1 5 0 ° D E L L’ U N I T À D ’ I TA L I A Le ACLI, microcosmo dell’Unità Nelle ACLI, per idealità, tutti si sentono, e devono sentirsi, a casa propria dove è centrale la voglia di condividere e di stare insieme. Nelle ACLI fuori dell’Italia ciò è ancora più sentito e forte. In Svizzera poi, per le forti diversità regionali del paese, ciò diventa ancora più accentuato. di Ennio Carint, presidente ACLI Svizzera n Qui le ACLI sono nate e fondate nel secondo dopoguerra da italiani che partiti dal proprio paese, per cercare lavoro e futuro, da luoghi e regioni molto diverse, fin dall’inizio, sono state un microcosmo dell’Unità nazionale. Ci si è trovati uniti quasi per empatia pur nella disparità della derivazione. Uniti dalla lingua ma soprattutto dalla condizione di lavoratori e gente del lavoro in un paese diverso dal proprio. Qui, trovato il lavoro, si sono formate le famiglie della “prima generazione” e sono nati i primi contatti tra le persone, formate le prime comunità ed i primi interessi sociali. Qui sono nati poi i figli, chiamati della seconda generazione, inizialmente, quasi forzati da una situazione di pensata e sperata provvisorietà, ad essere soprattutto e solo italiani. Poi, gli stessi, confrontati con la realtà locale e la prima socializzazione della propria presenza e l’impatto con la scuola; dall’asilo alla scuola primaria prima, poi scuola secondaria e superiori e, per chi ha potuto e voluto, anche con gli studi accademici, vissero nell’arco del breve tempo dell’infanzia e giovinezza, un’interiore inconscia e continua metamorfosi. È emblematico di questo il racconto di una ragazza italiana, raccolto in un libretto di un Circolo ACLI che festeggiava, a metà degli anni settanta, i propri cinque anni di fondazione, dove affermava, parlando del proprio essere, di non sentirsi “né carne né pesce”. La stessa, oggi signora e madre di due figli a loro volta studenti, qualche settimana fa, in un pomeriggio organizzato dall’autorità consolare assieme alle istituzioni, organizzazioni ed associazioni italiane del posto per commemorare, in una iniziativa, partecipata i 150 Anni dell’Unità d’Italia, nel dibattito seguito alla tavola rotonda tenuta con l’importante presenza di due parlamentari italiani affermava: “Prima, da ragazza, sono stata solo italiana, poi ho preso la cittadinanza qui e mi sentivo solo svizzera”. “Oggi sono solo io.” “Una persona con due identità e la mia vita, con tutti i valori ed i doveri che questo comporta”. Questo sdoppiamento di personalità si riscontra giornalmente anche nella quotidiana realtà nelle nostre ACLI della Svizzera perché viviamo, sentiamo, capiamo, godiamo, ci dividiamo e ci ritroviamo con sentimenti particolari e diversi e spesso non spiegabili in un sentire che ha almeno due identità. Ciò è senza dubbio un plus valore poiché ci unisce un sentimento primario di appartenenza, e allo stesso tempo sentiamo forte un nuovo sentimento che ci lega alla realtà locale. Sentimento che ci è caro e foriero di un inconscio appagamento. L’Unità dell’Italia è una parte della nostra storia della quale ci sentiamo figli e per la quale, nel bene e nel male, nella trepidazione e nella speranza, viviamo tutti i sentimenti che i figli sentono per la propria casa. Trepidiamo nei momenti pesanti e di scoramento ed esultiamo nei momenti felici. Presi da questi pensieri vorremmo tanto contare di più proponendo atteggiamenti che condividiamo e che sono patrimonio del vissuto della nostra piccola storia fuori e lontano dalla terra d’origine quali; maggiore coerenza, maggiore partecipazione, maggiore altruismo e rispetto civico e rispetto della cosa pubblica e di tutti, più alto senso di solidarietà, maggiore attenzione all’ambiente ed alla natura, maggiore sensibilità ed accoglienza verso gli altri ed i diversi, più attenzione all’interiorità anziché all’apparire ed infine disponibilità a conoscere le altrui realtà e gli altrui valori. Questo è il nostro atteggiamento ed il nostro partecipato contributo a festeggiare i 150 anni dell’Unità d’Italia. Un grande paese, un paese importante, il nostro paese che amiamo e che vale non per ciò che gli altri contano, fanno e valgono, ma conta e vale per ciò che ogni suo cittadino, perciò anche ognuno di noi, testimonia e con onestà fa. Il resto è retorica.333 il dialogo 3/11 9