QUOTIDIANO FONDATO NEL 1886
EURO 2,00 con “Tv Sorrisi e Canzoni” in Liguria. In vendita a EURO 8,90 “Tante idee per costruire aquiloni” in Liguria. EURO 1,50 in tutte le altre zone - Anno CXXIX - NUMERO 174, COMMA 20/B. Spedizione abb. post. - gr. 50 PUBLIRAMA: per la pubblicità su IL SECOLO XIX e RADIO 19 Tel. 010.5388.200 [email protected]
VENERDÌ 24 LUGLIO 2015
SAVONA
MATTINO
Irregolarmente
nuvoloso
min.
POMERIGGIO
23°
Irregolarmente
nuvoloso
max.
DOMANI
MATTINO
Variabile
31°
min.
POMERIGGIO
26°
Variabile
con temporali
max.
DOMENICA
28°
REUTERS
IL TEMPO
OGGI
TENDENZA
Variabile
con temporali
n IL RACCONTO
La gemella diversa
che non conosce
violenza e razzismo
SARA RATTARO
UGUALI o diversi poco importa, essere gemelli significa avere un legame così particolare che tutti gli
altri difficilmente lo potranno mai
comprendere. E cosa accadrebbe se
la nostra vecchia amata signora
terra scoprisse che la sua sconosciuta gemella possiede un profumo inebriante, un aspetto rigoglioso quasi virginale e non ha mai sentito nominare le parole terrorismo,
violenza e razzismo? Avrebbe il coraggio di spiegarle il significato? E
se, illuminata dal sole, ne trovasse
la forza, da dove inizierebbe? Dalle
vite spezzate dalle guerre, dai sorrisi affogati dei migranti o dai bambini usati come bombe umane?
UN’ALTRATERRA
ÈPOSSIBILE
L’annuncio della Nasa: a 1.400 anni luce
di distanza, in una zona abitabile del cosmo,
il telescopio Keplero ha scoperto
un pianeta come il nostro e con un suo sole
L’ARTICOLO >> 30
Un’elaborazione grafica della Nasa del pianeta Kepler 452b, simile alla Terra: si trova nella costellazione del Cigno e ruota intorno a un sole
BECCARIA, RIVA e altri servizi >> 30 e 31
Linea dura contro i migranti
ILPREFETTODIGENOVA:«NUOVIARRIVI,FACCIAMOFRONTECONOGNIMEZZOALL’EMERGENZA» n IL CASO MARINO
LA GRANDE MONNEZZA
IN PRIMA PAGINA: ROMA
BOCCIATA DAGLI USA
IlViminalenonbocciailCieinLiguria.ElaRegionetrovaalleatitraisindaci
n IL REPORTAGE
SINDACI divisi, ma tra i possibilisti al
Cie in Liguria proposto dalla Regione
e oggetto di un vertice a Genova, ci
sonoancheprimicittadinidisinistra.
E il Viminale non chiude la porta, ma
avverte: no a una scelta ideologica.
Raid e atti vandalici,
così il centro di Torino
ha rischiato lo stop
LOMBARDO, MAZZARELLO,
ROSSI e SCULLI >> 2-3 e 13
NUMA >> 3
CRAIG E LA DIVA, GALEOTTO IL SET DI “007”
PARODI,
L’INCHIESTA DELLA PROCURA DI SAVONA
Tirreno Power, la corsa
a svuotare le casse
DALL’INCHIESTA sulla Tirreno
Power spunta anche l’ipotesi di alcuni manager che avrebbero tramato per «svuotare le casse della
centrale»attraversounasocietàche
fabbricasse «false consulenze». Ma
dalle carte emerge anche un piano
aziendale del 2013 che avrebbe
previsto la chiusura dei gruppi a
carbone VL3 e VL4 en tro il 2018.
