aveva nessuna voce in capitolo nell’amministrazione civica; e i plebei, i lavoratori a giornata, la massa degli abitanti delle città. Accanto ai plebei, all’ultimo posto della scala sociale c’era la gran parte della nazione: i contadini sulle cui spalle gravava tutto il peso della società. 17 I contadini si trovavano senza protezione giuridica di fronte alla violenza esercitata dalle autorità, laiche o religiose, la loro situazione è descritta da Engels come particolarmente difficile, nonostante ciò non sarebbero stati in grado di dare vita ad una rivoluzione, senza allearsi ad altri stati sociali, perché ormai “abituati” a vivere sottomessi: Malgrado gemessero sotto il terrore dell’oppressione, tuttavia non era facile portare i contadini all’insurrezione. La loro dispersione rendeva estremamente difficile ogni intesa comune. La lunga abitudine alla sottomissione, tramandata di generazione in generazione, in molti luoghi la desuetudine all’uso delle armi, la durezza dello sfruttamento che aumentava o diminuiva a seconda della persona del signore contribuivano a mantenere i contadini in uno stato di tranquillità. Perciò in Germania, noi troviamo nel medioevo un gran numero di insurrezioni locali di contadini, ma non troviamo, prima della guerra dei contadini, neanche una sola sollevazione generale dei contadini su scala nazionale. Inoltre, i contadini da soli non erano in condizione di fare una rivoluzione sino a quando stava di fronte a loro la forza organizzata dei principi, della nobiltà e delle città stretti in alleanza. Solo mediante una alleanza con le atre classi sociali essi potevano avere una possibilità di vittoria, ma come avrebbero potuto allearsi con altre classi se erano sfruttati da tutti in egual misura?18 40 CINQUECENTO 109 110 111 112 109. Forno di fusione, incisione su legno, G. Agricola 1556. All’inizio del ’500 si viene a creare una situazione favorevole ad un cambiamento rivoluzionario della situazione, anche ma non sufficiente a creare due partiti contrapposti:. Noi vediamo quindi, che sul principio del sedicesimo secolo i diversi ceti dell’impero – principi, nobiltà, prelati, patrizi, borghesi, plebei e contadini – costituivano una massa straordinariamente aggrovigliata, con i bisogni più diversi e che si intrecciavano in tutte le direzioni. Ogni ceto era di ostacolo all’altro ed era in uno stato di lotta continua, ora latente ora nascosta, con tutti gli altri. Quella divisione di tutta la nazione in due grandi campi, quale sussisteva in Francia precedentemente allo scoppio della prima rivoluzione, e che in un più alto grado di sviluppo esiste oggi nei paesi più progrediti, era in quelle circostanze assolutamente impossibile. Essa potè effettuarsi e solo approssimativamente allorquando lo strato infimo della nazione sfruttato da tutti gli altri ceti, i contadini e i plebei, si sollevò.19 Il raggruppamento dei ceti fu possibile solo dopo la diffusione di idee politico-rivoluzionarie a seguito della Riforma. I vari ceti si divisero in tre gruppi, quello cattolico-conservatore, quello luterano borghese-riformatore, e quello rivoluzionario. Quale fu il ruolo della Riforma in questo contesto? Anche la Riforma, se rappresentava lo sviluppo di idee nuove, nascondeva motivi economici. Anche nelle cosiddette guerre di religione del sedicesimo secolo si trattò anzitutto di interessi di classe molto concreti molto materiali, e queste guerre furono lotte di classe precisamente come i successivi conflitti interni in Inghilterra e in Francia. Se queste lotte di classe 110. Friedrich Engels. 114 111. Fabbro con maglio ad acqua, incisione su legno, Strassburg 1488. 112. Trittico della martire crocifissa, Hieronimus Bosch, XVI sec. 113. Viandante, olio su legno, Bosch 1488, particolare. 114. Movimenti di truppa in pianura, Albrecht Dürer, 1527. 113 portarono allora parole d’ordine religiose, se gli interessi, i bisogni, le aspirazioni delle singole classi si nascosero sotto una maschera religiosa, questo non altera per niente la sostanza della cosa e si spiega facilmente con le condizioni dell’epoca.20 La Riforma rappresentò il punto più alto della reazione alla società cristiana medioevale e al conseguente ordine politico: il feudalesimo. La guerra contadina rappresentò quindi un tentativo di superare i modi di produzione feudali, per arrivare ad una forma economica superiore. Se anche troviamo motivi religiosi nella rivoluzione, in realtà essi nascondono motivi economici e interessi di classe. L’opposizione rivoluzionaria contro la feudalità si svolge lungo tutto il medioevo. Essa si presenta a seconda delle circostanze, come mistica, come eresia apertamente dichiarata, come insurrezione armata.21 Lutero aveva messo tra le mani del movimento plebeo un’arma potente con la sua CINQUECENTO 41 traduzione della Bibbia egli aveva contrapposto al cristianesimo feudale il cristianesimo semplice dei primi secoli, alla società feudale in dissolvimento l’immagine di una società che ignorava la macchinosa ed artificiosa gerarchia feudale. E i contadini avevano usato quest’arma in tutte le direzioni, contro principi, nobiltà, preti.Ma ora Lutero la rivolse contro di loro e dalla Bibbia trasse un ditirambo sulla autorità stabilita da Dio, come nessun leccapiatti della monarchia assoluta aveva fatto sino ad allora. La sovranità per grazia di Dio, l’obbedienza passiva, e perfino la schiavitù fu sanzionata dalla Bibbia. Non solo la sollevazione dei contadini, ma perfino la ribellione di Lutero stesso contro l’autorità ecclesiastica e laica fu rinnegata; non solo il movimento popolare, ma anche il movimento borghese fu tradito a vantaggio dei principi.22 Per riuscire però la rivoluzione doveva partire dall’unione dei ceti bassi e medi contro le classi superiori, la “borghesia”, invece si alleò con la nobiltà e Lutero, che con la sua opera era visto come la figura guida del movimento da parte dei contadini, si alleò invece con i principi e, secondo Engels, assieme al ceto borghese, porta su di sé la responsabilità del fallimento della rivoluzione. Positivo invece il giudizio su T. Müntzer perché con il suo programma in cui vengono letti numerosi elementi di “comunismo ” riuscì ad organizzare il partito dei “plebei” 116 115. 116. 117. Immagini di vita rurale nella propaganda nazista in Germania,1935. Sangue e suolo: la guerra contadina nel III Reich Il partito Nazionalsocialista iniziò sin dal 1929/30 una massiccia attività di propaganda nelle campagne. Il terreno per la propaganda nazionalsocialista venne prepa115 randosi a partire dal 1924 quando la Germania dovette confrontarsi con la concorrenza internazionale dopo la riapertura alla Germania del mercato mondiale. Dopo il 1928 divenne sempre più difficile per i contadini accedere a forme di finanziamento, e si moltiplicarono i fallimenti. I contadini a partire dallo Schleswig-Holstein si organizzarono in un movimento che ben presto si diffuse a tutta la Germania settentrionale e si fece conoscere con azioni di protesta radicale accompagnate da attentati dinamitardi alle intendenze di finanza e a edifici amministrativi. Inizialmente il partito nazionalsocialista aveva preso le distanze dal movimento dei contadini, il nazionalsocialismo era un movimento piccolo borghese con scarsi rapporti nel mondo agrario, questo atteggiamento non durò a lungo, e appena divennero chiare le potenzialità che si celavano nella popolazione contadina il partito fu rapidissimo a far proprie le ragioni del movimento e a formulare un programma agrario affidandone la direzione a Richard Walter Darré.23 “Darrè24 più che promettere riforme pratiche offrì ai contadini premesse ideologiche. Das Bauerntum al Lebensquell der nordischen Rasse (Il ceto contadino come fonte di vita della razza nordica) era il titolo significativo di un suo libro del 1929. I contadini dovevano diventare di nuovo il primo ceto sociale in un futuro ordine nazionalsocialista e avere, in quanto ceto che «nutre la nazione» gli stessi diritti del «ceto che la difende»”.25 La crisi agraria fu per il partito nazionalsocialista un’ulteriore dimostrazione che lo “spazio vitale” era insufficiente e non permetteva di assicurare una produzione agricola sufficiente. La problematica dello “spazio vitale”, strettamente saldato con la teoria della razza, poteva trovare soluzione solo con una nuova colonizzazione delle regioni a est della Germania, con il conseguente spostamento della popolazione dalle città alle campagne, spostamento che avrebbe garantito la salvezza e lo sviluppo della razza tedesca. Se il movimento nazionalsocialista non aveva inizialmente considerato il mondo contadino, conteneva però al suo interno elementi di critica alla struttura sociale e all’urbanizzazione della società moderna” “L’avvilimento della razza nordica nelle grandi città, è un motivo sufficiente a causare una decadenza razziale del popolo tedesco” scriveva H. Himmler, il famigerato capo delle SS, così 42 CINQUECENTO 117 118 se si voleva difendere la razza nordica bisognava tornare alla terra, perché è dal ceto contadino che nasce il popolo tedesco, e nel 1931 dette vita all’interno delle SS, ad un «Ufficio per la razza e la colonizzazione» (Rasse und Siedlungshauptamt.) affidandone la direzione a Richard Walter Darré che fece del motto sangue e suolo la bandiera della sua azione politica. Sangue e suolo rappresentano per i germani un’unità organica, dove il sangue rappresenta la stirpe e il suolo il possesso della terra, ne consegue che loro caratteristica è di avere nelle campagne il loro ambiente naturale, mentre “le città sono il prodotto di una cultura estranea, quella romana, e sono luoghi dove si riproducono gli ebrei ” Alla luce di queste considerazioni, per Darré e il nazionalsocialismo la guerra contadina fu un evento importante nella storia del popolo tedesco in quanto era vista come una lotta, una netta ribellione dell’antico sentimento di libertà dei germani contro la penetrazione di elementi stranieri attuata attraverso l’introduzione di elementi di diritto estranei alla tradizione, in particolare il diritto romano.27 La successiva sconfitta dei contadini viene interpretata come la sconfitta dello spirito tedesco subita ad opera dell’ebraismo, ma si tratta di un tema poco trattato in quanto la sconfitta non si addiceva ad una razza vittoriosa come quella tedesca. La rivoluzione precapitalistica 118. Lenin. 119. Contadini in Unione Sovietica, fine anni ’20. 120. La guerra contadina, frontespizo di una canzone a stampa 1525. 119 Un’evoluzione della teoria materialistica della storia viene da Lenin, secondo Lenin, in base alle sue esperienze e riflessioni, non occorre aspettare il verificarsi delle ideali condizioni economiche che permettono il dispiegarsi dell’azione rivoluzionaria. I fattori soggettivi acquistano nella sua visione un ruolo centrale, a portare avanti l’azione rivoluzionaria non è più la maggioranza del proletariato, bensì un’avanguardia dello stesso. Al posto della rivoluzione fatta dalla maggioranza per la maggioranza, abbiamo la rivoluzione di una minoranza per la maggioranza, in questo modo il proletariato, da protagonista della storia, torna a svolgere il ruolo di soggetto. Gli studi sulla guerra contadina, studiata in base alla teoria marxista leninista della storia sono stati portati avanti negli anni ‘50 da storici russi, caposcuola di questi studi fu Moisé Smirin. In seguito all’evoluzione storica del periodo furono però gli storici della ex Germania Est, impegnata nella costruzione del socialismo, a proseguire e a sviluppare le ricerche in questo 120 campo. Gli storici della DDR erano chiamati a contrapporre alla storiografia reazionaria, antinazionale, cosmopolita ma anche europea della Germana Ovest, un quadro storico orientato in senso nazionale e progressivo della storia.28 La teoria marxista-leninista coniò per la guerra contadina, il concetto di rivoluzione pre-capitalistica, frühbürgerliche Revolution. “Rivoluzione pre-capitalista è una definizione scientificamente esatta per definire la forma precoce e non matura della rivoluzione borghese in Europa”, così M. Steinmetz aprì il dibattito svoltosi a Winingerode sulla rivoluzione pre-capitalistica.29 Le rivoluzioni borghesi sono quelle che superano le contraddizioni del feudalesimo, socialiste sono le rivoluzioni che superano il capitalismo. Nel XV secolo nascono forme di produzione capitalistica, a cui i signori feudali reagirono da un lato inasprendo le forme di dipendenza personale dei contadini, dall’altro usando le loro posizioni di privilegio per trarre dal capitalismo nascente un vantaggio economico. Le forme di produzione capitalistiche agirono anche sulla struttura di classe e sui rapporti tra classi, sempre maggiori divennero le differenze tra le poche famiglie ricche e la massa dei nullatenenti. Questi erano gli ostacoli che si opponevano allo sviluppo del capitalismo, ostacoCINQUECENTO 43 li che prima o poi andavano rimossi.30 La società si trovava in una situazione di conflitto che poteva essere risolta solo attraverso la via rivoluzionaria. La guerra contadina da un lato ha fallito, il movimento è stato sconfitto militarmente dai principi tedeschi, ma nella visone degli storici marxisti leninisti, compito delle rivoluzioni precapitalistiche non poteva essere che di trasformare una consapevolezza feudale in una consapevolezza rivoluzionaria e borghese. Sono valutate comunque positivamente in quanto poste all’inizio di un processo storico destinato al successo. Günther Franz Gli studi sulla guerra contadina di Günther Franz e in particolare il volume “Der deutsche Bauernkrieg” hanno rappresentato per quarant’anni il punto di vista occidentale sull’argomento, in contrapposizione con gli storici della ex Germania est. La pubblicazione del libro di Franz risale al 1933, libro che ha poi conosciuto altre undici edizioni. Tra la prima e la dodicesima sono state apportate solo poche modifiche, così infatti scrive nella prefazione dell’undicesima edizione, del 1977: Alla struttura e all’atteggiamento dell’opera nei decenni trascorsi non ho cambiato niente e nulla devo cambiare anche se riconosce che nuovi contributi sono venuti da lui stesso e da altri storici.31 La prima edizione del libro è stata pubblicata nel novembre del 1933, alcuni mesi dopo la presa di potere di Hitler, durante il terzo Reich videro la luce altre due edizioni, una nel 1939, l’altra nel 1942, in un clima politico non certamente sereno. Dobbiamo perciò chiederci quali rapporti ha l’opera di Franz con la teoria del sangue e suolo? I critici osservano che nel suo libro non ci sono parentele con l’ideologia nazionalsocialista, anche se lui personalmente era un membro delle SS. La sua opera, se ha visto la luce nel 1933, è però il frutto di anni di ricerche svolte nel periodo della repubblica di Weimar. Alcune variazioni, in senso nazionalsocialista le troviamo nella prefazione alla seconda e terza edizione così come nel capitolo relativo alle conseguenze della guerra contadina. Nella prefazione alla seconda edizione si legge: Solo oggi, alla fine della prima vittoriosa rivoluzione tedesca, il contadino ha raggiunto finalmente nel terzo Reich la posizione nella vita della nazione a cui aspirava 121 già nel 1525.32 Per quanto riguarda gli obiettivi della guerra contadina ne sottolineò il carattere di lotta per l’unità nazionale: e per un momento balenò la possibilità che alla nostra nazione fosse risparmiata la via più lunga verso lo stato territoriale dato che già nel 1525 avrebbe potuto realizzarsi la fondazione del Reich attraverso il popolo, che sarebbe stata ritentata nel 1848 e che solo ai giorni nostri è divenuta realtà.33 Queste frasi vennero semplicemente tolte dalle edizioni successive, dove sono sostituite con dei puntini fra parentesi, mentre di più difficile interpretazione il risalto dato agli aspetti mistici del diritto per i Germani: 44 CINQUECENTO 122 121. Trittico dell’Epifania, Hieronimus Bosch, 1510 (particolare). 122. Soldati in marcia, incisione su legno di Hans Burgkmair, 1512/16. 123. Cristo portacroce, Hieronimus Bosch, 1516. 123 L’opinione germanica sul diritto si è mantenuta inalterata nei contadini tedeschi. Per i germani il diritto era una parte dell’ordine di Dio, stabilito da Dio o dagli dei. Questo diritto era anche superiore allo stato, nessun re né principe poteva creare nuovo diritto.34 Questi aspetti della sua opera devono, secondo alcuni critici essere letti nello spirito del tempo, e non visti in relazione con l’ideologia nazionalsocialista, l’impressione è tuttavia che questa tematica sia a tutt’oggi poco e superficialmente indagata, “tra gli specialisti l’opera di Franz era considerata un’ottima fonte d’informazione perchè accettata anche dagli storici marxisti”. Fattore determinate per lo scoppio della guerra contadina è per Franz, la formazione dello stato territoriale e la conseguente introduzione di un diritto codificato, che doveva valere senza eccezioni per l’intero territorio: il diritto romano. Le numerose sollevazioni contadine del tardo medioevo erano rivolte contro l’introduzione del diritto romano, il volto con cui si presentava il nuovo stato, perché era sentito come un corpo estraneo, come una minaccia alle antiche consuetudini e delle loro libertà. Nella sua ricostruzione i fattori economici rimangono sullo sfondo, la situazione dei contadini nei secoli passati è una problematica sulla quale non possiamo fare chiarezza molti fatti non possono oggi più venire esaminati: indebitamento, reddito fondiario, la situazione del mercato e il minimo vitale.35 Per Franz la guerra contadina è sostanzialmente un confronto tra il diritto popolare e quello introdotto dalle autorità. La Riforma, quale causa scatenate il conflitto ha un ruolo minimale, confrontando le richieste dei contadini del 1525 si nota che ricalcano quelle che troviamo anche nei conflitti precedenti. La Riforma ha fornito un nuovo “strumentario”, la Bibbia tradotta ha finito col diventare fonte di diritto, l’unica autorità riconosciuta. Conseguenze della guerra contadina: La lotta tra la richiesta d’ autonomia dei contadini e il centralismo dei principi venne definitivamente risolta dalla sconfitta dei contadini. Con la sconfitta il contadino uscì per tre secoli dalla storia del nostro popolo senza giocare più nessun ruolo politico.36 124 124. Fienagione, Pieter Bruegel il Vecchio, 1510 (particolare). 126 125. Contadini in armi, 1530. 126. Contadini sconfitti, XVI sec. 125 Note 1 BLICKLE P., Die Revolution von 15250, München 1993, terza edizione ampliata, pp. 2-22. EILERT H., Riforma protestante e rivoluzione sociale, Milano 1988 p. 155. 3 Il documento racconta le iniziative intraprese dal Margravio Casimiro dopo la sconfitta dei contadini a Frankenhausen nel maggio del 1525, in EILERT H., 1988 p. 177. 4 L’esposizione di Peter Blickle è da leggersi all’interno di quella che è la teoria del comunalismo, da lui stesso sviluppata. E’ una teoria che è valida per l’area tedesca dove la città e il comune aveva conosciuto uno sviluppo diverso da quello italiano. In BLICKLE P., Kommunalismus Begrifsbildung in Heuristischer Absicht. in „Historische Zeitschrift“, supplemento13, Oldenburg 1991, pp.: 5-38. 5 BLICKLE P., 1993 p. 143. 6 Ivi p. 46. 7 RITTER G., La formazione dell’Europa moderna, Roma-Bari 1997, 19501 , p. 178. 8 EILERT H, 1988 p. 167-170. 2 CINQUECENTO 45 9 POLITI G., Gli statuti impossibili. La rivoluzione tirolese del 1525 e il “programma” di Michael Gaismair, Torino 1995, p. XIII. 10 Ivi, p. XV. 11 Ivi, p. XV. 12 Così scriveva Johannes Cochaelus nel trattatello: Wieder die Reuberische und Mörderischen rotten der Bauern, die unter dem Schein des heiligen Evangelium felsischen wieder alle Oberkeit sich setzen und empören., in STEINMETZ M, Das Müntzerbild von Martin Luther bis Friedrich Engels. Berlin 1971, p. 103. 