Anno XXXII n. 3, marzo 2001 Ordine Direzione e redazione Via Appiani, 2-20121 Milano Telefono: 02 63 61 171 Telefax: 02 65 54 307 dei Giornalisti della Lombardia http://www.odg.mi.it e-mail:[email protected] Spedizione in a.p. (45%) Comma 20 (lettera b) dell’art. 2 della legge n. 662/96 Filiale di Milano Associazione “Walter Tobagi” per la Formazione al Giornalismo Istituto “Carlo De Martino” per la Formazione al Giornalismo Trovano cittadinanza il lavoro in affitto, quello a termine (per 24 mesi) e il part-time Il testo integrale alle pagine 8, 9, 10 e 11 I redattori web entrano nel Contratto Serventi Longhi: la parola ai colleghi L’accordo siglato da Fnsi e Fieg dopo 17 mesi di trattative Regolamento di disciplina collegato agli articoli 2104, 2105 e 2106 del Codice civile. A termine saranno assunti anche direttori, condirettori e vicedirettori. Promozioni a tempo per inviato, condirettore, vicedirettore e caporedattore (esaurito il mandato, si torna alla casella di partenza). Lettera di incarico per i collaboratori coordinati e continuativi. Commissione contratto divisa. ROMA, 24 febbraio. Il sindacato dei giornalisti (Fnsi) e quello degli editori (Fieg), dopo 17 mesi di trattative, hanno siglato oggi un’ipotesi di accordo per il nuovo contratto della categoria 2001-2005. Il contratto accetta le logiche della flessibilità prevalse negli altri comparti dell’industria, nell’apparato pubblico e nella legislazione comunitaria. Subiranno modifiche istituti giuridici costruiti in 90 anni di lotte (il primo “patto” nazionale è del 1911). Questi i punti centrali dell’accordo: Flessibilità. Anche i giornalisti saranno presi in affitto, alle condizioni che stabilisce la legge 196 del ‘97. Il part-time, prima ammesso solo nei periodici, entrerà anche nei quotidiani: il cronista assunto a tempo pieno potrà optare per un impegno a tempo ridotto. I contratti a termine, possibili in 8 casi, si prolungheranno fino a 24 mesi. A termine saranno assunti anche direttori, condirettori e vicedirettori. Bisogna dire che il lavoro interinale viene escluso dalla legge per le professioni socialmente rilevanti: evidentemente quella dei giornalisti non è, per gli editori, una professione socialmente rilevante. Promozioni a tempo. Il giornalista se promosso inviato, condirettore, vicedirettore e caporedattore avrà un’indennità temporanea. L’inviato riceverà lo stipendio di caposervizio (più un 15%). Le altre figure concorderanno il compenso con l’editore. Ma questi giornalisti, esaurito il mandato, torneranno alla casella di partenza, a compiti e stipendi precedenti. Chi oggi è già inviato conserverà i vecchi diritti. Aziende multimediali: redattori su più tavoli. Nell’orario di lavoro, il giornalista di un quotidiano o di un settimanale dovrà scrivere anche per il sito Internet o per altre testate della sua azienda, se è libero e se la richiesta rispetta le sue competenze profes- sionali. Nessun compenso è dovuto, a meno di un accordo diverso tra la redazione e l’editore. Il giornalista web. Per la prima volta anche il giornalista della Rete avrà un contratto di categoria, ma ridotto. Due sole le qualifiche: redattore ordinario e coordinatore (o caposervizio). Le ore di lavoro settimanale saranno 36. Il lavoro festivo o domenicale avrà un compenso maggiorato del 30% (e non del 55), quello notturno (dalle 23 alle 6) del 16%. I giornalisti Internet avranno diritto alla tredicesima, ma non alla quattordicesima. Lavoreranno 6 giorni su 7 (senza settimana corta, quindi). Se licenziati per colpa dell’editore, riceveranno una buonuscita di 3 mensilità (invece di 7). L’intesa per le testate online avrà una durata sperimentale di due anni. Regolamento di disciplina. Nelle bacheche di tutte le redazioni, per la prima volta, comparirà un regolamento che richiamerà le azioni punibili per legge (articoli 2104, 2105 e 2106 Cc) con rimproveri verbali o scritti, multe, sospensioni dal lavoro e dallo stipendio (per un periodo non superiore a 5 giorni), licenziamenti disciplinari. Gli articoli 2104 e 2105 del Codice civile disciplinano la diligenza e la fedeltà. Nel cappello del regolamento si afferma che “restano fermi gli obblighi, i doveri e i diritti fissati dalla legge 3 febbraio 1963 n. 69, che regolano la professione giornalistica e le relative competenze disciplinari dei Consigli dell’Ordine”. Gli aumenti. Un redattore con almeno 18 mesi di anzianità avrà un aumento mensile di 160mila lire (dal primo marzo 2001) e di altre 120mila (dal primo marzo 2002). Gli editori non concedono “una tantum” né compensi per il periodo di vuoto contrattuale iniziato con la scadenza del vecchio contratto (30 settembre ‘99). L’assemblea degli iscritti il 29 marzo 2001 Oro a 21 colleghi per 50 anni di Albo Sono 21 i colleghi (16 professionisti e 5 pubblicisti) che quest’anno compiono i 50 anni di iscrizione agli elenchi dell’Albo. Riceveranno la medaglia d’oro dell’Ordine della Lombardia in occasione dell’assemblea annuale degli iscritti che si terrà il 29 marzo (h 15) al Circolo della Stampa. DALLA PAGINA 2 ALLA PAGINA 7 IL PROFILO DELLE 21 PENNE D’ORO. ORDINE 3 2001 Demansionamento lecito per contratto e malattie. Il giornalista che dirige più colleghi può essere dirottato in un ruolo diverso, senza più giornalisti ai suoi ordini e mantenendo la qualifica: e questo trasferimento non costituirà un demansionamento. Chi, in 24 mesi, accumulerà 18 mesi di malattia avrà diritto ad uno stipendio (pieno o ridotto) se, rientrato al lavoro, ci resterà per un anno. Permessi sindacali. Arriva la stretta. I permessi sindacali restano illimitati e pagati per le cariche sindacali istituzionali. Nel caso di Ordine, Inpgi e Casagit, il monte annuo è di 20 permessi retribuiti. I giornalisti, chiamati a far parte delle Commissioni esaminatrici per la prova di idoneità professionale non goderanno, come nel passato, di permessi retribuiti. Lavoro giornalistico autonomo. I rapporti di collaborazione coordinata e continuativa dovranno risultare da lettera contratto. Il corrispettivo dovrà essere liquidato non oltre 60 giorni dalla pubblicazione degli articoli con emissione delle ricevute fiscali previste dalla legge. Il compenso rifletterà anche la quantità e la qualità della prestazione. Saranno rimborsate le spese preventivamente autorizzate. Diritto d’autore. Fnsi e Fieg studieranno modifiche normative che prevedano una “tassa” sulla reprografia cartacea ed elettronica-digitale. Le utilizzazioni degli elaborati giornalistici operate da terzi andranno regolamentate con ridistribuzione dei proventi anche ai giornalisti. Responsabilità civile. Le parti esamineranno entro 90 giorni la possibilità di stipula di polizza assicurativa generale per l’intero settore finalizzata alla copertura parziale dei danni conseguenti a responsabilità civile individuando criteri e limiti della relativa copertura. Mobbing. Nasce un “Osservatorio antisopruso” con compiti di studio del fenomeno e di proposta normativa. Le dichiarazioni. Il segretario della Fnsi, Paolo Serventi Longhi, parla di “importante punto di svolta” e di “un contratto che consente alla Federazione della Stampa di tutelare finalmente centinaia, forse migliaia, di colleghi che oggi lavorano senza difese nell’informazione online oppure svolgono l’attività di free lance”. Anche per Mario Ciancio Sanfilippo, presidente della Fieg, si tratta di “un primo importante risultato”. “L’obiettivo in ballo - continua Ciancio Sanfilippo - era quello di inserire elementi di flessibilità nella gestione delle imprese editrici che consentissero di accrescere la loro efficacia e concorrenzialità. L’accordo firmato non realizza certo questo obiettivo, né può nascondersi che comporta un costo economico non trascurabile. Tuttavia è un risultato da non sottovalutare e da gestire in un clima di piena collaborazione”. Nella categoria si è aperto subito un confronto molto duro. La commissione contratto, nella riunione del 27 febbraio, si è spaccata. Il vertice Fnsi ha deciso di convocare la conferenza dei Cdr e il Consiglio nazionale nonché di promuovere assemblee in tutte le redazioni. Non viene escluso un referendum tra tutti i giornalisti “a patto che venga chiesto da una maggioranza di strutture di base e di colleghi”. Serventi Longhi il 28 febbraio ha dichiarato: “Il Contratto verrà firmato dopo le decisioni degli organi statutari della Federazione”. Pagina 16 Editoria, la riforma ora è legge. Cassa integrazione nei periodici (pagherà l’Inpgi). Pagina 22 Via libera ai giornalisti negli uffici stampa della P.a. Ma c’è un’ombra sulla contrattazione: Fnsi esclusa? PROFESSIONISTI: Carlo Belihar, Carlo Colleoni, Antonio De Falco, Aldo De Gregorio, Aldo De Martino, Pier Paolo De Monticelli, Oreste Del Buono, Enrico Forni, Patrizio Fusar Imperatore, Enzo Galletti, Pier Luigi Gandini, Romeo Giovannini, Gian Francesco Gonzaga Di Vescovato, Orazio Pizzigoni, Francesco Vizioli, Francesca Laura Wronowska. PUBBLICISTI: Angelo Arrigoni, Caterina Lelj, Nino Romano, Libero Traversa, Gian Carlo Vicinelli. Nel corso dell’assemblea verranno consegnate le tessere di praticante agli allievi della Scuola di giornalismo dell’Università Cattolica. All’ordine del giorno dell’assemblea degli iscritti all’Albo figura l’approvazione del bilancio preventivo 2001 e del conto consuntivo 2000. 1 Oreste Del Buono Il grande “mago” del fumetto Settantotto anni l’8 marzo e una vita davvero intensa. Che cosa ha fatto Oreste Del Buono in tutto questo tempo? Sarebbe sicuramente più semplice dire quello che non ha fatto. Romanziere, traduttore, letterato, persino pittore e disegnatore, Del Buono è soprattutto un giornalista. Dice di sé: “Nonostante abbia scritto una ventina di romanzi e fatto oltre 150 traduzioni letterarie, il mio interesse prevalente è sempre stato il giornalismo. Per passione e curiosità, a offerte di lavoro giornalistico non ho mai detto di no, a costo di trovarmi nei pasticci”. Effettivamente di offerte ne ha avute davvero tante e tante sono state, di conseguenza, le testate per cui ha lavorato. Nei giornali è entrato, uscito, ritornato. Nipote di Teseo Tesei, l’inventore dei “maiali” (siluri semoventi) della Regia Marina e medaglia d’oro, caduto nell’assalto a Malta del 1942, Oreste del Buono è stato volontario in Marina e allievo dell’Accademia di Livorno, dopo l’8 settembre 1943 finì in un lager tedesco per due anni. Al rientro in patria, ha collaborato con il Politecnico di Elio Vittorini ed è entrato a far parte della prima redazione di Oggi, diretto da Edilio Rusconi, e di Milano Sera. È stato poi caporedattore di Epoca durante la direzione di Enzo Biagi, e di Quattrosoldi. Critico letterario della Settimana Incom e della Repubblica, collaboratore di Cinema Nuovo, critico di cinema dell’Europeo, critico d’arte di Panorama. È tuttora critico pubblicitario dell’Espresso e tiene da più di dieci anni una rubrica quotidiana di corrispondenza con i lettori sulla Stampa e una rubrica di articoli settimanale, Luoghi Comuni, scritta insieme con Giorgio Boatti. Racconta anche di aver accettato “di preparare e dirigere un quotidiano romano di sinistra che per fortuna – commenta – non uscì mai”. Gli esordi nella professione li ricorda con umorismo e ironia: “La prima volta che il mio nome è apparso stampato su un giornale è stato su Il Balilla, in una rubrica di lettere ai lettori: avevo cinque anni; l’anno seguente venni premiato con una medaglia per un concorso di testi dedicati alla marcia su Roma. Ho poi frequentato la scuola Montessori e lì mi hanno affidato il giornalino scolastico, del quale gestivo anche gli abbonamenti”. A dire il vero, come lui stesso precisa, inizialmente si è dedicato al disegno, lo scritto è venuto dopo: “A Roma – racconta –, dove mi sono trasferito con la famiglia dall’Elba, ho studiato alla Scuola delle Mura, nella quale insegnava Tofano, il creatore del Signor Bonaventura, e poi ho continuato con tale indirizzo di studi anche a Milano. Questa formazione e il fatto che sono stato un lettore appassionato del Corriere dei Piccoli spiegano tutto ciò che è venuto poi con Linus”. Della celebre rivista è stato direttore per molti anni e si può dire che i fumetti siano la sua grande passione, anche quando non erano ancora di moda nel nostro Paese ed erano disprezzati, considerati sottocultura. Ventuno a e l b 1 STI m se 200SSIONI s E A OF Ricorda quando, a un congresso del Partito Comunista a Milano, presentò insieme a Trevisani e Giglio un giornale per le mondine e gli operai tutto a fumetti. Togliatti e gli altri dirigenti li cacciarono, poi, però, si scoprì che a Mirafiori tutti leggevano Grand Hotel, che era, guarda caso, un periodico a fumetti. Il primo numero di Linus uscì nel 1963 e allora Umberto Eco ed Elio Vittorini affrontarono il tema del fumetto come forma d’arte, lanciando, secondo Del Buono, una vera e propria sfida culturale: Vittorini propose addirittura un accostamento tra Charles Schultz e J. David Salinger. L’impresa iniziata da Giovanni Gandini, fondatore della rivista, sembrava un azzardo, ma vi si dedicò anima e corpo. “Giovanni Gandini si era venduto un album di francobolli ed era partito per la rischiosa impresa con tutti gli amici della “Milano Libri”, una libreria che si trovava a pochi passi dalla Scala e che gestiva sua moglie Anna Maria. Insieme a quegli amici aveva costituito un comitato di traduttori delle prime strisce dei Peanuts di Charles Schultz. La mia presenza non era da esperto, ma da consumatore. Ero io quello che leggeva tutti i fumetti. Divoravo anche quelli più brutti”. L’amore per i fumetti, però, ha radici lontane: fin da ragazzo aveva cercato ostinatamente di mandare suoi disegni al Bertoldo: “La casa dove abitavo dava sulla piazza vicina a quella dove c’era la Rizzoli. Quando uscì per la prima volta il Bertoldo iniziai ad andare, ogni tanto, a vedere il palazzo dove lo facevano. Una volta mandai un pacco con cento battute alla rivista e, da allora, ogni settimana mandavo delle vignette e poi andavo davanti al palazzo ad aspettare l’arrivo della posta. Giovannino Guareschi, che curava la rubrica “Il Cestino”, un giorno pubblicò la mia prima vignetta. Ricevetti 25 lire, ma non le incassai mai: conservo ancora quell’assegno”. Seguirono altre vignette e scritti. Il primo vero lavoro per Oreste Del Buono arrivò con la ripresa dell’Omnibus, dopo che si era mantenuto per un po’ disegnando manifesti pubblicitari. Nel giornale di Salvato Cappelli ebbe la possibilità di condividere la stanza con Achille Campanile, Giuseppe Marotta, Riccardo Manzi e Ennio Flaiano, “lì ci sono passati tutti, perché era un momento di grande miseria”. A Oggi, invece, racconta di essere riuscito a entrare grazie al particolare metodo d’assunzioni utilizzato da Edilio Rusconi: se qualcuno aveva parlato male di una persona, lui la prendeva. Un’intensa attività è stata per Del Buono anche quella svolta nelle case editrici: ha lavorato per Mondadori, Bompiani, Einaudi, Garzanti. Ha sempre amato in modo particolare battersi per i libri degli altri e dedicarsi ai tascabili: “Li ho fatti tutti, tranne gli Oscar, per i quali però ho scritto qualche prefazione. È un modo di stare più a contatto con il prossimo e aiuta a non credere troppo nelle proprie opinioni”. Un amore particolare sono i gialli che ha curato per la Mondadori. Ha sempre saputo cogliere le molte dimensioni della cultura, passando dai fumetti americani alle traduzioni di Gide, Wilde, Maupassant, Costant. Il primo romanzo, Racconto d’inverno, è del 1945; ne sono seguiti molti altri, per i quali è stato definito “scrittore di forte personalità, attento ai più impercettibili movimenti della vita quotidiana”. Ha vissuto molto e intensamente e fatto davvero di tutto. Il suo modo di cogliere ciò che la vita gli riserva sorprende, impressiona e lascia senza parole. Con queste parole ha concluso uno scritto autobiografico inviatoci per questo articolo: “Oltre a condurre la collaborazione con La Stampa e L’Espresso, attualmente sto morendo per vedere l’effetto che fa”. Giorgia Bresciani “Non credo proprio che il giornalismo sia cambiato, la ricerca dello scoop esisteva anche ai miei tempi: è cambiata la società e ciò che il pubblico vuole leggere”. Una visione contro corrente, quella di Pier Paolo De Monticelli, 79 anni, milanese. “È normale che il giornalismo in cui ho lavorato io sia scomparso, ma questo non significa che l’attuale sia peggiore”, dice. De Monticelli arriva in redazione dall’ingresso “secondario”, iniziando nel 1947 come stenografo nell’agenzia milanese Sport Informazioni. Assieme a lui, nello stesso ufficio, lavora anche Oreste Del Buono. “Avevo il compito di raccogliere le cronache delle varie partite di calcio, ma lavoravo ancora in modo saltuario”, dice De Monticelli. Il primo approccio ravvicinato col mondo della carta stampata arriva però nel 1948, quando l’allora ventisettenne Pier Paolo De Monticelli approda al Tempo di Milano. “Fu mio fratello Roberto, che già ci lavorava, a chiedermi di andare. A quel tempo, l’editore Angelillo voleva esportare il modello di giornale, che funzionava così bene a Roma, anche a Milano”, ricorda. De Monticelli venne assunto come cronista e al Tempo rimase fino al 1953. Quell’anno infatti, passò in forza al Settimo Giorno, rotocalco di cronaca, di cui diviene redattore. Ma il vero salto di qualità arriva solo tre anni dopo, quando Enrico Mattei lancia l’iniziativa del Giorno. “Era un giornale veramente nuovo - ammette De Monticelli - in cui tutti collaboratori credevano. Un anti-Corriere, anche nelle scelte esteriori: via la terza pagina e più spazio allo sport, la pubblicità e la Tv”. Una militanza ultraventennale, quella di De Monticelli, che terminerà solo nel ‘77. “Il Giorno riusciva a trattare con grande disinvoltura anche gli argomenti più scabrosi, spesso tirando in ballo santoni della politica”, prosegue. “Dopo l’addio di Baldacci (il direttore del giornale, n.d.r.) nel 1960, la testata continuò ad essere un punto di riferimento per gran parte della sinistra, ma perse incisività, perse quella potenza dovuta all’inconscienza che aveva prima”, dice De Monticelli. La consegna della medaglia d’oro alla carriera gli fa piacere, anche se ammette con schiettezza di “non essere mai stato uno di quelli che amano fregiarsi di lustrini”. C.F. Dodici anni di soddisfazioni: “Riuscimmo a raggiungere il 26 per cento di tutta la produzione dell’azienda, mentre adesso si parla del 4-5 per cento. E poi con Fantastico del 1983 raggiungemmo il record assoluto di spettatori, con la Carrà, Corrado, Renato Zero, Marina Perzi ed Heather Parisi”. A Milano, inoltre De Martino portò l’alta definizione. Con il film Linea di confine, interpretato, fra gli altri, da Sting e da Tina Turner. “Abbiamo fatto epoca a Milano dice orgoglioso - con Grassi che allora era alla Scala, facemmo la prima assoluta dal teatro scaligero”. Tanti personaggi dello spettacolo raggiunsero la fama grazie a lui. Loretta Goggi, Claudio Cecchetto, Milly Carlucci e Beppe Grillo, per fare dei nomi. Il suo segreto? “Passione e pelo sullo stomaco. Devi essere capace di convincere la gente e portare i mezzi giusti. Un’azienda cresce grazie all’innovazione, invece oggi la Rai è solo un gran caos politico. I telegiornali e i programmi sono un disastro”. La nave affonda, dunque, se non ci sono abbastanza cervelli: “Durante la mia carriera alla Rai ho prodotto 50 film. Con me hanno lavorato Burt Lancaster in I promessi sposi, Monica Vitti e Marcello Mastroianni e registi come l’impareggiabile Antonioni. A 74 anni De Martino non ha perso grinta e carattere. Non per niente, oltre a fare da lettore, segreto, per alcune case editrici, fa parte dell’Accademia degli inquieti. “L’inquietudine non è una malattia, è uno stato d’animo”. K.A. PR Pier Paolo De Monticelli “Il giornalismo non è cambiato” Aldo De Martino L’inquietudine di un direttore rivoluzionario Un destino nella direzione della Rai e per la rivoluzione del mondo della comunicazione. Lo dimostrano gli esordi di Aldo De Martino, che nel 1951 aveva 24 anni e da pubblicista fondò il primo giornale universitario italiano, Sport universitario. La rivista esiste ancora, quest’anno festeggia i 50 anni e porta ancora il nome del suo fondatore nella testata. De Martino subito dopo rileva l’Agi sport, un’agenzia giornalistica nazionale, “finché - racconta - ebbi il classico colpo di fortuna. Alla fermata del ‘30’ di porta Garibaldi incontrai un mio amico e collega, Claudio Ansaldo, che mi disse: “Sai che sta nascendo una cosa nuova? Il telegiornale” non capivo “Ma cos’è?”. Poi mi chiamarono dalla Rai e in poco tempo divenni il VI giornalista del Tg. Il direttore all’epoca era Vittorio Veltroni, il padre di Walter. Un altro che entrò con me fu Bruno Ambrosi”, attuale presidente dell’Associazione Walter Tobagi. Un pozzo inesauribile di idee, De Martino prese in mano la Domenica sportiva e lì creò la moviola. “Quel geniale supporto tecnico, che oggi usano tutti lo inventammo io e il capo operatore Heron Vitaletti”. Alla Rai era uno che ha fatto storia e record di ascolti “e per questo non mi cacciavano - confessa - nonostante il mio caratteraccio”. La rivoluzione per la Rai avvenne nel ‘76, quando nacque il Tg2, il cui direttore era Emilio Rossi, un cattolico, e nel ‘79 seguì il Tg3 diretto da Andrea Barbato, “un grande professionista di sinistra”. “Nel 1976 io divenni il direttore del centro di produzione di Milano e lì rimasi fino al 1992, quando mi mandarono a casa”. 2 ORDINE 3 2001 penne d’oro Enzo Galletti “Non sono uno di quelli che parlano” Persona riservata e poco amante delle luci della ribalta, Enzo Galletti ha un passato da eroe della Resistenza su cui mantiene un riserbo assolutamente fuori dai tempi. Per la professione che ha amato ed esercitato, anche a rischio della vita, nell’arco di mezzo secolo, rappresenta un’eccezione assoluta: in un ambiente in cui si aggirano personaggi dall’ego spropositato, Galletti non vuole strombazzare i tanti risultati conseguiti, le lotte combattute con successo, sempre e solo per ragioni ideali, mai per calcolo personale. Un caso unico, se pensiamo a come Enzo Biagi ha definito un vizio della categoria: “l’autobiografismo, malattia senile del giornalismo”. “Ho cominciato scrivendo sui muri”; così vuole essere ricordato questo milanese, nato nel 1928, e questa frase dà il senso della sua modestia. Condensare in cinque parole anni di lotta antifascista, combattuta mettendo a repentaglio la propria vita, non dà il senso del coraggio dimostrato dal futuro giornalista come partigiano. Galletti ha dato il suo contributo come attivista democratico occupandosi comuque di comunicazione: distribuiva le testate clandestine, come L’Unità o il Fronte della Gioventù. Questo il ricordo che il giornalista mantiene di quegli anni: “Eravamo circa un centinaio i ragazzi nel gruppo, (si chiamava “Fronte della Gioventù”, - “un nome che ci è stato poi usurpato” si rammarica Galletti – fondato, tra gli altri, da Eugenio Curiel e Gillo Pontecorvo, insieme ai fratelli Aldo e Giuseppe Tortorella) ed alla fine siamo soppravvissuti in tre, gli altri che furono catturati dai nazifascisti, finirono o fucilati sul posto, o uccisi sotto tortura, o nei campi dove furono deportati. Altri morirono in combattimento. Giravamo per Milano con un triciclo dal doppio fondo, in cui nascondevamo le pubblicazioni clandestine, e le consegnavamo in giro per la città”. Se avete già capito la persona, compren- Antonio De Falco derete perché Galletti non fa menzione della Medaglia d’argento al valor militare, di cui è stato insignito per non aver parlato sotto tortura; anche lui fu arrestato e passò quasi un anno, a cavallo tra il ‘44 al ‘45 a San Vittore. Ne uscì vivo, ma non tradì mai i compagni, resistendo anche quando lo scorticarono vivo; “non sono uno di quelli che parlano” quasi si schermisce. Finita la guerra, Galletti può finalmente dedicarsi alla sua passione: inizia in cronaca, nel ‘48, alla redazione di Milano sera. Il giornale verrà chiuso, e parecchi redattori crederanno in una scommessa di Giangiacomo Feltrinelli, Milano la sera, che non vedrà mai la luce. Nel ‘54 viene chiamato alla Gazzetta di Mantova, dove rimarrà tre anni, al termine dei quali gli viene offerto di occuparsi della gestione La Provincia Pavese. Questo periodo dura altri tre anni, ma il giornale non va tanto bene da sopravvivere, anche se viene apprezzato. Nel ‘60 Galletti decide di presentare le proprie dimissioni irrevocabili, e va a salutare in città tutti i personaggi pubblici e le autorità con cui si è trovato a contatto in quegli anni; le proteste per l’abbandono del giornale sono unanimi, e il direttore trova subito entusiasti finanziatori per un’altra avventura editoriale. Nasce Il Giornale di Pavia, che avrà l’ex partigiano come direttore per alcuni anni. Comincia un intermezzo come capo ufficio stampa della Candy, “con contratto giornalistico, oppure nulla, fu la mia proposta all’azienda”, puntualizza l’ex-direttore. Dal 1972 Galletti lavorerà al Giorno, “come redattore ordinario, uno dei pochissimi a non accettare i compromessi necessari per essere caporedattore “, ci tiene a precisare. Negli stessi anni collaborerà con gli uffici stampa di varie aziende, dalla Fata di Torino, fino alla Agudio ed alla Montecatini. Insieme con Giancarlo Galli, Aleramo Hermet, Enrico Remondina, Dante Ferrari costituirà il gruppo “Uffici stampa”, per far riconoscere il contratto di lavoro giornalistico per gli addetti alla comunicazione d’azienda; combatteranno aspre lotte sindacali contro l’Ordine; “La dirigenza dell’ordine era contraria, ignorò per anni questa professionalità che si era specializzata, e non capì che per tanti colleghi che non trovavano spazio nelle redazioni questa era l’unica via”. Enzo Galletti ha anche scritto saggi critici, romanzi e novelle, oltre ad aver collaborato a numerosi rotocalchi, ma come si sarà già capito non vuole che se ne parli più di tanto: a questo giornalista sono state a cuore solo le grandi battaglie ideali, mai le realizzazioni personali . Gianluca Ursini Carlo Colleoni Innamorato della politica estera Un artigiano del giornalismo La passione per il giornalismo, il giornalismo come strada per seguire la sua passione. Antonio De Falco ha cominciato a fare questa professione nel 1951, al Corriere della Sera e poi al Giorno. Un costante progredire fino a diventare inviato, a soli trentasei anni, nel 1960. Una grande soddisfazione professionale e forse anche il modo migliore per assecondare il suo interesse maggiore (o occupandosene proprio in virtù di questo) la storia militare, quella dell’aviazione, le problematiche militari dell’Occidente, la politica estera, in definitiva. Per trent’anni in giro per il mondo a seguire gli eventi più importanti della guerra fredda, fino al 1990, quando è andato in pensione a 66 anni.Tanti i ricordi importanti, dalla guerra araboisraeliana nel 1973, alle trattative dei “due blocchi” sugli euromissili a Ginevra. “La vita degli inviati a volte è un po’ troppo romanzata, accompagnata da un alone di mistero e avventura che in realtà o non esistono o sono da ridimensionare drasticamente – racconta De Falco con disincanto: sia durante le guerre, sia nei grandi vertici internazionali e negli incontri diplomatici, con le grandi personalità politiche che spesso non si facevano neanche avvicinare”, recrimina. Anche oggi, da casa, Antonio De Falco continua a coltivare la passione della sua vita: la politica estera. Fulvio Fiano Carlo Colleoni è l’esempio lampante di un giornalismo creato dietro le quinte, lo stereotipo di redattore dedito alla cucina del giornale, figura senza la quale i quotidiani non si troverebbero in edicola. Nato a Bergamo nel 1908, Colleoni dopo la maturità classica nella sua città si laurea all’ateneo di Pavia, addirittura in due discipline: Scienze politiche e Giurisprudenza. Sarà con quest’ultima specializzazione che entrerà nel mondo delle professioni, frequentando il foro bergamasco fino alla seconda guerra mondiale. Dopo gli anni del conflitto, che non lo vede impegnato al fronte, Colleoni decide che è finalmente tempo di dedicarsi alla sua passione originale, il giornalismo. Viste le sue competenze giuridiche, non ha fatica a ritagliarsi uno spazio nel mondo dell’economia: gli esordi avvengono in una rivista economica della città orobica: La Rassegna, con pubblicazione quindicinale. Con questa testata inizia il suo apprendistato nel ‘46, ma la sua posizione non può essere regolarizzata: l’italietta burocratica dei primi anni ‘50 gli impedisce di essere iscritto a due ordini professionali contemporaneamente. Dopo aver ritirato la sua iscrizione dal registro degli avvocati e