Famiglie resistenti e affaticate:
i volti della cura familiare
Giugno 2007
FAMIGLIE CON ANZIANI CON SCARSI LIVELLI DI AUTONOMIA:
DISTRETTO DI GARBAGNATE 1
Servizio Osservatorio
per le Politiche Sociali
della Provincia di Milano
Ricerca svolta a cura di CISF
(Centro Internazionale Studi
Famiglia)
1
Il presente report di distretto è stato redatto da Adriana Rosas e Harma Keen, che ha anche realizzato, trascritto e
analizzato le interviste.
Provincia di Milano
Rapporto di ricerca a cura di CISF
Indice
IL PUNTO DI VISTA DELLE FAMIGLIE .................................................................................................................. 3
1. INTRODUZIONE ........................................................................................................................................................... 3
2. L’ANZIANO E LE SUE CONDIZIONI DI VITA ................................................................................................................... 3
2.1 Le condizioni economiche ................................................................................................................................... 5
3. L’EMERGERE DELLE DIFFICOLTÀ ................................................................................................................................ 5
4. LA CONDIZIONE ABITATIVA ........................................................................................................................................ 8
5. LA PRESA DI COSCIENZA DEL SISTEMA FAMILIARE .................................................................................................... 11
5.1 Il care-giver e le altre figure familiari coinvolte nell’impegno di cura ............................................................ 11
5.2 I figli del care giver........................................................................................................................................... 15
5.3 Ridefinizione del tempo e degli spazi familiari ................................................................................................. 16
6. LE SOLUZIONI ESTERNE ESPLORATE DALLA FAMIGLIA .............................................................................................. 18
6.1 I Servizi sociali comunali .................................................................................................................................. 20
6.2 L’ASL ................................................................................................................................................................ 22
6.3 Le Case di riposo (o Residenze Sanitarie-Assistenziali) ................................................................................... 26
6.4 La badante......................................................................................................................................................... 27
LA PROSPETTIVA DEGLI OPERATORI ................................................................................................................ 31
PREMESSA .................................................................................................................................................................... 31
1. L’AVVIO DELLA PRESA IN CARICO: SEGNALAZIONI, PRIME DOMANDE, PRIMI PROGETTI DI INTERVENTO ................... 31
2. IL DIALOGO CON GLI ANZIANI E CON LE FAMIGLIE: COSA CHIEDONO E COME DESCRIVONO IL LORO BISOGNO........... 34
2.1 I primi contatti .................................................................................................................................................. 34
2.2 L’interazione con la famiglia quando l’anziano è in carico ............................................................................. 36
3. LEGGERE I BISOGNI, COSTRUIRE PROGETTI DI RISPOSTA............................................................................................ 41
3.1 I servizi disponibili............................................................................................................................................ 41
3.2 Una “vecchia” novità: le badanti ..................................................................................................................... 45
4. LE RELAZIONI TRA SERVIZI SOCIO-ASSISTENZIALI E ALTRI SOGGETTI ....................................................................... 47
IL CONFRONTO CON LA PROGRAMMAZIONE ZONALE................................................................................ 51
PREMESSA .................................................................................................................................................................... 51
1. COSA DICE IL PIANO DI ZONA ................................................................................................................................... 51
2. QUALE CONFRONTO CON LE ASPETTATIVE DELLE FAMIGLIE ..................................................................................... 54
BOX 1: INDICE PIANO DI ZONA 2006- 2008 ...................................................................................................... 56
BOX 2: LE PRIORITÀ DI PIANO........................................................................................................................... 57
BOX 3: MIGLIORAMENTO DELL’INTEGRAZIONE SOCIO-SANITARIA .......................................................... 58
BOX 4: IL PARTENARIATO CON LA PROVINCIA DI MILANO.......................................................................... 60
BOX 5: LE AZIONI DEL PIANO 2002-2004......................................................................................................... 61
BOX 6: LA SPESA SOCIALE PER ANZIANI.......................................................................................................... 62
BOX 7: I BISOGNI INSODDISFATTI DEL TERRITORIO .................................................................................... 62
BOX 8: LE AREE DI INTERVENTO: DAL PIANO 2003-2005 AL PIANO 2006-2008 ......................................... 64
BOX 9:. LE AZIONI DI PIANO .............................................................................................................................. 74
Famiglie resistenti e affaticate: i volti della cura familiare
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IL PUNTO DI VISTA DELLE FAMIGLIE
1. Introduzione
L’area specifica di indagine è l’ambito territoriale di Garbagnate (Zona Nord della Provincia di Milano),
comprendente i comuni di Garbagnate Milanese (capofila), Baranzate, Bollate, Ceriano Laghetto, Cesate,
Cogliate, Lazzate, Limbiate, Misinto, Novate Milanese, Paderno Dugnano, Senago, Solaro.
Nell’analisi delle modalità di cura delle persone anziane, l’impianto progettuale intendeva porre particolare
attenzione su tre modalità di cura:
• la famiglia da sola;
• la famiglia che usa servizi di assistenza domiciliare, socio-assistenziali, socio-sanitari e
specificamente sanitari;
• la famiglia che impiega persone a domicilio, in genere straniere, le badanti.
Le situazioni su cui abbiamo raccolto informazioni attraverso le interviste sono state segnalate dagli
operatori del settore dello stesso distretto; si tratta di situazioni diversificate, che permettono di cogliere la
“varietà” del fenomeno della condizione anziana e del tema della non autosufficienza, ma in ogni caso già
note e nei confronti delle quali, per certi versi, ci si è già mobilitati.
2. L’anziano e le sue condizioni di vita
I 19 anziani di cui siamo andati a rilevare informazioni sono, in prevalenza, donne e vedove (sette maschi),
hanno un’età media di 85 anni (sette sono ultranovantenni), sono in condizione di non auto-sufficienza
(totale o parziale), a causa di patologie differenti (molti sono i casi Alzheimer) da molti anni.
Tab. 1 Caratteristiche dell’anziano/a
SESSO
ETA’
CONDIZIONE
FAMILIARE
1 M
74
celibe
2 F
80
vedova
3 M
90
vedovo
vive con il figlio
celibe in casa di
proprietà
4 M
71
coniugato
5 F
6 F
82
94
coniugata
vedova
7 M
78
celibe
vive con la moglie
e la figlia
vive con il marito
vive (da sempre)
con la figlia nubile
vive solo
8 M
86
coniugato
vive con la moglie
vedova
vive con la badante
9.
F
83
CONDIZIONE
ABITATIVA
PATOLOGIA
solo, in una casa in
comproprietà con
fratelli
vive con famiglia
del figlio
Problemi di
deambulazione
“Sono tanti anni”
Ictus, cuore,
diabete
Allettata
Problemi vari
legati
all’età(cardiaci,
gastrite, di parola,
cade, …). Non è
autosufficiente nel
vestirsi
Alzheimer,
allettato
Ictus
Alzheimer,
allettata
Problemi di
deambulazione
infarto cerebrale,
poi Alzheimer,
7 anni
DURATA NON
AUTOSUFFICIENZA
1 anno
6 anni
1 anno
10 anni
9 anni circa
6 anni
Infarti, ischemia,
problemi di
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2 anni
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10. F
90
vedova
11. F
92
12. F
81
13. M
80
vedova da circa vive con la figlia
30 anni
divorziata (e la
badante)
vedova da oltre vive con la badante in
20 anni
appartamento in
affitto
coniugato
vive con la moglie e
la badante
14. F e
89 e
91
coniugati
15. F
97
vedova da oltre
50 anni
16. F
99
17. F
84
vedova da oltre
40 anni
vedova da 5
anni
18. F
77
M
nubile
vive con la badante
deambulazione
Rottura femore
3 anni e mezzo
Alzheimer, semiallettata
6 anni
Osteoporosi, allettata
3 anni
Alzheimer, rottura
femore, glaucoma
allettato
vivono con la badante F: Alzheimer
M: problemi di
deambulazione (a
seguito di ictus)
vive con la figlia
Problemi di ulcere
divorziata e due
varicose, che limitano
nipoti
la deambulazione
vive con la figlia
Alzheimer allettata
vedova
vive sola
Problemi di
deambulazione,
diverticolite
vive sola
morbo (invalidante)
1 anno
10 anni
2 mesi
10 anni
3 anni
da sempre
In tre casi l’anziano non autosufficiente non è mai stato sposato ed ha sempre vissuto da solo; i parenti più
vicini rimangono i fratelli e i nipoti, che, peraltro, non prestano molta attenzione al loro congiunto né si
sentono particolarmente “obbligati” verso di lui (con la piena comprensione dell’anziano).
Una abita qui in paese, e uno in un paese vicino… Sono rapporti buoni…ciascuno ha la
sua famiglia. Sono stato in ospedale per 4 mesi, senza mai venire a casa mia. Quando ero
in ospedale a Milano i miei parenti venivano solo una volta la settimana. Ho dovuto
comperare il telefonino. (F12)
Io ho due fratelli: uno abita vicino e l’altro a Milano. Lo vedo tutti i giorni, questo vicino,
lui passa, ma non è che siamo proprio in buoni, buoni rapporti... Ma io non chiedo
nemmeno aiuto ai miei fratelli perché hanno la loro famiglia. (F18)
Fratelli, sorelle…..sono tutti morti. Avevo un fratello, è morto da 9 anni. Ho 4 nipoti e
uno solo che mi segue. Purtroppo gli altri .. ma.. niente insomma. Un nipote, il primo,
quello mi segue moltissimo. Viene tutte le settimane. Adesso è andato al mare con la
famiglia e mi telefona (F7)
E’ presente la consapevolezza che l’attuale solitudine ha radici lontane, in scelte fatte o non fatte nella storia
individuale3:
Poi al tempo del duce c’era l’Ente per gli orfani, mi hanno portato a Bergamo perché
mio padre è finito con la tubercolosi, e da lì mi hanno portato in un paese nella
2
La persona intervistata vive sola, non è stata sposata, ha una sorella e 2 nipoti
Il care giver “single” è consapevole del rischio che corre per la sua vecchiaia: “Siccome io
sono solo e probabilmente resterò single, tra qualche anno anche io avrò bisogno e io mi sto
veramente preoccupando …”(F3)
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bergamasca, da una balia. E sono cresciuto lì, dovevo essere allattato per 6 mesi invece
mia madre è venuta a prendermi che avevo già 2 anni. E poi intanto fui depositato da
questa mia zia e zio, cioè la sorella di mia madre e a 6 anni è venuta a prendermi quando
ho cominciato ad andare a scuola…Lasciamo stare, chiudiamo perché io a parlarne sto
male. Poi essendo qui, ogni tanto entro nella mia vita … Sì, sono stato amato, ho
amato…però mi ha frenato non che sia colpa sua ma …mi ha frenato. Da notare che io
l’ho tenuta in casa …(F7)
No, non ho nessuno. Sono malata dalla nascita. Sono sempre stata malata e chi stava con
me? (F18)
A chi non è mai stato sposato e, dunque, non ha figli mancano proprio quelle figure che in altre situazioni,
all’insorgere della vecchiaia e della non autosufficienza, diventano care giver.
2.1 Le condizioni economiche
Il denaro di cui dispongono gli anziani proviene essenzialmente dalle pensioni; con queste e con i risparmi
accumulati durante la vita sembra che riescano a far fronte alle spese necessarie, anche se, in qualche caso,
con difficoltà e con la sensazione di vivere in ristrettezze.
Ho la pensione sociale e con quella piccola cifra in più per cui ho sempre fatto domanda
come invalida, adesso prendo circa 550 euro al mese. Affitto 200 al mese, bollette, e
quello che mi costa è la donna. Non posso fare a meno del telefono fisso perché è legato
al telesoccorso (altrimenti me lo farei togliere immediatamente con quel che costa il
canone fisso della Telecom). Quello che mi rimane mangio! Che è poco, sì. Io per fortuna
posso, devo mangiar poco! (F18)
Sì, ho lavorato, ma purtroppo sono stato sfortunato, la mia ditta ha chiuso e allora gli
ultimi anni in cassa integrazione a sei ore, era ancora che la pensione era il guadagno
degli ultimi 5 anni …. (F1)
Io, guardi, i miei hanno sempre fatto una vita di lavoro e poi mio papà è uno che neanche
il gelato, per dire che era già un lusso, perciò erano già abituati … Però fortunatamente
con quello che prendono per ora… Beh, voglio dire le spese che abbiamo adesso non
riescono a coprire totalmente, però con i risparmi, poi tanto, noi non abbiamo bisogno
né della casa né di niente, quindi…Per esempio al mio papà e alla mamma adesso
passano i pannolini, cose che prima prendevamo: signora, in una settimana vanno due
pacchi in pannolini, sono 100 Euro…(F14)
Il marito lavorava all’Enel, insomma messe insieme… riesce a mantenersi tenendo la
donna… Dunque noi diciamo se va avanti così un po’ di anni così, va bene. A noi va
bene. Insomma diciamo qualche lira ce l’ha in banca e facendo tutti i calcoli, guardando
col nipote che lavorava anche in banca, noi due abbiamo la delega, ce l’abbiamo in
comune… Facendo qualche piccolo calcolo, abbiamo detto, senti può campare più di
cent’anni, che non ha bisogno degli altri, perché dobbiamo farle fare sacrifici adesso,
tanto tutti i soldi sono i suoi. Perché ha ottenuto l’assistenza, l’assegno
d’accompagnamento, la sua pensione, perché lei ha lavorato non fino a tardi, ha smesso
a 45 anni (F10)
3. L’emergere delle difficoltà
È faticoso riconoscere e soprattutto accettare i segni del deterioramento fisico o psichico, sia da parte della
persona che sta invecchiando sia da parte dei familiari. Talvolta è un evento improvviso (ictus, rottura del
femore) a determinare la condizione di non autosufficienza; ma, spesso, si tratta di malattie “riconoscibili”
anche se dal carattere subdolo (in particolare, le demenze e il morbo di Alzheimer) di cui si fa fatica ad
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accettare l’esistenza, con il risultato di rimandare le decisioni riguardo al cambiamento delle abitudini di vita
o della condizione abitativa.
I brani che seguono illustrano le realtà concrete e quotidiane con cui la persona anziana e i suoi familiari si
devono misurare quando emergono le malattie che portano alla non autosufficienza e come e in che modo
possono sconvolgere la vita:
Il primo impatto è stato:”Oh Dio, adesso non riesco più a fare quello che facevo prima”.
E quello per una donna che era abituata, fino un anno fa a 82 anni, a fare tutto lei, eh. E
quindi “Oh Dio, adesso cosa faccio, non sono più capace!” però siccome mia mamma
per esempio ricamava, faceva le cose così, pian piano l’ho aiutata a riprendere questi
hobby. Fortunatamente ha preso questa cosa non troppo seriamente, lei da qui in su va
bene, è più che altro la deambulazione, le gambe. (F5)
Ha avuto due infarti, una ischemia nel gennaio 2005, un arresto cardiaco nel gennaio del
2006 con riprese... che è rientrato, ma non del tutto, nel senso che il piede lo alza male e
quindi in casa gira col girello, però non è in grado... anche un piatto di minestra dal
pentolino sul tavolo, da sola non ce la fa. Viveva da sola fino all’ischemia dell’anno
scorso. Ha avuto un’ischemia e noi ci siamo accorti, ma non ci hanno detto che ha avuto
un’ischemia! Mia mamma una mattina mi dice: sono caduta, mi sono aggrappata al
mobiletto del bagno - e allora io l’ho portata al pronto soccorso – però l’ha vista
l’ortopedico, s’è fatta male, ma perché? a me interessa il perché, e lei ha spiegato: “Mi è
girata la testa ecc. ecc.” va beh, se non è altro. Prima di tutto non l’abbiamo più
lasciata sola. (F9)
Dunque, mia sorella tre e mezzo anni fa è caduta in casa. Si è rotta il femore, è stata in
ospedale, è stata operata, hanno messo una piastra di ferro, però passando gli anni non
si è mai rimessa in piedi completamente. In casa da sola sì perché si attacca ai mobili, fa
anche da mangiare…perché si appoggia e così dice mi muovo un po’ perché altrimenti.
Adopera solo il girello anche quando si alza di notte, non usa né stampelle né bastone.
Non può uscire, ma la testa ce l’ha a posto. Guarda la televisione, lei segue tutto, discute,
le piace lo sport allora lo segue, ecco per dire è ancora molto presente. (F10)
Lei adesso praticamente è allettata causa problemi di osteoporosi, praticamente lei è
inoperabile. Prima faceva letto poltrona perché era caduta ed è stata operata al femore.
Dopo si è aggravata questa forma di osteoporosi, e di conseguenza è rimasta bloccata.
Ha fatto due ricoveri, ma loro hanno detto che è una persona che non potevano operare
per problemi di obesità. Ha anche problemi di circolazione quindi era un rischio
quest’intervento… Di conseguenza.. (F12)
E’ a letto fissa…E’ allettata, prima la alzavamo un paio d’ore, in poltrona, ma adesso
no, adesso ultimamente… è dall’agosto dell’anno scorso che è proprio allettata, ferma a
letto. Poi anche il cervello, diciamo un po’, a furia di crisi, lei prende ogni tanto delle
crisi così allora … comincia a perdersi davvero molto..
Però è assonnata tutto il giorno, un po’ i farmaci che lei prende, un po’ il cervello che
lentamente deperisce insomma. Va imboccata. Prima quando si alzava riusciva. Le
abbiamo insegnato a mangiare con la sinistra. Mangiava da sola così. Ma adesso, no
non ce lo fa. Mangia tutto un po’ cotto, però bisogna imboccarla se no lei non mangia tra
che è sdraiata per cui ..anche se la teniamo un attimino ma non è che sta su più di tanto
perché ha perso anche un po’ l’equilibrio… Anche adesso le ho dato da bere…o un succo
o una spremuta e dopo lei sta lì. Una volta le piaceva vedere la televisione, adesso non
più.. le dà fastidio…Ma anche se è sveglia non ti chiama più, prima magari chiamava ma
è proprio il cervello…si sta proprio spegnendo piano piano… Di crisi ne ha avute in
questo periodo qui.. è stata parecchie volte in ospedale, almeno due tre volte all’anno sta
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in ospedale.. o magari la cura non va bene…. oh ma anche quando va in ospedale, siamo
sempre lì. Mattina, mezzogiorno e sera andiamo sempre giù a darle da mangiare. (F2)
Soprattutto il riconoscimento delle demenze (tra cui comprendiamo il morbo di Alzheimer) si
rivela difficile e poco tempestivo; l’accettazione, poi, di una malattia tanto devastante, che
trasforma completamente l’anziano, rendendolo talvolta aggressivo e sempre ingestibile, è
estremamente faticosa.
Io me ne sono accorta un giorno, eh, veniva una signora a prenderla e la portava
all’oratorio, ancora camminava. Alla sera quando torna, le chiedo”allora, ti sei
divertita? Tutto bene?” Insomma non mi rispondeva. “Dove?” mi diceva. “Ma non sei
andata con la signora A. oggi?”. “No, non sono andata da nessuna parte”. Allora ho
capito che c’era qualcosa che non andava. Per due tre giorni è stato così. Dell’oratorio
non si ricordava più niente. Però ha cominciato così insomma, questa memoria un po’
andava e veniva. Poi un giorno era qui da sola in cucina, è arrivata in quel punto lì … io
ero in bagno e mi sono presa uno spavento e l’ho trovata per terra. Caduta. Da allora ha
cominciato a non camminare più bene. Non a non camminare completamente. L’ho fatta
ricoverare per vedere cosa era successo. E loro dicono che deve essere stato qualche
ictus. Molto leggero. Comunque non ha mai più camminato come prima. Con la testa non
c’è più, dice che questa non è casa sua, ci fa impazzire me e mio fratello, pensa che non è
casa sua e vuole andare a casa sua. (F6)
Nel 96 gli è venuto un infarto cerebrale e dopo bene o male fino al 2000. Poi gli è venuto
un ictus. Allora è stato male, siamo andati al pronto soccorso così e poi il mio dottore
l’ha mandato al Sacco e l’hanno messo in medicina e invece dopo si erano accorti che
aveva la carotide dove non passava il sangue. L’hanno messo in chirurgia e hanno fatto
delle operazioni qui (collo). Dopo, non so, sembrava che stava bene, invece ha
cominciato a dimenticare, nel 2000 questo. Siamo venuti a casa per la tesi di mio nipote,
che eravamo in montagna e non guidava bene e allora non siamo più andati in montagna
…Perché non mi fidavo più. Non si rendeva conto perché diceva: “Andiamo a fare un
giro, fino adesso non ho preso una multa, non ho fatto…” E io, fa niente, sento io, che
invece di venire a casa andavamo dall’altra parte… Non mi sono fidata più. Ha tenuto
la macchina ancora un anno, ma non l’abbiamo più usata. In casa prima faceva tutto,
tutto, non faceva le ragnatele, perché lui guardava più per terra…Comunque faceva i
vetri, la spesa, proprio tutto faceva…Basta, non fa più niente… Anzi, se è qui mi dice di
riportarlo lì (da una poltrona all’altra), se i fazzoletti di carta sono lì mi dice di metterli
là, gli occhiali sono lì…e “mi dì e noch mi son semper in pè”… Perché continua a dire tu
vai ma per forza, sì magari è un po’ è il nervoso che mi tiene su… (F8)
Già sei anni che mio marito ha iniziato, come ha finito di lavorare nel 2000. Siamo
andati in paese e ha cominciato a sballare, andava, tornava e si dimenticava le cose.
L’abbiamo visitato giù, e hanno detto che ha avuto una ischemia cerebrale leggera,
siamo andati all’ospedale Sacco in neurologia, qua e là, l’hanno tenuto lì quasi tre mesi
non sapendo come è come non è e la dottoressa non mi diceva che mio marito aveva il
morbo di Alzheimer, allora la mia nuora lavorava in un istituto come cuoca a Milano.
Conoscendo questo professore mi ha mandato là. Ho pagato trecentomila lire. Come ha
visto camminare mio marito qua e là, subito mi ha detto: signora, al 99% suo marito non
solo ha avuto una ischemia, ma ha anche il morbo di Alzheimer……Poi mio marito ha
iniziato a camminare un po’, non camminare…e dopo tre anni cominciava a fare la pipì
addosso, non si faceva la barba… quindi l’ho curato quasi quattro anni. (F4)
Si è rotta il femore un anno fa, però riuscivamo, io ho fatto 4 mesi, 5 mesi di ospedale
mattino e sera, domenica e tutti i lunedì, tutti i miei giorni liberi, e ho aiutato lei perché
se mi vedeva, faceva la ginnastica se non diceva di no , perché ha anche la testa…,
comunque ha anche l’Alzheimer… Adesso invece ha avuto due ricoveri, ultimamente, è
peggiorata tantissimo… Anche lo sguardo, non so. Comunque mi hanno detto che gira
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rigira queste persone stanno dentro per fare un po’ di analisi poi dopo torna a casa.
(F11)
Così non è da molto, perché ha avuto un tracollo a gennaio Poteva ancora muoversi un
po’ però in gennaio si è ri-rotto il femore, si era già rotto una volta, è stato operato, e
adesso non è più operabile. E poi non capisce, ha anche l’Alzheimer. Non sa chi siamo.
Poi ha un glaucoma negli occhi per cui non ci vede bene, ha il campo visivo non
completo. (Non vi riconosce più, nemmeno lei signora…). No, sono lì e dice dove è mia
moglie. Lui cerca la mamma, “voglio andare da mia mamma, voglio andare da mio
papà”, e si fissa, un continuo…(F13)
Io ho mia madre in famiglia che ha 99 anni adesso il 12 di giugno. Sono dieci anni che
ce l’ho. Il primo anno camminava ancora e poteva, diciamo, ancora abbastanza capire…
Poi improvvisamente una bella sera stavo guardando la televisione e lei stava andando a
letto e ad un certo punto viene di là e mi dice: ”dov'è la mia mamma?”. Ah dico qui c'è
qualcosa che non va. E infatti da lì ha cominciato ad essere proprio fuori di testa. (F16)
L’accettazione sembra essere più difficile per i partner di sesso maschile, che probabilmente abituati a far
riferimento alla moglie anche per la gestione della famiglia e della casa, perdono il loro riferimento; inoltre,
essi faticano a modificare i loro atteggiamenti e comportamenti e le loro abitudini di vita.
Mio papà è sempre stato molto rigoroso, quindi lui non ha mai accettato la malattia di
mia mamma, mai. Eh quindi lui diceva, “Tina, guarda che stai facendo!”. Perché
magari, non so, lei aveva l’abitudine di mangiare di notte. Mangiava di notte e cosa
faceva? Prendeva il torsolo di mela, mangiava la mela e poi metteva il torsolo sopra
l’armadio. Anche lì, io dico, nessuno dice niente, la sua mente è così. Allora quando io
arrivavo qua la mattina, la prima cosa che facevo era guardare e buttarlo via senza
farmi vedere dal papà. Perché se lui mi vedeva cominciava: “Ecco, Tina e mica non
mangiare”…e lui si incavolava sempre e quindi c’era già un po’.. Anche quando noi
portavamo la mamma da questo dottore che è bravissimo però anche primula rossa
perché introvabile, e allora io ho detto: “Dottore, io porto anche mio papà, faccia un
discorso anche a lui!” E lui l’ha detto: “Guardi che sua moglie è malata .. non fa
apposta”. E lui: “ma no la fa a post!” Oh Dio, si parlano, però non c’è più quel dialogo,
non è che fanno dei discorsi…(F14)
Inoltre, le demenze possono avere un percorso molto lungo e, conseguentemente, l’assistenza ai malati può
durare anni: nel nostro campione la durata della non autosufficienza (per Alzheimer) è in 4 casi di 10 anni,
in 2 casi di 6 anni e in un caso di un “solo” anno.
La cura di familiari dementi richiede molto impegno soprattutto a livello di sopportazione psicologica: il
“non ragionare” delle persone spaventa ad ogni età, in quanto chi deve relazionarsi non ha i normali punti di
riferimento per comunicare. Fasi aggressive, madri e padri che non riconoscono più i figli, che cercano con
insistenza la mamma, oppure che non riescono a convincersi di essere a casa propria sono difficili da
affrontare e sostenere, soprattutto quando si coabita e, quindi, la vicinanza coinvolge 24 ore al giorno e 7
giorni alla settimana.
4. La condizione abitativa
Le situazioni di convivenza attuali sono diverse: alcuni anziani vivono ancora in coppia, altri vivono “da soli
con la badante”, altri con un figlio. Le scelte di tipo abitativo sono, generalmente il frutto della riflessione
dell’anziano e/o dei suoi familiari sulla condizione di salute.
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Se la coppia è ancora intatta, è il partner a prendersi cura del coniuge e generalmente si tratta di mogli,
ovvero di persone che hanno una certa età. Nei casi di vedovanza dell’anziano e di contemporanea singleness
del figlio/a che non è mai uscito di casa, prosegue la coabitazione e il figlio si fa carico dei compiti di cura.
Nei casi di vedovanza dell’anziano e di (contemporanea) vedovanza o separazione dei figli che erano usciti
di casa, c’è una maggior propensione a tornare alla coabitazione, in genere con il trasferimento dell’anziano a
casa del figlio, anche per questioni di “comodità”.
Sì, ce l’ho in casa, sono sola perché sono vedova già da 15 anni. La mia mamma appunto
è qui da dieci anni, ce l'avevo anche prima mezzogiorno e sera, perché era sola. Così
dicevamo senza star lì a cucinare, sono già quarant'anni che è morto mio padre, e sono
quarant'anni che l'accudisco.
Però fissa da me solo da dieci anni……..Lei non sentiva gli odori, e ho provato entrare in
casa, ed era pericoloso. Io ho deciso: “Senti, o vieni lì o vai in una casa di riposo, una
delle due, decidi te!”, perché lei aveva un carattere forte.
Perciò ho detto: “Stasera decidiamo, tu o rimani qui o vai in casa di riposo, non puoi
più stare là a casa”, e aspetta aspetta e erano le sette, non arriva ancora, sette e mezzo,
però insomma cosa facciamo, poi a un certo punto è arrivata, è arrivata non ha più detto
niente e si è fermata.
Dopo qualche mese poi abbiamo chiuso la casa ed è rimasta qui, sono passati dieci anni,
e il tutto viene da sé quando si vuol bene alla mamma, la mamma è una sola. (F16)
Sì, abitava sotto nell’appartamento, però dopo l’abbiamo trasportata di sopra perché per
averla un pochino più comodo, insomma. Perché le scale, dopo noi non la sentiamo,
allora qui resta più nell’ambito … Mi sono abituata abbastanza in fretta (F2)
Una scelta di questo tipo può essere effettuata anche quando la persona anziana non sta particolarmente
male, in via, potremmo dire, precauzionale. E’ facilitante, in questo senso, anche il fatto che i figli del care
giver, ormai adulti, siano fuori di casa o in procinto di uscirne.
Mia mamma viveva per conto suo però era sempre qui, da me. E’ una casa che lei
conosce benissimo. Io ho sempre detto: vuoi andare a casa tua … Eh lei, no. Vuoi stare
qui con me? Eh sì, e allora io l’ho tenuta qui. Se mi dovesse dire, voglio andare a casa
mia la porto, ma …Ma poi io non potrei perché dovrei stare lì tutto il giorno … Io devo
vederla, ecco …Mio papà è morto nel ’78, sì sì, lei è sempre stata con noi.. Lei abitava
qui vicino e poi veniva tutti i giorni a casa mia …C’è un legame fortissimo, è sempre
stata una famiglia, lei, i figli, tutti insieme.. Non è che è stata una nonna che è estranea,
ma molto, molto presente. (F11)
Mia mamma che ha 97 anni ed è un mese e mezzo, diciamo due mesi che vive in casa con
me, prima lei abitava da sola in una casa non grande, giusta per le sue esigenze, però io
ero costretta tutti i giorni ad andare avanti e indietro da lei, sì perché lei l’unico
problema che ha sono le gambe: è soggetta a ulcere varicose, per cui tutti i giorni c’è da
fare la medicazione, quando si aprono queste ulcere. A volte sinceramente mi diventava
pesante anche perché io avevo tre figli, adesso mi si è dimezzata la casa, però dovevo in
casa….. Difatti, diciamo che sta facendo un po’ i capricci... va bene che devo mettere in
conto anche il trasloco, il cambio dell’ambiente.. cioè, fin lì ci arrivo per l’amor del
cielo... l’unica cosa che le avevo chiesto: quando tu vieni là da me, tu non mi devi fare
assolutamente niente, l’unica cosa che tu devi fare è il tuo mangiare, perché come te lo
facevi di là, vorrei che tu lo facessi anche di qua; anche perché, non che non te lo voglia
fare, ma perché almeno rimani impegnata...a parte che lei non ha bisogno di essere
impegnata, perché lei legge il giornale, fa le parole crociate, fa il gioco solitario
delle…ricama.. adesso sta ricamando, sta facendo un quadretto coi fiori a mezzo punto,
guarda la televisione, e mi fa arrabbiare, perché, però dico: Quando sono a casa il tuo
pentolino mettilo sul fuoco, però quando sono fuori purtroppo per le commissioni io
devo rispettare la fila, gli orari, e il tempo che scorre, allora non posso essere fuori col
Famiglie resistenti e affaticate: i volti della cura familiare
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pensiero di dire o mamma mia, perché lei la pasta deve mangiarla cotta, se non c’è il
pentolino sul fuoco per le undici, lei a mezzogiorno 12 meno un quarto non può mangiare
la sua pasta... (anche se lei non ha orario, la sua pasta deve essere cotta per un’ora
altrimenti lei non la riesce a digerire) per cui se vede che ritardo, metti il tuo pentolino
sul fuoco, non ti chiedo tanto, solo il pentolino, lasciare lì anche la pentola, lo
scolapasta, la pasta, il sale, tutte quelle cose che lei in automatico deve mettere sul
fuoco... lei non lo fa... aspetta me! Allora le ho chiesto se sei diventata invalida, venendo
dalla via G. a via Z. sei invalida ? No... poi, insomma, fa i capricci, poi ce l’ha a morte
con il cane, poi insomma.. però per il resto mi diverte anche… perché non posso dire che
mi è di peso, assolutamente, anche perché si lava, si veste da sola… voglio dire, facciamo
le corna, fino ad oggi… perché io tutti i giorni quando mi alzo ringrazio il Signore che
andiamo bene, o la giornata è finita bene, ok, non ci sono intoppi... però è diventata un
po’ capricciosa. Racconta tutta la guerra del 15/18, guardi è presentissima con la testa
ed è già un vantaggio. Insomma, 97 anni si può anche cominciare a perdere... ma lei
legge il giornale, le riviste, Famiglia Cristiana, di tutto e di più, quello che c’è lei legge.