13 Cfr. STEINMETZ M., Das Müntzerbild von Martin Luther bis Friedrich Engels. Berlin 1971. 14 ENGELS F., La guerra dei contadini in Germania, Roma 1976 p. 10 [trad. it de: Der deutsche Bauernkrieg. Berlin, 1970 (9), 1851 (1)]. L’opera completa di Marx e Engels può anche essere liberamente consultata tramite internet all’indirizzo: http:// www.mlwerke.de/me/index.htm in tedesco, o all’indirizzo http:// cfs.colorado.edu/mirrors/ marxists.org/archive/marx/works/ in inglese. 15 Ivi, pp. 34-35. 16 Ivi, p. 36. 17 Ivi, p. 40. 18 Ivi, p. 46. 19 Ivi, pp. 46-47. 20 Ivi, p. 49. 21 Ivi, p. 50. 22 Ivi, p. 61. 23 cfr. BROSZART, M., Die Machtergreifung, München 1984, p. 99 sg. 24 Darré, Richard Walter, Belgrano, Argentina 1895 – Monaco 1953, responsabile della politica agraria della NSDAP. Nel 1930 formulò il primo programma agrario del partito. 1931 a capo dell’ufficio “razza e colonizzazione“ delle SS, nonché a capo dell’ufficio per la politica agraria del Reich. 1933 ministro dei rifornimenti e dell’agricoltura. 25 Thamer H.U., Il terzo Reich. La Germania dal 1933 al 1945, Bologna 1993. 26 DARRÉ R. W., Um Blut und Boden. München 1941 p. 17. 27 Ivi, p. 218. 28 FOSCHEPOTH J., Reformation und Bauernkrieg im Geschichtbild der DDR. Zur Methodologie eines gewandelten Geschichtverständnisses. Berlin 1976, p. 124. 29 Ivi, p. 53. 30 VOGLER, G., Die Gewalt soll gegeben werden dem gemeinen Volk. Berlin 1975, p. 11. 31 FRANZ, G., Der deutsche Bauernkrieg, Darmstadt 1977, p. I. 32 FRANZ, G., Der deutsche Bauernkrieg, München 1939, p. I. 33 Ivi, p. II. 34 Ivi, 1939 p. 1, 1977 p. 1. 35 Così Günther Franz nella prefazione dalla 1a alla 11a edizione. 36 FRANZ G., Der deutsche Bauernkrieg, Darmstadt 1977, p. 299. Per saperne di più BLICKLE, Peter: Die Revolution von 15250, München 1993, terza ed. ampliata. BLICKLE P., BUSZELLO H., ENDRES R., Der deutsche Bauernkrieg, Paderborn 1991. ENGELS F., La guerra dei contadini in Germania, Roma 1976. FOSCHEPOTH, Josef: Reformation und Bauernkrieg im Geschichtbild der DDR. Zur Methodologie eines gewandelten Geschichtverständnisses. Berlin 1976. FRANZ G., Der deutsche Bauernkrieg. 1. Auflage, München 1933. FRANZ G., Der deutsche Bauernkrieg, Darmstadt 1977. JUNGHANS, R., Das Thomas -Müntzer Rezeption während des “Dritten Reiches“ Frankfurt 1990. VOGLER G., Die Gewalt soll gegeben werden dem gemeinen Volk. Berlin 1975. WINTERHAGER F., Bauernkriegforschung. Darmstadt, 1981. ZIMMERMANN W., Die grosse deutsche Bauernkrieg, Berlin 1993, 1841-43. 127 127. Contadini in armi, XVI sec. 46 CINQUECENTO I DOCUMENTI DELLA GUERRA CONTADINA In: EILERT H. (a cura di), Riforma protestante e rivoluzione sociale. Testi della guerra dei contadini tedeschi, Milano 1988, traduzione di H. Eilert e I. M. Battafarano. “I DODICI ARTICOLI” Al lettore cristiano la pace e la grazia di Gli anticristiani Dio in Cristo. Ci sono molti anticristiani che in questi tempi, a causa delle assemblee contadine, colgono l’occasione per I frutti della nuova offendere il Vangelo, dicendo che quepredicazione sti sarebbero i frutti della nuova evangelica predicazione: nessuno obbedisce più, dovunque ci sono sollevazioni e ribellioni e si corre con tutte le armi a formare delle schiere, a radunarsi, a riformare, a scacciare, anzi forse addirittura ad ammazzare l’autorità, sia quella ecclesiastica sia quella laica. A tutti queRisposta sti giudici empi e scellerati rispondono degli articoli gli articoli, trascritti qui di seguito innanzitutto per controbattere questa infamia della parola di Dio e poi per giustificare cristianamente la Giustificazione degli disobbedienza, anzi la ribellione di tutarticoli ti i contadini. Per prima cosa il Vangelo non è causa di rivolta e di ribellione, bensì parola di Cristo, il Messia, la cui voce e la cui vita non insegna altro che amore, pace, Romani I pazienza e concordia. Per questo motivo tutti coloro che credono in questo Cristo devono essere pronti all’amore, pacifici, pazienti e concordi. E così il senso di tutti gli articoli dei contadini (come risulterà chiaro in seguito) va in quest’unica direzione: ascoltare il Vangelo e vivere conforme ad esso. Come possono allora gli anticristiani ritenere il Vangelo causa di ribellione e di disobbedienza? Che però parecchi anticristiani e molti nemici del Vangelo si rivoltino contro una simile intenzione e contro questo desiderio non ha la sua causa nel Vangelo, bensì nel demonio, il più pericoloso nemico del Vangelo. E lui che provoca nei suoi miscredenti seguaci queste convinzioni, affinché venga sopraffatta e dispersa la parola di Dio la quale insegna amore, pace e concordia. In secondo luogo ne consegue molto chiaramente che i contadini, i quali nei loro articoli aspirano ad avere il Vangelo come dottrina e a vivere conforme ad esso, non possono essere chiamati disobbedienti Romani II e ribelli. Se però Dio vuole prestare Isaia 40 ascolto ai contadini (i quali chiamano timoratamente a vivere secondo la Sua Romani 8 parola) chi vorrà allora biasimare la volontà di Dio? Chi avrà da ridire sul Suo giudizio? O, meglio, chi vorrà contrastare la Sua maestà? Non ha Egli forse ascoltato e liberato dalla mano del faraone i figli d’Israele che lo implora- vano? E non può Egli fors’anche oggi salvare i Suoi? Sì, Egli li salverà. E ciò Luca 18 avverrà tra breve. Perciò lettore cristiano, leggi i seguenti articoli con attenzione e poi giudica. Questi sono gli articoli 1 Timoteo 3 Tito 1 5 Mosè 17 2 Mosè 31 5 Mosè 10 Giovanni 6 Galati 2 Come dice tutta la lettera agli Ebrei Salmo 110 1 Mosè 14 5 Mosè 18 e 12 5 Mosè 25 1 Timoteo 5 Articolo primo. Per prima cosa avanziamo umilmente la preghiera e la richiesta, essendo questa la nostra opinione e volontà, che d’ora in poi l’intera comunità possa esercitare il potere e il diritto di scegliere e di nominare direttamente il suo parroco; che la stessa comunità abbia inoltre il potere di destituirlo, se questi non si dovesse comportare adeguatamente. Il parroco scelto deve predicarci il sacro Vangelo, senza aggiunte umane e senza insegnamenti e obblighi ad esso estranei. Poiché se ci viene insegnata sempre e soltanto la vera fede, allora avremo un fondamento per pregare Dio, affinché ci conceda la grazia di darci la vera fede e di rafforzarla in noi. Infatti, se non si viene a formare in noi la grazia divina, continueremo a essere soltanto carne e sangue, ciò che non ci è affatto utile, com’è scritto chiaramente nella Bibbia, e cioè che noi possiamo arrivare a Dio soltanto attraverso la vera fede e possiamo salvarci soltanto attraverso la Sua misericordia. A questo scopo ci è necessario un tale parroco e maestro, e in questa forma trova giustificazione nella Scrittura. Articolo secondo. Sebbene la decima reale ci sia stata imposta col Vecchio Testamento e abolita completamente con il Nuovo, pure siamo disposti a dare di buon grado la decima sul grano, come è consuetudine. Essa la si offre a Dio e ai Suoi; sarebbe perciò giusto darla anche al parroco che predica con chiarezza la parola di Dio. Dichiariamo perciò nostra volontà che, d’ora in poi questa decima venga raccolta dai membri del presbiterio scelto dalla nostra comunità, e lasciato al parroco, scelto da tutta la comunità, quanto basta per un sufficiente e adeguato sostentamento suo e dei suoi, secondo quanto stabilito da tutta la comunità. Ciò che rimane si deve dividerlo tra i poveri del paese a seconda dei loro bisogni e secondo la decisione della comunità. Quello che dovesse ancora rimanere, sarà conservato e utilizzato per una eventuale difesa della regione. Per non imporre una taglia a carico della povera gente, si CINQUECENTO 47 I Corinti 9 userà l’avanzo a questo scopo. Inoltre, se si verificasse che uno o più villaggi, spinti dal bisogno, abbiano venduto in Un’offerta cristiana passato il diritto di riscossione della decima, e se gli attuali possessori lo possano dimostrare in modo incontrovertibile, allora non si dovrà espropriarli subito, ma sì dovrà invece cercare di addivenire a un accordo giusto e adeguato, che riporti, col tempo, la deLuca 6 cima nelle mani della comunità. Verso Matteo 5 chi invece non ha affatto acquistato la decima da un villaggio, ma l’ha soltanto ereditata dal suoi antenati, non vogliamo, non dobbiamo e non siamo debitori di niente. Come abbiamo ricordato prima, in questo caso la decima servirà soltanto al sostentamento del parroco scelto da noi, mentre il resto sarà conservato o diviso tra i bisognosi Non si deve prendere secondo quanto risulta dalla Scrittura. niente a nessuno Tutto questo vale sia se i presunti possessori sono laici sia se sono ecclesiastici. La piccola decima non la vogliamo dare, poiché Dio, il Signore, ha creato 1 Mosè 1 gli animali liberi per l’uomo e perciò consideriamo questa decima illegittima, come qualcosa inventata dagli uomini. Perciò non la vogliamo più dare. Isaia 53 Articolo terzo. Finora è stata consuetudine quella di considerarci proprie1 Pietro 1 tà personale del signore, cosa riprovevole, se si pensa che Cristo, col Suo sangue prezioso, ci ha riscattato e redento tutti, il pastore allo stesso modo del signore, senza fare nessuna eccezione. E 1 Corinti 7 così si ricava dalla Scrittura che siamo Romani 13 liberi e che dobbiamo esserlo. Non che Sapienza 6 vogliamo essere liberi del tutto, che 1 Pietro 2 non vogliamo riconoscere nessuna autorità al di sopra di noi, poiché questo Dio non ce lo insegna. Noi dobbiamo 5 Mosè 6 vivere secondo la legge e non seguire Matteo 4 liberamente solo la volontà e i desideLuca 4 ri della carne, ma amare Dio, riconoLuca 6 scerlo come nostro Signore nel nostro Matteo 5 prossimo e fare tutto ciò che vorremGiovanni 13 mo fosse fatto a noi. Questo ha detto Dio durante l’ultima cena, quando ha esposto le sue ultime volontà. Perciò dobbiamo vivere secondo il Suo comandamento, poiché esso ci mostra e ci insegna che dobbiamo obbedire alRomani 13 l’autorità, sebbene non soltanto ad essa, ma dobbiamo comportarci umilAtti 5 mente con tutti. E perciò anche nel confronti dell’autorità scelta e di quella imposta [da Dio], verso la quale dobbiamo essere ben disposti e obbedire volentieri in tutte le questioni tempoUn’offerta rali e in tutte quelle cristiane. Non ducristiana bitiamo che voi, in quanto veri e giusti cristiani, ci libererete della servitù del- 48 CINQUECENTO Mosè 1 Atti 10 1 Timoteo 4 1 Corinti 10 Colossesi 1 Un’offerta cristiana Come è stato indicato sopra 4 Mosè 1 Da ciò non deriverà la distruzione dei boschi, perchè si rispetteranno le disposizioni Un’ offerta cristiana la gleba, oppure ci dimostrerete, sulla base del Vangelo, che dobbiamo accettarla. Articolo quarto. Era costume finora che il suddito non avesse diritto di cacciare la selvaggina, i volatili e i pesci delle acque correnti. Questo ci sembra molto ingiusto e nient’affatto un segno di fratellanza, bensì piuttosto qualcosa dettata da interessi egoistici e non conforme alla parola di Dio. Inoltre, in alcune località le autorità tengono degli animali selvatici che ci recano molto danno, mentre i prodotti del nostro lavoro (che Dio fa crescere, per i bisogni dell’uomo) se li divorino a loro piacere bestie stupide che non ne hanno bisogno. Tutto questo dobbiamo sopportarlo in silenzio anche se è sia contro Dio sia contro il prossimo. Quando il Signore Iddio creò l’uomo, gli ha dato il potere su tutte le bestie, sugli uccelli dell’aria e sui pesci dell’acqua. Perciò noi avanziamo questa richiesta: se uno ha un ruscello e, con sufficiente documentazione, può dimostrarne la proprietà, avendo comprato il corso d’acqua in buona fede, allora non vogliamo espropriarlo con la violenza, ma addivenire a un accordo fraterno con lui. Chi però non può dimostrare adeguatamente tutto questo, deve restituirlo alla comunità, come è giusto. Articolo quinto. Grava sulle nostre spalle anche tutto ciò che riguarda i boschi, poiché i nostri padroni si sono appropriati di tutti i boschi e così, quando la povera gente ha bisogno di legna, deve comprarla pagandola il doppio. È nostra convinzione che qualsiasi tipo di bosco, sia esso tenuto da eccelsiastici o da laici, posto che non sia stato acquistato, deve essere restituito a tutta la comunità; che una comunità abbia la libertà di permettere che ognuno possa raccogliere e portarsi a casa, senza pagare, la legna che gli è necessaria per il fuoco e anche quella che gli serve per costruire, ma con il permesso di coloro che la comunità ha scelto come guardiaboschi. Se però non ci sono boschi, oltre quelli acquistati legittimamente, bisognerà arrivare cristianamente e fraternamente a un accordo con questi proprietari. Se però un bosco apparteneva in origine alla comunità ed è stato venduto in seguito, allora bisognerà contrattare tenendo conto del valore e sulla base di quanto vien riconosciuto dall’amore cristiano e dalla Sacra Scrittura. Articolo sesto. Siamo enormemente gravati dal servigio [che dobbiamo presta- Romani 10 Luca 3 1 Tessalocinesi 4 Matteo 10 Isaia 10 Efesini 6 Luca 3 Geremia 26 Come sopra Luca 6 re al signore e] che viene continuamente aumentato e di giorno in giorno intensificato. Facciamo richiesta che venga ammesso, com’è giusto, di non gravarci più in questo modo, ma di permetterci con benevolenza di prestare il servigio allo stesso modo dei nostri genitori e soltanto secondo la parola di DIO. Articolo settimo. D’ora in poi un signore non deve più aumentare gli oneri a suo piacere. Se un signore ha dato un bene in affitto secondo le consuetudini, il contadino ne deve usufruire come è stato pattuito all’inizio tra lui e il signore. Il signore non deve più né pretendere né premere, per ottenere ulteriori servigi, né qualsiasi altra cosa che non venga da lui ricompensata, affinché il contadino possa usufruire e sfruttare il bene acquisito, senza ulteriori oneri e in tutta tranquillità. Quando però il signore ha bisogno di un servigio, il contadino lo fornirà obbediente e volentieri; lo farà però nei giorni e nelle ore in cui non gliene può venire del danno, e in cambio di un adeguato compenso in denaro. Articolo ottavo. Noi che deteniamo un bene siamo tanto gravati che i beni in questione non risultano più remunerativi in rapporto al canone, sicché i contadini devono rimetterci del loro e andare così in rovina. Noi chiediamo che il signore faccia esaminare questi beni da gente fidata, per decidere qual è il giusto canone, affinché il contadino non faccia un lavoro senza mercede, poiché chi fa un lavoro ha diritto ad essere ricompensato. Articolo nono. Sulle nostre spalle grava l’obbligo di pagare una somma in denaro, come risarcimento per le trasgressioni più gravi. Questa somma però viene continuamente aumentata, secondo nuove norme giuridiche, sicché noi non veniamo più condannati in relazione alla colpa commessa, ma lo siamo per motivi dettati, a volte da grande invidia, a volte da grande favore. È nostra convinzione che bisogni fare riferimento alle pene del vecchio ordinamento giuridico scritto, il quale prevede un giudizio obbiettivo e non uno dettato dall’arbitrio. Articolo decimo. Siamo gravati dal fatto che alcuni si siano appropriati di pascoli e campi, che in passato appartenevano alla comunità. Questi noi ce li riprenderemo, rimettendoli nelle mani della comunità, a meno che non siano stati acquistati legittimamente. Se però sono stati acquisiti abusivamente, si dovrà arrivare a un accordo in modo Un’offrta cristiana sereno e fraterno, trattando sulla base del valore reale del bene. 5 Mosè 18 Articolo undicesimo. Vogliamo aboliMatteo 8 re completamente l’usanza chiamata Matteo 23 mortuario. Non vogliamo più ammettere né sopportare che si tolga e si deIsaia 10 rubi con ignominia vedove e orfani dei loro beni, come succede in modi diversi in molte regioni contro Dio e contro l’onore, e [questo i signori] lo strappano e lo arraffano da coloro che dovrebbero proteggere e difendere e, se [i signori] avessero soltanto un minimo di diritto, si prenderebbero certamente tutto. Dio non vuol più ammettere tutto questo, e perciò il mortuario deve essere completamente abolito; in futuro, per questo motivo, nessuno ha l’obbligo di dare qualcosa, né poco né molto. Finchè gli articoli Conclusione. Quale dodicesimo articoson conformi alla lo: è nostra decisione e convinzione deparola di Dio finitiva che, se uno o più articoli di quelli elencati non dovessero essere conformi alla parola di Dio, allora è nostra opinione che essi non debbano valere più. Se ci verrà dimostrato, sulla base della parola di Dio, come risulta dalla scrittura, che essi non sono legittimi, li lasceremo cadere. Se ci vengono riconosciuti adesso alcuni articoli, che in seguito si dimostrassero illegittimi, allora essi saranno immediatamente invalidati e non avranno più valore. Lo stesso però vale anche per tutti gli usi e per tutte le consuetudini che in futuro, sulla base della Scrittura, si dovessero rivelare veramente contro Dio e contro il prossimo, perciò noi ci riserviamo di elaborare altri articoli o di abolirne. E vivere cosi e seguire sempre la dottrina cristiana. Vogliamo pregare Dio, perché solo Lui e nessun altro ci può dare tutto questo. La pace di Cristo sia con tutti noi. 128 128. Frontespizio dei 12 articoli, 1525. CINQUECENTO 49 La nascita del Tirolo Il Tirolo si viene configurando come regione a sé stante a partire dall’ XI secolo. Assistiamo in questo periodo ad un processo di “razionalizzazione” amministrativa. Gli imperatori, consapevoli dell’importanza strategica assunta dalla regione nelle relazioni tra l’Impero e l’Italia, accorparono vasti territori cedendo ai vescovi di Trento e Bressanone diritti di sovranità territoriale su ampie zone della regione; i vescovi subentrarono così a duchi, conti e marchesi che li avevano fino ad allora esercitati. I motivi che portarono a queste donazioni sono di natura strategica, il Tirolo si configura come regione di passaggio, di frontiera tra due mondi che, dopo lo sfaldamento dell’impero carolingio, conosceranno uno sviluppo sempre più autonomo e diversificato. Gli imperatori tedeschi non si rassegnarono facilmente alla sempre maggiore “indipendenza” della penisola tanto che, “per Enrico II, l’ultimo degli imperatori Svevi, il prestigio del re nella stessa Germania esigeva ormai che il regno italico e la dignità imperiale fossero annessi alla potenza tedesca.1 ” Era perciò necessario alla politica di potenza che gli imperatori tedeschi intendevano portare avanti in Italia che questa regione di passaggio restasse saldamente nelle loro mani. Il fatto poi di controllare il territorio attraverso le istituzioni ecclesiastiche da un lato era una scelta pressoché obbligata dal fatto che erano più efficaci di quelle laiche, dall’altro rientrava anche in un disegno di più ampio respiro che voleva imporre l’egemonia imperia- 130 le sulla Chiesa, e i suoi vescovi, perlomeno nell’impero2 . 