QUOTIDIANO FONDATO NEL 1886 EURO 2,00 con “Tv Sorrisi e Canzoni” in Liguria. In vendita a EURO 8,90 “Tante idee per costruire aquiloni” in Liguria. EURO 1,50 in tutte le altre zone - Anno CXXIX - NUMERO 174, COMMA 20/B. Spedizione abb. post. - gr. 50 PUBLIRAMA: per la pubblicità su IL SECOLO XIX e RADIO 19 Tel. 010.5388.200 [email protected] VENERDÌ 24 LUGLIO 2015 SAVONA MATTINO Irregolarmente nuvoloso min. POMERIGGIO 23° Irregolarmente nuvoloso max. DOMANI MATTINO Variabile 31° min. POMERIGGIO 26° Variabile con temporali max. DOMENICA 28° REUTERS IL TEMPO OGGI TENDENZA Variabile con temporali n IL RACCONTO La gemella diversa che non conosce violenza e razzismo SARA RATTARO UGUALI o diversi poco importa, essere gemelli significa avere un legame così particolare che tutti gli altri difficilmente lo potranno mai comprendere. E cosa accadrebbe se la nostra vecchia amata signora terra scoprisse che la sua sconosciuta gemella possiede un profumo inebriante, un aspetto rigoglioso quasi virginale e non ha mai sentito nominare le parole terrorismo, violenza e razzismo? Avrebbe il coraggio di spiegarle il significato? E se, illuminata dal sole, ne trovasse la forza, da dove inizierebbe? Dalle vite spezzate dalle guerre, dai sorrisi affogati dei migranti o dai bambini usati come bombe umane? UN’ALTRATERRA ÈPOSSIBILE L’annuncio della Nasa: a 1.400 anni luce di distanza, in una zona abitabile del cosmo, il telescopio Keplero ha scoperto un pianeta come il nostro e con un suo sole L’ARTICOLO >> 30 Un’elaborazione grafica della Nasa del pianeta Kepler 452b, simile alla Terra: si trova nella costellazione del Cigno e ruota intorno a un sole BECCARIA, RIVA e altri servizi >> 30 e 31 Linea dura contro i migranti ILPREFETTODIGENOVA:«NUOVIARRIVI,FACCIAMOFRONTECONOGNIMEZZOALL’EMERGENZA» n IL CASO MARINO LA GRANDE MONNEZZA IN PRIMA PAGINA: ROMA BOCCIATA DAGLI USA IlViminalenonbocciailCieinLiguria.ElaRegionetrovaalleatitraisindaci n IL REPORTAGE SINDACI divisi, ma tra i possibilisti al Cie in Liguria proposto dalla Regione e oggetto di un vertice a Genova, ci sonoancheprimicittadinidisinistra. E il Viminale non chiude la porta, ma avverte: no a una scelta ideologica. Raid e atti vandalici, così il centro di Torino ha rischiato lo stop LOMBARDO, MAZZARELLO, ROSSI e SCULLI >> 2-3 e 13 NUMA >> 3 CRAIG E LA DIVA, GALEOTTO IL SET DI “007” PARODI, L’INCHIESTA DELLA PROCURA DI SAVONA Tirreno Power, la corsa a svuotare le casse DALL’INCHIESTA sulla Tirreno Power spunta anche l’ipotesi di alcuni manager che avrebbero tramato per «svuotare le casse della centrale»attraversounasocietàche fabbricasse «false consulenze». Ma dalle carte emerge anche un piano aziendale del 2013 che avrebbe previsto la chiusura dei gruppi a carbone VL3 e VL4 en tro il 2018. Condizionatori, corsa al libretto d’impianto: chi lo deve fare PALMESINO >> 10 ROMA. Dopo“Lagrandebellezza”ève- nuto facile rimeggiare sul tema, e così Roma è diventata di volta in volta “La grande tristezza”, “La grande sconcezza”, “La grande bruttezza” e ovviamente “La grande monnezza”, nel senso dei rifiuti. Tomas Milian vive da anni a Miami, anche se ripensa con nostalgia agli anni gloriosi del suo commissario barbuto e colorito, detto appunto “er Monnezza”,chedisolitoperòcomponevarimein“azzo” Scherziaparte,sipuòcapire in parte l’amarezza (aridànghete) del sindaco Marino: non passa giorno che non gli cada una tegola sul capo, e ogni volta, sempre più nervoso e suscettibile, prova a