procuratori, può iniziare da pubblicista per Il giornale del popolo di Bergamo, il suo quotidiano di tutta una carriera giornalistica. La sua assunzione risale al 1951, come redattore in cronaca locale. Colleoni non ama stare sul palco: si ritaglia uno spazio di basso profilo, a badare alla cucina del giornale, e far marciare gli ingranaggi della pagina di cronaca. È stato autore anche di alcuni saggi d’economia, ormai introvabili, che non troveranno mai molta eco pubblicitaria per la modestia del loro autore, che rifugge da ogni tentazione di protagonismo. Una decina d’anni dietro la scrivania da cronista gli varranno l’esperienza per passare al ruolo di caporedattore cronaca: è con questa funzione che chiuderà la sua carriera alla fine degli anni ‘60. Fedele artigiano della notizia, Colleoni ha legato la sua vita professionale alle sorti del suo giornale: quando chiuderanno le rotative del Giornale del popolo questo giornalista bergamasco non scriverà più una riga, esempio di fedeltà professionale irripetibile al giorno d’oggi. G.U. ORDINE 3 2001 a e l b 1 STI m se 200SSIONI s E A OF PR Orazio Pizzigoni “Bisogna scrivere per i lettori non per i direttori” Orazio Pizzigoni è un fedelissimo. Le sue idee e il luogo dove affermarle le ha fissate da giovane e non le ha più cambiate. Come molti della sua generazione (è nato nel settembre del ’27), la scelta più importante l’ha dovuta fare che ancora era un ragazzo. Lui scelse di stare con i partigiani e con loro iniziò a combattere per la libertà, restando ferito, beffardamente, proprio la vigilia del 25 aprile del ‘45. Nel 1950 comincia a lavorare all’Unità dove rimane fino al 1983. Trentatré anni di carriera passando dalla correzione delle bozze alla cronaca bianca, alle questioni economico-sindacali alla corrispondenza da Praga nel ‘61, fino ad essere caposervizio delle pagine sindacali nell’autunno caldo del ‘69 e inviato speciale dal ’72. L’Unità l’ha anche firmata come direttore responsabile ed ha maturato una conoscenza così diffusa del quotidiano del Pci da vedersi proporre di raccontare in un libro la sua esperienza. “Sono rimasto tanti anni all’Unità – spiega Pizzigoni – per coerenza e per continuare il mio impegno sociale. Il libro sulla mia vita al giornale ho preferito non scriverlo, perché non credo si possa raccontare un’esperienza professionale”. Di libri, comunque, Pizzigoni ne ha pubblicati diversi. I ragazzi di Muggiò è quello a carattere più personale, ma si ricordano anche Le origini della Repubblica, L’Italia nel pallone, Antologia della Libertà, Costituzione: da qui al duemila, 1984: Dies Irae a Parma, La tavola dimezzata, Socialismo addio, conversazione a due con Gianni Mariani (dirigente del Partito Socialista) sui temi sociali e politici. I 33 anni all’Unità non sono stati solo rose e fiori. I contrasti sulla linea del giornale ci furono soprattutto durante la permanenza a Praga, ed erano contrasti con il partito comunista cecoslovacco. Inevitabili, però si trasferirono agli organi dirigenti italiani e Pizzigoni preferì tornare in Italia. “C’è poco da dire, nella nostra professione non si è mai liberi, sia nei giornali cosiddetti indipendenti, sia nei giornali politici. L’editore a cui rispondere c’è sempre, l’importante è mantenere una propria coerenza e onestà intellettuale”. Pizzigoni ha poi collaborato con la rivista Giorni-Vie Nuove, è stato a capo dell’ufficio stampa della Regione Emilia Romagna e per tre bienni è stato nella commissione d’esame per l’accesso all’Istituto per la Formazione al Giornalismo - Carlo De Martino. “Non è un lavoro facile – ricorda Pizzigoni – dover selezionare ragazzi spesso già bravi o con esperienze giornalistiche alle spalle, che per lavorare devono passare attraverso l’iscrizione all’Ordine professionale”. L’idea che ha del giornalismo è quella di una forma di partecipazione alla società. Per questo “il distacco della politica dalla gente comune è uno dei difetti maggiori della democrazia moderna, in cui si partecipa sempre meno”, cosa per la quale sono responsabili anche i giornalisti “che sempre di più scrivono per i direttori e sempre meno per i lettori”. Fulvio Fiano 3 Ventuno Pierluigi Gandini Nera e giudiziaria sempre da gentiluomo Giornalista e gentiluomo. Alto, sottile, famiglia di militari. Forse per questo colleziona soldatini. Pier Luigi Gandini è discreto e misurato, tanto da parere reticente. Sembra non avere una gran voglia di raccontarsi. Ma nello sguardo, mentre sorvola i suoi cinquant’anni di giornalismo ogni tanto vedi un baleno. Un guizzo. La fiamma della professione che ancora brucia dentro, che non si spegne mai, che gli illumina il viso mentre parla di una lunga carriera. Iniziata al Corriere Lombardo e passata per l’Unità, il Giorno e Repubblica. Dalla nera al Palazzo di Giustizia. Con la misura di chi non parla mai a sproposito. Con la grazia di chi ama quello che fa. E cerca di dare il meglio. “Ho cominciato a lavorare dopo la guerra, tra il 1947 e il 1948, benché non fossi ancora laureato: anzi la cosa andò per le lunghe proprio per questo”. Laurea in? “Lettere con una tesi su Jaques Prèvert. Fui il primo a parlare di Prèvert in Italia. Feci qualche traduzione, un po’ di critica teatrale, ma soprattutto lavoravo come cronista di nera per il Corriere Lombardo. Ai primi tempi coprivo dieci commissariati al giorno. Partivo alle due e mezzo del pomeriggio e rientravo alle dieci di sera. Un’impresa disperata. Mi ricordo in particolare a Greco, c’era un commissario che era un orco”. Trattava male? “Eccome. Ed era un problema, perché per avere le informazioni è importate instaurare un buon rapporto con le proprie fonti. Ma alla fine trovai la soluzione”. E come? “Vidi sul suo tavolo un libretto d’opera. Iniziai a parlargli di bel canto, di musica e lui si illuminò d’immenso. Sa, aveva una vera passione. E parlando, parlando, riuscii a entrare nelle sue grazie e il commissariato di Greco divenne una delle tappe più interessanti”. Di un percorso faticoso. “Faticoso ma importante. Io credo che per conoscere la città e la vita, un giornalista deve fare la nera. Solo così può entrare in tutti gli ambienti dove è stato commesso un delitto. Dal palazzo aristocratico, al quartiere popolare. Dalla casa di ringhiera, alla villa altoborghese. E guardando, osservando, si capiscono molte cose. Certo, capitava di essere svegliati alle due di notte, perché è stato commesso un omicidio. E allora bisogna correre sul posto”. Palazzo di Giustizia in confronto era una vacanza? “Certo c’è una bella differenza. La giudiziaria è più comoda. Gli orari coincidono con quelli dei processi. Basta essere a Palazzo per le dieci di mattina”. Il cronista giudiziario non fa mai tardi? “No, possono capitare lunghe e snervanti attese. Quando una sentenza viene emessa a tarda ora. Ma non è certo la regola. La giudiziaria è però molto difficile: si corre sul filo del rasoio e serve molta precisione. Se sbagli a riportare una sentenza ti tiri dietro non solo le ire del giudice, ma pure quelle dell’avvocato e dell’imputato”. Ha occhi che scavano dentro Pier Luigi Gandini. Uno sguardo gentile e profondo, che ne ha viste tante. Tutti i processi dal ‘49 all’81. Tutto quello che è passato attraverso le stanze di quel palazzo enorme, capace di contenere decenni di delitti e castighi. Bancarottieri, sequestratori, criminali di ogni genere. “Ricordo in particolare il processo a Rina Fort, la donna che aveva ucciso la moglie del proprio amante e i suoi quattro bambini. Era bella la Fort, tanto bella che un collega se ne innamorò persino”. Le è dispiaciuto lasciare il Palazzo di Giustizia,? “Un po’. Quando me ne andai i magistrati mi scrissero una lettera: un atto di stima senza precedenti. Un foglio battuto a macchina, dove riconoscevano la mia “sensibilità per i problemi politici” e la mia “discreta ed elegante correttezza nei rapporti umani”. Ecco, della mia professione, questo è stato il premio più bello”. C.G. Francesco Vizioli Un letterato “epicureo” appassionato di giornalismo Francesco Vizioli si definisce un “epicureo”, appassionato di Lucrezio, “perché sposa quella filosofia, che si attaglia di più alla mia personalità”. Infatti, con la vita avventurosa che ha condotto, in giro per i quattro angoli del mondo per lavoro, prigionero di guerra in Africa, passando tra tanti mestieri ed esperienze professionali diverse, questo estroso partenopeo ha sempre avuto l’abitudine a fare buon viso ai rovesci della fortuna, e trovare l’aspetto positivo in ogni vicenda. Nato a Napoli nel 1920, Vizioli ha frequentato il liceo classico nella città del golfo, per poi trasferirsi a Roma e laurearsi in Scienze politiche. Appena tarscorso il periodo spensierato degli studi, si è trovato ad affrontare una guerra: dopo il Corso Allievi Ufficiali nel ‘43, parte per la Sicilia con il suo reggimento di bersaglieri, destinato al fronte africano. Ma sull’altra sponda del Mediterraneo non ci arriverà con le truppe; gli angloamericani lo catturano, e passerà i due anni seguenti in un campo di prigiona ad Orano, la città di Camus, in Algeria. Ma anche questa si rivelerà un’esperienza proficua: gli anni giovanili al Circolo canottieri serviranno a diventare il bagnino delle spiagge destinate agli ufficiali americani: imparerà così l’inglese, che gli tornerà utile poi nella professione. Finirà per tornare a Napoli, a fare da interprete agli ufficiali americani. Appena liberato, si dedica a quel che gli piace di più: scrivere. Il primo dopoguerra lo vede a Roma, un apprendistato del mestiere da cronista tra le tante redazioni dei giornali che nascevano e scomparivano nell’euforia degli anni della ricostruzione. “In quei mesi ho imparato a fare il giornalista: girando i commissariati in bicicletta”, ricorda Vizioli. L’altra sua grande vocazione, l’editoria, lo porta a Milano nel ‘48, a girare tra case editrici che, anche stavolta, nascono sull’onda dell’entusiasmo senza durare molto. È a questo punto che torneranno utili le conoscenze delle lingue; oltre all’inglese, Vizioli parla anche francese e tedesco dal liceo, il che gli procura una collaborazione con l’ Ansa, sede centrale, a curare la rassegna della stampa estera. L’apprendistato in agenzia gli varrà il passaggio a professionista, ma soprattutto il primo grande incarico: andare a Londra a tenere l’ufficio di corrispondenza, nel ’54. Quest’esperienza durerà un paio d’anni, fino a che non verrà richiamato bruscamente: “Le mie notizie non avevano il taglio giusto: di sicuro c’è che non facevo parte della classe dominante democristiana”, questo il suo commento. Questo spiegherebbe anche perché, dopo esser rientrato in patria, molla l’Ansa e va a lavorare, come Capo ufficio stampa e Pubbliche relazioni, per un’azienda inglese. È la British Petro- 4 leum, una delle “sette sorelle” avversarie dell’Eni di Enrico Mattei. “Ma i rapporti col Giorno, di cui Mattei era editore, furono sempre corretti: la Bp era l’unica società che vi trovava spazio”. Durante i 12 anni come dipendente Bp si è rifatta viva la sua grande passione: la letteratura. Mentre nel frattempo lascia il mondo aziendale per dirigere Hp Trasporti, il mensile dei soci autotrasportatori dell’Aci, dedica il suo tempo extralavorativo a tradurre classici stranieri, soprattutto di poesia, dalla lingua latina, inglese e tedesca. I lavori che lo soddisferanno di più saranno anche i più famosi: i Drammi celtici di Yeats per Guanda, collana della Fenice, ma quello a cui tiene di più è “la traduzione integrale del De Rerum Natura di Lucrezio in versi italiani, un lavoro di anni; un’opera che si conosce poco, troppo poco nelle scuole; a me affascina per la sua visione filosofica”. Che è, appunto, quella epicurea: non curarsi degli affanni dell’esistenza, e vivere. [Sarà così che si fa, per dedicare la vecchiaia alla letteratura, dopo una vita così romanzesca.] G. U. a e l b 1 STI m se 200SSIONI s E A OF PR Aldo De Gregorio Per 30 anni cronista al Palazzo di Giustizia Un cronista “modesto, senza troppi grilli per la testa”, ma con la calma e il savoir faire dalla sua parte. Aldo De Gregorio, 77 anni, parla così di sé e della sua carriera giornalistica cominciata nel 1948 al Popolo di Milano, quotidiano della Democrazia Cristiana, all’epoca diretto da Mario Melloni. “Uno dei primi servizi lo feci una domenica mattina, quando l’allora ministro dei Lavori pubblici, Amintore Fanfani, venne a inaugurare un’opera pubblica a Milano. Ricordo che nonostante l’importanza del personaggio, non sentivo nessuna angoscia, per quello come per altri servizi. Sono sempre stato così”. Dalla cronaca bianca “venne spedito” alla cronaca giudiziaria. “Ignoravo la procedura, il codice penale e l’ambiente del Palazzo di Giustizia – racconta con voce flemmatica –. Arrivai, insomma, con la benda negli occhi, e cercai di imparare da chi ne sapeva più di me”. Umiltà e curiosità, non è un mistero, sono le qualità dei veri giornalisti. E De Gregorio ne è una riprova: i processi penali li ha seguiti per 30 anni. Nel ’53 venne chiamato alla cronaca giudiziaria del Corriere della Sera. “Era il periodo delle bande dell’immediato dopoguerra, che rapinavano e facevano decine di morti, come quella del Paesanino, all’epoca famosa”. Poi è la volta del processo politico, dai sequestri di persona agli attentati della strategia della tensione. Insieme all’illustre e sfortunato collega, Walter Tobagi, De Gregorio seguì le vicende delle Brigate Rosse e delle inchieste terroristiche. “Anche io ricevetti minacce telefoniche e appostamenti. Infatti fui parte lesa al processo per l’uccisione di Walter”. Un’esperienza che lo turbò al punto da chiedere un trasferimento. “Mi dedicai a inchieste di quartiere, a raccontare la vecchia Milano, gli eventi artistici della città e il suo dialetto”. Con la flemma e la curiosità di sempre, De Gregorio coltiva ancora oggi l’interesse per la sua città adottiva (lui nasce a Predazzo). E con entusiasmo trasmette la sua decennale esperienza di cronista ai “discepoli” del corso “Freguj de Milàn” (briciole di Milano), che tiene alla Humaniter, l’università della terza età. K.A. ORDINE 3 2001 penne d’oro Patrizio Fusar Imperatore Testimone di quarant’anni di cronaca Patrizio Fusar Imperatore è stato testimone di quarant’anni di storia italiana dalla sua postazione di cronista: si può dire che abbia conosciuto ed abbia stretto amicizia con tutti i personaggi più significativi del dopoguerra repubblicano fino all’altroieri. A sentirlo ripercorrere la sua carriera, appaiono in una carrellata d’immagini tanti nomi, che ci rimandano agli avvenimenti più salienti della vita nazionale, dall’economia alla vita sociale alla politica, anche nei suoi aspetti più torbidi. Fusar proviene da una stirpe di giornalisti doc: il fratello Mario è uno dei fotografi più quotati dell’editoria nazionale. Nato nel 1928 a Milano, partecipò anche lui attivamente alla nascita della Repubblica, come partigiano. Le Formazioni Verdi, di estrazione cattolica e monarchica, furono il suo apprendistato di lotta antifascista; subito dopo la guerra, comincia un lungo noviziato al Corriere della Sera. In quegli anni conoscerà tanti protagonisti del giornalismo italiano, come Mario Melloni, il famosissimo “Fortebraccio”, che Fusar ricorda come “un esempio di coerenza; lo conobbi mentre era al Popolo, un democristiano doc. Uscì dalla Dc per coerenza con il suo spirito nazionale, protestando per l’ingresso italiano nella Nato. Sbattè la porta gridando che non si poteva consegnare il paese agli americani, e andò a dirigere il Paese Sera”. Il Corriere ricompenserà pazienti anni di attesa con l’assunzione nel ’52, insieme a Franco Di Bella e Alberto Cavallari. A caldeggiare il contratto fu Fenizio Lanfranchi che lo presentò a Mario Missiroli come “un futuro direttore”. Fusar ricorda con ironia questo episodio, perché le parole di Lanfranchi furono profetiche, ma all’inverso: a diventare direttori furono poi Di Bella e Cavallari. In quegli anni milanesi un cronista arrivava a conoscere tanti personaggi che sentiamo ancora nominare: il giovane Fusar passava le sue serate con Giannino Negroni, l’inventore del cocktail, o per dirne un altro, con Federico Tesio, una leggenda dell’ippica italiana, che fece uscire dal suo allevamento, insieme ad altri campioni, anche Ribot. Fusar seguirà in quegli anni molti avvenimenti, anche sportivi, destinati a rimanere nella storia del costume nazionale: i suoi articoli sulla “Mille Miglia” serviranno a denunciare la pericolosità della corsa, e porteranno alla chiusura della competizione. Tanti i personaggi sportivi incrociati durante i ’50: è sua l’ultima intervista conosciuta rilasciata da Fausto Coppi. Nel ‘56 l’avventura editoriale che ancora oggi ricorda con commozione: fa parte del gruppo fondatore del Giorno: nella foto della prima redazione lo si vede nella vecchia tipografia di via Settala, defilato sulla sinistra in un gruppo capitanato da Gaetano Baldacci, insieme a personaggi del calibro di Paolo Murialdi, Gianni Brera, Achille Campanile, Franco Nasi; “ma c’era anche Tommaso Besozzi, nessuno più si ricorda che fu l’unico a intervistare iI bandito Salvatore Giuliano”, ricorda con nostalgia di quegli anni da pioniere. Nella lunga carriera compiuta al Giorno, Fusar è stato anche corrispondente da Roma, da dove ha osservato alcune delle vicende più oscure della storia italiana: fu l’ ultima persona a parlare con Mino Pecorelli prima che lo uccidessero. Chiacchierarono a lungo nella redazione di Op, prima che il giornalista venisse ucciso. Di passaggio dalla redazione milanese, fu anche l’ultimo a ricevere una telefonata da Mauro De Mauro; prima di essere rapito, il fratello dell’attuale ministro aveva cercato di mettersi in contatto con il suo direttore, e la sua chiamata fu presa da Fusar. Come si vede, una carriera che ha toccato tutti i punti salienti della nostra storia di quegli anni, dal dopoguerra agli anni della caduta della prima repubblica; anni che Fusar non ha seguito da cronista, avendo ormai raggiunto la pensione con l’inizio degli anni ‘90. La sua ultima idea è stata fondare la “Fusar Editore”, un’esperienza che ha prodotto però un’unica creatura, una “Cronaca della marcia di Roma”, intitolata Il dado è tratto di Mussolini. G.U. ORDINE 3 2001 Gian Francesco Gonzaga Di Vescovato “Sono riuscito a fare giornalismo di strada” “Quando lavoravo al Corriere d’Informazione, un mio collega venne licenziato perché amava le scommesse e si era indebitato fin sopra i capelli. Ma il giornale, prima di cacciarlo, pagò tutti i suoi debiti”. Gian Francesco Gonzaga Di Vescovato, 72 anni, di Bergamo, riceverà la medaglia d’oro per i suoi cinquant’anni di servizio, ma non dimentica l’epoca passata al Corrierone. “Un giornale che aveva uno stile e un blasone da difendere e che non poteva permettersi cadute di stile da parte dei suoi collaboratori”, ricorda Gonzaga Di Vescovato. Il giornalismo, per lui, è stata una passione sbocciata in tenera età, quando ancora sognava di diventare redattore del Topolino Giornalista. Dai giornalini creati in casa e venduti alla nonna, Di Vescovato approda in una vera redazione solo nel 1948, anno in cui inizia a collaborare col Giornale del Popolo di Bergamo. Nel ‘49 passa al quotidiano cattolico del mattino L’Italia, dove resterà per otto anni. “Mi sono occupato di tutto: dalla nera allo sport, agli esteri, prima di diventare inviato”, dice. La nascita dell’ambizioso progetto editoriale di Enrico Mattei, nel 1956, lo coinvolge. Nel 1957 infatti, Di Vescovato inizia a lavorare al Giorno. “Un grande giornale, per un progetto altrettanto grande: quello di appoggiare la nascita di un governo di centro-sinistra. Una redazione formata da giovani di destra e di sinistra, comunque molto affiatati”, dice Di Vescovato. “Non esistevano discriminazioni politiche e i servizi venivano affidati sempre ai colleghi più competenti e bravi”. Ma nel 1964, i rapporti con i proprietari peggiora- no anche a seguito della morte di Mattei e il nucleo di giornalisti “duri e puri” si sfalda. Di Vescovato lascia e passa al Corriere d’Informazione. Il blasone contava moltissimo allora e il Corriere non poteva permettersi di avere giornalisti dalla vita privata non irreprensibile. “Neppure i fattorini potevano sgarrare. Ne ricordo uno che recitava alla Scala come comparsa alla sera per arrotondare lo stipendio. Il direttore lo venne a sapere, convocò il poveretto e gli disse che il giornale non voleva pagliacci al proprio interno. Però, da quel giorno, quel fattorino si trovò 5mila lire in più al mese in busta paga”, dice Di Vescovato. Una carriera che termina nell’87 al Corriere della Sera, ma con molti dubbi. “ Ho avuto la fortuna di fare un giornalismo ancora da strada, che imponeva di prendere il tram o di andare a piedi a cercare le notizie. Oggi questo non accade più”, dice. “I giornali non sono più gli stessi: la velocità delle comunicazioni e la mole crescente di notizie ammassate in redazione rendono sempre più difficile accertare la verità dei fatti”, ammette Di Vescovato. Riguardo alle scuole di giornalismo: “Vanno bene come le scuole d’Arte, ma i Caravaggio e i Tintoretto non nascono tutti i giorni. Ai miei tempi ci veniva detto: “leggi molto e scrivi poco” e poi credo che non ci sia palestra migliore della pratica e del seguire i giornalisti più esperti”, conclude Di Vescovato. C.F. Enrico Forni “La notizia a tutti i costi spesso rende immorali” “Ho iniziato a scrivere tre il ’43 e il ’45, quando ero internato in Svizzera”. Enrico Forni, 78 anni, milanese, parla della sua carriera con grande discrezione e con spiccato senso dell’umorismo.“La consegna della medaglia d’oro per i 50 anni di professionismo è un riconoscimento alla carriera, ma soprattutto alla longevità”, dice. Redattore del Giornale del Popolo, prima, e di Popolo e Libertà poi, Enrico Forni pubblica i suoi primi articoli in Canton Ticino. “Popolo e Libertà era un quotidiano fatto da poche persone e di orientamento liberale, destinato a tutti gli italiani internati in Svizzera”, ricorda. Al termine della guerra, Forni rientra in Italia e comincia, nel 1951, a collaborare con la Gazzetta dello Sport, occupandosi di pugilato e motociclismo. “In principio facevo il correttore di bozze, con la segreta speranza di fare un giorno quello che avevo sempre sognato: il giornalista. Quel mondo, ai miei tempi, esercitava un notevole fascino sui giovani come me e l’obbiettivo era quello di diventare inviato speciale”, dice. Come per molti altri colleghi, il progetto di Enrico Mattei segnò una svolta nella vita professionale di Ernico Forni, che alla fine del ’56 lascia la Gazzetta e passa al Giorno. Nel giro di qualche anno, Forni ne diventa capocronista. “Fu una grande stagione, anche perché il progetto politico del giornale corrispondeva al mio orientamento”, ammette. Ma la morte di Mattei e l’arrivo di Italo Pietra (con il quale, per altro, Forni dice di aver avuto un “ottimo rapporto”) alla direzione segnano la fine della sua avventura nel quotidiano milanese. “Puntai su una scelta insolita, diversa e andai ad Amica, un settimanale destinato al pubblico femminile. Fu un lavoro molto interessante, che mi coinvolse prima come collaboratore e poi come vicedirettore”, ricorda Forni. Ad Amica Forni resta fino al 1972, anno in cui passa al Corriere d’Informazione. Esperienza breve, perché pochi mesi dopo diventa redattore capo, e poi vicedirettore, di Tempo Illustrato. “Alla fine degli anni Settanta decisi però che era giunto il momento di mollare col giornalismo quotidiano. Sono stato per tre anni capo ufficio stampa della Regione Lombardia, sotto la Giunta democristiana di Cesare Golfari. Venni assunto, nonostante avessi preannunciato che non avrei fatto il portaborse a nessuno e che avrei solo servito le istituzioni”. Il presente, al di fuori dell’ambiente politico, è racchiuso in un minuscolo giornalino parrocchiale, di cui Ernico Forni è, da 10 anni, direttore. “Sono anni che non leggo più i quotidiani, perché non mi fido. So che non dovrei dirlo, ma se potessi tornare indietro non rifarei questo mestiere. Motivo? Lo scopo, la ricerca della notizia a tutti i costi rende spesso immorali. Lo sono stato, talvolta, e non vorrei ripetermi. Non mi piace il modo in cui la stampa entra nella vita di altre persone, semplicemente violandone la privacy”, conclude Forni. C.F. Romeo Giovannini Mitici i suoi titoli Romeo Giovannini è nato a Lucca alla vigilia del ferragosto del 1913 e ora risiede a Lomello, in provincia di Pavia. Diventato relativamente tardi giornalista professionista (nel 1951) vanta collaborazioni di riguardo con il settimanale l’Europeo e con il quotidiano pomeridiano Milano Sera. L’esperienza professionale che più ne ha caratterizzato l’attività giornalistica resta però probabilmente quella al Giorno, del quale è stato un punto di forza per tre lustri, dal 1960 al 1975. Sono questi gli anni sui quali preferisce soffermarsi Guido Nicosia, per tanti anni suo amico e collega. Lo ricorda come una figura esile fisicamente e un personaggio colto, di fine dicitura e pronta battuta. Anzi, proprio questa sua prontezza di spirito lo aiutava nelle situazioni più difficili o semplicemente imbarazzanti, sia che si trattasse di fare le rimostranze ai cuochi della mensa del giornale per il cattivo trattamento ricevuto, sia per fronteggiare l’ira di un vicedirettore di cattivo umore. Al Giorno veniva spesso invitato a partecipare alle discussioni portate avanti dalle tante “firme” che frequentavano la redazione, e lui non si sottraeva mai al piacere di far tardi a chiacchierare, intrattenendo amici e colleghi con la sua cultura e la sua capacità di raccontare. Mitici i suoi titoli che hanno segnato il successo del Giorno. F.F. 5 Carlo Belihar Ventuno Tutto cominciò per una palla di mastice Tutto per una palla di mastice. Per uno scherzo di un compagno che incollò il professore alla sedia. Per una burla del destino che fece ricadere la colpa sul giovane Belihar. E lo fece espellere. Carlo Belihar doveva diventare ufficiale di Marina, avrebbe avuto una bella divisa e magari sarebbe pure andato per mare. Ma aveva il vizio di ridere. Di ridere di tutto e di tutti. Se un banco scricchiolava. Se una pagina frusciava. Figuriamoci un vecchio professore, che si alza con la sedia attaccata al sedere. Per poi ricaderci sopra, disorientato e allibito. Tutti ridevano. Ma il giovane Belihar rideva ancora più forte. E meno male. Quella risata fece prendere alla sua vita una strada diversa. Una rotta che partiva dal Corriere di Trieste, passava per Parigi, Vienna e Francoforte. Faceva sosta ad Amburgo per poi approdare a Milano. Belihar, ovvero un profondo conoscitore della realtà mitteleuropea. Una carriera lunga, bella e impossibile da riassumere in poche righe. Dalle campagne a favore del divorzio alle interviste immaginarie. Dall’economia alla storia. Belihar è qualcuno che in dieci minuti riesce a descriverti con brillante semplicità il sistema di tangenti in Germania, le implicazioni di Kohl e le cause nascoste dello scandalo. Eppure non si dà importanza. Non si prende sul serio. Neanche davanti a un’impegnativa medaglia d’oro. Allarga gli angoli della bocca, cerca di stare serio… niente. Anche questa volta gli viene da ridere. Ma andiamo con ordine. Dunque, dopo lo scherzo al professore e l’espulsione, cosa accadde? “Entrai alla scuola di equitazione a Pinerolo. Lì ho conosciuto Gianni Agnelli. Anche lui allievo ufficiale di un altro corso. Poi venne la guerra. Vediamo, cossa posso dir de la guerra? Ho conquistato la Jugoslavia. E poi l’ho persa, per distrazione”, e giù un’altra risata. Non c’è niente da fare. È incontenibile. Anzi a dirla tutta sono un po’ preoccupata. Controllo la poltrona su cui sto seduta: niente colla. Non si sa mai… Il suo debutto nel giornalismo è stato al Corriere di Trieste? “Si, un amico mi accompagnò da Cergoli, allora direttore. Lui aveva fatto l’attore nel teatro dialettale del Benassi. Mi disse: “Beh, già che la è qua, vorria veder la tipografia?”