129 Tra XII e XIII secolo assistiamo in Tirolo a due fenomeni: - la formazione dello stato regionale, - l’emancipazione di ampi strati della popolazione contadina. Entrambi i movimenti porteranno all’indebolimento della nobiltà, che toccherà il suo apice proprio durante l’età mainardina. Mainardo II e la formazione dello Stato regionale Questo processo di accorpamento e razionalizzazione conobbe un’improvvisa, e inaspettata, accelerazione con Mainardo II nella seconda metà del Duecento (1259-1295). In meno di trent’anni il conte di Tirolo, avvocato 3 dei due principati vescovili, prese il sopravvento sui vescovi, riuscendo ad unificare buona parte della regione che da allora prese il nome di Tirolo, eliminando, anche fisicamente, la nobiltà locale, e ridimensionando notevolmente l’importanza temporale dei vescovi conti. L’avvocato doveva difendere e tutelare del patrimonio ecclesiastico affidatogli. I Conti di Tirolo avevano ricevuto dai vescovi di Trento il territorio della Val Venosta, ma con Mainardo l’avvocazia si è mutata dopo la metà del secolo XIII in uno strumento di sopraffazione con cui i conti del Tirolo sono riusciti ad appropriarsi di buona parte del potere temporale spettante al vescovo. La nobiltà venne emarginata, le funzioni più prestigiose affidate a familiares (funzionari pagati) persino le dignità auliche (maestro di corte, maresciallo, e coppiere) vennero sottratte ai nobili4 . Al centro dell’amministrazione che il Conte impose al territorio troviamo la cancelleria che si occupava degli affari politici e amministrativi e la camera che si occupava degli affari economici, subordinate a questi organi vi erano le istituzioni amministrative periferiche dei distretti (Gerichte), degli urbari, delle dogane, della salina e della zecca di Merano. I distretti si rifanno per lo più ai limiti territoriali degli antichi Gau e comitatus, ma in parte si tratta di nuove strutture a livello regionale. Il centro amministrativo di questa unità geografica 50 CINQUECENTO 129. Mainardo II, ritratto di Domenicus Custos, 1599. 130. Il Tirolo attorno al 1200. era rappresentato per la maggior parte da castelli nei quali risiedevano i funzionari nominati dal principe5 . Grazie alla rete amministrativa periferica il conte disponeva di un controllo efficace sul territorio, che gli permise di imporre tasse e garantire uniformità di diritto. I contadini 131 Tra XI e XII secolo la popolazione cominciò a crescere, mettendo in crisi le risorse disponibili e creando problemi per l’ordine feudale. Quanto veniva coltivato veniva diviso tra i contadini e i nobili proprietari della terra, se la popolazione aumentava bisognava aumentare anche la produzione per garantire ai signori e ai contadini la stessa quantità di prodotti. Ma quando non ci sono più terreni coltivabili pronti per essere usati? Alla fine del XII sec. le comunità agricole avevano occupato completamente le pendici e i terrazzamenti delle valli principali. I terreni sino ad allora dissodati non bastavano però più a sostenere una popolazione in crescita e di conseguenza diminuivano anche le rendite dei signori feudali. Perciò nobili e contadini rivolsero la loro attenzione ai terreni marginali, alle zone di alta montagna. Si venne realizzando una comunanza d’intenti tra contadini, che aspiravano ad ampliare i propri possedimenti per alleggerire la pressione demografica e assicurarsi il minimo vitale, e proprietari, che intendevano sfruttare superfici rimaste sino ad quel punto inutilizzate per mantenere la propria rendita. Si disboscarono i fianchi delle valli più ampie così come quelli delle valli laterali, e in breve tempo questo movimento raggiunse anche zone di alta montagna. Questo processo di espansione raggiunse il suo apice nel XII secolo per spingersi fino al XIV, lasciando una traccia indelebile nel paesaggio agrario della regione. (Basta osservare le montagne che abbiamo intorno per vedere i risultati di questi disboscamenti che arrivano sino in alta quota.) Nel 1250 ad esempio una valle come la Val Senales, -una valle di origine glaciale il cui fondovalle 133 132 131. Castel Tirolo, Ferdinand Runk, metà XIX sec. (particolare). 132. Sigillo di Mainardo II a cavallo. 133. Il Tirolo attorno al 1300. CINQUECENTO 51 si innalza dai 1100 metri dei primi masi, ai 1500 metri dell’abitato di Unsere Liebe Frau in Schnals, sino agli oltre 1900 metri di altezza dove si trovano gli ultimi masi - doveva essere abitata da ca. 2000 persone, mentre le pianure delle valli alluvionali erano scarsamente popolate per via dell’irregolare corso dei fiumi che le rendevano paludose e malsane. Paludi, stagni e insenature create dal movimento del fiume Adige erano si insalubri e non adatte alla vita, ma erano anche l’habitat di numerosi pesci e granchi di fiume, tanto che alcune zone affittate come riserve di pesca garantivano ai conti di Tirolo un tributo annuo di 160 mazzi di nove pesci ciascuno. 135 134 Valorizzazione del ceto contadino Secondo Mitterauer e Bruckmüller6 le premesse per la formazione di un quarto stato in Tirolo si trovano nella particolare struttura di potere della regione così come nella posizione e funzione ricoperta dai distretti e nel loro rapporto con il signore territoriale. Momento fondamentale è per Bruckmüller la politica accentratrice di Mainardo II che pone “den armen Mann - l’uomo semplice-” sotto la sua diretta protezione, dato che i distretti amministrativi in cui è diviso il territorio non vengono ceduti in feudo, ma amministrati da suoi funzionari. Era Mainardo stesso ad esercitare il diritto di protezione e di giudizio Schutz e Gerichtherrschafft-, ad emanare le chiamate alle armi e a levare le tasse. Per Mitterauer si deve a Mainardo II la particolare divisione cetuale del Tirolo. Fu lui a limitare fortemente il potere della nobiltà (i Grundherr), favorendo le comunità rurali e la loro autonoma amministrazione, lui a garantire, attraverso la nomina di funzionari nei distretti, un rapporto diretto tra sudditi contadini e principe territoriale. Anche Blickle sottolinea il collegamento diretto tra signore territoriale e contadini per spiegare la posizione di relativa autonomia raggiunta da quest’ultimi. La diffusione del diritto ereditario dei contadini; l’estensione, pressoché a tutti i contadini tirolesi, della servitù nei confronti del principe, rese probabilmente possibile la perdita di importanza della servitù della gleba, a vantaggio di una sudditanza socialmente non diffamante ed economicamente non oppressiva. Sono questi gli elementi di una struttura di potere che garantiva ai sudditi una relativa libertà7 . Il sistema economico feudale era pensato per il mantenimento di gruppo di signori che garantivano alla popolazione difesa e giustizia, per mantenersi i signori feudali favorirono la creazione di “aziende” specializzate in modo da garantirsi la più ampia gamma di prodotti naturali che i contadini dovevano fornire come tributi, i cosiddetti Schweighöfe, in cui venivano allevate 5 o 6 mucche oppure 20 o 30 pecore, che garantivano al signore un tributo annuo di circa 300 forme di formaggio, che pesavano in media da un chilo ad un chilo e mezzo, nonché carne affumicata e animali vivi. Nel XIII secolo l’aumento della popolazione, il processo di centralizzazione politica, l’avvento di un industria mineraria e (aspetto di non secondaria importanza) l’introduzione di un’ 52 CINQUECENTO 134. Mese d’Agosto, Calendario di Charles d’Angouleme, XV sec. 135. Miniera, incisione su legno, Hans Sebald Beham, 1528 ca. 136. Minatori entrano in miniera, Agricola, 1556. 136 137 economia monetaria misero in crisi il sistema. L’aumento della popolazione rendeva le entrate dei signori feudali sempre più scarse, e sempre più scarse erano d’altro canto le risorse dei contadini stessi. Una soluzione si trovò limitando il numero delle persone che potevano avere accesso alla terra, impedendo cioè la divisione delle terre. 138 Quanti non riuscivano più a sopravvivere con l’agricoltura o l’allevamento trovarono una possibilità trasferendosi nelle città che si andavano formando. Nascono le città 137. Il lavoro dei minatori, retro-pala d’altare, Chiesa di Sant’Anna a Annaberg, (1497-1521). 138. La città di Innsbruck vista da nord, Albrecht Dürer, 1495. 139. Assalto al monastero di Weißenau, 1525. Fu Mainardo II che per primo si rese conto dell’importanza che queste potevano avere e ne patrocinò lo sviluppo; nella sua visione politica le città rappresentavano un ottimo strumento per il suo consolidamento militare sul territorio, costituivano solidi punti di riferimento nella rete amministrativa, e si rivelavano importanti strumenti per incrementare le entrate del principe. La crescita delle città con le possibilità che potevano offrire a quanti vi si rifugiavano, l’economia monetaria, la centralizzazione del potere e la conseguente perdita di importanza politica dei signori locali, allentarono i vincoli feudali dei contadini, soprattutto di quelli che non erano direttamente controllabili dal signore. Per tentare di arginare la situazione i signori concessero forme di contratti più vantaggiosi ai contadini nel tentativo di non perdere le loro fonti di entrata. Nelle aree di recente colonizzazione si andò diffondendo la freie Erbleihen o Erbbaurecht. Questa forma giuridica non solo prevedeva che il contadino avesse il diritto di usufrutto della terra fino a quando rimaneva in vita, ma anche il diritto di trasmissione ereditaria, mentre solo con il consenso del feudatario la terra avrebbe potuto essere divisa, venduta o ipotecata. La Freihe Erblehie trovò codificazione e quindi un riconoscimento ufficiale di uno stato di fatto soltanto nella Landesordnung del 1404, dove si stabilì inoltre che le cause tra nobili e contadini dovevano essere trattate davanti al giudice provinciale, e che se fosse stato il nobile a violare i diritti del contadino, il giudice doveva prendere le difese di quest’ultimo. L’allargamento delle competenze del giudice provinciale è un sintomo della crisi che attraversava la proprietà feudale in Tirolo, e della relazione sempre più stretta che si andava stringendo tra contadini e signore territoriale. La diffusione della Erbleihe, anche se nel Tirolo orientale e nei territori del principato vescovile di Bressanone sopravvisse la forma della Freistift, (affitto a breve termine: prevedeva che il signore, a propria discrezione, potesse riprendersi il suo terreno dopo un anno e che il contadino, volendo rientrarne in possesso, fosse obbligato a versare un determinato tributo.) fu un passo importante verso la valorizzazione del ceto contadino e verso il progressivo indebolimento della nobiltà8 ; questo sistema garantiva al contadino una certa sicurezza, e lo incentivava a sfruttare al meglio la proprietà per produrre un surplus che poteva poi essere destinato al mercato, mentre col tempo mise in difficoltà il signore perché la quotatributo che gli spettava era fissa. Molti contadini approfittarono di questa mutata situazione e trasformarono l’economia prettamente pastorale delle loro aziende in un sistema di produzione misto: l’agro-pastoralismo o Alpwirtschaft9 , “tanto che nel XIV secolo molte 139 CINQUECENTO 53 140 aziende pagavano la decima in grano o avena.” Con il sistema degli affitti perpetui, ma fissi, i contadini furono incentivati ad investire nell’azienda avendo innanzitutto l’obiettivo della completa sussistenza; il contadino finì per replicare nel suo maso il modello dell’economia di sussistenza del castello. La Freie Erbleihe10 , trovò applicazione soprattutto nelle zone montane di recente colonizzazione perché solo l’indivisibilità della proprietà avrebbe garantito al signore il mantenimento di aziende in grado di produrre anche quanto occorreva alle sue esigenze. “Le proprietà in quota sono infatti meno produttive di quelle di fondovalle; ne consegue che devono essere più grandi per eguagliare il raccolto di quelle inferiori, ma di conseguenza richiedono un maggior investimento di lavoro, mentre la quantità di terra che una famiglia può lavorare è limitata. Il risultato fu che la produttività dei poderi ad alta quota non eguagliò quella dei poderi posti più in basso, e il surplus per le élite fu di conseguenza minore. L’agricoltura di montagna non favorì la formazione di grandi tenute feudali lavorate da manodopera servile. [...] Bassa produttività, insediamenti sparsi, dimensioni ridotte, posizione remota: questi i fattori che contribuirono all’erosione dei modelli feudali di controllo. L’esistenza di questa frontiera, pur contribuendo ad alleviare, nell’immediato il problema della sovrappopolazione delle basse valli, finì per indebolire quelle stesse relazioni feudali che a prima vista sembrava rafforzare”. Il contadino di montagna necessitava di maggiori libertà nella conduzione del fondo, era chiamato a organizzare la produzione su un preciso equilibrio delle scarse risorse, doveva operare di concerto con gli abitanti del paese per gestire le terre da pascolo e le foreste comunitarie. Secondo i sostenitori di un modello ecologico-culturale la montagna impone costrizioni alle strategie di produzione, ma esercita anche un influenza decisiva sui sistemi di proprietà, [...] le esigenze economiche dell’agropastoralismo montano spiegano l’evoluzione di un insieme distintivo di istituzioni politiche e sociali, imperniate sui principi della consensualità delle decisioni, e della delega dell’autorità.11 L’assemblea di paese riveste in tutte le aree montane un’importanza primaria, costituendo un momento decisionale indispensabile. E’ nell’assemblea che si programmano i lavori agricoli e si eleggono i funzionari incaricati di far rispettare le norme e di “neutralizzare ogni tentativo di sconsiderato sfruttamento delle risorse naturali”12 . Queste piccole forme di organizzazione strutturate che si svilupparono nel mondo agrario tirolese portano nomi diversi, Drittel-terzo- Viertel-quarto- Pfarre -parrocchia-, Nachbarschaft -vicinato-, Oblei, Stab, Riegat, o Malgrei.13 A capo dell’amministrazione autonoma del paese vi era in genere il Dorfmeister, il capofrazione, eletto una volta all’anno dall’assemblea del paese a cui partecipavano tutti i proprietari di masi della comunità. 141 140. Il Mese d’Agosto, miniatura, XV sec. 141. Castel Tirolo, XIX sec. 142. Libro di caccia, Gaston Phébus, 1405-1410. 142 54 CINQUECENTO 143 146 144 143. Ritratto della madre, Albrecht Dürer, 1514. 144. Ritratto di nobildonna, Giacomo Jaquerio 1418-1430. 145. Ritratto di volti grotteschi, Leonardo da Vinci, 1494. 146.-147. Libro di caccia, Gaston Phébus, 1405-1410. 145 Essenziale per l’amministrazione autonoma del paese era il mantenimento dell’ordine nell’agricoltura a gestione unilaterale e nell’utilizzo della cosiddetta Allmende, cioè la proprietà comunale, boschi, pascoli, sentieri e corsi d’acqua. Il Dorfmeister poteva occuparsi di dirimere piccole controversie da risolvere nell’ambito delle cosiddette giurisdizioni inferiori. Ad un livello superiore troviamo i funzionari di distretto, che nel XV secolo siederanno accanto a nobili, prelati e delegati delle città nella Dieta Tirolese; alcuni di questi funzionari, sono scelti tra coloro che si erano mes- si in luce nell’amministrazione del comune. L’amministrazione contadina guadagnò nel tardo medioevo un importanza interregionale di natura pubblica e politica, un fatto che rappresenta, uno sviluppo speciale del Tirolo 14 . “Bisogna però fare attenzione ai termini, se si intendono questi delegati dei distretti come rappresentanti del ceto rurale si può giungere a conclusioni equivoche, non significa infatti che i contadini possano con ciò disporre totalmente dei medesimi diritti di altri ceti. I contadini stanno sullo sfondo, erano gli altri ad avere la parola15 .” Nella dieta del 1474 ad esempio troviamo presenti: 123 nobili, 13 prelati, 4 rappresentanti delle diocesi, 8 delle città e dei mercati e 59 dei distretti che avevano diritto a portare da uno a tre procuratori; il voto era però sempre uno per distretto, mentre i nobili disponevano di un voto a famiglia. Nelle assemblee plenarie l’unione di nobili e prelati aveva sempre la meglio sui ceti più bassi16 . Così come bisogna valutare esattamente il significato di termini quali nobili e non nobili, che compaiono in documenti medioevali, e non prenderli come esempi di un’emancipazione e partecipazione che non era ancora avvenuta. Nel 1362 si può parlare secondo Blickle di un rappresentanza giuridicamente riconosciuta delle città e dei mercati. Di una partecipazione dei contadini alla vita politica della regione si può parlare dal 1404 in occasione della stesura di una Landesordnung. Una partecipazione che per lo più li vede spettatori, a parte un breve periodo durante la guerra contadina, quando riusciranno a condizionare i lavori dell’assemblea, tanto che la Landesordnung del 1526 accoglierà quasi per intero le loro richieste17 . Per il resto i contadini restano sullo sfondo, anche quando la dieta per svolgere i suoi compiti di indirizzo e controllo farà sempre più frequentemente ricorso a commissioni formate quasi pariteticamente da membri dei quattro stati. La collaborazione tra i nobili e il Capitano dell’Adige (quasi un presidente della dieta), o la pur lievissi147 ma preponderanza numerica, garantivano alla nobiltà il controllo di questa istituzione18 . Resta il fatto che i contadini tirolesi raggiungono nel tardo medioevo una posizione privilegiata rispetto a quella di altri domini asburgici, posizione fondata sul rapporto diretto con il Landesfürst. Le vicende dinastiche dei principi tirolesi, unite alla volontà dei contadini di emanciparsi dal giogo feudale sotto cui tentavano di riportarli i nobili dopo il periodo mainardino, produssero un’azione di reciproca attrazione per cui i contadini vedevano nel principe un elemento di difesa dei loro interessi nei confronti dei feudatari e i principi usarono questo sentimento, e anche la forCINQUECENTO 55 za dei Knechte, per contrastare l’irruenza della nobiltà, che arrivò a minacciare l’esistenza della dinastia. Il concetto di libertà tirolese venne pertanto a comprendere la legittimità della dinastia, un beneficio politico che gli Asburgo ereditarono quando succedettero ai conti del Tirolo nel 136919 . Nell’ambito dell’area di dominio asburgico il Tirolo resta, anche dopo il 1363, una regione a sé stante, con proprio diritto e propria amministrazione, retta ora da principi che governano anche altre regioni; una situazione che la nobiltà locale cercherà di sfruttare a proprio vantaggio. L’autonomo sviluppo della regione conobbe un’ulteriore fase quando nel 1379 e poi all’inizio del XV secolo gli Asburgo divideranno i loro domini tra le due linee di discendenza. La divisione ebbe come conseguenza che nel XV secolo i principi asburgici stabilirono la loro residenza in Tirolo. 149 Federico IV Abbiamo visto come tra principe e ceto contadino si andarono creando dei rapporti di reciproca attrazione sin dai tempi di Mainardo II. Un ulteriore approfondimento di questa relazione avvenne durante il regno di Federico IV detto il Tascavuota, che salì alla guida della regione nel 1406, trovandosi ad affrontare una situazione quasi disperata, con il territorio Tirolese minacciato da tutti i lati. Ad ovest la politica espansionistica degli Asburgo nell’Arlberg portò ad un aperto conflitto con il cantone di Appenzell, dietro a cui si schierò la Confederazione elvetica; gli Asburgo furono sconfitti a Stoß in Appenzell e in seguito a questa sconfitta la maggior parte dei possedimenti austriaci nell’Arlberg si schierò con i vincitori, in particolare i ceti contadini. Questi si unirono in una lega (Bund ob dem See)contro la nobiltà e contro la dominazione asburgica. Fu la Lega a prendere l’iniziativa: nel 1406 entrò in Tirolo, nella Stanzertal, a Paznaun, e nei dintorni di Nauders si unirono ad essa i contadini tirolesi. Gli Asburgo furono sconfitti a Imst, ma la Lega non proseguì però verso Innsbruck, ma verso nord dove, nel 1408 furono sconfitti a Bregenz dalle truppe dell’imperatore20 . In Italia la morte di Gian Galeazzo Visconti (1402) 148 metteva in crisi gli equilibri raggiunti. Gli Scaligeri e i Carraresi che avevano perso i loro domini su Verona e Padova, cercarono di sfruttare il momento, ma furono i Veneziani a prendere il sopravvento conquistando Padova, Verona e spingendo la terraferma veneta sino al lago di Garda. In questo modo i territori della Repubblica arrivarono a confinare con il Principato vescovile di Trento. Alcuni signori trentini, i Castelbarco e altri in Valsugana e nella val Lagarina, si allearono a Venezia, costituendo così una minaccia per il Tirolo del sud. Nel 1405 contingenti militari cercarono di avanzare dal sud verso Trento, un tentativo sventato da Leopold IV21 . Ma era dall’interno che venivano i problemi maggiori. Grazie all’aiuto di Heinrich von Rottenburg, forze bavaresi penetrarono in Tirolo spingendosi fino a Schwaz. Heinrich ricopriva all’interno dello stato tirolese un ruolo di primo piano, era Hofmeister, capitano all’Adige, nonché capitano di Trento e poteva contare su possedimenti sparpagliati su tutto il territorio del Tirolo ed era inoltre a capo della Falkenbund 22 . Ad un certo punto però cambiò partito schierandosi dalla parte del vescovo Georg del Lichtenstein contro il principe tirolese. Federico ebbe però sufficiente aiuto da parte della nobiltà, delle città e nel contado così che poté piegare la resistenza del Rottenburg e alla sua morte poté impossessarsi di buona parte dei suoi beni23 . Oltre all’azione militare Federico si impegnò in un’azione politica per consolidare il potere del principe all’interno del Tirolo; i distretti che erano stati alienati e affidati a signori laici ed 148. Veduta di Trento, Albrecht Dürer, 1494. 