connettere i suoi neuroni, che non sono due come quelli della signora da lui offesa per strada, ma certo sono messi a dura prova dagli eventi. SEGUE >> 5 VILLA >> 5 Spunta un piano per chiudere l’impianto di Vado LA GUIDA MICHELE ANSELMI ANSA Se James Bond si arrende alla Bellucci BEATRICE D’ORIA Rolli IL NUOVO amore di Monica Bellucci? Craig, Daniel Craig. Vale a dire l’ultimo James Bond. La scintilla tra la diva italiana e l’attore inglese sarebbe scoccata sul set di “Spectre”, il nuovo film della saga di 007. L’ARTICOLO >> 33 CIOLINA, GRASSO e VIMERCATI >> 7 e 14 LA STORIA NELL’ESTATE DEL CALCIO DA BOCCIARE, L’IMPRESA DEI GIOVANI GENOANI Quei 16 “grifoncini” vicecampioni del mondo ANDREA SCHIAPPAPIETRA C oraggiosi, combattivi, ambiziosi. E anche un po’ sfortunati, come nella migliore tradizione del Grifone. I ragazzi della leva 2000 sono arrivati a giocarsi il titolo mondiale, nel torneo che aveva lanciato Messi, Iniesta, Casillas, Xavi e Tevez. Coraggiosi, combattivi, ambiziosi, la maggior parte nati e cresciuti in Liguria. Un po’ sfortunati, quello sì. Si sono battuti fino all’ultimo, hanno superato le formazioni migliori, San Lorenzo, Real Madrid, fino alla finale. Un po’ sfortunati, perché stavolta i rigori contro i ghanesi sono stati fatali. Eppure hanno comunque fatto l’impresa, perché mai a livello giovanile il Genoa si era spinto così in alto. In un torneo, la Manchester United Premier Cup, mai vinta da una squadra italiana. In un luglio caldissimo, senza campionati ma con le brutture del calcio, con i tifosi o pseudo tali che si picchiano davanti ai bambini, i ragazzi della leva 2000 rossoblù hanno scritto una bella storia. Non tutti diventeranno campioni ma uomini, quello sì. SERVIZIO >> 34 INDICE | n PRIMO PIANO 2. POLITICA 5. DALL'ITALIA 6. DAL MONDO 9. LA GUIDA 10 | n ECONOMIA & MARITTIMO 11. | n SAVONA 13. ALBUM LIGURIA 30. TV 37 | n XTE 38 | n SPORT 42 | n METEO 47 dall'italia IL SECOLO XIX VENERDÌ 24 LUGLIO 2015 7 LA PRODUZIONE DEI DUE STABILIMENTI DIPENDE DALLA FABBRICA PUGLIESE Allarme a Genova e Novi Ligure I sindacati: evitiamo la chiusura Parte la richiesta immediata di un “tavolo” con le istituzioni GENOVA. Restano sulle spine LAPRESSE i 1.720 lavoratori dell’Ilva di Genova così come i poco più di 600 dello stabilimento di Novi. Sanno che da Taranto dipende il loro futuro. Sanno che a Taranto il polo siderurgico non può lavorare senza almeno due altoforni in funzionecontemporaneamente. Diverse le ragioni, una su tutte la più semplice: la centrale elettrica del polo siderurgico pugliese è alimentata dal gas di scarico degli altoforni. «Per farla funzionare servonoalmenodueforniinfunzionecontemporaneamente. - dice Bruno Manganaro, Fiom di Genova - Se spengono il 2 prima di riaccendere l'1, e resta attivo solo afo 4 da solo, la centrale elettrica non va e addio produzione». La siderurgia è una macchina complessa. In Liguria e Piemonte si spera, fortissimamente, che se anche dovesse prevalere la posizione della procura su quella del governo rispetto all’altoforno 2, l’eventuale spegnimento avvenga almeno dopo la riaccensione dell’altoforno numero 1, quello che è stato ristrutturato da specialisti come la Paul Wurth Italia che ha sede a Genova. «Perché un forno ricominci a marciare servono una quindicina di giorni. - dice Manganaro - Se alla fine afo 2 dovesse essere spento speriamo che avvenga dopo la riaccensione di afo 1: a quel punto la produzione non sarebbe compromessa». Se si