. E da lì non mi fece più uscire”. Da dove? Dalla tipografia? “Ma no, dal giornale. Rimasi al Corriere di Trieste dal ’45 al ’59. Praticante, professionista, caposervizio agli esteri, vice direttore responsabile”. E già questa sarebbe una carriera niente male. “Nel ‘55 venni mandato a Vienna come corrispondente e là rimasi per cinque anni. Quando il Corriere di Trieste chiuse, mi offrirono un posto a Francoforte, come responsabile del periodico della Camera di Commercio Italiana. Accettai. Poi nel ‘62 tornai in Italia, a Milano; prima all’Avanti! e poi ad ABC. Come arrivò ad ABC? “Attilio Pandini mi ci trascinò, come una pecora a rimorchio. Ah, quello fu un periodo avventuroso. ABC aveva lanciato la campagna divorzista. Allora conobbi tanta gente. Ricordo un ministro democristiano favorevole al divorzio. Mi spiegò le sue ragioni”. E quali erano? “La figlia aveva sposato uno con l’eiaculatio precox”. Ah, beh… “Anche in redazione, c’erano di quei tipi. Sergio Banfi, l’impaginatore. Quelli che adesso si chiamano art director. Beh, questo Banfi viveva di bestemmie, non aveva tenerezza per nessuno. Tranne che per un pesce rosso, portato in redazione da un cronista di ritorno da un servizio sulle giostre. Al pesce non si poteva avvicinare nessuno. Una volta spedirono un collega in Puglia o in Calabria, non ricordo bene. Doveva seguire una pista e mandarci un pezzo in giornata, che non arrivava mai. Era tardi e Banfi rugnava: Stù cretin, stù pirla. Squilla il telefono: era il giornalista. La notizia era una bufala, e il Banfi giù bestemmie. Mi avvicino e gli dico: “Scusa, ma questa è l’ora di religione?” Smise? “No, proseguì ancora più forte. Allora minacciai di togliere l’acqua al pesce”. Eravate vivaci. “Già! Mi ricordo che avevamo due aerei per la campagna divorzista. Uno era senza permesso di volo. L’altro aveva un buco nella carrozzeria: serviva per gettare finte banconote con scritto “Diecimila ragioni per votare si”. Una volta i manifestini finirono su San Siro e quelli dell’ippodromo minacciarono di farci pagare la raccolta. Ma se lo immagina, tutto l’ippodromo pieno di finte diecimila lire!” Belihar al pensiero ride ancora. Un buonumore contagioso, che da quella palla di mastice, lo ha portato a girare l’Europa come inviato e corrispondente. Ad essere una delle firme de Il Giornale di Montanelli o a Tmc, come responsabile dei telegiornali. Belihar non si dà arie. Continua a ridere, persino quando si racconta. Perché il giornalismo non gli ha tolto l’allegria, anzi lo ha conservato gentile e vivace. E a intervista finita mi dice: “Mi raccomando le metta quelle cose comiche. Le metta!” a e l b 1 I m se 200BLICIST s A B PU Angelo Arrigoni “È l’economia la mia passione” Angelo Arrigoni, 86 anni, milanese, ha preferito, alla tradizionale intervista, scrivere di proprio pugno una sintetica biografia di se stesso, che noi pubblichiamo integralmente: “La prima volta che la firma di Angelo Arrigoni è apparsa stampata è stato sotto un articolo pubblicato nel 1933 su Libro e Moschetto, settimanale del GUF universitario di Milano ed è stato l’inizio di un periodo di intensa collaborazione di tipo spesso polemico (come usava allora) che coinvolgeva i problemi universitari italiani. Poi la sua firma è apparsa su un fondo del Popolo d’Italia, a seguito dell’affermazione dell’autore (Arrigoni, n.d.a.) ai Littoriali del 1936, e, più avanti, nel centro del quotidiano di Milano nel luglio del 1941, a seguito del testo: “Cinquantotto giorni a Bengasi fra le prepotenze e le ladrerie degli inglesi”, dove si riporta dettagliatamente la vita del tenente Arrigoni, ferito, catturato e poi sfuggito dal campo di prigionia inglese. Ma questa è solo cronaca brillante. In realtà, Angelo Arrigoni durante questo periodo lavorava come collaboratore dell’allora Il Sole, quotidiano economico di Milano poi fuso con il 24 Ore. Collaborava intensamente con decine di articoli dedicati alla materia più consona alla sua preparazione culturale, l’economia appunto. Per l’affetto che lo legava a Nicolò Giani, medaglia d’oro caduto in Grecia e già direttore del quotidiano di Varese, Angelo Arrigoni assunse nel 1943 la guida della Cronaca Prealpina. Oltre cento gli articoli pubblicati e l’orgoglio di aver allargato il bacino di lettori del giornale, con l’istituzione di tre nuove edizioni locali: Saronno, Busto Arsizio e Gallarate. Nel 1945 Arrigoni lascia la Cronaca Prealpina per tornare al Sole 24 Ore, con cui collaborerà per molti anni ancora, scrivendo centinaia di articoli tecnici ed alcuni in stile polemico”. Cristina Giuliano Francesca Laura Wronowski Una figlia del mare e della libertà Conversare con Francesca Laura Wronowski è come fare un magico tuffo nel passato della storia italiana. Basti pensare che la zia Velia di cognome faceva Matteotti, per aver sposato quel famoso Giacomo, deputato socialista, rapito dai fascisti e ucciso il 16 agosto 1924. All’epoca del delitto Matteotti, Francesca Laura era appena nata, ma la sua infanzia venne segnata dalla repressione fascista che coinvolse tutta la sua famiglia. Il padre Casimiro, discendente da un nobile casato polacco, negli anni ‘20 era giornalista al Corriere della Sera, ma a seguito della fascistizzazione del quotidiano, a partire dal 1925, decise di lasciare il giornale. L’amara scelta venne fatta insieme a Luigi Einaudi, Carlo Sforza, Ferruccio Parri e i fratelli Albertini. Le battaglie di Casimiro contro le leggi fasciste della stampa gli procurarono la radiazione dall’albo dei giornalisti e da quel momento dovette cavarsela con gli scarsi introiti derivanti da incarichi più modesti, che precedettero la partecipazione diretta alla Resistenza e alla liberazione di Genova dai tedeschi, nel 1945. Con una naturale eleganza la signora Wronowski racconta di un periodo “di grandi ristrettezze economiche e di emarginazione sociale”. “Ma noi - precisa - ci sentivamo lo stesso liberi e ricchi. Mio padre viveva a Milano e noi in Liguria, al mare, perché costava meno ed era più salutare. Ci mandava libri e giornali che erano il mio nutrimento quotidiano, insieme al mare, la cui visione mi ammalia e mi ricarica ancora oggi”. 6 L’approccio di Francesca Laura con il giornalismo fu del tutto casuale. “Nel ‘46 Milano era in piena ricostruzione e io non sarei certo rimasta con le mani nelle mani. Volevo lavorare a tutti i costi, così risposi a un annuncio per un posto da impiegata al Sole, il quotidiano di proprietà della famiglia Bersellini. Ma il lavoro che io cercavo era stato già assegnato, così mi dirottarono alla redazione economica. Cominciai a scrivere del mercato agricolo, allora molto importante, finché nel 1959 il giornale passò nelle mani della Confindustria e l’atmosfera si fece irrespirabile. Circolava certa gente dal passato molto oscuro”. Dotata dello stesso spirito di indipendenza del padre, la Wronowski lasciò giornale e professione. “Con un bambino in grembo e un marito da accudire, una donna era solo un peso per qualsiasi azienda. Allora non eravamo per niente tutelate dallo statuto dei lavoratori. E dunque abbandonai a malincuore il giornalismo per dedicarmi alla casa”. Ma durò poco. “Il concetto di casalinga non lo accetto proprio - sottolinea con fermezza - e così negli anni trovai altre soddisfazioni come curatrice e addetta alle pubbliche relazioni di alcuni centri culturali milanesi”. Oggi Francesca Laura Wronowski non rimpiange il passato, e continua a crescere, nutrendosi di libri e di mare, che le hanno regalato bellezza e libertà. Ketty Areddia ORDINE 3 2001 penne d’oro Caterina Lelj Nino Romano Soprattutto critica d’arte Incontri del terzo tipo con un giornalista creativo Scrittrice, professoressa e critica d’arte, giornalista. Le tante professioni riconducibili all’attività e alla predilezione di Caterina Lelj ne inquadrano il personaggio. Nata a Roma e residente a Milano ha una lista di collaborazioni vastissima con quotidiani e periodici, da l’Avanti! a Paese Sera, dal Giornale della Sera aI Gazzettino, Panorama e Repubblica, Italia Letteraria e Omnibus, dal Corriere dell’Adda a L’Italia Letteraria a tanti altro come Ausonia, Dimensioni, Tempo, sempre occupandosi di critica d’arte. Ha cominciato a scrivere già nel 1938 sul Giornale d’Oriente e il rapporto più continuativo lo ha avuto con il Corriere Padano, dove è restata per alcuni anni. Nel frattempo ha conseguito la Tessera degli Scrittori e quella dei Critici d’Arte. Ha pubblicato William Blake (1938), Poesie (1940), I fiori di Vincent (1946), e Cavalli e Cavalieri (1959). Nel 1953 ha vinto sia il Premio Portonovo che il Premio Ausonia, nel 1954 ha ottenuto il Premio Castellana fino al Premio Sila nel 1955, tutti riconoscimenti per la sua attività letteraria. Questo un suo brano: “I leccesi comunicano con una parlata raffinata. Antonio Massari, però, ci rivela nelle pagine del suo Eduardo, la comunicazione indecifrabile dei non colti. Scrittore e pittore, Massari è artista dalle risoluzioni inaspettate. Dunque pittore e scrittore Massari. Ma tutti gli intellettuali leccesi denunciano la molteplicità dei loro linguaggi. Sono raffinati. Comincia a farcelo capire la mise quotidiana. E che sono artisti dalla radice, il lavoro con la cartapesta ce lo conferma, gli uomini leccesi hanno il pallore del volto che li distingue, e l’occhio spia tra le palpebre il segreto dell’invisibile. Francesco Barbieri e Carlo Barbieri avevano, invece, occhi spalancati e accesi. Ma questi toni venivano da altri punti cardinali. Essi erano leccesi, se lo sentivano dentro, e giostravano la potenza della fantasia. Un derivato Marti che si accoppiava, con amore, al cugino Vittorio Bodini, punto di contatto e di unione con Antonio Massari. E il tutto unità leccese al grado massimo. Nella molteplicità dei linguaggi, Antonio Massari ama scrivere. Francesco Barbieri scriveva tutta la notte. Bodini, invece, legato alle sacre lettere, dedicava alle arti del disegno le sue ore felici. Qualche giorno fa, dinanzi alla pittura di Carlo Barbieri, Antonio Massari ne era fortemente attratto. Quanto è leccese quel suo pallore, quel suo pacato vestire e quel mezzo sigaro distrettamente lasciato tra le labbra.” F.F. Costringere la carriera professionale di Nino Romano in quella strettamente giornalistica, non rende onore a un personaggio eclettico e creativo come lui, diviso per una vita fra editoria e musica. Ha composto, infatti, testi musicali, interpretati da cantanti del calibro di Mina, Milva e Antoine, ha fatto coppia con Gilbert Bécaud, vincendo nel ‘68 la Mostra internazionale di musica leggera di Venezia. Con Patrick Samson, poi, ha trionfato al Bandiera Gialla con Sono nero. La stessa passione ha speso nella professione giornalistica, che ha svolto per più di 30 anni come pubblicista. Comincia nel 1951 quando a 25 anni, rimasto affascinato dal libro di Dino Buzzati, che allora dirigeva la Domenica del Corriere, gli si presenta, esordendo con un semplice: “vorrei fare il giornalista”. Il famoso scrittore gli propone: “Sarebbe bello vedere cosa c’è sotto il suolo di Milano”. A questa prima seguono altre inchieste esilaranti e ancora oggi attuali, come “L’ultima sigaretta”, o “Cravatta sì cravatta no”, o ancora “La paura dell’aereo”, nelle quali artisti e politici famosi si raccontavano. Redattore di Grazia per 10 anni, a cominciare dal 1970, collabora per diverse testate, fra cui Epoca, Panorama. Nel 1981 dalla Mondadori passa alla Rusconi e diventa caporedattore per studiare nuove iniziative editoriali. Nel frattempo è inviato di Gioia e collabora con Gente. Mostrando il suo archivio di articoli, con un sorriso disarmante che gli colora il viso e la vita, Romano torna indietro agli anni di maggiore attività: “Mi chiamavano dai giornali per le interviste agli artisti più noti. Vedi? Ho incontrato Gino Paoli, Celentano, Jerry Lewis, Toni Renis, Carla Fracci, Baglioni agli esordi. Per non parlare dell’amicizia con Milva e Mina. Con lei e la Vanoni condussi per Radiouno il Libero Traversa 3 2001 Gian Carlo Vicinelli “Non mi sono mai annoiato” “Medico, poi giornalista” Una moglie, tre figli, sei nipoti, due bisnipoti. Libero Traversa prima che un giornalista, è un patriarca. Con famiglia, prole prolifica e un fratello partigiano, che non si è perso una guerra. “Dall’Italia alla Russia. Da Cefalonia ad Atene. Ha collezionato medaglie e onorificenze, compresa la Croce di ferro e la Bronze Star”, racconta Traversa divertito. E mentre il fratello combatteva, ormai per abitudine, Libero si dava al giornalismo. Arruolandosi nell’Ordine giovanissimo, e facendo della politica la sua ragione di vita. “L’antifascismo era nel Dna della mia famiglia. Iniziai a Voce Comunista con Elio Quercioli come direttore. Il giornale era molto aperto, la redazione frequentata da intellettuali, scultori, pittori e diversi artisti. Dopo arrivarono anche Dario Fo e Franca Rame”. A Voce Comunista rimase “un po’”. “Fino al ‘52, poi mi mandarono a dirigere Terra, un giornale dei salariati e dei braccianti agricoli. Faceva diecimila copie: un’esperienza importante perché ero costretto ad usare un linguaggio comprensibile alle mondine e agli agricoltori”. E dopo Terra? “Passai all’Ufficio stampa della Camera del lavoro. Mi occupavo di giornali professionali e nello stesso tempo facevo lo speaker in piazza del Duomo”. “Sono un medico, prima che un giornalista!”. Gian Carlo Vicinelli, 75 anni, bolognese, pubblicista da 50 anni. Si è sempre occupato di organizzazione sanitaria e assistenziale, ma la passione per il giornalismo lo ha travolto alla fine degli anni ‘40. “Ero un giovane esponente del Partito socialista italiano, quando cominciai a scrivere per il giornalino della federazione milanese: si chiamava I Nostri problemi.” Il suo compito fu, all’inizio, quello di trasferire su carta le decisioni prese dal partito. Passato nei primi anni ’50 al Proletario, nel ’64 Vicinelli diventa collaboratore dell’organo uffciale del Psi Avanti!. Ricopre il ruolo di colaboratore medico, scrivendo articoli che sarebbero anche oggi di grande attualità. “Già allora si cominciava a parlare di doping nello sport”, dice. I ricordi degli anni trascorsi all’Avanti! sono ancora nitidi nella sua memoria: “Era una vera famiglia, un ambiente molto unito, dove ognuno lavorava con piacere”, ricorda. Comprensibile che la cessazione delle pubblicazioni del quotidiano socialista nel 1993, sotto la direzione di Bettino Craxi, abbia colto di sorpresa molti degli ex-collaboratori. “Ho lavorato all’Avanti! solo un anno, ma credo che con la sua scomparsa la sinistra italiana abbia perso una delle sue voci più importanti”, dice Gian Carlo Vicinelli. Tra il 1965 e il 1966, entra a far parte della redazione di Paese Sera. Ma il suo vero mestiere era un altro, e l’unico modo per conciliarlo con la sua passione per il giornalismo fu quello di assumere la direzione di una rivista medica specializzata: Assistenza Sociale. Dal 1984 al 1995, Vicinelli tratta i temi della sicurezza sanitaria e dell’organizzazione assistenziale. “Questa esperienza mi ha permesso di conoscere molte persone interessanti e di arricchire le mie conoscenze scientifiche”, dice. La consegna della medaglia d’oro rappresenta per Gian Carlo Vicinelli un traguardo importante. “Sono felice di essere rimasto legato al mondo del giornalismo per così tanto tempo”, ammette. Ma il suo giudizio sui media di oggi è netto: “Il giornalismo scientifico ha fatto grandi passi avanti e oggi non c’è quotidiano o rivista che non trattino, in modo qualificato e approfondito, temi medici. I giornali stanno però diventanto, sempre più megafoni che strillano piuttosto che informare. Non amo la distorsione del vero e trovo che la comunicazione moderna ricorra a una violenza verbale spesso eccessiva”, conclude. Cristiano Fubiani Come scusi? “Sì, presentavo i dirigenti politici e sindacali durante i comizi, perché ero l’unico a parlare un italiano corretto. Intanto collaboravo a Il Lavoro, l’Unità, Milano Sera”. Traversa, più che una vita prestata al giornalismo, un giornalista prestato alla causa. Due libri alle spalle (Sezione serrati e Sibillo del potere), ultimamente ha collaborato a Liberazione, e ora a Rinascita, Prassitele e la direzione di Marxismo oggi. Ma Traversa è anche altro. “Dal ‘59 ho diretto due società commerciali, concessionarie di pubblicità e ora faccio il consigliere dell’Apt milanese. No, nella vita non mi sono mai annoiato”. C.G. ORDINE programma da me ideato, ‘Incontri musicali del mio tipo’, durato ben 12 anni”. Enumerando le esperienze professionali di Romano è inevitabile tralasciarne alcune, come i periodi passati alla Ricordi o alla Fabbri, con Natalia Aspesi, la collaborazione al domenicale del Sole 24 Ore, o ancora la sua produzione come scrittore, di cui ricordiamo “La storia di Mina”, “La luna non è di tutti” e l’ultimo (del 1994) “Anche se non ho la torta soffio lo stesso sulle candeline” (tutti editi da Rusconi). “Questo strano titolo spiega - è nato da un incontro con un amico gravemente malato, al quale dovevo parlare attraverso una vetrata. Era il suo compleanno e per sciogliere l’imbarazzo che avevo gli chiesi se voleva festeggiare con una torta. Mi disse ‘Facciamo che ho soffiato lo stesso le candeline’. Trattenni a stento le lacrime”. L’umanità esplosiva di Romano è ammaliante. Lui e la moglie, ex caporedattrice di Gioia, vivono nello stesso edificio della figlia, insieme a una famiglia colombiana che hanno accolto dopo il terremoto del 1999. Parlarne sembra quasi non rispettare il senso del gesto, che lui non ha fatto per beneficenza. “È una felicità”, dice mostrando con orgoglio i suoi nipotini, adottati e no. La sua originale segreteria telefonica te la spieghi solo dopo averlo conosciuto. È il suo biglietto da visita più eloquente: “Prediligo le notizie buone alle cattive. Ma in ogni caso l’importante è tenerci in contatto…”. Un posto nella sua casa piena d’arte e calore c’è sempre. K.A. 7 TESTO DELL’IPOTESI DI ACCORDO PER IL RINNOVO DEL CONTRATTO DEI GIORNALISTI CHE SARÀ SOTTOPOSTO ALLA COMMISSIONE CONTRATTUALE DEL 27/02/2001 mo le a i h c bli integra ata b u P sto firm 1 li te intesa io 200 dell’ febbraFieg il 24Fnsi e da Il 24 febbraio 2001 presso il ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale alla presenza del Sottosegretario Sen. Ornella Piloni, della Dr.ssa Maria Teresa Ferraro Direttore Generale dei Rapporti di Lavoro e della Dr.ssa Erminia Vigiani Dirigente Div. VIII D.G. RRLL, tra Fieg e Fnsi è stata stipulata la seguente ipotesi per il rinnovo del contratto nazionale di lavoro giornalistico. 1. Decorrenza e durata Il contratto fatte salve le specifiche decorrenze espressamente previste, ha decorrenza dal 1° marzo 2001 ed avrà validità fino al 28 febbraio 2005 per la parte normativa e fino al 28 febbraio 2003 per la parte retributiva. 2. Incremento dei minimi Gli aumenti tabellari per le altre qualifiche risultano determinate sulla base del parametro in vigore al 30 settembre 1999 rispettivamente per i giornalisti professionisti e praticanti in servizio al 30 novembre 1995 ovvero assunti dal 1° dicembre 1995 e corrisposti con la decorrenza e il rapporto in precedenza indicati. Il valore dei minimi di retribuzione per i collaboratori fissi (art. 2) per i corrispondenti (art. 12) e per i pubblicisti part time (art. 36) in atto al 30 settembre 1999 è incrementato a regime secondo i valori conseguenti all’applicazione dell’aliquota percentuale di incremento del minimo previsto per il livello 100 della scala parametrale. Tale incremento è corrisposto con la medesima decorrenza e con il medesimo frazionamento percentuale. L’erogazione dell’indennità di vacanza contrattuale cessa a far data dal 28 febbraio 2001. 3. Previdenza complementare La quota di TFR prevista dalla lett. c) del punto 6 dell’accordo 4 giugno 1998 è elevata al doppio dell’ammontare annuo del contributo a carico del datore di lavoro. Il valore del minimo tabellare in atto al 30 settembre 1999 per il livello 100 della vigente scala parametrale (redattore oltre 18 mesi di anzianità professionale, redattore oltre 30 mesi di anzianità professionale) è incrementato di L. 280.000 a regime. 4. Modifiche normative Il suddetto importo verrà corrisposto sulla base dei seguenti frazionamenti e cadenze: MINISTERO DEL LAVORO E DELLA PREVIDENZA SOCIALE FEDERAZIONE ITALIANA EDITORI GIORNALI FEDERAZIONE NAZIONALE STAMPA ITALIANA 1° marzo 2001 = L. 160.000 1° marzo 2002 = L. 120.000 In allegato risultano riportate le modifiche ed integrazioni alla disciplina collettiva andata in scadenza al 30 settembre 1999. Il ciclone della flessibilità muterà di (la percentuale degli assunti “a te Art. 3 Contratti a termine, a tempo parziale, di lavoro temporaneo A) Contratti a termine Sono nulli gli accordi che menomano i diritti stabiliti dal presente contratto. Le assunzioni a termine sono disciplinate dalla legge 18 aprile 1962, n. 230 e successive modificazioni ed integrazioni. In relazione a quanto previsto dall’art. 23 della legge 28 febbraio 1987, n. 56 l’applicazione di un termine alla durata del contratto di lavoro è altresì consentita per tutte le qualifiche nelle seguenti ipotesi: - nella fase di avviamento e di sviluppo di nuove iniziative editoriali; - nella fase di avviamento e di sviluppo di iniziative multimediali; di tempo predeterminato non superiore ai ventiquattro mesi. Anche nei contratti a termine configurati nel comma precedente è obbligatoria la corresponsione dei minimi di stipendio nei casi in cui è dovuta a norma del presente contratto. I contratti a termine che non si riferiscano ad una determinata specialità di rapporto cadono sotto la disciplina del presente contratto. In caso di anticipata risoluzione non dovuta a fatto o a colpa del giornalista o in caso di cessazione per compimento del termine, essi comportano per il giornalista il diritto ad una indennità che in ogni caso non potrà essere inferiore a quella stabilita dal presente contratto per i rapporti a tempo indeterminato. Tale indennità sarà assorbente di quegli indennizzi che fossero dovuti al momento della risoluzione del rapporto in forza del contratto a termine. Nel caso che gli indennizzi dovuti al momento della risoluzione del rapporto in forza del contratto a termine superassero l’ammontare dell’indennità stabilita dal presente contratto per i rapporti a tempo indeterminato, sarà corrisposto soltanto l’ammontare correlativo a tali indennizzi. B) Lavoro a tempo parziale L’allegato N del contratto è sostituito dal seguente testo: - per sostituire giornalisti assenti per ferie; - per sostituire giornalisti assenti per aspettativa; - per l’assunzione dei disoccupati o cassaintegrati iscritti negli elenchi di cui all’art. 4; - per sostituire giornalisti assenti ai sensi degli artt. 6 e 7 della legge 9 dicembre 1977, n. 903 (adozione o affido) e della legge 8.3.2000 n. 53 e successive modificazioni e integrazioni; - per fronteggiare situazioni imprevedibili che richiedano temporanee integrazioni degli organici redazionali, previa informativa al C.d.R.; - per l’assunzione di direttori, condirettori e vicedirettori. L’incarico sarà limitato ad un periodo di tempo che non potrà superare i ventiquattro mesi per le varie ipotesi sopra indicate. L’assunzione a tempo determinato in sostituzione di giornalisti in astensione obbligatoria o facoltativa dal lavoro ai sensi della legge 30.12.1971, n. 1204 e successive modificazioni e integrazioni potrà avvenire anche con un anticipo fino a 2 mesi rispetto al periodo di inizio dell’astensione. Le assunzioni a termine per sostituzioni ferie, aspettativa o per nuove iniziative, compatibilmente con le esigenze redazionali ed organizzative, devono riguardare prioritariamente i giornalisti disoccupati iscritti nelle liste di cui all’art. 4 - situazione occupazionale - e devono essere notificate alla Commissione nazionale. Sono pure ammessi i contratti a termine per i giornalisti assunti da giornali quotidiani e periodici, la pubblicazione dei quali abbia carattere temporaneo ed avvenga per un periodo 8 Il lavoro a tempo parziale è disciplinato dal Decreto legislativo 25 febbraio 2000, n. 61 e successive modificazioni e integrazioni. Fatte salve le compatibilità con le esigenze di servizio, organizzative e produttive con accordo fra azienda e giornalista professionista, sentito il direttore, è ammessa la trasformazione del rapporto a tempo pieno in rapporto a tempo parziale per un periodo predeterminato anche rinnovabile. L’assunzione a tempo parziale, ovvero la trasformazione del rapporto a tempo pieno in rapporto a tempo parziale deve risultare da atto scritto con indicazione delle mansioni e della distribuzione dell’orario con riferimento al giorno, alla settimana, al mese e all’anno.Tale distribuzione potrà essere soggetta a revisione qualora si determino specifiche esigenze tecniche, produttive o organizzative. Il lavoro a tempo parziale può svolgersi anche con prefissione del termine di scadenza e riferirsi ad un numero predeterminato di giornate lavorative da effettuarsi in un determinato arco di tempo. Per i dipendenti giornalisti professionisti titolari di un rapporto di lavoro a tempo parziale trovano applicazione i trattamenti economici e normativi previsti dal presente contratto per i giornalisti professionisti a tempo pieno secondo criteri di proporzionalità all’orario di lavoro concordato ed in quanto compatibili con la natura del rapporto stesso. In caso di assunzioni di giornalisti professionisti a tempo pieno, fatti salvi i poteri del direttore e le specifiche esigenze professionali ed organizzative, è riconosciuta sulla base della normativa di legge vigente la precedenza nei confronti dei giornalisti con contratto a tempo parziale ed occupati nelle medesime mansioni, con priorità per coloro che, già dipendenti avevano trasformato il rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale. C) Contratti di lavoro temporaneo Il contratto di fornitura di lavoro temporaneo disciplinato dalla legge 24 giugno 1997, n. 196, può essere stipulato, oltre che nei casi previsti dalla legge stessa (utilizzazione in posizioni non previste dai normali assetti redazionali - sostituzione di giornalisti assenti), anche nei casi che, ai sensi del presente contratto, consentano la stipulazione di contratti a tempo determinato. L’azienda utilizzatrice comunica preventivamente al C.d.R. il numero, le qualifiche e le mansioni dei giornalisti da utilizzare con contratto di lavoro temporaneo nonché le durate ed i motivi. Ove ricorrano motivate ragioni di urgenza e necessità la predetta comunicazione sarà effettuata entro le 24 ore successive alla stipula del contratto. D) I giornalisti assunti con i contratti di cui alle precedenti lettere A e C non potranno complessivamente superare il 20% dei contratti a tempo indeterminato ex art. 1 in atto nell’azienda. I limiti in precedenza indicati non trovano applicazione per le assunzioni di giornalisti disoccupati o cassaintegrati inseriti negli elenchi di cui all’Art. 4 o per sostituzione dei giornalisti assenti per ferie, malattia, gravidanza, puerperio, aspettativa, e per le cause previste dagli artt. 6 e 7 della legge 9 dicembre 1977, n. 903 e della legge 8.3.2000 n. 53 e successive modificazioni e integrazioni. Norma transitoria In sede di rinnovo del secondo biennio di validità economica del contratto le parti sulla base dell’andamento dei rapporti di lavoro temporaneo si impegnano a valutare l’applicazione della previdenza complementare per i lavoratori assunti con contratto interinale. Dichiarazione del Ministero del Lavoro Il Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale in relazione alle peculiarità che contraddistinguono il lavoro interinale reso da giornalisti si impegna a risolvere il problema dell’ente previdenziale cui deve accedere la relativa contribuzione. Art. 4 Assunzione - Periodo di prova Situazione occupazionale Il 3° comma è così modificato. Nella lettera di assunzione dovranno essere indicate la qualifica e la retribuzione del giornalista nonché la testata alla quale il giornalista è assegnato. Nel rispetto dei poteri dei direttori, chiamati a garantire l’autonomia delle testate, l’opera del giornalista nel corso dell’orario normale di lavoro potrà essere utilizzata anche per le ORDINE 3 2001 Cronologia di una lunga trattativa Roma, 24 febbraio. Il contratto di lavoro giornalistico scade il 30 settembre del 1999. La prima piattaforma contrattuale viene trasmessa alla Fieg il 21 giugno del ‘99 e subito dopo iniziano le prime schermaglie. ovità n e tto el ro Tutt Contra di lavo del ionale o naz nalistic2001 gior arzo o 2005 1° mfebbrai 28 28 settembre 1999 - Primo incontro Fieg-Fnsi. 28 gennaio 2000 - Si apre ufficialmente la trattativa e il clima è subito caldissimo. “C’è un mare di scogli da superare”, dice il presidente della Fieg, Mario Ciancio Sanfilippo. “Non pensavamo di fare una gita in barca”, replica il segretario Fnsi, Paolo Serventi Longhi. 16 febbraio - Prima interruzione. Il sindacato minaccia lo sciopero che però rientra per l’intervento del ministro del Lavoro, Cesare Salvi che convoca le parti per il 29 febbraio. Riprende il dialogo. I primi punti di scontro sono i temi della regolamentazione del lavoro autonomo e dei giornalisti on line. 7-8 aprile - È il primo di una lunga serie di scioperi. 