Lisdha news Trimestrale di informazione sul mondo dell’handicap e della solidarietà Parole e fatti Nuovi importi per assegni e pensioni La poliedrica vita di Rodolfo IL MESTIERE DI UOMO Anno XVn. 64 Anno XVIII gennaio-marzo 2010 Tariffa Associazioni Senza Fini di Lucro: “Poste Italiane spa - Spedizione in abbonamento postale DL 353/2003 (conv. in L. 27/02/04 n. 46) art. 1, comma 2, DCB (VARESE)” - “Taxe perçue” In caso di mancato recapito si prega di rispedire alla redazione: 21100 Varese - Via Proserpio 13 - che si impegna a pagare la relativa tassa SOMMARIO 8 10 20 Detto fra noi Lavoro, non per soldi ma per la vita 24 Anche Saronno ha la guida all’accessibilità Il primo rifugio senza barriere 3 21 21 Storia Tra le righe Il ritorno della povertà Ermanno lo storpio e la Salve Regina 4 22 L’Avvocato risponde Camper per disabili 6 Esperienze La poliedrica vita di Rodolfo 24 L’Esperto risponde Negozi inaccessibili 8 Previdenza Assegni e pensioni 2010 Indennità di frequenza anche per i minori stranieri Attualità Il difficile mestiere di uomo Disabilità e lavoro: c’è aria di crisi Parole e fatti 10 15 16 27 27 Segnalazioni Veneto: arriva l’aiuto per i non autosufficienti 28 Mobilità Skid salva i disabili in caso di emergenza Mantova, una provincia per tutti Milano più accessibile di Londra e Parigi Contributi per case senza barriere Fare la spesa con “Easy Move” 19 19 20 21 LISDHA NEWS LISDHA NEWS Direttore Editoriale Fabrizio Chianelli 2 - LISDHA NEWS Lettere a Gino Una vita attaccata al respiratore L’amore dopo la paraplegia 20 Ritardata o mancata consegna Alcuni abbonati ci segnalano la ritardata o addirittura la mancata consegna di alcuni numeri del Lisdha news (che esce, lo ricordiamo, nei mesi di gennaio, aprile, luglio e ottobre) a causa di disguidi postali. In caso di mancata consegna vi preghiamo di contattarci ai numeri 0332 499854, 0332 225543, 348 3679493 o inviarci una mail all'indirizzo: [email protected]. Provvederemo immediatamente ad un nuovo invio della rivista. Libri Vita da dentro Direttore Responsabile Marcella Codini Hanno collaborato a questo numero Chiara Ambrosioni Laura Belloni Bruno Biasci Ennio Codini Carlo Alberto Coletto Credere Emanuela Giuliani Giuseppe Giuliani 31 Anno XVIII - Numero 64 - Gennaio-Marzo 2010 Redazione e amministrazione via Proserpio 13 - 21100 Varese tel. 0332/499854, 0332/225543; 348/3679493 fax 0332/499854 email:[email protected] www.lisdhanews.it. Il sito internet è offerto da Weblink Servizi Telematici, vicolo San Michele 2/a, Varese. Grafica e impaginazione Emmevi Grafica (Va) Stampa Litografia Stephan Germignaga (Va) Maria Cristina Gallicchio Carlo Giacobini 29 30 30 Controlla sull’etichetta la scadenza del tuo abbonamento Autorizzazione Tribunale di Varese n. 624 del 19/2/1992 Come ricevere la rivista Per ricevere Lisdha News occorre versare un contributo minimo annuo di 15 euro sul ccp n. 13647250 intestato a Associazione Il Girasole onlus Lisdha News. Per chi paga tramite bonifico l’IBAN è: IT77M0760110800000013647250. L’Associazione Il Girasole, Editore della rivista Lisdha News, è iscritta alla sezione provinciale delle Associazioni di Volontariato, pertanto è onlus di diritto. I versamenti effettuati a favore dell’ Associazione possono essere detratti in sede di dichiarazione dei redditi. Consigliamo pertanto di conservare le ricevute dei versamenti effettuati. In ottemperanza alla Legge 675/96 La informiamo che il Suo nominativo compare nella banca dati dell'Associazione Il Girasole, editore di "Lisdha news" e viene utilizzato per l'invio del periodico e di eventuale altro materiale informativo. Ai sensi dell'art. 13 l. 675/96 potrà, in ogni momento, avere accesso ai dati, chiederne la modifica o la cancellazione scrivendo a: Il Girasole, via Proserpio 13, 21100 Varese. N. 64 - GENNAIO-MARZO 2010 DETTO FRA NOI di Laura Belloni Stefano Giuliani LAVORO, NON PER SOLDI MA PER LA VITA Dalle donne una spinta ad un modo nuovo di vivere l’impresa. “ M io fratello è morto in un incidente sul lavoro, travolto da un camion.” Con un sms, Nadia, una carissima amica missionaria in Camerun, mi annuncia questa tragedia. Penso a lei, che deve affrontare un viaggio faticoso, da sola, per tornare a casa, alla sua famiglia. Penso all’Italia, Repubblica fondata sul lavoro, tradita da scelte economiche che ne hanno stravolto la caratteristica principale, la laboriosità. Sì, il mondo del lavoro è molto malato: disoccupazione, precariato, morti bianche, il malcostume ormai divenuto regola comune di non onorare i debiti. E Sergio, un amico falegname, con la concretezza tipica dei nostri artigiani, mette subito a nudo la causa di questo sconquasso: “Dobbiamo tornare a produrre non solo per far soldi, ma per realizzare progetti che aiutino la gente a crescere in sapienza, non solo a consumare!” Il lavoro deve tornare ad essere considerato un atto creativo, quasi come un parto, che comporta fatica, dolore, ma eleva l’uomo alla dignità essere libero, non merce da usare. Forse non è un caso che proprio dalle donne e dall’agricoltura, là dove la Vita affonda le sue radici, giungano forti segnali di speranza… Infatti stanno crescendo le aziende agricole gestite da imprenditrici che, grazie ad inventiva e lungimiranza, riescono a diversificare gli obiettivi d’impresa, promuovendo agriturismi, fattorie didattiche, progetti di inserimento per disabili, percorsi educativi per i bambini, e a raggiungere risultati anche superiori a quelli dei “colleghi” maschi. L’augurio per l’anno che si apre davanti a noi è che anche in altri settori imprenditoriali si assista ad un simile fermento di idee. Allora, la morte del fratello di Nadia e di tutti i suoi compagni caduti, il dolore di quelle famiglie non sarà stato vano e l’Alba di un Giorno Nuovo sarà più vicina. LISDHA NEWS - 3 TRA LE RIGHE di Ennio Codini IL RITORNO DELLA POVERTÀ Fino a poco tempo fa si pensava alla povertà come un fenomeno del passato o riguardante paesi lontani. Ora invece la povertà sta tornando in Italia. Non dobbiamo illuderci che sia per poco, ma nemmeno rassegnarci. Q uest’anno a Milano quasi 27mila famiglie hanno fatto domanda per ottenere un alloggio popolare. Nel 2007 le domande erano state poco più di 15mila. Le organizzazioni che gestiscono mense per i poveri segnalano anno dopo anno un aumento delle persone che chiedono un pasto gratis. I locali sono pieni di gente che in passato non aveva problemi a comprarsi da mangiare. Da un po’ di tempo è meglio evitare di far la spesa nei supermercati gli ultimi giorni del mese perché sono pieni di gente. Molti devono aspettare lo stipendio per acquistare i generi alimentari. La povertà sta tornando. Nei libri di scuola il povero era personaggio dei racconti ambientati nel passato o una persona che viveva in paesi lontani. Adesso, faticosamente, dolorosamente, con inquieta meraviglia, quasi increduli, vediamo la povertà ritornare. Televisione e giornali non ci hanno preparato, anzi. Quando il reddito pro capite prima ha smesso di crescere e poi ha cominciato a diminuire hanno semplicemente smesso di parlarne. Si sono messi a parlare solo di prodotto interno lordo (se la popolazione, come è avvenuto in questi anni, continua seppur di poco a crescere l’andamento del prodotto interno lordo è sempre migliore di quello del reddito pro capite). Quando anche i dati sul prodotto interno lordo hanno cominciato a essere cattivi hanno sviato l’attenzione dalla cosa con molti espedienti. Espedienti verbali, come quello di parlare di “crescita negativa”. Fare confronti con gli altri (funziona sempre: in ogni momento c’è sempre qualcuno che va peggio di te, basta cercare bene). Concentrarsi su ipotetici progressi futuri invece che sul declino in atto (fare previsioni ottimistiche non costa niente). Ma il fatto è ostinato. La povertà sta tornando. E sta tornando in un mondo dove per tanti motivi la spesa pubblica non può crescere sicché non si può chiedere allo Stato o ai comuni di fare di più. Se nel 2009 a Milano quasi 27mila famiglie hanno fatto domanda per ottenere un alloggio popolare, gli alloggi assegnati sono stati poco più di duemila. E non c’è nessuna possibilità che l’offerta di case popolari aumenti di molto nei prossimi anni. Toccherà alla carità privata fare sempre di più. La chiesa ambrosiana se ne è accorta e ha cominciato Le organizzazioni che gestiscono mense per i poveri segnalano anno dopo anno un aumento delle persone che chiedono un pasto gratis. Per decenni siamo vissuti convinti che la povertà qui da noi stesse scomparendo. Il prodotto interno lordo cresceva. Il reddito pro capite medio cresceva. La distribuzione della ricchezza diventava sempre più equa con gli stipendi più bassi che anno dopo anno si avvicinavano a quelli più alti. 4 - LISDHA NEWS N. 64 - GENNAIO-MARZO 2010 Notai, farmacisti, avvocati, tassisti, medici di base fanno di tutto per evitare per quanto possibile che ci siano nuovi notai, nuovi farmacisti, nuovi avvocati, nuovi tassisti, nuovi medici di base e per evitare che qualcuno non appartenente alla categoria possa far loro concorrenza per qualche aspetto dell’attività. ad accrescere l’offerta di servizi e sussidi. Saranno interpellate le organizzazioni. Ma saranno interpellati sempre di più anche i singoli. Sempre più spesso chi non è povero dovrà misurarsi con parenti, amici, vicini, sconosciuti che più o meno apertamente chiedono aiuto perché sono diventati poveri. E non sarà questione di un anno o due. Vediamo adesso emergere un fenomeno che è frutto di un declino economico e di un peggioramento nella distribuzione dei redditi in atto da tempo e che presumibilmente continueranno per diverso tempo. Potrà anche qualche anno aumentare di poco il prodotto interno lordo, ma nel medio periodo il reddito pro capite resterà calante e con distribuzione sempre più diseguale (crescerà la disoccupazione, crescerà il lavoro precario e/o sottopagato). Il nostro mondo nei prossimi anni sarà un mondo pieno di poveri. Questo però non vuol dire che ci si debba rassegnare semplicemente a gestire con l’assistenza pubblica e la carità privata una povertà crescente. Qualcosa possiamo fare per cercare di invertire il trend. Senza speranza di vedere grandi effetti nel breve periodo ma più in là nel tempo forse sì. E non è necessario essere eccezionalmente acuti per capire che cosa potrebbe essere utile, in buona misura bastano osservazioni banali. Eccone due. La prima: se c’è povertà è perché c’è ignoranza. Non tutti i poveri sono ignoranti, certo (e non tutti gli ignoranti sono poveri), ma per lo più i poveri sono ignoranti. Talvolta si tratta di carenze sul piano di saperi specifici, più comunemente si tratta di ignoranza rispetto ai saperi di base: troviamo se non l’analfabetismo classico quel quasi-analfabetiN. 64 - GENNAIO-MARZO 2010 smo di chi non è in grado di capire l’articolo di approfondimento su un quotidiano o un libretto di istruzioni o una tabella con dati e statistiche, di chi non è in condizioni di esprimere oralmente in modo comprensibile un pensiero appena un poco complesso e men che meno è in grado di farlo usando la scrittura. Chi è ignorante è poco flessibile: se non c’è più per qualsiasi motivo quel lavoro che stava facendo rischia di sentirsi perduto. Chi è ignorante tende poi ad essere meno produttivo perché nel nostro mondo sovente i saperi di base sono essenziali per produrre molto e bene. Quarant’anni fa l’ignoranza era in calo; oggi è in aumento. Tante sono le cause. Ma non può sfuggire a nessuno il clima che si respira oggi nella scuola, specie nella scuola secondaria, sintetizzabile nell’espressione: “Ma chi me lo fa fare?”. Molti, moltissimi, insegnanti, studenti e genitori pensano così. Sperimentare un nuovo approccio didattico? Aggiornarsi? Partecipare attivamente alla lezione come sollecita l’insegnante? Pretendere che un figlio studi sul serio? Ma chi me lo fa fare? Milioni di persone la pensano così. Bisogna essere capaci di recuperare motivazioni per un impegno che non da necessariamente gratificazioni nel breve periodo, ma è necessario. Seconda osservazione: la povertà si lega alla mancanza di prospettive. Le azioni che possono allontanare la povertà sono azioni che spesso vengono compiute perché si immagina che vi sarà un qualche tangibile premio. Se non si riesce ad immaginarlo sovente si lascia perdere. E’ difficile per un giovane povero trovare la voglia di studiare se nella mente c’è l’idea che lui comunque non potrà mai avere un buon lavoro. E’ diffici- le per un lavoratore mal pagato impegnarsi a far bene il proprio lavoro, se nella mente c’è l’idea che per lui comunque non ci potrà mai essere una buona paga. Ed è sotto gli occhi di tutti che oggi molte persone non hanno speranza. Tante sono le cause. Una, spesso taciuta, è la seguente. Per paura di perdere qualche cosa, chi ha certe opportunità fa di tutto perché agli altri quelle stesse opportunità siano negate. Non è il “sano” egoismo della competizione economica. E’ volontà di escludere gli altri dalla competizione. Le categorie professionali si organizzano per escludere. Notai, farmacisti, avvocati, tassisti, medici di base fanno di tutto per evitare per quanto possibile che ci siano nuovi notai, nuovi farmacisti, nuovi avvocati, nuovi tassisti, nuovi medici di base e per evitare che qualcuno non appartenente alla categoria possa far loro concorrenza per qualche aspetto dell’attività. In questo modo specie per alcune categorie c’è quasi la garanzia della ricchezza per tutti. Ma se si aprisse a tutti gli idonei ci sarebbero più diffuse speranze e più persone sicuramente fuori dalla povertà. Anche i lavoratori dipendenti, quando possono, si organizzano a modo loro per escludere. Dalle cattedre universitarie al posto in banca, c’è tutto un lavorio ora occulto, ora palese, per far sì che al posto del padre giunga il figlio con gli altri esclusi a priori per bravi che siano sicché a loro essere bravi potrebbe servire poco. Anche in questo modo si riducono le speranze. L’Italia assume ogni anno che passa una assetto sempre più corporativo dove crescono gli ostacoli per chi vuol far valere le proprie qualità. Più impegno e più opportunità, queste potrebbero essere le parole d’ordine per avere di qui a qualche decennio non più, come potrebbe accadere, ma meno poveri. Siamo chiamati in causa come elettori; si pensi alla nostra possibilità di scegliere quelle forze politiche che più si impegnano per combattere le logiche corporative. Molti di noi sono poi chiamati in causa come studenti, professori, genitori o, perché no, come tassisti o notai che potrebbero dire (anche se ci vuole molto coraggio): ma sì, se ci sono idonei aumentiamo le licenze, aumentiamo le sedi… LISDHA NEWS - 5 L’AVVOCATO RISPONDE a cura dell’Avvocato Fabrizio Chianelli CAMPER PER DISABILI Quali sono le agevolazioni? H o appena acquistato un'auto (Grande Punto a metano) con l’agevolazione dell’Iva al 4% prevista dalla L.104/92 ed ho richiesto l'esenzione del bollo auto che mi è stata concessa. Mi trovo nelle condizioni di non poter andare in nessun luogo di villeggiatura in quanto negli alberghi ci sono sempre o quasi le barriere architettoniche. Nell'eventualità di un acquisto di un camper potrò detrarre l'importo del 19% sulla denuncia dei redditi del prossimo anno essendo i due mezzi destinati a finalità diverse? Lettera firmata Le rispondo riportando la risposta ad un quesito pubblicata dal sito HandyLex: “Il camper o caravan pur adattato non rientra a tutt'oggi fra le categorie di veicoli per i quali è applicabile l'aliquota Iva agevolata; possono