azzoppa ilcicloacaldodiTaranto,acascata rallentano fino a fer- La protesta del 2014 dei lavoratori dell’Ilva di Genova marsi anche le lavorazioni a freddo di Genova e Novi. Da tre anni a questa parte il rischio si è più volte verificato, ma alla fine è stato sempre scongiurato. Però nel sindacato la preoccupazione sale. Non è un caso che la Fiom, alla vigilia della verifica sull’Aia, alzi la voce, chiedendo al governo l’istituzione immedia- ta di un tavolo istituzionale. «Abbiamo sempre considerato le morti bianche omicidi sul lavoro. - dice Rosario Rappa - Speriamo che per i responsabili del caso Ilva si giunga a una celere decisione sulle linee di indagine già tracciate, per pervenire alla punizione dei colpevoli e assicurare sia il diritto al lavoro TECNOLOGIA OPERAI IN ALLARME «Per alimentare la centrale elettrica servono almeno due forni in funzione» «Quello che temiamo di più è la verifica sul rispetto delle prescrizioni» che il diritto alla salute». Rappa chiede una soluzione dei contrasti tra governo e giudici. Ma soprattutto, «alla vigilia della verifica dell’applicazione dell’Aia e di fronte al ricorso alla corte svizzera delle eredi di Emilio Riva che blocca il trasferimento di 1,2 miliardi sequestrati dalla procura di Milano» la Fiom chiede «un tavolo istituzionale per scongiurare il rischio della chiusura». Manganaro chiarisce: «Più che lo scontro su afo 2 temiamo la verifica dell’attuazione dell’80% delle prescrizioni Aia. Ci sono margini interpretativi, se qualcosa andasse storto scatterebbe di nuovo il sequestro totale della fabbrica». GIL. F. L’INCHIESTA DI SAVONA SULLA CENTRALE ELETTRICA DI VADO i segnali in controtendenza. Ieri, ad esempio, l’azienda ha comunicato ai sindacati che lunedì prossimo ripartirà l’Acciaieria1echei199addetti di questo impianto rientreranno dalla cassa integrazione. «Un passo importante - lo definisce Panarelli - perché prelude alla ripartenza dell’Altoforno 1 che avverrà tra fine mese e inizio agosto». E a quel punto, con o senza Afo2 in funzione, l’Ilva avrebbe in qualche modo comunque svoltato. «Non vogliamo salvare un’azienda decotta ma una azienda che può essere efficiente, può creare ricchezza emantenereoccupazione»,ha spiegato ieri Gnudi sostenendo che una volta che si tornerà alla piena operatività, passandodalleattuali5,4aoltre8milioni di tonnellate di acciaio prodotte, nel 2017, anziché produrre perdite (334 milioni l’anno scorso, tra 280 e 310 quest’anno) la nuova Ilva tornerà a fare utili, anche consistenti e compresi tra 90 e 110 milioni di euro. Per salire poi oltre300nel2018.Ovviamente a patto che il loro piano non incontri nuovi intoppi e che la sequenza di incidenti e sequestri si arresti una volta per tutte. © RIPRODUZIONE RISERVATA Tirreno Power, la corsa a svuotare le casse dell’impresa Secondo i pm alcuni manager, incuranti del degrado, consideravano la centrale «una vacca da mungere» LE CARTE MARCO GRASSO LA PROCURA fa chiudere lo stabilimento perché ha provocato oltre 400 morti in soli 7 anni, con la conseguenza immediata che 250 dipendenti finiscono in cassa integrazioneeorarischianoilpostodilavoro. Quale momento migliore per pensare a «svuotare le casse della società», attraverso una società che fabbrichi «finte consulenze»? Dalle pieghe dell’inchiesta sulla centrale Tirreno Power emerge un nuovo capitolo, terribile, che non parla più solo di danni alla salute e all’ambiente, ma anche di un degrado profondo. Alcuni manager