Spazio in casa poi ce n’era, per dire … Poi le dirò, che io sono separata dal marito, e poi
adesso io vivo con due figli perché la seconda s’è sposata, per cui io ho ceduto il mio
letto a mia mamma, di una piazza e mezza, e lei dorme di là tranquilla, e io sono nel mio
lettino tutte e due in camera insieme. La camera è abbastanza, non dico grandissima,
però ci camminiamo. Mio papà è morto quando ero ancora piccolina io, si può dire che
non l’ho quasi neanche conosciuto io.. proprio non ho assolutamente nessun ricordo.
Siamo cresciute insieme io e lei, perché poi io sono figlia unica…(F15)
In cinque casi si è scelto di non trasferire l’anziano o la coppia di anziani presso il care giver, ma di
organizzare la presenza di una badante. Un elemento “facilitante” per questa scelta sembra essere il fatto che
il care giver abiti a breve distanza (meno di 10 km.) dall’anziano in questione.
Mia mamma abitava a Milano, e di conseguenza sono venuta qua in Comune e ho chiesto
se mi davano una mano per trovare un appartamentino, visto che lei era titolare di un
appartamento ALER. A Milano, finita la burocrazia del passaggio, mi sono data da fare
un poco, poi la fortuna o chi per essa, sono riuscita a trovare un buchetto anche a prezzo
modesto ..insomma. Sì, perché io ho detto, non posso fare la pendolare tutti i giorni…Sì,
comunque io mi sposto continuamente…(F12)
Il motivo di questa scelta è da ricercarsi nel fatto che si vuole mantenere l’autonomia sia dell’anziano non
autosufficiente sia del care giver, che ha ancora a carico la propria famiglia (partner e/o figli).
Perché adesso non mi sento di rimettermi in gioco. La situazione è questa: l’affrontiamo
come si può, quindi, badante e io. Io ho avuto mia suocera con l’Alzheimer a casa un
anno, poi questo geriatra ha detto a mio marito: o ricovera la moglie o ricovera la
mamma! Quando mia suocera è stata ricoverata, ho detto a mia mamma: guarda, mia
suocera ha 81 anni. Tu tieniti la casa con due bagni, con la camera per la badante,
perché io non lo so se riuscirei a rifare questa esperienza. Tanto è vero che, guardi che
io facevo corsi per insegnanti, ho lavorato per una casa editrice; una fatica a trovare i
vocaboli, ancora adesso; io dico: “prima della nonna” e “dopo la nonna”! Cioè, io ho
perso tantissimo! Quell’anno lì è stato un cancellare parte del mio cervello! (F9)
Passo tutti i giorni, tutte le mattine e tutte le sere. La mattina prima di andare al lavoro
passo, perché così magari mentre la M. sta dando da mangiare a mio papà io faccio
alzare mia mamma. Intanto per vedere come vanno. Poi alla sera finisco di lavorare,
passo dentro. Se è tutto tranquillo prendo e me ne vado. Stasera mi sono fermata in
farmacia, no, no tutti i giorni passo. (F14)
In altri casi, l’anziano è rimasto a vivere da solo, senza alcun sostegno, se non, in qualche caso, quello dei
vicini; generalmente, però, i rapporti con il vicinato non sono particolarmente stretti e si configura, pertanto,
una pesante solitudine relazionale.
Famiglie resistenti e affaticate: i volti della cura familiare
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Conoscenze così … buongiorno, buona sera… La signora che abita dall’altra parte
quando passa mi saluta e a volte si ferma, però non è il vicinato disponibile per un caffè
insieme, non quella amicizia che fa riconoscere che alla fine siamo tutti negli stessi
panni... oggi ho bisogno io - domani tu (F18)
Qualunque sia l’evento che determina la non autosufficienza e la lentezza/repentinità con cui essa entra nella
vita dell’anziano, l’anziano stesso e i suoi familiari più prossimi decidono cosa fare (se modificare o meno la
situazione abitativa e se e a quali servizi ricorrere) tenendo conto di vincoli oggettivi (tra cui anche la
disponibilità di risorse economiche), dentro una lunga storia personale e familiare.
5. La presa di coscienza del sistema familiare
5.1 Il care-giver e le altre figure familiari coinvolte nell’impegno di cura
Sono stati intervistati in 14 casi i care giver e in 4 casi l’anziano stesso (in un caso in presenza della vicina di
casa, che ha assunto parzialmente il ruolo di care giver).
Tab. 2 Caratteristiche del care giver intervistato
RELAZIONE SESSO ETA’
CONDIZIONE
DI
FAMILIARE
PARENTELA
1. *
2.
Nuora
F
53
3.
Figlio (unico)
M
55
4.
Moglie
F
66
5.
Figlia (unica)
F
50
6.
Figlia
F
55
7.
8.
*
F
85
9.
Figlia
Moglie
F
58
10. Sorella
F
82
11. Figlia
F
63
12. Figlia (maggiore) F
13. Moglie,
F
figlia e nuora
53
77,
e
attorno
ai 50
sposata con tre figli
(che lavorano)
celibe
CONDIZIONE
PROFESSIONALE
RESIDENZA
Casalinga
Con anziano
Impiegato
Con anziano
sposata con figlia di
Casalinga
30 anni in casa e figlio
sposato (con figli poco
più che ventenni)
sposata con figlio
Casalinga
ancora in casa
nubile
Impiegata
(in malattia)
Sposata, ha una figlia
sposata con un figlio
vedova con un figlio
ancora in casa e due
fuori casa
Sposata (il marito ha
il Parkinson), due
figlie
separata con due figli
non conviventi
sposata con due figli
Con anziano
A 5 minuti
d’auto
Pensionata, è stata sarta
Pensionata, è stata
dirigente
Impiegata
Sarta
Commessa
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Stesso comune
Figlio e nuora
nell’appartamento
al piano di sopra
Figlia e genero
dall’altra parte
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14. Figlia
F
54
15. Figlia (unica)
F
62
16. Figlia
17. Vicina di casa
18. *
F
F
74
55
sposata e un figlio
Impiegata
ancora in casa
divorziata, un figlio in Pensionata
casa
Vedova (da 15 anni)
casalinga
della strada
A 5 Km
*Intervistato l’anziano (vive solo)
Dei 14 care giver presi in considerazione 8 sono cinquantenni, 3 sessantenni, ma sono da evidenziare tre casi
dove il primo care giver ha rispettivamente 74, 82 e 85 anni.
Escludendo le persone sole che non possono contare su familiari cui fare riferimento, dei 14 casi rimanenti
13 care giver sono di sesso femminile; l’unico maschio care giver intervistato è un figlio unico, non sposato.
Il grado di parentela è nella maggioranza dei casi quello di madre–figlia (8); in due casi sono mogli che si
prendono cura del marito, in un caso la nuora che si prende cura della suocera, un caso padre-figlio, un caso
dove la sorella già anziana si prende cura della sorella maggiore e in un caso il care giver può essere
considerata la vicina di casa; infine, in un caso sono presenti tre care giver (moglie, figlia e nuora).
Il lavoro di cura si rivela un compito femminile per eccellenza ed è vissuto dalle stesse intervistate come
assolutamente naturale. Si trovano in situazioni pesanti e di sacrificio che talvolta ha livelli davvero alti,
anche se spesso faticano ad ammetterlo, ma non “abdicherebbero” mai, per senso del dovere, da questo
ruolo.
Non è possibile stabilire con certezza perché un membro della famiglia (in presenza di più figli) diventi care
giver: certamente l’essere donna (figlia femmina) è un fattore importante e magari anche la vicinanza
geografica al momento del manifestarsi della non auto-sufficienza ha un suo peso. Sono le storie e le
dinamiche familiari precedenti che hanno già determinato, talvolta a livello non cosciente, ma ugualmente
chiaro per tutti i familiari, chi di loro prenderà questo ruolo.
L’ho portato apposta il più vicino possibile proprio per poter gestire…perché sapevo che
diventavo poi l’unica figlia a dover gestire la cosa … (F12)
In gran parte delle situazioni in cui esistono più figli, uno solo si prende, in esclusiva, questo peso sulle
spalle.
Tab. 3 Altri familiari dell’anziano
Sorella e due nipoti
1.
Figlio che vive in Australia
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
9.
10.
11.
12.
13.
14.
15.
Sorella (72 anni)
Figlio sposato e pensionato (la moglie lavora)
4 nipoti (uno solo lo segue)
Figlia sposata
Altra figlia sposata (vive a Cernusco)
Le figlie del care giver e altri nipoti dell’anziana
Figlio (totalmente assente)
3 Figlio (di cui uno lontano)
Figlio e genero
Figlio
3 nipoti (di cui una sposata)
Famiglie resistenti e affaticate: i volti della cura familiare
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16.
17.
18.
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Figlio (67 anni) e genero (70 anni)
Figlio sposato (con 2 figli)
Due fratelli (a Milano)
In alcune di esse gli altri fratelli e sorelle, per quanto meno coinvolti nella cura, sono comunque presenti e
danno, concretamente, una mano.
Ci aiutiamo noi, con mio fratello che viene di mattino perché la mamma è anche
inferma. Così al mattino la cambiamo, la puliamo bene, le diamo la colazione, e poi la
mettiamo a letto ancora e sta lì fino a mezzogiorno. Per fortuna ho mio fratello che viene
al mattino e alla sera e mio cognato che viene a mezzogiorno e alle 4 perché la
cambiamo quattro volte al giorno. Per fortuna ci sono loro che mi danno quest'aiuto
perché io, neanche far apposta, l'anno scorso sono stata operata a un’ernia al disco. Solo
che io spero solo di avere la salute e anche loro due che mi aiutano perché anche loro
non sono giovincelli, mio fratello ha 67 anni e mio cognato ne ha 70. Dopo ci sarebbe
anche mia sorella, ma lei non può perché ha tanti disturbi… siamo tutti pieni di
disturbi, ormai l’età c’è. Prego solo il Signore che ci tiene un po’ sani noi in modo da
poter continuare con queste cose. (F16)
Ho un fratello Eh sì……(risata). No, però è presente. Mio fratello è un po’ preso perché
ha un lavoro un po’ particolare, a volte va in giro, deve stare in giro tre giorni, quindi,
se c’è bisogno, basta che lo chiamo e lui arriva… Però il problema che magari non c’è la
presenza quotidiana ….Io basta che gli dico vai, devo dirglielo però, eh. Adesso sono
andata via una settimana, poi in agosto non vado via perciò di solito me lo prendo a
giugno. Poi io prima di andare via ho detto speriamo che….. e mio fratello: vai, ci siamo
noi. D’altra parte se no uno non lo farebbe più. (F14)
No, io non sono sposata, ho sempre vissuto con lei. Mio fratello invece si è sposato e ha
una famiglia. Allora da quando è andato in pensione lui, ci siamo organizzati così, lui
viene qui di mattina, ma finora non è stato tanto, tanto difficile, finché lei non si è
aggravata di molto … perché lei è sempre peggiorata. Adesso per esempio per tirarla su
e metterla sul divanetto ci riesco perché io la prendo dal braccio, poi con l’altra gamba
la spingo e quindi praticamente lei si arrotola.. Ma di sera deve venire qui mio fratello
per portarla in bagno, perché… non vuole il pannolone. Poi quando c’è mio fratello…
quindi fino adesso ci siamo arrangiati a portarla in bagno. (F6)
Io di più ovviamente, ma è normale, mia sorella fa altro, ecco, le domeniche ne facciamo
una a testa. Ecco, mia sorella, fa quello che riesce perché, lavorando, più che venire la
domenica chiaramente non riesce. Però lei mi ha detto: guarda che se porti la mamma a
casa tua, o tu ti trasferisci dalla mamma, io ti tolgo il saluto! (F9)
In altre situazioni, l’assenza dei fratelli può essere giustificata o diventare fonte di sofferenza (aggiuntiva).
Allora, uno nel Friuli e gli altri due vengono una volta la settimana, perché sono
lontani…Fanno un paio di ore. Dunque anche la domenica mi tocca sempre… tutte le
domeniche. No, non partecipano. Diciamo che un fratello, quello che è più lontano è
quello che, non so, carica il telefonino, però, quando vengono la domenica gli altri
portano magari che ne so, un po’ di frutta…proprio una cosa minima…Uno ha problemi
di separazione, l’altro ha le sue, quindi … (F12)
No, ho un fratello, un fratello assente il 100%. Lui mi ha detto di ricoverarla perché lui
ha la sua famiglia e non può pensarci. Abita a 10 km. Viene la domenica e sta qui
un’oretta. Dice “tu non ce la fai, portala al ricovero!”. Io, siccome lei, mia mamma non
ha mai espresso il desiderio di essere ricoverata, anzi l’ha sempre temuto, allora quando
io mi arrabbio e dico (piangendo): “Non posso farcela da sola, ma non posso
Famiglie resistenti e affaticate: i volti della cura familiare
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ricoverarla”. Anche fare venire qua mio fratello, lui continua a parlare e lei si
innervosisce, perché bisogna saperla trattare, non è una persona… Continua a dire le
stesse cose. Non la sa neanche trattare, io gli dico: “ma stai zitto… Avresti dovuto venire
a fare il corso con me“. Anche economicamente, se proprio non vuole avere a che fare …
Sì mi ha detto, “se tu hai bisogno …” ma io non voglio chiedere niente ….. Poi i soldi,
grazie a Dio lavoro. Per esempio è venuto mio fratello, una domenica, e mi ha detto
“Vuoi uscire?”, va beh, sono tornata che mia madre era lì seduta sulla sedia e io ho
detto: “Non l’hai portata in bagno?” E lui:” No, che ne so, io non l’ho mai fatto”. “Va
beh, anche se sei un maschio, è tua madre, ma come si fa? Ma con l’istinto non ti è
venuto in mente…” Anche per fare due passi…i maschi hanno questa mentalità, non so,
perché vengono allevati, perché si sentono maschi…Però posso ammalarmi anch’io, ho
63 anni… (F11)
L’essere da soli può non essere considerato negativo da parte del primo care giver: la situazione è sì pesante,
ma almeno si evitano discussioni!
Però forse guardi eh essere magari in tanti non si riesce bene a gestire il lavoro. Invece
uno dice faccio, decido, e mi organizzo. No, siamo abbastanza organizzati…(F2)
Però appunto mio marito dice ci sono tante situazioni dove magari sono in due o tre.
Però chi corre è comunque sempre uno…e lui dice “forse è meglio che tu ti gestisca da
sola senza avere discussioni”. Io da una parte, mi dispiace essere figlia unica e
dall’altra parte dico va beh. Perché magari tu decidi una cosa, dopo te lo contestano
perché l’hai fatto male e di conseguenza diventa tutto un litigio. “Ecco! perché hai fatto
così, io volevo cosà!”; invece io faccio il tutto come voglio….(F5)
L’enorme lavoro che è la cura dell’anziano non autosufficiente è accettato e svolto serenamente quando il
rapporto con l’anziano è stato positivo nel passato: l’impegno attuale è un gesto di riconoscenza e di
gratitudine per quel che è stato.
Oh Dio, pensare ai miei come fossero un peso, non mi viene… (F14)
Il legame con mia mamma è forte, fortissimo, quello proprio, anche i miei figli sono
molto legati. E’ una persona che non ha mai fatto pesare più di tanto il suo problema, è
sempre stata molto disponibile per gli altri, è proprio una forza grande. Sì, lo senti
proprio come un dovere, sarà bene, sarà male, sarà faticoso però … (F12)
Sì, poi quando ho avuto bisogno io lei mi ha sempre aiutato. (F2)
Lei ha fatto tantissimo, anzi ha fatto troppo, io ho sempre detto che avrebbe dovuto
pensare un po’ più a se stessa, invece no, invece pensava sempre agli altri. Io lo dico, lei
ha dato così tanto, come si fa, io non lo faccio perché mi sento obbligato … E’ una cosa
che mi viene e poi mi arrabbio perché non ce la faccio…(F11)
Ho sempre avuto un rapporto buono ed è logico che lo fai serenamente. Ma se uno ha
sempre dovuto litigare, discutere, magari genitori che non ti hanno mai accontentato o
fatto vivere, io no, sono stata fortunata, i miei mi hanno fatto studiare, non sono viziata
come lo sono questi figli unici che magari adesso ci sono. Perché allora non c’erano tutte
queste cose. Ho avuto con loro sempre un rapporto sereno. Quando avevo bisogno io,
loro c’erano; difatti quando il bambino era piccolo, appena finiva la scuola, lo portavo
dai nonni e poi ogni fine settimana lo raggiungevo…Finché hanno potuto mi hanno
sempre aiutato…E’ una cosa reciproca, è logico, quando tu vivi in una famiglia dove non
c’è una collaborazione del genere, anzi, c’è stato sempre solo litigi, rancore…(F5)
Il fatto che il rapporto con l’anziano non sia stato e non sia neppure oggi particolarmente buono rende
l’accettazione dell’impegno (in una situazione in cui non esistono alternative!) particolarmente sofferta:
Famiglie resistenti e affaticate: i volti della cura familiare
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Il mio papà è bravo e tutto però vede solo se stesso, così anche quando era giovane,
invece io e mia madre (deceduta di recente) siamo molto più ottimisti… Noi siamo
persone che pensano anche agli altri invece lui non posso dire che è una persona che ti
picchia, però lui, per esempio io il 2 di giugno ho fatto anche la pasta al forno, che fra
altro è venuta anche abbastanza bene, però non è che ti dice: mi è piaciuto. Non ti dà
soddisfazione … Mio papà lavorava però chi ha mandato avanti tutto è stata lei
quindi…e io sono rimasto in casa, forse questo è stato un errore…Comunque io mi ero
aspettato che sarei rimasto con mia madre per qualche anno e le cose sarebbero andate
diversamente. E’ dura, dura, perché non solo non è capace di dare affetto, ma non vuole
neanche riceverlo. Qualche volta cerco di avvicinarmi. Anche con la mamma, era
freddo…Ogni tanto mi dico chi me lo fa fare… Perciò il mio difetto è che sono troppo
debole, solo pensare che papà…(F3)
Affrontare la non autosufficienza dei genitori per tanti figli è difficile, l’essere a seconda dei casi, più o meno
improvvisamente un po’ meno figlio di quel genitore, quasi un capovolgimento di ruoli, dove i figli in
qualche modo devono prendere il ruolo di genitore: l’idea che non siano più loro a curarsi del figlio e che sia
il figlio a doversi curare del genitore non è facile da accettare e per alcuni davvero inaccettabile. Prendersi
cura per un familiare, inoltre, implica spesso un contatto fisico e intimo che richiede, per entrambi, il
superamento della barriera di pudore esistente precedentemente:
Ah beh, io veramente, poi mio papà era un tipo che… io forse da ragazza non avevo mai
visto mio papà in mutande.. Quindi capisco il fatto che a volte lui è nervoso perché il
fatto che prima non ti facevi vedere ai tuoi figli in mutande..e adesso ti devi far fare tutto
…E lui a volte è nervoso e dico. “Papà, non ti devi vergognare di niente, purtroppo le
cose sono così”. Però lui ne soffre…(F14)
5.2 I figli del care giver
Talvolta sono coinvolti nella cura anche i figli del care giver, nipoti dell’anziano..
(I figli ventenni conviventi con la nonna e il care giver) Sì, mi aiutano molto molto. Anche
a cambiarla tante volte mi aiutano loro quando … (F1)
Mio figlio, mia figlia quando possono vanno per un’oretta, tanto per darle un po’ di
svago, da non sentirsi proprio abbandonata... (F12)
In genere, però, nella maggior parte dei casi si cerca di tenere lontani da responsabilità estreme le nuove
generazioni. Viene loro riconosciuto il diritto ad una loro vita e, addirittura, si soffre quando la malattia
dell’anziano diventa motivo di sacrificio per i più giovani.
Ha 30 anni, non ha 20 anni, e se non trova un lavoro… Può studiare come OSS, vedendo
suo padre così può aiutare gli altri, però non si trova il corso e se si trova deve pagare
2.200, 1.900 euro e questi soldi non li abbiamo. Sono io che lo curo 24 ore su 24 insieme
a mia figlia e non c’è il tempo per svagarsi un po’. E’ l’unica figlia femmina, ho due
maschi però hanno una famiglia e bambini. Se ho bisogno arrivano, però la più
importante è lei. Ha un ragazzo e potrebbe andare a vivere con lui, ma non può perché
deve aiutarmi. Guardi, ho fuori l’osso qua, perché a furia di prendere mio marito da sola
perché a volte lei non c’è e non posso sempre chiamarla: “L., vieni!” Infatti, lei è
sacrificata perché siamo in questa situazione. Se suo padre camminasse e non avesse
problemi di testa lei potrebbe convivere con il suo ragazzo perché ha la casa. Invece sa
cosa fa quel poverino? Venerdì, sabato e domenica viene qua, viene qua e dorme qua per
non lasciarmi sola con mio marito. Perché se di notte gli viene qualcosa, come gli è
successo ultimamente alla una di notte, stava male e gli mancava il respiro e ho dovuto
chiamare subito il pronto soccorso. Se ero da sola? (F4)
Famiglie resistenti e affaticate: i volti della cura familiare
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Sì, i miei figli, se chiedo qualcosa me lo danno però mio figlio è qui provvisorio, non è
qui tutti i giorni. (F11)
Ho un figlio, è sposato. Abita vicino adesso, prima era un pochino più lontano, ma
adesso si è avvicinato molto a me … Naturalmente mio figlio ha il suo lavoro.. Però se ho
bisogno, ho un figlio solo ma è bravo….Se ci fosse qualcun altro, ci voleva una figlia
anche…però magari maschio o femmina è lo stesso (F16)
Ma qualche volta viene anche “rimproverato” loro di non capire.
Ho una figlia di 53 anni …abita qui vicino, sì va e viene, ma non è che sta qui un po’.
Perché un po’ perché le racconto ogni volta quello che posso perché ha un marito che è
più di trent’anni che ha il diabete.. Eh anche lei… poi c’è stato un momento che il figlio è
andato fuori di casa, insomma un momento così, eh, è brava, mia figlia è bravissima però
mi dispiace a volte darle dei dispiaceri.. Eh lei, “guarda papà non si fa così” e lei lo
sgrida e lui: ”Vai, va’ a casa tua!” (F8)
5.3 Ridefinizione del tempo e degli spazi familiari
Nella maggior parte dei casi i tempi dei familiari e, in particolare, quelli del primo care giver sono
completamente definiti dai bisogni dell’anziano, soprattutto quando si tratta di allettamento completo oppure
di morbo di Alzheimer: ciò significa rinunciare a ferie, vita sociale, tempo per sé.
Fino a quando c’è, lo curo e basta, non potrò dire un giorno: ho cresciuto quest’albero.
Certo non può rimanere solo… Non posso fare una chiacchierata con un’amica. Se
voglio andare da mia sorella non posso perché non posso lasciarlo da solo. Ci deve
essere sempre qualcuno. Ha un colpo di tosse… Certo… potrei andare da mio figlio a
vedere i miei nipotini. Potrei andare a farmi i capelli, potrei andare da un’amica…ma
non posso perché io penso a lui, anche quando sono via per un momento. Ho chiesto per
una degenza per qualche giorno tipo per dieci giorni, ma non lo prendono, per un mese
sì. Prima ero calma, adesso per un nonnulla scatto. Sono nervosa. I miei figli dicono che
sono cambiata. Ma è naturale per una situazione così… (F4)
Devo sempre rinunciare a tutto, magari le mie amiche vanno o da una parte, magari a
teatro, o magari capita anche di andare qui all’oratorio per stare in compagnia, una
volta la settimana si trovano in compagnia, non ho mai potuto farlo. Anche domenica
hanno fatto il pranzo poi hanno festeggiato un sacerdote nuovo che è venuto, un pranzo
per tutta la comunità, se non avessi questo impegno avrei senz’altro partecipato…invece
sempre dire di no. E gli anni vanno su, mi aveva detto una signora una mia coetanea,
cosa hai fatto a prenderla in casa. Chi sa quanti anni le ruberà, che perde…Sì è vero, sto
perdendo gli ultimi anni che potevo ancora diciamo…però per mia mamma lo faccio
volentieri (F16)
No, anche se adesso io non ho più una vita privata, prima andavo ogni tanto a teatro,
Scala, Arcimboldi, mi piaceva. Adesso p.e. da tre anni niente, va a finire che sono sempre
a casa. Far da mangiare, lavare i piatti e tutto il resto, arrivi a casa dal lavoro e devi
fare l’uomo di casa sei talmente stanca che … Devo dire che con tutto questo non ho
tempo per commiserarmi ormai… (F3)
Le ferie? Mai viste, sono due anni che non vedo niente. Ma poi, non potrei lasciarla non,
non. Come faccio? (F11)
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Sa che cosa è più che altro, cioè magari si vuol fare di più e anch’io per esempio se non
riesco durante la giornata, anche se sono stanca, io vado a fare un giro fino in fondo
della strada .. perché devo scaricarmi (F13)
E tutto ciò alla lunga ha conseguenze fisiche e psicologiche sul care giver, che finisce con l’ammalarsi e
diventare lui stesso bisognoso di cure.
Sono stanca, stanca, starei sempre buttata lì sul divano. Tutti questi anni, senza per dire
un giro per negozi. Saranno 10 anni che non faccio un giorno di vacanza. Infatti la
psichiatra mi ha detto ma lei quando è che si prende cura di sé.. Mai, mai, non c’è il
tempo (F6)
Eh, sono diminuita tanto… un po’ la depressione, un po’ perché non mi rendo conto che
lui è diventato così… E poi di notte, l’altra notte erano l’una e un quarto e mi ha detto,
perché non ha voluto più il pannolone e allora ho lasciato perdere perché faceva caldo,
però all’una e mezzo si è alzato e mi ha fatto alzare perché senza di me non ce lo fa e
invece non era vero. Ha detto che se l’era fatta addosso invece non era vero…Dopo alle
tre si è alzato per fare la pipì…tutto bagnato. Alle otto ancora…Non è che la notte lo
posso mettere lì e alla mattina guardare, no. Perché non si può entrare per l’odore, della
pipì, beve per le pastiglie, è naturale che… Si fa aiutare da me, però si offende quando
faccio qualche osservazione. Dice “ capisco che sei stufa di me, però…” A volte capisco
che lo offendo. L’altra sera c’era qui un fazzoletto (tavolino) e lui “Portalo in bagno”. E
io ho detto “adesso quando vai a fare la pipì, lo portiamo in bagno”… Insomma a volte
perdo la pazienza, dico la verità. Poi io non sono un tipo, sento gli odori, non sopporto
bene… non sono adatta a curare gli ammalati, cioè curarli sì, ma anche se è mio marito,
anche se sono sessant'anni che siamo insieme, non mi viene…, magari hai appena finito
di mangiare il latte! Mi viene una roba allo stomaco, mi si chiude. (F8)
Nonostante l’evidenza (per chi guarda e osserva da fuori) del peso della non autosufficienza, le famiglie, e in
particolare il primo care giver, sembrano accettare questo peso come naturale e faticano a dire che a loro
questo compito pesa; ma in questi colloqui emergono riflessioni che descrivono i sacrifici e le rinunce:
Da notare che io lavoro però. Sono stata operata, io ho un taglio da qui a dietro e allora
mi ha pesato. Domenica e lunedì sono io da sola con lei, però adesso si sta aggravando
troppo, per quello la mia paura è quella di non riuscire più a gestirla… Il mio medico si
è arrabbiato tantissimo, l’ultima volta e mi ha detto che devo pensare anche a me. Adesso
ho anche mia figlia che è incinta ma… Si vorrebbe magari anche un po’ gioire per questa
cosa. Infatti manca anche questo insomma…E’ una cosa bellissima e io non me la sto
godendo…la preoccupazione è sempre quella. (F11)
E’ pesante! Tant’è vero che sono andata via l’anno scorso in agosto due settimane, e lei
ha avuto un attacco di glicemia alto e ho dovuto prendere il treno e tornare a casa. E
quindi pesa anche per la mia famiglia voglio dire. Appena arrivo al lavoro le telefono,
prima di uscire dal lavoro le telefono, se c’è bisogno passo di là, e quindi…Prego sempre
il Padre eterno che mi tiene sana, perché quando non ci sono io, chi viene … Si vede che
qualcuno tiene le redini …(F12)
E’ evidente che chi è fortemente implicato nella cura può avere momenti di nervosismo e perfino pensieri
che poi si fa fatica a perdonarsi:
Però insomma è un po' una vitaccia, soprattutto perché lei quando capita magari qualche
momento di lucidità chiama la mamma, dice mamma vieni a prendermi, é una cosa
guardi…Sa un po' le gambe, ma per il resto non prende neanche una medicina … le do io
il Lexotan per la sera. Perché sono nove anni, non è un mese né due mesi, né un anno né
due, sono nove anni. Poi si sa che qui la fine, per l'amor di Dio, però quando senti tanti
giovani poverini che vanno, e questa qui, lei desidera lei, perché io la sento che chiama
Famiglie resistenti e affaticate: i volti della cura familiare
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la mamma: “Mamma, aiutami, vieni a prendermi!” Eh, il Signore non vede queste cose.
Certe volte mi capita anche di pensare perché io sono credente, vado a messa, magari
faccio anche la comunione, e arrivo a casa e magari sono anche un po' nervosa e dico
cose che non dovrei dire alla mia mamma, l’ho anche confessato, e il prete mi ha detto
“Ma è umano, signora, non è una santa!” (F16)
Se ho bisogno di un giorno che devo magari andare in un posto, o che dobbiamo andare
tutti, ho una signora che viene qua e me la guarda, la conosce e allora…C’era la prima
comunione di un mio nipote e questa signora mi ha detto vai tranquilla… è stata qua fin
che lei non si è addormentata. No, no, guardi per quello…Però, io al massimo sto via una
giornata…No, per andare in vacanza dobbiamo metterla in un ricovero, però qui noi
sappiamo che, a parte che adesso magari non capisce più come prima però se era come
prima, no….Ecco se non dovessi stare bene se fossi ammalata.. Però per adesso…Ho
tenuto sette anni…Sì, la mia vita è cambiata, cambiata, sì parecchio.. Perché adesso i
ragazzi sono cresciuti, sono autonomi, potevamo avere un po’ di spazio anche per noi
però va beh…ci si abitua anche a stare in casa…Però magari qualche volta rinunciamo
a tante cose. Adesso mi piacerebbe fare una settimana, almeno, proprio riposo, ma non
possiamo perché chi sta qui … (F2)
Per chi lavora ci sono ulteriori problemi, conseguenti alla necessità di doversi assentare spesso per occuparsi
dell’assistenza all’anziano e in particolare della ricerca di una persona che possa fargli compagnia;
nonostante la protezione della legge, in realtà, il care giver viene penalizzato sul lavoro.
La 104 garantisce al malato alla persona invalida di avere l’assistenza a casa.
Praticamente questo è un beneficio per noi parenti perché siamo esentati dai servizi
notturni, non puoi essere spostato dal posto di lavoro senza consenso, e dà il diritto tre
giorni il mese di stare a casa pagati, vengono poi scalati poi alla fine del rapporto di
lavoro, ma insomma comunque li puoi prendere. Perciò non avevo ancora la 104 perché
non è neanche facile averla, poi se ne approfittano e mi hanno spostato dal reparto
normale ad un lavoro manuale, diciamo così, proprio mobbing, perché dicono: “Questo
non si può ribellare”, e comunque patapam, patapam…Già se sei presente sempre ci
sono problemi, se poi devi anche assentarti …(F3)
6. Le soluzioni esterne esplorate dalla famiglia
Il care giver non può far fronte da solo a tutti i bisogni legati all’assistenza all’anziano, ma costruisce e poi
“coordina” un sistema di aiuti che permette, sia all’anziano sia a se stesso, di rendere vivibile la situazione.