149. Paesaggio estivo, Lucas van Valckenborg il Vecchio, 1585 (particolare). 150. La mietitura, Pieter Bruegel il Vecchio, 1565 (particolare). 150 56 CINQUECENTO 151 ecclesiastici furono riscattati e le loro entrate tornarono nelle mani del principe, che poté attribuirle a suoi funzionari24 . La politica di Ferdinando andava verso un rafforzamento della posizione del principe territoriale, contro gli interessi dei nobili che, approfittando dell’assenza dell’autorità centrale per circa mezzo secolo, avevano rafforzato le loro prerogative all’interno della regione. La crisi della signoria di Federico Il consolidamento delle posizioni comitali all’interno del Tirolo conobbe un’interruzione nel periodo del concilio di Costanza. Federico infatti si era fatto sostenitore di Giovanni XXIII, papa eletto nel concilio di Pisa del 1409, in concorrenza con i papi di Roma e Avignone25 . Giovanni XXIII fu l’unico papa a recarsi personalmente a Costanza, dove sperava di ricevere l’investitura ufficiale, fermandosi nell’occasione anche a Merano, dove incontrò Federico IV che gli garantì, proseguendo così la sua politica di rafforzamento dell’autorità del Landesfürst tanto all’interno che all’esterno della regione, il suo pieno appoggio. Il papa lo nominò capitano generale delle sue forze armate, e lo cooptò nel consiglio. A Costanza le cose non andarono esattamente come previsto da Giovanni, il concilio voleva dirimere e risolvere la controversia dichiarando decaduti tutti i pontefici ed eleggendone uno nuovo. Giovanni però si rifiutò di accettare questa risoluzione e fuggì da Costanza aiutato dal principe tirolese. Il fatto provocò la reazione dell’imperatore. Sulla regione cadde l’interdetto e Federico venne messo al bando: nessuno avrebbe più dovuto aiutarlo militarmente o finanziariamente e chiunque avesse conquistato territori della regione nel nome dell’imperatore avrebbe avuto diritto al possesso. L’imperatore sostenne inoltre la Confederazione elvetica nella sua lotta contro gli Asburgo e in questo modo numerosi possedimenti asburgici nel Sud ovest della Germania passarono definitivamente alla Confederazione. Federico fu quindi costretto a capitolare. Comparve a Costanza di fronte a Sigismondo e dovette riconoscerlo come arbitro in tutte le controversie26 . Fu quindi obbligato a sollecitare il ritorno di Giovanni a Costanza e a restarvi lui stesso come ostaggio, mentre i suoi sudditi dovevano rendere omaggio a Sigismondo come loro signore. In Tirolo però Federico rimase il principe riconosciuto e proprio in Tirolo, che era rimasto territorialmente intatto, si recò dopo essere fuggito da Costanza nel 1416. Qui trovò l’appoggio delle città e del contado, mentre gli era contraria la nobiltà. 151. Trittico del fieno, Hieronimus Bosch, 15001502 particolare. 152. Federico il Tascavuota si fa riconoscere dai suoi sudditi, XIX sec. 152 CINQUECENTO 57 153. Ritorno della mandria, Pieter Bruegel il Vecchio, 1565. 154. Adorazione della Santissima Trinità, Albrecht Dürer, 1511. 153 Risolti dopo il 1418 i problemi che venivano dall’esterno, si rivolse all’interno, contro la nobiltà, da cui pretese la restituzione, dietro pagamento, dei distretti e dei servizi che erano stati alienati dai suoi predecessori. Cominciò quindi una lunga disputa con la nobiltà, che rinunciava malvolentieri alle posizioni di forza raggiunte. La lega dei nobili ricevette anche l’appoggio di Sigismondo, appoggio che però rimase però esclusivamente formale27 . Dopo il 1425, superata con l’aiuto delle città e dei contadini l’opposizione della nobiltà, la seconda metà del governo di Federico trascorse sostanzialmente tranquilla. Alle città e ai contadini dimostratisi capaci non solo di difendere i propri diritti di fronte alla nobiltà, ma di combattere per la difesa del territorio, Federico riconobbe un ruolo importante all’interno della regione favorendo la loro partecipazione alla vita politica attraverso la loro presenza nelle assemblee decisionali prima e nella dieta poi28 . Nel 1420 Federico convocò un’assemblea che emanò una Landesordnung, nella quale si prevedeva di regolare la materia monetaria, di impedire l’esportazione di grano, di impedire l’importazione di vino, e per la sicurezza lungo le strade. Dopo il 1420 arrivò a compimento il progetto di un’autentica “Dieta” (Landtag) la cui nascita però non si può far risalire ad una data precisa29 . La Dieta non nasce quindi come “contropotere” autonomo rispetto all’autorità, in grado di opporvisi sistematicamente, ma nasce con la benedizione di quest’ultima, dopo che Federico ha consolidato in modo definitivo la sua posizione all’interno nei confronti della nobiltà tanto da potervi imporre anche la presenza dei rappresentanti dei distretti. Il gran numero dei distretti principeschi; il successo nella sottomissione della nobiltà al principe territoriale; il rafforzamento della rappresentanza dei distretti rurali nella dieta; tutto ciò ha contribuito ha formare un senso dello stato, in grado di mitigare i contrasti che solitamente si possono osservare tra principe e stati considerando la buona amministrazione una questione di interesse generale. Il governo di Federico , caratterizzato dal suo personale intervento in ogni questione riguardante l’amministrazione impedì lo sviluppo degli organi amministrativi in funzionari, non impedì invece il buongoverno della Contea30 . “La Dieta non impedirà il governo della regione”, non si svilupperà quello che W. Brauneder31 nella sua Österreichische Verfassungsrechtgeschichte indica come sistema di governo dualistico Landesfürst-Landtag, se non per un breve periodo che va dalla metà alla fine del XV secolo, quando la dieta raggiungerà l’apice della sua forza rispetto all’autorità del principe per poi venire dapprima subordinata e poi interamente cooptata all’interno del sistema, tanto da divenire dal XVII secolo un “punto di passaggio per i funzionari della burocrazia statale32 ”. La Dieta tirolese non diverrà uno strumento alternativo alla centralità del principe, ma un importante strumento di integrazione statale. 58 CINQUECENTO 154 155 155. Il mese di maggio, miniatura XV sec. Note 1 Citato in BELLABARBA M., 1994 I Principati vescovili di Trento e Bressanone nei primi secoli, in Delle Donne G. (a cura di), Incontri sulla storia dell’Alto Adige, Bolzano 1994 p. 23. 2 Ivi, p. 21- 32. 3 BELLABARBA M., La giustizia ai confini. Il principato vescovile di Trento agli inizi dell’età moderna, Bologna 1996 p. 120 nota 21. 4 HAIDACHER C., L’organizzazione amministrativa di Mainardo II ed i suoi successori, in Il sogno di un principe. Mainardo II-La nascita del Tirolo, Catalogo della Mostra, Innsbruck-Tirolo 1995 pp. 113-115. 5 Ivi, p.119. 6 KÖFLER W., Geschichte der Tiroler Landtage von den Anfängen bis zur Aufhebung der landständischen Verfassung 1808, “Veröffentlichungen des Tiroler Landesarchivs”, vol. 3, Innsbruck 1985, p. 31. 7 BLICKLE P., Landschaften im Alten Reich. Die Staatliche Funktion des gemeinen Mannes in Oberdeutschland, München 1973 p. 166. 8 I conti perseguirono una politica volta ad accrescere l’indipendenza economica dei contadini dai signori feudali attraverso l’assegnazione di favorevoli diritti ereditari di possesso della terra. Questo ebbe due importanti conseguenze. La prima fu che la nobiltà tirolese non acquistò mai poteri molto estesi, la sua sfera di influenza restò limitata all’ambito locale. La seconda conseguenza fu che, avendo i conti sostenuto i contadini contro la nobiltà, il ceto contadino acquistò la libertà e i suoi diritti attraverso la collaborazione con il potere centrale e non (come in Svizzera) attraverso l’associazione indipendente dei suoi comuni. COLE J. W. - WOLF E. R., La frontiera nascosta. Etnologia ed etnicità fra Trentino e Sudtirolo, [trd. it. de The Hidden Frontier. Ecology and Ethnicity in an Alpine Valley, New York & London 1974], S. Michele all’Adige/Trento 1993, p. 38. 9 I sistemi agropastorali comprendono due sfere di produzione spazialmente separate tra loro: i campi coltivati e i prati vicini al villaggio, che producono i raccolti per l’alimentazione umana e il fieno per la stabulazione invernale; e gli alpeggi, dove in estate vengono pascolate le mucche e le capre. VIAZZO, P.P., Comunità Alpine. Ambiente, popolazione, struttura sociale nelle Alpi dal XVI secolo ad oggi, [trd. it. de Upland Communities. Enviroment,population and social structure in the Alp since the sixteenth century, Cambridge 1989], Bologna 1990, p. 36. 10 In queste proprietà il privilegio veniva trasmesso attraverso una linea di discendenza diretta, preferibilmente attraverso il primogenito maschio. Impedendo legalmente la divisione della proprietà si limitava il numero delle famiglie che avevano accesso alla terra, e il signore proteggeva le sue rendite nei confronti dell’espansione demografica. L’istituto giuridico del maso chiuso riuscì in questa duplice funzione solo riducendo il controllo diretto del signore feudale. Il contadino ora gestiva la propria attività produttiva e controllava la distribuzione del proprio raccolto. Benché dovesse pagare ancora un affitto, aveva guadagnato molta libertà economica. La nobiltà aveva sacrificato il controllo diretto sui raccolti agricoli in cambio di una rendita fissa. COLE J. W.- WOLF E. R., p.71 sg. La Freihe Erbleihe entrò nel diritto Tirolese almeno dal XIV sec mentre dalla fine del 1785 venne istituita una speciale categoria di proprietà fondiarie indivisibili, i masi chiusi. Il sistema del maso chiuso è ancora in uso nella Provincia di Bolzano, regolato dalla Legge Provinciale del 1976. 11 VIAZZO P.P., Comunità Alpine pp. 41-42. 12 Ivi, p. 42. 13 Cfr. RIEDMANN J., I conti del Tirolo. Loro rapporti col Ducato e Arciducato d’Austria. L’autonomia della Contea, delle città, dei comuni rurali. La Dieta e la rappresentanza centrale, in Delle Donne G. (a cura di), Incontri sulla storia dell’Alto Adige, Bolzano 1985 p. 57 e RIEDMAN J., Il secolo decisivo nella storia del Tirolo (1259-1363), in Il sogno di un principe. Mainardo II- La nascita del Tirolo, Catalogo della Mostra, Innsbruck-Tirolo 1994 p. 57. 14 Ivi, p. 58. 15 Ivi, p. 59. 16 KÖFLER W. Geschichte der Tiroler Landtage, p.51. 17 BLICKLE P., Landschaften im Alten Reich , p. 202. 18 Ivi, pp. 179 sgg. 19 COLE J. W. - WOLF E. R., La frontiera nascosta, p. 38. 20 RIEDMANN J., Spätmittelater (1250-1490), in FONTANA J. (a cura di) Geschichte des Landes Tirol, vol I: Von den Anfängen bis 1490, Bolzano-Innsbruck-Wien 1985 p. 439. 21 Sui rapporti tra principi tirolesi e vescovi trentini. Ivi, p. 441. 22 Ivi, p. 443. All’interno del Tirolo si formarono diverse leghe di nobili; una di queste fu la “Gesellschaft der silbernen Elefanten”, che univa due dozzine di nobili Scopo di questa lega era quello di difendere reciprocamente i membri anche nei confronti dell’autorità principesca se questa avesse violato il diritto territoriale o se avesse commesso ingiustizie contro uno di loro. 23 Ivi, p. 441. 24 Ivi, p.444. 25 All’inizio del XV° sec. il papato attraversava un momento di crisi, lacerato dallo scisma d’occidente, con un papa a Roma, Bonifacio IX, e uno ad Avignone, lo spagnolo Benedetto XIII. Per trovare una soluzione allo scisma fu convocato a Pisa un sinodo generale nel 1409, che dichiarò scismatici i due papi e ne elesse un terzo. Nel 1414 L’Imperatore Sigismondo convocò un concilio generale a Costanza. Ivi, p. 445. 26 Ivi, p. 445. 27 RIEDMANN J., Spätmittelater , p.448. 28 BLICKLE P., Landschaften im Alten Reich, p. 172. 29 RIEDMANN J., Spätmittelater , p. 452. 30 BLICKLE P., Landschaften im Alten Reich, p. 184. 31 BRAUNEDER W., Österreichische Verfassungsrechtgeschichte, Wien 19761, 19833 p. 60 sg. 32 BLICKLE P., Landschaften im Alten Reich, p. 183. CINQUECENTO 59 158 La Dieta Tirolese Un primo dato che distingue la Dieta Tirolese da quelle della maggior parte degli stati europei è il fatto che vi sono rappresentati quattro stati; oltre ai ceti tradizionalmente presenti, nobili, prelati e città, anche i contadini hanno una loro rappresentanza. Questa rappresentanza dei contadini nella Dieta è tipica del Tirolo, ma non è del tutto singolare, essendovi qualcosa di simile in piccoli territori della Germania sud-occidentale, l’area nei pressi dell’Arlberg, di Bregenz e dintorni, ma soprattutto nella confederazione elvetica in cui i rappresentanti di alcuni cantoni sono esclusivamente contadini. La Dieta si presenta nelle sue linee essenziali come un organismo complementare all’autorità del principe, difensore delle libertà e delle prerogative che i ceti hanno conquistato a partire dalla metà del ‘200, come si vede dalle Freiheitsbriefe1 che fanno riferimento alle libertà concesse da Mainardo II. 156 Possiamo rintracciare i precedenti della Dieta nei consigli allargati che aiutavano il signore territoriale a prendere le decisioni importanti; accanto ai consiglieri del signore venivano convocati “ersame, wiese Leute und weise Dienstmannen”. Un’altra istituzione trecentesca che giocò un ruolo importante per la formazione della dieta fu lo Hofgericht, il tribunale camerale composto da nobili e cittadini sotto la supervisione del signore o del Landeshauptmann che costituiva il tribunale di prima istanza per le cause contro nobili, ecclesiastici e corporazioni, nonché tribunale d’appello per le città e i distretti dell’Adige, della Venosta (Vinschgau) e della Val d’Isarco (Eisacktal). Nel XV secolo lo Hofgericht e la Dieta venivano convocati negli stessi luoghi Bolzano o Merano - ed erano composti dalla stessa cerchia di persone. E’ probabile quindi che la Dieta sia la risultante dell’allargamento del tribunale ad un ulteriore categoria di persone.2 E’ soprattutto durante il regno di Sigismondo (1439-1490) che troviamo la Dieta pienamente operante, quindi in grado di sviluppare un ruolo autonomo rispetto all’autorità centrale, che tendeva ad un progressivo rafforzamento. Negli ultimi anni del regno di Federico la Dieta si andò consolidando come istituzione, fino a diventare un interlocutore privilegiato e indispensabile del principe territoriale. Il rafforzamento dell’autorità principesca necessitava infatti di denaro e consenso. La fonte di entrata principale era co157 stituita dalle tasse, ma a meno di non disporre di un dominio assoluto della violenza non era possibile sfruttare indefinitamente questa fonte. A un certo punto divenne necessario per i principi scendere a compromessi con gli stati, o meglio con il loro organismo di rappresentanza, per cui andò 60 CINQUECENTO 156. Paesaggio con miniera, XVI sec. 157. Il lavoro nei campi, Sebastian Brandts, 1502. 158. La torre di Babele, Pieter Bruegel il Vecchio, 1563. 159 sviluppando un sistema fiscale basato sul consenso della Dieta. Se da un lato questo sistema garantiva la pace sociale dall’altro rendeva il principe esposto al “ricatto” degli stati. Nel 1437 di fronte ad un possibile conflitto contro la Confederazione Elvetica, Federico chiese alla dieta di concedergli di levare una tassa per le esigenze della guerra3 , la dieta autorizzò il prelievo non senza aver ottenuto una congrua contropartita 4 che portò agli stati anche il diritto di consenso al prelievo fiscale (Steuerbewilligungsrecht). Con Sigismondo questo sistema di scambio tasse contro privilegi, che faceva presagire uno sviluppo dualistico dello stato regionale, subì un’interruzione; nei primi anni di regno il principe poté fare a meno delle concessioni degli stati perché poté rifornire le casse dell’erario con l’argento proveniente dalla miniera di Schwaz, che era stata scoperta proprio in quegli anni. I problemi per Sigismondo, detto il danaroso, cominceranno negli ultimi anni di regno in seguito alle difficoltà finanziarie in cui si venne a trovare per il suo stile di vita estremamente dispendioso. Per ovviare a questa carenza di liquidità, egli iniziò ad impegnare le fonti di entrata della Contea. Furono soprattutto i Wittelsbach ad approfittarne. Tanto che poi fu quasi naturale il passo successivo, poiché Sigismondo era senza eredi propose, sempre in cambio di danaro di cedere la successione alla Contea del Tirolo alla famiglia Wittelsbach. Egli si imbarcò inoltre, senza motivi particolari, in una guerra contro Venezia che non condusse a nessun cambiamento territoriale. A questo punto intervennero gli stati per mettere fine all’inutile guerra e alla possibile successione di un Wittelsbach in Tirolo, estromettendo il Conte dal governo. L’estromissione venne giustificata insinuando l’immagine di un uomo ormai anziano e prigioniero di una cerchia di cattivi consiglieri, i Böse Räte che avevano spinto il paese alla bancarotta e il signore alla follia. Nel 1487 Sigismondo veniva costretto a licenziare i cattivi consiglieri, il governo finì nelle mani degli stati, il principe fu messo sotto tutela e tre anni dopo sostituito da Massimiliano. Durante il regno di Massimiliano la Dieta riuscì a strappare concessioni all’Imperatore solo alla fine del suo regno, dopo che il Tirolo era stato usato da Massimiliano per portare avanti la sua politica dinastica. La politica di collaborazione con gli stati arriva in un momento in cui l’imperatore aveva bisogno dei Knechte tirolesi per la guerra contro Venezia; così come il provvedimento del 1502 di estendere l’Erbleirecht a tutti i contadini dei territori direttamente sottoposti alla sua giurisdizione. Nel 1511 la dieta costrinse Massimiliano ad un compromesso codificato nel così detto Landlibell. 159. Giornata buia, Pieter Bruegel il Vecchio, 1563. 160. I setti peccati e le virtù nella città, Hieronymus Bosch, XVI sec. 161. Il lavoro dei campi, XVI sec. Note 1 Cfr. KÖFLER W., Geschichte der Tiroler Landtage von den Anfängen bis zur Aufhebung der landständischen Verfassung 1808, “Veröffentlichungen des Tiroler Landesarchivs”, vol. 3, Innsbruck 1985, pp. 34-40. 2 Cfr. BLICKLE P., Landschaften im Alten Reich. Die Staatliche Funktion des gemeinen Mannes in Oberdeutschland, München 1973 p. 167. 3 KÖFLER W., Geschichte der Tiroler Landtage, op. cit., p.97. 4 La Dieta chiedeva tra l’altro il diritto di nomina del Landeshauptmann, chiedeva che il conio di monete rispettasse i modelli in uso, la diminuzione dei prezzi del sale e delle dogane. Ivi, p. 101. 