consideravano, secondo l’accusa, l’impianto una vacca da mungere, slang criminal-finanziario che chiarisce un’espressione venuta fuori in un verbale di interrogatorio: «C’è stato un tempo in cui i soldi piovevano come il latte». C’è una versione di questa storia, quella che potrebbe spiegare la genesi del grande scontro tra magistratura e politica, che ricalca il più classico dei conflitti post-industriali: per i pm lo stabilimento va fermato, perché lede il diritto alla vita; la Regione e il governo sembrano più preoccupati delle possibili «ricadute occupazionali». Adesso, dal pozzo nero delle carte della Procura di Savona, viene fuori qualcosa di peggio: forse quel conflitto si poteva evitare. In altre parole, l’ipotesi degli investigatori, che hanno aperto un nuovo fascicolo, è che i soldi per la modernizzazione delle apparecchiature è finita nelle tasche sbagliate e fino alla fine parte della dirigenza avrebbe tramato per «svuotare le casse della società». Per capire dove nasce questo sospetto bisogna introdurre due personaggi chiave: Massimiliano Salvi, ex direttore generale di Tirreno Power, e Andrea Mangoni, all’epoca dei fatti presidente del consiglio d’amministrazione Il capo della procura Granero di Sorgenia, azionista di peso di Tirreno Power. Mangoni, annotano i carabinieri del Nucleo operativo ecologico, viene spesso consultato da Salvi su «decisioni finanziarie». Ma ciò che colpisce chi indaga è un altro particolare: i due sono soci al 20% in Manesa srl, società di consulenza finanziaria, insieme a Roberta Neri, a sua volta presidente della Byom srl. È l’11 luglio dell’anno scor- so e i tre si incontrano da “Tullio”, noto ristorante romano, proprio mentre la situazione di Tirreno Power sta precipitando: «Si ritiene utile monitorare l’incontro - si legge nell’informativa - per comprendere se i tre soci si stiano accordando al fine di “svuotare” di capitali di Tirreno Power mediante finte consulenze che “giustificherebbero” contabilmente il passaggio del denaro dalle casse della persona giuridica Tirreno Power a quelle delle persone fisiche che partecipano in Manesa srl». Dell’operazione verrebbero tenuti all’oscuro anche gli altri soci di Tirreno Power, secondo quanto ipotizzato dagli inquirenti: «Il ruolo di Andrea Mangoni all’interno di della società con specifico riferimento all’ipotesi di “evaporazione del soggetto giuridico Tirreno Power” consisterebbe nello svuotamento delle casse della società a beneficio di pochi selezionati attori in danno dei restanti soci e dei creditori non inclusi nel gruppo ristret- to». In definitiva, le modifiche che avrebbero permesso alla centrale di Vado di restare entro limiti non nocivi per la salute e continuare a produrre, non erano inarrivabili. Ed è lo stesso Mangoni a sostenerlo in una conversazione intercettata: «Viene espressa la consapevolezza che se i soci non si fossero divisi interamente gli utili maturati negli anni addietro - scrivono ancora i militari - ci sarebbero di fatto stati i fondi da investire nelle migliorie ambientali della centrale termoelettrica». È finita invece che la politica si è schierata in modo compatto a fianco dell’azienda. Come dimostra, fra i tanti episodi, la disponibilità del parlamentare Pd Anna Giacobbe, definita da alcuni indagati «la nostra interlocutrice», che si presta a raccogliere documenti presso il ministero della Sanità per consegnarli ai vertici di Tirreno Power. [email protected] © RIPRODUZIONE RISERVATA 14 