Tab. 4: I servizi utilizzati4
Nome del servizio
Modalità di
“arrivo” al
servizio
1. Comune: Assistenza
domiciliare
Privato: Donne a ore
2. Comune: Assistenza
domiciliare
ASL: fisioterapista, letto,
materasso, carrozzina
4
Contenuti
Valutazione
Assistente sociale
igiene personale
positivo
Usufruisce ancora
del servizio (o
dell’attività
“particolare”)?
sì
Assistente sociale
per pulizie
igiene personale
molto positivo
sì
sì
fisioterapista non più
Tra i servizi abbiamo indicato, benché non sia un servizio in senso proprio, anche l’indennità di accompagnamento.
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Accompagnamento
3. Comune: Assistenza
domiciliare
Privato: Donna a
pagamento per lavori di
casa e per compagnia .
Accompagnamento
4. Comune: assistenza
domiciliare
ASL: fisioterapista, letto
5. Comune: preparazione
pasto
6. Comune: Assistenza
domiciliare
Accompagnamento
7. Comune: assistenza
domiciliare
Comune: Pasto
Comune:
Servizi trasporti
8. Comune: assistenza
domiciliare
ASL
Accompagnamento
9. ASL
Privato
Accompagnamento
10 Privato
Assistente sociale
igiene personale
positivo
sì
Assistente sociale
igiene personale
Positivo ma non
basta
domiciliare
Contributo economico
(temporaneo)
ASL
Privato: badante
12 Comune: assistenza
domiciliare
Privato: badante
Accompagnamento
13 Comune: assistenza
domiciliare
ASL: fisioterapia, letto,
pannoloni
Privato: badante
Accompagnamento
14 Comune: assistenza
domiciliare
ASL , letto, pannoloni,
fisioterapista
sì
sì
Assistente sociale
preparazione pasto
Positivo
fisioterapista non più
sì
Assistente sociale
igiene personale
Positivo
sì
Tramite vicina di
casa
igiene personale
Positivo
sì
sì
Positivo, ma
qualche
lamentela
sì
sì
Assistente sociale
igiene personale
temporaneamente pasto
Positivo
sì
badante
Aiuto assistente
sociale e di
organizzazioni di
volontariato
badante
positivo
sì
sì
sì
Assistente sociale
igiene personale
Positivo
sì
sì
Assistente sociale
igiene personale
Positivo
sì
sì
positivo
sì
sì
sì
critiche
sì
critiche
sì
sì
fisioterapista non più
Accompagnamento
11 Comune: assistenza
sì
sì
Assistente sociale
Assistente sociale
igiene personale
igiene personale
Positivo
sì
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Accompagnamento
Privato: badante
15 Privato: badante
16 ASL: carrozzina
Accompagnamento
17 Comune: servizio di
compagnia
18 Comune: pasto,
temporaneamente
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Assistente sociale
sì
sì
sì
sì
sì
servizio sospeso
Assistente sociale
sì
Nel campione undici famiglie hanno chiesto e ottenuto il Servizio di Assistenza Domiciliare che consiste
soprattutto nell’effettuazione dell’igiene personale della persona anziana. In due casi è stato chiesto il pasto a
casa.
In sei casi la famiglia ha scelto la soluzione di farsi accompagnare nel lavoro della cura da una badante,
reperita ricorrendo al privato o al privato sociale. Il ricorso ai servizi comunali di assistenza domiciliare non
esclude, talvolta, la presenza della badante.
Il ricorso all’ASL è legato soprattutto alla necessità di avere ausilii come il letto con le barriere, il materasso
antidecubito, la carrozzina o i “pannoloni” o l’esigenza di effettuare fisioterapia.
6.1 I Servizi sociali comunali
I Servizi sociali del Comune, in genere, sono conosciuti, anche se varia il modo in cui gli anziani o i loro
care giver entrano in relazione con essi. Su questo tema gli operatori intervistati hanno fatto conoscere
svariate modalità (sentito dire, mandato dalla vicina di casa etc. ) e anche difficoltà. Esiste ancora qualcuno
che si fa scrupolo a richiederli, come se non percepisse che sono, oggi, un diritto:
Non ho mai neanche pensato di venire qui perché io, meno che disturbo… Mi sento un
po' umiliata a venire, qui però la signora, l'assistente sociale, mi conosce ancora sono
passati tanti anni.. Quando l'ho sentita per questa ricerca mi ha fatto proprio piacere che
si è ricordata di me, molto. Mi ha detto guardi ho pensato a lei e io ho detto vengo
volentieri, tanto le cose che ho da dire: è la verità. Sì, io sono proprio in
imbarazzo…Certo intanto... sì, ho sentito che ci sono quelli che magari per il bagno
settimanale.. speriamo di non averne bisogno. Come le dico, vedremo come andare
avanti, perché passano gli anni anche per noi, ho 74 anni nessuno me li dà però ce li
ho…Sì, sono dovuta venire qui per avere l’accompagnamento.. ho dovuto telefonare, tre
volte ho dovuto chiamare. ..fortunatamente è venuta l’assistente sociale a casa mia
insieme alla geriatra a casa mia per vedere la situazione, poi coi fogli scritti dalla
geriatra sono poi riuscita perché se non so. (F16)
In genere, l’assistente sociale del Comune è molto apprezzata come del resto anche le ASA: viene
sottolineata positivamente anche “l’umanità” di queste figure che, con il loro atteggiamento, danno un
sostegno psicologico e morale alle famiglie prendendosi cura di chi si prende cura, oltre naturalmente ad
alleggerirle di incombenze (pesanti) legate all’igiene personale e ai lavori di casa, o, nel caso dell’assistente
sociale, al disbrigo di pratiche burocratiche: per i care giver che, come si è visto, sono spesso molto soli,
l’arrivo di una persona che conosce a fondo il loro problema, lo condivide e con cui possono parlare non può
che essere positivo.
L’assistente sociale mi ha sempre molto aiutato. Infatti mi dicevano, com’è possibile,
solo nel tuo comune, l’assistente sociale ti aiuta. Io ho sempre parlato chiaro di tutto
quello che avevo bisogno. Lei mi ha fatto avere anche il buono sociale, me l’ha portato
nella cassetta della posta, quando ho chiesto, lei mi ha sempre aiutato, adesso ho chiesto
anche un’altra donna, per favore questa settimana sono da sola mi può mandare una
persona, quando ha trovato due buchi… (F11)
Famiglie resistenti e affaticate: i volti della cura familiare
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Non sapevo come dire, però non sapevo che c’era questa cooperativa che comunque ha
quest’incarico, e che fanno queste cose, capisce, e è una cosa molto, molto buona…Sono
rimasta entusiasta per questa cosa perché appunto quando ho parlato con l’assistente
sociale e che poi mi ha illustrato quale era la situazione, appunto abbiamo anche
partecipato ad una festa che ci era arrivato da questa associazione che mi sembra si
chiami…, mi sono trovata benissimo perché c’è tutta una collaborazione, c’è tutta una
rete di personale che è organizzatissimo, cioè se tu non puoi c’è subito un'altra persona
che sostituisce, magari hai bisogno di qualcos’altro, non so per dire, che qualcuno vada
a fare la spesa, c’è la signora che ti porta a fare la spesa, quando magari hai bisogno di
andare dal medico c’è la signora che ti porta, è una cosa che a parere mio, tutti i comuni
dovrebbero avere.. dovrebbero avere tutti una organizzazione così.. Vuoi perché forse
nel nostro Comune si è attivato molto, ed è riuscito a fare questa cosa che per me è
ottima. Perché come ho detto il personale è molto preparato, è personale che si dedica,
lo vedi proprio.. Sì, si vede se una lo fa con un po’ di cuore.. anche l’atteggiamento verso
l’anziano. Cioè da settembre ad ora ho avuto modo di vedere. C’è una persona che lei è
quella fissa, però chiaramente quando non può c’è chi la sostituisce, però guardi, io ho
visto altre tre e devo dire che sono brave e carine tutte. Dopo chiaro dipende anche
dell’anziano, c’è quello che è più esigente.. io fortunatamente ho due genitori che si
prestano molto, e si accontentano di tutto…i miei genitori con questa soluzione si trovano
benissimo.
(F5)
Sì, i servizi sociali che più che altro insomma sono molto buoni.. Veramente… nei paesi
attorno non ce n’è come loro.. Vengono tutti i giorni, sì sì, la lavano tutta, la
cambiano…Insomma tutte le mattine ci mettono una mezz’oretta… Mezz’ora, anche
un’ora dipende da quello che devono fare .. aiutarmi a fare il bagno, lavare i
capelli…No, no, sono molto contenta. E’ un servizio che se non ci fosse più io sarei un
po’ in difficoltà… Perché, infatti, il sabato e la domenica, capisco che è diverso, perché
mi sono ormai organizzata con loro…Poi tirano su il malato anche d’umore, sono molto
contenta... Fra l’altro sono delle ragazze che molto gentili, specialmente con gli
ammalati. Magari tante volte l’ammalato è anche un po’ giù di morale, sono tre ragazze
veramente… Prima tante volte magari le lavavo i capelli io ma… in poltrona riuscivo ma
a letto, poi mi hanno detto che me l’avrebbero fatto loro. Io ringrazio sempre perché
insomma ..io trovo buonissimo questo servizio. (F2)
Per fare il lavaggio completo. Sì, perché quando la mamma è stato operata ho parlato io
con l’assistente sociale, andando su per le carte, per fare capire la situazione, sono
venuti a casa, per venire poi a lavare perché i primi tempi seguivano anche lei…Perché
lei doveva tenere il busto. Si, adesso vengono solo due giorni alla settimana e ho detto
per adesso è sufficiente, ma se dovesse esserci bisogno. Sa, loro sanno come muoverlo.
Perché ha anche il femore rotto e non possiamo…poi loro hanno anche i modi, hanno un
bel modo di fare…: “Allora S. come va?”. (F13)
Poi una volta la settimana viene una donna a lavarlo … E’ bravissima, proprio una
bravissima ragazza .. però più di tanto non può fare perciò praticamente. Difatti devo
dire l’assistente sociale è stata una piacevolissima sorpresa. Io sono di un paese vicino e
qui sono tutti un po’, tra i preti tra i dottori, tra l’ospedale, sono un po’ scorbutici, venire
qua è stato quasi uno shock, ma l’assistente sociale è bravissima ….anche se non ti può
dare tutto ma ti dà anche un po’ di conforto morale e serve anche quello. Quando sono
stato da lei l’anno scorso in luglio, le avrò fatto una testa così e le ho raccontato tutta la
mia storia, è stata proprio brava, mi ha ascoltato, però poverina non è che mi poteva
dare, a parte questa ragazza che viene a fare il bagno al papà. Però io vedo che se posso
fare un suggerimento, in altri paesi attorno che la gente fa la spesa, mandano gente che
aiuta anche in casa. (F3)
Famiglie resistenti e affaticate: i volti della cura familiare
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Nei casi più gravi, per quanto l’aiuto possa essere apprezzato, rimane la consapevolezza del care giver, ma
anche degli operatori, che il servizio è solo una goccia nel mare:
Sì, questo è l’aiuto del comune. Poi sono andata di nuovo dalla dottoressa e mi ha detto:
“Signora, visto considerato che suo marito non si muove possono venire tutti i giorni. Più
di questo non possiamo fare”. Il servizio è quello. Sì, poverina, di più non poteva fare. E
così arrivano 5 giorni alla settimana e basta.. questo è l’aiuto…Alla mattina quando
vengono (le ASA) lo trovano bene…perché è ben curato. Sempre pulito, mai una
piaghetta e sono tre anni che porta il pannolone (F4)
Naturalmente qualcuno muove anche delle critiche, alla “sostanza” della prestazione o alla adeguatezza
rispetto alle abitudini degli anziani stessi e alla organizzazione della vita familiare:
Ecco, per il mangiare volevo dire, lo portano con le gavette, alle volte è mangiabile. In
un piccolo spazio sta il pane e la frutta tutto assieme. Quando poi c’è la minestra i
ragazzi la rovesciano e il pane e la frutta si bagnano. Però vede, a parlare, non
reclamare, nel senso farglielo sapere. (vuole che l’intervistatrice faccia qualcosa per
questo problema). Ti vengono a rinfacciare tutto quello che fanno. Con me per esempio
l’anno scorso prima di andare in ospedale mi mandavano una donna che quella puliva,
puliva bene, ero contento. Quando sono venuto a casa non me l’hanno mandato più. Mi
hanno mandato un’altra. Niente. 15 giorni fa le ho chiesto perché, poi già mi hanno detto
che lunedì viene un'altra e che quindi devo dire io cosa deve fare le prime volte. Perché
quella solita che viene dal Comune ogni tanto si assenta. Insomma, ho parlato così e ho
detto: “Ma perché non mi manda la signora di prima”… e questa mi ha risposto: ”le
faccio già questo, le faccio già quell’altro, faccio già quello…” Quindi toglie un po’ di
quella dignità. (F7)
Sono brave, per quello sì, anche se i primi tempi sono stati un po’, magari dicevano un
orario poi lo spostavano, allora io ho detto “Guardi, io ho a che fare con delle persone
anziane che hanno i loro ritmi e i loro tempi. Se voi mi assicurate che alla mattina, ad
una certa ora venite a fare il bagno mi sta bene…”. Per lui non c’è problema perché
anche se vengono alle dieci e mezza, lui capisce. Se per mia mamma arrivano alle 10 e
mezza, che è già vestita ti dice di non … Allora niente, adesso invece rispettano gli orari.
Poi le prime volte magari non arrivavano, non ti avvisavano, invece adesso sono
puntuali. Anche perché prima magari arrivavano a mezzogiorno e giustamente la
badante diceva io a mezzogiorno le do da mangiare…Loro non possono mangiare
all’una…Il problema è che loro sono abituati per tutta la vita a mangiare a
mezzogiorno…. Io ho detto, se voi venite a mezzogiorno lasciate stare.. dopo invece da
marzo in poi, due volte la settimana aiutano loro a fare il bagno e la badante, al limite se
qualche volta quando sono qui loro lei deve uscire un attimo, fanno un’ora giovedì,
un’ora venerdì. (F14)
6.2 L’ASL
I servizi sociali comunali, pure con i loro limiti, sono in ogni caso sentiti come presenti dalle famiglie. Non
risolvono tutti i problemi, di certo la famiglia rimane la prima risorsa nella cura, ma le famiglie sanno di
avere un interlocutore con cui poter parlare dei propri problemi e da cui ottenere qualche risposta.
Meno facile il rapporto con l’ASL, a cui non tutti gli intervistati sembrano sapere di doversi rivolgere (e con
modalità “rigide”) per la richiesta di ausilii5, per cure fisioterapiche (di breve durata) e per il riconoscimento
dell’invalidità indispensabile per ottenere l’indennità di accompagnamento.
5
Ha dell’incredibile la storia della persona intervistata (di 74 anni che cura la madre di 99 anni) che ha fatto richiesta
di un letto con le barriere; la richiesta è stata respinta e l’intervistata non riesce a capire il perché:
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Perché noi, con le condizioni in cui è, p.e. anche in camera, le traverse non sono
abbastanza, il letto non ce l’hanno dato. Perché non è completamente allettato allora non
può avere il letto. Però ha già le piaghe da decubito. Sono tante piccole cose…(F13)
In alcuni casi c’è stato o è tuttora in corso il servizio di fisioterapia generalmente giudicato positivamente,
perché appunto, implica il contatto diretto con l’anziano e la sua famiglia. Non sempre è chiaro alle famiglie
però il criterio con cui il servizio viene erogato o tolto.
Non volevano più darmi la fisioterapista perché hanno detto che ormai sono tanti mesi e
il ciclo è finito. Il mio medico ha detto che non la darà più. Va beh, non la danno più,
però darmi una mano a portarla fuori fa, allora per un mese me la danno ancora ma
dopo basta. (F11)
E’ vissuta in modo problematico da parte delle famiglie anche la richiesta dell’assegno di accompagnamento.
Seguire la burocrazia e capire le differenze terminologiche, programmare le visite mediche necessarie chiede
un impegno anche “psicologico” che talvolta i care giver (avanti con l’età) non sono in grado di sostenere:
Adesso volevo andare a vedere per la domanda per l’accompagnamento.
L’aggravamento… (assistente sociale)
Per l’aggravamento devo andare dalla neurologa.
Sì, perché lui l’invalidità ce l’ha già però non sanno dei cambiamenti (assistente sociale)
Lui, l’invalidità ce l’ha al 100 %, però (guarda fra le carte) non mi hanno dato il ticket.
Non hanno dato l’assegno d’accompagnamento. Cerco una carta che dice che c’è il 100
% ma non il diritto all’accompagnamento. Questo verbale qua, ha fatto la visita a
settembre del 2004.
Sono passati due anni perciò l’aggravamento lo possiamo fare, se lo vuole fare signora,
deve prima fare le visite (assistente sociale)
Le visite, non riesco a prendere appuntamento con la neurologa perché volevo
telefonarle se …
Comunque quando riesce a fare le visite che le ha in mano lei, i fogli e i certificati
medici, dopo me lo dice che la faccio io la pratica (assistente sociale) (F8)
Io ho fatto la richiesta della invalidità e anche dell’accompagnamento, perché è un
nostro diritto. Nel momento in cui, se ci fosse il riconoscimento, potrei farle anche
detrarre dalle imposte quello che pago per la badante almeno un certo limite, e quindi
“ho richiesto il letto con le barriere però non me l’hanno voluto dare perché ho la carrozzina. Allora per riavere il
letto dovrei restituire la carrozzina. Sì quelli di Garbagnate, è venuta anche una signora a casa nostra e mi ha detto mi
dispiace proprio: hanno messo questa legge qui “o un letto o una carrozzina”.
Ma alla mamma la carrozzina serve perché non è sempre a letto appunto stavo dicendo, a mezzo giorno la metto in
carrozzina così sta al tavolo e le do da mangiare. Insomma la carrozzina mi serve perché poi qualche volta la porto
anche fuori, anche se è fuori di testa………. Allora da una parte del letto c'è il muro e all’altra parte ci metto sempre
qualcosa davanti perché mi viene sempre un po' di paura perché nei primi tempi era abbastanza… si muoveva, cercava
di uscire dal letto. Adesso di meno perché è andata un po' giù adesso, è un po’ che non mi fa questo scherzo qui però
l'ha fatto diverse volte, allora mettevo un tavolo solo per prevenzione.. Però l'ho presa molto male che non mi hanno
dato il letto perché insomma. Se insomma un domani sta a letto anche per dare da mangiare, mi servirebbe…La
riferisce anche lei all’assistente sociale che magari lei … Tant’è vero che mio figlio voleva comperare un letto così, ma
io ho detto dopo cosa ne facciamo, poi dovrebbe esserci il diritto……io non ho mai cercato niente. Anche perché sarei
più facilitata anche per fare il letto, perché avendolo contro il muro, devo sempre ………(gesto) Soprattutto i primi
tempi, non potevo, perché quello lì è il modo più sbagliato per una che ha avuto una ernia al disco. Poi un letto che si
può anche alzare. Se mi capita che dovesse fermarsi a letto, come faccio a darle da mangiare, deve esserci uno a
tenerla e l’altra da mangiare, in più anche cambiarla… perché noi per cambiarla la portiamo in bagno, in carrozzina,
poi tra la lavatrice io ho messo un cuscino, foderato in modo che lei appoggia e non si fa male, e la cambiamo così e
dopo la mettiamo sul bidet, facciamo così a lavarla giornalmente, 4 volte al giorno, poi quando le facciamo il bagno
prendiamo il seggiolino della vasca, l’aveva già comperato lei, mettiamo questa seggiolina sulla vasca, mio fratello è
abbastanza… la prende la mette sul seggiolino e con la doccia, io la lavo e lui la bagna, da capo a piedi. Poi le dico,
come sei bella pulita, come stai bene (F16)
Famiglie resistenti e affaticate: i volti della cura familiare
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sarebbe un vantaggio. Speriamo! I tempi sono lunghi però, e è difficile superare queste
visite, perché. Poi la mia mamma s’è messa tutta vestita elegante vestito blu classico,
collana di lapislazzuli che le avevamo regalato noi, dal parrucchiere.. perché lei ha la
parrucchiera che va una volta alla settimana in casa, avere la testa in ordine è
importantissimo... e quindi non lo so; invece c’erano quelle che andavano in ciabatte...
Hanno, secondo me, in quel momento della visita, come un sesto senso, quello di non far
brutte figure. Mia mamma che si è messa al meglio per non fare brutta figura! E non
vuole la carrozzina per non far brutta figura. (F9)
Mia mamma ce l’aveva già l’accompagnamento, ce l’aveva già da due, tre anni perché
poi … Veramente noi eravamo in cura da un certo dott. L, che è molto rinomato che
adesso lavora lì alla casa di riposo e la mamma era in cura al Sacco da una neurologo e
un cardiologo e lì si è trovato questo geriatra che è bravissimo, allora siamo andati
privatamente da lui. E allora lui aveva detto: ma perché non fate la domanda
d’accompagnamento. Poi al primo momento che l’abbiamo fatta la domanda a mia
mamma l’hanno scartata … quindi dopo mi hanno suggerito di andare in via Dogana,
sono andata a fare ricorso …Non gliel’hanno concesso perché lei camminava
normalmente e loro hanno detto siccome cammina ……Però mia mamma veramente se
non le dicevi lavati, non si lavava. E poi invece una signora dove lavoro, anzi dove abito
io mi ha detto: “Ma signora lasci passare 6 mesi, non faccia ricorsi, non vada da
nessuna parte. Aspetti 6 mesi poi ripresentate la domanda, e, infatti, mia mamma ha
camminato come prima, ha parlato come prima e gliene hanno data. Ma io dico, io sono
andata due volte, ti fanno tre domande. Ma io dico, hai tutta una documentazione clinica,
non venirmi a dire che mia mamma cammina. Mia mamma cammina ma non sa neanche
dov’è. E’ più grave che non uno che non cammina… E dopo un anno che l’abbiamo fatto
per mia mamma l’abbiamo fatto anche per mio papà, cartelle cliniche, lui è andato lì e
l’hanno concesso subito. Va beh, dopo passa del tempo però pagano anche gli arretrati
… (F14)
Abbiamo fatto all’Asl la richiesta di invalidità e ha fatto la visita a maggio e non so
ancora niente. Sono molto... non so, se uno non va lì in barella … (F8)
Abbiamo fatto la domanda adesso per l’invalidità, però ha fatto la visita e fra un tre
quattro mesi dovremo avere una risposta…E anche per quanto riguarda il Comune,
finche non si ha l’attestato, il verbale, il Comune non rilascia il buono sociale. Non
abbiamo ancora in mano il verbale perché le carte sono ancora a Milano, stanno
restituendo adesso febbraio e marzo, lui la visita l’ha fatta fine aprile per cui magari per
un mese, qualche giorno possiamo fare chiedere questi 6 mesi sperando che il Comune
ce lì dà… Per esempio, anche per l’accompagnamento abbiamo chiesto un’ambulanza
per portarlo giù per la visita. Perché loro arrivano ma tre mesi dopo…Ma io dico
accidenti, ma un ammalato … praticamente, sono andata io con l’ambulanza,
praticamente l’abbiamo portato dentro. Al malato le domande non le possono fare…Poi
mi hanno detto, ma “Signora è proprio in questi condizioni?” Ma è possibile che si è
dovuto fare in questo modo, in ambulanza, con le buche che si lamentava ma io dico, non
mi potete dire portamelo giù. (F13)
Qualche lamentela viene fatta presente per il mancato rimborso delle spese per le medicine, per le lunghe
attese nella sala d’aspetto della ASL, per la mancanza di informazione su quali sono i servizi, la burocrazia
che potrebbe essere alleggerita dato che “Ora siamo nell’era del computer”.
Intanto che andavo per fare il libretto per il 104, il libretto per prendere le medicine
gratuite così e anche i pannoloni, ci sono alcuni che fanno dei piani visite e che passano
almeno una volta al mese. Però sono sempre strapiene. E gli altri dottori sono tutti
occupati…(F3)
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Io non ho mai chiesto niente, ho sempre pagato tutto., senza andare mai dire è tanto o
poco, ma stavolta … almeno. Ma perché, noi abbiamo fatto domanda in Comune,
perché non esiste un foglio con scritto:” Potete ritirare i pannoloni alla ASL” . Perché li
passano, abbiamo potuto scegliere il modello dopo tre ore di coda . E perché non escono
per vedere il malato. (F13)
Poi l’oculista, vado in farmacia, lascio lì 50 euro, 48 e 75, ho speso di cui 7/ 8 con il
ticket e il resto non è mutuabile, però io vado lì ogni 15 giorni…Va beh, adesso speriamo
che arrivi l’invalidità, però abbiamo fatto fatica a ingranare, a veder come funziona… So
che è difficile organizzare tutto, però ci è capitato dover andare giù solo per consegnare
un documento…Ora siamo nell’era dei computer… In farmacia dobbiamo andare ogni
due mesi per consegnare un foglio perché dopo così loro ordinano.. ma dico, ora lo sai:
tienilo nel computer e automaticamente. Se una persona purtroppo viene a mancare
invece no, dobbiamo andare giù, sono piccole cose però… Adesso hanno fatto questi
tesserini che dovrebbero funzionare ma usateli…Lui avrà sempre bisogno di più …Siamo
andati lì per consegnare un foglio: “Sì va bene, vi chiamiamo noi”. Cioè noi ci siamo
mossi, buttate via due ore …per consegnare un foglio. Già hai i tuoi problemi, poi te li
creano degli altri… Sono cose che potrebbero velocizzare… Sono i servizi che ti devono
dire come funzionano le cose. Anche perché ha lavorato tanti anni, ha pagato i
contributi, credo sia anche un po’ un diritto adesso…E noi siamo anche fortunati perché
i servizi sociali del Comune funzionano, anche l’assistente sociale ma la ASL di
Garbagnate… L’altra volta non c’era neanche una sedia negli uffici, poi c’è gente
anziana… (F13)
Una persona intervistata vorrebbe che suo marito potesse andare ad un Centro diurno almeno 2 giorni la
settimana, ma questo risulta troppo costoso per la famiglia:
“Ho l’assegno d’accompagnamento, sì, senz’altro, ci mancherebbe. Ma non bastano per
prendere le medicine che non passa la mutua. Poi se devo andare all’ospedale, se è un
pronto soccorso subito, viene ma devo pagare. Poi ho chiesto almeno un giorno o due
giorni alla settimana che venga portato in un centro diurno e mi hanno chiesto 50 euro
al giorno e quindi… Mi hanno dato un materasso a gennaio quando è stato ricoverato, il
medico ha fatto la richiesta. Il materasso, il letto che si può alzare e abbassare. Il
materasso, come una spugna per evitare il decubito.” (F4)
In alcune interviste, la figura del medico di base è stata indicata quale intermediario fra i bisogni delle
famiglie e i servizi disponibili; ma è stato anche sottolineato quanto i medici di base siano lontani dalla
possibilità o dalla volontà di assumere questo ruolo (salvo encomiabili eccezioni).
Un’altra cosa che ho da dire sono i medici della mutua, non so se c’entrano qui.
I primi medici che abbiamo avuto erano bravissimi, negli anni settanta, ottanta la gente
era diversa, facevano tutto, venivano a casa senza problemi, adesso invece sono
più….professionisti a pagamento…insomma. L’ultima volta siamo stati un po’ ai ferri
corti perché il papà era caduto, era caduto in bagno, ciò io ero in casa però non è che
posso stare sempre addosso a lui .. è scivolato, si è fatto un livido sul sedere, ho chiesto:
Signora può venire a vederlo. Tanto bisogna telefonare alla segretaria alle nove del
mattino perché lei fa il medico della mutua, la dermatologa, fa tantissime altre cose. E lei
dice … Mio padre ha 90 anni, non è che sono obbligati a venire però … lui si lamentava
e alle otto di sera siamo andati al pronto soccorso per vedere se c’era qualcosa, e lei sa
benissimo, non è che al pronto soccorso fanno subito, alle dieci siamo tornati a casa,
stressatissimi, e così. Se lei veniva, si evitava …Vorrei dire mettici dei dottori, anche
giovani neolaureati, tanto se c’è qualcosa da fare si va dallo specialista, ma che siano
disposti, più disponibili di venire presso le famiglie perché questo è un problema. Però il
medico di famiglia deve essere più medico di famiglia. E’ questo che chiedo … (F3)
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Il medico di base non esiste! Noi avevamo un buon medico di base ma mia mamma ha
voluto cambiarlo perché dice che era lontano e noi lo volevamo vicino a casa per poter
andare lei senza che io la dovessi accompagnare, però, non sa niente. Gli ho dato tutte
le cartelle cliniche, ma credo che non le abbia neanche lette! Infatti lo vorrei cambiare
ma chi? Mia mamma poi dice che va bene e quindi.. Abbiamo la fortuna che il cardiologo
è un amico di mia sorella; il neurologo è un conoscente, quindi sopperiamo così. Poi io
la faccio visitare anche da un geriatra mio amico giusto per avere un’altra visione,
diciamo una visione globale. (F9)
Ogni tanto arriva il medico di controllo, è molto bravo, si informa (ASL). Anche il
medico di base, poverino, non è che può fare molto, ma almeno c’è come sostegno. (F4)
Il mio medico di base viene tutte le settimane Mi misura la pressione e per i
medicinali…Sono un mucchio, forse 9 o 10. Un po’ per il cuore, un po’ per la prostata,
un po’ non so. Quello che mi dà il dottore lo prendo. (F7)
Però almeno se vado lì e dico, guardi la mamma…quando la chiamo viene. Perché da
altre parti magari non vengono neanche. Oppure adesso che ho bisogno io, l’altro giorno
ho detto guardi non riesco a farla dormire, mi ha dato delle gocce…Conosce la mamma.
Infatti l’altro giorno avevo i fogli da compilare per la casa di riposo... mi ha detto hai
fatto troppo, hai tenuto duro fin troppo. (F6)
6.3 Le Case di riposo (o Residenze Sanitarie-Assistenziali)
Come si è visto in più occasioni, i care giver si trovano in situazioni pesanti e di sacrificio che talvolta hanno
livelli davvero alti, ma non prendono in considerazione, se non quando sono allo stremo delle forze, l’ipotesi
di “separarsi” dai loro cari, utilizzando anche solo per brevi periodi le case di riposo6.
In un solo caso la domanda per il ricovero è avviata, in un altro caso si prevede il ricovero di sollievo per un
mese, in un terzo si è pensato a un ricovero di sollievo, ma poi si è rinunciato. Da notare che in questi tre casi
sono coinvolte 3 anziane affette dal morbo di Alzheimer, non auto-sufficienti: le prime due da 10 anni e la
terza da 6 anni.
Sono altre persone, in qualche caso il medico di base, che costringono care giver particolarmente provati da
una assistenza lunga e faticosa e magari avanti con l’età a decidere di fare domanda per il ricovero, per
salvaguardare la propria salute fisica e mentale.
Adesso c'è la mia dottoressa che mi ha detto: “Lei assolutamente quest'anno deve andare
in ferie, deve staccare un attimo la spina perché sennò non va a finire, sempre diversi
disturbi, una volta una cosa poi un'altra, infatti è vero……però anch'io avrei bisogno del
mio riposo…. E allora abbiamo pensato insieme, quest'anno insieme che la metto per un
mese qui alla casa di riposo, vediamo un po’ perché le possibilità sono quelle che sono.
Abbiamo fatto la domanda, e probabilmente sì. Ma non è subito andiamo a settembre.