10 maggio - Parte da Bologna il bus dell’informazione promosso dal sindacato per spiegare le ragioni della vertenza in giro per l’Italia. Il tour si conclude il 31 maggio a Roma. 14 giugno - Nuovo incontro al ministero del Lavoro, dove la mediazione è affidata al sottosegretario Ornella Piloni. Proseguono le trattative durante l’estate ma il 10 settembre c’è una nuova interruzione. tra le parti falliscono e lo scontro diventa aspro. 14 novembre - Una schiarita porta ad un nuovo incontro. Sembra esserci qualche speranza a chiudere prima di Natale e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Vannino Chiti, dichiara la sua disponibilità “a dare una mano”. 24 novembre - “No ad un contratto che preveda distinzioni tra giornalisti di serie A e B, no ai contratti a termine per i quadri, no all’utilizzo multimediale ‘selvaggio’ del giornalista”. Su questi tre punti la Fnsi è decisa a non transigere. La Fieg lo legge come un ultimatum. “Proclami così categorici su materie che sono state oggetto di discussione per giorni e dopo che il tavolo si era faticosamente riaperto - sostengono gli editori - non sembra vogliano portare ad un accordo”. A novembre e dicembre si sciopera ancora. 20 dicembre - Arrivano nuovi segnali di ottimismo e il 21 Fieg e Fnsi firmano un comunicato congiunto che fa pensare a una prossima chiusura. La trattativa si sblocca sulla disponibilità degli editori a fare un passo indietro sul punto dei contratti a termine per capiservizio e caporedattori. 10 gennaio - Si riprende a trattare ma due giorni dopo arriva un reciproco scambio di accuse e la minaccia di nuovi scioperi. Interviene nuovamente il ministero. 13 febbraio - Inizia la trattativa che porta alla firma dell’ipotesi di accordo. 22 e 23 settembre - Si sciopera, poi il 9 e 10 ottobre black out dell’informazione radio-tv. I tentativi di riavvicinamento (ANSA) i continuo il volto delle redazioni mpo” crescerà molto velocemente) altre testate edite dall’azienda, comprese quelle multimediali, nonché per quelle edite da imprese controllate dalla stessa proprietà (art. 2359 c.c.). La predetta utilizzazione dovrà essere attuata tenendo conto della prevalenza di prestazione per la testata di assegnazione e nel rispetto delle competenze professionali del giornalista. Eliminare il 2° comma della norma particolare dell’articolo. Nota a verbale Sono fatte salve le eventuali intese aziendali comprese quelle che prevedono erogazioni economiche per l’opera prestata dal giornalista a favore di altre testate della stessa azienda. Al paragrafo “Situazione occupazionale” sono apportate le seguenti modifiche: alla lettera A1 è eliminato l’inciso “giornalisti non iscritti all’INPGI”; alla lettera B sono eliminati il 1° e 3° comma nonché il capoverso n. 6; alla lettera B, paragrafo 1 (“assunzioni di professionisti”) aggiungere che la durata minima del contratto è elevata da 4 a 6 mesi e quella massima a 24 mesi. Per quanto riguarda gli incentivi per l’assunzione dei disoccupati le parti si riservano di rivederne il contenuto in relazione alla necessità di adeguare la normativa in termini più funzionali, in particolare eliminando i riferimenti alle trasformazioni dei contratti a termine in contratti a tempo indeterminato. Art. 11 Qualifiche e minimi di stipendio I minimi di stipendio spettanti ai redattori di giornali quotidiani, di agenzie di informazioni quotidiane per la stampa sono quelli fissati nella tabella allegata al presente contratto per le seguenti categorie: Giornalisti in servizio al 30 novembre 1995 a) redattore di prima nomina (meno di 18 mesi di anzianità professionale); b) redattore con oltre 18 mesi di anzianità professionale; in relazione alla particolare preparazione, esperienza ed attività professionale svolta anche con compiti specifici, può essere attribuita per iscritto al redattore, su proposta del direttore, l’equiparazione con il trattamento normativo e economico di cui alla lettera c). Tale equiparazione non altera i rapporti gerarchici in atto e non modifica le mansioni di fatto espletate. Ai redattori di cui al comma precedente ed agli inviati di cui alla norma transitoria può essere inoltre attribuita per iscritto, su proposta del direttore, l’equiparazione con il trattamento ORDINE 3 2001 normativo e economico di cui alla lettera e) in relazione a rilevanti qualità e autorevolezza professionale. Tale equiparazione non altera i rapporti gerarchici in atto e non modifica le mansioni di fatto espletate. A decorrere dall’entrata in vigore del presente contratto ai giornalisti incaricati per iscritto dal direttore di svolgere servizi come inviati verrà corrisposta, per il periodo stabilito, una indennità temporanea di funzione che assicuri il trattamento economico di caposervizio. Verrà altresì corrisposta a titolo di trattamento indennitario l’indennità mensile compensativa di cui al 15° comma dell’articolo 7. Esaurito l’incarico il giornalista riprenderà a svolgere le mansioni proprie della qualifica di appartenenza. Ai corrispondenti dall’estero residenti nelle seguenti capitali: Parigi, Londra, Bonn, Bruxelles, Washington, Mosca, Pechino, Tokyo, New York, Berlino e Ginevra, è riconosciuta agli effetti del presente contratto l’equiparazione con la posizione categoriale di capo servizio; c) vice capo-servizio; nei servizi delle redazioni le cui esigenze connesse con l’organizzazione del lavoro redazionale lo rendano necessario, è istituita la posizione mansionaria di vice capo servizio. Quando non svolge le mansioni di pertinenza il vice capo servizio espleta anche le mansioni proprie del redattore; d) capo servizio; secondo le disposizioni impartite dalla direzione o al quale, comunque, indipendentemente dalle condizioni di cui sopra, sia stata riconosciuta per iscritto tale qualifica; è considerato capo redattore il redattore al quale, salvo quanto disposto dall’art. 22, sia stato attribuito il compito di dirigere e coordinare le redazioni decentrate e gli uffici di corrispondenza. Il giornalista titolare di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato chiamato a svolgere funzioni di condirettore, vice-direttore e capo-redattore centrale avrà diritto a percepire limitatamente alla durata dell’incarico una “indennità di funzione” il cui importo sarà determinato d’intesa con l’editore. Al termine delle funzioni, il giornalista tornerà a svolgere le mansioni proprie della qualifica di provenienza salvo opzione per la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro nel qual caso avrà diritto a percepire l’indennità di cui all’art. 27 lett. b) maggiorata del 50%. Agli effetti dell’assegnazione del giornalista a diverse mansioni od incarichi, ovunque esercitati, non rileva l’esercizio di funzioni di superiorità gerarchica e di guida del personale in precedenza svolte. Ai giornalisti di cui al presente articolo sarà corrisposta oltre ai minimi predetti l’indennità di contingenza. Il presente articolo si applica anche ai giornalisti addetti ai periodici che prestano opera quotidiana con orario pieno; si applica altresì ai giornalisti che ai sensi dell’art. 1 del presente contratto prestano attività quotidiana con orario pieno negli uffici stampa nonché ai giornalisti fotocinereporters e telecineoperatori. è considerato capo servizio il redattore al quale, salvo quanto disposto dall’art. 22, sia stata attribuita la responsabilità di un determinato servizio redazionale a carattere continuativo ed abbia alle proprie dipendenze due o più redattori e/o collaboratori fissi di cui all’art. 2, con il compito di coordinarne e rivederne il lavoro fornendo le opportune direttive; oppure il redattore al quale, indipendentemente dalle condizioni di cui sopra, sia stata riconosciuta per iscritto la qualifica di capo servizio. Fatto salvo quanto previsto dal comma precedente è considerato capo servizio anche il giornalista professionista al quale, salvo quanto disposto dall’art. 22, sia stata attribuita la responsabilità a carattere continuativo di una redazione decentrata ed abbia alle proprie dipendenze due o più redattori e/o collaboratori fissi e/o pubblicisti a tempo parziale di cui all’art. 36; Giornalisti assunti dal 1° dicembre 1995 e) vice capo redattore; f) capo redattore; Agli inviati speciali in servizio alla data di stipula del presente contratto viene mantenuto il trattamento economico e normativo previsto dal precedente contratto 1° ottobre 1995-30 settembre 1999. L’inviato speciale quando non sia impegnato in servizi esterni ha l’obbligo di prestare – nei limiti dell’orario previsti dall’art. 7 – attività in redazione alle dirette dipendenze del direttore in mansioni che richiedano le sue competenze professionali. è considerato capo redattore il redattore al quale, salvo quanto disposto dall’art. 22, sia stato attribuito il compito di dirigere, coordinandola, anche sotto il profilo del coordinamento dell’utilizzo delle tecnologie, l’attività di servizi della redazione centrale o dell’ufficio di corrispondenza dalla capitale Nota a verbale 1) Con riferimento ai nuovi regimi tabellari disposti dalla rinnovazione contrattuale del 16 novembre 1995 per i praticanti e redattori in servizio alla data del 30 novembre 1995 ovvero assunti dal 1° dicembre 1995 le parti precisano quan- nelle redazioni centrali e negli uffici di corrispondenza dalla capitale è istituita la posizione mansionaria di vice capo redattore. Quando non svolge le mansioni di pertinenza il vice capo redattore espleta anche le mansioni di capo servizio; Per i giornalisti assunti dal 1° dicembre 1995 la lettera a) ed il 1° comma della lettera b) del precedente paragrafo sono rispettivamente sostituite con le seguenti disposizioni: a) redattore di 1ª nomina (meno di 30 mesi di anzianità professionale); b) redattore con oltre 30 mesi di anzianità professionale. Si confermano per il resto le disposizioni di cui al precedente paragrafo relative ai giornalisti in servizio alla data del 30 novembre 1995. Norma transitoria 9 Pubblichiamo il testo integrale dell’intesa firmata il 24 febbraio 2001 da Fnsi e Fieg to segue: - per i rapporti di lavoro intercorrenti fra aziende, praticanti e redattori in atto al 30 novembre 1995 si conferma lo sviluppo dell’iter retributivo sulla base delle anzianità previste dalla disciplina collettiva del 30 luglio 1991 (praticante fino a 3 mesi di servizio, praticante dopo 3 mesi di servizio, praticante dopo 12 mesi di servizio, redattore di 1ª nomina con meno di 18 mesi di anzianità professionale, redattore con oltre 18 mesi di anzianità professionale; - fermo restando quando disposto al precedente punto, per i rapporti di lavoro stipulati a decorrere dal 1° dicembre 1995 fra aziende, praticanti e redattori ovvero di acquisizione delle indicate qualifiche dalla suddetta data a seguito di trasformazione di rapporti di lavoro ex art. 2, 12 e 36 già costituiti, trova applicazione l’iter retributivo sulla base delle anzianità definite dalla rinnovazione del 16 novembre 1995 (praticante con meno di 12 mesi di servizio, praticante dopo 12 mesi di servizio, redattore di 1ª nomina con meno di 30 mesi di anzianità professionale, redattore con oltre 30 mesi di anzianità professionale). 2) Qualora nelle redazioni o nei servizi le esigenze di cui al primo capoverso della lettera c) e al primo capoverso della lettera e) siano state soddisfatte mediante la nomina di uno o più capi redattori o capi servizio, non si darà luogo alla nomina di vice capi redattori o vice capi servizio. Qualora nelle redazioni o nei servizi oltre al redattore capo o al capo servizio titolari operino altri capi redattori o capi servizio, le mansioni vicarie saranno attribuite tra questi ultimi. Art. 23 Permessi sindacali Modificare il testo come segue. Ai giornalisti che ricoprono cariche negli organi previsti dagli statuti della Federazione Nazionale della Stampa Italiana e delle Associazioni regionali di stampa federate o che risultino delegati ai congressi della categoria oppure incaricati delle trattative sindacali ovvero membri della Commissione di cui all’art. 47 saranno concessi permessi retribuiti per il tempo strettamente necessario per lo svolgimento delle funzioni. Permessi per il tempo strettamente necessario per lo svolgimento delle funzioni saranno concessi ai giornalisti che fanno parte degli organi direttivi dell’INPGI, della Casagit, del Fondo complementare e degli Ordini professionali ed ai componenti della Commissione esaminatrice per la prova di idoneità professionale in occasione delle riunioni dei medesimi. Tali permessi saranno retribuiti nei limiti di 20 giorni all’anno ad esclusione dei componenti la Commissione esaminatrice per le prove di idoneità professionale. Art. 25 Malattia ed infortunio In caso di infortunio o malattia riconosciuta, al direttore, condirettore, vice direttore, capo redattore, titolare o capo dell’ufficio di corrispondenza dalla capitale, vice capo redattore, capo servizio, vice capo servizio, redattore con oltre 18 mesi di anzianità professionale, redattore con oltre 30 mesi di anzianità professionale, redattore di prima nomina (lett. a) art. 11), ai collaboratori di cui all’art. 2, ai corrispondenti di cui all’art. 12, non in prova, sarà conservato il posto sino alla raggiunta idoneità al lavoro con corresponsione della retribuzione intera per i primi 9 mesi di assenza e di metà di essa per i successivi 9 mesi. Il trattamento economico di cui sopra cesserà qualora il giornalista con più periodi di malattia raggiunga in complesso durante 24 mesi consecutivi un periodo di assenza di 18 mesi. Il trattamento economico di cui al 1° comma troverà nuova applicazione qualora, dopo il periodo di assenza di 18 mesi, il giornalista abbia prestato effettiva attività lavorativa per un periodo di 12 mesi. L’assenza per malattia o infortunio deve essere comunicata immediatamente salvo casi di giustificato impedimento. A richiesta dell’azienda il giornalista è tenuto ad esibire il certificato medico. L’azienda ha diritto di far controllare, ai sensi dell’articolo 5 della legge 25 maggio 1970, n. 300, la idoneità al lavoro del giornalista da parte di enti pubblici o istituti specializzati di diritto pubblico. In caso di permanente inidoneità fisica al lavoro del giornalista constatata dagli enti ed istituti di cui sopra, l’azienda può risolvere il rapporto di lavoro corrispondendo al giornalista il trattamento di liquidazione stabilito dal presente contratto (trattamento di fine rapporto ed indennità sostitutiva del preavviso). Il periodo di malattia è computato nella determinazione della anzianità a tutti gli effetti. In caso di malattia o infortunio per causa di lavoro sarà conservata la retribuzione per il periodo di un anno. Art. 42 Investimenti ed innovazioni tecnologiche Omissis Procedure e modalità di realizzazione dei piani. 10 Per l’introduzione e l’utilizzo dei sistemi editoriali o per la sostanziale trasformazione di quelli esistenti che non costituisca modifica od aggiornamento degli stessi si devono seguire le seguenti procedure: re tecnico-produttivo. In ogni caso devono essere evitate duplicazioni di interventi operativi. 1) L’azienda - con il necessario anticipo rispetto ai tempi della sua realizzazione - elabora il piano che consegnerà al comitato di redazione e alle organizzazioni sindacali territoriali. Copia del piano sarà trasmessa contestualmente alla FIEG che ne curerà l’inoltro alla FNSI. Nella preparazione del piano l’azienda potrà anche acquisire le indicazioni fornite da un gruppo di lavoro misto all’uopo costituito. In presenza di nuove iniziative editoriali, e qualora non risulti istituito il comitato di redazione, l’esame del piano e la trattativa di cui ai successivi punti verrà effettuata con l’intervento dell’associazione territoriale di stampa. Economie di gruppo ed interaziendali 2) Entro 15 giorni dalla presentazione del piano verrà avviata in sede aziendale con l’assistenza delle Organizzazioni nazionali su richiesta di una delle parti la trattativa fra editori, direttore e comitato di redazione per la definizione delle fasi di attuazione dello stesso con particolare riferimento alle nuove linee organizzative del lavoro giornalistico, anche per quanto riguarda il più efficace collegamento con le redazioni decentrate. In tale sede saranno altresì individuate le soluzioni ritenute più corrispondenti per quanto riguarda la dislocazione nei vari servizi dei terminali del sistema editoriale, di stampanti e/o di altre apparecchiature, avendo come riferimento l’efficienza organizzativa della redazione e la tutela della professionalità. In particolare - e in relazione alle caratteristiche del sistema saranno precisati gli strumenti attraverso i quali assicurare: a) la segretezza dei testi attraverso l’adozione di “chiavi di accesso” o la predisposizione di particolari zone di “memoria” o altri tipi di accorgimenti tecnici; b) la permanenza, in memoria, per almeno 72 ore di ogni testo con l’identificazione dell’autore e delle correzioni introdotte, fatto salvo quanto disposto dall’art. 9; c) accessi di diverso livello agli archivi di servizio a seconda dei gradi di competenza; d) l’informazione preventiva sui programmi tipografici, in grado di interagire sul sistema editoriale; e) misure di salvaguardia per il mantenimento dei testi in memoria nei casi di guasti del sistema. 3) Qualora al livello aziendale insorgano contrasti sull’applicazione delle disposizioni del presente articolo, le questioni, su iniziativa di una delle parti, potranno essere rimesse alla cognizione delle organizzazioni stipulanti per l’esame degli aspetti controversi. Le organizzazioni nazionali dovranno esprimere il proprio parere sull’applicazione delle disposizioni contrattuali entro trenta giorni dall’inoltro della richiesta, decorsi i quali la procedura si intenderà conclusa e le parti aziendali riacquisiranno la propria iniziativa. Art. 43 I commi 7 ed 8 sono così sostituiti. 7) I singoli piani relativi ai programmi di integrazione o di supporti - con i necessari riferimenti alla salvaguardia dell’occupazione nelle forme e con gli strumenti previsti dal contratto - saranno consegnati ai comitati di redazione e contestualmente trasmessi alla Fieg, alla Fnsi ed alle organizzazioni regionali. 8) Qualora al livello aziendale insorgano contrasti sull’applicazione delle disposizioni del presente articolo, le questioni, su iniziativa di una delle parti, potranno essere rimesse alla cognizione delle organizzazioni stipulanti per l’esame degli aspetti controversi. Le organizzazioni nazionali dovranno esprimere il proprio parere sull’applicazione delle disposizioni contrattuali entro trenta giorni dall’inoltro della richiesta, decorsi i quali la procedura si intenderà conclusa e le parti aziendali riacquisiranno la propria iniziativa. Il comma 12° (ultimo) e la dichiarazione a verbale sono abrogati. Allegato N al contratto Lavoro nei giornali elettronici La Fieg e la Fnsi, nell’intento di fornire in via sperimentale per un periodo biennale una specifica ed autonoma regolamentazione contrattuale ai rapporti di lavoro intercorrenti tra le aziende di giornali elettronici e redattori addetti hanno convenuto quanto segue 1) le aziende forniranno agli organismi sindacali dei giornalisti le informazioni relative alle loro iniziative multimediali; 2) il presente protocollo si applica ai redattori di nuova assunzione utilizzati nelle redazioni di giornali elettronici per la ricerca, elaborazione, commento, invio e verifica delle notizie ed elaborazione di ogni altro elemento di contenuto giornalistico relativo alla ricerca e predisposizione degli elementi multimediali ed interattivi da immettere direttamente nel sistema. Non sono considerate di pertinenza giornalistica prestazioni attinenti alle informazioni di servizio, pubblicitarie e di contenuto commerciale. 3) Qualifiche Nelle redazioni dei giornali elettronici trova applicazione la seguente distinzione di qualifiche: - redattori 4) La fase di introduzione del sistema sarà obbligatoriamente preceduta da un periodo di addestramento professionale da realizzarsi, settore per settore o secondo le altre modalità concordate, nell’arco di tre mesi. Al termine di questo periodo inizierà la sperimentazione produttiva durante la quale si procederà agli eventuali adeguamenti o modifiche che si fossero dimostrati necessari sulla base delle esperienze maturate. Sono a carico dell’editore le spese per i corsi di formazione ed addestramento dei redattori sull’utilizzo dei nuovi sistemi elettronici editoriali. Qualora l’addestramento si svolga al di fuori del normale orario di lavoro il giornalista percepirà il trattamento straordinario contrattuale (art. 7). Sono altresì a carico dell’editore le spese per le visite, seminari e pubblicazioni specializzate per consultazione redazionale, utili all’ulteriore aggiornamento dei redattori sui nuovi sistemi di produzione. L’editore, il direttore e i comitati di redazione concorderanno la nuova organizzazione del lavoro con l’obiettivo di determinare le scelte più opportune e gli organici adeguati per la realizzazione del programma indicato nel piano. Eventuali esuberanze di organico redazionale verranno risolte: a) mediante l’eliminazione delle prestazioni straordinarie; b) mediante l’utilizzo dell’avvicendamento normale dei giornalisti. Nei casi in cui l’azienda intenda far ricorso agli articoli 35, 36 e 37 della legge 5 agosto 1981, n. 416 e successive modificazioni, si applicheranno le procedure del protocollo di “consultazione sindacale” allegato al presente contratto. Utilizzo dei sistemi editoriali - coordinatori con il compito di impartire le direttive tecnicoprofessionali e dare le disposizioni necessarie al regolare andamento del lavoro redazionale. 4) Orario di lavoro Fermo restando il diritto al riposo settimanale di legge, l’orario di lavoro di 36 ore settimanali sarà suddiviso sui giorni lavorativi secondo l’esigenza della prestazione redazionale. Il lavoro prestato in eccedenza dell’orario settimanale di massima di 36 ore dà diritto ad un compenso straordinario pari alla retribuzione oraria maggiorata del 20%. Il lavoro notturno è quello svolto tra le ore 23 e le ore 6. Le ore di lavoro notturno saranno retribuite con la maggiorazione del 16% sulla retribuzione oraria (minimo e contingenza). Il lavoro prestato nelle festività infrasettimanali riconosciute dalla legge e nelle domeniche è retribuito con la maggiorazione del 30% sulla normale retribuzione giornaliera. I redattori che, nell’ambito e con i limiti delle disposizioni previste dall’art. 4, siano chiamati a prestare la loro opera per altri quotidiani, periodici o agenzie di stampa di proprietà o controllate dallo stesso editore avranno diritto, limitatamente al periodo di utilizzo della loro opera, al trattamento economico previsto dal CNLG. 5) Normativa Per quanto compatibili trovano applicazione ai redattori e coordinatori i seguenti articoli del contratto nazionale di lavoro giornalistico: Modificare l’undicesimo capoverso come segue. Nelle aziende che editano periodici la videoimpaginazione è opera del redattore grafico. Le funzioni del redattore grafico sono quelle inerenti sia la ideazione sia la progettazione e realizzazione delle pagine secondo i criteri tipici della sua professionalità. Restano invece di competenza dei lavoratori grafici gli interventi di caratte- art. 3 - contratti a termine art. 4 - assunzione e periodo di prova art. 8 - rapporti plurimi art. 9 - modifica, cessione e pubblicazione di articoli art. 21 - INPGI-CASAGIT art. 23 - ferie-permessi-aspettativa art. 24 - matrimonio e maternità ORDINE 3 2001 Tutte le novità del Contratto nazionale di lavoro giornalistico 1° marzo 2001 28 febbraio 2005 art. 25 - malattia ed infortunio art. 26 - servizio militare art. 27 - indennità sostitutiva nella misura di tre mensilità art. 28 - TFR calcolo art. 30 - 2, 3, 4 capoversi art. 31 - indennità in caso di morte art. 32 - legittimi motivi di risoluzione art. 38 - assicurazione infortuni art. 40 art. 41 art. 46 - contrattazione aziendale art. 48 - quote sindacali - regolamento di disciplina legge. Il costo dei mezzi organizzati resta a carico del collaboratore. Sono rimborsate le spese preventivamente autorizzate. Art. 3) Gli articoli ed i servizi pubblicati con la firma devono di norma comparire nel testo rilasciato dal giornalista. Il direttore del giornale ha diritto di introdurre quelle modificazioni di forma che sono richieste dalla natura e dai fini del giornale. Negli articoli da riprodursi senza indicazione del nome dell’autore, questa facoltà si estende alla soppressione o riduzione di parti di detto articolo. Art. 4) È costituita una commissione paritetica di due rappresentanti per organizzazione con il compito di formulare pareri e tentare la conciliazione dei contrasti che dovessero insorgere in applicazione del presente accordo. 6) Comitato di redazione Nelle redazioni dei giornali elettronici con almeno dieci redattori è costituito un comitato di redazione di 3 membri al quale è demandata la tutela dei diritti morali e materiali derivanti ai giornalisti dal presente contratto e dalle norme di legge (in particolare la legge 3-2-1963, n. 69 e lo Statuto dei lavoratori). È compito del comitato di redazione: a) mantenere il collegamento con le Associazioni regionali di stampa e i giornalisti dipendenti dall’azienda; b) controllare l’applicazione esatta del contratto di lavoro e intervenire per l’osservanza delle norme di legislazione sociale; c) tentare la conciliazione delle controversie individuali o collettive sorte tra le parti. Su richiesta del C.d.R. l’azienda fornirà informativa sullo sviluppo aziendale e tecnologico nonché sull’organizzazione del lavoro. Art. 5) Le parti confermano gli usi e le consuetudini in atto nel settore dell’informazione per gli operatori non giornalisti che alimentano la rete informativa dei giornali con collaborazioni anche saltuarie, rese in regime di autonomia, con carattere accessorio rispetto ad altre diverse attività professionali o lavorative principali svolte dagli interessati. Fondo ex Fissa Fatti salvi gli interventi che dovranno essere eventualmente assunti dalle parti in relazione alle deliberazioni della Commissione di vigilanza sui fondi-pensione, FIEG e FNSI convengono di rinviare alla scadenza del biennio di validità economica del presente contratto le verifiche sull’andamento della gestione e l’adozione degli interventi previsti dall’ultimo comma dell’Allegato L del contratto nazionale dell’ottobre 1995. Resta confermato che l’eventuale incremento dell’aliquota contributiva di finanziamento avrà decorrenza successiva alla data di scadenza del biennio di validità economica del presente accordo con conseguente imputazione delle relative incidenze di costo in sede del successivo rinnovo biennale dei minimi contrattuali. Emittenza radiotelevisiva in ambito locale L’inciso “emittenza radiotelevisiva privata” di cui all’art. 1, primo comma, è sostituito con l’inciso “emittenza radiotelevisiva privata di ambito nazionale”. In calce all’art. 1 è inserita la seguente nota a verbale: “Le parti convengono che ai giornalisti assunti successivamente alla data di stipula del presente contratto dalle emittenti radiotelevisive private di ambito locale collegate con aziende editoriali troverà applicazione la regolamentazione prevista dal contratto collettivo 3 ottobre 2000 per la regolamentazione del lavoro giornalistico nelle imprese di radiodiffusione sonora e televisiva in ambito locale. Resta confermata l’applicazione del contratto nazionale stipulato tra FIEG e FNSI per i giornalisti della emittenza di cui sopra assunti anteriormente alla stipula del presente contratto”. ISTITUTO NAZIONALE DI PREVIDENZA DEI GIORNALISTI ITALIANI “GIOVANNI AMENDOLA” - I.N.P.G.I. CASSA AUTONOMA DI PREVIDENZA E ASSISTENZA INTEGRATIVA DEI GIORNALISTI ITALIANI - CASAGIT Art. 21 Modificare come segue il 3° cpv.: L’editore tratterrà sulla retribuzione del giornalista professionista, del praticante e del pubblicista a tempo pieno, nonché su ogni altro compenso ecc. Art. 36 Pubblicisti In sede di stesura della disciplina collettiva, le parti procederanno ad una revisione dell’articolo per aggiornarlo alle nuove situazioni determinatesi. Se il numero dei redattori e coordinatori è inferiore a 10 e superiore a 4 è eletto un fiduciario con compiti identici a quelli del comitato di redazione. Regolamento di disciplina Nelle aziende che occupano meno di 5 redattori e coordinatori, i compiti del Fiduciario sono affidati, su richiesta del singolo giornalista, all’Associazione regionale di stampa competente per territorio. Fermi restando gli obblighi, i doveri e i diritti fissati dalla legge 3 febbraio 1963, n. 69, che regolamenta la professione giornalistica e le relative competenze disciplinari dei Consigli dell’Ordine, il giornalista è tenuto al rispetto degli obblighi derivanti dall’applicazione del presente contratto e delle norme di legge (artt. 2104, 2105 e 2106 C.C.). COMMISSIONE PARITETICA NAZIONALE E COLLEGIO PER LA CONCILIAZIONE DELLE CONTROVERSIE In presenza di violazioni dei predetti obblighi l’azienda, fatto salvo quanto previsto dal secondo comma dell’art. 2104 e dall’art. 2106 C.C. potrà assumere, sentito il Direttore, in considerazione della gravità della violazione o della reiterazione della stessa, nel rispetto delle procedure previste dall’art. 7 della legge 20 maggio 1970, n. 300, i seguenti provvedimenti disciplinari: In calce all’articolo è aggiunto il seguente testo: Art. 47 Sono abrogati il secondo e terzo comma dell’articolo. 