VENERDÌ 24 LUGLIO 2015 savona provincia IL SECOLO XIX L’AZIENDA NON ERA INTENZIONATA A INVESTIRE NEL POTENZIAMENTO DELLA CENTRALE Il piano di Tirreno Power: chiudere l’impianto di Vado La sorpresa dei sindacalisti in Procura: non ne sapevamo nulla CLAUDIO VIMERCATI GIOVANNI CIOLINA SAVONA. I sindacati non sa- pevano che il piano industriale di Tirreno Power (ottobre del 2013) prevedesse la chiusuradeigruppiacarbone VL3 e VL4 entro il 2018, con il licenziamento dei lavoratori. E tantomeno che l’azienda non avesse alcuna intenzione reale di investire nel potenziamento della centrale termoelettrica e del nuovo blocco a carbone. È quello che emerge dalle carte dell’inchiesta e dagli interrogatori (come persone informate sui fatti) dei sindacalisti in Procura. L’11 luglio di un anno fa viene sentito a verbale di sommarie informazioni dal procuratore Granero e dal sostituto Paolucci Giuseppe Giangrande, segretario provinciale della Uil di Savona e Imperia. «E’ a conoscenza dei piani industriali approvati da Tirreno Power negli anni 2’13 e 2014?» chiedono i magistrati. «Che io sappia - risponde Giangrande - l’azienda non ha mai avuto rapporti con le categorie e le confederazioni periferiche.L’aziendahasempreparlato a livello centrale con le confederazionicentralicome LA REAZIONE «Salvi ci aveva detto che il problema era far ripartire l’impianto» FULVIA VEIRANA segretario provinciale Cgil previsto dalle normativa di riferimento per le aziende che operano in campo energetico. Loro non si sono mai degnati di avere un incontro con noi. Non ho mai fatto un incontro con la proprietà ad eccezione di uno avuto in camera di commercio per la copertura del carbonile. L’amministratore delegato di cui non ricordo il nome rappresentava già allora che la società era profondamente in crisi e che si sarebbe dovuto attivare perchè il socio austriaco riteneva che ci fossero troppi dipendenti rispetto alla media dei lavoratori austriaci». Nel corso dell’interrogatorio al segretario della Uil viene illustrato il contenutodelpianoindustrialeapprovato prima del sequestro che prevede esuberi e licenziamenti a partire dal 2018. Giangrande resta sbalordito: «Non so assolutamente nulla di questo. Mi avete detto una cosa molto triste. Noi avevamo fatto una battaglia per ridurre i tempi dell’Aia. So che loro si impegnavano nel tempo a fare investimenti di circa 150 milioni di euro». Dopo Giangrande è la volta di Claudio Bosio, segretario provinciale della Cisl di Savona. Anche lui non è a conoscenza del piano industriale di Tirreno Power. «A livello nazionale dice - si è aperto un tavolo di confronto perchè l’azienda ha dichiarato difficoltà economiche ed esuberi, mi pare per un numero di 167 persone. Da trattativa avviata si è arrivati a 111 persone con mobilità volontaria. Ho partecipato all’incontro del pri- mo luglio 2014 e non è stato presentato nessun piano industriale. L’azienda, rappresentata dall’amministratore delegato Salvi, ha dichiarato che il gruppo è in grande difficoltà e che in quel momento occorreva trovare soluzioni perchè l’azienda che si trovava in difficoltà economiche con le banche. Affermavano che in un momento di calo di consumi e fatturato, l’intervento era quello di ristrutturare i due gruppi. In termini di occupazione, in caso di riapertura, ci sarebbero 111 esuberi, in parte comprensivi anche di lavoratori di Vado per circa 30-35 unità». Poi quando gli viene mostrato il piano industriale del novembre 2013 