godere infatti di quel beneficio le motocarrozzette, i motoveicoli per il trasporto promiscuo, i motoveicoli per trasporti specifici, le autovetture, gli autoveicoli per trasporto promiscuo, gli autoveicoli per trasporti specifici. Da precisare che per la spesa del camper o del caravan è possibile usufruire della detrazione Irpef del 19%”. Non mi risulta invece che sia possibile la detrazione di entrambi i veicoli. NUOVA COSTRUZIONE E CONTRIBUTO INAIL Da giugno 2008 sono paraplegico a seguito di un incidente stradale "in itinere" e quindi classificato come incidente sul lavoro. Adesso abito in una casa in affitto, in quanto l’abitazione di mia proprietà oltre ad essere su due livelli (cosa superabile con l'abbattimento delle barriere architettoniche da parte dell'Inail), è situata su una strada provinciale di gran traffico senza marciapiede, in curva ed anche in discesa e con un palo dell’illuminazione pubblica a pochi centimetri dal cancelletto d'entrata. Ritengo questa strada per me molto pericolosa in quanto non possiedo garage e non posso parcheggiare nelle vicinanze, ed ho quindi deciso di costruire un'altra casa idonea per me senza barriere di sorta ed in una zona molto più adeguata. Secondo lei, l’Inail una volta quantificato l'importo per eliminare le barriere architettoniche di casa mia, se ritiene che io in quella casa non ci potrò mai né entrare né uscire senza rischio per la mia vita potrebbe erogare lo stesso importo per un aiuto alla costruzione di una casa ex-novo? Alberto Purtroppo non è immaginabile che un contributo previsto per uno specifico progetto di abbattimento delle barriere architettoniche possa essere N. 64 - GENNAIO-MARZO 2010 erogato quale contributo per l’edificazione di una nuova e diversa abitazione. RISARCIMENTO FERMO TECNICO Nel 2007 ho acquistato un auto con la Legge 104, con un accorgimento tecnico del sedile girevole perché mia figlia è disabile in carrozzina. Recentemente ho avuto un incidente poiché un signore non si è fermato allo stop. L'incidente è stato rilevato dalla polizia locale. Desidererei sapere se per legge mi aspetta il fermo tecnico per l'auto, dato che la carrozzeria mi fa sapere che occorrono più di 20 giorni lavorativi. In tutto questo periodo mia figlia è costretta a stare a casa e anche affittando un’altra auto di sicuro non riuscirò a trovarla con il sedile girevole. M.P. VALIDITÀ DEL CONTRASSEGNO SULL’INTERO TERRITORIO NAZIONALE E a Torino? Una nostra lettrice ci propone di pubblicare la sua esperienza relativa ad una contravvenzione presa a Torino, Comune diverso da quello di residenza, perché circolava in zona riservata. La signora ha contattato l’Ufficio Verbali di Torino, al quale ha inviato copia del contrassegno per chiedere chiarimenti, ricevendo come unica risposta di fare ricorso al Prefetto, come da solita procedura. Successivamente, la stessa lettrice, ha posto il quesito all’Aci presso cui è socia, ricevendo questa risposta: «Come può leggere sul sito del Comune di Torino, "I possessori di contrassegno invalidi rilasciato da altro comune che si recano spesso in Città possono, motivando la richiesta (dichiarazione del datore di lavoro, ecc.), registrare le targhe dei veicoli (massimo 5) che utilizzano e su cui sarà esposto il loro contrassegno invalidi". Sulla stessa pagina è precisato che è possibile attivare la procedura di esenzione anche a posteriori ed è indicato il numero verde della Gtt Spa 800019152. Le suggeriamo perciò di chiamare questo numero per verificare se vi è la possibilità ancora di chiedere tale esenzione. Se questa strada non fosse più percorribile, non resterebbe che proporre ricorso come indicatole dall'Ufficio Verbali del Comune di Torino, con la possibilità però di ricorrere, oltre che al Prefetto, anche al giudice di pace. Non possiamo ovviamente garantirle il buon esito di un eventuale ricorso, anche se c'è da tenere presente che, ai sensi del comma 2 dell'art.381 del regolamento del Codice della Strada il contrassegno ha valore sull'intero territorio nazionale». In definitiva la nostra lettrice è rimasta scoraggiata da tanta burocrazia e ha deciso di pagare i circa 80 euro di contravvenzione. Per quanto riguarda la nostra opinione, il comportamento migliore da tenere nel caso di trasferimento in altro Comune da quello di residenza sarebbe quello di telefonare in anticipo all’ufficio dei Vigili Urbani, segnalando il numero della targa su cui verrà usato il contrassegno. Questo dovrebbe evitare l’emissione di contravvenzioni. Peraltro ci risulta per esperienza personale che, ricevendo una contravvenzione come quella della nostra lettrice, si riesce normalmente a farla annullare inoltrando specifica lettera in cui si descrive il fatto con il giorno della visita e la targa del veicolo, meglio se adattato, e si allega il contrassegno chiedendo specificamente l’annullamento della contravvenzione in via amministrativa. I vostri quesiti su internet Potete trovare tutti i precedenti quesiti della rubrica “L’Avvocato risponde” suddivisi per materie sul nostro sito internet all’indirizzo: www.lisdhanews.it rubrica “L’Avvocato risponde” Il risarcimento deve essere ristoratore di tutti i danni subiti in conseguenza dell’incidente e pertanto la controparte, o meglio la sua assicurazione, dovranno indennizzare anche il fermo tecnico. Nel caso specifico credo si possa chiedere un supplemento per risarcire il particolare disagio provocato dal fermo dell’autovettura anche perché la stessa è dotata dello specifico sistema di accesso per disabili che ne evidenzia la destinazione e quindi il danno aggiuntivo subito. Sarebbe opportuno verificare se nella sua provincia vi sono degli autonoleggio con mezzi adattati, nel qual caso l’indennizzo dovrebbe essere equivalente al costo del noleggio per i giorni di fermo tecnico. INDENNITÀ DI ACCOMPAGNAMENTO E INDENNITÀ DI FREQUENZA Sono la mamma di una bambina non vedente a causa di un tumore ai nervi ottici. Essendo già in possesso di pensione di accompagnamento può ottenere anche l'indennizzo scolastico avendo incominciato a frequentare la scuola? è possibile inviare i propri quesiti a Lisdha news, “L’Avvocato risponde” via Proserpio,13 - 21100 Varese, e-mail: [email protected] N. 64 - GENNAIO-MARZO 2010 No, l’indennità di frequenza è incompatibile con l'indennità di accompagnamento. LISDHA NEWS - 7 L’ESPERTO RISPONDE a cura di Bruno Biasci NEGOZI INACCESSIBILI Si aprono nuovi negozi, si ristrutturano quelli vecchi ma le barriere ci sono sempre. A vendo una grave patologia neurodegenerativa da qualche anno ho difficoltà a deambulare. Questa situazione mi ha portato a notare una grave inciviltà presente in alcuni negozi di Lavena Ponte Tresa e cioè la presenza di barriere architettoniche: negozi ubicati in un piano rialzato senza un ascensore e con solo una scala per accedervi, in taluni casi senza nemmeno un corrimano. Vorrei sapere se le recenti normative sull'eliminazione delle barriere architettoniche prevedono, come condizione per la loro apertura, l'agibilità dei negozi anche per i disabili. Ettore Lorenzo Il problema dell'accessibilità dei negozi è evidente in quasi tutte le città: anche qui a Varese si può dire che circa il 70% delle attività commerciali aperte al pubblico è inaccessibile. Come lei ben sa le leggi ci sono e da lungo tempo. Se si tratta di unità immobiliari, sedi di attività aperte al pubblico, vale quanto prescrive il para 3.4.e del Dm-236/89 e cioè che il progetto viene esaminato dal Comune in sede di Conferenza dei Servizi dove l'esperto in barriere architettoniche dovrebbe evidenziare l'eventuale scorretta applicazione della legge. I nuovi negozi dovrebbero quindi risultare tutti accessibili (anche se è carente il controllo per accertare che il progetto sia correttamente rispettato nella costruzione). Ma i negozi nuovi non sono molti. Il problema dell'accessibilità riguarda sopratutto la grande quantità dei negozi già esistenti i quali dovrebbero essere resi accessibili in occasione della loro ristrutturazione: purtroppo però ciò quasi mai accade in quanto la legge non prevede l'obbligatorietà dell'intervento se non quando vi è un cambiamento di destinazione finalizzato all'uso pubblico e limitatamente alle parti interessate dalla ristrutturazione. In sostanza, se un negozio di abbigliamento diventa un negozio di giocattoli ma non avviene alcun intervento, per esempio sull'ingresso, tutto rimane inaccessibile come prima. Il Ccsb (Comitato per la Città Senza Barriere) di Varese si sta occupando del problema per limitare dove possibile il danneggiamento del disabile che, come gli altri, vuole entrare in un negozio. SOSTA CON MULTA Vorrei dei chiarimenti in merito alla sosta di macchina con cartellino invalidi. Ieri ho accompagnato mio figlio in via Guinizzelli a Bologna dove c'è il centro ambulatoriale Antoniano di medicina fisica e riabilitazione per svolgere una seduta di terapia in quanto mio figlio è disabile e deve essere accompagnato ovunque perché purtroppo, nonostante i suoi 15 anni, non è in grado di cavarsela da solo. Danilo ha finito la terapia alle 18 e, non trovando parcheggio nelle strisce blu a pagamento, ho lasciato la macchina nello spazio riservato ai dipendenti del S.Orsola-Malpighi dove di spazio ce ne era tanto, pensando che con il tagliando invalidi potessi farlo; ma il tempo di salire a prendere mio figlio e di scendere e la macchina era sparita! Cosi sono andata a riprenderla nel deposito trascinandomi Danilo urlante perché si era fatto prendere dal panico. Ho chiesto spiegazioni alla persona che mi ha rimosso l'auto, la quale mi ha risposto di fare ricorso all'Ufficio Relazioni con il Pubblico. La multa da pagare è di ben 80,50 euro!! Sono davvero in torto? Danilo e la mamma Non avrei molto da dire in relazione alla sua lamentela in quanto posso solamente condividere la sua amarezza per l'eccesso di "punizione". Chi ha deciso per la rimozione della sua macchina probabilmente non ha potuto rendersi conto della gravità del caso, ma rimane il fatto che il contrassegno per la sosta disabili vale solamente per i parcheggi riservati e non ha invece alcun valore per altre aree, tra cui ovviamente quelle private riservate ai dipendenti di un'azienda. Trattandosi di un Policlinico, quindi luogo aperto al pubblico, doveva trovare applicazione l'art. 8.2.3 del Dm 236/89 che prevede debba esserci un parcheggio riservato ai disabili ogni 50 o frazione di 50. Non so se nel caso specifico è stata osservata questa norma che comunque non può evitare che i parcheggi riservati esistenti siano già occupati da altre macchine munite di contrassegno. Certamente un luogo per protestare è quello dell'Ufficio Relazioni con il Pubblico presso il quale si dovrebbero ottenere le spiegazioni del caso. N. 64 - GENNAIO-MARZO 2010 blema perché mi occupo di tutela dei centri storici vincolati (Dlgs 42/04) e spesso ricevo la richiesta, da parte dei disabili, di autorizzazione all'esecuzione delle opere necessarie a consentire loro l'accesso all'interno degli stabili dove risiedono, direttamente con le automobili, e ciò indipendentemente dal fatto che spesso possano usufruire di stalli parcheggio, a loro riservati, nelle immediate vicinanze dell'abitazione stessa. Sabrina Mura CONTRIBUTI PER L'ASCENSORE Sono invalido per esiti da poliomielite e dovendo ultimare una casa ereditata da mio padre, chiedo se l'ascensore può godere dei contributi comunali o regionali? Se si, in che misura? Colombo Luciano - Busto Arsizio L’intervento contributivo previsto dalla legge 13/89 riguarda abitazioni nate prima del 1989. Quelle nate dopo l'11 agosto 1989 dovevano essere o già accessibili o quanto meno "adattabili". Il progettista dovrebbe disporre degli elaborati tecnici dimostrativi dell'adattabilità, secondo quanto previsto nei punti 4 e 8 della legge 236/89; quindi per rendere accessibile un appartamento, anche se nato dopo il 1989 ma nato "adattabile", si possono ottenere i contributi della citata legge 13/89. Nel caso da lei esposto però la casa è da ultimare; si deduce quindi che è nuova e, pertanto, se è anche unifamiliare, deve già soddisfare i requisiti minimi di adattabilità o essere, come richiesto in questo caso dalla sua esigenza, già accessibile, quindi non è previsto alcun contributo da parte dello Stato. Può interpellare comunque i Servizi Sociali del suo Comune per un'eventuale diversa interpretazione a suo favore delle norme in vigore. Il suo quesito è un po’ difficile da interpretare perché è possibile realizzare garage negli edifici che ne sono sprovvisti ma a determinate condizioni. Condizioni che vengono discusse in sede di Conferenza dei Servizi del Comune interessato quando il progetto viene esaminato per la sua approvazione. Come lei saprà sul problema delle barriere architettoniche devono essere consultati il Regolamento edilizio comunale, la Legge 13/89, il Dm 236/89 e il Dpr 503/96. In quest'ultimo decreto viene enunciato che, nel caso si tratti di edifici soggetti al vincolo di cui all'art. 1 della legge 29 giugno 1939 n.1497 e all'art. 2 della legge 1 giugno 1939 n.1089, la deroga alla realizzazione di opere finalizzate all'accessibilità è consentita nel caso in cui le opere di adeguamento costituiscono pregiudizio per i valori storici ed estetici del bene tutelato; la mancata applicazione delle norme deve quindi essere motivata. ASCENSORE NELLA SCUOLA Esiste una norma particolare relativamente all'abbattimento delle barriere architettoniche nella scuola? Ad esempio: esiste una norma che obblighi una scuola statale a installare l'ascensore? Natascia Fasano Certamente la norma esiste ed è il Dm 236/89. Al punto 4.4 di tale decreto si stabilisce che "nelle strutture destinate ad attività sociali come quelle scolastiche, sanitarie, assistenziali, culturali e sportive, devono essere rispettate quelle prescrizioni di cui ai punti 4.1, 4.2 e 4.3 atte a garantire il requisito di accessibilità." Sin dal 1986 con la legge 28 febbraio n.41 tutti gli enti pubblici, tra cui quindi anche i comuni, erano tenuti a redigere il Peba (Piano per l'Eliminazione delle Barriere Architettoniche) e inoltrarlo alla Regione. In quel Piano dovevano essere elencati tutti gli immobili di proprietà comunale, tra cui le scuole, indicando i tempi di attuazione per rendere accessibili tutte le strutture. Per quanto possano essere dilazionati questi tempi è chiaro che al giorno d'oggi (dopo 23 anni) tutte le scuole dovrebbero essere in regola con la normativa. Le suggeriamo di richiedere formalmente questo Peba (si tratta di documento pubblico) e chiedere la previsione per l'intervento nella scuola statale da lei citata. BOX E TUTELA CENTRI STORICI Vorrei sapere se sia corretto considerare come interventi di abbattimento di barriere architettoniche le opere edilizie necessarie a realizzare i garage negli edifici che ne sono sprovvisti, tramite l'apertura di nuovi varchi in facciata o la modifica di quelli esistenti. Sono interessata al proÈ possibile inviare i propri quesiti in tema di barriere architettoniche a Lisdha news, “L’Esperto risponde” via Proserpio, 13 - 21100 Varese, e-mail: [email protected] N. 64 - GENNAIO-MARZO 2010 LISDHA NEWS - 9 ATTUALITÀ Una recente immagine di Alexandre Jollien. Le foto di questo articolo e della copertina sono di Mair.ch. Incontro con Alexandre Jollien. Cerebroleso dalla nascita, ha trascorso diciassette anni in un centro specializzato per disabili, poi attraverso lo studio della filosofia la sua vita ha acquistato un nuovo significato. C apita a volte, leggendo un libro, di provare la piacevole sensazione di fare un incontro. E' quanto mi è accaduto quando mi sono imbattuta in Elogio della debolezza edito in Italia dalla Qiqajon. Il suo autore, Alexandre Jollien, colpisce per l'originalità del suo pensiero, ma soprattutto per l'umile leggerezza che appare non 10 - LISDHA NEWS IL DIFFICILE MESTIERE DI UOMO come una dote di carattere, ma come la faticosa conquista di chi non si sottrae alle sfide che ogni giorno la vita offre, ma le assume con sano realismo e ne trae frutti fecondi per sé e per gli altri. Alexandre Jollien, nasce nel 1975 in un paesino svizzero con una grave lesione cerebrale "A voler fare troppe capriole nel ventre di mia madre, mi sono annodato il cordone ombelicale…". Così descrive lo stesso Jollien, con delicata ironia, le circostanze che l'hanno portato a quell'incidente alla nascita che gli provocherà problemi di coordinazione dei movimenti e difficoltà nella parola. I suoi genitori scelgo- no, pur a malincuore, di inserirlo in un centro specializzato per disabili dove trascorrerà diciassette anni. Anni molto duri per lui, sia per la lontananza dalla famiglia, che per lo strenuo impegno necessario per "addomesticare un corpo recalcitrante". Durezza solo mitigata dal legame di affettuosa solidarietà che stabilisce con gli altri "ospiti" dell'istituto, affetti da diverse forme di disabilità, ma capaci di esprimere un'accoglienza e un incoraggiamento vero e profondo. Una capacità generalmente assente negli educatori che offrivano paradossalmente un aiuto molto più superficiale e affettivamente distante: " Mi consigliaN. 