161 160 CINQUECENTO 61 Gli strumenti del diritto nel 1500 Il Landlibell Nel 1511 l’Imperatore convocò una dieta ad Innsbruck a cui parteciparono anche i nuovi territori che si erano aggiunti al Tirolo, la Pusteria e la signoria di Lienz, acquisiti per l’estinzione della dinastia dei conti di Gorizia, nonché i principati vescovili di Trento e Bressanone che venivano così sempre più strettamente legati alla contea. Venne elaborato uno strumento giuridico noto con il nome di Landlibell. Si trattava di uno strumento che regolamentava allo stesso tempo la difesa territoriale e la materia fiscale; esso arrivava in un momento in cui la regione, stremata dai continui prelievi tanto di uomini quanto di danaro imposti da Massimiliano per portare avanti 162 la sua politica dinastica, chiedeva regolamentazione e certezza per quanto riguardava il prelievo fiscale e il servizio di leva. L’impero Figlio di un imperatore, Massimiliano si sentiva in un certo senso chiamato a ricoprire a sua volta il ruolo di imperatore, sentiva come fosse un incarico divino quello di ricostituire un impero universale. Questo immenso territorio non è però omogeneo, è un coacervo principati, di signorie più o meno grandi, di città, libere o imperiali che riconoscevano all’imperatore un’autorità più formale che sostanziale. Ai fini della nostra narrazione ci interessa mettere in luce soprattutto la differenza che si viene evidenziando tra il territorio del “Sacro romano impero della nazione tedesca” e le nuove entità nazionali che si vanno formando: la Spagna, la Francia, la Gran Bretagna. Alla forza delle burocrazie statali, degli eserciti reclutati su base nazionale, di risorse basate sulla raccolta fiscale, alla politica guidata in maniera univoca da un sovrano al cui servizio sono le risorse dello stato, si contrappone un impero in cui prevalgono i rapporti di tipo feudale, dove l’imperatore non dispone di un esercito e dove agiscono potenti forze centrifughe. I poteri dell’imperatore, teoricamente vastissimi, sono di fatto limitati dalla Dieta che lo affianca, dove siedono i principi elettori, i rappresentanti dei nobili, laici e ecclesiastici, e quelli delle città. Massimiliano I d’Asburgo tentò di riformare la costituzione imperiale con l’introduzione di un tribunale camerale, e con una riforma fiscale che però ebbe successo solo nei territori della casa d’Asburgo. 164 162. Veduta di Innsbruck, Albrecht Dürer, 1494. 163. Veduta di Trento, Albrecht Dürer, 1495. 164. Un consorzio di mercanti, 1470 ca. 165. Schaffausen, incisione su legno, 1548. L’importanza del Tirolo per Massimiliano Per realizzare la sua visione politica universalistica il Tirolo finì col rivelarsi un elemento fondamentale. Rispetto ai domini asburgici, che all’inizio del Cinquecento non si presentavano ancora come uno stato unitario bensì come un insieme di piccoli territori ognuno con le proprie peculiarità, “in ciascuno di questi territori si trovava una dieta di stati, diversi diritti territoriali (Landrechte), ceti ostinati e soprattutto nessuna coscienza di appartenenza ad una comune patria austriaca.1 ” Il Tirolo spiccava tra questi poiché aveva conosciuto una precoce costituzione in stato regionale2 . Nella seconda metà del ’200 infatti Mainardo II aveva unificato la regione eliminando la violenza feudale, limitando il 163 62 CINQUECENTO 165 potere temporale della Chiesa e imponendo una struttura amministrativa centralizzata alle dirette dipendenze del principe territoriale. Questa struttura garantiva a Mainardo una notevole capacità di controllo del territorio e una efficace riscossione dei tributi che gli assicurava i mezzi finanziari necessari alla sua politica. La struttura amministrativa mainardina si mantenne sul territorio anche se non più al servizio di un autorità centrale forte; ma, oltre a questa capacità di prelievo fiscale, altri erano i motivi di interesse finanziario che nel Quattrocento e nel Cinquecento fecero del Tirolo una delle regioni più redditizie d’Europa. La scoperta di miniere di argento e di rame a Schwaz “la madre di tutte le miniere”3 , e le altre sparse sul territorio, esercitarono su Massimiliano un notevole potere di attrazione contribuendo in maniera decisiva a fare del Tirolo la sua regione “preferita”. Oltre ad avere un ruolo economico di primaria importanza, la regione si trovava al centro dei possedimenti asburgici, collegamento ideale fra tutti i territori su cui Massimiliano aveva messo le mani. La regione si collocava come punto d’unione tra l’Italia e l’Impero. L’unione che si realizzò alla fine del ‘400 tra il suo ruolo finanziario di prima grandezza e la sua centralità rispetto agli interessi territoriali degli Asburgo imposero il Tirolo come centro geopolitico di importanza vitale nell’economia politica massimilianea. Innsbruck vide esaltato il proprio ruolo di capitale regionale, tanto da diventare virtualmente la capitale dell’Impero. Quell’impero da cui Massimiliano, nonostante i tentativi di riforma, non poteva certo aspettarsi l’aiuto di cui necessitava per la sua politica dinastica, aiuto che dovette quindi reperire altrimenti. La situazione finanziaria lasciata da Sigismondo era però disastrosa, Massimiliano si trovò costretto ad imporre nuove forme amministrative, basate sulla divisione tra reggimento e camera, nuovi sistemi finanziari e uno stretto legame con i grandi capitalisti delle città sveve e bavaresi. 168 166 166. Massimiliano I, XVI sec. 167. Il contadino di fronte al signore, Incisione su legno, 1497. 168. L’interno dell’arsenale a Innsbruck, 1507. 169. Minatori durante il lavoro, Schwazer Bergbuch, 1556. 167 La struttura del Landlibell Il Landlibell rimase fino al XIX secolo la base per il calcolo delle imposte e dell’organizzazione militare. Attraverso questo contratto, che si basava su antiche consuetudini, il signore poteva disporre del diritto di chiamata alle armi dei suoi sudditi solo per la difesa del territorio tirolese, e non per condurre guerre d’aggressione. Ma l’imperatore con l’appoggio della nobiltà e degli ecclesiaistici riuscì ad ovviare a questa norma. Nel 1510 Massimiliano condusse una guerra contro Venezia che si protrasse fino al 1516 quando la dieta decise di rifiutare ogni altra richiesta di imposte straordinarie e lo costrinse a firmare la pace. La mobilitazione era per il primo mese di operazioni, a carico degli stati, dopodiché era il principe a doversi far carico dei 169 costi di gestione e di garantire agli uomini impegnati nelle operazioni la paga del soldato. I costi ammontavano a 10 Gulden per cavaliere e 4 per un Knecht. Il Landlibell stabiliva poi che solo con il consenso della dieta il principe avrebbe potuto mobilitare la milizia. Il principe si trovava quindi apparentemente del CINQUECENTO 63 tutto subordinato ai ceti, che dovevano autorizzare la chiamata alle armi, che garantivano la copertura dei costi per il primo mese di operazioni e di conseguenza si affiancavano al principe nel comando militare. Nel Landlibell si stabiliva qual era il contingente militare che stati e territori dovevano mobilitare; si andava da 1.000 a 20.000 uomini a seconda della gravità del pericolo: il 36% di cui era a carico di nobili e prelati inclusi i due principati, il 48 % spettava alle città e ai distretti, il 10 % toccava alla Pusteria e il restante 6 % ricadeva sui distretti bavaresi di Kitzbühel, Kufstein e Rattenberg . 171 170. Carro da combattimento con uomini armati, fine XV sec. 170 Il contingente base era di 5000 uomini che venivano quindi così ripartiti: nobili e prelati città e distretti Val Pusteria distretti bavaresi 1800 2400 500 300. 171. Tre uomini in armi, disegno di Albrecht Dürer, 1489. 172. Consiglio di guerra, disegno di Urs Graf, 1515. L’obbligo di leva Il Landlibell prevedeva la mobilitazione di uomini da tutta la contea. Ad esempio per quanto riguarda la città di Merano (Landgericht Meran), il distretto (Landesviertel Burggraffenamt), erano previste le quote di mobilitazione riassunte nella tabella seguente. Questi numeri valevano in caso di una “piccola mobilitazione” di 5000 uomini, e vanno moltiplicati se veniva chiamata una leva di 10, 15, o 20.000 uomini. 172 Quote di mobilitazione Città e distretti 64 Lanzichenecchi Merano distretto di Merano Val Passiria Val d’Ultimo Stein, con Lana e Marlengo e Cermes Scenna Tesimo Postal Gargazzone Foresta Meltina 25 67 30 30 43 17 15 2 2 1,5 10,5 Totale 243 CINQUECENTO a cui andavano aggiunti i Knechte, che dovevano fornire nobili e ecclesiastici nelle seguenti proporzioni: Monastero Clarisse a Merano Parrocchia di Merano Nobili Masi dello scudo in Val Passiria Burgfried e Castel Tirolo Totale 173 173. Presa di una città, Albrecht Dürer, incisione su legno inizio XVI sec. 174. Contadini, Hans Seebald Beham, incisione su rame 1546. 175. La mietitura, Pieter Bruegel il Vecchio, 1565 (particolare). 174 Lanzichenecchi 3 3 30 1 5 42 Nel suo insieme il Landesviertel doveva fornire in tutto 285 Knechte divisi tra città e distretti, nobili e prelati4 . La mobilitazione non riguardava però solo un Viertel, ma sempre due confinanti. Il burgraviato, inteso in senso più esteso era legato all’insieme dei distretti della Val Venosta (il Landesviertel Vintschgau). Numeri che possiamo confrontare con quelli di altre città tirolesi per renderci conto anche delle dimensioni di Merano in relazione ad altre realtà della regione. Altre città tirolesi5: Città Bolzano e Gries Hall Innsbruck Matrei Lienz Brunico Bressanone Trento 175 Lanzichenecchi 97 58 45 12 9 16 20 100 Secondo un ordinamento del 1663 questa leva veniva chiamata Milizia territoriale (Landmiliz) e veniva divisa in quattro reggimenti di 2000 - 2500 uomini. Ognuno di questi era formato da uomini provenienti da distretti confinanti: il Viertel dell’Adige e il Burgraviato; la Val Venosta e la Val di Non. Ogni reggimento era diviso in 6 compagnie. Gli ufficiali erano nobili della zona, i militari cittadini e contadini6. Quanti erano sottoposti all’obbligo di leva erano chiamati nel corso dell’anno ad alcuni giorni di esercitazioni, mentre i periodi di mobilitazione si allungavano in caso di pericolo. Nelle città tirolesi, sin dal XV secolo si trovano associazioni di tiratori (Schützengesellschaften), e poligoni di tiro. Ogni anno il principe territoriale metteva in palio, in ogni comune un premio per il miglior tiratore. I migliori tiratori erano esentati dal servizio nella milizia territoriale, mentre in caso di guerra costituivano compagnie proprie le Scheiben-schützen, compagnie di tiratori scelti7 . Oltre alla milizia e alle compagnie di tiratori scelti esistevano anche i Land-sturm, compagnie che venivano chiamate alla mobilitazione in caso di estremo pericolo per la contea, quando il nemico era ormai entrato nel territorio. Erano compagnie formate dagli uomini anziani, che non facevano più parte del contingente della milizia territoriale8 . Il calcolo delle tasse Questa precisa suddivisione del contingente militare era anche la base per il calcolo e per la divisione delle imposte tra i ceti, che venivano calcolate proporzionalmente al numero di Knechte che si dovevano mobilitare. Se ad esempio i ceti avevano autorizzato la riscossione di una tassa di 50.000 Gulden, la città di Merano doveva raccogliere tra i suoi cittadini una somma complessiva di 249 Gulden. Cifra che risulta da un semplice calcolo: si utilizza come riferimento il contingente base di 5000 uomini, in questo caso alla città di Merano spettava la mobilitazione di 25 Knechte, che tradotto in danaro significano un esborso di 20.000 gulden per tutto il territorio trentinotirolese (5000 uomini X 4 gulden), e per la città un costo di 100 gulden, (25 uomini x 4 gulden) CINQUECENTO 65 Se la tassa da raccogliere è di 50.000 gulden per tutto il territorio tirolese, la quota spettante a Merano va ricalcolata in proporzione. La cifra doveva essere moltiplicata per 2,5 (perché 50.000 è 2,5 volte maggiore di 20.000, che è la cifra che servirebbe a pagare il contingente base di 5.000 uomini, posto un esborso di 4 Gulden per testa), si ottiene quindi che la città dovrebbe mobilitare non più 25 ma 62,5 Knechte che per il costo unitario di 4 Gulden danno una somma complessiva di 249 Gulden. Questo sistema di calcolo rimase in uso per diverso tempo in Tirolo; naturalmente il costo base del Knechte veniva di volta in volta aggiornato, ma il potere di contrattazione degli stati dagli anni Trenta del secolo XVI andò progressivamente scemando, e l’autorizzazione alla riscossione delle imposte divenne un fatto puramente formale; la dieta andò via via trasformando la propria natura di organo “alternativo” al principe e al suo apparato di potere in istituzione sempre più conforme al sistema. 177 176 178 176. Sacco di un paese, Johannes Stumpf, incisione su legno 1592. Note 1 WIESFLEKKER H., 1984 p. 65. 2 Cfr. “Il sogno di un principe. Mainardo II- La nascita del Tirolo”, in particolare il saggio introduttivo di Riedmann J., e la ricca bibliografia. 3 E’ il titolo di un articolo di EGG E., Schwaz ist aller Bergwerke Mutter, pubblicato nel 1971, in Beiträge zur Geschichte Tirols. 4 SARTORI T.- MONTECROCE, p. 331 sg. 5 Ivi, pp. 326-334. 6 STOLZ O., 1956 p. 90. 7 Ivi, p. 91. 8 Cfr. STOLZ O., 1956 p. 91. Per saperne di più “Il sogno di un principe. Mainardo II- La nascita del Tirolo”, catalogo della mostra, Tirolo 1995, in particolare il saggio introduttivo di J. Riedmann, e la ricca bibliografia. BELLABARBA M., I Principati vescovili di Trento e Bressanone nei primi secoli, in G. Delle Donne (a cura di), Incontri sulla storia dell’Alto Adige, Bolzano 1994, pp. 19-34. BELLABARBA M., La giustizia ai confini. Il principato vescovile di Trento agli inizi dell’età moderna, Bologna 1996. COLE J. W. - WOLF E. R., La frontiera nascosta. Etnologia ed etnicità fra Trentino e Sudtirolo, [trd. it. de The Hidden Frontier. Ecology and Ethnicity in an Alpine Valley, New York & London 1974], S. Michele all’Adige/Trento 1993. KÖFLER W., Geschichte der Tiroler Landtage von den Anfängen bis zur Aufhebung der landständischen Verfassung 1808, “Veröffentlichungen des Tiroler Landesarchivs”, vol. 3, Innsbruck 1985. RIEDMANN J, Spätmittelater (1250-1490), in FONTANA J. (a cura di) Geschichte des Landes Tirol, Von den Anfängen bis 1490, Bolzano-Innsbruck-Wien 1985, pp.399-532. VARANINI G. M., I conti del Tirolo, i principati vescovili di Trento e Bressanone. Loro rapporti con le signorie e i comuni del’Italia settentrionale nei secoli XIII-XIV, in G. Delle Donne (a cura di), Incontri sulla storia dell’Alto Adige, Bolzano 1994, pp. 7192. VIAZZO P.P., Comunità Alpine. Ambiente, popolazione, struttura sociale nelle Alpi dal XVI secolo ad oggi,[trd. it. de Upland Communities. Enviroment,population and social structure in the Alp since the sixteenth century, Cambridge 1989], Bologna 1990. 66 CINQUECENTO 177. Il cosiddetto Figliuol Prodigo, Hieronymus Bosch, XVI sec. (particolare). 178. Usuraio presta danaro ad un nobile, incisione su legno 1487. 179. Venditore di tessuti, Norimberga 1518. 179 180 La guerra contadina tirolese Lunedì 15 aprile 1532, Padova. Nelle prime ore del mattino, si sentirono dei rumori davanti alla casa in cui abitava la famiglia Gaismair, e qualcuno bussò alla porta. Gaismair saltò dal letto, si vestì in fretta si mise la cintura, prese il pugnale d’argento ed uscì di casa per andare a vedere se era tutto in ordine. Appena fu sulle scale gli venne incontro il suo amico Jacometo Cvalcatore, un mercante di cavalli, Jacometo aveva con se due sconosciuti, e disse che era riuscito a procurarsi delle briglie. Gli sconosciuti erano mercanti di finimenti, e volevano provare ai cavalli di Gaismair certe nuove briglie. Nella stalla si trovava uno stalliere […] Jacometo lo mandò a prendere del sale e cercò di tenerlo occupato il più possibile […] Appena lo stalliere lasciò la stalla, i finti mercanti si lanciarono sull’ignaro Gaismair e lo gettarono a terra. Anche Jacometo si scagliò su di lui. Prima che il capitano, ormai ferito, potesse estrarre la sua arma, giaceva a terra in un lago di sangue, colpito da 42 pugnalate. Il garzone che aveva sentito le urla si affrettò a correre in aiuto del suo signore ma fu anch’egli assassinato1. Ad assassinare Michael Gaismair furono due sicari mandati dal principe del Tirolo FerdinandoI, che per sette anni dalla fuga di Gaismair dal Tirolo aveva continuato a promettere forti somme di danaro per l’assassinio del Gaismair. Gaismair, dopo il fallito tentativo di suscitare una nuova rivolta in Tirolo, fu costretto a ritirarsi con il suo esercito ad Agordo, nel territorio della repubblica di Venezia -per sottrarsi alle truppe di mercenari della lega sveva- dove venne ben accolto e dove sperava di ricevere aiuto per riprendere la guerra in Tirolo. Entrò, con le sue truppe, a servizio, come capitano, della Repubblica che in quel periodo era impegnata nella lega di Cognac nata per contrastare le mire egemoniche di Carlo V sull’Italia, mentre l’arciduca Ferdinando metteva una taglia sulla sua testa e inviava delle spie per controllarne i movimenti. Gaismair esce così dal Tirolo per entrare nel vivo della politica internazionale, dove le sue aspirazioni legate ad una possibile invasione della regione erano destinate a rimanere tali. Le notizie su Gaismair lo vedono combattere con il suo esercito davanti a Cremona (agosto 1526), poi ancora a in novembre sempre nei pressi di Cremona si batteva contro le truppe imperiali, nell’estate del 1527 è in Umbria dove si era spostata l’azione militare. Nonostante i suoi servigi a favore della Repubblica, non riuscì però ad ottenere appoggio per un’invasione del Tirolo e decise quindi di ritirarsi a vita privata a Padova, dove poteva contare sulla protezione del podestà e di una pensione che la repubblica gli concesse. Fino al fatidico 15 aprile 15322. Con Gaismair 183 scompare uno dei più brillanti comandanti della guerra contadina. 182 180. Contadino in armi, XVI sec. 181. Mercenario, incisione su legno XVI sec. 182. Presunto ritratto di Michael Gaismair. 183. La mietitura, Pieter Bruegel il Vecchio, 1565 (particolare). 181 CINQUECENTO 67 186 A-H. Alle radici del conflitto Una delle caratteristiche dell’economia europea, dalla caduta del184 l’Impero romano sino al tardo medioevo, è stata la cronica scarsità di metalli preziosi che permetteva di coniare solo una piccola quantità della moneta necessaria all’economia dell’epoca. La ricerca di metallo prezioso, oro in particolare, è la molla che spinse i conquistadores spagnoli, ma lo stesso Colombo non era immune da questo desiderio, a lasciare il loro paese e a commettere ogni genere di nefandezze pur di raggiungere i loro scopi. Prima che l’arrivo dell’oro e dell’argento spagnoli facessero sentire i loro effetti in Europa fu necessario aspettare la seconda metà del XVI secolo. Le cose però cominciarono a cambiare prima dell’arrivo dell’oro e dell’argento dal Messico e da Perù, quando, nella seconda metà del Quattrocento, vennero scoperti importanti giacimenti d’argento nell’Europa centrale, e in Tirolo in particolare. Dalle miniere di Schwaz, a pochi chilometri da Innsbruck provenivano i due terzi dell’argento estratto nelle miniere di questa parte d’Europa3. Impiegati nell’estrazione vi erano già nel 1490 oltre 7000 minatori che facevano di Schwaz il centro più popolato della regione. La presenza dei minatori, lavoratori specializzati e quindi ben pagati dalle imprese minerarie finì col far crollare il delicato equilibrio economico della regione. I centri minerari erano luoghi dove circolava molta moneta che i lavoratori dovevano usare per comprare ciò di cui avevano bisogno, inevitabilmente, secondo la fondamentale legge dell’economia: in presenza di una forte domanda i prezzi finirono col crescere. L’aumento dei prezzi dei beni di prima necessità mise in crisi i contadini e quanti non arrivavano a guadagnare quanto un minatore. Per acquistare 1 Yhre di vino (78 litri) un messo dell’abbazia di Novacella, pagato 2 kreuzer al giorno, doveva lavorare 66 giorni, ad un minatore, il cui compenso era pari a 10 kreuzer, erano invece sufficienti 13 giorni4. La regione si trovò ad essere una delle più ricche d’Europa ma di questa ricchezza i suoi abitanti non ne beneficiarono se non in minima parte. Le miniere divennero il mezzo di pagamento più comodo utilizzato dai principi per mantenere il loro sfarzoso tenore di vita o per finanziare la loro 185 politica di potenza, il sistema utilizzato era quello di dare i vari giacimenti in appalto ad un impresa mineraria. A poter garantire le condizioni più vantaggiose erano i grandi imprenditori “stranieri”, i Fugger in particolare5. All’inizio del Cinquecento, durante il regno di Massimiliano I il Tirolo acquisì un ruolo di primo piano nello scacchiere politico europeo, il connubio che si realizzò tra il suo ruolo finanziario di prima grandezza e la sua centralità rispetto agli interessi territoriali degli Asburgo imposero il Tirolo come centro geopolitico di importanza vitale nell’economia politica massimilianea. La presenza di miniere di argento e di rame a Schwaz “la madre di tutte le miniere” 6, e le altre sparse sul territorio, esercitarono su Massimiliano un notevole potere di attrazione contribuendo in maniera decisiva a fare del Tirolo la sua regione “preferita”7 . Innsbruck vide esaltato il proprio ruolo di capitale regionale, tanto da diventare virtualmente la capitale dell’Impero, 68 CINQUECENTO A 184. L’oceano Atlantico e i continenti che vi affacciano, Battista Agnese (attr.) 1550. 