7) Trattamento economico. a) Minimi di stipendio mensili: redattore: RO - 30 ed RO +30 (+ indennità di contingenza) coordinatore: Capo servizio (+ indennità di contingenza) b) 13a mensilità 8) Interventi congiunti La FIEG e la FNSI si attiveranno, nelle sedi competenti, al fine della estensione della normativa di legge sulla stampa ai giornali elettronici. 9) Formazione professionale Le innovazioni del CCNL relative a tale capitolo saranno, per quanto di competenza, estese anche al settore dei giornali elettronici. 1) Rimprovero verbale Il rimprovero verbale si applica nelle ipotesi di lievi infrazioni e nelle ipotesi di inosservanza degli obblighi previsti dall’art. 7 del contratto. 2) Rimprovero scritto In caso di recidiva di violazione degli obblighi contrattuali e di legge ovvero per mancata comunicazione dell’assenza senza giustificato motivo. 3) Multa Per gravi recidive delle violazioni di cui ai punti precedenti. 10) Commissione paritetica Le parti costituiranno una commissione paritetica per acquisire elementi di conoscenza sullo sviluppo dell’informazione online. Accordo collettivo nazionale La FIEG e la FNSI con il presente accordo intendono fissare alcune regole di base integrative delle norme previste dagli artt. 2222 e segg. del Codice Civile, relative alla disciplina del lavoro autonomo. 4) Sospensione dal lavoro e dalla retribuzione per un periodo non superiore a cinque giorni In considerazione della gravità e della recidività della violazione degli obblighi di legge e di specifici obblighi di contratto, ovvero per l’uso di strumenti aziendali per un lavoro estraneo all’attività dell’azienda per il danneggiamento di notevole entità di materiale aziendale per colpa grave. Il provvedimento del licenziamento potrà essere adottato in conformità con le disposizioni contenute nella legge 15.7.1966 n. 604 e per violazione dell’art. 8 del contratto. - la data di inizio della collaborazione; Responsabilità civile - la durata del rapporto di collaborazione; Le parti esamineranno entro 90 giorni dalla data di rinnovazione del presente contratto la possibilità di stipula di polizza assicurativa generale per l’intero settore finalizzata alla copertura parziale dei danni conseguenti a responsabilità civile individuando criteri e limiti della relativa copertura. - il corrispettivo pattuito; Osservatorio “anti-sopruso” - tempi e modalità di pagamento. Art. 2) Il corrispettivo di massima scaturisce dalla quantità e qualità della collaborazione effettivamente prestata. Il corrispettivo deve essere comunque liquidato non oltre 60 giorni dalla pubblicazione degli articoli e servizi elaborati dal giornalista con emissione delle ricevute fiscali previste dalla ORDINE 3 2001 Norme transitorie Art. 7 Sostituire il punto 2) sul “diritto d’autore” con il seguente testo: 5) Licenziamento Art. 1) I rapporti di collaborazione coordinata e continuativa dovranno risultare, agli effetti probatori, da lettera contratto contenente le seguenti indicazioni: - il tipo di prestazioni professionali richieste al giornalista (in particolare articoli, servizi fotografici, servizi grafici, servizi giornalistici); “È costituito un Collegio a livello nazionale per la conciliazione delle vertenze individuali connesse al rapporto di lavoro, e sarà composto di tre membri di cui uno nominato dalla Fieg, uno dalla Fnsi ed uno, con funzioni di Presidente, nominato d’intesa tra la Fieg e la Fnsi. Il Collegio avrà il compito di promuovere un tentativo di composizione delle vertenze di lavoro di qualsiasi tipo prima di adire le vie giudiziarie e ciò ai sensi dell’art. 410 C.P.C.. La parte, sia essa dipendente che datore di lavoro, interessata alla definizione della controversia, è tenuta a richiedere il tentativo di conciliazione tramite l’organizzazione sindacale di appartenenza. L’organizzazione sindacale deve, a sua volta, darne comunicazione all’altra parte interessata, all’organizzazione contrapposta ed al Collegio per la conciliazione per mezzo di lettera raccomandata. Il Collegio di conciliazione convoca le parti per il tentativo obbligatorio di conciliazione entro e non oltre trenta giorni dalla data di ricevimento della richiesta. Trascorso inutilmente tale termine, il tentativo di conciliazione si considera comunque espletato ai fini dell’art. 412 bis C.P.C.. È costituita una Commissione mista di 2 rappresentanti per ciascuna Federazione incaricata di raccogliere e coordinare entro l’ottobre 2001 la documentazione (progetti di legge, esperienze contrattuali di altri settori) utile a fornire alle parti un quadro di riferimento sullo stato e l’evoluzione del fenomeno e ciò in vista di possibili determinazioni normative. Nel confermare quanto disposto negli artt. 1, 8, 9, 10 e 14 del presente contratto, la Fieg e la Fnsi convengono sulla necessità che, nell’ambito della tutela del diritto d’autore, siano individuati strumenti, anche di natura legislativa, tesi a garantire la regolamentazione del diritto d’autore nel settore dell’informazione, anche sulla scorta delle determinazioni che vanno delineandosi nelle sedi istituzionali europee (Parlamento e Commissione) ed italiana. In particolare, in relazione alla reprografia cartacea ed elettronica ed alle nuove condizioni che si stanno determinando con l’espansione delle tecnologie digitali, che interessano sia i giornalisti sia gli editori, le parti concordano sulla necessità di una regolamentazione delle utilizzazioni seconde dei prodotti e degli elaborati giornalistici operate da terzi, i cui proventi andranno ridistribuiti, qualsiasi siano la procedura giuridico-legislativa adottata (c.d. copia privata, accordo collettivo, legge ad hoc, ecc.) ed il mezzo della rilevazione e raccolta (attraverso la Siae o altro ente), secondo i criteri che saranno definiti dalle parti. 11 Imprese e imprenditori nella capitale dell’innovazione, una mostra al Castello Sforzesco Milano, la città dell’editoria di Gino Banterla Un’incisione con una veduta degli stabilimenti Ricordi nella palazzina attigua alla Scala. Milano 1881. Nelle 62 tipografie attive in città si pubblicavano 204 periodici e 12 quotidiani, tra i quali il Corriere della Sera, Il Secolo, Il Sole, l’Osservatore Cattolico, con una tiratura complessiva, ragguardevole per quei tempi, di 70mila copie. Intensa era anche la produzione libraria. La Biblioteca di Brera, l’anno precedente, aveva acquisito 1.692 volumi e 1.131 opuscoli, l’80 per cento dei quali stampati nel capoluogo lombardo. Protagonisti assoluti della scena editoriale erano Tito Ricordi, Edoardo Sonzogno, Emilio Treves, ai quali si affiancavano altri qualificati editori. Un nome per tutti: Ulrico Hoepli, “inventore” di manuali divulgativi che incontrarono tra i lettori largo consenso. Ricordi aveva già gettato le basi di quello che in pochi anni sarebbe diventato un colosso mondiale dell’editoria musicale. Sonzogno doveva la sua fortuna al Secolo, che fu per Veduta del negozio di Antonio Vallardi all’angolo di piazza della Scala, 1901. lungo tempo (prima del “sorpasso” da parte del Corriere della Sera) il quotidiano italiano a più alta tiratura. Ma altrettanto fortunate furono le sue collane di libri a basso prezzo destinate a un pubblico popolare: l’Universale, la Classica, la Romantica, quella del Popolo. Treves, editore di riviste di successo, tra le quali L’Illustrazione italiana, si rivolse invece ai lettori della borghesia colta, pubblicando per primo le opere di Giovanni Verga, Edmondo De Amicis, Gabriele d’Annunzio. Già nella metà dell’Ottocento, ancor prima dell’Unità d’Italia, Milano era diventata la capitale indiscussa dell’editoria italiana, sia per quanto riguarda i libri sia per i giornali, facendo proprio un ruolo esercitato fino agli 12 ultimi anni del Settecento da Venezia, dove l’industria tipografica nata nel Cinquecento con Aldo Manuzio fu particolarmente fiorente. Un confronto significativo: nello stesso anno 1881 a Roma si pubblicavano 147 testate tra quotidiani e periodici, a Napoli 114, a Firenze 101. Numeri largamente inferiori a quelli del capoluogo lombardo. A partire dagli ultimi anni dell’Ottocento il ruolo di Milano in campo editoriale si sviluppò ulteriormente. Con la meccanizzazione delle tipografie (l’adozione della linotype, per esempio) il processo produttivo si fece sensibilmente più veloce, rendendo possibile la diffusione di un numero crescente di libri e giornali e quindi il “miracolo” di una forte circolazione di cultura, di idee, di informazione in un Paese con altissime percentuali di analfabeti. A trarne beneficio furono soprattutto i quotidiani. Nel 1891 Il Secolo raggiunse la tiratura di 130mila copie, seguito a lunga distanza dal Corriere della Sera (50mila copie) e dalle altre testate, comprese tra le 10mila e le tremila. Sono queste alcune curiosità statistiche che si possono cogliere dalla mostra La città dell’editoria. Dal libro tipografico all’opera digitale (1880-2020), allestita nelle Sale Viscontee del Castello Sforzesco di Milano (apertura fino al 16 aprile). La “città dell’editoria” è naturalmente Milano, con i suoi dinamici imprenditori che dall’Unità d’Italia in poi hanno fatto della carta stampata, oltre che un affare economico, un mezzo di unificazione culturale del Paese. Ma “città dell’editoria” è anche quell’ideale fucina nella quale convergono e si fondono tecnologia, intuizioni imprenditoriali, impegno intellettuale degli autori, aspettative sociali. La rassegna, accompagnata da un volume edito da Skirà, che più che un catalogo è utilissimo strumento di consultazione e di approfondimento, tocca soltanto marginalmente il mondo dei giornali. Sono infatti i libri e l’evoluzione delle tecnologie utilizzate per la loro produzione a delineare il percorso di un’avventura culturale e industriale che ha dato sin dagli ultimi decenni dell’Ottocento, e per tutto il Novecento, una precisa identità a Milano, facendone il principale centro editoriale italiano e uno dei più vitali a livello mondiale. La produzione di libri si intreccia tuttavia strettamente con quella dei giornali, il cui numero nei primi anni del XX secolo aumentò in misura consistente: nel 1905 a Milano si pubblicavano 13 quotidiani e 310 periodici. Quattro anni dopo, intanto, il Corriere della Sera raggiunse le 150mila copie, mentre Il Secolo scese a 75.000. Dopo la fine del primo conflitto mondiale la ripresa fu lenta ma decisa. “Gli editori milanesi”, osserva Ada Gigli Marchetti nel catalogo, “grazie alla loro tenacia e alla loro capacità imprenditoriale, ebbero la meglio anche sulla guerra. Essi, infatti, nonostante le obiettive difficoltà seguite anche nel primo dopoguerra – rincaro dei prezzi dei libri, della carta, delle materie prime, del costo del lavoro cui faceva riscontro un limitatissimo potere d’acquisto da parte del pubblico dei lettori – riuscirono in breve a riportare il capoluogo lombardo al ruolo di città-leader nella produzione editoriale della nazione”. Nel 1919 un giovane editore proveniente da Verona, Arnoldo Mondadori, apriva un ufficio a Milano, dove nel 1923 trasferì la società. Nel 1927 incominciò l’attività di editore un tipografo di nome Angelo Rizzoli. Tra le altre imprese nate e affermatesi negli anni Trenta, quella di Valentino Bompiani. Il fascismo intanto, sotto la spinta di uno zelante deputato, Franco Ciarlantini, anch’egli editore essendo il fondatore della Alpes, varò numerose iniziative a sostegno del libro italiano. “Libro e moschetto fascista perfetto”, recitava il celebre motto. Nel 1933 si pubblicarono Dal libro tipografico stampato con i caratteri mobili all’opera digitale: come è cambiata la trasmissione del sapere e dell’informazione. E come sarà nel 2020, quando i bit avranno il sopravvento (forse) sulla carta stampata in tutta Italia ben 12.438 titoli. Un record. La crescita dell’editoria milanese fu favorita, in questo periodo, dal forte impulso dato al rinnovamento grafico, che ebbe le sue prime radici sia nelle sperimentazioni futuriste sia nella progressiva qualificazione del lavoro in tipografia. È uno degli aspetti più interessanti messi in luce nell’esposizione attraverso una serie di copertine rappresentative, che vanno ad affiancarsi a quelle di nuovi marchi sorti o affermatisi nel dopoguerra: Marzorati, Fratelli Fabbri, Longanesi, Garzanti, Rusconi, Feltrinelli, tanto per citarne alcuni. Il filo conduttore della mostra è costituito da oggetti e prodotti: un torchio per la stampa del 1841, una cassettiera con i caratteri tipografici mobili, una linotype e una monotype, libri e documenti, apparecchiature per la Una forma fotocomposizione, computer della prima e pronta per la stampa dell’ultima generazione. A partire dal 1880, quando le tecniche di stampa erano sostanin una zialmente le stesse dei tempi di Gutenberg, macchina vengono illustrati gli straordinari risultati tipografica. Bozzetto e copertina di Albe Steiner per Lord Russel di Liverpool, Il flagello della svastica, Feltrinelli Editore, Milano 1955. ORDINE 3 2001 Tecniche e industria dal 1880 al 2020 La mostra La città dell’editoria. Dal libro tipografico all’opera digitale (1880-2020), aperta fino al 16 aprile 2001 nelle Sale Viscontee del Castello Sforzesco di Milano (orario 9,30-18, chiuso il lunedì), rientra nell’ambito delle iniziative promosse dal Comune di Milano per celebrare il primo centenario della morte di Giuseppe Verdi e mirate a illustrare la tradizione e l’innovazione nella società milanese del Novecento. Il percorso espositivo propone gli esiti di specifiche ricerche, delle quali viene dato conto in maniera approfondita nel catalogo, a cura di Giorgio Montecchi, edito da Skirà (pagine 182, lire 40.000). I capitoli su Impresa e lavoro. L’industria tipograficoeditoriale milanese dalla fine dell’Ottocento al Fascismo, di Ada Gigli Marchetti, e su La grafica compositiva, le tecniche di stampa e il libro italiano (1880-1980), di James Clough, mostrano l’evoluzione degli stabilimenti tipografici, del lavoro, dei procedimenti grafici e delle tecniche di stampa. Seguono gli interventi di Lodovica Braida su Editori e lettori a Milano tra la fine dell’Ottocento e il primo Novecento; di Irene Piazzoni su L’editoria musicale e teatrale; di Bruno Pischedda sul tema Editoria a Milano 1920-1945: dalla crisi post-bellica alla “bonifica culturale”, e di Letizia Tedeschi su Il moderno e la grafica editoriale a Milano tra anni Trenta e Cinquanta. Al secondo dopoguerra è dedicato un altro saggio di Bruno Pischedda (Editoria a Milano 19451970: gli anni dell’entusiasmo), mentre Lucilla Saccà approfondisce il tema Creatività e sperimentazione nell’editoria d’arte: editori, artisti e mercanti. Seguono gli interventi di Paolo Ferri e di Gianpietro Lotito sul presente e soprattutto sul futuro dell’editoria (rispettivamente La rivoluzione digitale e le nuove modalità del sapere e La “leggerezza” del mondo digitale. Il sapere viaggerà con i bit), con una previsione su quanto potrà accadere nei prossimi vent’anni. Completa il catalogo il saggio di Luisa Finocchi su La memoria del lavoro editoriale. vivendo, così come l’invenzione della stampa a caratteri mobili da parte di Gutenberg e la standardizzazione del libro portatile, avvenuta attraverso l’utilizzo della stampa in ottavo da parte di Aldo Manuzio, hanno permesso che il sapere uscisse dai luoghi che tradizionalmente lo detenevano da un migliaio di anni circa”. L’informazione digitale si presenta con caratteristiche totalmente nuove. “Ha una velocità di trasmissione prima impensabile”, aggiunge Lotito. “Viaggia alla velocità del pensiero, in tempo reale. Questo accadeva anche con altre tecnologie precedenti, ma mai come ora da casa a casa e su contenuto complesso. Può essere diffusa contemporaneamente a un numero teoricamente infinito di persone senza che questo comporti necessità o spreco di materia prima. Si replica sempre uguale a se stessa, in modo assolutamente perfetto”. Ed ecco lo scenario prevedibile, secondo Lotito, per l’anno 2020 al quale fa riferimento il sottotitolo della mostra: “Avremo un’Internet ultraveloce, tridimensionale, con caratteristiche oggi inimmaginabili, ma a farla da padrone rimarrà sempre e comunque il contenuto. Senza contenuto questo mondo tecnologico si ridurrebbe a forni microonde azionati a distanza o a telefoni capaci di suonare con una perfetta riproduzione del ruggito di una tigre. Ecco che quindi ancora una volta il mondo editoriale, della comunicazione, svolgerà un ruolo guida. Le precedenti transizioni hanno avuto bisogno di millenni o secoli (dalla tradizione orale al papiro, agli amanuensi, alla carta stampata). Questa volta si svolgerà nell’arco della vita di un uomo. E noi potremo osservarla”. Il libro, stando a questa entusiastica previsione non da tutti condivisa, sembra dunque avere i giorni contati. Tra vent’anni il sapere universale viaggerà davvero attraverso i bit “immortali” di Internet? I vecchi cari e deperibili libri ingialliti dal tempo diventeranno obsoleti reperti archeologici? Difficile la risposta. Certo è comunque che la straordinaria potenzialità della comunicazione digitale e multimediale induce tutti, editori e lettori, a rivedere già da ora schemi mentali che appartengono al passato. Il dibattito è aperto mentre Milano, capitale dell’editoria e dell’innovazione, si sta comunque preparando con le sue imprese editoriali per affrontare da protagonista la nuova sfida culturale e di mercato imposta dal progresso tecnologico. Tavole originali per le copertine di Il mostro bianco di Herman Melville e di La Cacciatrice selvaggia di Mayne Reid, Mondadori, 1935. raggiunti nell’arco di un secolo: dal torchio metallico alla composizione a caldo, dalla riproduzione a stampa della fotografia attraverso il retino al rotocalco, dall’invenzione di nuovi caratteri tipografici alla fotocomposizione, dalla stampa offset alla rivoluzione digitale che sta prepotentemente imponendo nuove modalità della trasmissione del sapere. La storia dell’editoria milanese nel Novecento, nonostante ci siano state di mezzo due guerre e una lunga dittatura, ci appare caratterizzata da una innovazione continua, tenace, che pur rimanendo fedele alla tradizione, guarda con fiducia alla società del futuro. Ma le innovazioni che stiamo vivendo in questo inizio millennio – suggeriscono gli organizzatori – sono ben più profonde di quelle sinora vissute. Siamo a una svolta epocale nel campo della comunicazione e della trasmissione del sapere, pari a quella dell’invenzione di Gutenberg. Dobbiamo in un certo senso rassegnarci o, a seconda dei punti di vista, entusiasmarci. L’alfabeto oggi è lo stesso di duemila anni fa, è vero, e sarà lo stesso anche nei prossimi secoli. Ma le modalità di “trasporto” e i supporti dell’informazione veicolata attraverso i segni dell’alfabeto sono radicalmente cambiati: dopo il papiro è arrivata la pergamena scritta dagli amanuensi, dai fogli di carta stampata con caratteri mobili e dal libro siamo passati oggi ai testi scritti sul computer, che teoricamente possono essere conservati per un tempo indefinito, a differenza di quelli riportati su materiale deperibile quale la carta. “La standardizzazione delle informazioni digitali”, scrive Gianpietro Lotito, “ha permesso il grande balzo tecnologico che stiamo ORDINE 3 2001 Bozzetto di Albe Steiner per la copertina del romanzo di Pasternak Il dottor Zivago, 1957. Il “Premiolino” a Gabriella Simoni e Anna Migotto Milano, 6 febbraio. Gabriella Simoni (Studio Aperto - Italia 1) e Anna Migotto (Tg4-Retequattro), autrici dello scoop mondiale sul linciaggio dei riservisti israeliani a Ramallah, sono tra i vincitori del “Premiolino”, sponsorizzato Parmalat, per il periodo luglio-dicembre 2000 e consegnato giovedì 8. Questi i premiati. Luglio: Umberto Galimberti (la Repubblica) “ogni suo intervento giornalistico, frutto di meditata analisi, ha il merito di indurre anche i contraddittori a profonda riflessione”. Agosto: Milena Gabanelli (Report-Raitre) dimostra “come anche in televisione sia possibile fare un’informazione libera che è anche critica costruttiva”. Settembre: Piero Bianucci (La Stampa-Tuttoscienze) “ha i meriti di un vero e proprio missionario che ci porta attraverso una giungla affascinante tracciando per noi sentieri percorribili”. Ottobre: Anna Migotto-Gabriella Simoni per i servizi sulla crisi israelo-palestinese e per il reportage sul linciaggio “un nitido modello di giornalismo televisivo, scoop mondiale”. Novembre: Andrea Vianello (Radio anch’io-Rai) “per la qualità e la serietà dei servizi giornalistici proposti quotidianamente dal programma di cui è conduttore”. Dicembre: Cesare Romana (il Giornale) come critico musicale “riesce a dosare conoscenza e competenza con notazioni di costume e finezze da vero scrittore”. (ANSA) Liguori condannato: ha diffamato Stefania Ariosto Como, 23 febbraio. Il collegio giudicante del tribunale di Como ha condannato nel primo pomeriggio di oggi il giornalista Paolo Liguori ritenuto colpevole di aver diffamato nel corso di una trasmissione televisiva su Italia 1 Stefania Ariosto. La sentenza accoglie in toto le tesi e le richieste del Pm Vittorio Nessi che nella sua dura, ma anche “folcloristica” requisitoria aveva sollecitato una condanna da lui definita simbolica a 1 milione di multa. La parte civile, rappresentata dall’avv. Aldo Bissi, aveva inoltre sollecitato una provvisionale di 50 milioni in vista di una richiesta di risarcimento danni per 200 milioni. Il tribunale ha concesso una provvisionale di 40 milioni. Secondo l’accusa, Liguori durante un’intervista al collega Feltri (quest’ultimo al telefono) trovò occasione per “dirottare” il discorso sulla “teste Omega” usando frasi i cui contenuti apparvero denigratori nei confronti della donna. Lo stesso Pm in aula ha ribadito che “non ci interessa sapere se la Ariosto è o meno donna dai facili costumi, ci interessa sapere che in quella intervista è stato violato il diritto al rispetto delle persone”. Tra le frasi incriminate quella in cui Liguori disse: “Ah, la Ariosto: parliamo di lei che è riuscita a non avere guai dopo una verifica della Guardia di Finanza concedendo in cambio favori in denaro e ampie dichiarazioni che portarono alle inchieste di Tangentopoli, in particolare legate agli ambienti socialisti e di Berlusconi”. Il Pm ha fatto notare che le verifiche in questione avvennero almeno 4 anni prima dell’ascesa in campo di Forza Italia. È questa la prima condanna inflitta dal tribunale di Como nell’ambito di una lunga serie di querele e controquerele che vedono protagonisti, fra gli altri anche Vittorio Sgarbi, proprio ieri a processo nel capoluogo lariano e che ha ricusato i giudici. (AGI) Caianiello: allo Stato i soldi delle querele ai giudici Roma, 21 febbraio - I risarcimenti delle querele vinte dai magistrati per diffamazione a mezzo stampa dovrebbero andare allo Stato e non ai singoli magistrati. È quanto ha affermato Vincenzo Caianiello, ex presidente della Corte Costituzionale, intervenendo al Forum sulla qualità dell’informazione organizzato dall’Ordine dei giornalisti. Caianiello ha sottolineato come nelle cause tra magistrati e giornalisti venga meno il principio della “terzietà del giudice” in quanto le controversie tra i due corpi vengono decise da soggetti appartenenti alla magistratura, Caianiello ha sottolineato come la Costituzione non consenta l’istituzione di giudici speciali che possano ovviare al principio della terzietà del giudice e che eventuali interventi debbono comportare la modifica della Costituzione. A meno che vengano istituite delle sezioni specializzate previste dall’art. 102 della Costituzione: “è questo certamente un vulnus che attenta alla libertà di stampa perché il giornalista ha diritto di essere giudicato da un giudice che, per le peculiarietà della situazione, possa considerare terzo”. Per quanto riguarda il risarcimento economico, secondo Caianiello “per il magistrato dovrebbe essere sufficiente la soddisfazione morale che derivi dalla condanna di chi abbia arrecato offesa, mentre se questa vi è stata, dovrebbe essere lo Stato ad incamerare il risarcimento perché è esso in realtà ad aver subito l’offesa”. In pratica, ha concluso Caianiello, un professionista se viene diffamato può perdere una fetta di potenziale mercato di clienti mentre il magistrato è un funzionario pubblico nell’esercizio della sua funzione espletata nel nome dello Stato. (ANSA) 13 Mostra al Museo civico del Risorgimento di Bologna Stampa satirica nell’Europa tra Ottocento e Novecento di Gino Banterla Come appare lontana oggi, mentre ci accingiamo ad abbandonare le vecchie monete nazionali per adottare definitivamente l’euro, l’immagine di un’Europa solidamente ancorata ai confini statali, in cui ogni popolo si esprimeva attraverso il proprio “carattere” e si contrapponeva agli altri in nome di una presunta inviolabile identità. Ecco l’iconografia di quell’Europa di fine Ottocento: ora rappresentata come giovane guerriera che conduce i popoli verso la conquista della nazionalità, che veglia il nascente secolo XX, che esibisce i segni della potenza militare; ora raffigurata come un’anziana signora con gli occhiali, che assiste attonita e impotente alle “gesta” degli Stati-nazione. Sono immagini ambigue e contraddittorie, nelle quali possiamo cogliere gli echi delle spinte espansive, trasformate dalle grandi potenze europee in un impressionante sistema di dominio, e insieme i segni del passato, di una civiltà plurimillenaria scandita da tragedie e da progressi. Sembrano evocazioni remote eppure è storia di ieri. Una storia ora rivisitata con il linguaggio della satira in una piccola ma significativa mostra dal titolo “Albione, Marianna e il bersagliere. Stereotipi nazionali e stampa satirica nell’Europa tra Ottocento e Novecento”, aperta fino al 29 aprile al Museo civico del Risorgimento di Bologna. “Le grandi ammalate europee nella fine del 1899”, in La Rana del 15-16 dicembre 1899. “Maccherone italiano”, in Il Papagallo (sic, con una sola p), del 15 ottobre 1911. 