64 - GENNAIO-MARZO 2010 ETICHETTE DI INFELICITÀ Sono un anormale. È stato detto, a sufficienza. L'ho percepito. I movimenti degli occhi che esaminano ogni particella del mio essere me lo insegnano: uno sguardo fissa il mio, poi scende e si posa là dove si trova la prova che sta cercando: "è handicappato". Percorso degli occhi, ricerca insistente del tallone d'Achille, della debolezza... Quello che la maggior parte della gente percepisce è la stranezza dei gesti, la lentezza delle parole, l'incedere che disturba. Quello che si nasconde dietro, lo ignorano. Spasmi, rictus, perdite di equilibrio, si trincerano dietro un giudizio netto e tranciante: ecco un minorato. Difficile cambiare questa prima impressione, doloroso vedervisi ridotto senza potersi spiegare. Il dialogo è impossibile perché ciò che viene da un minorato è minorato. Così il cerchio si chiude, il contatto diventa impossibile. Un nome basta a qualificare la tara: "atetosi". Questo termine greco me lo porterò dietro per tutta la vita? Questo appellativo di infermità controllata resta per me privo di effetti perché è di gran lunga troppo ampio e poco comprensibile. Per altri, una diagnosi troppo sollecita costituisce la perdita della libertà. Quella parola rappresenta una catena alla quale è legata l'esistenza, la prigione nella quale viene rinchiusa una persona. Il termine diventa più pesante ancora della realtà che vuole indicare. Quando il mio vicino scompare sotto l'etichetta del depresso, quando l'altro appare semplicemente come il diabetico, il vedovo o il negro, la riduzione operata da infiniti sguardi pesa, mortifica la personalità e apre piaghe segrete.(…) La fissità stessa del giudizio sminuisce la ricchezza del reale, dell' essere umano di fronte al quale dovremmo alme- vano di assumere dei modelli, di seguire degli schemi, mai di scendere nel più profondo di me stesso per trovarvi una sorgente, fosse anche al livello più temibile: nella mia angoscia". E, non di rado, manifestavano atteggiamenti di supponenza: "Al Centro come altrove, il personale faceva a volte ricorso alla maschera della funzione. Si rispettava il medico senza dubitare della sua competenza. Il maestro sapeva "tutto". Nella sua pretesa onniscienza, l'educatore si sentiva obbligato a insegnare ai miei genitori "l'arte di educare". A lungo, la politica dell'istituzione è stata questa: "I genitori hanno messo al mondo un bambino handicappato. Ce lo diano, e noi ne faremo un individuo più o meno normale". Al centro però Alexandre conosce anche il cappellano padre Morand, un vecchietto alto con una veste logora, che pur avendo una salute malandata si sforzava di svolgere al meglio il suo compito nell'istituto. Benché avesse sessant'anni più di Alexandre, diventa presto il suo migliore amico. "Lui mi ha svelato la bellezza dell'essere umano e mi ha dato fiducia in me stesso". Intanto Alexandre comincia a pensare al futuro e coltiva l'interesse di N. 64 - GENNAIO-MARZO 2010 no stupirci, se non osiamo meravigliarci. L'esperienza quotidiana, infatti, arriva a volte a smantellare deliziosamente queste verità stabilite. Il paralitico che tutti (pre)dicevano infelice sostiene il morale di chi gli sta intorno, mentre il fine intellettuale, destinato a una splendida carriera, sprofonda in un malessere smisurato. Eppure "non gli manca niente per essere felice". L'enunciato rasenta l'insulsaggine. La felicità si confeziona forse come una brioche? Un pizzico di salute, due cucchiai di... Dietro le parole è nascosto un essere, una personalità ricca, unica, irriducibile, che il peso dei pregiudizi finisce per coprire di uno strato fieramente categorico. Questa parvenza esclude un approccio semplice e innocente. La sedia a rotelle, il bastone bianco: ecco cosa salta agli occhi. Ma chi, con virtuosismo, utilizza la carrozzella, chi maneggia il bastone? Lo vediamo, vogliamo vederlo? E perché simili accessori dovrebbero essere necessariamente i segni dell'infelicità? (…) Un sordo un giorno mi ha detto che era fiero di essere sordo. Da parte mia, non mi sono mai sentito fiero né dei miei spasmi né del mio handicap. Mi abita un'unica fierezza: essere un uomo con uguali diritti e doveri, condividere la stessa condizione, le sue sofferenze, le sue gioie, la sua esigenza. Questa fierezza ci riunisce tutti: il sordo come lo zoppo, l'etiopico come chi ha il labbro leporino, l'ebreo come il moncherino senza gambe, il cieco come il down, il musulmano come il barbone, voi come me. Siamo Uomini! Alexandre Jollien (tratto da "Il mestiere di uomo", Edizioni Qiqajon) studiare filosofia. All'istituto però, non era "concepita" alcuna scelta personale e normalmente gli studi non erano previsti anche perché gli sbocchi professionali erano già pienamente definiti: lavoro manuale in "laboratori protetti" per "passare il tempo". Inoltre il quoziente di intelligenza di Alexandre era giudicato piuttosto basso. La perseveranza sua e dei suoi genitori ha però la meglio. Comincia a frequentare il liceo, incontrando un mondo per lui del tutto nuovo e sconosciuto e prosegue i propri studi all'università di Friburgo dove nel 2004 consegue la laurea in filosofia. Proprio allo studio della filosofia decide di consacrare la sua vita. Dai filosofi Alexandre scopre una saggezza profonda e il desiderio di apprendere sempre più l'arte di essere migliore, consapevole che, come afferma Erasmo da Rotterdam, "Non si nasce uomo, lo si diventa". Nel 2004 si sposa con Corinne che gli darà due figli: Victorine e Augustin. Nel frattempo, dopo Elogio della debolezza, la sua prima fatica letteraria, che ottiene anche importanti riconoscimenti, scrive Il mestiere di uomo, La costruzione di sé, Cara Filosofia e comincia a tenere conferenze e a partecipare a dibattiti televisivi. Con la sua consueta gentilezza e disponibilità ha accettato con entusiasmo la proposta di farsi intervistare da Lisdha news. - Com’è nato il suo interesse per la filosofia? «Da quando sono nato, mi sembra che l’handicap e dunque il corpo, abbia mobilitato tutta la mia energia. E' stato, per così dire, il senso della mia vita: progredire, diventare, se possibile, come gli altri. Ora, si tratta sicuramente di uno scopo lodevole, ma che non dà veramente senso all’esistenza. Un giorno, un professore mi ha detto: “Tu sei un filosofo!” e da quel momento ero curioso di sapere che cosa volesse dire e mi sono imbattuto in un libro di Platone, ho letto il “conosci te stesso” di Socrate. Da quel momento in poi la mia esistenza aveva un nuovo scopo, quello di aspirare alla saggezza, di tentare di conquistare la più grande pace dell’anima e, in una parola, cercare di vivere diventando migliore, piuttosto che di vivere meglio». - Leggendo “Elogio della debolezza” si rimane colpiti dalla descrizione delle relazioni ricche di LISDHA NEWS - 11 Perché rifuguarsi dietro ad una distanza terapeutica quanto un bambino ha un grande bisogno di affetto? Certo, il mestiere di educatore necessita di un equilibrio emotivo. Tuttavia io non penso che la distanza terapeutica percepita come un’assenza di investimento emotivo sia una buona risposta. L’ideale sarebbe trovare un giusto equilibrio». umanità che “gli ospiti” creano tra loro e, al contrario, dalla descrizione delle relazioni molto più fredde e impersonali che caratterizzano il rapporto tra gli ospiti e gli educatori: ce ne può parlare? «Nel centro, la solidarietà tra le persone handicappate era solida e profonda. Come se di fronte all’asprezza dell’esistenza, noi dovessimo aiutarci tra noi per vivere meglio. Il contatto con gli educatori invece era molto più difficile. In realtà il rimprovero più grande che faccio loro è l’assenza di affetto. - Ad un certo punto racconta ironicamente che nell’istituto c’erano dei grossi schedari dedicati ad ogni soggetto, accessibili a tutto il personale curante (a partire dai medici ed educatori fino agli stagisti che magari erano là soltanto per due giorni) ma non al principale interessato, ossia il soggetto di questi scritti… C’è qualcosa di paradossale in comportamenti che siamo spesso abituati a considerare normali. Sembra quasi che attribuendo il marchio di “disabilità” è come se ci fosse una sospensione dei normali diritti… «L’handicap porta con sé, in effetti, tutta una serie di pregiudizi e di atteggiamenti. Si va dal paternalismo alla pietà. Allora ci si può interrogare sul fatto che vi può essere una negazione di responsabilità della persona handicappata. Detto in un altro modo, tutto avviene come se la si dovesse prendere in carico e dunque prendere delle decisioni al suo posto. E penso in particolare alle persone che non hanno accesso alla parola. Secondo me, è un’esigenza radicale per i professionisti di scoprire quella che è la volontà della persona handicappata, di essere più vicini al suo interesse e di cercare di evitare sempre la proiezione». LA SOFFERENZA Non stanchiamoci di ripeterlo: la sofferenza non fa crescere, è invece quello che ne facciamo che può far crescere la persona. Non c'è alcun bisogno di soffrire per svilupparsi, né alcun bisogno di conoscere l'isolamento per apprezzare la presenza dell'altro. Eminenti studiosi hanno speso tempo ed energie per vantare i meriti della prova, i benefici del fallimento. (…) Con un gioco di parole (ta pathémata mathemata: "ciò che fa soffrire insegna") i greci hanno tentato di forgiare un atteggiamento, molto più acuto, da opporre ai tormenti, a ciò che ferisce e distrugge. Io vi trovo uno strumento. Chiamato algodicea, prende le mosse da questa esperienza: non vi è nulla di peggio di una sofferenza gratuita, assurda, priva di senso. Mentre la giovane madre dimentica tranquillamente i dolori del parto e il trofeo del vincitore fa sparire indolenzimenti ed ematomi, le sofferenze gratuite e sterili non scompaiono mai. Ci spodestano, ci privano a poco a poco della libertà. Così, di fronte allo scandalo e soprattutto all' assurdità di ciò che provoca dolore, gli antichi esortano a fare di tutto per rendere fruttuoso il momento della sofferenza. Non si tratta di correre in cerca del pericolo, né di sguazzare nel dolore, bensì, quando questo si presenta, di approfittarne! Emile Cioran, nel suo L'inconveniente di essere nati, fornisce un chiarimento: "La sofferenza apre gli occhi, aiuta a vedere le cose che altrimenti non avremmo colto. E quindi utile solo alla conoscenza e, al di fuori di essa, serve unicamente ad avvelenare l'esistenza!" Alexandre Jollien (tratto da "Il mestiere di uomo", Edizioni Qiqajon) 12 - LISDHA NEWS N. 64 - GENNAIO-MARZO 2010 re la persona in una logica di competizione e di individualismo». - Ha scritto che la mattina si sveglia credente e la sera si corica ateo: qual è il suo rapporto con la fede? «La fede per me dipende da una convinzione intima e quindi provo molta difficoltà a parlarne. Cerco di avere una vita quotidiana di preghiera. Nella mia vita il combattimento ha avuto troppo spazio, mentre la fede è un abbandono, un "esercizio" di fiducia. Ma niente è acquisito una volta per tutte». - Quanto male può fare la pietà? «La pietà colloca l’altro nel ruolo dell’infelice. Ciò può avere delle conseguenze immense poiché l’individuo che si pensa infelice può finire per conformarsi a questa etichetta. A me piace la distinzione che Spinoza fa tra la pietà e la compassione. Nella pietà, è la tristezza che prevale: la situazione dell’altro mi rende triste. Mentre nella compassione è l’amore che viene prima di tutto: io amo l’altro e voglio il meglio per lui. La persona handicappata, purtroppo, è spesso abituata a questo sguardo di pietà che può contrastare la fiducia in se stesso e impedirgli uno sguardo vergine sull’esistenza». - In che cosa consiste “il mestiere di uomo”? «La vita non va da sé, comporta una parte di sofferenza e quindi è tutto un cammino per conquistare un po’ di liberà e di gioia. E’ ciò che chiamo "il mestiere di uomo", assumere il proprio posto nel mondo, spigolare qualche gioia e costruirsi insieme all’altro. Cammino mai finito e che ci costruisce ogni giorno». - Ragionando sul concetto di “normalità” a quali conclusioni è arrivato? «Il concetto di normalità può essere stimolante e invitare, per esempio, a lavorare per un’uguaglianza dei diritti e delle opportunità. Può essere di stimolo a creare delle basi comuni per ogni essere umano, un minimo di condizioni vitali. Tuttavia questo stesso concetto può essere devastante quando si esclude l’altro. Lungi dall’essere un N. 64 - GENNAIO-MARZO 2010 motore erige allora delle barriere e stigmatizza l’altro. Va precisato poi che si tratta di una nozione puramente teorica, perché la ricchezza del reale è molto più bella e più densa Stiamo attenti a non chiudere la realtà nella "norma" per rimanere attenti e vedere le meraviglie nella complessità del reale». - Lei afferma di avere creduto a lungo che l'equazione "handicappato = infelice" fosse una legge fissata, dimostrata, incontestabile. Che ne pensa ora? «Penso effettivamente che la vita di una persona handicappata comporta delle sofferenze e una discriminazione inevitabile. Ma penso anche che la sofferenza fa parte della condizione umana e sovente la persona handicappata, lei stessa, crede di soffrire più degli altri. In quel caso il confronto può aiutare, nel senso che sovente si può credere che una vita di persona “valida” sia perfetta. Non si tratta di colpevolizzare e di dire “Siate contenti di voi stessi!”, ma piuttosto di vedere ciò che si può fare della propria sofferenza e innanzitutto ciò che si può fare per evitarla, se possibile, senza idealizzare la vita degli altri. Lavoro difficile! » - Perché si può fare "l'elogio della debolezza"? «Confesso che oggi esiterei a dare questo titolo al mio libro, perché paradossalmente, per fare l’elogio della debolezza, bisogna stare bene. Tuttavia, il titolo mi piace nel momento in cui invita ad una conversione di sguardo in una cultura dove ci può essere tendenza a valorizzare la forza, la riuscita, a mette- - Dal momento in cui ha scritto “Elogio della debolezza” sono