Condizionatori,
corsa al libretto
d’impianto:
chi lo deve fare
PALMESINO >> 10
ROMA. Dopo“Lagrandebellezza”ève-
nuto facile rimeggiare sul tema, e così
Roma è diventata di volta in volta “La
grande tristezza”, “La grande sconcezza”, “La grande bruttezza” e ovviamente “La grande monnezza”, nel senso dei
rifiuti. Tomas Milian vive da anni a Miami, anche se ripensa con nostalgia agli
anni gloriosi del suo commissario barbuto e colorito, detto appunto “er Monnezza”,chedisolitoperòcomponevarimein“azzo” Scherziaparte,sipuòcapire in parte l’amarezza (aridànghete) del
sindaco Marino: non passa giorno che
non gli cada una tegola sul capo, e ogni
volta, sempre più nervoso e suscettibile, prova a connettere i suoi neuroni,
che non sono due come quelli della signora da lui offesa per strada, ma certo
sono messi a dura prova dagli eventi.
SEGUE >> 5
VILLA >> 5
Spunta un piano per chiudere l’impianto di Vado
LA GUIDA
MICHELE ANSELMI
ANSA
Se James Bond
si arrende
alla Bellucci
BEATRICE D’ORIA
Rolli
IL NUOVO amore di Monica
Bellucci? Craig, Daniel Craig.
Vale a dire l’ultimo James
Bond. La scintilla tra la diva italiana e l’attore inglese sarebbe
scoccata sul set di “Spectre”, il
nuovo film della saga di 007.
L’ARTICOLO >> 33
CIOLINA, GRASSO e VIMERCATI >> 7 e 14
LA STORIA NELL’ESTATE DEL CALCIO DA BOCCIARE, L’IMPRESA DEI GIOVANI GENOANI
Quei 16 “grifoncini” vicecampioni del mondo
ANDREA SCHIAPPAPIETRA
C
oraggiosi, combattivi, ambiziosi. E anche un po’
sfortunati, come nella migliore tradizione del
Grifone. I ragazzi della leva 2000 sono arrivati a
giocarsi il titolo mondiale, nel torneo che aveva lanciato Messi, Iniesta, Casillas, Xavi e Tevez. Coraggiosi,
combattivi, ambiziosi, la maggior parte nati e cresciuti in Liguria. Un po’ sfortunati, quello sì. Si sono
battuti fino all’ultimo, hanno superato le formazioni
migliori, San Lorenzo, Real Madrid, fino alla finale.
Un po’ sfortunati, perché stavolta i rigori contro i
ghanesi sono stati fatali. Eppure hanno comunque
fatto l’impresa, perché mai a livello giovanile il Genoa si era spinto così in alto. In un torneo, la Manchester United Premier Cup, mai vinta da una squadra
italiana. In un luglio caldissimo, senza campionati
ma con le brutture del calcio, con i tifosi o pseudo tali
che si picchiano davanti ai bambini, i ragazzi della leva 2000 rossoblù hanno scritto una bella storia. Non
tutti diventeranno campioni ma uomini, quello sì.
SERVIZIO >> 34
INDICE | n PRIMO PIANO 2. POLITICA 5. DALL'ITALIA 6. DAL MONDO 9. LA GUIDA 10 | n ECONOMIA & MARITTIMO 11. | n SAVONA 13. ALBUM LIGURIA 30. TV 37 | n XTE 38 | n SPORT 42 | n METEO 47
dall'italia
IL SECOLO XIX
VENERDÌ
24 LUGLIO 2015
7
LA PRODUZIONE DEI DUE STABILIMENTI DIPENDE DALLA FABBRICA PUGLIESE
Allarme a Genova e Novi Ligure
I sindacati: evitiamo la chiusura
Parte la richiesta immediata di un “tavolo” con le istituzioni
GENOVA. Restano sulle spine
LAPRESSE
i 1.720 lavoratori dell’Ilva di
Genova così come i poco più
di 600 dello stabilimento di
Novi. Sanno che da Taranto
dipende il loro futuro. Sanno
che a Taranto il polo siderurgico non può lavorare senza
almeno due altoforni in funzionecontemporaneamente.
Diverse le ragioni, una su tutte la più semplice: la centrale
elettrica del polo siderurgico
pugliese è alimentata dal gas
di scarico degli altoforni.
«Per farla funzionare servonoalmenodueforniinfunzionecontemporaneamente.