14 “Albione, Marianna e il bersagliere. Stereotipi nazionali e stampa satirica nell’Europa tra Ottocento e Novecento” Museo civico del Risorgimento di Bologna (piazza Carducci 5). Aperta fino al 29 aprile dal martedì alla domenica con orario 913; giovedì 9-17; chiuso lunedì e giorni festivi infrasettimanali. Catalogo Edizioni Nautilus di Bologna (pp. 120, lire 30.000) a cura di Roberto Balzani e Mirtide Gavelli, con saggi di Simone Castelli, Il secolo degli atlanti, e di Roberto Balzani, Carte geografiche, caricature e identità. Spazio e stereotipie nazionali fra ’800 e ’900. Schede di Elena Musiani, Mirtide Gavelli, Pamela Corradini e Aurora Rambaldi. “La Triplice intesa”, in Simplicissimus, 14 ottobre 1912. “Il gioco della palla anarchica”, in La Rana dell’11-12 ottobre 1901. Attraverso le immagini pubblicate dalla fine dell’Ottocento e nei primi decenni del Novecento da sei periodici satirici (due italiani, uno francese, uno tedesco, uno spagnolo e uno inglese) viene ricostruito il teatrino della politica europea nel quale si rispecchiarono almeno quattro generazioni di individui, tra di loro divisi in nome di una esasperata propaganda nazionalistica. L’Ottocento è il secolo dei grandi atlanti geografici, che da semplici raccolte di carte si trasformano in vere e proprie opere enciclopediche, con una struttura logico-narrativa comprendente una parte antica e una moderna più squisitamente geografica. Da una esemplificazione di atlanti inizia il percorso dell’esposizione bolognese, perché la cartografia è un importante medium culturale nel processo di formazione degli Stati nazionali. La descrizione dei confini fisici di un Paese, infatti, forma o rafforza i confini mentali delle persone. Ma la rappresentazione della propria e altrui “diversità”, oltre che dalle carte geografiche, fu veicolata anche dalle vignette e dalle caricature, come dimostrano le illustrazioni esposte, scelte dalla vasta produzione di giornali satirici. Esse provengono dalle riviste Il Papagallo (sic: con una sola p), fondato a Bologna nel 1873 da Augusto Grossi e pubblicato fino al 1915; La Rana, anch’esso uscito nel capoluogo emiliano dal 1865 al 1912; Blanco y Negro, il cui primo numero uscì in Spagna nel 1891; Le Charivari, nato a Parigi nel 1832 come “quotidiano politico illustrato” e vissuto tra alterne vicende per oltre uno secolo; Punch (1841-1992), al quale collaborarono i più prestigiosi disegnatori inglesi; e infine il tedesco Simplicissimus (1896-1944), i cui disegni riscuotevano maggior successo degli articoli di collaboratori quali Thomas Mann, Arthur Schnitzler ed Hermann Hesse. Il filo che tiene insieme queste pur diverse esperienze è l’analisi della politica europea vista come una scena popolata da allegorie, maschere, marionette. Gli Stati, usciti dagli atlanti geografici, diventano antropomorfi e sono rappresentati dagli umoristi nei modi più diversi. L’Italia per esempio è vista come una ieratica figura femminile con le torri in testa o come una contadina del Sud o ancora come una bersagliera; la Francia è Marianna, la figura di bella ragazza con berretto frigio, simbolo della libertà, creata dalla Rivoluzione; la Gran Bretagna s’incarna nella classica Britannia con tridente, segno della potenza marittima, o in un leone. Ogni Stato-nazione ha una propria immagine più o meno consolidata, anzi, stereotipata, nella quale ciascuno si riconosce. E gli altri? Come si comportano i disegnatori nel raffigurare i Paesi affini o nemici che entrano “Passatempo prediletto nei riposi estivi”, in La Rana, 18 luglio 1884. nel gioco delle sempre più mutevoli relazioni internazionali? La fantasia si scatena attraverso la ridicolizzazione delle stereotipie: così l’Italia esibisce una matrice rurale e brigantesca, l’Austria è un gendarme ottuso, la Spagna è declassata al rango di cipolla, la Turchia è una specie di orco cattivo. Le figure “civili”, all’inizio del XX secolo, lasciano sempre più spazio ai soldatini, segno di una crescente militarizzazione nazionale. Essi diventano i protagonisti della propaganda patriottica, promuovono l’immagine dello Stato-nazione onnipotente. E lentamente la guerra apparirà come uno strumento “ragionevole” per dare ordine allo scacchiere internazionale, mentre la figura di Europa, giovane o vecchia che sia, si dissolverà. “L’Europa sorda, muta e cieca”, in Le Charivari del 30 marzo 1900. ORDINE 3 2001 I NOSTRI LUTTI Elio Quercioli, il giornalismo vissuto in primo luogo come impegno politico di Emilio Pozzi Non ho trovato, tra i molti articoli in memoria di Elio Quercioli, uomo politico, amministratore pubblico e giornalista (nel 1945, diciottennne era già redattore di Voce comunista), anche in quelli che al di là della cronaca hanno ricordato le private virtù, l’accenno ad un episodio, apparentemente marginale, del suo lavoro come vicesindaco della Giunta guidata da Carlo Tognoli. Voglio raccontarlo, qui, perché, suscitandomi, ancora un sorriso, mi aiuterà a proseguire, nel grato, ma doloroso compito, di lasciare, anche nel giornale dell’Ordine lombardo, una traccia di una vita, illuminata dagli ideali e consumata per gli altri. Elio, quand’era vice sindaco, oltre a portare a termine la municipalizzazione dell’azienda del gas e la metanizzazione (l’ha ricordato proprio Tognoli: “Il problema durava da dieci anni e Quercioli risolse tutto in un anno”), inventò il bastone ecologico, con la punta di ferro, per raccogliere la cacca dei cani, sui marciapiedi. Amava le bestie Elio, i cani soprattutto, ed era convinto, non potendo educare loro, almeno di rendere educati i padroni. Qualcuno, anche gli amici lo prendeva in giro per l’iniziativa, ma lui sorrideva, sotto gli occhiali, brontolando, “vedrete, vedrete” tra i denti. Anche quella, per lui era una battaglia da fare. Cronaca minimalista, questa? Non credo. Quercioli non è stato mai toccato da quella che Antonio Gramsci chiamava la “metafisica dell’impazienza”. Eppure, giorno dopo giorno tesseva, come un operoso artigiano, la solida tela per una società nuova. Ho sotto gli occhi quello che è stato scritto e ricordo i discorsi, davanti alla sua bara, ricoperta di dalie rosse, nella platea del Piccolo Teatro. Anche se le parole, a rileggerle, chiunque le abbia pronunciate, appaiono come un elenco, ripetitivo anche, di elogi. Parole commosse, spesso rotte da un nodo alla gola. È stato detto e scritto soltanto il giusto: lealtà, amicizia, fedeltà, pacatezza, ricerca di ciò che poteva unire. E poi ancora pazienza e dolce ironia. Ben più di mezzo secolo di vita per gli altri: compagni, colleghi, cittadini. Tutto, con grande umiltà, anche se il ruolo, scomodo, era quello di un protagonista. Chi gli è stato vicino, ha assistito alla sua fatica di vivere e combattere le lotte, non l’ha mai sentito lamentarsi, dare segni di cedimento. Qualche pisolino, con molta discrezione, se lo concedeva, durante dibattiti lunghi, noiosi e inconcludenti. In un certo senso era il suo modo di disapprovare. Si irritava, talvolta: per le ingiustizie, i lassismi, i tradimenti. Le collere e le amarezze erano sempre trattenute, mai drammatizzate. Non ha mai sbattuto la porta. Conosceva il suo dovere. Restare perché c’era bisogno di lui. Fino all’ultimo. Non gli ho mai sentito dire ‘io’. Ma anche il suo plurale significava essere con gli altri, unirsi agli altri nell’assumersi responsabilità o ammettere errori. Quando, ecco un solo esempio, andò in scena al Piccolo Teatro il Galileo di Brecht, dopo tante polemiche, anche miopi e anche da sinistra, mandò a Paolo Grassi questo telegramma “Solo oggi capisco quanto poco abbiamo fatto per voi”. Non era molto loquace, e nemmeno amava tanto scrivere. Professionalmente preferiva organizzare, dirigere. “Per me il giornalismo è sempre stato in primo luogo impegno politico”. Lo disse, nel marzo 1998, quando gli fu Elio Quercioli con la moglie Mimma Paulesu, nipote di Antonio Gramsci. qualche confidenza. Il pezzo uscì con il titolo: consegnata la medaglia d’oro per i cinquant’anni di professione, tutta rigorosa- “Vagone letto e bicicletta. Ecco il vice sindamente esercitata, dal più umile gradino al più co che non usa l’automobile” Anticipatore. impegnativo di direttore dell’Unità, nell’ambi- Era il 16 settembre 1981. Quercioli aveva compiuto da due giorni 55 to della stampa comunista. Era proprio un anni. Gerosa glielo ricordò. “Proprio in questi ragazzo quando cominciò come redattore giorni. È vero. Mi ero dimenticato la data”. nel settimanale della Federazione di Milano, Voce comunista, di cui diventò direttore, Bella quell’intervista. Trovo giusto riproporre qui un brano di quel prima di passare come capocronista all’Unità. Nei momenti “forti” del quotidiano diven- testo, dal quale emerge uno squarcio dell’autentica umanità di Quercioli. E così rendiamo ne prima condirettore, a fianco di Mario onore, a chi lo intervistava, un giornalista di Alicata, poi direttore dell’edizione di Milano. razza, che sapeva far parlare gli altri, avendo E poi si dedicò, benché assorbito da impegni politici sempre crescenti (cito a memoria come arma segreta, un sorriso radioso. Gerosa descrive anzitutto l’ambiente: e alla rinfusa: consiglio d’amministrazione del giornale, consigliere comunale, deputato, questore alla Camera, nella direzione Un ufficio vasto, spazioso e da uomo del potere, per un nazionale del Pci, commispersonaggio che ha un viso aperto e cordiale e modi sione di vigilanza Rai, reassai alla mano. Fortunatamente sopra la sua testa e sponsabile dei problemi radavanti ai suoi occhi ci sono scene popolari milanesi: diotelevisivi, presidente delquadri di popolani e popolane al lavoro e in festa, in l’Istituto milanese della Resicampagna e nel mondo brulicante del Verzèe. Quercioli stenza e del movimento vede che sono un po’ colpito da questo ufficio. operaio, vice sindaco di Mila“Dovrebbe vedere l’altro mio ufficio, quello di assessore no e assessore al bilancio, al Bilancio. È stato di Toeplitz, il grande banchiere che estensore di un progetto di ebbe tanta parte nelle vicende dell’Italia unita e che vi riforma dell’editoria, consigiungeva attraverso un sottopassaggio collegato alla sua gliere d’amministrazione alla Banca Commerciale”. Triennale). Attento ai probleSi sente che il ritrovarsi nell’ufficio di Toeplitz lo emoziona, mi della cultura, dello spettae questo già ti fa riflettere sulla potenza della “milanesità” colo, dell’arte (tra i pittori suoi del personaggio. Solo “una certa idea di Milano” può affraamici Ernesto Treccani, tellare nel tempo questo comunista iscritto al Partito dal Giuseppe Migneco, Aligi 1943 e il grande nume storico della Banca Commerciale, Sassu, Gabriele Mucchi, solitario eroe del capitalismo ambrosiano. personaggi del teatro e della Lei è un milanese di quelli per vocazione oltre che per musica), non si tirava indienascita. tro quando c’era da dare “Certo. Sono nato in via Solari, nel quartiere operaio slancio a iniziative che avesdell’Umanitaria. È una casa di cui hanno celebrato da sero un alto profilo. Sapeva poco il settantacinquesimo di costruzione. Era un quartiedialogare con tutti, quasi re operaio modello per Milano: 230 famiglie, asili collettivi, implacabile nel cercare di biblioteca, cooperativa, teatro. Noi sentivamo molto raggiungere i risultati. questo mondo. Era il nostro di adozione e di scelta. Mio Era però troppo serio per padre era un romagnolo venuto a Milano prima dello usufruire delle relazioni che scoppio della prima guerra mondiale, con quei fenomeni da buon tessitore portava di emigrazione interna prodottisi dopo la Settimana avanti. Non ha lasciato nemRossa del giugno 1914. La mamma era toscana. Io sono meno testimonianze scritte, milanese e ho sempre avuto un rapporto affettivo con la nè appunti di diario. Mimma mia città.” Paulesu, moglie e compaNella sua famiglia c’è qualcosa di mitico, di legato a una gna, quando gli sentiva grande dimensione culturale della testimonianza umana. accennare qualche episodio Sua moglie Mimma Paulesu è la nipote di Gramsci. significativo, della ResistenÈ figlia di Teresa, la sorella di Antonio Gramsci, alla quale za, fremeva. Ad esempio, di egli scriveva ‘Cara Teresita’. Mia moglie ha scritto il libro quando sedicenne, dopo l’8 Gramsci vivo, una serie di testimonianze sull’uomo, settembre ’43, era finito per compresa quella di Pertini. Ha anche curato una raccolta due mesi nella bolgia di San di favole che Gramsci ha in parte inventato, in parte Vittore, con altri giovani tradotte dal tedesco...” amici arrestati perché avevano nascosto in una casa di Milano prigionieri russi e inglesi scappati dai campi di (Le illustrazioni - aggiungo ora io - sono di prigionia o di quello che aveva combinato da Ernesto Treccani). partigiano combattente nella 113esima Chiudo, con mano lieve, il fascicolo personabrigata Garibaldi. “Tu racconti e io scrivo” Mimma ci sapeva fare (è autrice anche di un le di Elio Quercioli, il ragazzo di via Solari. libro sui campi di sterminio). Elio smetteva di Due date sono annotate con un pennarello raccontare e lasciava cadere il discorso, nero: 14 settembre 1926-4 febbraio 2001. Dentro ci sono anche i suoi sogni di un quasi chiudendosi a riccio. mondo diverso da quello che ha lasciato. Lui Una sola volta si lasciò andare, un poco, in non potrà aggiungere altre pagine. Agli altri un’intervista. Per Il Giorno lo interrogava che restano, il compito di realizzarli, quei nell’ufficio, bello e impegnativo di vice sindaco, Guido Gerosa che riuscì a strappargli sogni. Ordine/Tabloid ORDINE - TABLOID periodico ufficiale del Consiglio dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia Direzione, redazione, amministrazione Via Appiani, 2 - 20121 Milano Tel. 02/ 63.61.171 - Telefax 02/ 65.54.307 Mensile / Spedizione in a. p. (45%) Comma 20 (lettera B) art. 2 legge n. 662/96 Filiale di Milano - Anno XXXII - Numero 3, marzo 2001 Segretaria di redazione Teresa Risé Direttore responsabile FRANCO ABRUZZO Condirettore BRUNO AMBROSI ORDINE 3 2001 Consiglio dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia Franco Abruzzo, presidente; Brunello Tanzi, vicepresidente; Gabriele Moroni, consigliere segretario, Sergio D’Asnasch, consigliere tesoriere Consiglieri: Bruno Ambrosi, Annibale Carenzo, Letizia Gonzales, Cosma Damiano Nigro, Domenico Tedeschi. Collegio dei revisori dei conti Davide Colombo, Rino Felappi (presidente); Guido Re Coordinamento grafico di Ordine - Tabloid Franco Malaguti Stampa Stem Editoriale S.p.A. Via Brescia, 22 20063 Cernusco sul Naviglio (Mi) Iscritto al n. 983/ 1983 del Registro nazionale della Stampa Comunicazione e Pubblicità Comunicazioni giornalistiche Advercoop Via G.C.Venini, 46 - 20127 Milano Tel. 02/ 261.49.005 - Fax 02/ 289.34.08 La tiratura di questo numero è stata di 20.100 copie Chiuso in redazione il 26 febbraio 2001 15 (23) APPROVATE IL 21 FEBBRAIO IN VIA DEFINITIVA E ALL’UNANIMITÀ DAL SENATO LE NUOVE NORME CHE MODIFICANO L’intervento straordinario di integrazione salariale è a carico dell’Inpgi. Finanziamenti anche per Internet e i cd-rom. Stanziati 184 miliardi in tre anni. Roma, 21 febbraio. La riforma della legge sull’editoria è stata approvata oggi all’unanimità dal Senato. Dopo il via libera del 7 febbraio scorso da parte della Commissione Cultura della Camera in sede deliberante, il testo ha ricevuto l’approvazione definitiva senza subire modifiche. Il trattamento straordinario di integrazione salariale è stato esteso ai giornalisti professionisti, pubblicisti e praticanti dipendenti di imprese editrici di periodici. In precedenza era limitato ai dipendenti di quotidiani e agenzie di stampa a diffusione nazionale. Il trattamento è a carico dell’Inpgi. L’articolo 15 dà vita, per la durata di 5 anni (2001-2005) a un Fondo per la mobilità e la riqualificazione professionale dei giornalisti. Il Fondo, istituito presso la presidenza del Consiglio dei Ministri (Dipartimento per l’informazione e l’editoria), ha una “dote” di 8,5 miliardi. Tra le novità del provvedimento c’è una nuova definizione del “prodotto editoriale”, che comprende sia il libro sia il prodotto multimediale (Internet e cd-rom). Il “prodotto editoriale”, quando è una testata (anche su web) diffusa con periodicità regolare, dovrà essere registrato in tribunale. La nuova legge introduce poi il criterio della diffusione, in luogo di quello della tiratura, per attribuire le provvidenze previste dalla legge 416 del 1981. Sono inoltre concessi aiuti pubblici in forma di credito agevolato e sconto fiscale sul credito d’imposta, al fine di incentivare lo sviluppo del settore editoriale. Le agevolazioni al credito verranno erogate in forma di concessione di contributi in conto interessi da un Fondo appositamente costituito che finanzierà i progetti di innovazione tecnologica, di ampliamento e modifica degli impianti, di potenziamento della rete informatica anche “in connessione con l’utilizzo dei circuiti telematici internazionali e dei satelliti”. Una quota del Fondo, il 5 per cento, verrà riservata alle piccole imprese, con un fatturato non superiore ai 5 miliardi. Un ulteriore 5 per cento sarà riservato alle imprese impegna- te in progetti per la diffusione della lettura in Italia o per la promozione di prodotti editoriali in lingua italiana all’estero. Un altro 10 per cento, infine, sarà destinato ai progetti per sostenere le spese di gestione o di esercizio delle imprese costituite in forma di cooperative di giornalisti e di poligrafici. Saranno agevolati con il meccanismo del credito d’imposta, fino al 31 dicembre 2004, gli investimenti in “beni strumentali nuovi, esclusi gli immobili, destinati alla produzione di giornali, riviste, periodici, libri e simili, nonché di prodotti editoriali multimediali” e i programmi di ristrutturazione economico-produttiva, a partire dalle tecnologie di trasmissione e ricezione digitale. La legge prevede anche interventi per le testate in crisi, con nuove norme sull’esodo, il prepensionamento e la cassa integrazione. Sono state apportate alcune modifiche ai meccanismi per i contributi all’editoria. Non ci potranno essere sovvenzioni statali qualora i giornali nazionali “siano posti in vendita congiuntamente con altre testate” o la “testata edita sia posta in vendita a un prezzo inferiore alla media del prezzo base degli altri quotidiani, senza inserti e supplementi, di cui viene accertata la tiratura”. I finanziamenti complessivi ammontano a 32,7 miliardi per il 2001, 62,1 per il 2002 e 89,5 miliardi per il 2003. Novità anche sul prezzo dei libri, che “viene liberamente fissato dall’editore o dall’importatore”. Eventuali sconti potranno essere fatti solo in casi precisi ed entro limiti prefissati: comunque non oltre il 10 per cento per i libri d’arte, antichi, a tiratura limitata, per quelli usati, o venduti su prenotazione o su Internet. Lo sconto può arrivare al 20 per cento qualora la vendita avvenga all’interno di manifestazioni di particolare rilevanza nazionale e internazionale, regionale o locale, o sia a favore di biblioteche o associazioni senza fini di lucro. Lo sconto sui libri scolastici non potrà, invece, superare il 5 per cento. Editoria, la riforma ora è legge. Ddl Senato – Nuove norme sull’editoria e sui prodotti editoriali. Modifiche alla legge 5 agosto 1981 n. 416. Capo I DISPOSIZIONI GENERALI Articolo 1. Definizioni e disciplina del prodotto editoriale 1. Per prodotto editoriale, ai fini della presente legge, si intende il prodotto realizzato su supporto cartaceo, ivi compreso il libro, o su supporto informatico, destinato alla pubblicazione o, comunque, alla diffusione di informazioni presso il pubblico con ogni mezzo, anche elettronico, o attraverso la radiodiffusione sonora o televisiva, con esclusione dei prodotti discografici o cinematografici. 2. Non costituiscono prodotto editoriale i supporti che riproducono esclusivamente suoni e voci, le opere filmiche ed i prodotti destinati esclusivamente all’informazione aziendale sia ad uso interno sia presso il pubblico. Per opera filmica si intende lo spettacolo, con contenuto narrativo o documentaristico, realizzato su supporto di qualsiasi natura, purché costituente opera dell’ingegno ai sensi della disciplina sul diritto d’autore, destinato originariamente, dal titolare dei diritti di utilizzazione economica, alla programmazione nelle sale cinematografiche ovvero alla diffusione al pubblico attraverso i mezzi audiovisivi. 3. Al prodotto editoriale si applicano le disposizioni di cui all’articolo 2 della legge 8 febbraio 1948, n. 47. Il prodotto editoriale diffuso al pubblico con periodicità regolare e contraddistinto da una testata, costituente elemento identificativo del prodotto, è sottoposto, altresì, agli obblighi previsti dall’articolo 5 della medesima legge n. 47 del 1948. Articolo 2. Disposizioni sulla proprietà delle imprese editrici ed in materia di trasparenza 1. All’articolo 1 della legge 5 agosto 1981, n. 416, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni: a) il primo comma è sostituito dal seguente: “L’esercizio dell’impresa editrice di giornali quotidiani e` riservato alle persone fisiche, nonché alle società costituite nella forma della società in nome collettivo, in accomandita semplice, a responsabilità limitata, per azioni, in accomandita per azioni o cooperativa, il cui oggetto comprenda l’attività editoriale, esercitata attraverso qualunque mezzo e con qualunque supporto, anche elettronico, l’attività tipografica, radiotelevisiva o comunque attinente all’informazione e alla comunicazione, nonché le attività connesse funzionalmente e direttamente a queste ultime.”; b) il quarto comma è sostituito dal seguente: “Le azioni aventi diritto di voto o le quote sociali possono essere intestate a società per azioni, in accomandita per azioni o a responsabilità limitata, purché la partecipazione di controllo di dette società sia intestata a persone fisiche o a società direttamente controllate da persone fisiche. Ai fini della presente disposizione, il controllo è definito ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile, come sostituito dall’articolo 1 del decreto legislativo 9 aprile 1991 n.127, nonché dall’ottavo comma del presente articolo. Il venire meno di dette condizioni comporta la cancellazione d’ufficio dell’impresa dal registro degli operatori di comunicazione di cui all ‘articolo 1, comma 6, lettera a), n.59, della legge 31 luglio 1997 n.249”; c) al sesto comma, primo periodo, le parole: “o estere” sono soppresse; d) dopo l’ultimo comma è aggiunto, infine, il seguente comma: 16 (24) “I soggetti di cui al primo comma sono ammessi ad esercitare l’attività d’impresa ivi descritta solo se in possesso della cittadinanza di uno Stato membro dell’Unione europea o, in caso di società, se aventi sede in uno dei predetti Stati. I soggetti non aventi il predetto requisito sono ammessi all’esercizio dell’impresa medesima solo a condizione che lo Stato di cui sono cittadini applichi un trattamento di effettiva reciprocità. Sono fatte salve le disposizioni derivanti da accordi internazionali.”. Articolo 3. Modalità di erogazione delle provvidenze in favore dell’editoria 1. A decorrere dal 1° gennaio dell’anno successivo alla data di entrata in vigore della presente legge l’importo di 2 miliardi di lire previsto per i contributi di cui all’articolo 26, primo comma, della legge 5 agosto 1981, n. 416, e successive modificazioni, è aumentato a 4 miliardi di lire. 2. Alle imprese editrici di giornali quotidiani che abbiano attivato sistemi di teletrasmissione in facsimile delle testate edite in Paesi diversi da quelli membri dell’Unione europea è concesso un contributo pari al 50 per cento dei costi annui documentati di acquisto carta, stampa e distribuzione relativi alla diffusione nei suddetti Paesi delle copie delle testate teletrasmesse. Sono esclusi dal calcolo del contributo i costi relativi a tirature inferiori a 10.000 copie medie giornaliere, o effettuate per meno di un anno, in un singolo Paese di destinazione. Sono altresì esclusi dal calcolo del contributo i costi relativi a testate il cui contenuto redazionale sia inferiore al 50 per cento di quelli dell’edizione diffusa nella città italiana presso il cui tribunale sono registrate. L’ammontare complessivo del contributo di cui al presente comma non può superare lire 4 miliardi annue. Nel caso in cui il contributo complessivo in base alle domande presentate superi tale ammontare, lo stanziamento sarà ripartito tra gli aventi diritto in proporzione al numero delle copie stampate e diffuse nei suddetti Paesi. Capo II INTERVENTI PER LO SVILUPPO DEL SETTORE EDITORIALE Articolo 4. Tipologie di interventi nel settore editoriale Alle imprese operanti nel settore editoriale sono concesse le agevolazioni di credito di cui agli articoli 5, 6 e 7, nonché il credito di imposta di cui all’articolo 8. Articolo 5. Fondo per le agevolazioni di credito alle imprese del settore editoriale 1. È istituito, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri Dipartimento per l’informazione e l’editoria, fino all’attuazione della riforma di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999 n. 300, e al decreto legislativo 30 luglio 1999 n. 303, il Fondo per le agevolazioni di credito alle imprese del settore editoriale, di seguito denominato “Fondo”. Il Fondo è finalizzato alla concessione di contributi in conto interessi sui finanziamenti della durata massima di dieci anni deliberati da soggetti autorizzati all’attività bancaria. 2. Al Fondo affluiscono: le risorse finanziarie stanziate a tale fine nel bilancio dello Stato, il contributo dell’1 per cento trattenuto sull’ammontare di ciascun beneficio concesso, le somme comunque non corrisposte su concessioni effettuate, le somme disponibili alla data di entrata in vigore della presente legge esistenti sul fondo di cui all’articolo 29 della legge 5 agosto 1981, n. 416, e successive modificazioni. Il fondo di cui al citato articolo 29 è mantenuto fino al completamento della corresponsione dei contributi in conto interessi per le concessioni già effettuate. 3. I contributi sono concessi, nei limiti delle disponibilità finanziarie, mediante procedura automatica, ai sensi dell’articolo 6, o valutativa, ai sensi dell’articolo 7. 4. Sono ammessi al finanziamento i progetti di ristrutturazione tecnico-produttiva; di realizzazione, ampliamento e modifica degli impianti, con particolare riferimento all’installazione e potenziamento della rete informatica, anche in connessione all’utilizzo dei circuiti telematici internazionali e dei satelliti; di miglioramento della distribuzione; di formazione professionale. I progetti sono presentati dalle imprese partecipanti al ciclo di produzione, distribuzione e commercializzazione del prodotto editoriale. 5. In caso di realizzazione dei progetti di cui al comma 4 con il ricorso alla locazione finanziaria, i contributi in conto canone sono concessi con le medesime procedure di cui agli articoli 6 e 7 e non possono, comunque, superare l’importo dei contributi in conto interessi di cui goderebbero i progetti se effettuati ai sensi e nei limiti previsti per i contributi in conto interessi. 6. Una quota del 5 per cento del Fondo è riservata alle imprese che, nell’anno precedente a quello di presentazione della domanda per l’accesso alle agevolazioni, presentano un fatturato non superiore a 5 miliardi di lire ed una ulteriore quota del 5 per cento a quelle impegnate in progetti di particolare rilevanza per la diffusione della lettura in Italia o per la diffusione di prodotti editoriali in lingua italiana all’estero. Ove tale quota non sia interamente utilizzata, la parte residua riaffluisce al Fondo per essere destinata ad interventi in favore delle altre imprese. 7. Una quota del 10 per cento del Fondo è destinata ai progetti volti a sostenere spese di gestione o di esercizio per le imprese costituite in forma di cooperative di giornalisti o di poligrafici. 8. Ai fini della concessione del beneficio di cui al presente articolo, la spesa per la realizzazione dei progetti è ammessa in misura non eccedente il 90 per cento di quella prevista nel progetto, ivi comprese quelle indicate nel primo comma dell’articolo 16 del decreto del Presidente della Repubblica 9 novembre 1976, n. 902, nonché le spese previste per il fabbisogno annuale delle scorte in misura non superiore al 40 per cento degli investimenti fissi ammessi al finanziamento. La predetta percentuale del 90 per cento è elevata al 100 per cento per le cooperative di cui all’articolo 6 della legge 5 agosto 1981, n. 416, e successive modificazioni. 9, I contributi in conto interessi possono essere concessi anche alle imprese editrici dei giornali italiani all’estero di cui all’articolo 26 della legge 5 agosto 1981, n. 416, e successive modificazioni, per progetti realizzati con il finanziamento di soggetti autorizzati all’esercizio dell’attività bancaria aventi sede in uno Stato appartenente all’Unione europea. 10. L’ammontare del contributo è pari al 50 per cento degli interessi sull’importo ammesso al contributo medesimo, calcolati al tasso di riferimento fissato con decreto del Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica. Il tasso di interesse e le altre condizioni economiche alle quali è riferito il finanziamento sono liberamente concordati tra le parti. 