successe tante cose nella sua vita: scrive articoli, tiene conferenze e qualche anno fa si è anche sposato e ora ha due bambini… La sua vita sta forse diventando sempre più “normale”? «E’ vero, e questo paradossalmente è più duro d’accettare. Quando si è abituati a lottare, a conquistare, può essere più facile avere fiducia e approfittare della gioie della vita. La mia educazione è stata troppo centrata sulla lotta, sul domani, sul progresso, e io penso che si possono rendere fragili gli individui mettendoli in una logica di guerra dove si deve atterrare il nemico, vincere l’avversario. E’ per questo che oggi aspiro alla pace, a una maggiore serenità e a trovare uno stato dello spirito capace di assumere con leggerezza gli alti e i bassi dell’esistenza, in breve ad avere una vita più normale». - Che cos'è per lei la “virtù della leggerezza”? «La leggerezza necessita innanzitutto che non ci si prenda troppo sul serio, che si rida di sé. Mi piace molto a questo proposito, guardare i miei figli, che su questo sono dei maestri. Sono totalmente nel presente e il loro sguardo è ancora vergine. Per me la leggerezza è questa capacità di restare innocente, mentre la sofferenza può farci inacidire. E’ accogliere la vita a braccia aperte senza resisterle, è osare abbandonarsi con fiducia». - Si può fare buon uso della sofferenza? «E’ molto difficile parlare di un buon uso della sofferenza perché spesso i discorsi e le teorie possono giustificare l’ingiustificabile. Davanti alla sofferenza, il primo LISDHA NEWS - 13 imperativo è di rimediarvi senza indugi. La sofferenza, qualunque sia, non deve essere giustificata a priori. Tuttavia ci sono delle sofferenze che rimangono inevitabili. Per non capitolare occorre dar loro un senso. Per esempio, io non posso accettare una volta per tutte il mio handicap, ma ogni giorno posso assumere attimo dopo attimo questa situazione, cercando di farne qualcosa. Soprattutto non bisogna restare soli davanti alla sofferenza. Per me l’aiuto supremo nella prova, è l’amicizia, l’altro, poiché più uno è concentrato su se stesso, più soffre. Ma proprio “decentrarsi” è la cosa più dura nella prova». - Può commentarci il precetto di Nicolas de Chamfort: "La più persa di tutte le giornate è quella in cui non si è riso"? «Nell’istituto ciò che mi ha colpito di più è stata la capacità di ridere e sorridere anche nella prova. Confesso che questo l’ho trovato - Sentirti debitore verso gli altri non ti amareggia? - Al contrario. Penso che si tratti di una ricchezza… Al cuore della mia debolezza posso apprezzare il dono della presenza dell'altro e offrirgli la mia umile presenza. (Da Elogio della debolezza) meno nella vita "normale". Come se davanti agli ostacoli fossimo costretti ad andare all’essenziale. Sicuramente non si tratta di farne un imperativo e di costringersi a ridere, perché sarebbe grottesco e artificiale. Tuttavia serve un piccolo sforzo per tentare un'apertura verso la gioia. Insomma, si tratta di alzare un po’ la testa per aprire un varco tra nuvole e raggiungere il sole. Così una giornata in cui si è riso ha senso perché rigenera le nostre forze che sono senza sosta sollecitate dal "mestiere di uomo"». Marcella Codini LO SGUARDO DELL'ALTRO Rue de Rennes, tento invano di fermare un taxi. Gli autisti rallentano, osservano il potenziale cliente, poi ripartono. Dopo una lunga e sterile attesa, decido di cambiare strategia. Tiro fuori una banconota stropicciata che sventolo febbrilmente. L'esca si rivela presto efficace. Una Mercedes mi apre la portiera. Indico la mia destinazione. L'autista non dice una parola. Dal retrovisore mi esamina. Per ammazzare il tempo leggo "Pensieri sulla felicità" di Alain. "Sai leggere?", dice. Annuisco. Il tassista sorride e poi mi chiede che mestiere faccio. Gli rispondo sinteticamente che studio filosofia. Si lancia allora in una strana confessione, confidandomi i suoi problemi familiari. Pretende perfino dei consigli. In dieci minuti lo sguardo altrui mi aveva affibbiato lo status di minorato, poi quello più spinoso... di consigliere coniugale. Quando sono solo in mezzo alla folla, quando i miei movimenti suscitano il riso, capisco quanto determinante sia lo sguardo. L'altro mi si impone. La sua presenza diventa un peso. Come cambiare gli occhi che luccicano di scherno, come tollerare che un altro invada la mia vita cogliendone solo l'aspetto ridicolo? Gli occhi che vedo per la prima volta mi spiano, diventano nemici: anche se non mi conoscono, rivelano tuttavia la parte oscura ormai familiare, accettata e superata dagli amici. L'esperienza di marginale, l'obbligo di essere colui che rivela la differenza, colui che viene classificato come anormale, riassumono la complessa problematica. Per tutta la vita deve cercare di assumere la particolarità, forse di farne una risorsa. Ma sempre lo sguardo altrui pesa e rischia di fare di lui un autentico "tarato" sociale. E, impercettibilmente, sulla differenza o, peggio, sull'handicap, si innestano le difficoltà insormontabili: l'altro, fondamento della mia vita, diventa un ostacolo, incolla le sue etichette il cui effetto nefasto ferisce a lungo. Se il filosofo Alain ha ragione, se ci si premura di assomigliare ai ritratti che gli altri fanno di noi, come potrà il nano considerarsi l'eguale dell' altro in un mondo in cui tutto grida la sua "piccolezza"? (…) L'handicappato apre una porta sulla condizione umana. Lui che è costretto, con un'intensità senza pari, a sostenere gli sguardi 14 - LISDHA NEWS degli altri, mostra al comune dei mortali le piaghe che avvelenano i rapporti con l'altro. Oltre alla pietà, subisce l'infantilizzazione: presentati malfermo sulle gambe in un ristorante e, per poco che tu mostri l'aria assente che viene dai movimenti bruschi, ti accoglieranno dandoti del tu; sarà presso la persona che ti accompagna che ci si informerà del menu che avrai scelto; attraverso discrete attenzioni sarà con lei che ci si congratulerà per la sua disponibilità e la sua dedizione, supponendo chiaramente che lavori nel "sociale". Una simile umiliazione, ripetuta costantemente, secerne la diffidenza che troppo spesso rinchiude e rende sospetta perfino la più amichevole delle familiarità. (…) Bisogna combattere la convinzione che lascia intendere, automaticamente, che ogni handicappato conosce un destino poco invidiabile. Ecco a cosa devono contribuire le migliaia di diversi che, disturbando e sconvolgendo gli indifferenti, sono ben obbligati ad assumere la propria fragilità con gioia e perseveranza e sanno anche gioire della vita. (…) Liberarsi dallo sguardo che ferisce esige in realtà una fiducia in se stessi che si acquisisce faticosamente e che rischia di deperire in fretta di fronte a degli sguardi insistenti. Come fare per proteggersi? Ostentare un assoluto stoicismo, rifugiarsi dietro un' armatura e scudo, restare indifferenti ai propri consimili? Il ripiegamento o la fuga, rimedi placebo all'umiliazione, generano un male ben più grave della ferita che dovrebbero curare. Così, l'ho già detto, chi fugge le canzonature si isola e finisce per privarsi dei sorrisi che amano, delle braccia che accolgono. Anche qui nessuna soluzione, nessun antidoto miracoloso al problema. La lotta resta incompiuta. Ogni giorno mi tocca affrontare i giudizi troppo rapidi e rimettermi in discussione. Dopo ventisei anni di carriera, non mi abituo agli sguardi che feriscono né mi rassegno a praticare a mia volta l'indifferenza. L'amicizia, rapporto privilegiato con l'altro, è tra gli strumenti esistenziali certamente il più dolce. Sale della vita, secondo Aristotele, dispensa il conforto nell' avversità. Alexandre Jollien (tratto da "Il mestiere di uomo", Edizioni Qiqajon) N. 64 - GENNAIO-MARZO 2010 ATTUALITÀ Limiti del collocamento obbligatorio DISABILITÀ E LAVORO C'È ARIA DI CRISI Cassa integrazione, mobilità, licenziamento collettivo, amministrazione controllata e riduzione dell'orario di lavoro per evitare tagli di personale sospendono l'obbligo di assunzione di personale disabile da parte delle aziende. T empi duri anche per i lavoratori disabili: e la colpa è anche della crisi. Cassa integrazione, mobilità, licenziamento collettivo, amministrazione controllata e i contratti che riducono l'orario di lavoro per evitare tagli di personale, infatti, sospendono l'obbligo delle aziende di assumere personale disabile. E meno male che il blocco delle assunzioni nella pubblica amministrazione deciso con il decreto legge 78/2009 del luglio scorso, poi convertito nella legge 102/2009, non si applica alle cosiddette "categorie protette" (ma solo se queste sono necessarie per il rispetto della quota di riserva prevista dalla legge 68/99 per l'inserimento lavorativo delle persone disabili). C'è voluta però una nota del ministero del Lavoro, della salute e delle politiche sociali per chiarire questa situazione. A Milano, tanto per fare un esempio, già l'anno scorso è calato il numero delle nuove convenzioni che vengono stipulate tra la provincia e le aziende: dalle 2.500 che erano nel 2001 sono passate alle 700 del 2008. E quasi un'impresa su tre non ha assunto lavoratori disabili anche se per legge sarebbe obbligata a farlo. Il 30% delle 11mila aziende attive in provincia di Milano che hanno l'obbligo di assumere persone disabili, infatti, non ha rispettato la legge. L'ammontare del Fondo regionale per l'occupazione dei lavoratori disabili fondo in cui confluisce quanto pagato preventivamente dalle aziende che non rispettano le quote fissate per legge e che possono essere esonerate dall'obbligo di assunzione previo versamento di un "contributo" economico - è passato così da 30 milioni di euro nel biennio 2007/2008 a 60 milioni di euro per il 2009/2010. Secondo una ricerca nazionale a campione che rielabora i dati "Isfol Plus" 2008, solo il 13% dei lavoratori disabili intervistati ha trovato un'oc- cupazione attraverso i centri provinciali per l'impiego o i servizi dedicati. La maggior parte (31%) ha trovato lavoro attraverso parenti, amici e conoscenti oppure grazie ai concorsi pubblici (23%). E oltre la metà dei lavoratori disabili abita nelle città del Nord Italia. Una grossa fetta (il 40%) lavora nella pubblica amministrazione, nella scuola e nella sanità, mentre solo il 23% nell'industria. Ma cos'è che non funziona nel collocamento obbligatorio? Secondo un'indagine affidata dal ministero del Welfare alla fondazione Labos (Laboratorio per le politiche sociali) e all'Ispesl (Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro), e intitolata "Il lavoratore disabile: una risorsa per la comunità", la normativa italiana sull'inserimento lavorativo delle persone disabili è molto avanzata ma è poco applicata. Tra i punti più critici ci sono la grande difficoltà per i disabili psichici e intellet- tivi di trovare un'occupazione e l'inadeguata valutazione, da parte dei servizi per l'impiego, degli sbocchi occupazionali effettivi. Inoltre - si legge nel rapporto - un altro problema riguarda il decentramento amministrativo, che ha prodotto un'eccessiva frammentazione dei servizi pubblici locali e marcate differenze territoriali nel funzionamento del collocamento mirato. Mancano inoltre gli incentivi alle imprese e la vigilanza sull'applicazione della legge da parte dei datori di lavoro è scarsa. (fonte: www.Superabile.it) LA NON AUTOSUFFICIENZA FA CRESCERE LA POVERTÀ In Italia aumenta il rischio di indigenza per gli anziani e per le famiglie ad alto carico di cura, soprattutto là dove sono carenti i servizi. Ed è al Sud che si sta peggio. La conferma in uno studio pubblicato da Ediesse. Le famiglie con disabili non autosufficienti sono anche più a rischio di povertà. Lo sostiene lo studio pilota "Welfare. Geografie della crisi", che si basa sui dati delle fonti ufficiali nazionali e internazionali, dall'Ocse all'Inail. L'incidenza di povertà cresce dove il tasso di disabilità e l'indice di dipendenza sono alti, o in presenza di altri fattori di contesto (livello di istruzione bassa, numerosità elevata del nucleo familiare). Sul fenomeno pesano anche i dati territoriali, che rendono le condizioni diseguali a seconda della regione in cui si vive. Infatti, la variabile che pesa di più nel rapporto tra disabilità grave e povertà familiare è proprio la presenza di servizi pubblici fruibili sul territorio. Laddove il pubblico sostiene le famiglie nella presa in cura del malato, la disabilità incide meno sulla povertà. La ricerca mostra così la presenza di due Italie. Una prima Italia è caratterizzata da una combinazione di supporto familiare e lavorativo, con conseguente bassa incidenza di povertà familiare: sono soprattutto le regioni del Centro-Nord. Una seconda Italia è all'opposto segnata da una grossa difficoltà da parte delle famiglie di rispondere alla disabilità, con incidenza di povertà familiare spostata verso l'alto. E' l'Italia del Sud, che mostra, però, una maggiore differenziazione: Abruzzo, Molise e Sardegna sembrano infatti avere una situazione un po' più favorevole delle altre regioni. N. 64 - GENNAIO-MARZO 2010 LISDHA NEWS - 15 ATTUALITÀ Uno scenario desolante PAROLE E FATTI Nella Conferenza nazionale sulla politiche per la disabilità il Governo ha sottolineato con enfasi i contenuti della convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità ratificata dall’Italia, ma non ha fatto seguire un impegno concreto. Anzi, ha tagliato il Fondo nazionale per le politiche sociali ed eliminato il Fondo per le non autosufficienze. L a Conferenza Nazionale sulle Politiche per la Disabilità svoltasi a Torino nell’autunno scorso è stata sapientemente direzionata verso la celebrazione della nuova Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti della persone con disabilità, ratificata in Italia dalla Legge 18 del 3 marzo 2009. Nei gruppi di lavoro e nell’assemblea plenaria sono stati evidenziati con la giusta enfasi i diritti che la Convezione introduce (o ribadisce) e la “rivoluzione” che le nuove disposizioni comporteranno nell’elaborazione normativa e delle politiche a favore delle persone con disabilità. E a dimostrazione dell’interesse del Governo per questo nuovo caposaldo normativo, si è orgogliosamente annunciato l’imminente insediamento dell’Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità previsto espressamente dal terzo articolo della Legge 18/2009 al fine di “promuovere la piena integrazione delle persone con disabilità in attuazione dei princìpi sanciti dalla Convenzione (...), nonché dei 16 - LISDHA NEWS princìpi indicati nella Legge 5 febbraio 1992, n. 104”. Diritti umani, diritti civili, diritti all’inclusione nella scuola, nel lavoro, nella società non saranno più un miraggio ma una concretezza esigibile per un paio di milionate di cittadini italiani con disabilità e per le loro apprensive famiglie. O almeno questo è stato il tranquillizzante messaggio che è passato. DALLE PAROLE AI FATTI Ma mentre le parole di speranza, di incoraggiamento, di celebrazione e di raccomandazione hanno tenuto la scena, quelle di critica e di realismo sono passate in sordina. Le politiche attive per le persone con disabilità necessitano anche di una copertura economica, oltre che di un rinnovamento culturale per traghettare il welfare da logiche pietistico-assistenziali e “risarcitorie” a strategie che rendano esigibili i diritti soggettivi. Il rinnovamento culturale – si sa – ha i suoi tempi. La copertura economica no: serve subito. Le persone hanno necessità ora e qui di servizi, assistenza, garanzie. Appare quindi stridente il contrasto fra la celebrazione governativa (e non) di