relativo alla chiusura dei gruppi a carbone entro il 2020, resta anche lui senza parole: «Rimango annichilito. Sapere che 700 persone perdono il posto di lavoro è unelementodigrandepreoccupazione». Ed è la stessa reazione di Fulvia Veirana, segretario provinciale della Cgil, sentita quella stessa mattina in Procura: «Il piano industriale che mi mostrate dice ai magistrati - noi non lo abbiamo mai visto. Salvi, negli incontri avuti al Ministero, ha detto che loro volevano Lavoratori in corteo davanti alla centrale vadese andare avanti e che volevano investire. Salvi, rispetto a Gosio che era uno più ’’frontale’’, sta molto attento alla forma. Salvi ha detto che loro avrebbero continuato a mantenere il sito di Vado Ligure se ci fossero stati gli investimenti per ripartire. Noi avevamo però parlato anche di prospettive per il sito di Vado e Salvi ha detto che il suo problema oggi era quello di fare ripartire l’impianto, poi era disponibileadaffrontareladiscussione con i soci». E aggiunge: «Dopo il mese di luglio 2013 c’è stato l’incontro del 31 ottobre al quale io non ho partecipato. TESTA Mi è stato riferito che la premessa fatta dall’azienda era che c’era la crisi, erano in attesa di investimenti, pertanto presentavano un piano industriale per convincere i soci sugli investimenti, dato che questi dal mese di luglio non erano più propensi a proseguire negli investimenti che loro stessi dovevano finanziare. Pur non essendo a conoscenza della previsione di chiusura degli impianti, dai calcoli che abbiamo fatto, gli investimenti sui vecchi gruppi non potevano comunque garantire una lunga vita agli impianti oltre il 2021». LE INTERCETTAZIONI «Ma il carbonile... Non ci sono i soldi. Solo una manfrina» L’ex capo centrale Pasquale D’Elia: «Gaz de France non ha intenzione di investire . Tp con il gas di Vado va in pari» SAVONA. La copertura del carbonile della centrale. PasqualeD’Elia,inunatelefonata intercettata con tale «Urbano» della Costruzioni srl di Magenta, afferma che Gosio firmò i contratti con le aziende senza la necessaria copertura finanziaria della società e quindi sostanzialmente per fini propagandistici. U: «Ma allora lì...il carbonile, tutta quella roba lì non si fa più niente». P.D.: «ma il carbonile...non ci sono i soldi, non si sarebbe mai fatto! Il carbonile....fu fatta una...come dire una manfrina da parte di Gosio nel dire che aveva assegnato il carbonile credo a...alla Demont a Dellepiane credo perchè io non li ho mai visti questi contratti, li ho sentiti dalla televisione». U: «Sì ma mi sembra che loro l’avevano già preso come contratto, no?». P.D.: «eh l’avevano già preso ma i soldi dove stanno? Gosio firmò almeno per quellechesonolemieconoscenze un contratto senza avere una copertura da parte degli azionisti tanto è vero che....non abbiamo fatto nulla al carbonile». U: «quindi tutto sto lavoro che è stato fatto è un lavoro...un lavoro del c..zo cioè un lavoro che tutti anche noi fornitori perchè io questa gara qui c’ho speso...c’ho speso 30-40 mila euro, c’ho speso...». P.D.: «eh posso immaginare». La conversazione va avanti. U: «quindi se vi abbandona pure il ’’Gaz de France’’ li potete andare a...a ciccare come si dice a Roma ai tempi» P.D. «Sì, sì ma ’’Gaz de France’’ non ha intenzione di investire,seavessevolutofarlo, loavrebbegiàfatto,nonlofae secondo me non lo farà...stiamo aspettando che...le banche facciano la loro parte...io ti so dire con certezza perchè me lo disse Gosio che a