11. In aggiunta alle risorse di cui al comma 2, a decorrere dall’anno 2001 e fino all’anno 2003, è autorizzata la spesa di lire 7,9 miliardi per il primo anno, di lire 24,3 miliardi per il secondo anno e di lire 18,7 miliardi per il terzo anno. 12. Ai contributi di cui al presente articolo, erogati secondo le ORDINE 3 2001 LA LEGGE 5 AGOSTO 1981 N. 416 Tra le novità del provvedimento c’è una nuova definizione del “prodotto editoriale”, che comprende sia il libro sia il prodotto multimediale (Internet e cd-rom) e che, quando è una testata (anche sul web) diffusa con periodicità regolare, dovrà essere registrato in tribunale. Le novità in arrivo Definizione • Prodotto editoriale sarà non solo il quotidiano e il periodico ma anche il libro e il prodotto multimediale incluso quello sviluppato su Internet. Agevolazioni • Per lo sviluppo del settore sono previste agevolazioni per il credito e il credito d’imposta. Le prime verranno erogate in forma di concessione di contributi in conto interessi da un fondo appositamente costituito che finanzierà i progetti di innovazione tecnologica, di ampliamento e modifica degli impianti e di potenziamento della rete informatica. • Con il meccanismo del credito d’imposta, invece, saranno agevolati fino al 31 dicembre 2004 gli investimenti in beni strumentali nuovi, esclusi gli immobili, destinati alla produzione di giornali, riviste, periodici, libri e simili nonché di prodotti editoriali multimediali e i programmi di ristrutturazione economico-produttiva, a partire dalle tecnologie di trasmissione e ricezione digitale. Contributi • Sono previsti interventi per le testate in crisi e modifiche ai meccanismi attuali per i contributi all’editoria. Per quanto riguarda i libri, oltre al complesso meccanismo che regola la fissazione degli sconti sul prezzo è prevista la costituzione di un fondo per la promozione del libro e dei prodotti editoriali di elevato valore culturale. • È previsto un fondo per sostenere le nuove iniziative dei giornalisti che hanno perso il posto di lavoro. La legge prevede un onere di 32,7 milardi nel 2001, 62,1 miliardi nel 2002 e 89,5 miliardi nel 2003. (da Il Sole 24 Ore 22 febbraio 2001) Cassa integrazione nei periodici procedure di cui agli articoli 6 e 7 della presente legge, si applicano le disposizioni di cui agli articoli 8 e 9, commi da 1 a 5, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 123. 13. Con regolamento emanato ai sensi dell’articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, sentito il Ministro per i beni e le attività culturali, sono dettate disposizioni integrative ed attuative della presente legge. Sono in particolare disciplinati le modalità ed i termini di presentazione o di rigetto delle domande, le modalità di attestazione dei requisiti e delle condizioni di concessione dei contributi, la documentazione delle spese inerenti ai progetti, gli adempimenti ed i termini delle attività istruttorie, l’organizzazione ed il funzionamento del Comitato di cui al comma 4 dell’articolo 7, il procedimento di decadenza dai benefìci, le modalità di verifica finale della corrispondenza degli investimenti effettuati al progetto, della loro congruità economica, nonché dell’inerenza degli investimenti stessi alle finalità del progetto. 14. All’istruttoria dei provvedimenti di concessione dei contributi di cui agli articoli 6 e 7 della presente legge provvede, fino all’attuazione della riforma di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, la Presidenza del Consiglio dei ministri. 15. Le somme erogate ai sensi degli articoli 6 e 7, a qualunque titolo restituite, sono versate all’entrata del bilancio dello Stato per essere successivamente assegnate al Fondo. Il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio. Articolo 6. Procedura automatica 1. Alla concessione dei contributi di cui all’articolo 5 si provvede mediante procedura automatica relativamente ai progetti che presentano cumulativamente le seguenti caratteristiche: a) finanziamento complessivo non superiore ad un miliardo di lire; b) realizzazione del progetto entro due anni dall’ammissione ai benefìci. Sono altresì ammesse le spese sostenute nell’anno antecedente la data di presentazione della domanda. 2. Con avviso pubblicato nella Gazzetta Ufficiale sono comunicati l’ammontare delle risorse disponibili per la concessione dei contributi ed il termine massimo di presentazione delle domande. 3. Le domande di concessione del contributo sono accolte sulla base della sola verifica della completezza e regolarità delle domande medesime e della relativa documentazione, secondo l’ordine cronologico di presentazione. Le domande presentate nello stesso giorno si intendono presentate contestualmente. La concessione del contributo è integrale fino a concorrenza delle risorse finanziarie di cui al comma 2. In caso di insufficienza delle risorse finanziarie a soddisfare integralmente le domande, la disponibilità residua è ripartita proporzionalmente al costo dei progetti. Detta ripartizione ha luogo tra le domande presentate contestualmente il giorno successivo a quello di presentazione delle ultime domande che hanno ottenuto capienza intera. 4. In caso di inosservanza del termine di cui al comma 1, lettera b), del presente articolo, è dichiarata la decadenza dal beneficio ed il soggetto beneficiario è tenuto alla restituzione delle somme eventualmente già percepite maggiorate degli interessi, calcolati ai sensi all’articolo 9, comma 4, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 123. 5. Il soggetto beneficiario, entro sessanta giorni dalla realizzazione del progetto, produce i documenti giustificativi delle spese sostenute, gli estremi identificativi degli impianti, macchinari o attrezzature acquistati, nonché la perizia giuraORDINE 3 2001 ta di un esperto del settore, iscritto al relativo albo professionale, se esistente, che attesti la corrispondenza degli investimenti alla finalità del progetto, nonché la congruità dei costi sostenuti. 6. Il contributo di cui al presente articolo è erogato in corrispondenza delle scadenze delle rate di ammortamento pagate dall’impresa beneficiaria all’istituto di credito. Tenuto conto della tipologia dell’intervento e su richiesta dell’impresa, può essere effettuata la corresponsione del contributo in un’unica soluzione, scontando al valore attuale, al momento dell’erogazione, il beneficio derivante dalla quota di interessi. Articolo 7. - (Procedura valutativa). 1. Alla concessione dei contributi di cui all’articolo 5 si provvede mediante procedura valutativa relativamente ai progetti o programmi organici e complessi, che presentano cumulativamente le seguenti caratteristiche: a) finanziamento, eccedente l’importo di cui all’articolo 6, comma 1, lettera a); la domanda deve contenere la deliberazione preventiva dell’istituto finanziatore; il finanziamento può, comunque, essere ammesso a contributo in misura non superiore a lire 30 miliardi; b) realizzazione del progetto entro due anni dall’ammissione ai benefìci. Sono altresì ammesse le spese sostenute nei due anni antecedenti la data di presentazione della domanda. 2. Con avviso pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, sono comunicati il termine finale, non inferiore a novanta giorni, di presentazione delle domande, l’ammontare delle risorse disponibili, i requisiti dell’impresa proponente e dell’iniziativa in base ai quali è effettuata la valutazione ai fini della concessione del contributo. 3. I requisiti dell’iniziativa, di cui al comma 1, attengono alla tipologia del programma, al fine perseguito dallo stesso, alla coerenza degli strumenti con il perseguimento degli obiettivi previsti. La validità tecnica, economica e finanziaria dell’iniziativa è valutata con particolare riferimento alla congruità delle spese previste, alla redditività, alle prospettive di mercato e agli obiettivi di sviluppo aziendale. 4. L’ammissione al contributo di cui al presente articolo è disposta sulla base della deliberazione di un Comitato istituito con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri da emanare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del regolamento di cui all’articolo 5, comma 13. La composizione del Comitato è effettuata in modo da assicurare la presenza delle amministrazioni statali interessate, degli editori, delle emittenti radiotelevisive, dei rivenditori e dei distributori, dei giornalisti e dei lavoratori tipografici. Il funzionamento del Comitato non comporta nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato. Dalla data di entrata in vigore del decreto di istituzione del Comitato di cui al presente comma è soppresso il Comitato per la concessione del credito agevolato di cui all’articolo 32 della legge 5 agosto 1981, n. 416, e successive modificazioni. 5. Il contributo di cui al presente articolo è erogato in corrispondenza delle scadenze delle rate di ammortamento pagate dall’impresa beneficiaria all’istituto di credito. Dalla prima quota è trattenuto, a titolo di cauzione, un importo non inferiore al 10 per cento dell’agevolazione concessa, la cui erogazione è subordinata alla verifica della corrispondenza della spesa al progetto ammesso al contributo sulla base della documentazione finale della spesa stessa. 6. Ferma la cauzione di cui al comma 5, tenuto conto della tipologia dell’intervento e su richiesta dell’impresa, può essere effettuata la corresponsione del contributo in un’unica soluzione, con sconto degli interessi di cui al comma 5 rispet- to alla data delle predette scadenze. È, in ogni caso, consentita l’erogazione, a titolo di anticipazione, del contributo concesso fino ad un massimo del 50 per cento del contributo medesimo, sulla base di fideiussione bancaria o polizza assicurativa di importo non inferiore alla somma da erogare. Articolo 8. Credito di imposta 1. Alle imprese produttrici di prodotti editoriali che effettuano entro il 31 dicembre 2004, gli investimenti di cui al comma 2, relativi a strutture situate nel territorio dello Stato, è riconosciuto, a richiesta, secondo le modalità previste dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al comma 4, un credito di imposta di importo pari al 3 per cento del costo sostenuto, con riferimento al periodo di imposta in cui l’investimento è effettuato ed in ciascuno dei quattro periodi di imposta successivi. 2. Gli investimenti per i quali è previsto il credito di imposta di cui al comma 1 hanno ad oggetto: a) beni strumentali nuovi, ad esclusione degli immobili, destinati esclusivamente alla produzione dei seguenti prodotti editoriali in lingua italiana: giornali, riviste e periodici, libri e simili, nonché prodotti editoriali multimediali; b) programmi di ristrutturazione economico-produttiva riguardanti, congiuntamente o disgiuntamente: 1) l’acquisto, l’installazione, il potenziamento, l’ampliamento e l’ammodernamento delle attrezzature tecniche, degli impianti di composizione, redazione, impaginazione, stampa, confezione, magazzinaggio, teletrasmissione verso le proprie strutture periferiche e degli impianti di alta e bassa frequenza delle imprese di radiodiffusione nonché il processo di trasformazione delle strutture produttive verso tecnologie di trasmissione e ricezione digitale; 2) la realizzazione o l’acquisizione di sistemi composti da una o più unità di lavoro gestite da apparecchiature elettroniche che governino, a mezzo di programmi, la progressione logica delle fasi del ciclo tecnologico, destinate a svolgere una o più delle seguenti funzioni legate al ciclo produttivo: lavorazione, montaggio, manipolazione, controllo, misura e trasporto; 3) la realizzazione o l’acquisizione di sistemi di integrazione di una o più unità di lavoro composti da robot industriali, o mezzi robotizzati, gestiti da apparecchiature elettroniche, che governino, a mezzo di programmi, la progressione logica delle fasi del ciclo tecnologico; 4) la realizzazione o l’acquisizione di unità elettroniche o di sistemi elettronici per l’elaborazione dei dati destinati al disegno automatico, alla progettazione, alla produzione della documentazione tecnica, alla gestione delle operazioni legate al ciclo produttivo, al controllo e al collaudo dei prodotti lavorati, nonché al sistema gestionale, organizzativo e commerciale; 5) la realizzazione o l’acquisizione di programmi per l’utilizzazione delle apparecchiature, dei sistemi di cui ai numeri 2), 3) e 4); 6) l’acquisizione di brevetti e licenze funzionali all’esercizio delle attività produttive, dei sistemi e dei programmi di cui ai numeri 2), 3), 4) e 5). 3. l credito di imposta, che non concorre alla formazione del reddito imponibile, può essere fatto valere anche in compensazione ai sensi del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241. Il credito di imposta non è rimborsabile ma non limita il diritto al rimborso di imposte ad altro titolo spettante; l’eventuale eccedenza è riportabile fino al quarto periodo di imposta successivo. 4. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da emanarsi entro 90 giorni dall’entrata in vigore della presente legge adottato ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 17 (25) Editoria, la riforma ora è legge Cassa integrazione nei periodici 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro delle finanze, sentito il Ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato, sono determinate le modalità di attuazione del credito di imposta, e sono stabilite le procedure di monitoraggio e di controllo rivolte a verificare l’attendibilità e la trasparenza dei programmi degli investimenti di cui al comma 2, nonché specifiche cause di revoca totale o parziale dei benefìci e di applicazione delle sanzioni. Articolo 9. Fondo per la promozione del libro e dei prodotti editoriali di elevato valore culturale 1. È istituito presso il Ministero per i beni e le attività culturali un fondo finalizzato alla assegnazione di contributi, con riferimento ai contratti di mutuo stipulati per lo sviluppo dell’attività di produzione, distribuzione e vendita del libro e dei prodotti editoriali di elevato valore culturale, nonché per la loro diffusione all ‘estero. 2. Possono accedere al fondo: a) gli editori che intendono realizzare e commercializzare prodotti editoriali di elevato valore culturale e scientifico; b) i soggetti che presentano piani di esportazione e commercializzazione di prodotti editoriali italiani all’estero. 3. Il funzionamento del fondo, nonché i criteri e le modalità di accesso e di assegnazione dei contributi, sono disciplinati con regolamento, emanato ai sensi dell’articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988 n. 400 dal Ministro per i beni e le attività culturali d’intesa con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica e con il Ministro degli affari esteri per gli aspetti attinenti alla diffusione all’estero dei prodotti editoriali italiani. 4. Ai fini indicati al comma 1, il Ministero conferisce alle regioni e alle province autonome di Trento e Bolzano parte delle risorse del fondo istituito con la stessa disposizione: a) per l’apertura di librerie nei comuni o nelle circoscrizioni comunali che ne sono privi, e nei quali il servizio di vendita al pubblico è inadeguato, in relazione alla popolazione residente; b) nei casi diversi da quelli indicati alla lettera a), per la ristrutturazione di librerie o per l’apertura di nuove librerie, caratterizzate da innovazione tecnologica o dalla specializzazione delle opere editoriali commercializzate o da formule commerciali innovative. 5. I criteri per la individuazione e la ripartizione alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano delle risorse indicate al comma 4 sono stabiliti con decreto del Ministro, udita la Conferenza unificata Stato-Regioni ed autonomie locali. 6. Per le finalità di cui al presente articolo, è autorizzata, a decorrere dall’anno 2003, la spesa massima di lire 2000 milioni. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2001-2003, nell’ambito dell’unità previsionale di base di parte corrente “Fondo speciale” dello stato di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero per i beni e le attività culturali. Articolo 10. Messaggi pubblicitari di promozione del libro e della lettura 1. I messaggi pubblicitari facenti parte di iniziative, promosse da istituzioni, enti, associazioni di categoria, volte a sensibilizzare l’opinione pubblica nei confronti del libro e della lettura trasmessi gratuitamente o/a condizioni di favore da emittenti televisive e radiofoniche pubbliche e private, non sono considerati ai fini del calcolo dei limiti massimi di cui all’articolo 8 della legge 6 agosto 1990, n. 223 e successive modificazioni. Articolo 11. Disciplina del prezzo dei libri 1. Il prezzo al consumatore finale dei libri venduti sul territorio nazionale è liberamente fissato dall’editore o dall’importatore ed è da questi apposto, comprensivo di imposta sul valore aggiunto, su ciascun esemplare o su apposito allegato. 2. È consentita la vendita ai consumatori finali dei libri, da chiunque e con qualsiasi modalità effettuata, ad un prezzo effettivo diminuito da una percentuale non superiore al 10 per cento di quello fissato ai sensi del comma 1. 3. I commi 1 e 2 non si applicano per i seguenti prodotti: a) libri per bibliofili, intesi come quelli pubblicati a tiratura limitata per un ambito ristretto e di elevata qualità formale e tipografica; b) libri d’arte, intesi come quelli stampati, anche parzialmente, con metodi artigianali per la riproduzione delle opere artistiche quelli con illustrazioni eseguite direttamente a mano e quelli che sono rilegati in forma artigianale; c) libri antichi e di edizioni esaurite; d) libri usati; e) libri posti fuori catalogo dall’editore; f) libri venduti su prenotazione del lettore precedente la pubblicazione; g) libri pubblicati da almeno venti mesi e dopo che siano trascorsi almeno sei mesi dall’ultimo acquisto effettuato dalla libreria o da altro venditore al dettaglio; h) edizioni speciali destinate esclusivamente ad essere cedu- 18 (26) te nell’ambito di rapporti associativi; i) libri venduti nell’ambito di attività di commercio elettronico; 4. Salva l’applicazione dell’articolo 15 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, i libri possono essere venduti ad un prezzo effettivo che può oscillare tra l’80 e il 100 per cento: a) in occasione di manifestazioni di particolare rilevanza internazionale, nazionale, regionale e locale, ai sensi degli articoli 40 e 41 del decreto legislativo 31 marzo 1998 n. 112; b) in favore di biblioteche, archivi e musei pubblici, organizzazioni non lucrative di utilità sociale, centri di formazione legalmente riconosciuti, istituzioni o centri con finalità scientifiche, o di ricerca, istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado, educative ed università, i quali siano consumatori finali; c) quando sono venduti per corrispondenza. 5. Il prezzo complessivo di collane, collezioni complete, grandi opere, fissato ai sensi del comma 1 in via preventiva può essere diverso dalla somma dei prezzi dei singoli volumi che lo compongono. 6. Salva l’applicazione dell’articolo 153 del decreto legislativo 16 aprile 1994 n. 297 e dell’articolo 27 comma 3 della legge 23 dicembre 1998 n. 448, per i libri di testo scolastici la riduzione massima di cui al comma 2 non può essere superiore il 5 per cento. 7. La vendita di libri al consumatore finale, effettuata in difformità dalle disposizioni del presente articolo, comporta l’applicazione delle sanzioni di cui agli articoli 22, comma 3, e 29, commi 2 e 3 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114. 8. Il Comune vigila sul rispetto delle disposizioni del presente articolo e provvede all’accertamento e all’irrogazione delle sanzioni previste al comma 7; i relativi proventi sono attribuiti al comune nel quale le violazioni hanno avuto luogo. 9. A decorrere dal secondo anno successivo alla data d’entrata in vigore della presente legge il Ministero per i beni e le attività culturali, sentiti il Ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato e l’Autorità garante della concorrenza e del mercato, e udita la Conferenza unificata Stato-Regioni ed autonomie locali, con proprio decreto può provvedere alla ulteriore individuazione: a) della misura massima dello sconto di cui ai commi 2, 4 e 6; b) di ipotesi ulteriori di formulazione dei commi 3 e 4, anche modificando l’elenco dei prodotti editoriali o delle modalità di vendita per i quali consentire le deroghe alla disciplina del prezzo fisso. Capo III ULTERIORI INTERVENTI A SOSTEGNO DEL SETTORE EDITORIALE Articolo 12.Trattamento straordinario di integrazione salariale 1. All’articolo 35 della legge 5 agosto 1981 n. 416, sono apportate le seguenti modificazioni: a) il primo comma è sostituito dal seguente: “Il trattamento straordinario di integrazione salariale di cui all’articolo 2, quinto comma, della legge 12 agosto 1977, n. 675, e successive modificazioni, è esteso, con le modalità previste per gli impiegati, ai giornalisti professionisti, ai pubblicisti e ai praticanti dipendenti da imprese editrici di giornali quotidiani, di periodici e di agenzie di stampa a diffusione nazionale, sospesi dal lavoro per le cause indicate nelle norme citate”; b) il quarto comma è sostituito dal seguente: “Il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, esperite le procedure previste dalle leggi vigenti, adotta i provvedimenti di concessione del trattamento indicato nei commi precedenti per periodi semestrali consecutivi e, comunque, non superiori complessivamente a ventiquattro mesi. Sono applicabili a tali periodi le disposizioni di cui agli articoli 3 e 4 della legge 20 maggio 1975 n. 164”. Articolo 13. Risoluzione del rapporto di lavoro. L’articolo 36 della legge 5 agosto 1981 n. 416 è sostituito dal seguente: “Articolo 36. - (Risoluzione del rapporto di lavoro). - 1. I dipendenti delle aziende di cui all’articolo 35 per le quali sia stata dichiarata dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale la situazione di crisi occupazionale, in caso di risoluzione del rapporto di lavoro per dimissioni nel periodo di godimento del trattamento di integrazione salariale, ovvero per licenziamento al termine del periodo di integrazione salariale di cui al citato articolo 35, hanno diritto, in aggiunta alle normali competenze di fine rapporto, ad una indennità pari all’indennità di mancato preavviso e, per i giornalisti, ad una indennità pari a quattro mensilità di retribuzione. I dipendenti di cui al presente comma sono esonerati dall’obbligo del preavviso in caso di dimissioni”. Articolo 14. Esodo e prepensionamento L’articolo 37 della legge 5 agosto 1981, n. 416, è sostituito dal seguente: “Articolo 37. - (Esodo e prepensionamento) - 1. Ai lavoratori di cui ai precedenti articoli, con l’esclusione dei dipendenti delle imprese editrici di giornali periodici, è data facoltà di optare, entro sessanta giorni dall’ammissione al trattamento di cui all’articolo 35 ovvero, nel periodo di godimento del trattamento medesimo, entro sessanta giorni dal maturare delle condizioni di anzianità contributiva richiesta, per i seguenti trattamenti: a) per i lavoratori poligrafici, limitatamente al numero di unità ammesse dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale: trattamento di pensione per coloro che possano far valere nella assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti almeno 360 contributi mensili ovvero 1664 contributi settimanali di cui, rispettivamente, alle tabelle A e B allegate al decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1968 n.488, sulla base dell’anzianità contributiva aumentata di un periodo pari a 3 anni; i periodi di sospensione per quali è ammesso il trattamento di cui al citato articolo 35 sono riconosciuti utili d’ufficio secondo quanto previsto dalla presente lettera; l’anzianita contributiva non può comunque risultare superiore a 35 anni;. b) per i giornalisti professionisti iscritti all’Inpgi, dipendenti dalle imprese editrici di giornali quotidiani e di agenzie di stampa a diffusione nazionale, limitatamente al numero di unità ammesso dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale e per i soli casi di ristrutturazione o riorganizzazione in presenza di crisi aziendale: anticipata liquidazione della pensione di vecchiaia al cinquantottesimo anno di età, nei casi in cui siano stati maturati almeno diciotto anni di anzianità contributiva, con integrazione a carico dell’Inpgi medesimo del requisito contributivo previsto dal secondo comma dell’articolo 4 del regolamento approvato con decreto ministeriale 1° gennaio 1953, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 10 del 14 gennaio 1953, e successive modificazioni. L’integrazione contributiva a carico dell’Inpgi di cui alla lettera b) del comma 1 non può essere superiore a cinque anni. Per i giornalisti che abbiano compiuto i sessanta anni di età, l’anzianità contributiva è maggiorata di un periodo non superiore alla differenza fra i sessantacinque anni di età e l’età anagrafica raggiunta, ferma restando la non superabilità del tetto massimo di 360 contributi mensili. Non sono ammessi a fruire dei benefìci i giornalisti che risultino già titolari di pensione a carico dell’assicurazione generale obbligatoria o di forme sostitutive esonerative o esclusive della medesima. I contributi assicurativi riferiti a periodi lavorativi successivi all’anticipata liquidazione della pensione di vecchiaia sono riassorbiti dall’Inpgi fino alla concorrenza della maggiorazione contributiva riconosciuta al giornalista. 2. La Cassa per l’integrazione dei guadagni degli operai dell’industria corrisponde alla gestione pensionistica una somma pari all’importo risultante dall’applicazione dell’aliquota contributiva in vigore per la gestione medesima sull’importo che si ottiene moltiplicando per i mesi di anticipazione della pensione l’ultima retribuzione percepita da ogni lavoratore interessato rapportati al mese. I contributi versati dalla Cassa integrazione guadagni sono iscritti per due terzi nella contabilità separata relativa agli interventi straordinari e per il rimanente terzo a quella relativa agli interventi ordinari. 3. Agli effetti del cumulo del trattamento di pensione di cui al presente articolo con la retribuzione si applicano le norme relative alla pensione di anzianità. 4. Il trattamento di pensione di cui al presente articolo non è compatibile con le prestazioni a carico dell’assicurazione contro la disoccupazione”. La normativa prevista dai commi primo, lettera a), e secondo, dell’articolo 37 della legge 5 agosto 1981, n. 416, nel testo in vigore antecedentemente alle modifiche apportate dal comma 1 del presente articolo, continuano a trovare applicazione nei confronti dei poligrafici dipendenti da aziende individuate dal medesimo articolo 37, che abbiano stipulato e trasmesso ai competenti uffici del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, antecedentemente alla data di entrata in vigore della presente legge, accordi sindacali relativi al riconoscimento delle causali di intervento di cui all’articolo 35 della medesima legge n. 416 del 1981. Articolo 15. Fondo per la mobilità e la riqualificazione professionale dei giornalisti 1. È istituito, per la durata di cinque anni a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Fondo per la mobilità e la riqualificazione professionale dei giornalisti. Salva l’attuazione della riforma di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, e al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 303, il predetto Fondo è istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per l’informazione e l’editoria. 2. Il Fondo di cui al comma 1 è destinato ad effettuare interventi di sostegno a favore dei giornalisti professionisti dipendenti da imprese editrici di giornali quotidiani, da imprese editrici di periodici, nonché da agenzie di stampa a diffusione nazionale, i quali presentino le dimissioni dal rapporto di lavoro a seguito dello stato di crisi delle imprese di apparteORDINE 3 2001 Un italiano su quattro non legge alcun giornale nenza. 3. I giornalisti beneficiari degli interventi di sostegno di cui al comma 2 devono possedere, al momento delle dimissioni, una anzianità aziendale di servizio di almeno cinque anni. 4. Gli interventi di sostegno di cui al presente articolo sono concessi, anche cumulativamente, per: a) progetti individuali dei giornalisti che intendano riqualificare la propria preparazione professionale per indirizzarsi all’attività informativa nel settore dei nuovi mass media. Il finanziamento per ogni progetto è contenuto nei limiti di lire 20 milioni; b) progetti, concordati dalle imprese con il sindacato di categoria, diretti a favorire l’esodo volontario dei giornalisti dipendenti collocati in cassa integrazione guadagni straordinaria, ovvero in possesso dei requisiti per accedere al prepensionamento ai sensi dell’articolo 37 della legge 5 agosto 1981 n. 416 come sostituito dall’articolo 14 della presente legge. È erogata a ciascun giornalista una indennità pari a diciotto mensilità del trattamento tabellare minimo della categoria di appartenenza; c) progetti, concordati dalle imprese con il sindacato di categoria, per il collocamento all’esterno, anche al di fuori del settore dell’informazione, dei giornalisti dipendenti. L’intervento di sostegno è contenuto nei limiti del 50 per cento del costo certificato del progetto. È erogata altresì a ciascun giornalista che accetti le nuove occasioni di lavoro proposte nell’ambito del progetto, una indennità pari a dodici mensilità del trattamento tabellare minimo della categoria di appartenenza. 