- dice Bruno Manganaro,
Fiom di Genova - Se spengono il 2 prima di riaccendere
l'1, e resta attivo solo afo 4 da
solo, la centrale elettrica non
va e addio produzione».
La siderurgia è una macchina complessa. In Liguria e
Piemonte si spera, fortissimamente, che se anche dovesse prevalere la posizione
della procura su quella del
governo rispetto all’altoforno 2, l’eventuale spegnimento avvenga almeno dopo la
riaccensione dell’altoforno
numero 1, quello che è stato
ristrutturato da specialisti
come la Paul Wurth Italia che
ha sede a Genova.
«Perché un forno ricominci
a marciare servono una quindicina di giorni. - dice Manganaro - Se alla fine afo 2 dovesse essere spento speriamo
che avvenga dopo la riaccensione di afo 1: a quel punto la
produzione non sarebbe
compromessa». Se si azzoppa
ilcicloacaldodiTaranto,acascata rallentano fino a fer-
La protesta del 2014 dei lavoratori dell’Ilva di Genova
marsi anche le lavorazioni a
freddo di Genova e Novi. Da
tre anni a questa parte il rischio si è più volte verificato,
ma alla fine è stato sempre
scongiurato. Però nel sindacato la preoccupazione sale.
Non è un caso che la Fiom, alla
vigilia della verifica sull’Aia,
alzi la voce, chiedendo al governo l’istituzione immedia-
ta di un tavolo istituzionale.
«Abbiamo sempre considerato le morti bianche omicidi
sul lavoro. - dice Rosario Rappa - Speriamo che per i responsabili del caso Ilva si
giunga a una celere decisione
sulle linee di indagine già
tracciate, per pervenire alla
punizione dei colpevoli e assicurare sia il diritto al lavoro
TECNOLOGIA
OPERAI IN ALLARME
«Per alimentare
la centrale
elettrica servono
almeno due forni
in funzione»
«Quello che
temiamo di più
è la verifica
sul rispetto
delle prescrizioni»
che il diritto alla salute». Rappa chiede una soluzione dei
contrasti tra governo e giudici. Ma soprattutto, «alla vigilia della verifica dell’applicazione dell’Aia e di fronte al ricorso alla corte svizzera delle
eredi di Emilio Riva che blocca il trasferimento di 1,2 miliardi sequestrati dalla procura di Milano» la Fiom chiede «un tavolo istituzionale
per scongiurare il rischio della chiusura». Manganaro
chiarisce: «Più che lo scontro
su afo 2 temiamo la verifica
dell’attuazione dell’80% delle
prescrizioni Aia. Ci sono margini interpretativi, se qualcosa andasse storto scatterebbe
di nuovo il sequestro totale
della fabbrica».
GIL. F.
L’INCHIESTA DI SAVONA SULLA CENTRALE ELETTRICA DI VADO
i segnali in controtendenza.
Ieri, ad esempio, l’azienda ha
comunicato ai sindacati che
lunedì prossimo ripartirà
l’Acciaieria1echei199addetti di questo impianto rientreranno dalla cassa integrazione. «Un passo importante - lo
definisce Panarelli - perché
prelude alla ripartenza dell’Altoforno 1 che avverrà tra
fine mese e inizio agosto». E a
quel punto, con o senza Afo2
in funzione, l’Ilva avrebbe in
qualche modo comunque
svoltato. «Non vogliamo salvare un’azienda decotta ma
una azienda che può essere efficiente, può creare ricchezza
emantenereoccupazione»,ha
spiegato ieri Gnudi sostenendo che una volta che si tornerà
alla piena operatività, passandodalleattuali5,4aoltre8milioni di tonnellate di acciaio
prodotte, nel 2017, anziché
produrre perdite (334 milioni
l’anno scorso, tra 280 e 310
quest’anno) la nuova Ilva tornerà a fare utili, anche consistenti e compresi tra 90 e 110
milioni di euro. Per salire poi
oltre300nel2018.Ovviamente a patto che il loro piano non
incontri nuovi intoppi e che la
sequenza di incidenti e sequestri si arresti una volta per tutte.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Tirreno Power, la corsa a svuotare le casse dell’impresa
Secondo i pm alcuni manager, incuranti del degrado, consideravano la centrale «una vacca da mungere»
LE CARTE
MARCO GRASSO
LA PROCURA fa chiudere lo
stabilimento perché ha provocato oltre 400 morti in soli 7
anni, con la conseguenza immediata che 250 dipendenti
finiscono in cassa integrazioneeorarischianoilpostodilavoro. Quale momento migliore per pensare a «svuotare le
casse della società», attraverso una società che fabbrichi
«finte consulenze»?