Poi la metto per un mese in una casa di riposo; è perché non ci sta con la testa
altrimenti non l’avrei mai fatto. (F16)
6
Fa eccezione solo un care giver che non ha un buon rapporto con l’anziano padre e ha già fatto anche una verifica
economica della praticabilità della soluzione: “Il mio stipendio è mille euro al mese e mio papà prende più di me, fra la
sua di pensione e la reversibilità di mia madre e l’accompagnamento …. Io per fortuna non ho problemi per il
momento. Se dovesse accadere che deve essere ricoverato bisognerebbe toccare i nostri risparmi però …. Se si dovesse
arrivare a tanto…. L’assistente sociale mi ha detto che ti lasciano 3000 euro per il funerale.. quando io ho chiesto cosa
potevano offrire loro . Io ho visto mia madre che era una donna forte energica deperire giorno per giorno e ho detto
qui mi devo informare… Beh il ricovero per due persone è impossibile ma per una ce la facciamo…. (F3)
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Io adesso ho fatto la domanda per la casa di riposo: non ce la faccio più. Io avevo già
trovato la casa di riposo tre anni fa, ma ho rifiutato.. s’immagini, non me la sentivo. La
mia intenzione non era di portarla via; adesso mi hanno detto che devo aspettare 3/4
mesi, mi viene l’angoscia. Sì, io mi sono ammalata. Mi sono anche fatta curare. Mi ha
aiutato molto questa psichiatra. Mi ha detto: Signora, guardi decida, perché o lei o sua
mamma. Mi ha proprio aiutato a prendere questa decisione. Se non fosse, io non sarei
stata capace di prendere questa decisione. (F6)
Veramente capisco, anch’io vado avanti così… do i numeri, eh sì, reagisci in una
maniera anche cattiva perché… Io capisco che avrei bisogno di uscire, capisco, ma non
ce la faccio a lasciarla…Fossi sicura che qui ci sono due persone, ecco ci sono i ricoveri
di aiuto… e io ho pensato di portarla…l’anno scorso che vedevo che entravano in
ricovero d’aiuto. Però io dico dovrei andare lì tutti giorni… e allora cosa risolvo. Tanto
quello che devo fare lo faccio a casa, ho qui anche l’ossigeno, ieri sera ne aveva bisogno,
ogni tanto non respira bene, ha un’insufficienza respiratoria… pneumologia, ne ha, ne
ha tantissime cose. Poi non me la sento, io ci penso, con i miei tempi e dico no, non la
voglio portare. Perché devo portarla in un ricovero di aiuto e io me ne devo andare al
mare, quando torno trovo la stessa cosa. E allora mi è di aiuto, sa che cosa, il mio posto
di lavoro… Quello è un aiuto perché vado via al mattino e poi torno alla sera, fa niente
se poi quando torno. (F11)
Nella maggior parte dei casi, la casa di riposo è considerata davvero l’ultima scelta, anche per rispetto nei
confronti delle volontà dell’anziano assistito.
Infatti i miei figli dicono: mamma, ma perché lo tieni a casa? Perché fino a quando ci
sarò io e avrò la forza e mia figlia mi aiuta, mio marito non va fuori casa. Lo sa perché?
Mio marito non dice niente, penso che non capisca niente, ma forse qualcosa capisce.. di
sera mi sente camminare e già lui gira gli occhi, mi vede nel letto e già lui sorride perché
riconosce il mio viso. Se io lo portassi in un istituto…non riconoscerebbe più
nessuno…Morirebbe prima del suo tempo. Lui è coccolato qui…(F4)
Io il ricovero, anzi lei mi dice tante volte, io spero di non andare al ricovero, spero di
chiudere gli occhi nel mio letto, tanto quello che mi rimane, preferisco stare qua. (F12)
Poi al ricovero ci sembrava un po’ anche perché lei al momento non l’avrebbe accettato
e ho detto va beh.. vediamo . Poi ogni anno ne passa uno…(F2)
Lui piange… Piange e non ho il coraggio. (F8)
6.4 La badante
Nel novero dei “servizi” per anziani non autosufficienti, può essere considerata la figura della badante: nel
campione sono presenti sei famiglie che hanno optato per questa soluzione, senza escludere, peraltro,
l’utilizzo di altri servizi.
Le vie che fanno incontrare le famiglie che hanno il bisogno e le badanti sono diverse: oltre a organizzazioni
di privato sociale come la Caritas e le Acli e alle parrocchie, molto efficaci sono il passaparola e le
conoscenze tra i care giver e le reti di amicizia (rigorosamente “etniche”) tra le badanti.
Noi avevamo già una donna per seguire mia mamma, perché lui, avendo anche lui una
certa età, la poteva seguire nel senso la poteva vedere ma…Poi questa signora è tornata
al suo paese, e adesso abbiamo trovato M.. L’abbiamo trovata attraverso voci,
conoscenze. E’ bravissima. Poi lei il sabato e la domenica va via e c’è sempre una sua
amica che viene qui. (F14)
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I compiti che le famiglie assegnano alla badante7 vanno dalla “semplice” compagnia (che significa, spesso,
reggere continuativamente la presenza di persone con cui non è possibile alcuna relazione gratificante), alla
gestione del quotidiano (preparazione dei pasti, igiene personale), all’assistenza; la presenza della badante, in
ogni caso, non libera il primo care giver dalle sue responsabilità nei confronti dell’anziano e aggiunge
responsabilità, in quanto la badante va istruita e seguita. Si tratta, comunque, di persone che vengono da una
cultura diversa e non sempre è possibile integrare positivamente questa differenza culturale nella vita
familiare.
Nonostante i problemi che si possono verificare, la presenza della badante, in ogni caso, una volta definito
cosa ci si aspetta da lei, può essere una grande risorsa nella gestione quotidiana e, soprattutto, dà tranquillità:
permette, perfino, di mantenere o recuperare tempo e spazio (mentale) per sé.
Ho dovuto prendere per forza una badante che, trovata tramite una vicina di casa che
anche lei aveva una badante e allora è stato un passaparola. Mi trovo, insomma,
abbastanza bene…è di origine ucraina. Io l’aiuto molto perché io vado tutti i giorni. Poi
le porto da mangiare, quindi un po’ di sapori nostri perché loro cucinano in un altro
modo. Poi sa, parlando non bene l’italiano…
Diciamo che si tira avanti perché c’è un grosso supporto da parte mia.
Sì, è una presenza per dire, ecco per esempio porto tutti i giorni la verdura, lei la scalda
e gliene dà…. e magari lei controlla la pressione e la sera la guardo io e poi c’è da
lavare perché essendo allettata. Quando si scarica va lavata, è proprio allettata. Ancora
nel 2002 faceva letto e poltrona, riusciva a scendere, aveva la poltrona grande. Adesso
no, no, no, purtroppo no. Sono tre anni che è così. La badante ha 60 …..non è giovane ha
66 o 67 anni…Ha una certa età però è abbastanza in gamba. Fra di loro si parlano
abbastanza.
La signora mi ha detto che è vedova, ha un figlio che lavora in Germania e una figlia
che è andata in America…Adesso vediamo finché vuole stare…Anche perché in questa
casa c’è il minimo indispensabile, quindi non è che c’è da fare tanti mestieri…Con la
mamma non è che c’è da fare queste grandi cose nel senso che c’è la lavatrice, non è che
c’è da stirare... cosa vuoi, cambi la canottiera, la camicia da notte, le lenzuola quindi.
(F12)
Naturalmente i rapporti fra badante e famiglia non sempre sono sereni e può succedere che o per motivi di
incompatibilità (con l’anziano o con il care giver) o per scelta della badante il rapporto si interrompa e
diventi necessario trovare una nuova soluzione. Questo andare e venire, come anche i problemi di
compatibilità sono illustrati molto bene nei due episodi che seguono:
Io fino all’anno scorso lavoravo e mia sorella anche, a turno facevamo il giorno e la
notte, poi abbiamo preso una donna solo di giorno e poi anche la notte, una peruviana,
che aveva il permesso di soggiorno, tutto in regola perché io non volevo avere problemi,
ecco. Soltanto che non sono andate d’accordo due estranee, un carattere molto forte, lei,
questa peruviana, abituata con l’Alzheimer, abituata a fare quello che voleva. Mia
mamma invece di testa è molto presente e poi, non solo è molto presente, ma è un
“generale”! Allora l’abbiamo licenziata e ne abbiamo presa un’altra, una ucraina, molto
dura, bravissima, efficiente, però troppo, troppo dura. Comunque l’avevamo tenuta,.
7
Un care giver chiama badante la donna straniera che viene alcune ore al giorno a fare compagnia al padre e a fare
qualche lavoro domestico: “Io a questa badante ho dovuto fare avere i documenti, clandestina, io non ho potuto
regolarizzare il rapporto di lavoro, adesso lei mi ha spiazzato, per due mesi va in Ucraina, in ferie e io ho dovuto
tramite l’Acli che è un'altra agenzia, più seria cercare un'altra badante. Sperando di trovarmi bene però adesso siamo
un po’ scettici su queste cose, perché… Io di questa signora che avevo non posso lamentarmi troppo perché quando
vuole fa tutto in casa però c’è il problema che è clandestina, quindi lei quest’inverno mi avevo messo in croce perché
voleva fare le quote di soggiorno, però la signora non lo può fare con me, lo deve fare con la famiglia dove lei sta di
notte, sta 15 ore da loro, quindi non posso essere io … Io posso dire le ore che fa da me … E’ dell’Ucraina.. E’ una
signora di una certa età, piuttosto robusta …Questa che viene adesso è una ragazza di trent’anni, piccolina ….
speriamo che ce la faccia, le referenze sono ottime. E’ Ecuadoriana, ha il permesso di soggiorno, la Acli ha fatto tutte
le pratiche, il contratto” (F3)
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Questa poi ha deciso di vivere col figlio e quindi. Adesso, da settembre ha una moldava
che sembra che vada bene. Nel frattempo la mia mamma si è abituata. Non è facile
abituarsi a un’altra persona. Cioè, non è assolutamente facile, bisogna capire che è
qualcuno che invade la loro privacy e loro li vedono anche come qualcuno che dilapida il
patrimonio, perché se lei pensa che mia mamma prende mille euro al mese di pensione.
Poi c’è tutto il resto; c’è il mangiare, le bollette.. è chiaro che non può farcela con la
pensione, no? Perciò per mia mamma: dilapida il patrimonio! D’altronde mia sorella
lavora dalle nove alle nove e abita verso C., io sono a casa dal lavoro da giugno e
infatti da mia mamma vado tutti i giorni, però l’idea di stare con lei ventiquattro ore su
ventiquattro non me la sento, dico la verità. Sì, perché vanno seguite le badanti hanno
bisogno di sentirsi appoggiate. Anche la nostra Caritas ha il centro d’ascolto, vengono a
chiederci lavoro o chiederci la badante. Io vedo che chi non le segue capita di tutto in
quelle case: se ne approfittano un po’... Io non dico tutte, però un buon numero se ne
approfitta. Se io vado al parchetto con mia mamma e la badante, mia mamma in mezzo
perché ripeto non è autonoma, quindi sottobraccio, così non usa la carrozzina perché lei
si vergogna, e andiamo al parchetto che è a cento metri. Mia mamma più di cento metri
non può fare, lì ce ne sono tante che invece, sono quattro o cinque che stanno lì a
chiacchierare fino alle cinque, vuol dire che fanno la pausa più lunga!
Conosce, credo tutte le moldave e ucraine e russe. Tutte, sono tutte uguali, sono sempre
senza soldi perché li mandano a casa, e certo che dopo sono senza soldi e quindi...
chiedono l’anticipo sul mese dopo! Oppure: ah, mi piacerebbe. quando va, me lo prende?
Sì, poi, non ho soldi! E va bene. (F9)
Mia sorella ha novant'anni e non è autosufficiente e ha questa badante, è già tre anni
che ha la badante. La signora (l'assistente sociale) mi ha dato un nome di una che a sua
volta le era morta la padrona. Mi hanno detto dove era appoggiata questa signora, ho
ancora tutti i biglietti con i nomi e i numeri, allora io telefono e mi dice “Guardi, io mi
trovo bene, se vuole le do un nome”, ma la signora mi dice, “No guardi, sono qui da
due anni, sto bene qua”. Però è arrivata una della Ucraina e posso assicurare che è
molto brava, è una mia vicina di casa, se vuole…Allora ho portato questa signora da mia
sorella che era in ospedale, intanto si sono presentate. E difatti mia sorella ha detto sì
sembra che può andare. È rimasta con lei tre anni. Senonché a casa sono successe delle
malattie e è dovuta purtroppo tornare a casa. Ma è stata lei a procurarsi una nipote, una
parente e me l’ha messa lì. (Forse quella di prima aveva 46 anni e questa ne aveva 32.
Era forse troppo giovane per una donna di novant'anni, sebbene la testa è lucida. Il terzo
giorno mi ha telefonato la figlia che è a Milano, e mi dice, insomma mia mamma non si
trova col mangiare, non vorrebbe mangiare la pastasciutta. Io ho detto ma faccia quello
che vuole. Ma forse non voleva stare lì, un po' di scuse. Sta di fatto che dopo due giorni
va via o santo cielo. Allora ho telefonato alla terza… Ultima della lista che aveva dato la
segretaria del parroco. Sì, l'ultima e questa mi ha detto posso venire subito il giorno
dopo Pasqua. Beh è arrivata ed è lì ancora…L’ho vista proprio venerdì.
Ma venerdì abbiamo proprio parlato un po', e lei mi dice “sa lei non conosce me io non
conosco lei”. I primi giorni bisogna conoscersi un po'. Insomma mi ha fatto una bella
impressione…Però le dico la fatica che abbiamo fatto…Anche perché la signora qui è
gentilissima, che mi ha dato diversi nomi, anche di queste società che hanno tutti i nomi,
sa, tutto in regola….. Ma la mia paura è dire a mia sorella dove saltano fuori, dover fare
capire a mia sorella che viene da una associazione… lei incomincia o santo cielo, chi sa
quanti pasticci, si impressiona, insomma ha novant'anni… (F12)
Non sempre, però, le case sono adatte ad accogliere una persona estranea (la badante), garantendo la privacy
di tutti.
Ecco questo è una cosa proprio fastidiosa.. Perché dovrebbero dormire nel soggiorno su
un divano letto, perché mia sorella avrebbe due locali e un cucinino… E la prima che è
venuta mia sorella ha detto: “Senti, se tu vuoi puoi star qui nel soggiorno. Se invece non
ti dà fastidio puoi dormire di là, con me”. Perché c'è un fatto, che mia sorella va a letto
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presto la sera, la badante magari sta su a vedere la televisione. A sua volta magari mia
sorella si alza presto, alle cinque, cinque e mezzo della mattina e va in cucina e passa dal
soggiorno. Allora abbiamo detto facciamo la prova…e allora quando va a letto la
badante alle undici e mezza, mezza notte quello che vuole, mia sorella non la
sentiva…Questa dormiva, quando poi alla mattina alle sette e mezzo, otto lei si alzava si
trovavano in cucina a fare colazione. Mia sorella era lì pronta diceva quando arrivava:
ti faccio il caffè. Era lì pronta…Però insomma per adesso io sono contenta… Fa la
spesa, fa le pulizie, un po’ fa anche mia sorella, per esempio la donna si occupa del
pavimento e mia sorella spolvera i mobili. Per esempio ha lavato i vetri, ha tolto le
tende. Adesso mia sorella è tutta contenta vede tutto pulito…Poi l’altra che c’era stata
quasi 3 anni e mezzo, quand’è andata via quasi abbiamo pianto…Poi quando abbiamo
visto cambiando 4, lo dico proprio in confidenza mia sorella diceva, io in ricovero non ci
voglio andare, ma io dico: ma chi ti ha detto di andarci…devi solo avere pazienza, la
troviamo. Per esempio sabato scorso, no quello precedente che sono stata là io, l’ha
accompagnata al cimitero e ha detto a mia sorella: “lunedì che ho le mie due ore libere
vengo qui e pulisco il riquadro della fotografia, lavo i fiori che sono di pezza, è stata lei a
dire.. Ho detto a mia sorella ma le hai dato la mancia? Mi ha detto sì, e io hai fatto bene!
Perché questo è un servizio extra e tu sei contenta e puoi stare tranquilla. Non è
quell’euro lì ma il gesto, è una riconoscenza giusta …. Poi lei dice ma abbiamo tanta
miseria perché non abbiamo i soldi, non c'è il lavoro però io ho la casa con un po' di
terreno perciò da agosto a novembre siamo presi a mettere via la verdura per tutto
l'inverno … [Ci sono poi cose che magari anche si riconoscono, per esempio io posso
pensare che in quei paesi per certi aspetti stanno come noi magari stavamo cinquant'anni
fa, contadini, per dire mi ricordo io queste cose]. Sì, difatti, io sono figlia di contadini,
ma poi si viveva proprio con quello che dava la terra. Mia sorella partecipa attivamente
a questi racconti perché l’ha vissuta… e allora si trovano anche nei discorsi, una donna
di 30 anni non può…. Ha altre cose per la testa, ed è giusto…vero.. Insomma sarebbe più
faticoso sia per l'una che per l'altra. (F10)
La varietà di modi con i quali le badanti vengono inserite nella vita delle famiglie è davvero grande. In un
caso, ad esempio, la badante ha il compito esclusivo di fare compagnia durante il giorno e un po’ di terapia
all’anziana malata di Alzheimer; usufruisce poi della casa della madre anziana che è venuta a vivere con la
figlia.
Io alzo alla mattina mia mamma, e la vesto e la badante la trova già qua, alla sera la
metto a letto, la cambio poi la devo controllare sempre insomma, lei ha anche le
emorroidi, ne ha di troppo di roba. Allora io la devo curare, la devo vedere …Sa la
badante non è che ….Perché lei essendo romena, non ha le nostre abitudini.. Poi le
abitudini di mia mamma, mangia tutto frullato, non può masticare niente e così le
preparo anche da mangiare e così lei sta qui con la mamma. Io dico, tu devi stare con lei,
un po’ scrivere, perché prima scriveva, scriveva il suo nome, e prova a leggere, guardare
la televisione, aiutare un attimino a dire chi è, chi non è, farle delle domande. E questo fa
la badante. No, no, io non voglio che faccia niente. Lei ogni tanto dice ho sistemato il
giardino, per togliermi un po’ così per fare qualcosa fuori. Io ho detto tu in casa non devi
fare niente, perché devi stare solo con lei, lei ha bisogno di compagnia, leggi, la
televisione, poi la faceva camminare.. Adesso da sola non si riesce più a farla
camminare, devi essere in due. Così alla mattina andiamo fuori a camminare, anche
quando torno alla sera. Ho trovato questa donna attraverso la Caritas, perché io li avevo
sentiti al telefono e mi parlavano di questo, mi sono piaciuti. E’ qui tutto il giorno, e
dorme a casa di mia mamma. (F11)
In sintesi le famiglie con anziani fragili qui intervistate sono sistemi relazionali che hanno accolto una grande
“sfida di cura”, in cui gli anziani hanno ancora molti “margini decisionali”, e che ricorrono ad un mix molto
differenziato di risorse interne ed esterne, con un obiettivo complessivo di “permanenza nel contesto sociale”
che richiede grandi doti di adattamento a tutti gli attori in gioco.
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LA PROSPETTIVA DEGLI OPERATORI
Premessa8
Secondo quanto previsto dall’impianto di ricerca, il punto di vista degli operatori è stato raccolto e analizzato
non tanto per descrivere le modalità operative dei servizi, quanto per cogliere soprattutto le loro modalità di
interazione con gli anziani e con le loro famiglie; emergono dinamiche complesse sia all’interno del sistema
dei servizi, sia nel coinvolgimento dei sistemi familiari allargati (soprattutto i figli), che richiamano
l’attenzione sulla delicatezza dei “meccanismi di cura” per l’anziano, la cui qualità dipende direttamente da
una serie eterogenea di fattori, il cui mix virtuoso è certamente difficile da individuare: non bastano tante ore
di assistenza a domicilio (peraltro non sempre disponibili), non basta una “buona” badante, non bastano figli
disponibili ad accudire i propri genitori anziani, ma l’effetto “salute” (o perlomeno “migliore qualità di vita”)
dell’anziano, di cui gli operatori qui interpellati dovrebbero essere “custodi”, si genera riconoscendo e
valorizzando attentamente tutte queste dimensioni.
1. L’avvio della presa in carico: segnalazioni, prime domande, primi progetti di
intervento
Anche se le difficoltà delle persone anziane non autosufficienti possono essere riferite ai servizi attraverso
tanti canali, solitamente è un familiare, e in particolare il coniuge se la coppia è ancora intatta, a rivolgersi al
Servizio.
Un po’ tutti, non è sempre un certo tipo di parente, spesso ci capita che è magari il
coniuge anziano che forse per non gravare ulteriormente sui figli si rivolge direttamente
al servizio sociale. A volte invece si presenta il figlio, anche se esiste l’altro coniuge.
Certe volte sono proprio i figli che vengono a conoscenza del nostro gruppo allora ci
interpellano loro. Ma a volte noi abbiamo delle segnalazioni dell’anziano solo, o dal
Comune o da altre associazioni che operano sul territorio; perciò noi conosciamo per
primo l’anziano, però cerchiamo sempre di avere un rapporto con un eventuale familiare.
Perché onestamente insomma, anch’io se ci fosse una persona che va a trovare mio
suocero oppure se c’era ancora la mamma, vorrei sapere chi è questa persona…(VOL01)
Se c’è il marito, viene il marito – o la moglie – la coppia, se c’è. Se sono ancora viventi
entrambi, viene il coniuge, oppure se c’è il coniuge ma magari anche lui è malato o
impossibilitato a venire, vengono i figli. (AS04PU)
Solitamente è la moglie che chiede per il marito e il marito che si prende cura della
moglie. Guardi io mi sono sempre per prima incrociato nel caso fosse vivente con il
coniuge, il figlio…viene magari in un secondo momento, però dove c’è un coniuge è lui…
L’assistente domiciliare trova nel coniuge un ottimo aiutante. Noi abbiamo due o tre casi
di questo tipo. (COORCOOP01PR)
Nel senso che l’interlocatore può essere la moglie o il marito di una persona che si trova
in ospedale e che deve essere dimesso e quindi chiede.. .. o posso avere delle indicazioni
su situazioni gravi da parte dei medici curanti. Mi capitano anche richieste di persone
che sono loro che sono in difficoltà, mi chiamano, mi dicono per esempio: “Sono caduto,
non posso venire da lei”, quindi mi rendo disponibile per una visita domiciliare. Quindi
le segnalazioni possono essere grosso modo o di parenti, dei familiari che vengono o
dell’utente stesso che viene a chiedere o di esterni, tipo i medici curanti o altre persone,
come volontari che sono a conoscenza di situazioni specifiche. Stamattina per esempio
avevo fatta una ricerca, ha telefonato una signora che non conosco la quale mi
8
Sono stati intervistati 10 operatori: 2 coordinatori, 4 assistenti sociali, 1 ASA, 2 volontari e il referente dell’Ufficio di
Piano
Famiglie resistenti e affaticate: i volti della cura familiare
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segnalava un’anziana che io non conosco, quindi ho fatto una ricerca anagrafica. Ho
chiamato il fratello dicendo che mi era arrivata questa segnalazione e ho chiesto di
venire a parlare. (AS01PU)
Ci sono delle situazioni diverse, può essere il figlio come può essere anche l'anziano
stesso. Ci è capitato anche l'anziano stesso che ha chiesto di essere aiutato perché da
solo non ce lo fa a lavarsi. C'è chi l’ha chiesto anche temporaneamente, l’ha fatto una
signora che ha problemi di artrite allora ha avuto bisogno per due tre mesi, dopo si è
ripreso un po' Si, anche perché la maggior parte dei figli abitano lontano dai genitori,
poi hanno il lavoro e non ce la fanno… E poi lavorano tutti perché è una realtà che
non ti permette di star a casa ad occuparci dei genitori, devi andare a lavorare per
poter tirare avanti come nucleo. Quindi i figli non ce la fanno… Già anche se un figlio
abita già sono distanze… per dire anche in pausa pranzo non puoi neanche andare dai
genitori. (AS02PU)
Spesso sono i figli a segnalare la richiesta di un intervento, e la coordinatrice di un Centro Diurno fa notare
eventuali complicazioni:
Diciamo metà e metà coniugi e figli, perchè spesso sono i coniugi perché hanno i figli o
non hanno figli che vivono via, però un’altra grande parte sono i figli che si sostituiscono
alla madre e il padre che vedono molto affaticati. Allora sono i figli che spingono e qui la
difficoltà è doppia perchè dobbiamo fare accettare il centro non solo alla persona che
viene qui ma anche al coniuge. Il periodo più difficile è l’inserimento,… perché ci si
inserisce in modo molto graduale, quindi chiediamo al familiare di accompagnarlo, le
prime settimane, magari poche ore, procedere proprio con calma, dando comunque una
regolarità, una volta per settimana è troppo poco perché sarebbe un sempre
ricominciare da capo perciò in maniera molto soft. Si fa sempre un paragone con l’asilo.
Per cui anche il pulmino da subito potrebbe anche essere un po’ pesante per cui
l’accompagnano loro…E poi ci è capitato comunque di dovere dire alla famiglia di
lasciar perdere se non ne vediamo un beneficio… (COORCDO1)
Oltre che attraverso la famiglia le vie per arrivare ai servizi sociali comunali possono essere svariate. Alcuni
operatori percepiscono una maggior conoscenza della presenza dei servizi sul territorio, nel senso che la
popolazione sembra più informata delle risorse presenti.
Abbiamo anche delle segnalazioni da parte del vicinato e talvolta anche delle
associazioni di volontariato che sono attive sul territorio, come la S. Vincenzo, la
Caritas, l’Auser. (AS04PU)
Rispetto ad una volta, io lavoro qua da 14 anni, forse la gente che si rivolge a noi sa già
cosa facciamo e cosa chiedere, forse c’è più informazione rispetto a quello che sono i
servizi, le capacità di fare circolare l’informazione magari anche tramite i medici di
base.. che dicono, vai in Comune che c’è un servizio la può aiutare. E automaticamente
tutti i servizi sono più in rete a disposizione dei cittadini… Spesso siamo riusciti, per
persone appena dimesse dall’ospedale, ad utilizzare il canale di collaborazione del
servizio sociale dell’ospedale, quindi la collega informava lei il paziente appena
dimesso: “Guardi, che si metterà in contatto con lei la collega del Comune. Perché in
questo momento siete messi così, fate una chiacchierata con lei per capire se potete
avere qualcosa da loro che vi torna utile”. A volte abbiamo anche ricevuto magari delle
segnalazioni dai medici di base, da vicini, per poi costruire noi l’aggancio con i diretti
interessati, i familiari, per capire … ecco. (AS03PU)
Poi secondo me, prima il servizio era molto meno conosciuto, adesso c’è anche tanto
passaparola: ”io per mia mamma ho avuto bisogno…” (ASA01)
Varie anche le vie verso il Centro Diurno:
Famiglie resistenti e affaticate: i volti della cura familiare
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Abbiamo due vie: chi viene da noi per un “passaparola”, perché ha un’amica, una
conoscenza, chi attraverso internet, chi magari si rivolge ad un altro centro soprattutto
qui l’ospedale, che in questo quartiere è un’istituzione. Le famiglie conoscono questa
struttura e si rivolgono a loro e lì le dirottano a noi perché loro hanno un centro diurno,
ma non per Alzheimer. Questo è un altro canale che funziona molto bene. E poi ci sono
queste persone, che sono diciamo la minoranza, che invece vanno prima dall’assistente
sociale che poi le segnala noi. (COORCD01)
Può succedere, nei casi in cui la segnalazione viene dall’esterno delle famiglie, che agli assistenti sociali siano
richiesti tatto e inventiva:
Ogni volta che abbiamo avuto questi segnalazioni che non venivano dal contesto
familiare, se era il medico di base abbiamo chiesto la sua collaborazione perché magari
era in contatto con gli anziani, con il paziente, o familiare per cominciare ad introdurre
... e così si creava un aggancio. In altre situazioni anche per presentarsi: “Salve sono
l’assistente sociale”, si può incappare nella resistenza dell’anziano quando magari
c’erano delle segnalazioni di qualche vicino di casa; allora abbiamo cercato attraverso
ricerche anagrafiche di costruire i collegamenti con i figli, sentire un po’ il medico di
base, per pesare magari anche lui cosa ne pensava, e poi, sempre attraverso la sua
collaborazione avvicinarci alla famiglia. Non ci è mai capitato di trovare la porta chiusa
in faccia, anche ogni volta che da perfetti sconosciuti…, perché magari abbiamo invitato
per iscritto i familiari di venire un po’ a parlare con noi per la situazione dei genitori; le
persone si sono sempre presentate o magari hanno telefonato dicendo: “Guardi, so che i
vicini ci sono lamentati, perché la mamma demente senile prende e esce però con il
Centro Alzheimer ho appena deciso, che cerco una badante, grazie, sono autonomo”.
(AS03PU)
Però è anche difficile intervenire dall’esterno, insomma non si conosce, situazioni in cui
io faccio la mia ricerca anagrafica, non trovo nessun parente perché, perché ci sono
anche quelli, mi presento e tento di aggianciare. Certe volte mi va bene, certe volte mi va
male… Invece se trova un parente… Mi serve per avere la chiave per arrivare alla
persona, oppure un nipote, qualcuno per agganciare la persona. Se trovo una persona
che ha una minima disponibilità io riesco a lavorare. Mi è capitato anche andare in una
situazione, mi sona presentata e questa mi ha detto: ”Lei chi è”, non mi ha neanche fatto
entrare in casa. Lì sono riuscita ad aggianciare una nipote. Però il medico curante mi
aveva detto che la situazione era grave…Purtroppo quando mi segnalano situazioni di
questo tipo gravi e trovo questa resistenza molte volte io vado e cerco magari che so, un
assistente sanitario…Per cui a quel punto se uno dopo mi va in ospedale, magari i
parenti ce li ha ma se non è autosufficiente… (AS01PU)
Ricevere segnalazioni da terzi, senza il diretto coinvolgimento dell’anziano, per il servizio sociale può
essere più complesso, perché offrire servizi di cura a domicilio ad un destinatario “resistente” può
certamente generare problemi di rilevante entità.
Se invece sono segnalazioni, poniamo il caso della S. Vincenzo che viene a dirmi “c’è
questa signora che noi seguiamo, ha un po’ di problemi e però non ha mai chiesto, non
vuole chiedere perché si vergogna… ecc. ecc.” solitamente dico di informare la persona
interessata che c’é il servizio e do una serie di informazioni, del tipo che se ha per
esempio problemi economici di fare una richiesta alla persona dell’associazione che
viene e poi dico: “Lei le dica che ha saputo che in Comune si può fare questo, questo, e
quest’altro e cerchi di convincerla a venire lei”. Io non faccio prese in carico coatte,
prestazioni domiciliari di mia iniziativa se comunque non c’è una richiesta. (AS04PU)
Il volontariato del territorio, particolarmente attivo nell’area anziani, ha un ruolo rilevante nell’indirizzare le
famiglie verso i servizi sul territorio e sembra avere spesso la funzione di smistamento del bisogno.
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2. Il dialogo con gli anziani e con le famiglie: cosa chiedono e come descrivono il
loro bisogno.
2.1 I primi contatti
Le famiglie non sempre sanno cosa possono chiedere ai servizi sociali, quali tipi d’intervento possono
essere proposti: diventa centrale quindi la funzione di filtro e di primo ascolto svolta dal servizio sociale.
Dipende nel senso che nella valutazione…loro vengono e appunto mi fanno la richiesta,
spesso sono confusi, non sanno come funziona il servizio per cui …(AS01PU)
Bisogna scegliere fra ”segnalazione” e “‘richiesta di colloquio”. Perché se sono
parenti, telefonano o vengono e viene fissato dalla segreteria un primo colloquio
(abbiamo tenuto comunque la modalità di un primo colloquio in segreteria), la persona
viene e poi sceglie se venire o chiedere un primo colloquio domiciliare, in quel caso vado
io, e lì se c’è una richiesta diretta vado, vedo la situazione qual é, vedo il bisogno che
loro esprimono. Se c’é uno scollamento tra la richiesta e il bisogno reale cerco di capire
e si va, così, poi e si porta la modulistica si vede se serve un ricovero, se serve una
riabilitazione, se serve un intervento di assistenza domiciliare faccio compilare le
richieste e mando avanti la pratica. (AS04PU)
Sì è difficile, perché bisogna vedere se hanno percezione del bisogno. Cioè uno
percepisce una difficoltà magari chiede, si informa. Questa signora di stamattina, il
quadro che mi sono fatta è che in una situazione di demenza perciò non si rende
conto…(AS01PU)
L’intero sistema familiare coinvolto nella fragilità del proprio membro anziano si trova a volte di fronte ad
un problema sconosciuto, complesso, difficile da districare, e potrebbe agire strategie faticose di risposta, se
privo di informazioni sulle possibilità di aiuto presenti all’esterno.