rinvigoriti diritti e la deriva dell’impegno economico a favore delle persone con disabilità, dei non autosufficienti e delle loro famiglie. Le prove evidenti – a volerle vedere – di questo disimpegno sono, nero su bianco, nelle Gazzette Ufficiali e nelle stesse fonti governative. Prove che, con abilità prestidigitatoria, vengono nascoste ad un grande pubblico purtroppo sempre più distratto da escort e veline. La storia del Fondo Nazionale per le Politiche Sociali e del Fondo per le non autosufficienze sono un macroscopico esempio di scomparsa per dissolvenza. IL FONDO NAZIONALE PER LE POLITICHE SOCIALI Il Fondo Nazionale per le Politiche Sociali (Fnps), istituito inizialmente dalla Legge 449/1997 e ridefinito dall’articolo 20 dalla Legge 328/2000, dovrebbe essere la fonte nazionale di finanziamento specifico degli interventi di assistenza alle persone e alle famiglie, così come previsto dalla Legge quadro di riforma dell’assistenza (la Legge 328/2000, appunto). Il Fondo Sociale, nelle intenzioni, va a finanziare un sistema articolato di Piani Sociali Regionali e Piani Sociali di Zona che descrivono, per ciascun territorio, una rete integrata di servizi alla persona rivolti all’inclusione dei soggetti in difficoltà, o comunque all’innalzamento del livello di qualità della vita. Questo N. 64 - GENNAIO-MARZO 2010 significa che gran parte del Fondo dovrebbe essere destinato alle Regioni che a loro volta lo direzionano agli enti locali o agli stessi Comuni per attività reali di sostegno alle persone. Fra il 2000 e il 2006 gli stanziamenti sono rimasti sostanzialmente stabilizzati attorno ai 1.600 milioni di euro. In realtà una buona metà del fondo se ne va all’Inps “per il finanziamento degli interventi costituenti diritti soggettivi” e cioè i permessi lavorativi (art. 33 della Legge 104/1992), assegni di maternità, assegni al nucleo familiare, indennità a favore dei lavoratori affetti da talassemia major ecc.). Solo la metà viene trasferito alle Regioni e ai Comuni per interventi diretti in ambito sociale (non solo destinati alle persone disabili). Nel 2008 lo stanziamento scende, per la prima volta, sotto i 1.500 milioni di euro (fonte: Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali). Ma la vera sorpresa è per il 2009, 2010 e 2011: il Fondo ha una decisa retrazione (fonte: Legge 22 dicembre 2008, n. 203, Supplemento ordinario 285/L, pagina 54). Nel 2009 sono stanziati 1.355 milioni, che diventano 1.070 per il 2010, e solo 960 nel 2011. Nel 2010 ci saranno, quindi, rispetto al 2007, circa 700 milioni di meno. Tenuto conto che circa 750 milioni andranno all’Inps per le spese di cui abbiamo parlato, è evidente quanto rimane per le politiche attive previste dal Fondo e destinate agli Enti locali e alle Regioni. Questi sono dati certi che trovano testimonianza in documenti ufficiali. Ma non è finita! Il Fondo Nazionale per le Politiche Sociali è una di quelle voci di spesa contemplate nel Bilancio dello Stato la cui quantificazione è demandata annualmente alla legge finanziaria. Sono voci riassunte nella Tabella C N. 64 - GENNAIO-MARZO 2010 delle disposizioni per la formazione annuale e pluriennale dello Stato. Recentemente il Ministro Tremonti ha più volte affermato che alcune discusse operazioni di “drenaggio fiscale” (“scudo fiscale” e tassazione dei depositi aurei delle aziende) forniranno risorse in più per le famiglie e per le imprese. In realtà non è così, o almeno non è questo che le norme approvate dal Parlamento prevedono. L’articolo 14 della Legge 3 agosto 2009, n. 102 consente al Ministero dell’Economia di ridurre alcuni stanziamenti della Tabella C (fra cui quelli relativi al Fondo) nel caso lo Stato non riesca ad ottenere il gettito previsto dalla tassazione sulle plusvalenze su oro non industriale di società ed enti. Quindi la realtà è che se il “drenaggio fiscale” non dovesse funzionare come auspicato, le risorse per il sostegno alle imprese e soprattutto alle famiglie diminuiranno ulteriormente. Il che è significativamente diverso da quanto affermato dal Ministro dell’Economia. IL FONDO PER LE NON AUTOSUFFICIENZE Il Fondo Nazionale per le Politiche Sociali, come già detto, non si occupa solamente delle persone con disabilità. In alcuni casi le risorse sono state pure considerate senza vincolo di destinazione (es. si è usato il Fondo per fronteggiare l’emergenza – o almeno così era considerata – della “mucca pazza”). Nel 2006, quindi, si pensa di fronteggiare l’emergenza – stavolta vera e concreta – delle persone non autosufficienti, cioè i cittadini con disa- bilità con maggiore, e spesso drammatico, carico assistenziale. Si istituisce quindi uno specifico Fondo per le non autosufficienze (articolo 1, comma 1264, della legge 27 dicembre 2006, n. 296) subito contestato per l’incongruità della copertura finanziaria rispetto alle esigenze che dovrebbe affrontare. Al Fondo è stata assegnata la somma di 100 milioni di euro per l’anno 2007 e di 200 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009. L’articolo 2, comma 465, della Legge 24 dicembre 2007, n. 244 ha incrementato il Fondo di euro 100 milioni per l’anno 2008 e di euro 200 milioni per l’anno 2009. Pertanto: 100 milioni per il 2007, 300 milioni per il 2008, 400 milioni per il 2009. Altra amara sorpresa: per il 2010 e gli anni a venire la voce “Fondo per le non autosufficienze” non compare più nei bilanci di previsione. Non se ne trova traccia nella Finanziaria del 2010. Il Fondo per le non autosufficienze non esiste più. Quando si tratta di ratificare la Convenzione l’attenzione è massima; lo è pure se si devono costituire tavoli ed osservatori, ma difetta se quei diritti bisogna pure sostenerli concretamente con la carta filigranata. SCUSE INFONDATE Di fronte a questa innegabile ed ingiustificabile retrazione della spesa le “scuse” rimangono accettabili fintanto che qualcuno non ne fa notare l’insostenibilità. “Il Fondo per le non autosufficienze era stato previsto dalla legge solo per tre anni”. Falso! La norma istitutiva non indi- PER CHI VUOLE APPROFONDIRE Sul Fondo Nazionale per le Politiche Sociali Legge 8 novembre 2000, n. 328 – articolo 20 Legge 22 dicembre 2008, n. 203 – Gazzetta Ufficiale Supplemento ordinario 285/L, pagina 54 Sul Fondo per la non autosufficienza Legge 27 dicembre 2006, n. 296 – articolo 1, comma 1264 Legge 24 dicembre 2007, n. 244 – articolo 2, comma 465 Legge 3 agosto 2009, n. 102 – articoli 14 e 22 ter Sulla Convenzione Onu Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti della persone con disabilità Legge di ratifica n. 18 del 3 marzo 2009 ca nessuna sperimentalità del Fondo e nessun limite temporale. Come di prassi per qualsiasi altro Fondo, provvede allo stanziamento nei primi tre anni, rimandando alla volontà politica successiva gli ulteriori stanziamenti. No: la cessazione di questo Fondo è una scelta politica, non dettata da vincoli normativi, su cui, peraltro, il Parlamento ha potestà di modifica. “Il Governo ha previsto altre forme di sostegno alla non autosufficienza”. Fuorviante! Esiste un Fondo strategico per il Paese a sostegno dell’economia reale istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri (fonte: articolo 18, comma 1, lettera b-bis), del Decreto Legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla Legge 28 gennaio 2009, n. 2). L’articolo 22 ter della Legge 3 agosto 2009, n. 102 prevede che quel Fondo sia incrementato di 120 milioni di euro nell’anno 2010 e di 242 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2011 per interventi dedicati a politiche sociali e familiari con particolare attenzione alla non autosufficienza. Quali siano i criteri e modalità, quanto vada alla non autosufficienza e quanto al resto, lo stabilirà non il Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, ma la Presidenza del Consiglio dei Ministri. E comunque c’è una bella differen18 - LISDHA NEWS za fra i già insufficienti 400 milioni destinati alla non autosufficienza e una parte incognita di 120 milioni accantonati in un Fondo che nulla ha a che vedere con i problemi reali e drammatici delle famiglie in cui è presente una persona con disabilità grave. “Non bisogna guardare a questi tagli, che hanno un’importanza relativa, ma al modo in cui viene gestito il Fondo Sanitario Nazionale, laddove occorre razionalizzare e recuperare in efficienza, con eccellenze qualificate negli ospedali per il trattamento delle fasi acute e presa in carico della persona a livello territoriali con servizi decentrati”. Discutibile. Molto. Si torna alla sanitarizzazione di un bisogno che non ha prevalenza sanitaria con i rischi che le tutte necessità della persona non vengano affatto affrontate nel loro contesto, ma in realtà spedalizzate. Ancora una volta si “crede” ad un Servizio Sanitario Nazionale, ma non ad un Servizio Sociale Nazionale. Eppoi è un’affermazione dura da sostenere nel momento attuale: i commissariamenti e piani di rientro delle Regioni tagliano orizzontalmente e senza alcuna valutazione di merito l’assistenza socio-sanitaria alle persone con disabilità, specie più gravi (dal 10 al 30%). LE RISORSE Alla fine la risposta più sconsolata è “mancano le risorse”. Viene cioè evocata quella stessa crisi di cui non si può più parlare, pena essere tacciati di “disfattismo” o “antiitalianità”. In un momento difficile per il Paese, ad essere in maggiore difficoltà sono le famiglie che sono sempre più impoverite (fonte: La povertà in Italia nel 2008. Istat, 2009) anche dalle spese assistenziali di cui devono farsi carico. Non ci si indebita solo per comprarsi la Tv al plasma o per andare in vacanza in Paesi esotici, o per impossessarsi dell’ultimo modello di auto (pur eco-rottamo-incentivata). Sono molte, moltissime, le famiglie che si indebitano o rinunciano a tutto per pagare l’assistenza ai propri familiari, per compartecipare alla spesa, per pagare e regolarizzare le badanti e tanto altro. La vecchia scusa delle risorse è insostenibile, soprattutto da parte di chi evoca le salvifiche proprietà della “finanza creativa”. Ma come? L’Inps ha testé dichiarato che grazie al contrasto dei “falsi invalidi” si recupereranno, a regime, 100 milioni di euro l’anno. Vogliamo restituirli, per contrappasso, ai veri invalidi? L’azione, condivisibile nei fini, promossa dal Ministro Brunetta contro le elusioni in materia di permessi lavorativi, produrrà un risparmio per l’Erario. Vogliamo restituirlo a chi ne ha davvero bisogno? E che dire dell’8 per mille? Se il Governo decidesse di destinare la propria parte alla non autosufficienza (pubblicizzando questa decisione) troverebbe molte più firme di contribuenti nel quadratino riservato allo Stato. Ne saremmo tutti, a parte la Chiesa Cattolica, ben lieti. Ma al di là di queste soluzioni tampone, un’emergenza come quella del carico assistenziale (al 90% sulle famiglie) della non autosufficienza merita di essere trattata come tale ed essere concretamente affrontata. Con le chiacchiere non si arriva da nessuna parte, ma con il silenzio ci si ferma ancora prima. Carlo Giacobini Direttore responsabile di HandyLex.org e di HandyLexPress Fonte: Superando N. 64 - GENNAIO-MARZO 2010 MOBILITÀ Un sistema innovativo SKID SALVA I DISABILI IN CASO DI EMERGENZA Lungimirante la scelta del Comune di Parma di dotare gli edifici pubblici di una speciale seggiola a slitta che in caso di incendio consente di trasportare all’esterno i disabili con velocità e sicurezza. U n aspetto che non viene sempre adeguatamente considerato è quello della velocità e della sicurezza con cui le persone con difficoltà motorie devono essere trasportate fuori dagli edifici in caso di emergenza. La normativa in vigore (Dm 236/89) prevede solamente che venga preferita "la suddivisione dell'insieme edilizio in compartimenti antincendio piuttosto che l'individuazione di sistemi di vie di uscita costituiti da scale di sicurezza non utilizzabili dalle persone con ridotta o impedita capacità motoria." Si devono quindi creare ambienti, definiti come "luogo sicuro statico", "resistenti al fuoco e facilmente raggiungibili in modo autonomo da parte delle persone disabili, ove attendere i soccorsi". Appare quindi particolarmente valida l'iniziativa, attuata dal Comune di Parma, di dotare palazzi comunali, centri socio-assistenziali e scuole per l'infanzia di "Skid", speciale seggiola a slitta che, in caso di incendio, consente di evacuare con velocità e sicurezza lo stabile in cui il disabile è bloccato. Questo è l'obiettivo di Skid, un nuovo mezzo che sarà diffuso in modo capillare in varie strutture della città di Parma e che costituisce soltanto l'ultima delle varie iniziative promosse dall'Agenzia Comunale per le Politiche a favore dei Disabili, d'intesa - nel caso specifico - con l'Assessorato alle Politiche per l'Infanzia e per la Scuola. Ma che cos'è esattamente Skid? Si tratta di una speciale seggiola a slitta che parte da una considerazione fondamentale: essere di facile utiN. 64 - GENNAIO-MARZO 2010 lizzo e immediatamente reperibile. Essa permette di trasportare persone fino a 150 kg secondo la normativa 626 e si ripiega occupando pochissimo spazio (cm 96x52x20). Da anni si sta cercando di garantire la massima accessibilità alle strutture pubbliche; ora si vuole puntare l'attenzione sulla necessità di trasportare velocemente e in piena sicurezza fuori dagli edifici, in caso di emergenza, le persone con difficoltà motorie che in caso di incendio non hanno alternative di fuga. E lo scopo di Skid è proprio questo: garantire una via d'uscita anche nel caso in cui ascensori e montacarichi siano inutilizzabili per mancanza di energia o perché ne è proibito l'uso come mezzo di evacuazione. Da segnalare che il Comune di Parma ha realizzato anche un corso di formazione rivolto a tutti i responsabili delle squadre di emergenza delle scuole dell'obbligo con la partecipazione dei rappresentanti della ditta costruttrice. Con questo corso è stato spiegato come utilizzare Skid e a tutti è stato consegnato un Cd-Rom e materiale illustrativo utile ad approfondire la conoscenza e le modalità d'uso dello strumento. Gli Skid già acquistati dall'Amministrazione Comunale di Parma sono ottanta: un investimento importante che si aggira intorno ai 100.000 euro. Bruno Biasci MANTOVA, UNA PROVINCIA PER TUTTI Si chiama così la guida recentemente realizzata dalla Provincia virgiliana, che propone una serie di itinerari attraverso il centro cittadino e alla scoperta di alcuni tra gli scorci più interessanti del territorio circostante, espressamente studiati perché siano fruibili da persone con diversi tipi di disabilità La guida è articolata in dieci differenti sezioni, ognuna delle quali presenta una parte di testo introduttivo e una cartina, con evidenziato il percorso privo di barriere attraverso il quale raggiungere alcuni dei monumenti simbolo della città. A conclusione della guida vi è una sezione dedicata all'enogastronomia, con la segnalazione dei ristoranti che, attraverso menù speciali, dedicano particolare attenzione a celiaci e diabetici. La pubblicazione, scaricabile dal sito: www.turismo.mantova.it, è tradotta anche in braille. LISDHA NEWS - 19 MOBILITÀ MILANO PIÙ ACCESSIBILE DI LONDRA E PARIGI La presentazione di una guida per i passeggeri con disabilità è stata l’occasione per fare il punto sullo stato dell’accessibilità dei mezzi pubblici nel capoluogo lombardo. L ’Azienda Trasporti Milanese ha recentemente realizzato una “Guida per i passeggeri con disabilità”, frutto del lavoro congiunto con Assessorato Mobilità, Trasporti e Ambiente e Assessorato alla