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01-09-2013
IL SOLE 24 ORE
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ECONOMIA E
SOCIETA'
Pag. 37
ricette anti-crisi
Eguali almeno in partenza
Bourguignon: la globalizzazione ha aumentato il divario tra ricchi e poveri. La crescita va sostenuta
tutelando l'accesso equo all'istruzione
Giorgio Barba Navaretti
Disuguaglianza e Crescita (D&C) sono sempre presenti nelle discussioni sulla crisi. Tra spread, stabilità
finanziaria e indici di Borsa, sono in verità questi due elementi dell'economia reale il vero sottofondo dei
tempi difficili che stiamo vivendo.
I punti di prodotto interno lordo (Pil) persi in questi anni, a partire dal 2008, hanno reso il mondo
occidentale più povero, soprattutto i Paesi dell'Europa meridionale. Il che ha smascherato le pie illusioni
della decrescita felice, e instillato un'avida sete di Pil, di creazione di nuova ricchezza (C).
L'altro elemento è la Disuguaglianza (D). Nel senso che è percezione comune che sia stato in qualche
modo l'aumento della disuguaglianza alimentato dal vento del libero mercato (deregolamentazione, bonus,
derivati eccetera - tutte cose da ricchi) a generare la crisi, che la crisi stessa abbia colpito soprattutto i più
vulnerabili e che, di conseguenza, le politiche che ci dovranno accompagnare fuori dalla recessione
dovranno redistribuire più risorse dai ricchi ai poveri. Come insomma ci fosse una crescita sana, in cui la
distanza tra ricchi e poveri non aumenta (C senza D) e una malsana, quella vissuta negli anni pre
Lehman, fondata invece su sempre maggiori differenze (C + D).
Quello del rapporto tra Disuguaglianza e Crescita è in verità un tema molto complesso. Con chiarezza
magistrale l'economista francese François Bourguignon - grande accademico e già capo economista della
Banca Mondiale - ci guida passo a passo per capire come ragionare sulla questione. Il suo è un libretto
che tutti dovrebbero leggere per evitare la cattura demagogica di dibattiti quali Imu sì Imu no che ci
tormenta in questi giorni.
Bourguignon parte dalla disuguaglianza globale, quella che misura la distanza nel livello di reddito sia tra
abitanti di Paesi diversi che tra abitanti dello stesso Paese. Per intenderci, c'è un componente di
disuguaglianza nazionale (la distanza tra i ricchi e i poveri italiani) e un componente di disuguaglianza
internazionale, la distanza tra il livello di reddito dei ricchi italiani e dei poveri dell'Etiopia o dell'India. Negli
ultimi vent'anni queste due componenti hanno avuto traiettorie divergenti. Grazie alla crescita straordinaria
dei Paesi emergenti (confrontata a quella ben più pigra delle economie mature) milioni e milioni di persone
hanno visto i loro redditi e le loro ricchezze avvicinarsi a poco a poco a quelle dei Paesi più ricchi. E
soprattutto, se si guarda ai gradini più bassi della scala, si è ridotto drasticamente, di seicento milioni, il
numero di individui poveri, che vivono con meno di un dollaro al giorno. Questo è un fenomeno che parte
dagli anni Ottanta. Fino ad allora, con la rivoluzione industriale, la distanza tra Paesi ricchi e poveri era
continuamente cresciuta.
Il reddito all'interno dei Paesi ha invece un andamento speculare, soprattutto nelle economie avanzate: lo
scarto si riduce nel dopoguerra grazie a forti meccanismi di redistribuzione fiscale e al miglioramento delle
condizioni minime dei lavoratori, e peggiora invece a partire dagli anni Novanta.
Il motore di queste apparentemente contraddittorie inversioni di tendenza è, secondo l'economista
francese, la globalizzazione e tutto quanto l'accompagna: tecnologia, riduzione della progressività delle
tasse, liberalizzazione e deregolamentazione dei mercati, de-sindacalizzazione del lavoro. Tutti processi
che, se da un lato hanno dato crescita, soprattutto ai Paesi emergenti, d'altro canto hanno dato maggiori
occasioni di arricchimento a chi, all'interno di ciascun Paese, stava sui gradini più alti della scala
economica. I Paesi avanzati si sono specializzati in beni a elevato contenuto di lavoro qualificato, mentre i
salari dei lavoratori semplici, che dovevano fronteggiare la concorrenza dei Paesi emergenti, sono stati
compressi; la liberalizzazione finanziaria ha accresciuto le rendite di capitale, soprattutto concentrate tra i
più ricchi; la riduzione della tassazione dei redditi più elevati (oggi ci siamo dimenticati che negli anni
Settanta in molti Paesi vigevano aliquote marginali del 70-80%) ha ridotto la capacità di redistribuzione
dello Stato.
Il Sole 24Ora,
OREargomenta
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Bourguignon,
questo aumento della disuguaglianza non è più sostenibile e dunque va
corretto. Ma un conto è farlo quando tutti, grazie alla crescita, stanno comunque un po' meglio, altro conto
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è farlo in un periodo in cui la recessione ricade in modo particolarmente brutale sugli individui più disagiati
e sulle classi medie. Il rischio è che pressioni sociali inducano ad adottare politiche eccessivamente
redistributive che impediscano il rilancio della crescita e non favoriscano una migliore distribuzione del
reddito. Le politiche di liberalizzazione e integrazione globale hanno comunque permesso di raggiungere
una miglior efficienza economica globale, rispetto alle politiche protezionistiche e fortemente intrusive degli
anni Settanta. In fin dei conti è una questione di misura. Le esasperazioni dei mercati finanziari pre-crisi,
dall'uso sfrenato dei derivati e dei bonus, che hanno certo accelerato l'aumento dei redditi dei più ricchi,
sono in realtà figlie di mercati che non hanno funzionato, di cattiva regolamentazione, insomma di
problemi che non dipendono dalla disuguaglianza in sé. C'è dunque, secondo Bourguignon, un orizzonte
possibile in cui la crescita favorisca anche una riduzione della distanza tra ricchi e poveri (C + D, appunto),
ma è un orizzonte in cui la politica economica deve muoversi con cautela, correggendo gli eccessi,
intervenendo dove ci sono margini per redistribuire senza affossare l'istinto di impresa (ad esempio
tassando i capitali più che le persone), preservando soprattutto l'uguaglianza delle possibilità (vedi
investire nell'accesso all'istruzione) e preservando comunque mercati globali aperti e integrati, che alla
fine, se ben temperati, rimangono una strumento straordinario di creazione di ricchezza e crescita. Non è
una strategia facile, ma almeno un'attenta lettura di questo libro può salvarci dagli agguati della
demagogia.
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© RIPRODUZIONE RISERVATA
Francois Bourguignon,
La globalizzazione della disuguaglianza, Codice Edizioni, Torino, pagg. 104, € 11,90
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