Dalle pieghe dell’inchiesta
sulla centrale Tirreno Power
emerge un nuovo capitolo,
terribile, che non parla più solo di danni alla salute e all’ambiente, ma anche di un degrado profondo. Alcuni manager
consideravano, secondo l’accusa, l’impianto una vacca da
mungere, slang criminal-finanziario
che
chiarisce
un’espressione venuta fuori
in un verbale di interrogatorio: «C’è stato un tempo in cui i
soldi piovevano come il latte».
C’è una versione di questa
storia, quella che potrebbe
spiegare la genesi del grande
scontro tra magistratura e politica, che ricalca il più classico
dei conflitti post-industriali:
per i pm lo stabilimento va
fermato, perché lede il diritto
alla vita; la Regione e il governo sembrano più preoccupati
delle possibili «ricadute occupazionali». Adesso, dal pozzo
nero delle carte della Procura
di Savona, viene fuori qualcosa di peggio: forse quel conflitto si poteva evitare. In altre
parole, l’ipotesi degli investigatori, che hanno aperto un
nuovo fascicolo, è che i soldi
per la modernizzazione delle
apparecchiature è finita nelle
tasche sbagliate e fino alla fine
parte della dirigenza avrebbe
tramato per «svuotare le casse
della società».
Per capire dove nasce questo sospetto bisogna introdurre due personaggi chiave:
Massimiliano Salvi, ex direttore generale di Tirreno
Power, e Andrea Mangoni, all’epoca dei fatti presidente del
consiglio d’amministrazione
Il capo della procura Granero
di Sorgenia, azionista di peso
di Tirreno Power. Mangoni,
annotano i carabinieri del Nucleo operativo ecologico, viene spesso consultato da Salvi
su «decisioni finanziarie». Ma
ciò che colpisce chi indaga è
un altro particolare: i due sono soci al 20% in Manesa srl,
società di consulenza finanziaria, insieme a Roberta Neri,
a sua volta presidente della
Byom srl.
È l’11 luglio dell’anno scor-
so e i tre si incontrano da “Tullio”, noto ristorante romano,
proprio mentre la situazione
di Tirreno Power sta precipitando: «Si ritiene utile monitorare l’incontro - si legge nell’informativa - per comprendere se i tre soci si stiano accordando al fine di “svuotare”
di capitali di Tirreno Power
mediante finte consulenze
che “giustificherebbero” contabilmente il passaggio del
denaro dalle casse della persona giuridica Tirreno Power
a quelle delle persone fisiche
che partecipano in Manesa
srl».
Dell’operazione verrebbero
tenuti all’oscuro anche gli altri soci di Tirreno Power, secondo quanto ipotizzato dagli
inquirenti: «Il ruolo di Andrea
Mangoni all’interno di della
società con specifico riferimento all’ipotesi di “evaporazione del soggetto giuridico
Tirreno Power” consisterebbe
nello svuotamento delle casse
della società a beneficio di pochi selezionati attori in danno
dei restanti soci e dei creditori
non inclusi nel gruppo ristret-
to».
In definitiva, le modifiche
che avrebbero permesso alla
centrale di Vado di restare entro limiti non nocivi per la salute e continuare a produrre,
non erano inarrivabili. Ed è lo
stesso Mangoni a sostenerlo
in una conversazione intercettata: «Viene espressa la
consapevolezza che se i soci
non si fossero divisi interamente gli utili maturati negli
anni addietro - scrivono ancora i militari - ci sarebbero di
fatto stati i fondi da investire
nelle migliorie ambientali
della centrale termoelettrica».
È finita invece che la politica
si è schierata in modo compatto a fianco dell’azienda.