Salute, con il significativo contribuito della Ledha. La pubblicazione, disponibile online sul sito www.atm-mi.it, vuole fornire una descrizione completa dei servizi e dei dispositivi per i passeggeri con disabilità visiva, uditiva, motoria. Milano, è stato detto nel corso della presentazione dell’iniziativa, ha un indice di accessibilità (Fhc - Full Handicap Compliance) del 59%, collocandosi in posizione migliore rispetto a città come Londra, Berlino e Parigi. Con gli interventi previsti per il 2010, Milano avrà un indice di accessibilità superiore anche a quello di Barcellona. Nel triennio 2009-2011 sono previsti investimenti per 12 milioni di euro per l’adeguamento e la manutenzione dei mezzi e delle infrastrutture e l’adozione di nuovi dispositivi specifici in modo da migliorare il livello di fruibilità del servizio pubblico sia per le persone con disabilità che per anziani, famiglie che viaggiano con bambini e chi si sposta con bagagli. Ecco alcuni degli interventi eseguiti nel 2009: • accessibilità completa delle stazioni di Centrale e Garibaldi con il completamento dei montascale e rinnovo montascale della fermata Gioia; • rinnovo del parco mezzi di superficie e introduzione di nuove vetture a pianale ribassato; • posatura di pavimento sensibile in 23 stazioni sia a centro banchina sia a bordo banchina per persone con disabilità visiva; • installazione di video con indicazione del percorso di linea, di prossima fermata e delle coincidenze con altri mezzi su 500 autobus in circolazione su linee urbane; • sistema video e audio per le informazioni ai passeggeri sui nuovi treni Meneghino. Mentre per il 2010 sono previsti i seguenti interventi: • installazione di 13 nuovi ascensori (4 nella stazione di Loreto, 5 nella nuova stazione di Assago/Milano Fiori, 3 nella nuova stazione di Assago/Milano Fiori Nord e 1 nella stazione di Cernusco sul Naviglio); • sostituzione di 500 pedane elettriche con quelle manuali che si sono rivelate più affidabili e resistenti ad atti vandalici; • il sistema di annuncio di destinazione del treno nella stazione Centrale verrà esteso nei prossimi tre mesi alle stazioni di Cadorna M2, Garibaldi, Porta Genova, Romolo e Loreto M2. CONTRIBUTI PER CASE SENZA BARRIERE Le domande, come ogni anno, vanno presentate entro il 1° marzo. Per chi ha intenzione di fare degli interventi per favorire l’accessibilità della propria abitazione, ricordiamo che entro il 1º marzo 2010 occorre presentare in Comune apposita domanda per ottenere i contributi previsti dalla legge 13/89. Le opere per le quali può essere richiesto il contributo sono quelle finalizzate a facilitare l’accesso all’immobile (es. modifica del cancello di ingresso perché troppo stretto, abbassamento citofoni perché di altezza un'altezza inadeguata alle persone su sedia a ruote, realizzazione o modifica ascensore, installazione servoscala) o ad agevolare la mobilità all’inter- 20 - LISDHA NEWS no dell’alloggio (ad esempio adeguando gli impianti e i sanitari). Si ricorda che l'Iva per l'acquisto dei materiali e degli ausili per tali interventi è pari al 4% e che possono essere rimborsate anche le spese per la progettazione, con Iva al 20%. L'entità del contributo viene determinata sulla base delle spese effettivamente sostenute e comprovate da fatture quietanzate. Il contributo massimo erogabile è di 7.100 euro per l'eliminazione delle barriere architettoniche nelle parti comuni dell'edificio e di 7.100 euro per l'eliminazione delle barriere architettoniche all'interno dell'alloggio. N. 64 - GENNAIO-MARZO 2010 MOBILITÀ Iniziativa della Unicoop di Firenze FARE LA SPESA CON "EASY MOVE" Un nuovo mezzo che consente al disabile in carrozzina di fare la spesa in modo autonomo. I l carrello "Easy Move", proposto ai propri clienti dalla Coop di Pontassieve (Firenze), e appositamente studiato per aiutare le persone con difficoltà motorie a fare le spese quotidiane, è uno strumento a funzionamento elettrico sul quale la persona in carrozzina può salire e poi muoversi in autonomia all'interno di una qualsiasi area chiusa. Ideato, progettato e realizzato a San Casciano Val di Pesa (Firenze), "Easy Move" dà la possibilità al passeggero sia di effettuare spostamenti orizzontali, sia di elevarsi verticalmente per raggiungere in piena sicurezza i prodotti, anche quelli che si trovano sugli scaffali più alti, che altrimenti non sarebbero alla sua portata. Infatti Easy Move è in grado di muoversi, non solo come una normale macchina elettrica che segue traiettorie curvilinee come le automobili, ma può anche traslare in tutte le direzioni permettendo l’avvicinamento agli scaffali in modo ottimale. Sensori perimetrali rilevano l’avvicinarsi di ostacoli che rallentano in modo automatico la macchina e consentono di evitare bruschi urti. Per usare "Easy Move" l'utente riceve una chiave elettronica con la quale può entrare nel carrello mobile direttamente con la carrozzina e guidarlo con un joystick. Attraverso una pulsantiera si comanda il pianale di sollevamento, si varia la velocità e si effettuano salita e discesa del mezzo oltre che le operazioni di imbarco/sbarco. Uno spazio per appoggiare i prodotti scelti e un telefono per comunicare con il box informazioni completano le dotazioni di questa interessante attrezzatura. Lo speciale carrello, in dotazione per ora solo presso questo punto vendita toscano, è stato presentato recentemente al pubblico con la preN. 64 - GENNAIO-MARZO 2010 senza di alcuni assessori regionali, rappresentanti di associazioni e il titolare della ditta che lo ha ideato, progettato e realizzato. La Unicoop di Firenze ha stipulato un accordo per avere in esclusiva dieci esemplari da distribuire nei suoi punti vendita più grandi. Non possiamo che augurarci che questa soluzione venga apprezzata e richiesta anche da tanti altri supermercati. Bruno Biasci ANCHE SARONNO HA LA GUIDA ALL'ACCESSIBILITÀ Anche Saronno è passata sotto la lente dell’accessibilità: grazie al coinvolgimento diretto dei volontari delle associazioni del distretto socio sanitario, 56 luoghi pubblici sono stati monitorati per “saggiarne” la capacità di accogliere chi ha difficoltà a muoversi a causa di un impedimento che può essere anche solo di carattere temporaneo. La guida all’accessibilità per Saronno è consultabile al link www.cesvovpertutti.it, insieme alle analoghe guide dedicate a Varese e a Busto Arsizio e rappresenta un altro passo nell’ambito del progetto”Cesvov per tutti” messo in campo dal Centro di servizi di Varese con l’obiettivo di sensibilizzare al tema dell’accessibilità. IL PRIMO RIFUGIO SENZA BARRIERE Dal 13 settembre c’è sulle Alpi un rifugio senza barriere. E’ L’Alpe Corte a 1400 metri di quota in provincia di Bergamo. Il Cai (Club Alpino Italiano) ha reso l’intera struttura a misura anche di chi si muove in carrozzella. La struttura, che sorge in Val Seriana, è raggiungibile in auto. STORIA Appassionato di musica, introdusse una nuova scrittura delle note ERMANNO LO STORPIO E LA SALVE REGINA Il piccolo monaco malato che ha lasciato un segno così profondo nella storia della fede. L a storia del monaco Ermanno inizia in quelli che sono definiti gli anni bui del medioevo. Siamo in Svezia, dove il conte Wolfrat di Altshausen sposa Hiltred. Entrambi appartengono a nobili famiglie che annoverano gentiluomini, crociati e alti prelati nei loro alberi genealogici. Pure noi tra tutti costoro ricordiamo solo il piccolo Hermann, che venne alla luce nel 1012 e fu soprannominato “il rattrappito”, tanto il suo corpicino era storto e contratto. Non poteva stare dritto e neppure camminare, faticava a stare seduto a lungo sulla sedia creata proprio per lui e le dita erano troppo deboli per scrivere. Anche il palato e le labbra erano così alterati da non permettergli di parlare in modo comprensibile Hermann der Lahme, Ermanno lo storpio era uno dei quindici figli del conte e, in un mondo pagano, sarebbe stato lasciato morire o addirittura eliminato. Tanto più che gli esperti di allora sostenevano che anche la sua mente non funzionasse a dovere. Ma i genitori ebbero coraggio visto il periodo in cui vivevano quando decisero di mandarlo in monastero e di pregare per lui. E’ importante sapere che i monasteri avevano raccolto e sviluppato quello che restava dell’antica cultura. In Germania, parlando di cultura del passato, ci si riferiva alle terra latine del sud e anche all’Inghilterra 22 - LISDHA NEWS e all’Irlanda. C’erano traduzioni in tedesco dei vangeli, nelle chiese si predicava in tedesco ed erano noti ai più i grandi nomi della letteratura greca e latina. Nei monasteri c’erano le biblioteche e le scuole. Proprio in uno di questi monasteri, a Reichenau, venne mandato Ermanno. L’edificio sorgeva su una deliziosa isoletta nel lago di Costanza, dove il Reno corre impetuoso verso le sue cateratte. Era un monastero dalla storia antica, in quanto fondato da Carlo Magno più di duecento anni prima. Si trovava di fronte a un’importante strada per il traffico commerciale e anche per il passaggio di viaggiatori italiani, greci, irlandesi e islandesi. Le sue mura ospitavano dotti famosi e una scuola di pittura. Qui crebbe Ermanno e, nonostante le sue difficoltà fisiche, la sua mente si aprì. E’ importante sapere che, anche se nella sua vita non ebbe un solo istante privo di dolore, quando gli antichi cronisti parlano di lui, lo definiscono sempre: piacevole, amichevole, facile alla conversazione, ridente. Era tollerante e gaio e si impegnava per piacere a tutti, con il risultato che tutti gli volevano bene. Quindi, pur con tutte le sue difficoltà, il ragazzo iniziò a studiare matematica, greco, latino, arabo, astronomia e musica. Scrisse persino un trattato sugli astrolabi, nella cui prefazione si definisce: “Ermanno, l’infimo dei poveretti di Cristo e dei filosofi dilettanti, il seguace più lento di un ciuco, anzi, di una lumaca (...) è stato indotto dalle preghiere di molti amici a scrivere questo trattato scientifico”. Con le sue dita tutte rattrappite riuscì a realizzare astrolabi, orologi e strumenti musicali. Hanno detto di lui che fu il più moderno dei musicisti: introdusse una nuova divisione nel sistema delle note e inventò una nuova scrittura delle note stesse. Scrivendo di musica egli sottolineò che un buon musico dovrebbe essere capace di comporre un motivo, giudicarlo e anche cantarlo. Pochi, in realtà, riuscivano a farlo, non solo in passato ma anche oggi! E’ quasi certo che tutti i seguaci della Fede debbano al monaco Ermanno la composizione dello stupendo inno Salve Regina, proprio con quella sua melodia in canto fermo che ancor oggi si sente risuonare in tutte le chiese cattoliche del mondo. Scrisse anche l’Alma Redemptoris e alcuni inni. Ermanno era molto intelligente, conosceva tutte le tradizioni delle più importanti famiglie del suo tempo e poteva leggere molti libri antichi che noi oggi non conosciamo più a causa delle distruzioni che in anni successivi dispersero e rovinarono le biblioteche degli antichi monasteri. N. 64 - GENNAIO-MARZO 2010 Scrisse alcune opere poeticodidattiche soprattutto a scopo pastorale per i monaci e le suore della propria abbazia e di altri monasteri. Ebbe inoltre uno spirito aperto e attento a quanto avveniva nella sua patria. Fu molto stimato dall'imperatore Enrico III e da papa Leone IX, che visitarono il monastero di Reichenau rispettivamente nel 1048 e nel 1049. E’ quindi comprensibile che Ermanno abbia scritto due libri sulle gesta di Corrado II ed Enrico III; la Cronaca della Svevia sarebbe un lavoro giovanile, mentre in età adulta scrisse un Chronicon di storia del mondo, dalla nascita di Cristo fino al Medioevo, che - per la sua accuratezza, obbiettività e originalità - gli valse le lodi degli esperti del tempo. La novità in quel testo è il suo prendere le mosse non dalla morte di Abramo ma da quella di Cristo: in questa storia Ermanno, per primo, sfruttò ed elaborò scientificamente materiale tratto dagli annali monastici ed imperiali, vite dei santi, liste episcopali e molte altre fonti. Ma questa vita straordinaria si stava avviando alla fine dell’esperienza terrena. Il suo amico e biografo Bertoldo scrisse: “Quando alfine l’amorevole benignità del Signore si degnò di liberare la sua santa anima dalla tediosa prigione del mondo, egli fu assalito dalla pleurite e trascorse quasi dieci giorni in continue e forti tribolazioni. Alfine un giorno, nelle prime ore del mattino, subito dopo la santa messa, io, che egli considerava il suo più intimo amico, mi recai da lui e gli chiesi se si sentisse un poco meglio”. Ermanno disse di aver ripensato per tutta la notte alle osservazioni sul bene e il male riportate nell’Hortensius di Cicerone “e sotto la forte ispirazione di quella lettura – continua Bertoldo riportandone le parole tutto il mondo presente e tutto ciò che ad esso appartiene, questa stessa vita mortale, era divenuta meschina e tediosa e, d’altra parte il mondo futuro, che non avrà termine, e quella vita eterna, sono divenuti indicibilmente desiderabili e cari, così che io considero tutte queste cose passeggere non più dell’impalpabile calugine del cardo. Sono stanco di vivere”. Mentre Bertoldo piangeva, Ermanno aggiunse, indignato: “Amico del mio cuore, non piangere, non piangere per me! Ricordando ogni giorno che anche tu dovrai morire preparati con ogni N. 64 - GENNAIO-MARZO 2010 energia per intraprendere lo stesso viaggio, poiché, in un giorno e in un’ora che tu noi sai, verrai con me - con me, il tuo caro, caro amico.” Era il 24 settembre del 1054 – giorno in cui, ancora oggi, il calendario benedettino ricorda il monaco – quando Ermanno morì, a soli 51 anni e circondato dagli amici, dopo aver ricevuto il corpo e il sangue di Cristo nella santa comunione. Fu seppellito proprio nei possedimenti paterni di Altshausen ai quali aveva rinunciato da così lungo tempo, ma la sua tomba è oggi sconosciuta. Se ne conservano reliquie ad Altshausen, a Zurigo e altrove. Anche se nel calendario benedettino è ricordato come beato. Il vescovo di Friburgo dichiarò inammissibile il culto pubblico verso Ermanno come beato, pur permettendo la continuazione del culto nel territorio in cui fino allora vigeva. Il suo culto fu confermato dalla Chiesa cattolica nel 1863, grazie al Bucelino. Ci restano rappresentazioni di Ermanno nel coro di Zwiefalten e ad Andechs. In un dipinto del soffitto della distrutta chiesa di Montecassino era raffigurato come Doctor marianus. Scrivendo del monaco Ermanno lo storico Martingale sottolinea ”Senza dubbio allevare bene il corpo è cosa importante, tuttavia subordinata; l’educar bene la mente è la cosa principale - e questa educazione, credetemi, deve essere fondata su due elementi essenziali: l’amore e la religione - e le due cose sono strettamente unite. In questo povero, contorto ometto del medioevo, brilla il trionfo della fede che ispirò l’amore e dell’amore che fu leale alla fede professata. Ermanno ci dà la prova che il dolore non significa infelicità, né il piacere la felicità”. Delle parole molto belle. D’ora in avanti ascoltando il Salve Regina, sapremo chi ne fu l’autore e quando e dove l’invocazione fu pronunciata la prima volta. Chiara Ambrosioni Salve Regina Salve, Regína, mater misericórdiae, vita, dulcédo et spes nostra, salve. Ad te, clamámus éxsules fílii Hevae. Ad te suspirámus geméntes et flentes in hac lacrymárum valle. Eia ergo, advocáta nostra, illos tuos misericórdes óculos ad nos convérte Et Jesum benedíctum fructum ventris tui, nobis post hoc exílium osténde. O clemens, o pia, o dulcis Virgo Maria. Salve, o Regina, Madre di misericordia; vita, dolcezza e speranza nostra, salve. A te ricorriamo, noi esuli figli d'Eva; a te sospiriamo gementi e piangenti in questa valle di lacrime. Orsù, dunque, Avvocata nostra rivolgi a noi quegli occhi tuoi misericordiosi. E mostraci dopo questo esilio Gesù, il frutto benedetto del ventre tuo, o clemente, o pia, o dolce Vergine Maria. Alma Redemptoris Mater Alma Redemptóris Mater quae pérvia coeli porta manes, et stella maris, succúrre cadénti, súrgere qui curat, pópulo: tu quæ genuísti, natura miránte, tuum sanctum Genitórem, Virgo prius ac postérius, Gabriélis ab ore Sumens illud Ave, peccatórum miserére. O santa Madre del Redentore, porta del cielo sempre aperta, stella del mare, soccorri un popolo decaduto, che desidera risorgere, tu, che nello stupore della natura, generasti il tuo Genitore, tu, vergine prima e dopo, che dalla bocca di Gabriele udisti quell'Ave, abbi pietà dei peccatori. LISDHA NEWS - 23 ESPERIENZE La famiglia Rossi al completo. Creatività ed ingegno, una ricchezza per sé e per gli altri LA POLIEDRICA VITA DI RODOLFO Rodolfo Rossi, paraplegico dall’età di diciannove anni a causa di un incidente stradale, vive e lavora a Varese. Le difficoltà, cui ha saputo reagire con coraggio e determinazione, sono state anche stimolo per impegnarsi su più fronti e in diverse attività in un’ottica di costante promozione della persona. L e risorse dell’uomo sono davvero illimitate. Quando il cielo si rannuvola e le difficoltà pesano più del solito, anche le capacità dell’uomo sembrano moltiplicarsi: speranza, creatività, perseveranza, impegno raggiungono vette insospettabili! E i frutti sono lì davanti a noi. Fondamentali sono l’ottica della persona ed il contesto in cui è inserita. Sapere far fruttare le potenzialità e le enormi ricchezze che ciascuno di noi ha racchiuse in sé è la chiave di volta non solo per superare gli ostacoli, ma per costruire giorno dopo giorno una vita ricca, appagante che punti il più possibile alla crescita ed alla realizzazione personale, nella promozione del bene collettivo. 