185. Jacob Fugger e il suo capo-contabile, miniatura, Augsburg 1520. 186. A-H Il lavoro nella miniera, Agricola, incisione su legno 1556. 187. Trittico dell’Epifania, part. Dell’adorazione dei re Magi, Hieronymus Bosch, 1510. B C D E F quell’Impero da cui Massimiliano, nonostante i tentativi di riforma, non poteva certo aspettarsi l’aiuto di cui necessitava per la sua politica dinastica, aiuto che dovette quindi reperire altrimenti. La politica e le guerre di Massimiliano finirono con il creare una situazione fortemente conflittuale: “L’imposizione del diritto romano e l’eliminazione delle libertà locali al posto del diritto consuetudinario germanico, le guerre che interruppero il flusso commerciale ed appesantirono la situazione agro-pastorale, le devastazioni dovute ai passaggi di truppe, la trasformazione dell’attività mineraria da locale in imprenditoriale ed internazionale, i divieti di caccia e pesca e dell’uso dei diritti comunitari tradizionali nella vita di montagna, l’aumento delle tasse ordinarie e straordinarie, cui si aggiunsero carestie pestilenze e inondazioni, non fecero che rendere esplosiva una situazione strutturalmente debole ed economicamente arretrata8”. Negli anni dal 1510 al 1525, la regione si trovò a vario modo coinvolta in guerre contro Venezia, contro Milano, contro i Turchi che erano arrivati in Craina, che necessitarono l’esborso di oltre 2 milioni di fiorini renani in tasse straordinarie. Catastrofi naturali, annate di cattivi raccolti ed epidemie non mancarono di aggravare 187 la situazione. A fare le spese della situazione di disagio che si venne creando nei primi decenni del Cinquecento furono soprattutto le categorie più deboli, quella dei contadini poveri e non proprietari, e anche quella dei minatori sempre più sfruttati da famiglie o gruppi finanziari molto attenti a trarre dalle concessioni minerarie il massimo profitto possibile. Negli anni 20 del ‘500 i Fugger monopolizzavano le minieri tirolesi rendendo sempre più dure le condizioni di lavoro e salario per i minatori. I banchieri di Asburgo erano tra i pochi a poter prestare le somme di denaro necessarie a principi e imperatori per evitare loro di venire a patti con le diete, nel 1525 il signore territoriale del Tirolo doveva a Fugger 415.000 fiorini, e solo di interessi dovevano pagare 77.000 fiorini l’anno, per poter restituire la somma non restava che dare in pegno i beni del territorio: miniere e giurisdizioni. La borghesia e la piccola nobiltà non traevano più alcun vantaggio da questo stato di cose, poiché non riuscivano a fare concorrenza agli imprenditori esteri che appaltavano miniere e giurisdizioni9, sottraendo così ai locali possibili fonti di rendita e di potere. Massimiliano morì nel 1519, ma la situazione non mutò, anzi il nuovo governatore tirolese fu nominato solo alcuni anni più tardi nel 1523, si trattava dell’arciduca Ferdinando I nipote di Massimiliano, che doveva governare per conto del fratello, l’imperatore Carlo V d’Asburgo. Nel frattempo la contea fu retta da un viceluogotenete, Gabriel de Salamanca. Il Salamanca, spagnolo, come l’arciduca Ferdinando e Carlo V, che appartenevano al lato spagnolo della casa degli Asburgo rappresentava la nuova fase politica che escludeva la nobiltà locale e che non intendeva venire a patti con chicchessia, perché chi regna lo fa per diritto divino e non deve dividere il potere con nessuno. Ferdinando I arrivando in Tirolo fece capire subito che il suo “stile” era diverso, i nobili che volevano ribellarsi vennero puniti e quattro di loro furono pubblicamente giustiziati, dopodiché impose agli stati una tassa di 150.000 fiorini10. L’ingenua fiducia che i ceti tirolesi, soprattutto quelli più bassi, avevano sempre posto nel “principe buono” capace di eliminare i soprusi cominciava a vacillare, mentre nobili ed ecclesiastici, i due principi vescovi in testa, si accordavano con il nuovo signore territoriale. Testimone di questi primi atti del nuovo principe era anche Michael Gaismair, in quell’occasione uno degli scrivani della dieta. CINQUECENTO 69 Su questo terreno, particolarmente 188 sensibile, trovò ampio ascolto la predicazione religiosa riformata, che faceva sperare in una società più giusta e in una purificazione della Chiesa. Nel secondo decennio del Cinquecento la situazione stava rapidamente evolvendo preparando il terreno a forme di protesta anche violenta. La guerra contadina cominciò in Tirolo nel maggio del 1525 quando alcuni contadini liberarono Peter Passler che stava per essere giustiziato a Bressanone per aver dichiarato faida11 al vescovo, ed era stata preceduta in gennaio da alcune rivolte di minatori della zona di Schwaz. Peter Passler era un contadino alla cui famiglia era stato negato, da parte del Vescovo di Bressanone, un diritto fondato sull’antica tradizione. Peter reagì a quello che considerava un sopruso e dichiarò la sua ostilità al vescovo cominciando una serie di azioni per vendicare l’ingiustizia subita. Il vescovo non riconobbe al Passler il diritto di faida e lo dichiarò delinquente abituale. In breve Passler divenne agli occhi dei tirolesi un combattente per le libertà per la giustizia contro la nobiltà. Ci volle parecchio agli uomini del vescovo per catturarlo, e quando, dopo sei mesi di carcere stava per essere giustiziato la tensione nella città di Bressanone era altissima, tensione che si trasformò in aperta ribellione. Nella Germania meridionale erano già scoppiate rivolte da alcuni mesi e le notizie che arrivavano animavano anche i contadini tirolesi. Il giorno dopo la liberazione del Passler i rivoluzionari si riunirono a Millan e da li entrarono ed occuparono la città di Bressanone, e con l’aiuto dello scrivano del vescovo Michael Gaismair occuparono anche il palazzo vescovile, senza però devastarlo come fecero con le case dei notabili della città. Poi la rivoltà si ampliò e coinvolse quasi l’intero territorio del Tirolo, i contadini assaltarono il monastero di Novacella. In quell’occasione Gaismair venne eletto a capo della ribellione. Ma chi era Michael Gaismair? Di lui sappiamo che era nato attorno al 1490 a Ceves (Tschöfs) presso Vipiteno figlio di una famiglia di contadini e di piccoli imprenditori minerari, sappiamo che frequentò la scuola latina gestita dall’ordine teutonico a Vipiteno, e presumibilmente una qualche università italiana. Il destino di Michael e della sua famiglia è determinato dallo sviluppo minerario che rappresentò una scorciatoia per l’ascesa sociale. Contadini benestanti e con capacità imprenditoriali si gettano nel nuovo “business” diventando imprenditori minerari, consolidando la propria posizione con qualche carica cittadina, e soprattutto facendo studiare i propri figli per migliorare la posizione sociale della famiglia. Nell’arco di due, tre generazioni queste famiglie compiono un salto, un’ascesa sociale praticamente impensabile in condizioni normali. La famiglia di Martin Lutero, forse il principale protagonista dei prima anni del Cinquecento, compie un percorso analogo, Martin destinato allo studio del diritto equindi ad entare nel novero dei notabili cittadini ha però altri interessi e seguirà la sua vocazione12. Nel 1518 Michael entra al servizio del capitano all’Adige Leonhard von Voels come segretario. All’inizio del 1525 lo troviamo al servizio del principe vescovo di Bressanone, Sebastian Sprenz, e a pochi giorni dallo scoppio della rivolta lo troviamo a capo degli insorti. In questa sua veste Gaismair avrebbe proposto il 14 maggio ai ribelli riuniti nell’abbazia di 70 CINQUECENTO G H 189 188. Il Tirolo nel XVI sec. 189. Prete, Jost Amman, incisione su legno XVI sec. 190. Il monaco, Jost Amman, incisione su legno XVI sec. 191. Settembre, dal ciclo dei mesi di Hans Wertinger, inizio XVI sec. 190 Novacella un importante Cahier de doléances destinato a servire come base per una trattativa con l’arciduca d’Austria e conte del Tirolo, Ferdinando. Perché Michel Gaismair venne scelto come capo della ribellione lo spiega un grande storico come Josef Macek che a Gaismair ha dedicato un “Già dalle sue prime azioni avevano dimostrato che era un buon capitano, […] Oltre a ciò era il più colto tra i ribelli, aveva la visione del politico, sapeva dar forma a documenti e 191 lettere, poteva trattare coi gentiluomini e funzionari. [… ]Ma tutti questi requisiti non sarebbero stati sufficienti se Gaismair non avesse goduto della piena fiducia dei comitati segreti.” Nel frattempo la rivoluzione dilagava: - a Vipiteno la folla saccheggiò la commenda dell’Ordine teutonico; - in val Pusteria venne saccheggiato il monastero di Sonnenburg; - venne assalito il castello di Presule, sede del capitano all’Adige Leonhard von Voels; - monasteri e castelli vennero assaltati in tutta la regione, vennero bruciati gli urbari, i registri delle tasse. Il 13 maggio cominciarono a combattere anche i contadini dei dintorni di Bolzano, aiutati da quelli di Bressanone, e il giorno dopo occuparono la città. Anche nei dintorni di Merano furono assaltati e devastati dei monasteri, anche quello delle Clarisse che si trovava in città. Rivolte scoppiarono anche nel principato vescovile di Trento. Rivoluzionari tedeschi e italiani si unirono nelle azioni e nelle rivendicazioni, mentre nel Tirolo del nord l’arciduca Ferdinando era riuscito ad imbrigliare la protesta di contadini e minatori facendo molte promesse. Ciò che bisogna rimarcare è la grande impressione che i fatti rivoluzionari suscitarono nei contemporanei, erano eventi eccezionali che suscitarono profonda impressione, sia tra i contadini che tra i nobili, che passata la prima paura, ricorsero a milizie mercenarie non solo per sconfiggere i ribelli ma per annientare anche la memoria della ribellione. Gaismair resta nel castello di Bressanone a mantenere l’ordine, senza partecipare né alla Dieta autoconvocata di Merano né a quella di Innsbruck, delle quali avrebbe ispirato i gravami. Per coordinare l’azione insurrezionale, che si svolse prevalentemente nel Tirolo del sud, venne convocata per la fine del mese una Dieta a Merano, Dieta che si concluse alcuni giorni dopo con la stesura di una serie di rivendicazioni, da sottoporre al principe territoriale, note come articoli meranesi. Pochi giorni dopo la conclusione della Dieta meranese si apriva una Dieta, convocata ad Innsbruck da Ferdinando I, dove gli articoli meranesi vennero discussi e uniti con quelli dei nordtirolesi, dando origine a un gravamen di quasi 100 articoli, che doveva costituire la base della Landesordnung. La Dieta di Innsbruck fu un importante passo che l’arciduca Ferdinando fece per guadagnare tempo. Mentre i contadini si riunirono per discutere l’arciduca aspettava che le truppe della lega sveva avanzassero verso il Tirolo mentre sconfiggevano i contadini sollevatisi in Germania. La Dieta di Innsbruck si concluse con un compromesso fra gli insorti e l’arciduca che non piacque però ai sudditi dei due Principati vescovili di Trento e Bressanone, le cui richieste sarebbero rimaste disattese, e Gaismair ne animò la resistenza. La Dieta terminò i lavori il 12 luglio. Anche durante il suo svolgimento non erano mancate agitazioni violente. I contadini furono quindi definitivamente sconfitti in settembre dalle truppe dell’Arciduca13. Chiamato ad Innsbruck con uno stratagemma a metà agosto e subito messo in prigione senza processo vi rimase per sette settimane, finché non gli riuscì di fuggire (7 ottobre). Questo contegno delle autorità tirolesi lo avrebbe spinto su posizioni sempre più radicali. Attraverso CINQUECENTO 71 i Grigioni il leader contadino sarebbe fuggito a Zurigo dove avrebbe conosciuto Ulrich Zwingli e ne avrebbe abbracciato la riforma. Mentre Gaismair era trattenuto a Innsbruck le truppe mercenarie di Ferdinando domavano i focolai di resistenza, passavano nei villaggi e distruggevano le case dei capi ribelli, arrestandoli per giustiziarli in città. Molti rivoluzionari scapparono in Svizzera. Così fece anche Gaismair, che si stabilì a Klosters nel Prettigau grigionese dove secondo la tradizione storiografica vi avrebbe compilato, tra il gennaio e il marzo 1526, degli statuti (la Landesordnung) concepiti come alternativa rivoluzionaria al compromesso di Innsbruck. Sulla questione della Landesordnung rimandiamo al contributo del professor Politi che sostiene una tesi diversa, secondo i suoi studi: sulla base degli esemplari esistenti e delle vicende biografiche di Gaismair non sarebbe lui l’autore materiale del documento. In essi si traccerebbe il progetto d’una repubblica di contadini e minatori da cui sarebbero stati banditi ogni disuguaglianza cetuale e ogni privilegio. A Bressanone avrebbero dovuto aver sede sia il Reggimento del Paese, elettivo, sia una scuola superiore di esegesi biblica; il culto delle immagini e la messa sarebbero state abolite, la giustizia esercitata da ufficiali elettivi e retribuiti dallo Stato. Sotto il profilo economico, gli statuti gaismairiani - o presunti tali- prevedevano che tutte le attività artigianali fossero concentrate a Trento e i rispettivi prodotti fossero venduti a puro prezzo di costo, sotto controllo statale. In ambito minerario avrebbe progettato inoltre una totale eliminazione degli imprenditori forestieri e nobili e affermato il principio secondo cui le ricchezze del sottosuolo dovessero appartenere al Paese, che,se ne sarebbe servito a sollievo delle proprie finanze. Anche in campo agricolo e rispetto all’assistenza a favore dei poveri, dei vecchi impotenti e degli orfani la Landesordnung prevedeva importanti misure.14 193 192 194 192. Il Mulino, Albrecht Dürer, 1489. 193. Foglio volante, 1529. 194. Contadini giurano sulla bandiera del Bundschu, 1514. 195. Il povero Corrado, inizio XVI secolo. A Klosters Gaismair avrebbe preso contatto con i tradizionali nemici degli Asburgo la monarchia francese e la repubblica di Venezia, e prese parte alla stesura di un progetto d’invasione del Tirolo attraverso la Val Monastero e la Val Venosta. Scoperto il piano, Gaismair dovette cambiare programma e si recò nel principato vescovile di Salisburgo, ove fu eletto a capo dei partecipanti alla seconda guerra contadina salisburghese. Luglio 1526. Fattasi insostenibile la situazione, Gaismair, pur imbattuto sul campo dovette fuggire attraverso gli Alti Tauri e la Val Pusteria, assieme a duemila soldati ad Agordo dove la Repubblica Serenissima allora impegnata nella lega di Cognac fu ben lieta di accoglierlo tra le proprie truppe. 1532 venne ucciso a Padova da due fanti sbandati attratti dalla taglia che Ferdinando aveva posto sulla sua testa. Nonostante la sconfitta militare del movimento, le richieste dei contadini trovarono ampia accoglienza nella prima grande Landesordnung emanata da Ferdinando I nel 1526. Si tratta senza dubbio di una scelta di compromesso dettata dalla drammatica situazione del momento, 72 CINQUECENTO 195 con la sanguinosa repressione avvenuta in Franconia e nel vicino Allgäu. Trenta degli articoli dei contadini vengono accolti interamente, e diciannove parzialmente, altri verranno accantonati perché o troppo brevi, o perché avrebbero richiesto un’elaborazione troppo lunga. Gli articoli più rivoluzionari furono comunque “disinnescati” attraverso trattative tra il principe e la Dieta.15 La guerra contadina può essere letta quindi secondo J. Bücking16 come l’ultima grande rivolta contro la formazione dello stato assolutistico, in cui i contadini temevano, parliamo del Tirolo, di non ricoprire più quel ruolo di ago della bilancia che avevano svolto in passato, intuendo forse l’ormai prossima fusione e amalgama dei poteri principeschi nobiliari ed ecclesiastici, che sotto l’egida del principe avrebbero determinato in maniera univoca i destini della regione. 196 Dopo la guerra contadina, l’altra metà del secolo E’ con Ferdinando I ma soprattutto con il figlio Ferdinando II che troviamo pienamente operante nella società tirolese del Cinquecento il processo di assolutizzazione della vita politica. La svolta assolutistica è strettamente legata alla riforma luterana quando Ferdinando I si trovò a dover contrastare i “germi” della Riforma che si infiltravano nel territorio attraverso i minatori, una categoria di lavoratori che fece la fortuna del Tirolo quattro e cinquecentesco e che per questo non era facilmente liquidabile, e attraverso un buon numero di predicatori. L’insegnamento della Riforma attecchì soprattutto laddove più rigide erano le strutture gerarchiche, laddove i contadini non avevano diritto alla ereditarietà della proprietà per essere sottoposti al regime della Freistift, e dove ad una posizione economicamente solida non corrispondeva una rappresentanza politica, come nel caso dei minatori che, provenendo da diverse parti d’Europa, erano più sensibili a istanze di cambiamento. L’adesione alla riforma luterana assume in questi casi una netta connotazione ideologica e un chiaro significato di rivolta sociale e costituisce quindi quell’elemento che Blickle individua come “legittimazione”.17 Solo con la sconfitta dei contadini le autorità riuscirono a mettere fine alla prima diffusione del protestantesimo; si andò però radicando nella testa dei contemporanei l’idea della sostanziale identità tra riforma e rivolta sociale, e di converso la necessità di contrastare efficacemente chiunque mettesse in dubbio l’unità confessionale della regione. Per il mantenimento dell’unità confessionale le autorità non esitarono a ricorrere al rogo o alla deportazione. Particolarmente dura fu la repressione degli anabattisti tirolesi da parte di Ferdinando I18. Così, se sull’onda delle emozioni e delle paure suscitate dalla guerra le rivendicazioni dei contadini trovarono ampio spazio nella Landesordnung del 1526, non ci volle poi molto tempo al principe per recuperare le saldezza dei propri nervi e ridimensionare le aspettative dei conta196. Pellegrinaggio alla “Bella Maria” di Regensburg, 1519. 197. Il mulino divino, foglio volante, 1521. 198. Fienagione, Pieter Bruegel il Vecchio, 1510 (particolare). 