Come dimostra, fra i tanti episodi, la disponibilità del parlamentare Pd Anna Giacobbe,
definita da alcuni indagati «la
nostra interlocutrice», che si
presta a raccogliere documenti presso il ministero della Sanità per consegnarli ai
vertici di Tirreno Power.
[email protected]
© RIPRODUZIONE RISERVATA
14
VENERDÌ
24 LUGLIO 2015
savona provincia
IL SECOLO XIX
L’AZIENDA NON ERA INTENZIONATA A INVESTIRE NEL POTENZIAMENTO DELLA CENTRALE
Il piano di Tirreno Power:
chiudere l’impianto di Vado
La sorpresa dei sindacalisti in Procura: non ne sapevamo nulla
CLAUDIO VIMERCATI
GIOVANNI CIOLINA
SAVONA. I sindacati non sa-
pevano che il piano industriale di Tirreno Power (ottobre del 2013) prevedesse la
chiusuradeigruppiacarbone
VL3 e VL4 entro il 2018, con il
licenziamento dei lavoratori.
E tantomeno che l’azienda
non avesse alcuna intenzione
reale di investire nel potenziamento della centrale termoelettrica e del nuovo blocco a carbone.
È quello che emerge dalle
carte dell’inchiesta e dagli interrogatori (come persone
informate sui fatti) dei sindacalisti in Procura. L’11 luglio
di un anno fa viene sentito a
verbale di sommarie informazioni dal procuratore Granero e dal sostituto Paolucci
Giuseppe Giangrande, segretario provinciale della Uil di
Savona e Imperia. «E’ a conoscenza dei piani industriali
approvati da Tirreno Power
negli anni 2’13 e 2014?» chiedono i magistrati. «Che io
sappia - risponde Giangrande - l’azienda non ha mai avuto rapporti con le categorie e
le confederazioni periferiche.L’aziendahasempreparlato a livello centrale con le
confederazionicentralicome
LA REAZIONE
«Salvi ci aveva detto
che il problema
era far ripartire
l’impianto»
FULVIA VEIRANA
segretario provinciale Cgil
previsto dalle normativa di
riferimento per le aziende
che operano in campo energetico. Loro non si sono mai
degnati di avere un incontro
con noi. Non ho mai fatto un
incontro con la proprietà ad
eccezione di uno avuto in camera di commercio per la copertura del carbonile. L’amministratore delegato di cui
non ricordo il nome rappresentava già allora che la società era profondamente in
crisi e che si sarebbe dovuto
attivare perchè il socio austriaco riteneva che ci fossero
troppi dipendenti rispetto alla media dei lavoratori austriaci». Nel corso dell’interrogatorio al segretario della
Uil viene illustrato il contenutodelpianoindustrialeapprovato prima del sequestro
che prevede esuberi e licenziamenti a partire dal 2018.
Giangrande resta sbalordito:
«Non so assolutamente nulla
di questo. Mi avete detto una
cosa molto triste. Noi avevamo fatto una battaglia per ridurre i tempi dell’Aia. So che
loro si impegnavano nel tempo a fare investimenti di circa
150 milioni di euro». Dopo
Giangrande è la volta di Claudio Bosio, segretario provinciale della Cisl di Savona. Anche lui non è a conoscenza del
piano industriale di Tirreno
Power. «A livello nazionale dice - si è aperto un tavolo di
confronto perchè l’azienda
ha dichiarato difficoltà economiche ed esuberi, mi pare
per un numero di 167 persone. Da trattativa avviata si è
arrivati a 111 persone con
mobilità volontaria. Ho partecipato all’incontro del pri-
mo luglio 2014 e non è stato
presentato nessun piano industriale. L’azienda, rappresentata dall’amministratore
delegato Salvi, ha dichiarato
che il gruppo è in grande difficoltà e che in quel momento
occorreva trovare soluzioni
perchè l’azienda che si trovava in difficoltà economiche
con le banche. Affermavano
che in un momento di calo di
consumi e fatturato, l’intervento era quello di ristrutturare i due gruppi. In termini di
occupazione, in caso di riapertura, ci sarebbero 111
esuberi, in parte comprensivi
anche di lavoratori di Vado
per circa 30-35 unità». Poi
quando gli viene mostrato il
piano industriale del novembre 2013 relativo alla chiusura dei gruppi a carbone entro
il 2020, resta anche lui senza
parole: «Rimango annichilito. Sapere che 700 persone
perdono il posto di lavoro è
unelementodigrandepreoccupazione». Ed è la stessa reazione di Fulvia Veirana, segretario provinciale della
Cgil, sentita quella stessa
mattina in Procura: «Il piano
industriale che mi mostrate dice ai magistrati - noi non lo
abbiamo mai visto. Salvi, negli incontri avuti al Ministero,
ha detto che loro volevano
Lavoratori in corteo davanti alla centrale vadese
andare avanti e che volevano
investire. Salvi, rispetto a Gosio che era uno più ’’frontale’’,
sta molto attento alla forma.