Pensando ad una famiglia che cominci dal nulla ad avere questo problema mi viene in
mente il riccio che si chiude su se stesso nel senso come l’animale che si avviluppa su se
stesso come protezione, vale a dire che spesso quando un anziano è inserito in famiglia, e
passa magari da essere una nonna che convive con i nipotini e la famiglia della figlia e
che di supporto, va prendere i figli a scuola, aiuta a fare i compiti mentre la figlia e il
genero sono al lavoro, la nonna che magari incomincia a cambiare il suo ruolo, perché
viene fuori la demenza senile o qualcos’altro… non so come dire, poi il fatto che si
incominci a coinvolgere i servizi, non solo assistenziali ma magari anche specialistici. Se
il medico di base di fronte a una demenza non la prende in carico o lo fa prendere in
carico da chi di dovere, si rischia di fare in modo che la famiglia implode su se stessa,
che si distrugga isolandosi. Cioè se la famiglia non sa che rispetto a questi cambiamenti,
di ruoli a questo punto, a questo problema, che ci sono dei servizi a cui rivolgersi per
essere affiancati ad affrontarlo, rischia di cercare delle strategie interne che incasinano
anche tutte le dinamiche familiari, coppie che si separano perché la mamma è tua, figli
che vengono penalizzati per il fatto che la mamma non può aiutare perché sta dietro alla
nonna che altrimenti si butta dal balcone, come esempio. La famiglia che si chiude,
perché cerca delle risposte in se stessa, non potendo o non sapendo di potersi rivolgere
altrove, va a finire a esplodere nel proprio interno. Per poi giocoforza vomitare fuori
l’anziano rinchiudendolo in un istituto altrimenti ne va della famiglia” (AS03PU)
L’interazione con gli anziani dei servizi sociali comunali ha molto a che fare anche con il tema della dignità e
dei bisogni economici, con modalità spesso difficili da gestire da parte degli anziani stessi.
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Secondo me è cambiato il bisogno. Magari si rivolgono quando proprio non ce la fanno
più e sono di più rispetto a una volta perché adesso, da qualche anno, soprattutto da
quando è entrato in vigore l’euro, i pensionati, gli anziani che hanno magari la pensione
non altissima, la pensione sociale piuttosto che la minima, non ce la fanno proprio più a
tirare a fine mese. Ci sono tanti anziani che vengono e dicono: “io non ho mai chiesto
niente, perché con la mia pensione ce l’ho sempre fatta”. Ora dicono “non ce la faccio
più, non riesco più a mangiare, non riesco più a pagare l’affitto” e quindi vengono per
necessità… è aumentato il numero degli anziani che si rivolgono a noi, però non perché è
cambiata la cultura, secondo me, ma proprio perché sono cambiate le condizioni socioeconomiche, macro-economiche, voglio dire, c’è gente che arriva al quindici del mese e
deve aspettare il primo del mese successivo per avere la pensione e non ha più soldi per
fare la spesa! la casa, le medicine, la tassa dei rifiuti.. queste piccole cose che alla fine
vanno a sballare il bilancio mensile della famiglia e dell’anziano in particolare.
Soprattutto per il pagamento dell’affitto. Questo è un problema veramente grosso, molto
grosso in questo Comune, ma poi anche andando ai tavoli di area, coi piani di zona, ho
sentito che è ricorrente anche negli altri Comuni il problema degli affitti.(AS01PU)
Un altro nodo, nell’interazione con l’emergere di una domanda di assistenza da parte di un anziano,
riguarda il fatto che l’assetto organizzativo dei servizi divide tra “socio-assistenziale” e “sanitario”, ma
l’utente non è di fatto in grado di selezionare “preventivamente”, e quindi, di fronte alla “biforcazione” di
cui parla proprio un intervistato, si trova spesso “con la domanda giusta nel posto sbagliato”, e quindi spetta
all’operatore il reindirizzo verso l’organizzazione e il servizio più adeguato.
Praticamente c’è come una biforcazione quando a una persona succede qualcosa …non
so un ictus o altro, c’è la possibilità di accedere anche ai servizi dell’ASL, per quello che
riguarda le prestazioni sanitarie, però l’assistenza domiciliare integrata in questi casi è
praticamente su questa ASL che da dei buoni, dei voucher. I voucher sono stati
classificati secondo tre tipologie, perciò voucher uno voucher secondo, voucher terzo, a
secondo la gravità. E ogni voucher deve avere una intestazione. In questo pacchetto ci
sono delle prestazioni socioassistenziali che sono standard, per esempio 8 visite mensili.
Per cui in qualche caso cosa succede che non si riesce più a stare nel pacchetto per
quanto riguarda l’aspetto generico. Nel senso che se non è sufficiente che una ASA vada
8 volte al mese … Allora io integro… La questioni di questi voucher assistenziali è
competenza del medico… Per esempio un signore che loro hanno preso in carico, con
una serie di problemi quando sono venuti a casa si sono resi conto che vive con una
figlia handicappata… ho mandato un operatore. Sono le situazioni più gravi che tu
nonostante fai presente che ci sono dei problemi, quelli dicono: “dove sono i problemi?”
Per esempio di fronte a questa figlia di 40 anni che vive con il padre di 80 anni, il padre
non si rendeva conto che questa figlia non poteva prendersi cura di lui. (AS01PU)
Esiste poi la consapevolezza che i servizi oggi disponibili, per quanto funzionanti, non risolvono i problemi
della non auto-sufficienza,
Poi c'è anche ben poco per gli anziani che avrebbero bisogno di un assistenza di 24 ore,
allora la struttura è cara, poi non è magari neanche giusto mettere in una struttura un
anziano mentre ancora mentalmente e fisicamente è capace di dipendere da sé. Però ha
magari necessità di una assistenza di 24 ore. Un Comune logicamente non può dare più
di un tot ore, servizi di volontariato ce n'è ben poco.. assistenza domiciliare
gratuita…ma non c'è niente, allora si ricorre sempre alle badanti che costano, costano…
Comunque anche se la famiglia paga le cure domiciliari, comunque più di un tot ore non
puoi dare almeno che si turnino tipo le infermiere anche di notte- giorno. Questa sarebbe
una gran cosa ma non saprei proprio come fare. Anche pagando, pagando le ore, che
uno dice non pago 1000 euro al mese ma che so 5 euro all’ora, certo sarebbe un servizio
infermieri notturni, solo che non so…come si può fare. (AS02PU)
Famiglie resistenti e affaticate: i volti della cura familiare
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Questa percezione di “discrepanza” tra reali bisogni e possibilità di risposta a volte viene gestita dagli
operatori con un sano senso di realismo, confrontandosi con i vincoli di risorse finanziarie, ma anche con un
necessario discernimento rispetto alle reali priorità oggi presenti.
Io mi sono resa conto che più offri più la gente viene a chiedere… ieri mi ha telefonato
una, una volontaria, che si occupa di anziani così e mi dice: “Sa ci sono degli anziani
che io seguo che magari sono un po’ sovrappeso… sa ho pensato che magari una
convenzione con un beauty center…” Non è il nostro target, si tratta delle persone
proprio conciate da aiutare a vivere bene quelle di cui dobbiamo occuparci. (AS01PU)
Di fatto, la distanza tra bisogni reali e capacità di offerta dei servizi (soprattutto sui compiti di cura socioassistenziali) viene coperta ancora dalla famiglia.
Non posso sostituire la famiglia, non posso stare lì… Se loro hanno esigenza di questo
tipo, devono pensare a altre soluzioni, tipo la badante. Rimango sempre stupita della
energia e della forza di certe persone, nel senso che ci sono delle situazioni che davvero
secondo me sono gravissime, come carico… (AS01PU)
2.2 L’interazione con la famiglia quando l’anziano è in carico
Emerge con forza la delicatezza dei sistemi relazionali familiari degli anziani, che vengono messi alla prova
dalla sua fragilità e dal suo bisogno di assistenza continuativa; gli operatori si trovano ad interagire con
storie e meccanismi relazionali di grande complessità, difficili da gestire.
Ci sono situazioni dove i figli sono distanti, magari non soltanto in maniera fisica perché
magari sono persone che abitano se non proprio qui, ma comunque in un comune vicino,
comunque non offrono un supporto. Neanche emotivo, nel senso, un conto è non venire a
fare i mestieri ma non fare la telefonata…In passato erano molto di più queste situazioni,
adesso un po’ meno, però capitano sempre di frequente. Ci sono però anche situazioni
dove le famiglie collaborano, quelli che dicono, siamo in tanti ma mi dicono fai tu. E
quindi anche se si collabora con un solo figlio si è sicuri che gli altri condividono il
percorso e ci sono invece quelli che si danno da fare un po’ tra tutti. Magari dopo creano
casini, del tipo “troppi cuochi rovinano il brodo…” Però sono ancora tanti quelli che
hanno comunque alle spalle, noi a volte per il lavoro che facciamo, abbiamo anche gli
strumenti magari rispetto a quelli che fanno il volontariato, a noi magari salta fuori che
ci stanno dietro motivi giustificati… per cui il figlio dice non ne voglio sapere. Sono
sempre situazioni dove magari il genitore per motivi più o meno patologici, non so,
dall’alcolismo o malattia psichiatrica, non ha fatto il genitore quando i bambini erano
piccoli e quindi il figlio adulto dice: non ho avuto niente da mia mamma, perché
devo…Però forse quando c’è già una presa di coscienza di questo tipo, una
esplicitazione, almeno i giochi sono chiari. Sì, mi immagino che non sempre avete il
tempo ma situazioni dove al limite si può cercare di ricostruire… (AS03PU)
In alcuni casi il sistema familiare molto allargato paradossalmente diventa un fattore di crisi, perché i
processi decisionali possono diventare complessi, e la disponibilità di alcuni familiari a farsi carico dei
bisogni di cura, compagnia e assistenza del proprio membro anziano vengono facilmente vanificati da
resistenze od ostilità da parte di altri familiari, magari disinteressati per lungo tempo alla situazione, ma
rientrati in gioco di fronte a decisioni importanti (come l’entrata in una struttura residenziale).
Noi abbiamo avuto in questi anni tane situazioni un filino collaboranti. Spesso ci sono
tanti anziani soli, che dicono ah se avessi avuto dei figli. Noi sinceramente come servizio
sociale abbiamo trovato molto più problemi a gestire anziani con tanti figli perché per
vicissitudini loro personali del passato magari, c’è l’anziano che fra virgolette è solo con
i propri problemi anche se ha sei, sette, otto figli. Quello che magari di fronte ai
problemi dei genitori magari si rende più disponibile e magari chiama i servizi però poi
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si dichiara incapace di coinvolgere gli altri quando magari si tratta anche di affrontare
per ipotesi il ricovero in casa di riposo dove noi da regolamento dobbiamo sondare
anche quanto anche se poco può metterci il figlio come parente come d’obbligo. Spesso
non si tratta solo di capire o di coinvolgere nel pagamento, ma anche nella scelta. Se su
8 figli uno solo collabora, si interessa, prende le decisioni magari insieme al servizio,
bisogna ricorrere al ricovero, capita sempre che altri che ci sono sempre disinteressati,
mettono all’ultimo un bastone fra le ruote dicendo: ”ah, il mio papà non deve essere
ricoverato”, non sembrano neanche disponibili per studiare quei servizi, altre
soluzioni..no no, non offrono soluzioni. Abbiamo anche avuto fratelli, che si sono
denunciati a vicenda rispetto al fatto che uno di loro dopo aver fatto di tutto e di più,
aveva deciso che magari anche un po’ insieme al papa aveva deciso per la struttura, il
posto più idoneo, e si sono scannati a vicenda anche da un punto di vista legale rendendo
appunto anche l’ultimo periodo di vita del padre un po’ così…(AS03PU)
A volte non si tratta tanto di “fuga dalla responsabilità” e dai compiti di cura, quanto piuttosto di “fatiche di
relazione”, già presenti nella famiglia e che la domanda di cura ha esacerbato.
…magari neanche, non tanto che se ne fregano più quanto hanno paura di affrontare e
accettare soprattutto, lo metterei sull’accettazione. Soprattutto mamma e figlia, Ah, il
rapporto mamma e figlia l’ho visto molto difficile da accettare sia per una che per
l’altra. In un particolare caso ogni volta che io vado a fare servizio li trovo lì che magari
hanno litigato, hanno appena urlato, perché comunque sia la figlia non accetta la
malattia della mamma…..la fatica di accettare la situazione…a parte che la signora non
è proprio ammalata in maniera grave.. ha solo ogni tanto, tipo magari di notte si strappa
il pannolino. Ecco non è la non voglia di aiutare ma una non accettazione perché
comunque la mamma è sempre vista come una guida, quindi la mamma è per chiunque,
quando c’è un problema si va dalla mamma… la mamma non può più aiutare, e
comunque io la voglio aiutare ma mi fa paura aiutarla. E un po’ confusa la situazione
ecco lì è un po’ difficile entrare … però io cerco in linea di massima di rimediare un po’
i colpi e di cercare per quanto possibile nei miei 40 minuti a disposizione, però poi
chiaramente per il resto dei giorni…(ASA01)
In diversi casi, comunque, il giudizio degli operatori dei servizi pubblici e del volontariato sul sistema
familiare è essenzialmente quello di una deresponsabilizzazione verso la cura e la riconoscenza, che viene
difficilmente giustificata (box 1).
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Box 1 La famiglia che non cura…
Ci sono varie situazioni, ci sono quelli che magari non sanno più cosa fare, ma ci sono
anche quelli che avevano il genitore attivo, indipendente, che riusciva a fare tutto e
all’improvviso ha un crollo e non sanno cosa fare e non vogliono neanche prendersi
l’impegno, non vogliono. Questo magari quando c’è un genitore solo, perché vabbeh, se
c’è un coniuge… molti non vogliono, ritengono che la casa è piccola, ritengono che
hanno un carico familiare eh, tante di quelle scuse che .. un occhio diverso non le vede.
Perché se hai un minimo di soggiorno puoi adeguare il genitore lì, non so, se la
prospettiva è che comunque il genitore non si riprenderà più, magari vendere e prendere
una casa più grande, invece… Non vogliono trovare una soluzione, proprio non
vogliono. Tanto la legge non li obbliga, ti vengono a dire è il Comune che ci deve
pensare non noi. Se no il Comune che ci sta a fare.. Non c’è quest’idea che come figlio
ci devi pensare perché comunque questo genitore ti ha messo al mondo… e ti ha
mantenuto. No, no, c’era una signora che addirittura ha otto figli e di tutti questi otto
figli nessuno si occupava di lei. La signora ha problemi economici e di salute, problemi
anche per farsi dare una ricetta medica…allucinante, otto figli. Che bastava che ognuno
di loro ogni mese si togliesse 50 Euro e lei aveva 400 Euro in più al mese. Alcuni
vengono proprio abbandonati dai figli. C'è un'altra signora anziana che adesso ha preso
proprio la depressione. Ha due figli e non ha più notizie da non so da quanti mesi o anni.
Ci sono di quelle cose, non hai neanche il diritto come assistente sociale di chiamare o di
cercare i figli perché magari ti dicono :”ma lei come si permette di importunarmi, di
invadere nella mia privacy”, perché adesso con questo discorso sulla privacy non puoi
far niente, non puoi più muovere un dito. (AS02PU)
O magari c’è un discorso del figlio che dice, fate voi, dopo magari lui va a trovare la
mamma ma almeno c’è una delega pulita del fatto che il Comune e qualche figlio
autorizzato a gestire delle scelte comuni da parte di tutti. Diverso è quando ci sono per
motivi di famiglia numerosa questi dissidi tra fratelli che proprio si proiettano anche su
questi bastoni fra le ruote che tra di loro si infilano e che impediscono di tutelare
l’anziano. Perché ci sono delle fantasie che uno si fa sul fatto che quel fratello voglia
prendersi i soldi lui ha responsabilità per aiutare mamma o papa, i soldi … ecco sono
queste le cose. Sì, e poi uno dice caspita, allora se tuo papà ha messo via i soldi per
pagarsi le necessità future che adesso sono la casa di riposo, si paga la casa di riposo.
Non puoi pensare che tuo fratello voglia prendersele adesso, perché non può, perché il
Comune ha già visto che ci sono e dice fin tanto che può si paga da solo la casa di
riposo, poi interveniamo magari….(AS03PU)
Trovano normale l’assistenza domiciliare, la pretendono, la trovano un dovere da parte
del Comune. Ci sono altri a chi magari sembra brutto chiedere, anche per una richiesta
economica, sono persone che per dignità propria fanno fatica a chiedere. Ma spesso i
familiari si sentono un po’ deresponsabilizzati, anzi tanti non si vedono più. Poi quando
c'è qualche cambiamento o qualche comunicazione da fare, sono due anni che sono lì,
sono 2 anni che lo ripeto, comunicano sempre alle domiciliari. Dicono ho bisogno di
un'ora in più, così si sentono…Non si vedono più perché sanno che ormai c’è il Comune..
che funziona e che l’anziano è controllato da qualcuno che non sia io… Tanto c’è
l'assistente domiciliare del Comune se c'è qualche problema… Dobbiamo dare magari
fra virgolette degli obblighi ad un familiare. Dovrebbe essere ogni due tre mesi magari…
ricontattare l’assistente sociale… giusto come impegno per continuare a mantenere
l’impegno, come figlia come figlio. (AS02PU)
Peraltro la rimessa in gioco della famiglia a volte dipende anche dalla possibilità di conoscere ed entrare in
contatto con i servizi e con le opportunità del territorio, non sempre facilmente accessibili, anche solo come
informazione di base.
Quando c’è, la famiglia è collaborante. Magari tende un po’ a delegare, non tanto
perché non facciano, non siano disponibili, anzi, però diciamo che su molte cose c’è
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proprio un atteggiamento nei confronti dell’Assistente Sociale, come se noi potessimo
magicamente risolvere tutti i loro problemi piuttosto che ci potessimo sostituire a loro…
nel senso che … a me capita spesso di fare magari dei colloqui, dare la modulistica per il
ricovero, per la richiesta di contributo per bonus sociale, ecc. spiegare tutto ecc. dare
l’appuntamento per la restituzione e poi la persona mi torna con il modulo in bianco, a
farselo compilare da me! Ecco, c’è un po’ questo atteggiamento, piuttosto che, non so, le
varie iniziative che vengono pubblicizzate, il Bonus sociale, per esempio, (è appena
scaduto il bando di quest’anno), manifesti, modulistica in segreteria e tutto e poi però le
persone che sono già seguite chiamano magari scocciate perché non sono state avvisate.
Se noi dovessimo ogni volta che c’è qualche iniziativa nuova, oltre che fare la
publicizzazione, l’articolo sull’Informatore municipale, chiamare a casa tutti gli utenti
per dire che c’è l’iniziativa, non faremmo niente altro! Diciamo che ci sono delle vie di
mezzo; se io so, perché li ho visti recentemente, che ci sono persone che hanno i requisiti
per rientrare nell’iniziativa, il colpo di telefono glielo faccio. Però anche qui il discorso è
che, se lo fai per uno, lo devi fare per tutti. (AS04PU)
Del resto è molto frequente la consapevolezza che l’intervento del servizio, tanto più se a domicilio, non
riguarda solo la persona in questione ma anche i familiari, che con l’aiuto possono continuare ad essere
risorsa o diventarla, e che comunque “hanno a che fare” in qualche modo con i bisogni dei propri genitori
anziani. In un certo senso l’intervento di assistenza entra nel gioco relazionale familiare, e la sua stessa
qualità finisce per dipendere da esso.
Non si può neanche lavorare solo con l’utente, è un po’ come con le case di riposo;
anche lì non si può farsi carico solo dell’anziano, la casa di riposo prende in caricoi
tutta la famiglia. Dell’anziano e di tutta la famiglia. Si prende carico di tutto, i parenti, i
loro stati d’ansia. Sarebbe un lavoro a metà se la cosa fosse rivolta solo all’utente…
(COORCOOP01PR)
Diventa poi un incrocio di esigenze, che l’utente direttamente ti chiede, che vengono
stilate e dichiarate su un progetto; poi ci sono i bisogni un pochino più latenti però che
esistono, che sono quelli della famiglia. Quindi la frustrazione della famiglia,
l’impossibilità di poter aiutare ad essere autonomi nella gestione del proprio parente”.
Ho appena fatto una relazione rispetto ad un utente per l’assistente sociale dove
segnalava che oltre di un lavoro da fare per quest’utente, è una donna, che si era
appunto lasciata andare, stava a letto non voleva più camminare perché aveva una
brutta piaga al tallone, giustamente, fa fatica a camminare , però questo non è un motivo
per restare a letto. L’assistente domiciliare è riuscita a tirare su il morale anche al
marito, e a trovare anche la collaborazione del marito”. (COORCOOP01PR)
Il contatto con le famiglie è notevole perché la malattia di Alzheimer va a sconvolgere
tutte le relazioni familiari per cui noi, prendendo in carico le persone malate, in realtà
prendiamo in carico tutta la famiglia con tutti i problemi che si trova a affrontare.
Diciamo si arriva al centro diurno dopo aver già avuto una fase in cui si è sentita
completamente sola sia rispetto alle relazioni sociali, amicali, perché comunque è
difficile mantenere le relazioni, poi anche di un vuoto istituzionale di servizi perché
comunque non ci sono delle soluzioni, delle risposte diversificate, per cui la relazione
con la famiglia è molto importante. Infatti abbiamo costituito anche un sportello con lo
psicologo, poi incontri con specialisti sia interni sia esterni, cerchiamo proprio di dare
un supporto anche a loro… C’è un po’ una tendenza a chiudersi, molto in se stessi per
cui anche il rapporto con la famiglia ad un certo punto quando la famiglia che la
persona sta bene c’è proprio una delega ad un certo punto. Perché comunque quando
arrivano a noi sono già al limite. Quindi se trovano un posto dove si possono fidare, e
raggiungono un sostegno di cui appunto si fidano, poi tendono giustamente a pensare
anche un po’ più a se stessi, per cui il contatto con le famiglie c’è sempre… Ci sono
persone che vogliono avere anche quando la persona è qui al centro un continuo
contatto col centro. Altri invece: ”Va beh, adesso mio marito è lì da voi” e magari non
vengono neanche agli incontri. Diciamo soprattutto i mariti, una volta che lasciano la
Famiglie resistenti e affaticate: i volti della cura familiare
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Provincia di Milano
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moglie qui tendono un po’ a lasciare stare.. Altri invece vogliono capire, avere qualche
strumento in più, su come muoversi, come fare. (COORCD01PR)
Forse in questa prospettiva l’intervento del volontariato dentro la famiglia ha qualche possibilità in più di
essere accettato, dal momento che l’intervento del servizio pubblico è inevitabilmente più intrusivo e “forte”,
strutturato (sia come tecniche professionali sia come strumenti: ad esempio è il servizio sociale del Comune
a dover gestire il tema dei contributi al pagamento delle prestazioni/rette).
Sì, noi cerchiamo sempre di conoscere un po’ anche la famiglia, spieghiamo sempre un
po’ chi siamo. Perché un familiare si trova una persona che va a trovare il genitore e
vuole sapere… A meno che non c’è un anziano che non ha proprio nessuno… Altrimenti
noi abbiamo sempre un rapporto con la famiglia. Siamo comunque noi che andiamo a
cercarle… Ma l’assistente sociale è un'altra cosa, è diversa la cosa. Si pensa sempre che
voglia intervenire nelle questioni familiari, mentre per noi è compagnia e amicizia e non
viene preso sotto quest’aspetto…(VOL02)
Magari dal conteggio risulta che il figlio, parente, deve mettere 400, si concorda almeno
250/200 ed è sempre meglio di niente, perché poi, indifferentemente dai contributi
economici, le integrazioni di rette sono comunque un obbligo di legge, cioè il Comune
deve intervenire nel caso di persona che non sia in grado! Quindi, il figlio che mette 250
euro, piuttosto che di più, è sempre comunque una spesa in meno per il Comune. Che poi
al di là del discorso meramente economico, si tratta anche di un discorso etico, morale..
che i figli per quanto poco, facciano qualcosa per mostrare che simbolicamente
partecipano e lavorano con noi intorno all’anziano! Comunque è una rete, tra operatori
e familiari e altri soggetti che si occupa e monitora un po’ la situazione, è tanto! (ASA01)
Purtroppo l’uomo di oggi è diventato un uomo prepotente, che chiede, che vuole, egoista.
Però per rispetto a questo povero diavolo che ha bisogno, per cui… Perché per dire “ho
i figli sono via e non possono”. E’ giusto però se i figli hanno un piccolo rispetto per i
genitori, versate 10 euro al mese. Questa signora va da sola senza chiedere la carità a
nessuno, perché a me quel che dà fastidio è chiedere la carità, mi da fastidio, ….ecco,
l’interessamento della famiglia, anche se non ci sei, però questa è tua mamma. Ho avuto
anche certe discussioni piuttosto violente con una certa famiglia. Dove ho detto ti auguro
soltanto di invecchiare e di trovare delle persone che ti vengono incontro… Toglietevi 10
euro al mese, se ha bisogno di un taxi si fa portare, con l’aiuto del figlio, non di un
anonimo… Il legame di familiarità viene cancellato qualche volta, e queste persone lo
sentono. (VOL01)
C’è una signora che avevo cancellata però adesso l’ho reinserita perché stamattina ci
chiama e dice come faccio chiedere ai figli, non vuole dipendere dai figli, non vuole
andare a chiedere un piacere al figlio… Allora uno dei figli è medico, oculista, due sono
imprenditori…La mamma è lì a trenta metri da loro… Le mamma deve inchinarsi a
chiedere “per favore mi porti a fare questa terapia?” Viene da chiederci: viziamo troppo
i nostri ragazzi, non possiamo chiedere più niente… Beh, le famiglie patriarcali di una
volta non esistono più, però neanche l’indifferenza… questo no. E’ stato soppiantato
dall’indifferenza… (VOL01)
Invece a volte ci sono proprio delle famiglie con cui si collabora bene. Che hanno ben
chiaro magari che il tipo di rapporto che è più utile è di collaborazione con il Comune,
con i servizi, anche nell’interesse del papà o della mamma che quando hanno bisogno
chiedono anche informazioni a mò di consulenza, che sono precisi anche loro nel
rimettersi in contatto con noi, dicono magari: “la mamma è peggiorata”. (AS03PU)
Anche con i figli ci sono delle storie. Ci sono figli che dicono mio padre o mia madre
sono stati tremendi, non mi disturbi più quindi…altri figli invece fanno delle cose
pazzesche… Io ho avuto un figlio che risedeva in provincia di Rimini, una cosa
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particolare, nel senso che era un padre e una madre che si erano separati poi il padre
era stato in carcere e vedevo questo figlio che una volta al mese veniva di nascosto dalla
moglie qui in paese a trovare il padre…Finché questo padre è diventato anziano e
cominciava ad avere disturbi e abbiamo fatto un incontro per organizzarci, ed è venuto
anche il figlio.. D’altra parte i genitori non si possono scegliere… C’è tutta una gamma
di situazioni. (AS01PU)
Ci sono anche quelli che vivono vicini ai figli però i figli lavorano, comunque sono sole
durante la giornata… Quindi mentre inizialmente siamo partiti soltanto per chi abitava
proprio da solo, e non aveva nessuno, poi ci siamo resi conto che invece questo servizio
era utile anche per chi pur avendo la famiglia vicino…noi serviamo anche come sollievo
alla famiglia in quanto appunto per problemi di lavoro non sempre possono seguire gli
anziani per cui noi diamo una mano anche alla famiglia. Anche perché andando
comunque una volta la settimana, quella volta anche i figli sanno che andiamo noi, loro
possono magari anche fare altre cose, andare a fare la spesa o magari andare dal
parrucchiere …ecco così ci siamo un pochino allargati alla famiglia. (VOL02)
3. Leggere i bisogni, costruire progetti di risposta
3.1 I servizi disponibili
Per quel che riguarda i servizi per la non-autosufficienza che offrono i Comuni la pratica prevede, dopo una
prima richiesta, una visita a domicilio da parte dell’assistente sociale, che così si ha una visione globale
della situazione. In base a questa visita viene spiegato e infine deciso il tipo di aiuto di cui l’anziano e il suo
nucleo familiare hanno bisogno, con una particolare attenzione ai servizi di assistenza domiciliare.
Allora noi abbiamo il servizio sociale professionale, poi abbiamo il segretariato sociale
quindi colloquio, la presa in carico, le cartelle e le richieste più varie che possono
arrivare per gli anziani. Abbiamo il servizio di assistenza domiciliare, da lunedì a
venerdì, dalle 8 alle 2 del pomeriggio, perché noi facciamo un orario per cui ci siamo tre
giorni alla settimana fino alle due, senza pausa e due giorni alla settimana, il martedì e il
giovedì anche al pomeriggio. Quindi l’assistenza domiciliare è stata strutturata appunto
in questo orario dalle otto alle due del pomeriggio perché così c’è sempre una persona di
riferimento quando le ASA sono a casa degli utenti ovviamente perché se andassero in
giro anche al pomeriggio del lunedì e succede qualche imprevisto, c’è qualche problema
come spesso capita, non saprebbero poi chi chiamare... Sì, chiamerebbero la loro
cooperativa, ma poi qui sul territorio non ci sarebbe un operatore a disposizione.
(AS04PU)
La procedura è che l’utente chiede all’assistente sociale, la quale concede attraverso un
progetto un’assistenza di carattere sociale e non sanitario, per cui questa persona si
rivolge alle cooperative che si sono aggiudicate questo servizio tra cui noi.
(COORCOOP01PR)
Il nostro paese ha una storia particolare, un servizio di assistenza domiciliare c’è da
tantissimi anni. Ed è nato un po’ perché sul territorio c’era un sacerdote che attorno al
1965/1966 si era interessato un po’. Ha preso un po’ di donne che erano disoccupate e le
ha aggregate per questo servizio, all’inizio era un po’ così. Poi questo nucleo è stato
strutturato, quindi ci sono stati i corsi ASA, si è creata una cooperativa e tutta una serie
di supporti. Poi ogni anno ci sono i vari bandi comunali per l’appalto e l’hanno preso
sempre loro…Perciò è un nucleo fisso qua. Poi siccome è cresciuto, man mano nel
tempo, è anche migliorato…E’ cresciuto il bisogno ma sono crescite anche loro… per cui
siamo fortunati, sono estremamente motivati e competenti e hanno voglia anche di cose
nuove. Nel senso che mi è capitato di coprire delle cose che magari altre cooperative non
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accettano…invece il fatto di essere motivati fa sì anche che loro rischiano…Proviamo,
vediamo. (AS01PU3)
Nell’accesso ai servizi quello della contribuzione degli utenti ai costi del servizio è un nodo importante, sia
nei confronti dell’anziano stesso, sia nei confronti del sistema familiare allargato (vedi il paragrafo
dedicato); nei fatti il “controllo dei mezzi” costituisce un fattore di contenimento/razionamento dell’offerta,
in genere disgiunto dalla valutazione delle priorità di bisogno, e comunque molto più efficace.