198 197 dini attraverso una nuova Landesordnung emanata nel 153219. Tre sono i motivi, secondo Bücking20, che portarono i principi tirolesi a schierarsi apertamente e fattivamente dalla parte della Chiesa cattolica romana; uno di questi era la convenienza politica- era senza dubbio più semplice e foriero di minori problemi governare su un territorio omogeneo da un punto di vista religioso. Ma non solo di questo si tratta; vi erano dietro questa scelta anche motivazioni economiche; agli Asburgo, al contrario di altri signori territoriali, non interessava entrare in possesso dei beni ecclesiastici che sarebbero stati secolarizzati in caso di loro adesione alla riforma per il semplice motivo che disponevano già di quei beni in quanto avvocati delle diocesi tridentina e brissinense21; terzo fattore, i principi si sentivano responsabili non solo per quanto riguardava l’aspetto materiale della vita dei loro sudditi ma anche per la salute della loro anima. Questa ideologia patriarcal-religiosa condusse le autorità temporali ad indicare in maniera piuttosto estensiva alle autorità ecclesiastiche i provvedimenti da prendere per contrastare la CINQUECENTO 73 Riforma. Concretamente durante i regni di Ferdinando I e II l’autorità vescovile venne controllata e limitata attraverso una serie di provvedimenti che J. Bücking così riassume: - Riduzione delle giurisdizioni ecclesiastiche; - Consenso del principe per emanazioni di disposizioni curiali e vescovili; - Controllo sull’esercizio del culto cattolico nel mondo laico attraverso registri e biglietti di confessione; - Limitazione dell’acquisto di beni da parte degli ecclesiastici; - Utilizzo dei beni ecclesiastici come beni camerali; - Influenza sull’elezione di vescovi e abati; - Partecipazione alle visite, “nessuna visita doveva avvenire senza che il principe e i consiglieri ne fossero informati22 Nel periodo che segue la riforma e la guerra contadina la debolezza della Chiesa in generale, e dei principati vescovili in particolare, aveva portato lo Stato Tirolese, ci sia consentito l’uso di questo termine, ad “interessarsi” alle vicende ecclesiastiche molto più fattivamente di quanto non fosse mai avvenuto. L’intromissione era chiaramente dettata dalla preoccupazione per gli eventi che si erano prodotti in Europa dopo il 1517. Di fronte alla crisi dei principati vescovili il potere politico interviene a sostegno delle istituzioni ecclesiastiche, determinandone fortemente lo sviluppo; non solo, Ferdinando II cercò di approfittare del momento per porre fine alle già limitate libertà vescovili ed inglobare definitivamente i loro territori all’interno della contea tirolese. Un tentativo che però era destinato a fallire. 199 200 199. La parabola dei ciechi, Pieter Bruegel il Vecchio, XVI sec. (particolare). 200. Il vescovo, Jost Amman, incisione su legno XVI sec. 201. Il re, Jost Amman, incisione su legno XVI sec. Ferdinando II e i principati vescovili. Sin dall’unione del Tirolo ai domini asburgici i rapporti tra principato vescovile di Trento e principe territoriale erano regolati da accordi che prendevano il nome di “compattate” che venivano spesso rinnovate e che, se nate con l’intento di fornire protezione militare ai vescovi, contribuivano a limitarne le libertà politiche; nel 1496 inoltre i signori del Tirolo ottennero anche il diritto di nomina del vescovo Nominationsrecht23 A metà Cinquecento però era in corso un tentativo, da parte dei cardinali Cristoforo e Ludovico Madruzzo, di recuperare parte del potere politico sul territorio e sulla città di Trento. Approfittando dell’inesperienza del giovane Ludovico, che rappresentava lo zio, ritiratosi a Roma, Ferdinando II occupò la città di Trento e costrinse il cardinale a firmare un trattato che legava strettamente il Principato, i cui punti principali prevedevano: Il vescovo riconosceva la supremazia del principe territoriale, rinunciava al titolo di principe e lo cedeva al signore territoriale; Vescovi e sudditi devono rivolgere suppliche e appelli al principe; era il principe territoriale decidere in merito alle conflittualità tra vescovo e magistrati cittadini; il principe riceveva il giuramento del vescovo e dei sudditi; era il principe a stabilire i privilegi cittadini; il cardinale dovrà avere alla sua corte solo nobili tirolesi, e allontanerà gli stranieri, “che non hanno molto da perdere in regione” 24 Questo trattato non entrò mai in vigore poiché dette origine ad una lunga disputa nella quale intervennero tanto l’imperatore quanto il papa. Proposte, controproposte, minacce di morte vere o presunte caratterizzarono dieci anni di trattative che si conclusero lasciando la questio- 74 CINQUECENTO 201 ne irrisolta. Ferdinando accettò di stracciare il trattato del 1567; in cambio ottenne l’ammissione del figlio Andrea nel Collegio dei cardinali. I mediatori prepararono una base di accordo che era un insieme delle vecchie Compattate, di alcuni articoli del trattato del 1567, di altri articoli venuti alla luce durante le trattative e che inviarono all’imperatore; dopodiché non se ne seppe più nulla, tanto che nel 1578 i rapporti tra Ferdinando e Ludovico Madruzzo erano tornati alla “normalità” regolata dagli accordi precedenti 25 Tanto il tentativo di ridurre il principato di Trento all’autorità del principe quanto l’obiettivo dei Madruzzo di rendere il principato autonomo non possono dirsi riusciti, perché nessuna delle due parti aveva la forza di imporsi all’altra e la questione rimase pertanto sospesa. Anche nei confronti del principato di Bressanone vi fu un tentativo di mediatizzazione che portò nel 1591 il cardinale Andreas, figlio di Ferdinando, tra i coadiutori del principato 26 Se i tentativi di secolarizzare i principati vescovili non dettero i frutti sperati da Ferdinando, portando invece ad una conflittualità accesa tra principe e vescovi, la collaborazione tra Stato e Chiesa non fu per questo meno stretta e proficua. L’assolutismo 202 Secondo Norbert Elias due sono le condizioni indispensabili per la genesi sociale dell’assolutismo: il monopolio fiscale e quello militare. Condizioni che vennero poste in Tirolo attraverso il Landlibell del 1511 che regolava contemporaneamente la difesa territoriale e il prelievo fiscale; a questi presupposti bisogna aggiungere la formazione di una società di corte attraverso lo Hofstaatsordnung di Ferdinando I. Attraverso il graduale costituirsi di una società assolutistica di corte è contemporaneamente avvenuta anche una trasformazione dell’economia pulsionale e del comportamento dello strato superiore in direzione della “civilizzazione” ed è evidente come questo più forte controllo e dominio della vita pulsionale sia da riconnettere al più forte vincolo sociale, alla crescente dipendenza della nobiltà dai sovrani ormai insediati al vertice.27 Partendo da queste premesse generali fu Ferdinando II a gettare le basi del processo di assolutizzazione del potere all’interno della società tirolese della seconda metà del Cinquecento liberandosi della, peraltro ormai tenue, tutela degli stati. Nel 1573 viene realizzato lo Steuerwerk, uno strumento per scaricare i costi dell’amministrazione sugli stati tirolesi. I timori che la dieta potesse aprofittarne per rafforzare la propria posizione si rivelarono infondati. Ferdinando II accentuò la centralità dello stato attraverso la Landesordnung e la Polizeiordnung emanata anch’essa nel 1573, uno strumento che si occupava della “sicurezza” dei cittadini a trecentosessanta gradi, visto che si va da norme sull’istruzione alla sanità, al vestiario, al lusso senza dimenticare la pubblica sicurezza. Fu il governo a prendere da solo importanti decisioni; la politica alimentare, fondamentale in un paese che non era in grado di coprire con la propria produzione agricola tutto il fabbisogno, era nelle mani del governo e della Camera, e fu l’Arciduca in persona a occuparsi dell’acquisto di grano in Italia Settentrionale (a Ferrara, a Milano, a Mantova, a Venezia nell’Europa dell’Est, in Boemia e in Austria) quando fra 1566/67 e 1569/72 in Tirolo furono anni di crisi. Ferdinando II cercò inoltre di sottomettere i principati vescovili28, ma soprattutto creò un rapporto di osmosi tra istituzioni “statali” ed “ecclesiastiche” che, solo dopo il Concilio di Trento, svilupparono gli strumenti per rispondere alla Riforma. Dal punto di vista del principe la Chiesa e i suoi apparati, sottoposti all’autorità principesca, 202. Il lavoro in campagna, incisione su legno, Strasburgo 1502. 203. Paesaggio estivo, Lucas van Valckenborg il Vecchio, 1585 (particolare). 203 CINQUECENTO 75 dovevano farsi carico di garantire l’ortodossia. Obbedienza e fede erano in rapporto di stretta dipendenza; e chi pensava altrimenti, mettendo in pericolo questo “dogma”, quindi le basi della società, andava eliminato. Solo i credenti facevano parte della comunità, della società, gli altri ne erano esclusi. Si andò così sviluppando un sistema di controllo, di disciplinamento sociale basato sull’identità tra credente e soggetto di diritto29. L’unità confessionale diventa parte di una strategia, secondo Ferdinando II il vangelo doveva predicare l’amore e la grandezza di Dio, ma soprattutto l’obbedienza all’autorità30. Autorità che sempre più farà sentire il suo peso sulla vita dei cittadini, mirando a controllarne e a determinarne la condotta in ogni luogo e in ogni momento. L’individuo venne “invitato” a regolare la sua vita sulla base di uno schema ben preciso che comprendeva la preghiera di mezzogiorno, l’orario di chiusura delle osterie, la partecipazione alla messa domenicale, la partecipazione alle processioni. Le feste e la stessa vita quotidiana vennero moderate31. I provvedimenti legislativi erano molteplici e toccavano vari aspetti della vita quotidiana: miravano ad esempio a circoscrivere per quanto possibile il fenomeno dell’ubriachezza, a far rispettare i due giorni di digiuno settimanale: i Fleischschauer nonché gli osti dovevano vigilare che in questi giorni non si vendesse o si consumasse carne, i macellai stessi erano invitati a denunciare chi la richiedeva. Anche la musica e il ballo vennero fortemente limitati quando non proibiti, le autorità si preoccupavano quando molte persone si riunivano in un unico luogo, temevano potesse scoppiare una rivolta; il ballo inoltre conteneva una 205 204 carica erotica non ammissibile in una società che cercava di cancellare l’idea stessa del sesso. Furono proibite le maschere perché celavano l’identità di chi le portava ed erano perciò sinonimo di pericolosità sociale, le autorità si dimostravano fortemente interessate a riconoscere in ogni momento i sudditi. Severamente vietate erano le code del carnevale che qualcuno festeggiava anche durante la quaresima; le autorità imposero che tutte le feste dovessero terminare l’ultimo giorno di carnevale e non spingersi oltre. Venne limitato l’orario di apertura delle osterie, la notte, dove gli individui potevano “perdersi” e scambiarsi opinioni senza essere sotto controllo. Perché tutti partecipassero alla messa domenicale non ci dovevano essere distrazioni, per cui le osterie dovevano restare chiuse durante lo svolgimento della funzione religiosa32. Un momento importante in questa strategia di disciplinamento dei comportamenti furono la Polizeiordnung e la nuova Landesordnung del 1573, che si poneva come la fonte di diritto valida su tutto il territorio regionale, ed era la summa del diritto consuetudinario, mentre come tribunale di massima istanza abbiamo il governo, che giudica però secondo il diritto romano. Gli istituti politici e la strategia punitiva del principe non avrebbero però potuto da soli garantire 76 CINQUECENTO 204. Combattimento tra Carnevale e Quaresima, Pieter Bruegel il Vecchio, 1559 (particolare). 205. Il paese di cuccagna, Pieter Bruegel il Vecchio, 1567. 206. Nozze di contadini, Pieter Bruegel il Vecchio, 1567. 207. Danza nuziale, Pieter Bruegel il Vecchio, 1566. 207 206 un efficace controllo e disciplinamento senza la collaborazione con la Chiesa. Momento centrale della strategia di disciplinamento sarà infatti un istituto ecclesiastico che dopo il Concilio venne ad assumere un ruolo fondamentale all’interno della Chiesa, stiamo parlando della confessione. Tra i vari provvedimenti assunti il Concilio ribadì l’obbligatorietà della confessione annuale, che doveva, tra l’altro, venire documentata attraverso “quietanze” -Beichzettel- e registri che dovevano essere sottoposti all’attenzione tanto delle autorità ecclesiastiche quanto di quelle politiche La confessione però si trasforma, da confessione pubblica, diventa un fatto privato e cambia la sua connotazione rispetto al Medioevo, dove aveva un significato principalmente positivo, essendo una riconciliazione con Dio e con la comunità cristiana; dopo il Concilio l’aspetto della riconciliazione passa in secondo piano; acquista invece una netta preponderanza la valenza di controllo, di esame: è il mezzo con cui si cercano i motivi per cui ci si allontana dalla comunità33. L’obbligo della confessione “in specie” implica l’esatta descrizione dei peccati con tutti i particolari, nonché delle condizioni in cui sono avvenuti, diventa una sorta di processo, condotto sulla base di un preciso questionario, che nel 1603 verrà ufficialmente adottato anche nella diocesi di Bressanone. La nuova confessione entrava nell’intimo dell’individuo, doveva servire a capirne la psicologia, a capire come e cosa pensava; la colpa, seppur oggetto di un’attenzione addirittura ossessiva era il pretesto per questa operazione di scavo e di punizione. Visite pastorali, confessione, Landesordnung e ordinamento di polizia (anch’esso del 1573)sono gli strumenti attraverso cui si ottenevano informazioni e si esercitava il controllo sociale. La costante applicazione di questi sistemi alla società finì col produrre anche significativi cambiamenti nella psicologia e nel comportamento degli individui e della collettività. Note 1 MACEK J., Michael Gaismair. Eroe dimenticato nella guerra dei contadini nel Tirolo, Trento 1991, p. 137. 2 Ivi. pag.109-130. 3 La miniera di Schwaz, una delle più importanti in Europa, arrivò a produrre una media di 10.000 kg d’argento l’anno con punte di 14.000 e 15.600 kg tra 1490 e il 1530. La produzione, seppur importante in un Europa assetate di metalli preziosi, era solo lontanamente paragonabile con quella delle miniere americane che arrivarono a riversare in Europa anche 200 tonnellate (200.000 kg) d’argento all’anno. Secondo alcuni storici le cifre dell’importazione dell’oro e dell’argento americano sono da rivedere perché largamente sottovalutate in quanto non tengono conto del contrabbando. Cfr.: CARLO M. CIPOLLA, Conquistadores, pirati e mercanti. La saga dell’argento spagnolo. Il Mulino 1996. CINQUECENTO 77 4 Cfr.: J. BÜCKING, “M. Gaismair Reformer Sozialrebell, Revolutionär. Seine Rolle im Tiroler Bauernkrieg 1525-1532”, Stuttgart 1978, p. 28. 5 I Fugger divennero imprenditori minerari solo a partire dal 1516, in precedenza avevano operato in maniera diversa, tra 1488 e 1495 avevano agito come prestatori, garantendo a Sigismondo 625.000 fiorini renani in cambio di 56.000 kg d’argento. I Fugger rivendettero l’argento per una cifra oscillante tra i 2.000.000 e i 2.400.000 fiorini garantendosi un guadagno netto compreso tra 1.375.000 e 1.775.000 fiorini. Cfr.: BÜCKING J., “M. Gaismair Reformer Sozialrebell, Revolutionär , p. 23-24. 6 E’ il titolo di un articolo di EGG E., Schwaz ist aller Bergwerke Mutter, pubblicato nel 1971, in Beiträge zur Geschichte Tirols. 7 Non solo motivi economici contribuirono a fare del Tirolo la sua “regione preferita” L’interesse di Massimiliano non era rivolto solo a questioni di stato ma anche ad altre attività, tipiche della nobiltà dell’epoca. La caccia, la caccia al camoscio in particolare, era la sua attività venatoria preferita, e il Tirolo con il suo ambiente montano e ricco di selvaggina era il terreno ideale. La caccia al camoscio non era solo un momento ludico-sportivo ma era un momento della vita sociale. Fondamentale era che la corte potesse assistere alla caccia dalla vallata. Proprio attorno ad un episodio di caccia si è creata fin dal XVI secolo una leggenda, che vedeva Massimiliano salvato da un angelo dopo essere stato bloccato per alcuni giorni su uno sperone roccioso, la Martinswand, inseguendo un camoscio. Quando tutti ormai lo davano per spacciato, (dalla vallata un sacerdote gli aveva anche impartito l’estrema unzione), ecco il miracolo, un angelo, nei panni di un pastorello, compare vicino a Massimiliano e lo guida fino a valle. 8 GRANELLO G., La crisi della guerra rustica, in DELLE DONNE G. (a cura di), Incontri sulla storia dell’Alto Adige, Bolzano 1994, p. 99. 9 Ivi. p.100. 10 cfr. MACEK J., Michael Gaismair, Trento 1991, p. 28. 11 Faida: Le faide erano praticate soprattutto da coloro che erano dotati di potere e armi, dunque dai nobili, dai principi oppure dalle città. Ciò non significa tuttavia che vi rimanesse coinvolta anche la popolazione pacifica. Faida vuol dire vendetta e bottino: i contadini che erano sudditi dell’avversario venivano depredati, il bestiame rubato, i raccolti bruciati. Per contrastare tali situazioni si erano create sin dal medioevo le Landfrieden zone di pace temporalmente e geograficamente limitate, ma con scarso successo. H. Schulze, p. 20. 12 Le notizie biografiche su M. Gaismair sono tratte dal volume di G. Politi, Gli Statuti impossibili, Torino 1995 p. XVI-XVII e MACEK J., Michael Gaismair, op. cit. 13 GRANELLO G., La crisi della guerra rustica, op. cit., p. 197 sg. 14 POLITI G., Gli Statuti Impossibili, op. cit., pp. XVII-XVIII. 15 BLICKLE P., Die Revolution von 1525, München 1993, 3. edizione riveduta , p. 266. 16 BÜCKING J., Frühabsolutismus und Kirchenreform in Tirol (1565-1665), Wiesbaden 1972, p. 4. 17 BÜCKING J., Reformation und Katholische Reform in Tirol, in “Der Schlern” n. 45 1971, p. 134. 18 Cfr. PALME R., L’anabattismo tirolese, in C.H. von Hartungen e G. Pallaver (a cura di) Die Täuferbeweg/L’anabattismo, Bolzano 1989 p. 90. 19 Per una comparazione tra gravamina dei contadini e le Landesordnung che seguirono nel 1526, 1532 e 1573 cfr. BLICKLE P., 1973 pp. 200-227. 20 BÜCKING J., Reformation und Katholische Reform in Tirol, op. cit., p. 130 sg. 21 Trento Bressanone e Coira, per restare in ambito tirolese sono territori mediati, ricevevano dall’Imperatore le regalie e possiedono un seggio fra i 32 principi ecclesiastici del Reichstag; ma non sono, dovendo sopportare sul loro territorio le intrusioni avvocaziali, degli Stati interamente sovrani, cfr. BELLABARBA M., 1996 p. 120 n. 21. 22 BÜCKING J., Frühabsolutismus und Kirchenreform in Tirol, op. cit., p. 131. 23 PALME R. Frühe Neuzeit (1490-1665), in FONTANA J. (a cura di), Geschichte des Landes Tirol, vol II: DieZeit von 1490 bis 1848, Bolzano-Innsbruck-Wien 1990, pp. 3-152., 1990 p. 97. 24 BÜCKING J., Reformation und Katholische Reform in Tirol, op. cit., p. 36. 25 Per le varie fasi delle trattative e delle principali produzioni documentarie, ivi pp. 32-47. 26 PALME R., Frühe Neuzeit , 1990 pp. 101-102. 27 ELIAS N., Il processo di civilizzazione, Bologna 1983, p. 382. 28 Francesco Felice degli Alberti, “signore di uno Stato che il riformismo teresiano stava condannando alla sparizone”, esprime nei suoi Annali, scritti nella seconda metà del Settecento, il rimprovero ai suoi predecessori per aver concesso l’accordo fiscale del 1474; da quella data le limitazioni alla figura vescovile erano aumentate di grado e i poteri d’essa si erano ingabbiati fino a diventare, ora che lui regnava, quasi evanescenti. BELLABARBA M., La giustizia ai confini. Il principato vescovile di Trento agli inizi dell’età moderna, Bologna 1996, p. 125. 29 PALLAVER G., Das Ende der Schamlosen Zeit. Die Verdrängung der Sexualität in der frühen Neuzeit am beispiel Tirols. Wien 1987, p. 27. 30 BÜCKING J., Frühabsolutismus, op. cit., p. 130. 31 MüLLER C., Sozialdisziplinierung während Fastnacht und Fastenzeit in Tirol zwischen 1530 und 1560, Wien 1995, p. 55. 