24 - LISDHA NEWS - Ciao Rodolfo e grazie di avermi concesso questa intervista. Sei un personaggio noto a Varese… mi parleresti delle tue attuali attività? «Nel 2006, l’Associazione per la Pedagogia Steineriana di Varese che ho l’onore di presiedere - ha ottenuto in affitto dal Comune di Varese l’ex-scuola elementare di Cartabbia: una bella struttura immersa nel verde, dove sono stati attivati l’Asilo “Mirtillo” ed il gruppo-gioco “Lillà” per bambini più piccini dai 18 mesi ai 3 anni. Attualmente, sono iscritti venticinque bambini, seguiti con amorevole dedizione dalle maestre, secondo i principi del metodo steineriano». - In cosa consiste questo metodo? «La prima scuola steineriana, chiamata "Libera Scuola Waldorf", fu fondata nel 1919 a Stoccarda dall'industriale Emil Molt, per i figli degli operai della fabbrica WaldorfAstoria, sotto la guida di Rudolf Steiner, un filosofo austriaco vissuto a cavallo tra il XIX ed il XX secolo, che ne elaborò i fondamenti pedagogici. Per tale motivo, la pedagogia steineriana è anche chiamata “pedagogia Waldorf”. L’iniziativa di fondare la scuola è maturata a partire dall’esigenza etico-spirituale di promuovere un rinnovamento profondo della società, soprattutto dopo gli orrori della prima guerra mondiale, in direzione della ricerca della vera libertà delN. 64 - GENNAIO-MARZO 2010 l’uomo. Secondo tale concezione, il bambino non è considerato come una tabula rasa su cui scrivere ciò che si vuole che impari, ma al contrario, un essere in divenire, ricco di capacità e talenti da risvegliare. L’obiettivo educativo fondamentale, perciò, è quello di elaborare una didattica che consenta a ciascun bambino di scoprire le enormi potenzialità ancora latenti e di porle in essere anche a beneficio della società, con il minimo di condizionamenti e distorsioni. Insomma, si lavora per far sì che ogni bambino, futuro giovane uomo, “sbocci” divenendo se stesso, libero da pregiudizi e capace di orientare la sua vita verso le mete che vorrà e saprà scegliere». - Concretamente, quali sono le materie che si insegnano? «La scuola steineriana mira a favorire lo sviluppo della creatività, della responsabilità nella gestione della libertà, della capacità decisionale e, quindi, è attenta alla crescita del bambino e del ragazzo nella sua globalità: intelletto, cuore (come sede delle emozioni e sentimenti) e corpo. Pertanto, le materie artistiche e manuali hanno pari dignità di quelle intellettuali. Ed anche le materie tradizionali sono trasmesse in modo da garantire non solo la comprensione dei contenuti a livello puramente cognitivo, ma anche una loro interiorizzazione mediante racconti che evocano immagini ed esperienze particolari che si legano anche alla sfera emotiva. Alcune tra le materie peculiari insegnate sono: modellaggio, disegno, pittura, scultura, canto, strumento, teatro, giardinaggio, falegnameria, euritmia (arte del movimento creata da Steiner legato alla parola ed alla musica). L’elaborazione del piano di studi è strettamente connessa alle differenti fasi di sviluppo del bambino, per cui si individua il momento “giusto” per l’insegnamento di ogni materia. Anche i genitori sono fortemente coinvolti…» si attivano per fondarle. Anche per quella di Varese è accaduto così. Essa, infatti, è stata costituita dall’Associazione Pedagogica Steineriana di Varese, fondata a sua volta nel 1995 da un gruppo di genitori che credeva in questo metodo. Come avviene per tutte, anche la nostra scuola è aconfessionale, apartitica e senza scopo di lucro e si basa su principi di solidarietà. Infatti, ciascuna famiglia, in un clima di fraternità, contribuisce dal punto di vista economico esclusivamente secondo le proprie possibilità finanziarie, ma ha la possibilità di dare il suo supporto con attività di altra natura. Inoltre, sono raccolti fondi tramite feste, bazar, concerti, serate di beneficenza. Concretamente, in qualità di Presidente dell’Associazione Steineriana, mi occupo in prevalenza di attività giuridico-amministrative, mentre, mia moglie Elisabetta, che è stata il primo Presidente dell’Associazione, insegna presso la Scuola ed è attualmente la rappresentante dei docenti». - In che senso? «Beh, i genitori partecipano al processo educativo dei figli e contribuiscono con le loro capacità e risorse alla crescita della scuola. La scuola è auto-finanziata e dipende dai contributi dei genitori e degli amici e dalle loro iniziative per la ricerca di fondi e donazioni pubbliche e private. Ovunque, le scuole Waldorf sono volute da genitori che - Mi pare che qui in Italia non siano così diffuse queste scuole… Le tue figlie hanno seguito il metodo Waldorf? «In effetti. Nel mondo, le scuole steineriane sono più di ottocento, di cui la metà in Europa, ma in Italia ve ne è solo una. Sono molto diffuse nel nord e anche nei paesi dell’est dell’Europa. Questo è il motivo per cui, assieme ad altri genitori, N. 64 - GENNAIO-MARZO 2010 Una recente foto di Rodolfo con il gruppo della scuola Nova Cantica di Belluno. abbiamo sentito fortemente l’esigenza di attivarci per fondarne una a Varese. Tuttavia, si è trattato di un processo lungo ed impegnativo, pertanto, nel frattempo, mia moglie ed io abbiamo concordato di mandare le nostre due figlie Elena, che ha ora diciotto anni, e Novella, di undici, presso la Scuola Rudolf Steiner di Origlio (Lugano-Svizzera). Entrambe si trovano davvero molto bene ed i risultati non sono mancati… abbiamo, così, potuto “verificare sul campo” la bontà del metodo steineriano». - Quali altri obiettivi si pone l’Associazione Steineriana di Varese? «Vorremmo dar vita ad altri cicli scolastici. Sino ad ora, sono, infatti, attivi solo il Gruppo-gioco "Lillà" per bambini dai 18 mesi ai tre anni e la scuola materna, ovvero l’Asilo "Mirtillo" per bambini dai 3 ai 7 anni. L’Associazione, il Collegio Docenti ed i genitori attualmente coinvolti si augurano tutti di dare presto inizio, sempre nella bella struttura di Cartabbia, alla scuola elementare». - Complimenti: avete raggiunto davvero un bellissimo traguardo! Vedo che la determinazione non ti manca… «Devo dire che mi sono anche allenato parecchio. All’età di diciannove anni, un incidente automobilistico, mi ha privato dell’uso delle gambe e, così, ho dovuto rimLISDHA NEWS - 25 boccarmi le maniche e cambiare stile di vita. Dopo due mesi presso l’Ospedale di Circolo di Varese reparto di neurochirurgia - sono stato dimesso; quindi, ho incominciato la riabilitazione ed ho trovato un posto, attraverso il collocamento obbligatorio, presso la Bticino Spa di Varese, dove sono rimasto per ben tredici anni, sino al dicembre del '92. Lì, ho conosciuto altre persone disabili e sono stato coinvolto in parecchie iniziative. Dovendo muovermi in carrozzina, al fine di conquistare una maggior forza fisica ed una maggiore indipendenza negli spostamenti, ho incominciato a praticare molto sport. Mi sono accorto che lo sport rappresentava un’ottima occasione, alternativa alla fisioterapia, per esercitare il fisico e, al contempo, un luogo privilegiato d’incontro. Così nel 1982, assieme ad altri, ho fondato la Polha-Varese (Associazione Polisportiva per Disabili), di cui per circa dieci anni sono stato Presidente. In quel periodo, praticavo lo sport a livello agonistico come specialista in atletica leggera. Ho partecipato a diverse competizioni, tra cui le Para-Olimpiadi di Seul e due campionati mondiali. Inoltre, mi sono iscritto alle scuole serali e nell’85 ho conseguito il diploma di geometra». - Come hai conosciuto tua moglie Elisabetta? «Indirettamente, proprio grazie allo sport. Mia moglie stava fre- quentando il corso biennale per diventare insegnante di sostegno ed io, in qualità di Presidente della Polha, sono stato invitato a parlare nell’ambito di una lezione. Era il 1989. Un anno dopo ci siamo sposati e, poi, sono nate le nostre due figlie Elena e Novella». - Poi, cosa hai fatto? «Dal '93 per circa dieci anni, ho lavorato nel settore della bioedilizia e bioarredamento, prima come rappresentante e poi, assieme ad un architetto ed appoggiandoci alla cooperativa sociale Artimestieri di Boves (Piemonte), presso un negozio aperto a Varese, in via Piave. Nel 2002, però, in seguito alla morte di mia madre che curava le nipotine, mi sono staccato dal lavoro per dedicarmi alla famiglia. E’ stato durante questo periodo che ho scoperto il metodo funzionale della voce di Gisela Rohmert…» - Mi potresti spiegare di cosa si tratta? «Ho incominciato a prendere lezioni di canto dalla moglie dell’insegnante di violino di mia figlia minore Elena, che utilizzava, appunto, tale metodo. Si tratta di una metodologia messa a punto circa trent’anni fa dalla cantante lirica Gisela Rohmert, che ha un approccio olistico, nel senso che attinge alle molteplici risorse umane e utilizza delle stimolazioni sensoriali per sviluppare le caratteristiche della voce (ad esempio, fortezza e brillantezza) con il mini- Rodolfo, primo da destra, nel 1989, alla maratona internazionale svoltasi a Heidelberg. mo sforzo possibile da parte delle corde vocali. Infatti, la struttura profonda del suono della voce umana presenta dei parametri (suono fondamentale, vocali, vibrato, formanti del cantante), collegati in modo peculiare sia con il corpo, sia con il cervello, sia con la psiche del cantante, che sono in grado di reagire a determinati stimoli. Dopo due anni di lezioni individuali, mi sono iscritto presso il Centro di Funzionalità Vocale “Nova Cantica” di Belluno, dove ho completato la formazione triennale prevista e ottenuto l’attestato per insegnare come docente di funzionalità vocale. Attualmente, perciò, curo anche dei laboratori di funzionalità vocale presso la Scuola Steineriana di Cartabbia». - Non c’è che dire: la tua è davvero una vita ricca! «Diciamo che mi sono sempre impegnato nello sport, nel lavoro e nelle varie attività per crescere e migliorare, pur nelle mie capacità residue, ricercando il mio bene, ma al contempo lavorando per essere di qualche utilità anche a chi mi circonda». Ringraziamo Rodolfo e la sua splendida famiglia per questa preziosa testimonianza. E riflettiamo su come cambierebbe il mondo se solo una punta di tanta buona volontà e dedizione si spargesse per i sentieri spesso troppo tortuosi ed aspri dei nostri cuori. Maria Cristina Gallicchio PREVIDENZA Nuovi importi delle provvidenze ASSEGNI E PENSIONI 2010 O gni anno vengono ridefiniti, collegandoli agli indicatori dell’inflazione e del costo della vita, gli importi delle pensioni, assegni e indennità che vengono ero- gati agli invalidi civili, ai ciechi civili e ai sordomuti e i relativi limiti reddituali previsti per alcune provvidenze economiche. Per il 2010 gli importi delle provvidenze e limiti TIPO DI PROVVIDENZA reddituali sono stati fissati dall’Inps con Circolare n. 132 del 29/12/2009. Nella tabella che segue riportiamo gli importi in euro, comparati con quelli del 2009. Importo 2010 2009 Limite di reddito * 2009 2010 Pensione ciechi civili assoluti 275,91 277,57 14.886,28 15.154,24 Pensione ciechi civili assoluti (se ricoverati) 255,13 256,67 14.886,28 15.154,24 Pensione ciechi civili parziali 255,13 256,67 14.886,28 15.154,24 Pensione invalidi civili totali 255,13 256,67 14.886,28 15.154,24 Pensione sordomuti 255,13 256,67 14.886,28 15.154,24 Assegno mensile invalidi civili parziali 255,13 256,67 Indennità mensile frequenza minori 255,13 256,67 Indennità accompagnamento ciechi civili assoluti 755,71 783,60 Indennità accompagnamento invalidi civili totali 472,04 480,57 Indennità comunicazione sordomuti 236,15 239,97 Indennità speciale ciechi ventesimisti 180,11 185,25 Nessuno Nessuno Nessuno Nessuno Lavoratori con drepanocistosi o talassemia major 458,20 460,97 Nessuno Nessuno 4.382,43 4.408,95 4.382,43 4.408,95 Nessuno Nessuno Nessuno Nessuno * È importante tener presente che nel calcolo del reddito vanno considerati soltanto i redditi personali del richiedente. INDENNITÀ DI FREQUENZA ANCHE PER I MINORI STRANIERI Lo ha stabilito la Corte Costituzionale. L 'Ordinanza della Corte Costituzionale n. 285/2009 estende implicitamente a tutti le persone straniere extracomunitarie regolarmente soggiornanti anche l'indennità di frequenza prevista dalla Legge 11 ottobre 1990, n. 289 a favore dei minori che presentano difficoltà persistenti a svolgere i compiti e le funzioni proprie della loro età. Nell'Ordinanza, la Corte riafferma i principi già enunciati in precedenti sentenze, secondo le quali le prestazioni assistenziali che presuppongono gravi infermità mirano a realizzare il diritto alla salute quale diritto umano fondamentale. Di conseguenza, la N. 64 - GENNAIO-MARZO 2010 subordinazione dell'attribuzione di tali prestazioni a requisiti di soggiorno che richiedono per il rilascio la titolarità di un reddito, quali quelli previsti per il permesso di soggiorno CE per lungo soggiornanti, viene ad introdurre discriminazioni incompatibili con le norme costituzionali e di diritto internazionale attinenti al sistema internazionale dei diritti umani fondamentali, come tali spettanti a tutti, italiani e stranieri. Va altresì considerato - quale ulteriore elemento di "novità" che impone il riesame della rilevanza della questione - che, in data 14 giugno 2009, è entrata in vigore per l'Italia la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, siglata a New York il 13 dicembre 2006 e ratificata con la Legge 3 marzo 2009, n. 18. I principi e le disposizioni introdotti da tale Convenzione si riflettono anche sulla specifica normativa relativa