Salvi ha detto che loro avrebbero continuato a mantenere
il sito di Vado Ligure se ci fossero stati gli investimenti per
ripartire. Noi avevamo però
parlato anche di prospettive
per il sito di Vado e Salvi ha
detto che il suo problema oggi era quello di fare ripartire
l’impianto, poi era disponibileadaffrontareladiscussione
con i soci». E aggiunge: «Dopo
il mese di luglio 2013 c’è stato
l’incontro del 31 ottobre al
quale io non ho partecipato.
TESTA
Mi è stato riferito che la premessa fatta dall’azienda era
che c’era la crisi, erano in attesa di investimenti, pertanto presentavano un piano industriale per convincere i soci sugli investimenti, dato
che questi dal mese di luglio
non erano più propensi a proseguire negli investimenti
che loro stessi dovevano finanziare. Pur non essendo a
conoscenza della previsione
di chiusura degli impianti,
dai calcoli che abbiamo fatto,
gli investimenti sui vecchi
gruppi non potevano comunque garantire una lunga vita
agli impianti oltre il 2021».
LE INTERCETTAZIONI
«Ma il carbonile... Non ci sono i soldi. Solo una manfrina»
L’ex capo centrale Pasquale D’Elia: «Gaz de France non ha intenzione di investire . Tp con il gas di Vado va in pari»
SAVONA. La copertura del
carbonile della centrale. PasqualeD’Elia,inunatelefonata intercettata con tale «Urbano» della Costruzioni srl di
Magenta, afferma che Gosio
firmò i contratti con le aziende senza la necessaria copertura finanziaria della società
e quindi sostanzialmente per
fini propagandistici.
U: «Ma allora lì...il carbonile, tutta quella roba lì non si fa
più niente».
P.D.: «ma il carbonile...non
ci sono i soldi, non si sarebbe
mai fatto! Il carbonile....fu
fatta una...come dire una
manfrina da parte di Gosio
nel dire che aveva assegnato
il carbonile credo a...alla Demont a Dellepiane credo perchè io non li ho mai visti questi contratti, li ho sentiti dalla
televisione».
U: «Sì ma mi sembra che loro l’avevano già preso come
contratto, no?».
P.D.: «eh l’avevano già preso ma i soldi dove stanno?
Gosio firmò almeno per quellechesonolemieconoscenze
un contratto senza avere una
copertura da parte degli azionisti tanto è vero che....non
abbiamo fatto nulla al carbonile».
U: «quindi tutto sto lavoro
che è stato fatto è un lavoro...un lavoro del c..zo cioè un
lavoro che tutti anche noi fornitori perchè io questa gara
qui c’ho speso...c’ho speso
30-40 mila euro, c’ho speso...».
P.D.: «eh posso immaginare». La conversazione va
avanti.