Diciamo che c’è stato un attimo di freno dovuto a aspetti burocratici; il nostro servizio è
a pagamento, la nostra amministrazione però ha deciso di fare pagare il servizio secondo
il reddito. Allora in passato era un po’ più soft, nel senso che portavano la loro pensione,
io la guardavo poi a me toccava anche vedere com’era la situazione. Tutta la situazione,
se ci sono problemi di tipo sanitari, se uno prende farmaci della categoria C, e mi
dimostra che ha queste spese, valuto il reddito ma valuto anche queste cose per cui …ho
la fiducia della mia amministrazione … quindi. Diciamo che da tre anni è entrato in
vigore l’ISEE. Per cui io mi trovo costretta di dover dire: “portami l’ISEE”. Perciò si
sono un po’ spaventati perché nella indicazione dell’ISEE c’è anche un accertamento
sulla situazione patrimoniale. Per cui c’è la richiesta per esempio del conto corrente
bancario…Dico anche non spaventatevi perché anche se avete 10.000 euro sul conto
corrente è come se non ci fossero, vi dovete preoccupare se gli importi sono superiori.
Allora arrivano tutti titubanti, ho avuto anche qualcuno che si è tirato indietro… Magari
qualcuno ha dei risparmi e non vuole che lo si sappia… Ecco con questa novità qualcuno
si è tirato indietro. Dipende delle ore e dipende da quello che indica L’ISEE, lì diventa
una formula matematica, c’è gente che paga un euro, 2 euro ma può anche arrivare a 8.
(AS01PU)
Gli aspetti amministrativi mantengono una grande rilevanza per il servizio sociale comunale, anche quando
il caso viene “consegnato” ad altri servizi, dal momento che l’ente locale è responsabile del finanziamento
di parte delle prestazioni di cura, e di quanto possa essere prelevato dall’anziano e dai parenti “tenuti per
legge”. Emerge anche, dalla citazione, la difficoltà di governare questi processi in assenza di procedure
“certe e uguali per tutti”, e in presenza invece di un “welfare differenziato”, anche tra territori limitrofi, che
spesso penalizza alcuni e premia altri (come nel confronto con il Comune di Milano puntigliosamente
ricordato dall’operatore di seguito citato).
Oltre a lavoro organizzativo e di aiuto, anche il ricovero richiede all’assistente sociale
notevole lavoro di tipo amministrativo: sia dal lato dell’anziano che ha il domicilio,
quindi che ha l’affitto e ha le sue spese per il mangiare e il vivere ecc. sia parallelamente
dal lato delle integrazioni delle rette di ricovero. Queste hanno un capitolo a parte; c’è
proprio un capitolo di bilancio solo per l’integrazione delle rette di ricovero degli
anziani. Anche lì è un problema perché poi l’altro grosso bisogno è il capitolo della
istituzionalizzazione e, correlato, il pagamento delle rette delle strutture che stanno
raggiungendo dei livelli veramente allucinanti: sono sui 65 – 68 - 70 euro al giorno.
E’ molto discusso perché tra l’altro il Comune di Milano si è regolato in maniera
diversa. Qualche anno fa, mi sembra un paio d’anni fa, ha comunicato ai parenti degli
anziani che non era più richiesto di integrare la retta di ricovero. Cosa che ha fatto il
Comune di Milano non so, francamente, sulla base di quale normativa o se c’è sotto un
ricorso in merito a questo problema. Di fatto noi come Comune questa cosa non la
usiamo, cioè noi andiamo avanti ad applicare quello che dice il Codice Civile, pertanto
nel momento in cui c’è la necessità di un ricovero e l’anziano non riesce da solo a
coprire interamente la retta, noi diamo la possibilità di fare una richiesta di integrazione
retta ricovero alla persona o a parenti familiari in favore dell’anziano, però applichiamo
il nostro regolamento che comunque prevede che vengano richiesti ovviamente i redditi e
i risparmi del ricoverato sui quali facciamo un conteggio, per cui sull’accompagnamento
se c’è, viene tutto considerato, finalizzato al pagamento della retta tranne un tot mensile
che viene lasciato per le spese personali, dei suoi effetti personali.. che può aver bisogno
insomma anche di altre cose. Poi chiediamo i redditi a tutti gli obbligati per legge;
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facciamo tutto un conteggio, applichiamo dei correttivi ecc. e alla fine andiamo a
stabilire le diverse quote. Poi il conteggio finale è: retta della struttura, sottraiamo la
quota del ricoverato, sottraiamo le diverse quote degli obbligati e se rimane ancora una
differenza quella differenza la integriamo noi. (AS04PU)
Non tutti i Comuni erogano lo stesso ventaglio di prestazioni, e spesso è difficile anche mantenere nel
tempo modalità sperimentali di intervento che si sono dimostrate positive.
Ci occupiamo di assistenza anziani a casa. Eroghiamo solo igiene perché per adesso
abbiamo il regolamento che prevede questo. Quindi non possiamo dare pasti a domicilio,
non possiamo aiutare a fare la spesa e altro, perché ancora bisogna fare un
regolamento nuovo. Poi si vedrà se valutare eventualmente se fare questi altri servizi.
Quest'estate abbiamo introdotto un servizio più completo in vista del problema del caldo
dell'estate. Siccome molti familiari partano e gli anziani si ritrovano soli, i negozi
chiudono, alla fine non sanno dove andare, abbiamo preso un operatore, abbiamo fatto
questo servizio per due mesi e quest’operatore accompagnava gli anziani, li portava in
giro, faceva compagnia, aiutava a sbrigare pratiche, da acquistare medicinali a fare la
spesa, tutte cose così. E stato pure bello perché spesso due o tre anziani erano soli, si è
fatto pure socializzazione… Di fatto è stato un peccato che è durato per poco tempo
difatti molti hanno richiesto il servizio, l’hanno reclamato ma era convenzionato solo per
due mesi. Fa impressione che c’erano magari degli anziani soli nello stesso palazzo, ma
non lo sapevano. Secondo me molta socializzazione si sarebbe creata con questo servizio.
Questa persona era di una cooperativa, è stata preso per questo servizio di intervento
anziani per emergenza caldo. Poi, come servizio magari si aiuta a cercare una struttura
residenziale, quando c’è bisogno di una struttura residenziale, si aiuta, si integra quando
magari ci sono dei problemi con le rette, quando ci sono dei problemi economici. Come
Comune ci occupiamo anche dei vari problemi economici. (AS02PU)
Il servizio sociale comunale si occupa anche della ricerca di un posto nelle strutture residenziali sul territorio.
Non è solo questione di un posto e di eventuale integrazione delle rette,ma si tratta di una presa in carico che
può essere psicologicamente complessa.
Diciamo che con l’andare degli anni mi sono accorta che il ricorso alla residenza
sanitaria sono situazioni magari di Alzheimer…Molte volte sono anch’io che le
indirizzo, quando sono stufa che la gente viene qua e si mette a piangere, mi ha
picchiato, lividi da tutte le parti… Allora li indirizzo, però si fa anche fatica, perché
quando si tratta di coppie spesso dal punto di vista psicologico sono colluse, per cui
vengono qui con lividi da tutte le parti, però la richiesta non la ogliono fare perché si
sentono in colpa… Ecco, allora bisogna aiutare… Per esempio un signore che
comunque soffre di turbe psichiatriche nel senso che tapparelle chiuse, non parla più
con nessuno, cose di questo tipo, quando ho detto alla fine alla moglie “insomma, suo
marito bisogna ricoverarlo”, praticamente è arrivato a fare la pipì in tutti gli angoli
della casa… non si poteva più…. Ci siamo resi conto che lei comunque aveva bisogno di
mantenere il contatto, quindi due, tre volte la settimana io le mandavo una ragazza, una
ASA che la portava dal marito… Adesso il signore è morto e quando è morto
l’assistente sociale della casa di riposo mi ha telefonato e mi ha detto: “Adesso cosa fai
con la signora?”. (AS01PU)
Nella valutazione del servizio sociale, nel caso si attivi un servizio di assistenza domiciliare, sono
importanti molteplici aspetti: i momenti della giornata particolarmente difficili, quali persone stanno attorno
all’anziano in questione, quale/i e quanti assistenti domiciliari abbinare alla situazione particolare.
Colloquio, visita domiciliare, programma e poi si concorda l’inserimento del servizio e
del programma. Scegliamo anche l’assistente domiciliare oltre che per gli spazi
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disponibili magari anche in base al carattere; poi al momento della presa in carico la
mia collega, l’assistente sociale della cooperativa, presenta lei la situazione in équipe,
poi accompagna il giorno dell’avvio del servizio l’assistente domiciliare e presenta la
famiglia, per definire che cosa è lì a fare, e l’assistente inizia poi il servizio
autonomamente, finché non c’è la necessità di rivedersi, perché la persona è peggiorata
e ci sono dei cambiamenti da fare. (AS03PU)
Allora io dico sempre che devo fare una visita domiciliare. La visita domiciliare mi serve
per vedere la persona…anche per il discorso dell’abbinamento della Asa, per dire se è
alta o grassa… e poi mi serve anche capire quale è la rete che c’è attorno, che cosa può
fare la famiglia, perché è chiaro che se uno viene qua e ha una aspettativa che qualcuno
viene dalle otto di mattina alle sei di sera tutti i giorni già lo devo smontare… perché io
integro il lavoro della famiglia… in momenti particolari della giornata. … io al massimo
posso mettere tre ore al giorno, non di più .. per cui igiene, magari il discorso del mezzo
giorno, del pranzo e alla sera la preparazione per mettere a letto .. Più di questo… Ci
sono delle persone che chiedono.., che magari hanno necessità maggiori, allora magari
si cerca di venire incontro, magari si cerca qualcuno privatamente, tipo tre te lo do io e
il resto si integra. (AS01PU)
Gli assistenti domiciliari sono il più delle volte dipendenti delle cooperative che lavorano nel settore; il tipo
di assistenza offerto si basa comunque sulla valutazione e sul progetto costruito con l’assistente sociale dei
servizi comunali.
La domanda diretta la fa l’utente, dopo che è passato attraverso l’assistente sociale.
L’utente contatta direttamente me, io ovviamente chiedo le generalità del paziente,
dell’utente, quindi, l’età, tipo di difficoltà, tipo di intervento. Dopo di che chiedo
all’assistente sociale di riferimento il quale mi manda il progetto che è stato fatto su
quella persona e poi io rispondo a questo progetto vedendo poi se noi possiamo
occuparci di quest’utente oppure se non possiamo perché l’impegno diventa troppo
grosso per l’assistente, perché abbiamo avuto anche richieste di cinque ore al giorno, e lì
diventa molto impegnativo... (COORCOOP01PR)
Quindi una volta fatta la valutazione l’assistente sociale mi dice: “Questa persona ha
questo tipo di esigenza, questo tipo di necessità, ha bisogno di un passaggio settimanale
per l’igiene personale, per esempio un bagno, ha bisogno di essere sollevata perché la
badante da sola non ce lo fa”; allora a quel punto si fanno magari più passaggi, e
magari si istruisce un po’ la badante, perché magari è una persona che non ha ancora
esperienza… Abbiamo anche qualche servizio di sbrigapratiche, però diciamo che è
proprio una minima parte, ritiro ricette etc. (AS03PU)
Altro servizio prezioso per mantenere nel contesto sociale l’anziano è il Centro Diurno, che consente prese
in carico differenziate, in riferimento alla condizione dell’anziano e soprattutto alla presenza o meno di altre
risorse di cura a domicilio (assicurate da familiari, servizi sociali, o volontariato).
Questo Centro Diurno è stato aperto nel 2003 da una cooperativa sociale che da 10 anni
fa servizi domiciliari per gli anziani. Diciamo che proprio da quest’esperienza è nata
l’idea del centro diurno, perché per gli anziani con problemi di demenze è evidente che le
cure domiciliari non erano sufficienti. Poi nel 2000 è nato questo progetto, poi la ricerca
dello spazio e la ristrutturazione della palazzina, si è partiti nel 2003. Abbiamo fatto un
po’ fatica all’inizio perché le famiglie non sanno cos’è un centro diurno, la fatica a farsi
conoscere anche attraverso gli assistenti sociali però dopo 2 anni siamo con venti
persone …praticamente tutti i giorni.
Ecco noi abbiamo scelto di lavorare soprattutto con le demenze o comunque persone
con problemi a livello cognitivo e beh, ci è capitato anche una persona dopo un ictus in
fase riabilitativa però diciamo il 90% sono con problemi di demenze. Sono persone che
non hanno uno stadio molto avanzato, perché essendo centro diurno…non possiamo
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avere persone con problemi molto gravi, soprattutto con problemi comportamentali seri.
Sono persone che vengono qui per avere un po’ di stimoli in più rispetto a casa, quindi
persone ancora presenti, con cui si può chiacchierare e altre persone che invece vengono
qui perché a casa proprio noi riescono più a gestirle. Allora loro hanno un livello più
grave della malattia e vengono qui tutti i giorni. Invece si può anche decidere per due,
tre giorni alla settimana, giusto per avere un sollievo a casa e uno stimolo in più per
rallentare la malattia che comunque è degenerativa. (COORCD01PR)
I servizi comunali possono anche supportare gli anziani attraverso l’erogazione di pasti caldi a domicilio,
modalità di intervento che può essere costruita anche in collaborazione con realtà del privato-sociale.
I pasti a domicilio è un altra cosa che abbiamo come servizi …anche questo è nato nel
‘99, su suggerimento di una cooperativa sul territorio che gestiva anche il telesoccorso.
Io avevo proposto questo tipo di servizio alla amministrazione di erogare il pasto a
domicilio e è nata una sorte di partnership e loro si sono dati da fare con i Lyons…
Un'altra cooperativa ha messo a disposizione un anziano con un pulmino per cui
mettendo insieme i pezzi siamo riusciti a fare questo servizio, i pasti provengono dalle
strutture che servono le scuole… Diciamo che mediamente sempre 24, 25 al giorno. Beh
dopo c’è sempre qualcosa, magari un giorno si mette il dolcetto e il giorno dopo non c’è,
o robe del genere. Meno male è una soddisfazione avere fatto questo servizio. Si
lamentano, si lamentano ma alla fine il giudizio complessivo è positivo, abbiamo fatto
anche un test, questionari anonimi… Così qualcuno vorrebbe il servizio anche il sabato e
la domenica, ma io sono un po’ resistente… (AS01PU)
Questa elevata differenziazione di interventi corrisponde alla necessità di adeguarsi il più possibile alle
diversità di bisogni degli anziani, anche attraverso l’utilizzo di nuove tecnologie: questa domanda di
flessibilità riguarda peraltro ciascun intervento, ed esige flessibilità e creatività anche ai singoli operatori,
ben al di là di quanto prevedibile in un mansionario o in un “progetto di intervento”.
La Teleassistenza viene messa a casa di anziani soli, che sono in difficoltà. Questo
apparecchietto che viene collegato al telefono che sono inseriti una serie di numeri, se
c’è qualche difficoltà l’anziano preme e trova queste persone che lui ha segnalato… che
viene informato che c’è questa emergenza. Possono essere familiari oppure… un
sanitario oppure… in tante situazioni sono io, quando non c’è un familiare, il servizio
funziona anche di sera. Che può succedere che oltre a questo discorso qua del
telesoccorso c’è anche una soluzione diversa in cui viene concordato con l’anziano, una
volta la settimana ad un’ora che l’anziano chiede, lo chiamo per fare quattro
chiacchiere… che è un sorta di vedere se tutto va bene … C’era un signore che non
aveva messo bene il telefono perciò non rispondeva, perciò dopo un po’ bisognava
andare a vedere però questo qui è sordo perciò io suonavo e lui aveva tolto
l’apparecchio perciò. Meno male che mi è venuto in mente, la televisione accesa a
tremila, non so come nel condominio fanno a sopportarlo, mi è venuto in mente di
chiedere a una vicina se c’era un sistema elettrico per togliere la corrente del
condominio… e c’era e siamo andati giù in cantina e abbiamo tolto l’elettricità così la
televisione si spegneva da sola… Dopo di che lui si è spaventato: cosa è successo…mi
sono scusata, però dovevo… (AS01PU)
3.2 Una “vecchia” novità: le badanti
La presenza delle badanti, ormai consolidata anche in questo territorio, chiede ai servizi comunali di
interagire con questa modalità di intervento autogestita dalle famiglie; in particolare le due direttrici
principali sono la formazione/riqualificazione della figura professionale (su cui i servizi sociali possono
realisticamente intervenire con discreta efficacia) e il bisogno di mediare tra domanda delle famiglie e offerta
delle badanti (su cui invece l’ente locale è maggiormente in difficoltà).
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Tra l’altro se ne è discusso al tavolo di lavoro sugli anziani all’ultima stesura per il
piano che stiamo organizzando per il triennio ed è venuta fuori l’esigenza da tutte le
assistenti sociali della zona, di istituire un album di queste badanti a cui poter attingere,
perché attualmente nessuno ha dei corsi di formazione per formare badanti, nessun
Comune, e quindi tutti fanno riferimento o sul passaparola oppure sulle associazioni che
fanno questo tipo di servizio sia a livello di volontariato che a pagamento. C’è il “Santa
Rosa da Lima” di Milano che ha un elenco di queste associazioni e solitamente quando
qualcuno chiede la badante io distribuisco l’elenco e spiego, ma comunque è la famiglia
che direttamente contatta. Oppure anche delle volte capita pure che si libera la badante
e quindi se sappiamo che c’è qualcuno che cerca, noi lo mettiamo in contatto, ma poi
organizzano e se la sbrigano tranquillamente.
Sarebbe veramente difficile, nel senso che, se noi entrassimo e avessimo un ruolo attivo
che cosa potremmo garantire? Niente, perché tutto sommato queste sono persone che noi
non conosciamo, non sappiamo che formazione hanno avuto. Nel momento in cui io mi
metto in mezzo come Assistente Sociale, quindi come Comune perché rappresento
comunque l’Ente, cosa potrebbe far scattare nelle persone che sono alla ricerca di
aspettative di garanzia su queste persone e sul loro modo di lavorare che noi non
possiamo dare! E allora a quel punto è meglio che si contattino fra di loro. (AS04PU)
I bisogni formativi di queste figure professionali spesso sono legati ad aspetti non tecnico-professionali, ma
di motivazione di qualità della relazione; la conoscenza stessa della lingua è evidentemente fattore cruciale
per rendere più o meno semplice la relazione con l’anziano e con la famiglia.
Per la badante, in alcuni casi, alcune veramente sono bravissime perché hanno anche
una età e hanno anche esperienza. Alcune magari sono ragazze, quindi non hanno
tecnica e molte volte non sanno neanche l’italiano…Quindi risulta anche difficile quindi
cercano di imparare l’italiano anche da noi… noi cerchiamo di dire non so tipo “questo
è un asciugamano”, in maniera molto lenta per fare capire anche a loro che serve.
Oltretutto quando incontriamo queste persone, anche lì gioca molto la relazione, la
complicità se vogliamo, perché se con queste persone si riesce ad avere un buon
rapporto, la complicità con la badante riesce ad aiutare lei e ad essere aiutata.
Comunque sai che su questo servizio, su questo specifico caso puoi anche evitare di
portare una collega perché puoi lavorare solo con lei. (ASA01)
Rispetto alla funzione di incontro tra domanda e offerta, per il volontariato è più facile svolgere questa
funzione di intermediario, anche se la scelta non può che rimanere, in ultima analisi, alla famiglia, che dovrà
sostenere il peso relazionale – oltre che economico - di questa soluzione.
Ci occupiamo anche di procurare loro le badanti perché senza volere siamo diventati
anche un sportello per fornire lavoro. Questo appunto è il nostro compito. Diciamo che
sono diversi che vengono. Anche se questo servizio è nato così casualmente. Non era
nato con questo scopo lo sportello, però tutta questa gente, questi immigrati, che
vengono a cercare lavoro passano da lì e allora a questo punto ci siamo ritrovati a farlo.
Ma lo scopo non era quello… però tutto sommato visto che ci chiedono le badanti…
Quindi o direttamente o indirettamente si fa questo tipo di lavoro.
Le badanti vengono loro alla Caritas, e poi secondo le richieste vediamo di collocarle.
Noi facciamo solo da tramite, noi non le conosciamo, la prima cosa che noi diciamo è
“guardate che noi non le conosciamo”, fate il colloquio e vedete. Di solito diamo più di
un nominativo a chi cerca una badante in modo che facciano questi colloqui… Perché
noi non vogliamo interessarci né di quanto né di come anche perché dipende dalle
situazioni degli anziani, che malattie possono avere etc. Ci regoliamo poi in base alle
richieste … Poi c’è da dire che in questi anni siccome ci sono già persone che si sono
avvicendate come badanti, se abbiamo conoscenza di una badante che è già stata da un
altro anziano, chiaro, siamo più sicuri…E possiamo dire guardi che questa badante è già
stata in quella famiglia, vi potete mettere in contatto con la famiglia per sapere come si è
trovata…però, ripeto è soltanto un lavoro di tramite, non è un posto di collocamento...
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Noi chiediamo se hanno il permesso di soggiorno, naturalmente perché altrimenti non si
può, è la cosa principale. Poi comunque per queste cose c’è un ufficio, prima ce
l’avevamo anche noi un ufficio per gli stranieri, poi al primo gennaio di quest’anno il
Comune ha aperto uno sportello e quindi adesso non vengono più da noi ma vanno
direttamente in Comune per le pratiche, per la regolarizzazione. Noi delle cose specifiche
non ci occupiamo. Noi caso mai le indirizziamo dove possono avere le notizie,
informazioni. (VOL02)
Interessante notare che la presenza di una badante non esclude affatto l’intervento dell’assistenza
domiciliare; in questo caso, compito secondario, implicito, dell’assistenza domiciliare può essere anche
proprio la formazione riguardante le tecniche di cura, del resto non solo per le badanti ma anche per i
familiari.
Ho molte situazioni per esempio di badanti che magari hanno a che fare con una persona
difficile, comunque sovrappeso etc. allora io integro magari solo con il bagno
settimanale, oppure un paio di pomeriggi. Oppure anche situazioni dove la famiglia che
io avevo in carico sceglie la badante. Allora io non mollo subito, ma c'è un periodo di
una sorta di addestramento per la badante... Ci sono di tutti i tipi ci sono anche le
furbe… Comunque ci sono anche situazioni in cui io avevo in Sad, magari arriva una
badante, mi chiudono, ci sono invece anche famiglie che magari vanno avanti lo stesso
una volta la settimana magari per il bagno, che si fa vedere come si fa, le tecniche.
(AS01PU)
A quel punto viene anche qui una sorte di soluzione per i figli che non hanno mai avuto
questo tipo di incontro con questa realtà e anche lì si cerca di entrare in sintonia con i
figli affinché anche loro apprendano delle tecniche. Sicuramente siamo un supporto
anche perché ci sono delle tecniche che comunque loro riescono ad apprendere... e
riescono a mettere in pratica perché soprattutto dove ci sono famiglie dove c’è solo il
bagno settimanale, se uno veramente non sa come fare diventa tutto più difficile. (ASA01)
4. Le relazioni tra servizi socio-assistenziali e altri soggetti
La collaborazione con altre professioni, l’infermiera, il fisioterapista, che magari intervengono sulla stessa
persona anziana non autosufficiente, non è la regola. E’ la famiglia che serve da ponte fra operatori. Questo
implica anche una maggiore difficoltà nel costruire un piano complessivo sulla persona e la sua situazione e
nel governare una precisa integrazione tra interventi sociali e sanitari, elemento indispensabile di qualità
delle cure per gli anziani.
Con gli altri operatori può succedere che ci incrociamo. In linea di massimo non siamo
collegati per il momento… Ci vediamo raramente… sappiamo attraverso i familiari.
“Ieri c'è stata l’infermiera, ha detto questo, abbiamo cambiato medicazione”, quella
complicità di cui parlavo prima nel dire come va come non va… Si cerca anche
attraverso i familiari di avere un quadro…(ASA01)
Poca collaborazione diciamo, molto poca. Da quando c'è stata questa divisione fra
sanitario e sociale ci sono proprio due mondi diversi. Grazie al servizio sanitario
comunque gli anziani hanno un servizio di fisioterapia, di infermeria e l'altro. Però
potrebbe esserci una collaborazione migliore, si potrebbe far coincidere l'assistenza
domiciliare con la fisioterapia… (AS02PU)
Per motivi economici è spesso necessaria la collaborazione fra Centro Diurno e servizio
sociale comunale. Poi con gli assistenti sociali c’è anche la possibilità di finanziamento,
diciamo di una parte di contributo del Comune. Noi abbiamo due gruppi: un gruppo ha
un reddito più basso qui nel quartiere e quindi si rivolge ai servizi sociali e un gruppo
invece un pochino più benestante della zona Fiera. Comunque un Centro Diurno è per le
Famiglie resistenti e affaticate: i volti della cura familiare
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famiglie un costo elevato per quanto noi, essendo onlus, cerchiamo di tenerlo proprio al
minimo, però diciamo che per una famiglia è comunque un bel costo perché sono 40 euro
al giorno. Non tutti vengono tutti i giorni della settimana, ma per chi viene sei giorni…è
una bella spesa: 6 per 40 sono 240 a settimana, 1000 euro al mese. (COORCD01PR)
Anche se gli aspetti sanitari della non-autosufficienza non sono compito del servizio sociale comunale,
spesso è comunque l’assistente sociale a dovere informare i cittadini su come e a chi rivolgersi.
Siccome nel tempo è venuto meno un servizio che veniva fatto dalla ASL, il centro
geriatrico, dove io collaboravo, e molta gente la intercettavo lì, direttamente nella Asl.
Da quando è venuto meno questo servizio, perché l’ASL ha ritenuto che il centro
geriatrico costava troppo, a me arrivano anche tante richieste rispetto agli aspetti
sanitari. Mi viene in mente per esempio che le pratiche per l’assegno di
accompagnamento prima venivano gestite dalla ASL. Adesso me le trovo io queste cose
perché essendo l’unica referente che è qui come posto, se una persona non si sa muovere
deve accedere qui. Per informazioni generiche, appunto la domanda di
accompagnamento, sia per avere pannoloni o le varie protesi che servono, quindi
informazioni che riguardano anche la sanità… Poi si rivolgono a me proprio per il
discorso del servizio domiciliare. Io do informazioni generiche dicendo quello che c’è e
anche espressamente spiego come funziona il servizio domiciliare, quali sono le nostre
caratteristiche e cosa bisogna fare per accedere. (AS01PU)
Una maggiore collaborazione fra i vari interventi professionali è peraltro considerata fonte di cura
qualitativamente superiore, e elemento importante per fornire risposte adeguate ai bisogni degli utenti.
Quindi se i servizi si uniscono, per esempio se c’è il passaggio della fisioterapista o
dell’infermiera, allora tutto fa sì che la situazione cambi. Comunque se troviamo un
anziano che è uscito dall’ospedale con piaghe da decubito e comunque è stato a letto e
non ha fatto la fisioterapia o solo una minima parte, è chiaro che qui il recupero c’è se
metti i servizi a disposizione. Allora noi provvediamo all’igiene, l’infermiera alle
medicazioni, e la fisioterapista fa il suo lavoro. Allora tutti insieme se facciamo il nostro
lavoro fatto bene e in una maniera costante la cosa funziona e si riesce a recuperare.
Infatti abbiamo una signora che anche lei è uscita dall’ospedale e adesso ha ripreso a
camminare… non camminava proprio più, beh sta riprendendo… qualora la signora
riprenda autonomia proviamo a vedere se riesce a cavarsela. (ASA01)
Se i servizi sono integrati tra di loro e quindi anche se uno va dal medico di base, si vede
inviare al servizio sociale o il resto, si riesce a prevenire l’incancrenirsi della situazione.
Il cittadino riesce ad avere magari anche all’inizio solo consulenza ma sa dove andare,
sa quelli che sono i suoi diritti… Sennò scoppia, magari spende soldi per acquistare
ausilii che invece può avere di diritto e così via… se uno non sa che può avere un
supporto… può magari rovinarsi da un’altra parte, ma se ne rende conto solo dopo. Non
c’è mai giustamente la lucidità… Non si rende conto finché non deve raccogliere i cocci
della sua famiglia, della sua vita. (AS03PU)
La collaborazione c’è, ci si conosce da anni… tra mille difficoltà, perché bisogna dire,
soprattutto negli ultimi anni, molte colleghe, anche l’organico del servizio sociale
dell’ospedale è stato penalizzato da spostamenti, dimissioni e non è più stato sostituito e
allora anche la collega dell’ospedale non riesce a fare i salti mortali e ad essere
informata di tutto… Noi facciamo solo prestazioni assistenziali, perché per la
riabilitazione o le cure più sanitarie c’è tutto il sistema della ASL, i voucher e tutto.
(AS03PU)
Nel territorio si incontrano poi numerose realtà di volontariato, con attività spesso molto articolate, in
genere con una forte valenza relazionale, di prossimità all’anziano.
Famiglie resistenti e affaticate: i volti della cura familiare
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Diciamo che le famiglie ci conoscono e vengono. Informazioni, il mercoledì dalle 10 alle
12, sono diversi i mercoledì che apriamo dalle 10 fino a mezzo giorno non riusciamo
neanche a respirare, una cosa veramente…Ormai siamo conosciuti ma non solo da
Bollate vengono, ma anche da fuori (comuni limitrofi). Perché poi c’è un passaparola
non… siamo proprio pieni di lavoro, a pensare che all’inizio si stava molte volte tutta la
mattina senza fare niente, adesso c’è il problema opposto…(VOL02)
Ci sono persone anziane che hanno bisogno di tutto: devono telefonare, devono andare
alla visita là…e allora noi le accompagniamo. Lavoriamo come volontari, io consegno
ogni tre mesi i chilometri che facciamo, per dare un piccolo contributo, siamo tutti
pensionati, si mettiamo a disposizione. Noi mettiamo a disposizione noi, il nostro tempo,
la nostra macchina e i nostri soldi. E il nostro modo di fare. Poi ogni tanto il Comune ci
dà un contributo di 40, adesso non mi ricordo se 40 o 50 centesimi a chilometro, però
siamo sempre in coda fermi, però facciamo questo e cerchiamo di fare andare. Tant’è
vero, che se può interessare, nel 2005, abbiamo fatto qualcosa come 2300 trasporti, in
tredici… Poi un’altra cosa ancora, facciamo portare la spesa a casa, tutti i mercoledì c’è
uno dei nostri che va a prendere i vari pacchetti, li porta in casa a queste persone.
Capisce, ogni tanto queste risposte, ma chi siamo? Guardi che non siamo nessuno, ma
siamo la terza mano della famiglia. Se non ci fossimo noi non ci sarebbe proprio
nessuno. (VOL01)
Box 2: Dalla conoscenza all’azione: una circolarità forte
Noi siamo nati una decina di anni fa in seguito ad una ricerca che era stata fatta proprio
a livello della parocchia, il parroco che c’era precedentemente ha fatto questa ricerca, di
quanti erano gli anziani soli nel territorio della parrocchia. E da questa ricerca è nata
proprio l’esigenza di un servizio per gli anziani che non fosse il servizio che dà il
Comune da un punto di vista economico piuttosto che di assistenza più diretta, ma
proprio una compagnia, lo stare insieme a loro, aiutare a fare la piccola spesa, la
chiacchierata, la passeggiata. Ecco è proprio nata da questa esigenza. Poi in tutti questi
anni si è aggiunta questa esigenza di aprire anche lo sportello per le famiglie, non solo
per l’anziano perché le famiglie possono avere questa necessità e quindi rivolgersi a
qualcuno per avere informazioni... Tante volte non sanno a chi rivolgersi e quindi sono
un po’ così … Soprattutto si ha un rapporto diciamo umano con ogni persona, si
sfogano, hanno proprio bisogno di parlare dei propri problemi quindi si sentono
appoggiati … c’è questo senso di solidarietà che aiuta tantissimo…Siamo circa una
trentina di volontari, adesso come anziani direi abbiamo una ventina perché purtroppo
abbiamo un ricambio naturale, o perché mancano, o che vengono ricoverati in casa di
riposo. Attualmente siamo a questo numero. Questi volontari vanno una volta alla
settimana a tenere compagnia all’anziano, lo portano fuori a passeggio, aiutano magari
a sbrigare piccole cose, questo è il compito per cui è nata l’associazione “Permano”.