all'indennità di frequenza, coinvolgendo persone che presentano "difficoltà persistenti a svolgere i compiti e le funzioni proprie della loro età", cioè persone per cui la suddetta Convenzione ribadisce la necessità di una legislazione di favore. (Fonte: www.Handylex.org) LISDHA NEWS - 27 SEGNALAZIONI VENETO: ARRIVA L’AIUTO PER I NON AUTOSUFFICIENTI L'Assessore al Sociale: "La norma sarà resa operativa il prima possibile". I l Consiglio Regionale del Veneto ha finalmente trovato un accordo per approvare la proposta di Legge Regionale n. 131 che dispone l'istituzione di un Fondo regionale per la non autosufficienza. Nel testo della legge approvata si definiscono come non autosufficienti coloro che "solo con l'aiuto determinante di altri, possono provvedere alla cura della propria persona e possono mantenere una normale vita di relazione e le persone con disabilità che necessitano di interventi socio-riabilitativi e assistenziali in modo continuativo". La spinosa questione della prima formulazione dell'articolo 2, in cui era inizialmente previsto il requisito di nascita o residenza da almeno cinque anni in Veneto per poter accedere al Fondo, è stata risolta con una riformulazione dell'articolo stesso che, all'interno del testo di legge, elimina il requisito e rinvia ad una successiva decisione della Giunta regionale l'individuazione dei criteri per l'accertamento della non autosufficienza. Il testo della Legge stabilisce poi le finalità che vengono perseguite con l'istituzione del Fondo individuate nel potenziamento della rete dei servizi, delle prestazioni assi- AGEVOLAZIONI FISCALI PER DISABILI: È ON LINE LA GUIDA Agevolazioni, detrazioni, sconti fiscali per contribuenti disabili: ad illustrare le norme e le procedure è la nuova "Guida alle agevolazioni fiscali per i disabili", pubblicata sul sito internet dell'Agenzia delle Entrate. Suddivisa in sette capitoli, la Guida illustra i requisiti per usufruire dei benefici previsti e i servizi che l'Agenzia offre ai contribuenti disabili per agevolarli nell'assolvimento degli adempimenti tributari. VACANZE ACCESSIBILI: INVERNO 2009 – 2010 E' on line sul sito della Regione Lombardia (http://www.famiglia.regione.lombardia.it/) un articolo redatto dallo Sportello Vacanze Disabili Regione Lombardia dal titolo: "Vacanze accessibili: inverno 2009 - 2010". Un utile approfondimento su: viaggi e vacanze invernali accessibili, proposte di soggiorni con assistenza, vacanze con attività sportive, siti web sul turismo accessibile. UN PROGETTO CHE FA SBOCCIARE L’AMICIZIA Un nuovo centro di aggregazione giovanile dedicato ai ragazzi disabili inizia la sua attività presso la sede del Liceo delle Scienze Sociali di Gallarate (Varese) in via Bonomi 4. L’iniziativa - promossa dall’Associazione Italiana Sindrome X Fragile onlus e dall’Istituto Sacro Cuore - vuole offrire un luogo di incontro fatto da volontari e da ragazzi disabili che potranno condividere non solo momenti di svago, ma anche esperienze di autonomia. Le persone interessate alla proposta o coloro che sentono di potersi offrire come volontari possono contattare l’Associazione (Michele De Nuccio, tel. 349/5400002). REGIONE VENETO stenziali, dei contributi economici commisurati alla gravità del bisogno, delle garanzie relative all'accesso ai centri di servizio quali strutture sanitarie, socio-sanitarie e sociali e dello sviluppo delle iniziative di solidarietà. Per quanto riguarda le prestazioni fornite dal Fondo, nel testo di Legge, viene innanzitutto definito che i beneficiari potranno scegliere se usufruire dell'assegnazione attraverso servizi assicurati nell'ambito dell'offerta regionale oppure tramite un contributo economico. Per il resto i dettagli di quelle che dovranno essere le prestazioni offerte dal Fondo vengono anche questa volta demandate ad una successiva decisione delle Giunta regionale la quale è vincolata a consultare "i soggetti maggiormente rappresentativi nel territorio regionale degli interessi delle persone non autosufficienti". La Legge stabilisce infine le modalità di alimentazione del Fondo, ovvero da dove deriveranno i soldi a disposizione, a cui concorrono le risorse provenienti dagli enti pubblici (Stato, Regione e Comuni), le risorse provenienti da enti e soggetti privati con particolare riferimento alle fondazioni bancarie e le risorse provenienti da donazioni liberali di enti e privati cittadini. Le risorse necessarie all'alimentazione dl Fondo possono in oltre essere reperite attraverso una percentuale dell'addizionale dell'Irpef regionale. (fonte: Alessandra Babetto www.disabili.com) N. 64 - GENNAIO-MARZO 2010 LIBRI LETTERE A GINO La satira a sostegno di una riflessione sulla disabilità e l’handicap. S i può ridere di handicap? Certo! ... Se a suscitare la risata non è l’handicap stesso ma sono le “Istituzioni” e le contraddizioni che ruotano attorno alla persona disabile. Lettere a Gino è una raccolta di 80 vignette umoristiche di Gionata Bernasconi arricchite da 15 interventi di personalità attive in Italia e Svizzera nel mondo dell’handicap. Per favorire l’integrazione sociale di persone con handicap non basta creare infrastrutture moderne; l’inserimento sociale passa anche attraverso i messaggi che vengono trasmessi ogni giorno dalle convinzioni e dai comportamenti della gente nei confronti del “diverso”. A volte, meglio N. 64 - GENNAIO-MARZO 2010 di un discorso teorico, la satira riesce a sottolineare le contraddizioni di una società a misura di “normodotati” nei confronti di chi ha perso parte di questa “normalità” o non l’ha mai avuta. Il protagonista del libro è Gino, un giovane che dalla sua sedia a rotelle mette spesso in imbarazzo quelle persone che dovrebbero essere gli artefici di una sua migliore qualità di vita. “L’imbarazzo” non è suscitato dall’handicap di Gino ma dalle barriere mentali, ancor prima che da quelle architettoniche, che il protagonista incontra sul suo cammino… e, se le vignette fanno ridere, riflettere o, perché no, fanno arrabbiare, significa che alcune corde sensibili sono state realmente pizzicate. Gionata Bernasconi, Lettere a Gino, Armando Editore, 2009, pagine 126, euro 12. LISDHA NEWS - 29 LIBRI UNA VITA ATTACCATA AL RESPIRATORE La testimonianza di Marinella Raimondi ammalata di Sla. M arinella Raimondi è uno dei 4000 malati italiani di Sla, Sclerosi Laterale Amiotrofica. In Cosa importa se non posso correre in questi giorni in libreria, Marinella racconta la sua vita attaccata a un respiratore. «Ogni tanto bisogna fare la voce grossa. E chi la voce non ce l'ha? Chi non può nemmeno alzare un dito, una mano, la testa?» scrive Marinella a proposito del recente sciopero della fame indetto dal alcuni malati per protestare contro la carenza dei servizi di assistenza domiciliare. «Il malato di Sla ha bisogno di tutto: di essere lavato, cambiato, pulito, nutrito, vestito, svestito, mosso, alzato, pettinato. È evidente che non basta la buona volontà dei familiari, servono l'intervento delle istituzioni, aiuti concreti, personale esperto, assistenza. I gesti estremi, come lo sciopero della fame, servono per attirare l'attenzione su certe situazioni di abbandono molto frequenti, ma non bastano. Bisogna spiegare, mostrare, far capire, coinvolgere». Proprio per far conoscere la vita quotidiana dei malati di Sla e delle loro famiglie da un punto di vista inedito, Marinella Raimondi ha scelto di raccontare la sua storia. Insegnante di tedesco nelle scuole superiori, sposata, due figlie, alla soglia dei quarant’anni Marinella Raimondi si è trovata nel ciclone della malattia che, a poco a poco, l’ha privata di ogni movimento. Nei suoi primi sintomi, la Sla si era manifestata con una perdita di voce, preannunciando la completa afasia cui Marinella sarebbe stata costretta. Ma la donna non ha mai perso la voglia di comunicare, prima con una lavagnetta, poi con un computer realizzato appositamente per soggetti con disabilità motoria. Cosa importa se non posso correre è stato scritto proprio grazie a questa complicata apparecchiatura informatica: per ogni singola lettera, Marinella dà un colpo al mouse con una contrazione delle gambe, l’unico movimento che la malattia le concede. Nel libro, Marinella Raimondi affronta anche temi al centro del recente dibattito pubblico. L’autrice ha seguito con attenzione le storie di Piergiorgio Welby e Eluana Englaro: «Davanti a tanto dolore e tanto mistero sarebbe stato opportuno stare in silenzio. Invece tutti, politici, uomini della Chiesa e gente comune, hanno voluto spendere la loro squallida, inconsapevole, arrogante e inutile parola per giudicare», scrive Marinella. «All’eutanasia non ci penso proprio. Io amo la vita, anche questa vita a metà. Voglio ancora vivere, per mille motivi. Ma quando la sofferenza toglierà ogni possibile gioia, allora io invoco il diritto di scelta». Marinella Raimondi, Cosa importa se non posso correre, Mursia, pagine 208, euro 12. L’AMORE DOPO LA PARAPLEGIA Il romanzo autobiografico di Enrico Marzetti. R imetti a noi i nostri debiti è un romanzo autobiografico che racconta il percorso per- 30 - LISDHA NEWS sonale, accidentato e sofferto, di un giovane alle prese con un grave handicap fisico. Da quando gli viene detto che si tratta di cancro e che è necessario un intervento chirurgico lungo, complesso e altamente invalidante, inizia per lui un temibile quanto avventuroso viaggio per mari del tutto sconosciuti, un'odissea (sottolineata dai nomi omerici attribuiti a gran parte dei personaggi, soprattutto femminili) che si rivela essere soprattutto una crescita ed un'evoluzione intima. Muove da lì la ricerca di una ragione filosofica al quotidiano patire, la richiesta d’aiuto del cuore verso l’intelletto, in una commistione di ragione e sentimento che permettono al protagonista di tirarsi fuori da qualunque pantano di delusione e disperazione. "Racconta la tua storia. Dai il tuo esempio. Dì a tutti che è possibile, e allora altre persone avranno il coraggio di affrontare le proprie montagne". Queste parole di Paulo Coelho, riportate all'inizio del volume, ben descrivono il tentativo del protagonista di trovare un significato al proprio percorso umano, scoprendo un nuovo modo di amare. Enrico Marzetti, Rimetti a noi i nostri debiti. Biografia di un amore, Edizioni Il Ciliegio, pagine 241, euro 15. N. 64 - GENNAIO-MARZO 2010 LA VITA DA DENTRO di Emanuela Giuliani CREDERE Una vita di fede non è un equilibrio tranquillo. Una vita di fede è uno squilibrio permanente in Dio”. (B. Besret) N egli ambienti ecclesiali talvolta si parla dei cosiddetti “credenti non praticanti”, di coloro cioè che affermano di credere in Dio ma non partecipano alla vita della Chiesa né cercano il nutrimento dei sacramenti. Eppure più di una voce oggi prova ad invertire i termini e afferma l’esistenza di un’altra categoria, quella dei “praticanti non credenti”, di chi non si perde una funzione religiosa ma il cui cuore è lontano da Dio. Ma cosa significa allora credere? Non è una questione di lana caprina, al contrario penso sia un tema che interessi anche atei o dubbiosi perché oggi a questo riguardo c’è una grande confusione. Confusione che complica sempre la ricerca della verità. Nel cercare di dare una minima risposta (con tutti i suoi limiti) non posso prescindere dalla mia formazione, perciò il riferimento primario sarà alla fede cristiana. Nel vangelo di Marco tra le prime parole di Gesù troviamo: “Convertitevi e credete al vangelo” (Mc 1,16). Quel “credete” significa: siate saldi, irremovibili, mantenendo i vostri piedi fermi, senza tentennamenti. È un forte invito a fidarsi della Parola ricevuta, dell’Amore con cui si è amati, ad accettare come formatore della nostra coscienza il vangelo stesso affinché plasmi il cuore, dia coraggio e sveli ogni inganno. Credere è uno scudo che affronta N. 64 - GENNAIO-MARZO 2010 ogni paura, quella che fa perdere la lucidità e la capacità di discernere tra il vero bene e il vero male e la paura della morte che non appare più come “nemica”. Credere significa fidarsi più di Dio che di se stessi, prendere sul serio le parole di Gesù che ti può chiedere di affrontare la tempesta ma nella consapevolezza che Lui non ti farà annegare nella disperazione. Credere vuol dire non agitarsi. Credere non è solo sapere che Dio c’è, ma riconoscere questo Dio nelle pieghe della propria vita e cercarlo sempre, senza stancarsi. Credere è dare del “Tu” al Signore con una confidenza grande, sicuri che “Lui ci conosce fino in fondo” (cfr. Sl 139, 14). Credere significa piangere ed intercedere per un’umanità spesso ferita ma anche dura di cuore, senza però prenderne le distanze. Ma non basta: per i profeti dell’Antico Testamento il contrario del credente è l’incredulo che alla fin fine è un idolatra. Quando fai di te stesso un idolo da accontentare e riverire sempre e comunque, quando fai del lavoro, dei soldi, del pote- re, della cultura, anche degli affetti umani, tante “divinità” a cui “sacrificare”, allora non sei più credente ma incredulo. E questo piano piano ti trasforma, ti rende ricattabile, ti fa sentire più sicuro vivendo da “schiavo” e lentamente la tua libertà interiore si affievolisce. Chi crede invece non soccombe sotto la paura di perdere, anche se sa che perderà tanto nella vita e ne patirà come tutti. Ha una certezza che lo tiene in piedi, questa parola di Gesù: “Nessuno potrà rapirvi dalla mia mano” (cfr. Gv 10,28). Sa che solo lui può decidere di allontanarsi dal Signore perché nessun altro potrà separarlo da Cristo. E allora non entrerà in crisi nera sotto la pressione di una minaccia o se chiuderanno una chiesa, se verrà a mancare un prete, se toglieranno un crocifisso dalla parete (pur soffrendone), perché è ben consapevole che nessuna di queste cose può togliergli Dio. Infatti Gesù ce l’ha stampato nel cuore, nel sorriso, negli atteggiamenti, nei gesti perché ogni giorno si sforza di abbracciare i Suoi stessi sentimenti: così lo testimonia tra gli uomini! E persevera nel porre la sua vita nella mani della Sua misericordia, sapendosi debole e in tanti angoli remoti della sua anima pure un po’ cattivo. Il credente non è il perfetto: è colui che davanti al discorso delle Beatitudini dice: “Signore mi sembra così strano che i poveri, i miti, i misericordiosi, chi piange, gli operatori di pace e di giustizia, siano beati. Ma mi fido di Te e della tua Parola .” Accetta che Gesù lo scandalizzi, che gli cambi la mentalità ed inizia così un percorso anche faticoso perché Dio ti rivolta come un guanto e ti toglie tutte le tue certezze. Allora non basta andare a messa la domenica per dirsi credente. Né basta aderire alla “tradizione”. La fede che salva è molto di più! LISDHA NEWS - 31 Aiuta chi difende i diritti dei disabili Destina il tuo 5 x mille a Lisdha News! Anche quest’anno puoi destinare il 5 per mille dell’Irpef alla nostra Associazione. Il 5 per mille non sostituisce l’8 per mille (destinato alle confessioni religiose) e non costa nulla per il cittadino contribuente. E’ una quota delle imposte a cui lo Stato rinuncia per devolverlo alle associazioni no profit per sostenere la loro attività. Trasforma la tua dichiarazione dei redditi in un’occasione concreta di solidarietà. Ci aiuterai a continuare la nostra azione a favore dei diritti della persone con disabilità. Ecco come fare In tutti i modelli per la Dichiarazione dei redditi (Unico, 730, CUD ecc.), troverai un’apposita scheda per la destinazione del 5 per mille. Firma nel riquadro dedicato G. Giuliani alle onlus e riporta il codice fiscale dell’Associazione il Girasole onlus: 95036690121