32 Ivi. pp. 56-98. 33 Cfr. PALLAVER G., Das Ende der Schamlosen Zeit, op. cit., p. 51 sg. Per saperne di più MACEK J., Der Tiroler bauernkrieg und Michael Gaismaier, [tr. td. de Tyrolská selská válka a Michael Gaismair, Praha 1960], Berlin 1965. MACEK J., Michael Gaismayr. Eroe dimenticato della guerra dei contadini in Tirolo, Trento 1991 MüLLER C., Sozialdisziplinierung während Fastnacht und Fastenzeit in Tirol zwischen 1530 und 1560, Wien 1995 PALLAVER G., Das Ende der Schamlosen Zeit. Die Verdrängung der Sexualität in der frühen Neuzeit am beispiel Tirols. Wien 1987. POLITI G., Gli statuti impossibili. La rivoluzione tirolese del 1525 e il “programma” di Michael Gaismair, Torino, 1995. 208. 78 CINQUECENTO La Landesordnung Il documento definito Landesordnung (ordinamento regionale) e attribuito a Michael Gaismair, esiste in tre esemplari, due conservati presso archivi, uno allo Haus Hof und Statsarchiv di Vienna, un secondo presso l’Archivio diocesano di Bressanone, mentre del terzo esemplare rimane la trascrizione ad opera di Albert Hollender. Il testo venne pubblicato nella rivista “Der Schlern” del 1932, mentre l’originale era conservato, fino alla II guerra mondiale, presso l’Archivio di Stato Bolzano. Sulle relazioni che intercorrono tra i tre esemplari rimandiamo all’articolo di Giorgio Politi a pag. 84, quello che vogliamo mettere qui in risalto è il fatto che tutti e tre gli esemplari hanno un’unica origine presso l’Archivio diocesano di Bressanone, ma si sono poi dispersi. Il come e il perché si arrivi a questa diaspora documentaria, lo racconta il prof. Politi nel suo testo “Gli statuti impossibili”, un importante testimonianza archivistica per quanti intendono fare ricerche di storia locale. 209. 209. In prigione, incisione su legno, Petrarca Meister, 1519/20 (particolare). [...] con la pace di Lunèville (9 febbraio 1801) e il successivo trattato di Parigi (26 dicembre 1802), che prevedevano la cessione dei territori sulla sinistra del Reno alla Francia, il problema d’indennizzare i sovrani da ciò sminuiti nei loro domini veniva risolto mediante la secolarizzazione dei principati ecclesiastici posti a oriente del fiume e ciò significava che a Francesco II sarebbero toccati, quale compenso per la perduta Contea di Falkenstein, i due Stati vescovili a sud del Brennero. Il via nei fatti all’annessione fu dato dalla patente imperiale del 25 dicembre 1803; da questa data il vetusto principato Principato brissinese cessava di esistere e il suo organismo documentario diveniva archivisticamente “morto”. Come poi di norma capita in siffatti cambiamenti di proprietà, il nuovo governo volle presso di se la parte di documentazione che giudicava più rilevante per i propri fini: e così circa 3000 pergamene, 400 codici e 150 fascicoli nonché, come si è visto la bella copia dell’inventario [redatto da Joseph Resch nel furono 1800] furono scorporati dall’Archivio aulico brissinense e portati a Innsbruck ne1804; in loco restarono le circa 18oo pergamene, 900 codici e 27492 fascicoli che vi si ritrovano ancor oggi. Ma i tempi, come sopra si è detto, turbinavano e quello verso la città sull’Inn rappresentava, per la parte scorporata del vetusto fondo, solo l’inizio di ben piú scomodi viaggi. Già nell’estate 1805 una parte del materiale portato a Innsbruck aveva preso la via di Vienna; a seguito poi della vittoria napoleonica sulle truppe austro-russe ad Austerlitz e della successiva pace di Presburgo (26 dicembre 1805) il Tirolo fu assegnato alla Baviera, eretta in Regno il 1° gennaio 1806 e alleata dei Francesi, che intendevano in tal modo garantirsi l’agibilità dei passi alpini. Anche i nuovi acquirenti volevano, com’è ovvio, la merce corredata di garanzia e non tardarono quindi a reclamarla; e anche se, nel tira-e-molla consueto in simili casi, non è del tutto chiaro cosa sia poi avvenuto, par certo che, con il 1813, parte del materiale di provenienza brissinense fosse realmente consegnato a Monaco. Appena in tempo perché, l’anno dopo, un accordo concluso tra il re bavarese e Francesco II, questa volta alleati, e confermato poi dal Congresso di Vienna, prevedeva 1a riunificazione del Tirolo all’Austria. Ciò avrebbe dovuto comportare anche la resa dei documenti; solo nel 1837 però l’ambasciatore austriaco a Monaco ottenne la riconsegna effettiva d’alcuni pezzi d’origine brissinense, che furono inviati a Vienna; di qui, d’altro canto, alcune poche carte in materia di miniere, foreste e corvè furono fatte pervenire parte alla direzione demaniale di Lubiana e parte alla loro sede originaria di Bressanone rispettivamente nel 1821, ’26 e ’39; durante la seconda metà del secolo, poi, lo Staatsarchiv della capitale asburgica cedette altre carte brissinensi agli archivi enipontani. Non era ancora finita. Dopo la grande guerra e il passaggio del Tirolo meridionale allo Stato italiano l’Austria dovette consegnare a questo, in base all’articolo 93 del Trattato di St. Germain (10 settembre 1919), i fondi archivistici originatisi entro la regione ceduta, quindi la documentazione brissinense ancora a Innsbruck e Vienna, che andò a formare il nucleo del nuovo Archivio di Stato di Bolzano, istituito già nel 1920 come sezione di Trento e poi eretto in quanto tale, con giurisdizione su tutta la provincia dell’Alto Adige, dieci anni dopo. E’ del tutto ovvio per chiunque ne abbia esperienza come in simili casi, essendo un archivio perfettamente ordinato rara avis, si verifichino di norma errori di trasferimento o scomparse di singole carte o di interi fascicoli, buste o registri – scomparse talvolta incidentali, nel senso che un determinato pezzo rimane per semplice omissione nella sede di partenza finché si perde memoria della sua origine, e talvolta invece calcolate, specie quando la documentazione sia oggetto d’un contenzioso carico di valenze politiche o ideologiche. Comunque sia, oggi l’antico Archivio Aulico si trova sparpagliato fra sei diverse sedi: Bressanone, Bolzano, Innsbruck, Vienna, Monaco, Lubiana. CINQUECENTO 79 Traduzione integrale della Landesordnung Primo, prometterete e giurerete in questi termini, di mettere insieme vita e beni, di non disperdervi, ma di condividere la stessa sorte, di agire sempre secondo consiglio, di essere fedeli e obbedienti ai superiori prepostivi e di cercare in ogni cosa non il vostro vantaggio particolare bensì innanzitutto l’onor di Dio e quindi il bene comune, affinché l’onnipotente Iddio, come ha ripetutamente promesso a tutti coloro che obbediscono ai Suoi comandamenti, ci presti grazia e aiuto; del che dobbiamo assolutamente confidare, perché Egli è del tutto veritiero e non inganna nessuno. Secondo, che sradicherete e scaccerete tutti gli empi, che perseguitano il Verbo eterno di Dio, aggravano il povero uomo comune e ostacolano il bene comune. Terzo, che vi studierete di stabilire una legge interamente cristiana, che sia fondata in ogni cosa solo sul santo Verbo eterno di Dio, e che vivrete integralmente secondo essa. Quarto, devono essere aboliti tutti i privilegi, perché sono contrari al Verbo divino e falsificano la giustizia, in base a cui nessuno dev’essere avvantaggiato rispetto all’altro. Quinto, nel paese devono esser distrutte tutte le cinte murarie attorno alle città, lo stesso tutti i castelli e le fortezze, e d’ora in poi non dovranno essere più città, ma villaggi, cosicché non nasca alcuna distinzione fra gli uomini, tal che uno sia superiore o migliore dell’altro, da dove poi deriverebbero a tutto paese rovina, anche peccato, superbia e sedizione, bensì vi sia nel paese un’uguaglianza totale. Sesto, devono essere abolite tutte le immagini, i tabernacoli, le cappelle che non sono chiese parrocchiali e la messa in tutto il paese, perché piuttosto un abominio davanti a Dio ed è del tutto anticristiano. Settimo, dev’essere predicato dappertutto nel paese, fedelmente e in modo veritiero, il Verbo divino e si deve eliminare ogni sofisteria e giuristeria e bruciare i relativi libri. Ottavo, i giudizi e lo stesso le parrocchie devono essere fissati in tutto il paese nel modo più opportuno, sì da poterli amministrare con i costi minori possibile. Nono, ciascuna comunità, tutta intera, di ciascun giudizio deve eleggere ogni anno un giudice e otto giurati, che dovranno esercitare quell’anno stesso il potere della giustizia. Decimo, si devono tenere udienze ogni lunedì e tutte le questioni non devono esser tratte oltre l’udienza successiva, ma essere terminate e non andare all’udienza successiva. I giudici, giurati, cancellieri, avvocati e nunzi non dovrebbero prender niente da nessuno nelle faccende giudiziarie ma essere stipendiati dal paese e perciò comparire ogni lunedì a proprie spese al banco del tribunale e tenersi a disposizione di questo. Undicesimo, dev’essere designato nel paese un reggimento e a tal fine Bressanone sarebbe il luogo più opportuno, perché vi sono molte case di preti e ogni altra cosa di cui c’è bisogno e per la sua posizione centrale e i reggenti devono essere presi da tutti i quartieri del paese e qualcuno anche dalle miniere. Dodicesimo, l’appello dev’essere portato da subito davanti al governo e non più a Merano, perché è una spesa e non vi è alcun utile, e dev’essere subito sbrigato ivi stesso e terminare senza ulteriore dilazione. Tredicesimo, nel luogo dove si trova il governo del paese dev’essere istituita una scuola superiore dove si deve apprendere solo il verbo divino e tre dotti della scuola superiore, intelligenti del verbo divino e di molta esperienza nella Sacra scrittura da cui soltanto può essere conosciuta la giustizia, divina devono sempre sedere nel governo e giudicare ogni cosa secondo quanto Dio ha ordinato, come si addice a un popolo cristiano. Riguardo ai censi, una riunione dell’intera comunità territoriale deve decidere, dopo mutuo consiglio, se gli stessi devono essere aboliti subito o se si proclamerà un anno sabbatico secondo la legge di Dio, riscuotendo nel frattempo i censi per i fabbisogni del paese comune. È infatti da considerare che il paese comune dovrà sostenere per un certo periodo spese di guerra. Riguardo alle dogane mi parrebbe bene, a vantaggio dell’uomo comune, che si abolissero dappertutto entro il paese. Le si eriga però ai confini e si osservi questo criterio: ciò che entra nei paese non paghi nulla, ciò che invece esce dal paese sia gravato da dogana. Riguardo alla decima, ciascuno la deve dare, secondo la legge di Dio, e deve così costumarsi: ogni parrocchia deve avere un prete nel senso che intende Paolo, che vi annunci il verbo di Dio e che dev’essere provvisto dello stretto necessario a sostentarsi con decenza mediante la decima; e la decima che sopravanza dev’essere data ai poveri. 80 CINQUECENTO 210 211 212 210. San Gerolamo nello studio, Albrecht Dürer, 1521 (particolare). 211. I pericoli per il lavoro in miniera: guerra, morte, inflazione, inedia, Schwazer Bergbuch, 1556. 212. Allegoria della grammatica, retorica e logica, foglio a stampa, XVI sec., (particolare). Con il povero però si deve tenere un ordinamento siffatto: nessuno deve andar poi mendicando di casa in casa, di modo che sia eliminata la poltroneria, molta gente inutile che potrebbe ben lavorare. I conventi, i monasteri e le case dell’Ordine teutonico devono essere trasformati in ospedali e in alcuni devono essere raccolti gli ammalati, cui si deve ben attendere con ogni assistenza e medicina, negli altri le persone anziane che per l’età non possono più lavorare e i poveri orfani, che bisogna siano istruiti ed educati. Se però vi fossero dei poveri vergognosi, occorrerà aiutarli mediante la decima o elemosine con rettitudine, in base al consiglio di ciascun giudice nella sua giurisdizione, ov’essi sono conosciuti il meglio possibile, secondo l’occorrenza dei loro bisogni. Se però la decima non dovesse bastare al sostentamento dei parroci e dei poveri, ciascuno deve aggiungere la sua elemosina onestamente, secondo le sue possibilità. E se ciononostante mancasse ancora qualcosa, dovranno supplire fino a piena soddisfazione le entrate del paese. E in ogni ospedale dev’esserci un massaro e dev’essere inoltre insediato un conservatore od officiale soprastante a tutti gli ospedali e i poveri, che non faccia altro se non tenere sempre forniti tutti gli ospedali e si curi dei poveri e provveda loro; a tal proposito ogni giudice, ciascuno nella sua giurisdizione, deve prestargli aiuto raccogliendo le decime e le elemosine e anche indicandogli i poveri vergognosi e istruendolo circa essi. I poveri non devono essere provvisti solo di cibo e di bevande, ma anche di vestiario e di ogni cosa necessaria. Item, affinché nel paese sia mantenuto ovunque buon ordine in ogni cosa, devono essere insediati dei capitani di quartiere e inoltre un comandante in capo per tutto il paese, che in guerra e in ogni altra circostanza s’incarichino sempre dei bisogni e della cura del paese preparando il paese, i confini, i passi, le vie, i ponti, le acque, gli insediamenti, le strade pubbliche, e trattino tutto ciò di cui il paese ha bisogno e lo servano lealmente in ogni cosa. Essi devono anche comunicare tutto ciò che, in base ai sopralluoghi e alle informazioni, difetta, anzitutto al governo e operare sempre secondo consiglio dello stesso. Item, nel paese si devono bonificare tutte le paludi e acquitrini e altri luoghi sterili e non trascurare il bene comune per via di poche persone egoiste. Si potrebbero prosciugare tutte le paludi da Merano fino a Trento e tenervici ogni sorta di bestiame, vacche e pecore, coltivare anche in molti luoghi molti più cereali, cosicché il paese sia provvisto di carne. Si potrebbero anche piantare in molte località olivi, coltivare anche zafferano e bisogna trasformare le vigne basse in vigne a filari distanziati, piantarvi Rotlagrein e fare del vino leggero come in Italia e in mezzo coltivare cereali, perché il paese ne manca. Ne consegue che i vapori nocivi delle paludi sparirebbero e la campagna diventerebbe molto più salubre; cesserebbero molte malattie che provengono dal vino pesante dei vigneti bassi, il vino e i grani diverrebbero convenienti e si coltiverebbero a minor costo. Si lascino però come sono i vigneti di montagna, che non è possibile coltivare a cereali. Item in ogni giudizio, in un periodo opportuno dell’anno, bisogna - un’intera comunità tenere corvé nei boschi e nei terreni comuni, sgombrarli e fare del buon pascolo e migliorare cosi sempre la campagna. Bisogna che nessuno nel paese eserciti la mercatura, affinché nessuno si macchi del peccato d’usura. Tuttavia perché in ciò non si manifesti penuria e si possa mantenere buon ordine e neppure qualcuno sia aggravato o frodato ma ogni cosa si trovi al giusto prezzo e di buona qualità, dev’essere anzitutto designata nel paese una località - e a tale scopo sarebbe opportuna Trento, per i bassi costi e perché sulla seconda via; ivi si devono erigere tutti i mestieri trasferendoli dalla campagna, come, cioè, per fabbricare tessuti di seta, panni, berretti, arnesi d’ottone ecc. e altro; e dev’essere insediato sopra ciò un officiale generale che metta in conto ogni cosa e quanto non si può produrre nel paese, come spezie e altro, dev’essere fatto venire da fuori a tale scopo devono esser tenute in alcuni luoghi ben determinati del paese, secondo l’opportunità, delle botteghe, dove si possa comprare ogni sorta di cose, e non dev’essere conseguito lucro alcuno, ma deve esservi calcolato solo il costo effettivo. Così si vigilerebbe su ogni frode e si potrebbe mantenere ogni cosa a un giusto valore e il denaro resterebbe nel paese e tornerebbe a vantaggio e a grande utilità per l’uomo comune. A questo officiale sopra il commercio e ai suoi servitori si dia una paga determinata. Si deve ristabilire una buona moneta pesante come ai tempi del duca Sigismondo ed eliminare, espellere dal paese la moneta oggi corrente e in seguito o a maggior ragione non accettare più nessuna moneta forestiera per molto o poco. Le monete infatti devono essere sempre CINQUECENTO 81 saggiate e valutate e ciò che non corrisponde al valore della moneta del paese dev’essere confiscato. Bisogna prendere da tutte le chiese e i luoghi sacri tutti i calici e i preziosi, farne monete e usarle per i bisogni del paese comune. Bisogna trovare anche una buona intesa con i paesi limitrofi. Non bisogna permettere ai Savoiardi di vendere di porta in porta nel paese. Bisogna tenere in futuro solo un mercato nella Val d’Adige e uno nella Valle dell’Inn. Bisogna avere un peso, un braccio e un’unica legge in tutto il paese. Bisogna custodire bene i confini e i passi. Bisogna tenere di riserva una somma di denaro ragguardevole, nel caso una guerra imprevista sorprendesse il paese. E i beni immobili della nobiltà espulsa o di altri bisogna che siano utilizzati per sostenere le spese dei giudizi. Faccende relative alle miniere. In primo luogo devono venire nelle mani del paese comune tutte le fonderie, quote, miniere, minerale, argento, rame e quanto spetta a ciò e si può conseguire nel paese, che appartiene alla nobiltà e a mercanti e compagnie forestiere come quelle dei Fugger, Höchstetter, Paumgartner, Pumpler e simili, poiché essi hanno perso tali cose, a termini di giustizia. Essi hanno infatti conseguito ciò in privilegio grazie a un’illecita usura denaro destinato allo spargimento di sangue umano; del pari, hanno pagato all’uomo comune e lavoratore il suo salario con frode e merce cattiva sopravvalutata, aggravandolo due volte; hanno anche fatto rincarare le spezie e altra merce con le loro incette; e il comprar l’argento da uno e dover pagare secondo la tariffa che loro stessi si sono escogitata sono stati causa dello svilimento della moneta da parte di tutti gli zecchieri; o gliela prestano, quella moneta, senza averne risarcito il calo, ai danni del povero uomo comune, nel suo salario, e anche del povero minatore, che non sono titolari di fonderie, nel comprargli il minerale; ma hanno fatto crescere tutte le merci che hanno potuto concentrare nelle loro mani, vendendole al rialzo, e insomma hanno aggravato tutti quanti con usura anticristiana e si sono così arricchiti a danno del patrimonio del Principe, il che quindi è giusto sia punito e fatto cessare. Di conseguenza dev’essere insediato dal paese un soprastante a tutte le faccende di miniera che maneggi ogni cosa e sia tenuto a un rendiconto annuale; e non dev’essere permesso a nessuno di fondere, ma il paese, mediante il proprio fattore a ciò insediato, deve far fondere ogni minerale, fissarne il prezzo secondo equità e d’altra parte pagare in futuro al lavoratore ogni conto in denaro liquido e non in merci. E perché in avvenire i contadini e i minatori possano convivere in buona pace. E se al paese dovesse provenire dalle miniere un’entrata considerevole, questa sarebbe l’eventualità migliore, perché il governo del paese, con tutti gli uffici e le difese, potrebbero esserne mantenuti. Del pari, dev’essere mantenuto buon ordine nelle saline. Dove tuttavia il paese vedesse che ciò non basta e non si potesse conseguire da ciò un’entrata bastevole al mantenimento del paese, si dovrebbe levare un’imposta o un tributo, affinché il carico fosse equamente ripartito nel paese. Bisogna anche porre la massima cura, impegnandovi i mezzi del paese, perché nel paese siano scoperte e aperte miniere in più luoghi; grazie a esse infatti il paese può conseguire la maggior entrata possibile senza aggravare nessuno. Traduzione di Giorgio Politi, in POLITI G., Gli statuti impossibili, Torino 1995, pp. 331-338. 8282 CINQUECENTO CINQUECENTO 213 213. I Froner mentre pesano e riportano la quantità di minerale, Schwazer Bergbuch, 1556. 214. Il giudizio dei minatori, Schwazer Bergbuch, 1556. 214