dicembre noi eravamo falliti, le banche misero 40 milioni di euro e gli azionisti di Tirreno Power misero 40 milioni di euro e noi stiamo andando avanti con quegli 80 milioni lì messi il 18 dicembre da banche e azionisti finiti i quali la società è bella che andata e, in ragione del fato che Napoli è ferma, Civitavecchia è ferma, Vado ligure a carbone è fermo, qualche volta produce Vado Ligure a gas, siamo che quegli 80 milioni ce li siamo bruciati» U: «ma perde soldi, col gas perde soldi» P.D.: «con gas di Vado Ligure va in pareggio. Va a zero, non guadagna e non perde». In un’altra telefonata ascoltata dagli inquirenti, D’Elia si sfoga con un amico, tale Fiorenzo, sulla situazio- ne di Tirreno Power e perchè è indagato. P.D.: «cioè io le giornate le passo...nervi tesi...in ufficio ovviamente! a leggere...a cercare di leggere e di capire, di interpretare i documenti, parlare con l’avvocato, io spendo le ore a non fare nulla! a non fare nulla, se non a cercare di capire...cioè che devo firmare, a cercare di capire, perchè non è che poi riesco a capirlo sempre...e laddove io mi rifiuto di firmare, devo dare spiegazioni a tre, a quattro persone...è dura, è dura». LO SCOPERTO ALLODOLE Gosio firmò un contratto senza avere la copertura degli azionisti Spenderanno 3-4 milioni per rifare quattro puttanate in caldaia...ma non hanno fatto un emerito kaiser PASQUALE D’ELIA ex capo centrale Più avanti D’Elia appare dell’idea (annotano gli investigatori) che l’azione di rinnovamento di Tirreno Power sia solamente di facciata. P.D; «Spenderanno 3, 4 milioni di euro, ma proprio lo specchietto per le allodole» F «Certo» P.D.: «per rifare quattro puttanate in caldaia, giusto per dire che hanno fatto chissà che cosa, ma non hanno fatto un emerito kaiser...». C. V. / G. CIO. I COLLOQUI PRIMA DI UNA CONFERENZA STAMPA L’Ossido di carbonio, la voce da nascondere Erulo: «Bisogna dire che conta meno ambientalmente, rispetto all’ossido di azoto» SAVONA. «Se io ho un CO (os- sido di carbonio ndr) basso vuol dire che ho un’ottima combustione e che ho un sistema che dal punto di vista di rendimento io sono riuscito ad andare al massimo...se ho un CO alto il mo problema è legato...diciamo...alla salute...e più...è un problema di ambiente di lavoro il CO...che non....di inquinamento». È uno dei tanti passaggi di un’intercettazione telefoni- ca del novembre 2013 nella quale Alessandro Colaprico collabora con il direttore affari generali di Tirreno Power Enrico Erulo nella preparazione di una conferenza stampa sulle problematiche della centrale termoelettrica di Vado Ligure e in particolare sui dati piazzati sul sito relativi all’ossido di carbonio che risulta superiore (250) ai limiti imposti dalle bat (50). «Noi qui adesso non citiamo mai....anche se loro ci attaccano....forte... il CO....possiamo dire sul CO...perché io mi aspetto...noi stiamo dicendo» dice Erulo a Colapietro che si spinge troppo sul piano tecnico nelle spiegazioni cercando di convincere che sia meglio parlare del NOx, gli ossidi di azoto, che rientrano nelle Bat e che l’azienda cerca di far passare come più pericolosi dell’os- sido di carbonio. Un’analisi che Erulo non gradisce perché troppo tecnica. «CO è il quarto inquinante che loro citano...dove citano spesso che noi abbiamounlimite250»aggiungeil direttore affari generali. «Bisogna riuscire a dire che il CO conta meno ambientalmente perché....ecco io direi...perché prima non avevamo neppure un limite». G. CIO.