U: «quindi se vi abbandona
pure il ’’Gaz de France’’ li potete andare a...a ciccare come
si dice a Roma ai tempi»
P.D. «Sì, sì ma ’’Gaz de France’’ non ha intenzione di investire,seavessevolutofarlo,
loavrebbegiàfatto,nonlofae
secondo me non lo farà...stiamo aspettando che...le banche facciano la loro parte...io
ti so dire con certezza perchè
me lo disse Gosio che a dicembre noi eravamo falliti, le
banche misero 40 milioni di
euro e gli azionisti di Tirreno
Power misero 40 milioni di
euro e noi stiamo andando
avanti con quegli 80 milioni lì
messi il 18 dicembre da banche e azionisti finiti i quali la
società è bella che andata e, in
ragione del fato che Napoli è
ferma, Civitavecchia è ferma,
Vado ligure a carbone è fermo, qualche volta produce
Vado Ligure a gas, siamo che
quegli 80 milioni ce li siamo
bruciati»
U: «ma perde soldi, col gas
perde soldi»
P.D.: «con gas di Vado Ligure va in pareggio. Va a zero,
non guadagna e non perde».
In un’altra telefonata
ascoltata dagli inquirenti,
D’Elia si sfoga con un amico,
tale Fiorenzo, sulla situazio-
ne di Tirreno Power e perchè
è indagato.
P.D.: «cioè io le giornate le
passo...nervi tesi...in ufficio
ovviamente! a leggere...a
cercare di leggere e di capire,
di interpretare i documenti,
parlare con l’avvocato, io
spendo le ore a non fare nulla! a non fare nulla, se non a
cercare di capire...cioè che
devo firmare, a cercare di capire, perchè non è che poi riesco a capirlo sempre...e laddove io mi rifiuto di firmare,
devo dare spiegazioni a tre, a
quattro persone...è dura, è
dura».
LO SCOPERTO
ALLODOLE
Gosio firmò un
contratto senza
avere la copertura
degli azionisti
Spenderanno 3-4
milioni per rifare
quattro puttanate
in caldaia...ma non
hanno fatto un
emerito kaiser
PASQUALE D’ELIA
ex capo centrale
Più avanti D’Elia appare
dell’idea (annotano gli investigatori) che l’azione di rinnovamento di Tirreno Power
sia solamente di facciata.
P.D; «Spenderanno 3, 4 milioni di euro, ma proprio lo
specchietto per le allodole»
F «Certo»
P.D.: «per rifare quattro
puttanate in caldaia, giusto
per dire che hanno fatto chissà che cosa, ma non hanno
fatto un emerito kaiser...».
C. V. / G. CIO.
I COLLOQUI PRIMA DI UNA CONFERENZA STAMPA
L’Ossido di carbonio, la voce da nascondere
Erulo: «Bisogna dire che conta meno ambientalmente, rispetto all’ossido di azoto»
SAVONA. «Se io ho un CO (os-
sido di carbonio ndr) basso
vuol dire che ho un’ottima
combustione e che ho un sistema che dal punto di vista
di rendimento io sono riuscito ad andare al massimo...se
ho un CO alto il mo problema
è legato...diciamo...alla salute...e più...è un problema di
ambiente di lavoro il CO...che
non....di inquinamento».
È uno dei tanti passaggi di
un’intercettazione telefoni-
ca del novembre 2013 nella
quale Alessandro Colaprico
collabora con il direttore affari generali di Tirreno
Power Enrico Erulo nella
preparazione di una conferenza stampa sulle problematiche della centrale termoelettrica di Vado Ligure e
in particolare sui dati piazzati sul sito relativi all’ossido di
carbonio che risulta superiore (250) ai limiti imposti dalle bat (50).
«Noi qui adesso non citiamo mai....anche se loro ci attaccano....forte... il CO....possiamo dire sul CO...perché io
mi aspetto...noi stiamo dicendo» dice Erulo a Colapietro che si spinge troppo sul
piano tecnico nelle spiegazioni cercando di convincere
che sia meglio parlare del
NOx, gli ossidi di azoto, che
rientrano nelle Bat e che
l’azienda cerca di far passare
come più pericolosi dell’os-
sido di carbonio.
Un’analisi che Erulo non
gradisce perché troppo tecnica. «CO è il quarto inquinante che loro citano...dove
citano spesso che noi abbiamounlimite250»aggiungeil
direttore affari generali.
«Bisogna riuscire a dire che
il CO conta meno ambientalmente perché....ecco io direi...perché prima non avevamo neppure un limite».
G. CIO.
Scarica

il secoloxix - uominiliberi