Poi per esempio l’anno scorso abbiamo avuto la possibilità siccome avevamo ottenuto
un piccolo finanziamento, avevamo promosso anche un progetto di pulizia, d’igiene
domestica, avevamo appunto con questo piccolo contributo avevamo preso una persona
che andava dagli anziani che noi conoscevamo, che avevano appunto difficoltà
economiche, non avevano i figli che potevano fare questo servizio, però purtroppo adesso
i fondi sono terminati … siamo sempre alla ricerca di... perché questo era proprio un
…avevamo aderito come Caritas, ogni tanto in occasione del Farsi prossimo alla
raccolta di indumenti, proprio una settimana, ecco quell’anno è stata proprio destinata a
… è stata una proposta nata al nostro interno, poi è accettata, quindi con questo
contributo abbiamo potuto fare questo servizio, poter offrire anche questo tipo di
servizio. Anche adesso, si vorrebbe anche promuovere la distribuzione dei medicinali a
domicilio, collegandosi con le farmacie comunali per poter dare anche questo servizio
perché molte volte… non sempre hanno qualcuno che può… Poi sempre nell’ambito di
questo servizio da due anni è sorto il servizio della spesa a casa. E stato costituito, in
accordo con la Coop, questo servizio gratuito per la spesa a casa. Per adesso è solo
nell’ambito di questo Comune, poi si vedrà se è possibile allargare alle frazioni.
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Telefonano al centro caritas e dettano la loro spesa, poi si passa in giornata alla Coop,
sempre tramite computer naturalmente e poi l’operatore il giorno dopo alle due prende
le borse che vengono già preparate dalla Coop e vanno portate poi direttamente a
domicilio. Il servizio è gratuito naturalmente. Da quanto ho capito dalla Caritas
ambrosiana si è cominciato anche a Milano in zona Baggio. Sempre in collaborazione
con la Coop, poi l’iniziativa è stata promossa dalla Caritas ambrosiana e noi abbiamo
aderito. (VOL02)
L’attenzione alla dimensione relazionale chiede un ascolto reale delle esigenze dell’anziano, che spesso si
concretizzano in “piccole attenzioni” da rispettare, come ad esempio se far accompagnare una donna anziana
da un volontario uomo o donna.
Si fa un po’ fatica a fare accettare all’anziano questo tipo di servizio forse perché c’è,
non so, sempre un po’ di timore… Ecco, ma c’è anche diffidenza…però mi ricordo che
all’inizio c’era diffidenza anche nell’accettare che il volontario andasse a casa … nel
giro di poco dopo si instaurava un rapporto proprio bello, però inizialmente c’era un po’
di…L’anziano è diffidente per natura… e quindi si fa un po’ di fatica però quando dopo
si instaura un bel rapporto… sono contenti… Poi un po’ perché l’uomo fa ancora più
fatica della donna ad accettare il fatto di avere una persona estranea. Magari per una
donna avere a che fare con un'altra donna è più facile… Però è più facile che la donna
cerchi il volontario uomo, perché noi abbiamo avuto dei casi in cui desideravano andare
non so, mi ricordo che c’era una anziana che voleva farsi accompagnare al cimitero,
allora preferiva appunto perché noi abbiamo anche pochi ma alcuni volontari uomini e
con un uomo si sentiva più sicura perché anche nell’accompagnarla, anche per salire in
macchina, si sentiva più protetta. (VOL02)
Ecco, le persone, il nostro lavoro è molto basato sul rispetto, noi siamo molto rispettati,
personalmente ma neanche i miei colleghi non abbiamo mai avuto problemi di persone
che hanno trattato male, o mancato di rispetto. Come rapporto… ce lo giochiamo tanto.
(ASA01)
Però nello stesso tempo c’è anche il contatto umano… Sicuramente per la persona
anziana è la prima cosa, quando si arriva alla soglia della casa di queste persone, la
prima reazione sia del familiare che dell’utente, è quella del contatto umano. Soprattutto
in questo lavoro si gioca molto su questo aspetto. (ASA01)
Anche il volontariato è ovviamente chiamato a pensarsi “in rete”, a interfacciarsi alla pubblica
amministrazione, che rimane titolare della responsabilità di cura nei confronti degli anziani.
Certo, quando sappiamo di non poter risolvere in prima persona un problema ci
rivolgiamo a chi di dovere, l’abbiamo fatto più di una volta. Noi abbiamo anche proprio
una comunicazione con gli assistenti sociali del Comune, loro si rivolgono a noi e noi a
loro. (VOL02)
Famiglie resistenti e affaticate: i volti della cura familiare
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IL CONFRONTO CON LA PROGRAMMAZIONE ZONALE
Premessa
Si propone qui, senza pretesa di esaustività, una sintetica rilettura del Piano di Zona adottato nel distretto di
Garbagnate, finalizzata a considerare il tipo di attenzione e di progettualità dedicata agli anziani nel contesto
territoriale analizzato; si intende poi confrontare le scelte programmatorie esplicitate nel Piano con quanto
emerso dalla viva voce degli intervistati (famiglie, anziani e operatori di base), per verificarne sintonia,
congruenze ed eventuali distanze. Ovviamente non si pretende qui di “valutare”, nel senso pieno del termine,
la qualità e l’organicità del Piano di Zona, ma solo di individuare possibili piste di riflessione, da consegnare
a chi, nel territorio, dovrà svolgere la vera e propria valutazione dell’attuazione della programmazione
zonale. Conviene anche ricordare, sempre in quest’ottica, che le azioni a favore degli anziani sono svolte da
molti altri attori, spesso assolutamente centrali, che non hanno grossi vincoli operativi nei confronti della
programmazione sociale di zona, in primis i servizi sanitari; in effetti il presente Piano richiama l’attenzione
sulla necessità di migliorare sia il rapporto con il terzo settore che l’integrazione socio-sanitaria (vedi box 3 e
prospetto 1). Quindi alcune “assenze” del Piano di zona sociale potrebbero non costituire punto critico, ma
necessaria limitazione verso le competenze e gli ambiti di intervento di altri soggetti.
Si rimanda in ogni caso alla lettura della versione integrale del Piano di Zona per un verifica più puntuale
delle linee interpretative qui di seguite tratteggiate9. Per comodità di lettura riportiamo in allegato a queste
brevi pagine di commenti alcune delle parti più significative del Piano, con specifico riferimento al settore
qui considerato (azioni a sostegno delle famiglie con anziani fragili); si segnala in particolare il Box 8, che
riporta integralmente la dettagliata e puntuale descrizione delle attività previste per il triennio..
1. Cosa dice il Piano di Zona
Il Piano di Zona 2006-2008 del Distretto di Garbagnate è un documento organico e puntale, (vedi anche
l’indice, box 1) che dedica ampio spazio soprattutto all’operatività futura, senza però dimenticare la necessità
di “ricucire” la nuova triennalità con quanto già attuato nel triennio 2002-2004, riflettendo puntualmente su
criticità e spunti positivi. Molto rilevante sembra anche l’attenzione dedicata alla mappatura dei bisogni,
affidata sia alle conoscenze dirette dei servizi, ma anche ad una analisi sistematica sui dati demografici, e di
quelli, quantitativi e qualitativi, provenienti dai servizi. Un Piano quindi molto pragmatico e attento
all’operatività, mentre appare meno preoccupato del disegno organizzativo e procedurale che deve
alimentare e supportare (come back-office) l’attuazione.
Le difficoltà sottolineate dagli operatori in tema di raccolta dati sembrano in questo senso derivare più
dall’obiettivo di attribuire sempre maggior aderenza delle attività ai reali bisogni del territorio, esigenza
evidentemente più percepibile nel front-office, mentre nel complesso il presente Piano si presenta
comunque fortemente attento a questa dimensione.
Noi non abbiamo fatto il calcolo di quanti anziani sono assistiti, diciamo quale è la
percentuale stimato a livello nazionale di non auto sufficienza… ma rimane il fatto che la
maggior parte è assistita in famiglia. Un altro dato che noi non abbiamo è il numero di
anziani ricoverati in RSA, perché abbiamo come comuni il numero delle persone a cui
viene data un’integrazione della retta però chi va in autonomia non lo si può sapere…Poi
possiamo vedere le case di riposo qua ma poi qualcuno decide di andare fuori
comune…questo è un altro dato che noi non riusciamo a stimare. (ref. Ufficio di Piano)
9
I Piani di Zona dei distretti della Provincia di Milano sono on line sul sito www.provincia.milano.it/affari_sociali/
Famiglie resistenti e affaticate: i volti della cura familiare
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In effetti nel Piano emergono precise indicazioni, evidentemente desunte dalle attività nel triennio 2002-2004
(il Piano precedente), a documentazione di una attenzione non marginale alla valorizzazione del “patrimonio
informativo” che l’operatività potenzialmente porta con sé, ma che non sempre viene valorizzata, a fronte dei
vincoli di tempo, risorse ed energie finanziarie ed umane, spesso esclusivamente dedicate all’operatività (vedi
box 5, che esplicita un “profilo utente anziano” di grande realismo e potenzialità di orientamento per le scelte
programmatorie successive).
Le priorità esplicitate nel Piano (box 2) confermano poi una forte consapevolezza dell’importanza di un
disegno d’insieme, capace di tenere insieme i diversi attori, le diverse dimensioni delle politiche sociali, in un
approccio globale che va al di là della sola integrazione tra sociale e sanitario, pur cruciale per gli interventi
sulla condizione anziana, cui comunque viene riservata specifica attenzione nel Piano (box 3), confermata poi
anche dalle interviste agli operatori.
L’unico problema in realtà è un po’ quello di avere una visione più completa… per
esempio l’unità di valutazione geriatrica era molto utile, come orientamento per gli
assistenti sociali, su che tipo di intervento fare e proporre l’assistenza domiciliare, il
centro diurno…
Invece così com’è adesso è molto pesante perché l’unico operatore che ha in mano
diciamo l’anziano è l’assistente sociale che va bene per il lato assistenziale però quando
uno è di fronte a situazioni patologiche molto pesanti… Per esempio per i centri diurni
c’è un’équipe mista che valuta le persone, ma a volte non basta perché al nostro centro
diurno è capitato un caso gravissimo che nessuno si è reso conto che si è aggravato, però
almeno c’è un medico, una infermiera, c’è una visione complessiva dei problemi…
Se uno poi ha buoni rapporti coi medici di base parla con i medici di base, ma non è
sempre così. Quello è un aspetto diciamo difficile (l’incontro assistenza/sanità); però per
il resto sui anziani c’è una rete abbastanza fluida…
Il Tavolo (anziani) è stato riunito per tutto il periodo che fosse stato definito il Piano.
Adesso non ci si vede più perché lavora su alcuni aspetti che sono nati dalla discussione
del Piano di Zona. Per esempio in quest’area è difficile il rapporto con la Sanità. In
particolare noi non abbiamo ambulatori di geriatri e quindi chiunque abbia bisogno di un
geriatra o paga privatamente o può rivolgersi all’ospedale. E quindi uno dei compiti di
questi gruppi di lavoro, sono dei piccoli gruppi che dovrebbero andare a esaminare
alcuni aspetti specifici… uno è proprio il rapporto con la sanità. (ref. Ufficio di Piano)
Analoga attenzione viene riservata alla partnership con la Provincia di Milano, la cui partecipazione
all’elaborazione del Piano ha costituito risorsa preziosa (box 4), in effetti la presenza della Provincia ha
anche consentito di affrontare in modo meno drammatico la costante diminuzione di risorse per
finanziare le attività.
Adesso la Provincia ha partecipato ai Piani di Zona con fondi propri e privilegiando
diciamo l’aspetto della programmazione decentrata: anziché dire faccio io a fare
l’intervento, facciamo il progetto insieme e la Provincia vi destina una parte dei soldi, per
cui per esempio nell’area degli anziani l’anno scorso ha dato parecchi soldi per
finanziamenti per investimenti in ristrutturazione piuttosto che per acquisto di ausili…
per potenziare i servizi per gli anziani.
Con questa attenzione, andare in diversi territori e dire di che cosa avete bisogno, allora
io ho questi soldi a disposizione e progettiamo insieme… e cerchiamo di realizzare questa
cosa… poi loro adesso stanno facendo ancora per anziani e disabili la teleassistenza, a
carico della Provincia; però adesso non si può più segnalare nessuno. (ref. Ufficio di
Piano)
Famiglie resistenti e affaticate: i volti della cura familiare
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Del resto il tema delle risorse economiche costituisce anche uno dei codici di interfaccia tra utenti e
servizi comunali, soprattutto a fronte di una eterogeneità di scelte, da parte dei vari Comuni del Distretto,
che rende poco “equo” e ragionevole, agli occhi degli utenti, i vincoli; questa disparità, in pratica, si
traduce in scelte poco comprensibili da parte degli utenti, che vedono il residente di un Comune pagare
una prestazione in modo cospicuo, a fronte dell’utente del Comune limitrofo, che paga un costo molto
minore (quando non addirittura nullo) per la stessa prestazione; giustamente a questo riguardo l’operatore
evidenzia che agire a livello distrettuale dovrebbe/potrebbe generare maggiore omogeneità – e
trasparenza - di trattamento.
I servizi hanno modalità diverse, ogni Comune ha una sua organizzazione e uno degli
obiettivi del piano di zona e quello di rendere omogeneo l’intervento, i criteri per cui una
persona può accedere al servizio. Perché alcuni per esempio anche gli Asa, l’assistente
domiciliare li fanno pagare, ci sono Comuni che non fanno pagare niente, sono situazioni
diverse anche per le famiglie.. Un altro compito è della omologazione dei criteri di
accesso ai servizi. Ci sono 13 Comuni ci sono 13 regolamenti per l’assistenza
domiciliare; dovremo farlo diventare uno solo.
Così per quanto riguarda le rette, di ricovero di istituto piuttosto per l’accesso ai centri
diurni. Se l’anziano è in condizioni economiche svantaggiate ha un livello di reddito x,
deve corrispondere un contributo “x” dovunque sia, non 100 a Garbagnate … e 200 a
Bollate. Anche perché le famiglie lo sanno, si confrontano anche per le case di riposo. Il
Comune di Garbagnate mi dà un integrazione di 1.000 euro al mese, il Comune di
Lazzate mi dà nulla.
Le famiglie lo sanno benissimo; infatti è uno dei problemi di avere una politica
sovracomunale finché non c’è un minimo di omogeneità, magari non su tutto, ma almeno
sui servizi. E un percorso difficile, poi un po’ sono scelte politiche diverse, qualcuno può
scegliere di far pagare nessun servizio, decidere se far pagare la pulizia e altri no, scelte
politiche da una parte, dall’altra è un problema di soldi.
Quest’anno il fondo nazionale per le politiche sociali è diminuito del 40 %. Noi abbiamo
mantenuto quello sui buoni e abbiamo ridotto un po’ le quote a disposizione sui voucher
perché… bisogna anche pensare a tutti gli altri aspetti del piano di zona. Per quanto uno
cerca di essere virtuoso…e la prospettiva non è che va a migliorare questo. In più anche i
Comuni hanno seri problemi di bilancio… (ref. Ufficio di Piano)
Famiglie resistenti e affaticate: i volti della cura familiare
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2. Quale confronto con le aspettative delle famiglie
La sommaria lettura qui operata del Piano di Zona del Distretto di Garbagnate sembra indicare che questo
strumento ha una elevata connessione con la concreta operatività dei servizi; in esso sembra presente
l’attenzione alle famiglie (vedi le priorità operative indicate alla fine del box 8 e nel box 9, in cui sono
ribadite attenzioni specifiche alle esperienze di auto mutuo aiuto e al voucher come strumenti di sopporto
diretto all’anziano), ma nel complesso la logica del piano di azione sugli anziani sembra privilegiare le
capacità operative del settore sociale, prima ancora che l’interazione sinergica con le reti familiari e
relazionali degli anziani.
Il presente lavoro offre quindi una opportunità specifica, che non sempre è possibile: la possibilità di operare
un confronto tra quanto esplicitato nel Piano e il mix di bisogni, domande, esigenze e fragilità di cui i
cittadini, destinatari, delle prestazioni, sono portatori, in modo più o meno consapevole. In altre parole in
questa sede possiamo confrontare i bisogni di una categoria specifica di persone (le famiglie con anziani
fragili), descritti “con la loro voce” (la prima parte del report di distretto) con quanto il sistema dei servizi
socio-assistenziali del territorio in cui vivono intende realizzare proprio in risposta ai loro bisogni. La
maggiore o minore congruenza e/o sintonia tra le due mappe potrà aiutare a definire l’adeguatezza della
programmazione (e quindi dell’operatività dei servizi); anche in questo caso non si pretende di realizzare una
valutazione compiuta e globale, ma di introdurre alcuni interrogativi e novità di lettura, su cui poi gli
operatori e i responsabili della programmazione zonale potranno e dovranno confrontarsi.
I BISOGNI ESPRESSI DALLE FAMIGLIE
a) Bisogno di sostegno
-
Bisogno di superare la solitudine
Bisogno di sostegno psicologico per il grosso carico emotivo di dedicarsi a
persone con demenza
Bisogno di essere sostenute nel riconoscimento e nell’accettazione di una
situazione che si deteriora
Bisogno di condivisione dei compiti di cura e accadimento
b) Bisogno di salvaguardarsi
-
Bisogno di tempo per prendersi cura anche di se stessi
Bisogno di non arrivare a sentirsi in colpa perché esasperati
Bisogno di essere tutelati sul lavoro per le necessarie frequenti assenze
Bisogno di ridefinizione dei tempi e degli spazi familiari
c) Bisogni di comprensione e attenzione
-
Bisogno di non sentirsi umiliati a chiedere aiuti
Bisogno che gli aiuti e i servizi siano fatti con il cuore
Bisogno di essere ascoltati
Bisogno di essere rispettati e trattati in maniera dignitosa
d) Bisogni di semplificazione nei rapporti con i servizi
-
-
Bisogno del rispetto dei tempi e degli orari concordati con i servizi
Bisogno di un rapporto “più semplice” con la Asl
Bisogno di procedure burocratiche più semplificate
Bisogno di informazioni
Bisogno di ridurre i tempi di attesa
Bisogno di soluzioni di supporto più economiche
Bisogno di maggiore disponibilità da parte dei medici di base di uscire in caso
di bisogno
Le esigenze delle famiglie e degli anziani trovano espressione su tre principali direttrici:
- una domanda di supporto e sostegno, di fronte ad un compito molto impegnativo;
- una richiesta culturale di “riconoscimento sociale”;
- un bisogno di corretto ed efficace interfaccia con i servizi socio-sanitari.
Famiglie resistenti e affaticate: i volti della cura familiare
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Il primo nodo evidenzia un grado di affaticamento di grande rilevanza per i sistemi familiari impegnati
nella cura dei propri anziani fragili, e chiede ai servizi e agli operatori di affrontare la sfida della cura a
domicilio degli anziani considerando l’anziano, solo il care giver di riferimento ma anche il sistema
familiare di quest’ultimo, che è, ricordiamolo, in genere una donna di mezza età o una “giovane
anziana”; i compiti di cura richiesti impongono infatti una riorganizzazione dei tempi di vita non solo del
singolo care giver, ma di tutto il sistema familiare (coniuge, figli adolescenti, spesso anche nipoti in età
prescolare). A volte, inoltre, il “bisogno di condivisione dei compiti di cura e accudimento quotidiani”
non è indirizzato tanto ai servizi pubblici, ma rimanda al resto del sistema familiare, che spesso e
volentieri delega ad un’unica figura (perché più vicina, perché figlia femmina, perché l’unica disponibile)
i compiti di cura; basterebbe , in molti casi, un maggiore interessamento (reale) da parte di altri figli,
fratelli o parenti per sostenere il care giver nel suo difficile compito. Particolare attenzione sembra essere
richiesta al sostegno psicologico ed emozionale, di fronte alla progressiva fragilità e dipendenza del
proprio parente anziano (genitore, in genere) .
Il secondo tema rimanda ad un atteggiamento culturale di grande interesse, perché esplicitato a partire
dall’esperienza concreta delle famiglie, prima ancora che da una riflessione teoretica; i care giver infatti
sembrano soffrire soprattutto la necessità di “dover chiedere” (bisogno di non sentirsi umiliati a chiedere
aiuti), di non essere capaci di bastare ai bisogni dei propri cari, sentendo su di sé quindi su di sé uno
stigma di incapacità, di inadeguatezza, che per certi versi potrebbe trovare sintonia con una percezione
interna, del care giver dell’inevitabile scarto tra il grado di impegno necessario per la cura del proprio
parente anziano non autosufficiente, oggettivamente impossibile da supportare “in quanto famiglia”;
eppure queste famiglie sembrano dire che se questo loro compito di cura fosse riconosciuto socialmente,
fosse esplicitamente riconosciuto, potrebbero “restare nel gioco della cura” con molta maggiore
determinazione.
Il terzo aspetto rimanda invece più puntualmente al rapporto tra queste famiglie e il sistema dei servizi
socio-sanitari; emerge a questo riguardo una duplice aspettativa/richiesta; in primo luogo si segnala una
fatica comunicativa e di orientamento, a fronte di un sistema che forse proprio per la complessità ed
eterogeneità di linguaggi e di soggetti rende difficile il ”viaggio degli utenti”; le prestazioni per gli
anziani sono effettivamente erogate da servizi sociali comunali, da quelli sanitari, dal sistema
burocratico-previdenziale, dal terzo settore, e ciascun attore ha propri linguaggi, percorsi di accesso,
procedure e meccanismi operativi. Appare qui con grande urgenza la centralità di costruire strumenti di
accompagnamento e di orientamento che nella figura del case manager potrebbe trovare lo strumento
metodologico privilegiato, per non restare gli anziani e le loro famiglie “sole di fronte al “labirinto dei
servizi del territorio”. In questo gli operatori sociali dei servizi comunali potrebbero essere risorse
strategiche insostituibili. La richiesta esplicita al medico di base appare un rinforzo per questa esigenza,
probabilmente connessa ad un progressivo venire meno ad una funzione che questa figura spesso
assolveva, di cura complessiva del sistema familiare oltre che delle storie di salute individuali. In questo
anche le scelte lessicali hanno probabilmente un significato che va al di là delle intenzione; sembra quasi
che le famiglie qui intervistate abbiano una sorta di nostalgia del “medico di famiglia”, che parlava la
loro lingua, mentre siano in difficoltà di fronte al più tecnocratico “medico di base” (che, infatti, va
sempre più raramente a casa degli assistiti).
Non mancano poi richieste più specifiche, più legate alla qualità intrinseca delle prestazioni, come la
domanda di maggiore flessibilità, tempestività o economicità degli interventi; ma su questo sarà il
sistema di monitoraggio e valutazione costruito a supporto della programmazione di Piano che dovrà
individuare indicatori di qualità e fornire un reporting adeguato.
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BOX 1: INDICE PIANO DI ZONA 2006- 2008
capitolo primo
Il Piano di Zona 2002-2004: un bilancio pag. 3
1.1 Le azioni
1.2 I numeri
1.3 La spesa sociale dei Comuni
1.4 Le criticità interne e esterne
1.5 Gli spunti positivi: le relazioni istituzionali, il terzo settore
capitolo secondo
Il nuovo Piano pag. ..
2.1 Gli indirizzi
2.2 Le tappe operative
capitolo terzo
La partnership con la Provincia di Milano pag. ..
capitolo quarto
Lo stato delle povertà nell’Ambito pag. ..
3.1 Introduzione
3.2 La ricerca
3.3 Prospettive
capitolo quinto
Le aree di intervento pag. ..
4.1 Gli anziani
4.2 I minori e famiglie
4.3 I giovani
4.4 Le persone disabili
4.5 L’area inclusione sociale (le povertà immateriali e i nuovi cittadini)
capitolo sesto
Gli obiettivi pag. ..
6.1 Le azioni di sistema
6.2 Le azioni di piano
capitolo settimo
Il budget pag. ..
Famiglie resistenti e affaticate: i volti della cura familiare
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BOX 2: LE PRIORITÀ DI PIANO
Individuazione delle priorità
L’esperienza del primo Piano di Zona , gli obiettivi raggiunti, le problematiche emerse e affrontate nel
triennio di attuazione del Piano stesso consentono di individuare già alcune priorità-guida per
l’elaborazione del nuovo Piano.
In particolare si sottolinea:
- la sperimentazione della partnership con la provincia di Milano, sia riferita alle competenze assunte dai
Comuni con l’approvazione della Legge regionale 34/2004, sia relativamente alla disponibilità della
Provincia di messa in rete di risorse e gestione delle attività legate all’Area Anziani e Disabili
Sensoriali, secondo il percorso già avviato;
- un fuoco specifico sulle problematiche dell’area Minori, in riferimento alla Legge 34 e ai nuovi
orientamenti della ASL sui servizi consultoriali (che non comprendono gli interventi cosiddetti “di
comunità”, rivolti alle famiglie e alle scuole in ordine al disagio minorile);
- l’avvio di processi di omogeneizzazione dei criteri per l’accesso ai servizi, in osservanza ai principi di
equità sanciti dalla legge 328;
- la prosecuzione dell’attività dell’Osservatorio povertà, che comprenda uno studio approfondito sul
problema-casa e lavoro giovanile, oltre alla individuazione di modalità omogenee di raccolta dati
sull’utenza dei Servizi;
- l’attenzione al coordinamento delle politiche sociali del Piano di Zona con le politiche della casa, del
lavoro, della formazione, individuando –ove possibile– modalità di integrazione.
Famiglie resistenti e affaticate: i volti della cura familiare
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BOX 3: MIGLIORAMENTO DELL’INTEGRAZIONE SOCIO-SANITARIA
Tutti i tavoli di Area hanno segnalato le gravi difficoltà di rapporto organico con l’ASL e l’Azienda
Ospedaliera nella concertazione di progetti e interventi e sono stati rilevati bisogni di carattere sanitario e
socio-sanitario verso i quali occorre intervenire con azioni di promozione e sensibilizzazione.
In particolare:
- per l’Area Anziani, i problemi di informazione e di accesso ai servizi ASL e la disponibilità delle
prestazioni geriatriche pubbliche sul territorio;
- per l’Area Disabili, la necessità di avere riferimenti per le diagnosi e il trattamento dei disabili adulti non
presi in carico dalla Psichiatria, ma più in generale tutte le interconnessioni legate alla presa in carico dei
disabili, minori e adulti (integrazione scolastica, tutela minori, accesso ai Centri Diurni e residenziali, ecc.);
- per l’Area Inclusione Sociale i bisogni di assistenza, alloggio, occupazione, socializzazione e reinserimento
dei malati psichici, da coordinarsi con gli interventi di cura.
- Per l’Area Minori e famiglie: i raccordi con i Servizi Consultoriali, il Centro Adozioni, il Servizio per
l’Abuso all’infanzia, l’accesso alle psicoterapie, il trattamento dei minori con disturbi psichiatrici;
- Per l’Area Giovani le strategie di approccio e la definizione delle competenze e collaborazioni nella
prevenzione, trattamento e reinserimento dei soggetti consumatori di sostanze.
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MIGLIORAMENTO DELL’INTEGRAZIONE SOCIO-SANITARIA
Famiglie resistenti e affaticate: i volti della cura familiare
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BOX 4: IL PARTENARIATO CON LA PROVINCIA DI MILANO
Nel luglio 2005 è stato sottoscritto con la Provincia l’accordo di parternariato che riportiamo
integralmente:
<< La scelta della Provincia di Milano di promuovere e supportare il sistema delle Autonomie Locali si sta
concretizzando in una molteplicità di azioni di sistema, nelle diverse aree di sviluppo e nel rispetto delle
competenze di ogni soggetto. In riferimento al welfare, locale e comunitario,e, nello specifico, al sistema
integrato di interventi e servizi, l’incontro tra Comuni e Provincia avviene su un terreno innovativo qual è
quello dei processi programmatori locali.
La promozione del sistema delle autonomie locali si realizza attraverso un supporto nella fase di adozione
dei Piani di Zona, di cui all’art. 19 della legge 328/00, e nelle fasi di successiva traduzione degli obiettivi in
progettazione, gestione, monitoraggio e valutazione delle azioni e dei processi locali.
All’interno di tale scelta promozionale, particolare rilievo assume la volontà espressa da Provincia e
Comuni degli Ambiti summenzionati di sperimentare una forma di partenariato, a far tempo dal secondo
semestre 2005 e per l’intera durata del prossimo Piano di Zona, che ha come oggetto la partecipazione
provinciale allo sviluppo del welfare locale attraverso la messa in rete di responsabilità, competenze, risorse
economiche, nelle aree di intervento a favore di:
Minori e famiglie;Anziani; Disabili sensoriali; Immigrazione e adulti in difficoltà.
Grazie a un processo di interazione a livello istituzionale, con il supporto di un tavolo tecnico, si è giunti ai
seguenti punti condivisi con tutti i comuni di cui all’allegato A.
Oggetto della partnership: le politiche dei servizi alla persona.
In particolare:
a) nell’area degli interventi a favore dei minori e delle loro famiglie.
In seguito all’entrata in vigore della legge regionale 34/2004 e al trasferimento delle competenze ai comuni
delle funzioni prima gestite dalle Province , la Provincia di Milano, che ha gestito tali interventi fino a tutto
il 30.06.2005, intende garantire a tutti i comuni dei quattro Ambiti, per il secondo semestre dello stesso
anno, un sostegno economico erogato attraverso i comuni capofila e equivalente alla spesa del primo
semestre 2005, al fine di facilitare il più possibile la situazione di passaggio e di nuova presa in carico dei
casi.
I diversi Ambiti si impegnano ad utilizzare tali somme nel secondo semestre del 2005 per potenziare gli
interventi di prevenzione e tutela nell’ambito delle politiche minorili. Tali risorse saranno conferite con
ulteriori atti gestionali;
b) interventi a favore degli anziani.
La Provincia continua, per tutto il secondo semestre, la gestione del progetto di Teleassistenza estendendo
tale servizio a tutti i Comuni dei quattro ambiti territoriali, coinvolti nella sperimentazione della
partnership.
La Provincia garantisce la continuazione dell’assegnazione di un contributo mensile agli anziani dei
Comuni dei 4 Ambiti già individuati e sostenuti con il progetto “Due cuori e una famiglia”, fino ad
esaurimento del progetto.
I Comuni dei quattro Ambiti si impegnano a gestire i progetti personalizzati, rivolti ai singoli anziani,
all’interno dei quali sono garantite la provvidenze Provinciali;
c) Interventi a favore dei disabili sensoriali.
Si richiama la delibera di Giunta Provinciale N. 368/05, atti N. 109074/800/01, del 25 maggio 2005,
all’oggetto “Avvio della qualificazione del servizio a favore dei disabili sensoriali nell’anno scolastico
2005/2006
La provincia è titolare della competenza relativa ai disabili sensoriali.
I progetti di assistenza garantiti attraverso la figura dell’assistente alla comunicazione sono ora costruiti
grazie alla collaborazione tecnica degli operatori dei Comuni della Provincia.
L’individuazione delle forme gestionali riferite alle prestazioni, l’incarico, la liquidazione delle spese
avviene a carico dei Comuni dell’Ambito nelle forme e modalità definite per la gestione unitaria di tali
prestazioni e con oneri sostenute dalla Provincia all’Ambito attraverso i Comuni capifila, all’interno del
budget prefissato e già approvato con la Deliberazione più sopra riportata;
d) Nell’area delle politiche dei servizi sociali.
La Provincia per il 2° semestre 2005 mette a disposizione dei 4 Ambiti una quota pari a un milione di euro,
quale contributo incentivante la qualità del welfare comunitario e i processi di costruzione dei Piani di
Zona. Con tale sostegno economico, si intendono:
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• potenziare gli Uffici di Piano,
• qualificare le azioni di sistema, con particolare riferimento allo scambio di dati e informazioni riferiti a
finanziamenti e a procedure a valere su livelli nazionali, regionali, provinciali e comunali. Gli Ambiti
sottoscrittori il presente documento e la Provincia si impegnano a identificare anche idonei strumenti
informativi per implementare il sistema di flusso di dati necessario per il funzionamento dell’Osservatorio
per le politiche sociali, in coerenza con le attività sperimentali avviate dalla Provincia di Milano.
• favorire l’adozione di progetti, comuni con quelli provinciali, di sviluppo e innovazione nell’area della
assistenza agli anziani non autosufficienti, ai disabili, ai minori e alle famiglie (es. supportare l’Adi/Sad con
strumentazione teconologica).
Le risorse della Provincia sono finalizzati a sostenere il processo programmatorio 2005/2006 – 2007/2008 e
sono garantite annualmente, con specifici atti amministrativi gestionali, per l’intera vigenza del secondo
Piano di zona. La quota del 2005/2006 è ripartita con i criteri e nelle entità, di cui all’allegato “B” alla
presente Intesa, e risulta quale parte integrante della stessa.
Premesso quanto sopra specificato, la Provincia di Milano e i Comuni dei quattro Ambiti territoriali
si impegnano a:
1. formalizzare l’Intesa attraverso la sottoscrizione di uno specifico atto gestionale a cura della Provincia di
Milano e dei quattro Comuni capifila dei quattro Ambiti;
2. collaborare nella fase di costruzione e realizzazione del secondo Piano di Zona 2006-2008, secondo le
modalità che verranno successivamente indicate dal Tavolo Istituzionale;
3. effettuare un monitoraggio e una valutazione periodica della partnership, grazie ai lavori del Tavolo
Tecnico e attraverso il Tavolo Istituzionale già insediato e composto da (…)>
L’Ambito di Garbagnate vedrà una consistente integrazione delle risorse a disposizione per la realizzazione
degli obiettivi del secondo Piano di Zona, il cui utilizzo è stato a grandi linee individuato negli obietti di
piano, a cui si rimanda.
La Provincia formalizzerà l’impegno di partnernariato attraverso la sottoscrizione dell’Accordo di
Programma.
BOX 5: LE AZIONI DEL PIANO 2002-2004
Prendendo in esame le singole priorità, è possibile verificare gli obiettivi
raggiunti, le criticità e gli obiettivi non raggiunti.
a) il sostegno alla domiciliarità
L’analisi dei servizi esistenti ha evidenziato la diffusione sul territorio del
distretto di servizi quali l’Assistenza domiciliare, i pasti a domicilio, il
telesoccorso, servizi di compagnia e sostegno.
L’obiettivo è stato perseguito attraverso:
- i Buoni Sociali, cioè contributi dati alle famiglie che mantengono al domicilio
anziani non autosufficienti. Nel 2003 sono stati erogati a chi già li aveva
ottenuti dalla Regione, mentre nel 2004 si è preparata una nuova graduatoria
secondo i criteri proposti dai tecnici e comuni per tutto il territorio. I criteri
sono stati sottoposti a revisione dopo il primo anno da parte di un gruppo di
assistenti sociali operanti nell’area anziani. Dall’analisi delle domande
pervenute il gruppo di lavoro ha desunto alcune importanti informazioni. Da
esse si è potuto tracciare un identikit del beneficiario:
di sesso femminile di età compresa tra i 76 e gli 88 anni
con assegno di accompagnamento affetta da morbo di alzheimer o demenza
senile; vive sola o con coniuge non autosufficiente ed ha l’aiuto di un
familiare; con reddito ISEE fino a Euro 7.000,00 se sola
fino a Euro 10.000,00 se in nucleo familiare.
L’obiettivo di sostenere le situazioni a maggior peso assistenziale per la
famiglia, a cui in sede di costruzione dei criteri si era pensato, sembra
raggiunto. Rimane pur tuttavia da affrontare il problema di tutti coloro che,
pur rientrando nei criteri, non riescono a fruire del beneficio.
• i Voucher, titoli per l’acquisto di prestazioni sociali (interventi domiciliari
assistenziali ed educativi). Nel 2004 i tecnici hanno studiato i criteri per
l’accreditamento dei soggetti fornitori di servizi ed è iniziata l’erogazione
dei voucher in via sperimentale. I tecnici hanno scelto di utilizzare il
Famiglie resistenti e affaticate: i volti della cura familiare
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voucher, indicazione vincolante della Regione in termini di strumento, ma
non di campo di applicazione, per ampliare e/o potenziare il servizio di
assistenza domiciliare (coi voucher, infatti, si possono ottenere fino a 18
ore settimanali di servizio, maggiori di quelli previsti per il SAD
comunale). I criteri per l’accesso sono quelli dei singoli comuni, quindi
non omogenei sul territorio del distretto. La scelta di mantenere criteri
omogenei per Comune non risponde alle indicazioni della legge 328
rispetto all’equità dell’accesso ai servizi nell’Ambito, ma – in via
transitoria – si è preferito avere condizioni di accesso omogenee allo stesso
servizio per ogni Comune piuttosto che creare due canali e criteri diversi di
accesso allo stesso servizio.
• il Centro Diurno Integrato, che risponde alle esigenze di anziani
parzialmente autosufficienti. A settembre 2003 ha iniziato la sua attività il
Centro di Paderno, attivato dal privato sociale e si è recentemente aperto
anche il CDI di Garbagnate, affiancandosi agli altri due già esistenti.
Inoltre, obiettivi comuni all’area anziani e disabili sono stati il sostegno ai care
giver familiari e la razionalizzazione del trasporto in ambito distrettuale.
Il primo obiettivo ha avuto uno sviluppo positivo. Privilegiando Comuni nei
quali non fossero già presenti cooperative sociali che, grazie ai finanziamenti
della L.R. 23, avevano avviato esperienze di questo tipo, sono stati attivati 2
gruppi di automutuoaiuto per famiglie con anziani e 3 gruppi per famiglie con
disabili. L’esperienza è stata positiva, e pertanto è stata rifinanziata per il
secondo anno, anche se necessita di ulteriori approfondimenti, che potranno
essere un obiettivo del prossimo Piano.
Non è stato raggiunto, invece, l’obiettivo di creare nell’ambito del distretto una
rete di trasporti che favorisse l’accesso ai servizi. Sia il volontariato che il
terzo settore si è detto non in grado di estendere il servizio, che parecchi
attuano in convenzione col proprio comune, a livello sovracomunale.
BOX 6: LA SPESA SOCIALE PER ANZIANI
Si sono esaminati tre interventi, relativi all’Assistenza Domiciliare, ai contributi economici e ai ricoveri in
RSA.
Il Servizio di Assistenza Domiciliare è rimasto stabile ed ha riguardato 549 cittadini per una spesa di circa
1.140.000,00 all’anno (ca. 2.000 euro pro-capite), ma l’attività è stata incrementata attraverso l’erogazione
dei voucher sociali che ha riguardato 161 utenti.
I dati non comprendono l’attività del Comune di Solaro, che svolge il servizio attraverso l’Azienda
Comunale.
L’assistenza economica, rendicontata specificamente da 8 Comuni su 11 (si ricorda che i dati di Baranzate e
Bollate sia per il 2003 che per il 2004 sono indivisi), nel 2004 ha riguardato 162
anziani, con una spesa di 123.000,00 euro.
Il dato non comprende, sia per questa area che per le altre, il Fondo Sociale Affitti, contributo a prevalente
carico della Regione, che tuttavia i Comuni integrano in misura sempre maggiore.
Occorre dire per altro che alcuni Comuni non hanno suddiviso i contributi economici per Aree e quindi si è
ritenuto di valutare questa voce anche come aggregato.
Per quanto riguarda le integrazioni delle rette per i ricoveri in RSA (voce non compresa dalla scheda
regionale nell’Area Anziani, ma in quella dei Servizi Socio-sanitari) la spesa è passata da 278.000,00 euro a
403.800,00 (per 57 e 85 anziani), ma nel 2003 il Comune di Paderno non ha esposto la spesa e per il
Comune di Bollate manca il dato di entrambi gli anni.
BOX 7: I BISOGNI INSODDISFATTI DEL TERRITORIO
Sono stati segnalati 102 singoli problemi, accorpati successivamente entro 17 macroaree problematiche. La
macro-area problematica con il maggiore grado di priorità è quella del problema casa, con un punteggio
medio pari a 8. Seguono a breve distanza una serie di problematiche, come quella degli anziani (7,8), a pari
Famiglie resistenti e affaticate: i volti della cura familiare
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merito i problemi relativi ai trasporti pubblici e la persistenza della povertà economica (7,4), l’handicap (7,1)
e il fenomeno dell’immigrazione (7).
Il comune dove il problema dell’alloggio ha riscosso il punteggio di gravità più elevato è quello di Novate
(punteggio medio: 8,9). Al secondo posto si colloca il problema dell’accesso all’alloggio, con particolare
riguardo alla carenza di offerta nell’ambito dell’edilizia popolare pubblica. Questo problema ha riscosso 20
segnalazioni specifiche, in tutti i comuni del Distretto (4 segnalazioni a Senago e Solaro).
La seconda area problematica per ordine di priorità si riferisce alla condizione anziana.
I comuni nei quali tale situazione è percepita in termini di grave allarme sociale sono quelli di Garbagnate
(punteggio: 9,4), Limbiate (8,3), Novate (8,5) e Solaro/Cesate (8,5). Tra i problemi degli anziani viene
sottolineata la necessità di assistenza domiciliare, la solitudine, la malattia, il processo più generale di
invecchiamento della popolazione, il costo delle case di riposo, la condizione di non autosufficienza. (…)
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BOX 8: LE AREE DI INTERVENTO: DAL PIANO 2003-2005 AL PIANO 2006-2008
GLI ANZIANI (testo analitico)
Gli anziani
1 • I Dati
La popolazione anziana, così come è noto, ha subito in questi anni un incremento costante: i dati dell’ultimo
censimento ISTAT del 2001 segnalavano che le persone ultrasessantacinquenni rappresentavano poco più
del 18% dell’intera popolazione residente in Italia. Su una popolazione totale di 56.995.744 di residenti, le
persone anziane nel 2001 erano quindi complessivamente 10.645.874. La provincia di Milano nel 2001
aveva una popolazione anziana del 17,6% della popolazione totale residente, e nel 2004 tale percentuale è
salita al 19%. Il dato significativo è certamente l’aumento costante della speranza di vita che se da una
parte induce ad elaborare programmazioni territoriali più attente alla qualità della vita di questa
importante fetta della popolazione, dall’altra accentua una serie di problematiche di fragilità e solitudine.
La situazione relativa al territorio dei 13 comuni coinvolti nel piano di zona è piuttosto omogenea (tab. 1):
anche se il dato complessivo del 16,62% oscilla dal 13,81% di Baranzate al 19,41% del Comune di Novate
Milanese. E sulla popolazione anziana complessiva residente, pari a 40.760 persone, ha un certo peso la
percentuale del quasi 5% di invalidi civili riconosciuti (tab. 2). Significativo, inoltre, appare il dato al
31/12/2003 relativo agli anziani che vivono soli, che rappresentano circa il 29% del totale della popolazione
anziana residente.
2• Le Risorse esistenti
Il censimento relativo alle progettualità, alle attività e ai servizi che costituiscono le risorse presenti sul
territorio volte al sostegno della persona anziana, si articola nelle seguenti tipologie di intervento:
• Interventi di tipo residenziale o semiresidenziale per gli anziani in totale o parziale non autosufficienza e
in assenza di legami parentali o rete di solidarietà;
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•
•
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Interventi di sostegno tendenti al mantenimento dell’anziano nel domicilio anche se in condizioni di
totale o parziale non autosufficienza grazie ad una rete parentale o di solidarietà, come ad esempio
anche i servizi di trasporto;
Interventi di promozione e cura degli aspetti di socializzazione e di crescita culturale, rivolti
indistintamente agli anziani in buone condizioni di salute;
3 Gli interventi di carattere residenziale o semiresidenziale possono contare sulla presenza sul territorio di
diverse realtà di offerta gestite da enti pubblici e privati e riguardanti le Residenze Sanitarie Assistenziali e i
Centri Diurni Integrati.
Le RSA hanno aumentato la loro offerta e attualmente sono nove le strutture sul territorio che, gestite per lo
più da enti privati, offrono assistenza e cura della persona anziana parzialmente o totalmente non
autosufficiente in regime residenziale e sembrano soddisfare la richiesta, anche in presenza di una riduzione
dei posti presso la RSA Pertini. I CDI sono raddoppiati nel triennio, ma è necessario approfondire il grado
di soddisfacimento del bisogno ad oggi raggiunto, soprattutto in riferimento ad alcune tipologie di utenza
(alzheimer o patologie similari) (tab. 3).
Sono quattro Centri Diurni Integrati che offrono al territorio attività varie di aggregazione, socializzazione
e assistenza socio-sanitaria con l’obiettivo di consentire alla persona anziana di permanere nel contesto
familiare di origine (tab. 4).
4 Gli interventi di sostegno tendenti al mantenimento dell’anziano al proprio domicilio, anche se in
condizioni di totale o parziale non autosufficienza, vedono impegnati nella gestione soprattutto le
Amministrazioni Comunali, le cooperative sociali e il mondo del volontariato anche parrocchiale.
Attraverso il Servizio di Assistenza Domiciliare, la consegna dei pasti, i monolocali per anziani, il
telesoccorso, la teleassistenza, il trasporto e il sostegno e la compagnia, viene realizzato un sistema di
appoggio non indifferente per gli anziani parzialmente o totalmente non autosufficienti che in tal modo
possono permanere nel contesto abitativo di appartenenza. Le attività in generale riguardano la cura
dell’igiene personale, il supporto per la compagnia o per la realizzazione di commissioni, la preparazione
dei pasti e il riordino domestico, il controllo e l’assistenza in caso di emergenze, gli accompagnamenti per
semplici passeggiate o per motivi di carattere sanitario (tab.5).
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Il servizio di accompagnamento e trasporto, pur con una certa copertura del distretto, è caratterizzato da
potenzialità strettamente collegate ai territori comunali che faticano a mettere in rete risorse e competenze.
In generale riguarda tutti gli anziani che hanno necessità di accedere a strutture sanitarie e servizi e che
non dispongono di possibilità autonome di spostamento (tab. 6)
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5 Gli interventi di promozione e cura degli aspetti di socializzazione e di crescita culturale si occupano di
garantire agli anziani in buone condizioni di salute opportunità di vacanze adeguate ai loro bisogni e
soggiorni terapeutici, occasioni di approfondimento di temi di vari natura, possibilità di partecipare a
conferenze di specialisti e ricevere informazioni di carattere preventivo rispetto all’argomento salute,
godere momenti di spensieratezza e animazione di vario tipo. Il territorio è piuttosto ricco di servizi
ricreativi, socializzanti e culturali, organizzati su base comunale o predisposti dal mondo del volontariato
(tab.7)
6 •
I bisogni emergenti
Rispetto alle nuove risorse attivate nel scorso triennio, in particolare i buoni e voucher sociali e i Centri
Diurni integrati, si ritiene necessario approfondire alcuni aspetti:
1. per i buoni sociali, occorre valutare l’apporto reale che la risorsa ha dato in termini di miglioramento
dell’assistenza da parte delle famiglie e riflettere sul numero e tipologia di richiedenti che sono esclusi dalla
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provvidenza; l’intervento manca inoltre di fluidità e funzionalità e non risponde in tempi utili ai bisogni
espressi dalle famiglie e raccolti dagli operatori.
2. I voucher sociali hanno superato la fase di rodaggio, ma necessitano di un monitoraggio continuo, anche
allo scopo di affinare i processi di omogeneizzazione legati a questo strumento (criteri e modalità di
impiego).
3. I CDI sono raddoppiati nel triennio, ma è necessario approfondire il grado di soddisfacimento del
bisogno ad oggi raggiunto, soprattutto in riferimento ad alcune tipologie di utenza (alzheimer o patologie
con comportamenti similari), le cui problematiche spesso sono incompatibili con le necessità di altri soggetti
e ne determinano una capacità di accoglienza limitata nelle strutture diurne.
4. I gruppi di auto-mutuo-aiuto (due per tutto il territorio) sono stati valutati positivamente, ma ne sono state
rilevate le criticità, legate in primo luogo alle sedi, non fruibili agevolmente, in secondo luogo alla
strutturazione rigida, infine all’informazione.
5. Il trasporto degli anziani ha evidenziato due filoni di riflessione:
- da una parte l’accesso ai servizi semiresidenziali;
- dall’altra gli spostamenti necessari per visite mediche e terapie ambulatoriali.
Sono entrambi bisogni fortemente espressi dalla popolazione anziana, che presentano caratteristiche diverse
(di continuità il primo, più occasionale e temporaneo il secondo) a cui non si riesce a dare risposta in forma
esaustiva e coordinata, garantendo uguale trattamento nei diversi Comuni e modalità omogenee di relazione
con le Associazioni di Volontariato, che provvedono alla gestione dei servizi.
Integrazione socio-sanitaria
L’accesso all’informazione
L’evoluzione osservata nel triennio va verso una netta divisione tra i due ambiti, in quella che è la realtà
della quotidianità operativa.
Non esistono più momenti o modalità di scambio informativo formalizzati che non dipendano quindi
dall’iniziativa e dalla volontà personale di alcuni operatori: si rileva inoltre la fragilità delle fonti di
informazione sanitaria solitamente a contatto con il cittadino (ad es. medico di base) con il conseguente
dirottamento delle necessità di chiarimento ed aiuto su associazioni e servizi sociali comunali, ormai fuori a
loro volta da reti di collegamento con l’ambito sanitario che appartengono a metodologie di lavoro non più
in uso.
Si riscontra confusione nella cittadinanza, spesso abbandonata a dibattersi tra esoneri ticket, invalidità
civile, richieste di ausili ed accesso al voucher sanitario, a cui sono particolarmente legati disagevoli
percorsi burocratici e logistici.
Non si denota comunque neppure una specifica azione di passaggio di informazioni delle iniziative di
carattere sociale quali buoni e voucher sociali e, risultano crearsi fraintendimenti anche presso le agenzie
del territorio più strettamente a contatto con i bisogni del cittadino e coinvolte in un loro orientamento; le
associazioni stesse riportano che il termine comune “voucher” induce confusione e mancanza di chiarezza
circa le due diverse tipologie.
La consulenza specialistica
La mancanza di riferimenti di consulenza geriatrica (sia ambulatoriale che in contesti toccati dalla
sperimentazione dell’ Unità Valutativa Geriatrica) rappresenta un ulteriore nodo critico rilevato.
Chiusa l’esperienza dell’U.V.G. è venuto meno, per gli operatori, lo strumento che consentiva una
valutazione multidisciplinare dei bisogni dell’anziano, preziosa consulenza soprattutto per le situazioni
complesse e multiproblematiche; raramente è possibile trovare una parziale soluzione nella collaborazione
tra servizio sociale e medico curante, ma la maggior parte delle situazioni critiche necessita di una
valutazione e presa in carico specialistica.
La sparizione graduale degli ambulatori di geriatria si riflette sulla cittadinanza anche in maniera più
diretta: sempre più spesso infatti le Commissioni Invalidi chiedono integrazione geriatrica della
documentazione presentata, dando avvio a veri e propri “pellegrinaggi” alla ricerca di risorse pubbliche, in
quanto i referti rilasciati da specialisti privati non vengono riconosciuti.
In alcune realtà si sono strutturate strategie-tampone (geriatra del CDI che costituisce riferimento anche
per bisogni di esterni) che non possono comunque rappresentare una soluzione continuativa, nella misura in
cui sono iniziative volontaristiche.
Possono solo rappresentare spunti di risorse da strutturare e potenziare, nell’eventualità in cui non si
trovassero soluzioni nel ripristino di forme di integrazione.
Informazione, formazione e consulenza legale nelle situazioni di ridotte capacità di agire
Famiglie resistenti e affaticate: i volti della cura familiare
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La nuova legislazione, che ha istituito la figura dell’Amministratore di Sostegno, semplificando la forma di
tutela giuridica dell’anziano o del disabile non del tutto in grado di provvedere a se stesso, ha favorito le
situazioni di fragilità, ma nello stesso tempo ha molto ampliato il ricorso a questo strumento.
Appare necessario anzitutto favorire il passaggio fluido delle informazioni tra i punti rete del territorio, in
modo da consentire possibilità di consulenza preliminare ed iniziale al cittadino; è un’azione che deve
coinvolgere il sistema di riferimenti territoriale, istituzionali e non.
C’è bisogno inoltre di un’azione mirata di consulenza legale a partire dalla necessità evidenziata
dall’operatore ( per demenza, manifestata incapacità di autonomia gestionale…) che porti alla
individuazione della procedura legale più pertinente ed al suo avvio; si tratta sostanzialmente di quelle
situazioni in cui l’anziano non ha riferimenti parentali ed il servizio sociale è quindi tenuto ad intervenire
per garantirne la tutela sotto diversi aspetti.
Un altro nodo critico rilevato riguarda l’individuazione (da parte del giudice) del sindaco quale
amministratore di sostegno, nei casi in cui mancano riferimenti parentali adeguati: esperienze riportate
vedono la successiva apertura, da parte del sindaco, di un processo di delega che finisce per incaricare delle
azioni materiali da svolgere proprio l’operatore sociale di riferimento, in contrasto con quanto indicato
dalla normativa.
Si sono evidenziate inoltre difformità nel comportamento e nelle azioni agite dagli stessi operatori (ad
esempio rispetto alla titolarità dell’azione di richiesta di amministratore di sostegno per gli ospiti del “S.
Pertini”) che chiedono l’individuazione di prassi comuni, in linea con altri percorsi di omogeneizzazione
che si stanno conducendo nell’ambito del Piano di Zona.
Assistenza domiciliare non professionale
Il gruppo di lavoro ha sintetizzato nella proposta di costituzione di un Albo badanti l’insieme di significati
legati alla necessità di creare percorsi di qualificazione per le badanti, risorsa verso cui si orientano sempre
più le scelte alternative al ricovero.
E’ inevitabile che i servizi sociali di base e quelli ospedalieri si trovino coinvolti con la famiglia dell’anziano
nella fase di valutazione/scelta di questa soluzione assistenziale; risulta sempre più inaccettabile “sottrarsi”
nel momento in cui si tratta di trovare le persone idonee a svolgere interventi di assistenza a domicilio
continuativi.
In alcune realtà comunali esistono sistemi improvvisati che consentono di fornire nominativi in caso di
bisogno anche se, per la maggioranza dei casi, ci si attiene ad una semplice azione di indirizzo verso realtà
associative.
Si profila essenzialmente una sorta di de-responsabilizzazione dell’operatore, legata all’assenza di un
sistema di base che possa consentire di fornire al cittadino minimali garanzie di competenza della persona
indicata; dal canto loro anche le associazioni avvertono gli stessi problemi, pur cercando di applicare
criteri metodologici nella selezione delle persone da segnalare.
La proposta si è indirizzata a individuare percorsi formativi di acquisizione di nozioni assistenziali (tecniche
di mobilizzazione e gestione della persona con limitazione di autonomia, relazione con anziano e familiari,)
ed informazioni teoriche di carattere sanitario.
Accesso ai servizi e alle prestazioni sanitarie
Emerge una particolare esperienza di “impotenza” degli operatori, rispetto ai molteplici aspetti di questo
problema che vengono riportati al servizio sociale: in special modo ci si riferisce ai trasporti per rendere
fruibili i servizi semi-residenziali del territorio, che spesso si collocano in altre realtà comunali, trasporti
per visite mediche e terapie ambulatoriali (fisioterapia).
Si tratta di richieste che spesso non presuppongono una presa in carico più ampia da parte dell’operatore
ma che esigono risposte specifiche ed immediate.
Le associazioni di volontariato, da parte loro, si trovano a dover assorbire un numero di richieste di
trasporto che va al di là delle reali capacità di risposta e che, spesso superano i margini di copertura dei
rimborsi chilometrici convenzionati con gli enti comunali.
Si tratta spesso di un bisogno fortemente espresso dal cittadino, accompagnato quasi da atteggiamenti di
rivendicazione di” un diritto al servizio di trasporto”; ciò ha rappresentato una forte spinta per il gruppo di
lavoro che, nonostante l’esperienza fallimentare del primo Piano, si è trovato ugualmente intenzionato a
riproporre la priorità di tale obiettivo.
Le discussioni del gruppo, sulla base delle difficoltà organizzative già incontrate, si sono orientate alla
suddivisione della tipologia dei bisogni espressi, nella speranza che possa essere elemento agevolante per lo
studio di un nuovo percorso di risoluzione; si è pertanto differenziato il trasporto per accesso ai servizi
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residenziali territoriali (caratterizzato da impegno più costante e stabile), dal trasporto per visite mediche e
terapie ambulatoriali (di carattere più occasionale e temporaneo).
Ascolto dei problemi legati alla cura
Il gruppo di lavoro ha affrontato il tema a partire dall’esperienza dei “gruppi di auto-mutuo-aiuto”
realizzati, quale obiettivo del Piano di Zona, nel corso dell’ultimo anno.
Le difficoltà, i risvolti ed i risultati che hanno caratterizzato lo sviluppo del percorso descritto, hanno
stimolato le successive riflessioni, portando comunque a condividere la positività degli obiettivi raggiunti.
Si è rilevato che, sul nostro territorio, sono state avviate nel corso degli anni diverse esperienze sperimentali
di questo tipo, mai sviluppate comunque oltre la fase-pilota (iniziativa di singole amministrazioni comunali,
iniziativa legata al buono socio-sanitario regionale....).
Ci si è trovati concordi nel ribadire l’essenzialità di questa forma di sostegno e la conseguente necessità di
“mettere a regime” l’intervento dell’automutuoaiuto, mediante l’adozione di strategie che favoriscano una
più continua e fluida fruizione da parte della cittadinanza.
Se si crede in questa forma di sostegno, bisogna riflettere sull’indirizzo che si vuole dare al suo sviluppo; in
tal senso è essenziale lavorare per rendere produttivo “il terreno” preparato nel percorso sperimentale.
Una prospettiva di evoluzione deve tener conto anche delle specifiche esigenze riportate dai care-giver :
• sviluppo di gruppi “più vicini” alla dimensione delle singole realtà territoriali
• necessità di individuare una sede in cui riconoscersi
• mettere in rete l’iniziativa, attraverso forme di pubblicizzazione-informazione e rendere fluida la
partecipazione consentendo l’adesione anche in itinere
Povertà sommersa
Il contributo portato al gruppo di lavoro da alcune associazioni di volontariato ha consentito di rilevare
l’esistenza di una fascia di popolazione anziana, con difficoltà economiche legate al soddisfacimento delle
necessità quotidiane; il confronto tra i membri del gruppo, si è diretto verso il miglioramento dei canali di
comunicazione-collaborazione con i servizi comunali, per agevolare eventuali segnalazioni che consentano
la presa in carico dello stato di bisogno.
Parallelamente si è comunque riconosciuta la fragilità delle risorse pensionistiche di parte della
popolazione anziana, rispetto ad alcune tipologie di spesa come i canoni di locazione ed alcune spese
assistenziali (badanti).
Forme d’intervento già organizzate e mirate come il Fondo Sociale Affitti Regionale, escludono comunque
gli inquilini delle Cooperative Edificatrici cheospitano solitamente molti anziani soli e monoreddito ; si
tratta di categorie che possono trovare parziale e temporanea risposta nell’ambito dei contributi economici
comunali, non arrivando quindi alla risoluzione della criticità indotta dall’oneroso ammontare dell’affitto.
Si è inoltre evidenziato la necessità di imparare ad avviare un’azione di ri-lettura di alcune forme di disagio
economico; spesso viene manifestato un bisogno che non trova poi corrispondenza nella specificità della
valutazione economica che viene condotta.
Si tratta di una sorta di “paravento” di altre forme di disagio realmente vissute, legate prevalentemente ad
una progressiva esclusione dell’anziano dai circuiti sociali; si assiste così all’esasperazione della
immotivata difficoltà economica oltre la quale è necessario andare, per cogliere i reali elementi
problematici.
E’ stata pertanto richiamata la necessità di ipotizzare percorsi di ri-socializzazione, che possano offrire
occasioni di aggregazione e di attivo coinvolgimento nell’ambito delle molteplici necessità quotidiane.
Da queste riflessioni, che non hanno dato luogo a specifiche proposte, emerge comunque l’opportunità di
ricercare riscontro nell’ambito dell’operato dell’Osservatorio delle Povertà, per poter individuare
concretamente l’esistenza e la portata del problema, rispetto al quale modulare successive azioni di
intervento.
7• Gli interventi necessari
• Affrontare il riconoscimento dell’organizzazione e dell’identità delle esperienze di mutuo aiuto,
attraverso il passaggio da azioni svolte in via sperimentale a azioni “a regime” : sviluppo di gruppi
sempre più territoriali, individuazione di una sede nella quale riconoscersi, messa in rete dell’iniziativa,
per favorirne la conoscenza, la diffusione e conseguentemente anche la partecipazione.
• Affrontare attraverso una analisi specifica della situazione, i rischi di povertà sommersa collegati alla
popolazione anziana e prevedere il miglioramento dei canali comunicativi tra servizi e volontariato..
Tuttavia sembra importante predisporre, attraverso percorsi di risocializzazione, anche interventi di
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presa in carico che rispondano a un bisogno generale di attenzione e ascolto alla solitudine e al bisogno
di socialità.
Strutturare un più efficace sistema di trasporto che faciliti l’accesso delle persone anziane ai
servizi socio-sanitari e alle prestazioni sanitarie, attraverso una mappatura del bisogno espresso, una
differenziazione delle organizzazione del trasporto in base al carattere occasionale o alla richiesta di un
impegno costante e più stabile, l’individuazione di un servizio di trasporto unificato tra Comuni per
l’accesso ai servizi socio-sanitari e l’organizzazione più strutturata , omogenea e maggiormente in rete
degli enti del volontariato.
Affrontare il bisogno di integrazione specifica tra i servizi sanitari e sociali di fronte a problematiche
sanitarie di una certa gravità che richiedono anche interventi multidisciplinari, attraverso una maggiore
garanzia delle consulenze pubbliche e la predisposizione sul territorio di un consultorio/ambulatorio
geriatrico.
Strutturare, secondo quanto previsto dalle recenti normative, l’utilizzo dell’Amministrazione di sostegno
per i casi di difficoltà nella gestione autonoma e di mancanza di riferimenti parentali, predisponendo
sportelli di consulenza specifica, formando gli operatori perché rilascino informazioni appropriate, e
definendo un unico luogo-ufficio di gestione delle amministrazioni di sostegno, tutele e curatele.
Sostenere la qualificazione del lavoro delle assistenti private di cura (badanti), attraverso la ricerca
delle possibilità (disponibilità-finanziamenti) offerte dalla agenzia formative e la predisposizione di
brevi percorsi di formazione o interventi periodici su argomenti specifici.
Predisporre modalità continuative di confronto, programmazione partecipata, verifica, monitoraggio e
scambio tra i diversi attori pubblici e privati coinvolti nelle politiche di sostegno alla persona anziana,
attraverso l’utilizzo di strumenti informatici adeguati, percorsi formativi comuni, tavoli permanenti.
Valutare e monitorare attraverso modalità continue quanto realizzato con i buoni e i voucher sociali.
8• Le priorità individuate
1. Organizzare l’amministrazione di sostegno, le tutele e le curatele come gestione sovracomunale,
attraverso opportuna consulenza legale.
2. Omogeneizzare i criteri di accesso per il Servizio di Assistenza Domiciliare;
3. Ampliare l’attività dei gruppi di auto-mutuo-aiuto;
4. Individuare strategie di aggancio sulla solitudine e sui bisogni economici della popolazione anziana (per
conoscere e elaborare strategie coinvolgendo volontariato, medici di base, farmacisti);
5. Promuovere la qualificazione delle “assistenti private di cura”;
6. Affrontare il bisogno di integrazione tra i servizi sanitari e sociali che riguardano la persona anziana,
attraverso la costituzione di un tavolo di confronto tra i servizi, le istituzioni e i rappresentanti del terzo
settore, e la predisposizione di commissioni tecniche tematiche che definiscano regolamenti di accesso e
trattamento e che lavorino con strumenti informatici adeguati, percorsi formativi comuni e tavoli
permanenti;
7. Valutare l’apporto reale che la risorsa “buoni sociali” ha dato in termini di miglioramento
dell’assistenza da parte delle famiglie e riflettere sugli utenti che rimangono esclusi;
8. Promuovere l’individuazione di criteri di omogeneizzazione e monitoraggio del servizio di trasporto.
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BOX 9:. LE AZIONI DI PIANO
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