5. Per le finalità di cui al presente articolo, a decorrere dall’anno 2001 e fino all’anno 2005, è autorizzata la spesa massima di lire 8,5 miliardi annue. Capo IV SEMPLIFICAZIONE NORMATIVA E AMMINISTRATIVA Articolo 16. Semplificazioni. I soggetti tenuti all’iscrizione al registro degli operatori di comunicazione, ai sensi dell’articolo 1, comma 6, lettera a), numero 5), della legge 31 luglio 1997, n. 249, sono esentati dall’osservanza degli obblighi previsti dall’articolo 5 della legge 8 febbraio 1948, n. 47. L’iscrizione è condizione per l’inizio delle pubblicazioni. Capo V DISPOSIZIONI FINALI E TRANSITORIE Articolo 17. Copertura finanziaria 1. All’onere derivante dall’attuazione della presente legge, valutato in lire 32,7 miliardi per l’anno 2001, in lire 62,1 miliardi per l’anno 2002 e lire 89,5 miliardi per l’anno 2003 si provvede, quanto a lire 23,2 miliardi per l’anno 2001, lire 41,6 miliardi per l’anno 2002 e lire 36 miliardi per l’anno 2003, mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui alla legge 14 agosto 1991 n. 278 recante: “Modifiche ed integrazioni alle leggi 25 febbraio 1987 n. 67 e 7 agosto 1990 n. 250, recante provvidenze per l’editoria e quanto a lire 9,5 miliardi per l’anno 2001, lire 20,5 miliardi per l’anno 2002 e lire 53,5 per l’anno 2003 mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto; ai fini del bilancio triennale 2001-2003 nell’ambito dell’unità previsionale di base di parte corrente “Fondo speciale” dello stato di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e programmazione economica per l’anno 2001, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero medesimo. Il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica e`autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio. Articolo 18. Modifica all’articolo 3 della legge 7 agosto 1990 n. 250 1. Il comma 2 dell’articolo 3 della legge 7 agosto 1990, n. 250, è sostituito dai seguenti: “2. A decorrere dal 1° gennaio 2002, i contributi di cui al comma 8 e al comma 11 del presente articolo, il cui ammontare non può comunque superare il 50 per cento dei suoi costi complessivi, compresi gli ammortamenti, risultanti dal bilancio dell’impresa stessa, sono concessi, limitatamente ad una sola testata, alle imprese editrici di giornali quotidiani che, tranne per quanto riguarda i punti a) e b) per le cooperative editrici costituite ai sensi e per gli effetti dell’articolo 153, comma 4, della legge 23 dicembre 2000 n. 388, possiedano i seguenti requisiti: a) siano costituite come cooperative giornalistiche da almeno tre anni; b) editino la testata stessa da almeno tre anni; c) abbiano acquisito, nell’anno precedente a quello di riferiORDINE 3 2001 mento dei contributi, entrate pubblicitarie che non superino il 30 per cento dei costi complessivi dell’impresa risultanti dal bilancio dell’anno medesimo; d) abbiano adottato con norma statutaria il divieto di distribuzione degli utili nell’esercizio di riscossione dei contributi e nei dieci esercizi successivi; e) la testata edita abbia diffusione formalmente certificata pari ad almeno il 25 per cento della tiratura complessiva per le testate nazionali e ad almeno il 40 per cento per quelle locali. Ai fini del presente articolo, si intende per diffusione l’insieme delle vendite e degli abbonamenti e per testata locale quella cui almeno l’80 per cento della diffusione complessiva è concentrata in una sola regione; f) le testate nazionali che usufruiscono di contributi di cui al presente articolo non siano poste in vendita congiuntamente con altre testate; g) abbiano sottoposto l’intero bilancio di esercizio cui si riferiscono i contributi alla certificazione di una società di revisione scelta tra quelle di cui all’elenco apposito previsto dalla Consob; h) la testata edita sia posta in vendita a un prezzo non inferiore alla media dal prezzo base degli altri quotidiani, senza inserti e supplementi, di cui viene accertata la tiratura, prendendo a riferimento il primo giorno di pubblicazione dall’anno di riferimento dei contributi. 2-bis. I contributi previsti dalla presente legge e in misura, comunque, non superiore al 50 per cento dei loro costi complessivi compresi gli ammortamenti, risultanti dal bilancio dell’impresa stessa, sono concessi anche alle imprese editrici di giornali quotidiani la cui maggioranza del capitale sia detenuta da cooperative, fondazioni o enti morali non aventi scopo di lucro che possiedano i requisiti di cui alle lettere b), c), d), e), f) e g) del comma 2 del presente articolo. 2-ter. I contributi previsti dalla presente legge e in misura, comunque, non superiore al 50 per cento dei loro costi complessivi compresi gli ammortamenti, risultanti dal bilancio dell’impresa stessa, sono concessi alle imprese editrici, comunque costituite, che editino giornali quotidiani in lingua francese, ladina, slovena e tedesca nelle regioni autonome Valle d’Aosta, Friuli-Venezia Giulia e Trentino-Alto Adige, a condizione che le imprese beneficiarie non editino altri giornali quotidiani e possiedano i requisiti di cui alle lettere b), c), d), e), f) e g) del comma 2 del presente articolo. Gli stessi contributi e in misura, comunque, non superiore al 50 per cento dei loro costi complessivi compresi gli ammortamenti, risultanti dal bilancio dell’impresa stessa, sono concessi ai giornali quotidiani italiani editi e diffusi all’estero a condizione che le imprese editrici beneficiarie possiedano i requisiti di cui alle lettere b), c), d) e g) del comma 2 del presente articolo. Tali imprese devono allegare alla domanda i bilanci corredati da una relazione di certificazione da parte di società abilitate secondo la normativa dello Stato in cui ha sede l’impresa. 2-quater. Le norme previste dal presente articolo per i quotidiani per quanto attiene ai requisiti e ai contributi si applicano anche ai periodici editi da cooperative giornalistiche ivi comprese quelle di cui all’articolo 52 della legge 5 agosto 1981, n. 416. Articolo 19. Interventi a sostegno della lettura nelle scuole All’articolo 8, comma 1, del decreto legislativo 17 maggio 1999, n. 153, dopo la lettera e), è aggiunta la seguente: “e-bis) acquisto, secondo parametri fissati dall’Autorità di vigilanza, su richiesta delle singole istituzioni scolastiche, di prodotti editoriali da devolversi agli istituti scolastici pubblici e privati nell’ambito del territorio nel quale opera la fondazione con il vincolo che tali istituti utilizzino i medesimi prodotti editoriali per attuare azioni a sostegno della lettura tra gli studenti e favorire la diffusione della lettura dei giornali quotidiani nelle scuole.” Articolo 20. Disposizioni finali 1. Per quanto non previsto dalla presente legge si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui alla legge 7 agosto 1990 n. 250 e successive modificazioni e integrazioni. In particolare si applicano l’ultimo periodo del comma 2 e i commi 6, 13 e 14 dell’articolo 3 della medesima legge. Articolo 21. Disposizioni transitorie e abrogazioni 1. Sono abrogati gli articoli 9 e 54 della legge 5 agosto 1981, n. 416, nelle parti in cui dispongono rispettivamente l’obbligo del Dipartimento per l’informazione e l’editoria – Ufficio per l’editoria e la stampa di comunicare all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni le tirature dei giornali quotidiani e l’espressione di un parere su tali tirature da parte della commissione tecnica consultiva di cui allo stesso articolo 54. Detta commissione continua ad esprimere pareri sull’accertamento della diffusione e dei requisiti di ammissione ai contributi previsti dall’articolo 3 della legge 7 agosto 1990, n. 250. 2. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge sono abrogati gli articoli 29, 30, 31 e 33 della legge n. 416 del 1981, fatto salvo quanto disposto dall’ultimo periodo del comma 4 dell’articolo 8. Roma, 21 febbraio Circa il 25% degli italiani non legge alcun giornale. Nei restanti casi, almeno un giornale entra nelle famiglie. Circa il 70% degli italiani, i ceti più colti, sostiene che esiste la libertà di stampa. Sono soprattutto i ceti popolari quelli che hanno riserve in proposito. I più dubbiosi si trovano a nord-est della penisola. È quanto si evince dai sondaggi che il Codres ha confezionato per l’Ordine nazionale dei giornalisti “Italiani e mass media, giudizi ed opinioni” presentato oggi nel corso del Forum sulla qualità dell’informazione. L’indagine è stata condotta su 1.000 casi nell’intero territorio nazionale. Sono stati intervistati cittadini di tutte le età. Obiettivo dell’indagine è di verificare lo stato attuale della stampa e delle informazioni in Italia a partire da alcuni dati sui consumi di mass media. Per quanto concerne le varie tipologie di mass media, negli italiani prevale la televisione e i telegiornali, seguono i giornali, la radio, e poi si fa avanti anche il consumo tramite Internet. Le motivazioni della scelta dei giornali consistono nella possibilità di approfondimento delle informazioni. Invece si fa un discorso differente per Internet, di cui si loda l’immediatezza e la possibilità e l’affidabilità di verificare in tempi reali l’attendibilità dell’informazione, vista anche la partecipazione dei protagonisti e le dichiarazioni rese attraverso il mezzo televisivo. Per ciò che riguarda le fonti della stampa per il 50% degli intervistati le fonti non sono sempre veritiere o comunque sono discutibili. Nel dettaglio, sull’attendibilità, per il 45% degli intervistati è più affidabile la televisione con i suoi telegiornali, seguono al 30% i giornali e il 7,8% Internet. Il 20-25% non si fida di nessun mezzo di informazione. (AGI) “Il telegiornale è il media più credibile” Roma, 21 febbraio. Il telegiornale è per gli italiani il mezzo di informazione più credibile, nonostante si affacci un timido processo di affrancamento dalla televisione. È quanto ha evidenziato una ricerca presentata oggi dall’Ordine nazionale dei giornalisti in occasione del Forum sulla qualità dell’informazione. Lo studio, che ha interessato mille persone di età superiore ai 18 anni, è stato presentato da Mario Morcellini, ordinario di sociologica alla “Sapienza” di Roma. Quasi il 45% degli intervistati ritiene che “i Tg costituiscano, tra i canali informativi disponibili, lo strumento in grado di garantire i livelli più elevati di credibilità”. Subito dopo figura la carta stampata con una quota superiore al 25% mentre solo il 5% “sottolinea l’efficacia dei servizi informativi offerti tramite Internet”, e oltre il 25% degli intervistati giudica nessuno dei tre mezzi affidabile. Riguardo alla valutazione sulla preparazione dei giornalisti, in quasi il 70% dei casi il livello di qualificazione e professionalità è ritenuto molto elevato o in ogni modo adeguato rispetto al tipo di attività normalmente svolta. Per circa il 20% degli intervistati, la preparazione della categoria raggiunge i livelli intermedi, dove coesistono realtà di soddisfacente professionalità con aree di inefficienza e inadeguatezza. Soltanto il 10% del campione intervistato ha espresso giudizi decisamente negativi. A questo si aggiunge che sempre il 70% degli intervistati considera “per lo più chiaro il linguaggio con cui si esprimono normalmente i giornalisti”. Rispetto ai processi futuri, la ricerca ha individuato che la diffusione degli strumenti di comunicazione più innovativi presuppone lo sviluppo di nuove professionalità e competenze specifiche. L’opportunità di acquisire nuovi mercati di nicchia tramite la realizzazione di proposte specializzate e finalizzate può rappresentare un altro elemento in grado di contribuire a consolidare sul piano qualitativo l’offerta dei mezzi d’informazione. All’interno del quadro definito dalle varie ipotesi di riforma delle leggi e delle normative su stampa e informazione, secondo la ricerca, il cammino dovrebbe indirizzarsi nella direzione di “favorire la crescita di forme di autogoverno e autoregolamentazione della cateogria, più che imporre sistemi eccessivamente vincolanti e dirigisti. In questo ambito la capacità di dialogo tra mondo dell’informazione e realtà sociale e istituzionale assume un’importanza fondamentale”. (ANSA) 19 (27) Antonio Duva Spadolini, sei anni dopo LIBRERIA DI TABLOID di Dario Fertilio Gigi Speroni I Savoia scomodi. La saga degli Aosta di Franco Fucci C’è un punto, all’inizio del bellissimo libro di Gigi Speroni (I Savoia scomodi. La saga degli Aosta) in cui l’autore, dopo una tormentata narrazione con tanti Umberto, Vittorio, Amedeo, Vittorio Emanuele, e persino due Marie (Teresa e Adelaide, entrambe di stirpe austriaca) dice al lettore, con deliziosa autorionia: “E speriamo di essere stati chiari”. Speroni chiaro lo è, eccome, ed è grande merito perché solo grazie alla sua chiarezza, alla vivace scrittura, al senso dell’umorismo che affiora quasi ad ogni pagina, il ponderoso volume - che poteva risultre un boccone duro da inghiottire - è invece di affascinante lettura. Perché gli Aosta siano stati “scomodi” e per chi, è il tema conduttore del libro, naturalmente. Furono scomodi per i Savoia-Carignano che videro nei cugini un pericolo per la loro corona: il ramo regnante sapeva benissimo che gli Aosta godevano di una grandissima popolarità fra gli italiani, e ciò grazie al fascino di alcuni personaggi della casata: basti pensare a Emanuele Filiberto, comandante durante la prima guer- ra mondiale di quella 3a armata che meritatamente fu soprannominata “l’Invitta”; a Vittorio Emanuele conte di Torino, che difese l’onore dell’esercito italiano (reduce dalla batosta di Adua) battendosi in duello, e ferendolo, con Enrico d’Orléans, il principe francese che in alcuni articoli aveva definito i militari italiani “vili”; a Luigi Amedeo duca degli Abruzzi, navigatore, geografo, alpinista di fama internazionale. A ciò si aggiunga l’invidia dei Carignano - piccolotti, tozzi, bruttini, almeno fino a Vittorio Emanuele III, soprannominato “sciaboletta” - per l’avvenenza degli Aosta, tutti alti e bellissimi. Nel libro di Speroni c’è una illustrazione che è di un’eloquenza spietata per capire il complesso d’inferiorità dei Carignano: la foto mostra Vittorio Emanuele III a colloquio con Amedeo duca d’Aosta. Statura dei due personaggi, ripresi dall’obbiettivo crudele in piedi, uno di fronte all’altro: metri 1,54 il re, metri 1,86 il duca. Da segnalare al lettore l’accurato studio che Speroni dedica ai rapporti tra i Savoia e il fascismo. Va lodato l’equilibrio dei giudizi sui vari personaggi, che non esclude la critica pungente - per esempio - per l’atteggiamento di Vittorio Emanuele III di Pier Luigi Celli Passioni fuori corso di Gregorio F. Terreno Nel mondo dei libri sovente accadono fenomeni che sembrano essere fuoriusciti dalla macchina del tempo: quando ad esempio la pagina scritta attira a sé la realtà quotidiana. Quasi che la prima avesse già prefigurato il calco entro il quale colerà la seconda. È la corrispondenza segreta e simpatica del de te fabula narratur, resa immortale da Quinto Orazio Flacco nelle sue Satire. A questo domino di rimandi e di rispecchiamento sembra pure incurvarsi l’ultimo libro di Pier Luigi Celli, Passioni fuori corso, edito recentemente per i tipi della Mondadori. E non già scopertamente per il suo carattere di autobiografia professionale; ma per l’immanenza di una svolta cui questo volume sembra additare nell’ultimo capitolo, appellato emblematicamente Congedi. L’autore, infatti, ancora direttore generale della televisione di Stato all’uscita dai tor- 20 (28) chi di stampa di questo saggio narrativo, capitolerà volontariamente ed imprevedibilmente alcuni mesi dopo. L’ordito del testo, in bilico tra la vocazione affabulatoria precedentemente battuta in altri lavori, e lo studio di analisi organizzativa, ripercorre le vicende di vertice di uno dei “grands commis d’Etat”. A cominciare proprio dal luogo che lo vide nell’agosto del 1994 protagonista di un secco licenziamento, la Rai. Il libro è tuttavia una lucida, misurata e stimolante riflessione degli abbandoni e dei mutamenti di stato apicale da parte di chi, per configurazione mentale ed intelligenza di pensiero, ha accettato nel corso di una prestigiosa carriera a cavalcioni tra pubblico e privato sfide di alta caratura. Ma soprattutto non solo questo. Come la sua esperienza di lavoro ha largamente testimoniato, esso è il prodotto di un top manager che a lungo ha civettato all’interno della mission affidatagli con l’eresia. Infatti, il connotato distintivo della fronte alle sciagurate leggi razziali del 1938. E non stupisce che l’autore riservi simpatia e ampio spazio ai caratteri e alle vicende di due cugini particolarmente “scomodi”, Amedeo vicerè d’Etiopia e Luigi duca degli Abruzzi: i Carignano certamente non potevano vantare figure altrettanto luminose. Non esistono prove - scrive Speroni - che gli Aosta abbiano brigato per “scippare” il trono ai Carignano. Tuttavia alla fine del libro al lettore forse viene da chiedersi: se su quel trono ci fossero stati gli Aosta sarebbe stato meglio per il nostro Paese? Forse sì, diciamo noi. cultura di impresa è rappresentato manualisticamente dalla capacità di orientare, razionalmente ed attraverso meccanismi amministrativogestionali, mezzi quantitativi e risorse umane allo scopo sommo, il risultato. In altri termini, nell’organizzazione aziendale è posta risolutamente al bando la sfera delle passioni individuali; massime nell’accezione creativa ed ideativa dei loro riverberi sul piano dell’assolvimento dei compiti di strategia di intrapresa. Celli invece traccia una netta demarcazione equatoriale tra le due possibili interpretazioni della funzione direzionale: da un lato egli colloca l’adesione al modello burocraticistico dei ruoli; dall’altro ed in netta giustapposizione, quello dell’appartenenza a reale classe dirigente. Ed il discrimine profondo è proprio costituito pascalianamente dal riconoscimento di statuto di cittadinanza alle ragioni del cuore, accosto alle ragioni di logica di mercato e della produzione. Scrive egli in proposito: “Per questa strada passa la possibilità di ridare un’anima all’impresa; e alle sue strutture e ai suoi meccanismi il gusto di lavorare anche per interessi più ampi di quelli interni, necessariamente economici. È infatti la capacità di esprimere un’anima che ac- cresce l’identità dell’impresa e la sua possibilità di successo. E il successo delle imprese è il lievito del cambiamento per l’intreccio civile e sociale che le comprende... Se il senso profondo di fare impresa è quello di una avventura, comunque, rischiosa, allora l’esposizione al nuovo che interpreta questa propensione richiede una sensibilità raffinata alla dimensione del processo, alla precarietà, al reinvestimento continuo, anche emozionale. Qualcosa insomma di più radicale di un sistema coerente di procedure e di organizzazioni. Un’anima, appunto”. Non apparirà allora così singolare che il prefatore ad un libro schierato nel campo ideale della sburocratizzazione del sistema sia Giuliano Ferrara. Vale a dire un opinionista falstaffiano senza peli sulla lingua ed alieno dalle circonlocuzioni di maniera. Ed indirettamente responsabile anni addietro del licenziamento dalla tivù nazionale del suo prefato. Che non si tira però oggi indietro nel rendere l’onore delle armi all’avversario: “È un libro fresco, di battaglia, che non si siede nella poltrona del pensiero”. Pier Luigi Celli, Passioni fuori corso, Mondadori, Milano 2000, lire. 27.000 Gigi Speroni, I Savoia scomodi. La saga degli Aosta Rusconi libri, pagine 494, lire 45.000 Non c’è giornalista con più di trent’anni che non abbia incontrato nell’arco della sua carriera professionale, almeno una volta, Giovanni Spadolini. La sua figura professionale moralmente e fisicamente maestosa, la sua emotività traboccante in oratoria colta e appassionata, la sua curiosità indagatrice anche nei confronti del più umile interlocutore, la sua stessa travolgente carriera giornalistica e intellettuale naturalmente destinata al protagonismo, tutto contribuiva a renderlo un personaggio unico nel panorama italiano. Non si poteva ignorare uno come Spadolini, almeno se si esercitava il mestiere di giornalista: perché prima o poi ci si ritrovava a occuparsi di lui. Intellettuale tra i politici, politico tra i giornalisti, giornalista tra i professori: così lo dipingevano amici e critici con un misto di ironia e ammirazione. E davvero la strepitosa caricatura che Forattini aveva ideato per lui, e che lo ritraeva come un elefante fra i mediocri conigli e topolini della politica italiana (almeno fino alla comparsa dell’arcirivale Craxi con gli Stivali, per restare al bestiario satirico forattiniano) sottolineva la sua diversità genetica dall’uomo italico di partito. In effetti, Giovanni Spadolini ha incarnato, con Bettino Craxi, la stagione dell’orgoglio laico dopo una quarantennale egemonia politica democristiana. I tratti essenziali di quella personalità sono ora messi efficacemente a fuoco nella raccolta di saggi curata da Antonio Duva, anch’egli approdato alla politica dal giornalismo (della nostra professione continua ad occuparsene con encomiabile costanza), anch’egli come Spadolini di formazione repubblicana e più tardi conquistato dall’esperienza dell’Ulivo. Per iniziativa sua e del centro “Sinistra Oggi” da lui presieduto, Spadolini, sei anni dopo intende non solo celebrare ritualmente un leader recentemente scomparso, ma anche traghettare la sua esperienza in quella della Seconda Repubblica. Negli interventi non solo di Duva, ma anche di Aldo Aniasi, Giorgio Covi, Andrea Manzella e Mino Martinazzoli si delineano i tratti più moderni ed europei di Spadolini: primo esponente della società civile ad assumere incarichi politici ed istituzionali dopo decenni di nomenklatura all’italiana; primo presidente del Consiglio laico nonostante la modestia numerica del partito di riferimento, il Pri; deciso sostenitore di riforme istituzionali capaci di potenziare l’esecutivo in un sistema sempre più compromissorio, partitocratico e assembleare; instancabile moralizzatore e sostenitore di una “certa idea dell’Italia” le- gata alla trasparenza nella gestione della cosa pubblica. Questa raccolta di saggi, nonostante il carattere dichiaratamente militante e preelettorale degli interventi, raggiunge il suo scopo per la capacità di fondere scelta di campo politica e analisi storica spassionata, cogliendo il pensiero di Spadolini in senso dinamico. Antonio Duva, in particolare, completa il bilancio dell’attività spadoliniana, inevitabilmente legato alla Prima Repubblica, con il frutto maturo del suo riformismo laico: superamento del proporzionalismo partitocratico e approdo al sistema maggioritario; chiara riconoscibilità del capo dell’esecutivo e sua ridotta dipendenza dalle segreterie; evoluzione in senso realmente federale dello Stato, dopo una stagione in cui il regionalismo dei partiti moderati era stato inteso (forse per timore di concedere troppo potere locale ai comunisti) come puro decentramento e razionalizzazione amministrativa. Certo, Spadolini, sei anni dopo mantiene lungo tutte le sue pagine un carattere d’occasione che esclude approfonditi bilanci storici. La complessità del personaggio, delle sue curiosità intellettuali, delle antipatie e rivalità (prima di tutte la competizione con Craxi che finì con l’indebolire la carica riformatrice del fronte laico) richiederà analisi ben più approfondite. Rimane però intatto il nodo da sciogliere: se cioè il famoso “Decalogo” di Spadolini per una politica più moderna e morale, lanciato dall’allora segretario repubblicano nel 1987 e qui richiamato in appendice, sia puro reperto di storia politica; argomento attuale di campagna elettorale; o non piuttosto (come credo) punto di riferimento per tutti coloro che, nel Polo o nell’Ulivo o nell’indipendenza, decidono di scommettere sulla modernizzazione, sulla trasparenza, sulla separazione della politica dall’economia e dall’amministrazione, e infine sull’attuazione di un sistema maggioritario finalmente compiuto. Spadolini, sei anni dopo a cura di Antonio Duva Quaderni di Sinistra Oggi, pagine 63, s.i.p. ORDINE 3 2001 LIBRERIA DI TABLOID Raffaele Carletti Lettere di una grande amicizia di Mario Pancera Primo Mazzolari (18901959), sacerdote cremonese, per anni parroco di due piccoli paesi mantovani, Bozzolo e Cicognara, tra l’Oglio e il Po, è stato scritto- re e predicatore di rara importanza dagli anni Venti fino alla morte (avvenuta dopo una predica nella sua chiesa), e pensatore innovativo e generoso, e perciò spesso contestato dalle stesse gerarchie ecclesiastiche, che lo fecero giudicare più volte dal Sant’Ufficio. Fatte le debite differenze, un uomo come Buonaiuti o Turoldo o Milani o Balducci. Ma fu anche uomo che viveva tra la sua gente, i contadini padani, dei quali portava avanti le istanze sociali; e tra i sacerdoti, soprattutto quelli che, per motivi vari - di crisi religiosa, intellettuale, sociale o altro - trascorsero anni assai difficili, di incomprensione tra i superiori e di diffidenza tra i fedeli. Questo volume, con prefazione di Lorenzo Bedeschi - altro sacerdote, noto storico dei movimenti cattolici italiani nel XX secolo - tratta della vicenda umana e sacerdotale di un prete che gli fu amico, compagno di studi, confidente e che, appunto, fu tra coloro che ebbero non poche difficoltà nel vivere con chiarezza e lealtà la loro vocazione: Annibale Carletti (1888-1972) cremonese, cappellano militare e addirittura medaglia d’oro nella prima guerra mondiale. L’autore Raffaele Carletti (porta lo stesso cognome, è anch’egli sacerdote ed è dello stesso paese di don Annibale) ha raccolto non soltanto il carteggio CarlettiMazzolari (1908-1920), ma anche molti articoli e annotazioni oltre a uno scambio di lettere dolorose e dure tra don Annibale e il suo vescovo, Giovanni Cazzani. Alla fine il prete “modernista” e Gianfranco Bettetini Un tram senza rotaie. Fiaba per adulti in venti tempi di Emilio Pozzi Una curiosa sorpresa. Confidenzialmente l’autore lo definisce uno “scherzo”, nelle dediche agli amici, mentre, nella pagina introduttiva suggerisce altre definizioni: romanzo breve, o novella, o racconto lungo o fiaba per adulti. Decida, alla fine, ciascun lettore... Una vita divisa fra insegnamento universitario e mondo televisivo (a sua volta dicotomizzato quest’ultimo fra ruoli dirigenziali e attività registiche) quella di Gianfranco Bettetini, saggista della semiologia, teorico e storico della radiotelevisione (annoto queste sintetiche informazioni sull’autore che mancano completamente e volutamente, credo, nei risvolti di copertina) si è concesso poco alla narrativa. Ricordo soltanto un romanzo. Ora ORDINE 3 2001 questo librino, “tentativo di trasformare in costruzione narrativa un’immagine onirica”, e, magari, anche se non esplicitata, un’ipotesi di sceneggiatura per una fiction. La lingua batte… Luogo della vicenda, Milano, una casa nella zona di San Siro, ma è inutile andare a cercarla perché, avverte l’autore, quella palazzina non c’è più - o forse non è mai esistita. Due sono i protagonisti: Luigi Bacellati - da vivo e da morto - e un tram, una verde carrozza della linea 4, considerata moderna negli anni attorno al 1950 che il buon Luigi era riuscito ad ottenere, dopo anni di onorato servizio come manovratore, al posto della liquidazione. Davvero una storia (o un sogno) strana. Perché Luigi, raggiunto l’obiettivo, non si accontenta di esporre il suo tesoro che so, nel giardino davanti a casa (a Milano molti ricordano un assessore, fanatico dei treni che acquistò una locomotiva e la sistemò in un viale della propria villa nel Varesotto). Nossignori. Luigi Bacellati che di quattrini se ne è fatti, e non certamente con lo stipendio dell’ATM, compera un terreno e ci costruisce una palazzina di tre piani ponendo il tram al centro della costruzione. Tutto ruota intorno a questo ingombrante ospite. Anche i pensieri e i problemi di tutta la famiglia. Conviene a questo punto fare un passo indietro e conoscere meglio il bizzarro personaggio. Classe 1999, il giovane Luigi, esentato dagli obblighi militari (non potrà fregiarsi del titolo di “ragazzo del ’99”) per via di un difetto fisico, una lieve zoppia, s’innamora dei tram e della rete tranviaria. Pur avendo un discreto impiego, vi rinuncia perché il suo sogno è quello di diventare manovratore. Vince il concorso e la sua vi- Nella foto grande una messa al campo durante la Grande guerra. Don Annibale Carletti sacerdote novello in una fotografia del 1912 e, a destra, cappellano al fronte. coraggioso venne, come si dice con un’orribile espressione, “ridotto allo stato laicale”. Annibale Carletti, diventato il dottor Carletti, si sposò, ebbe due figli, educati nella religione cattolica e continuò comunque a sentirsi “nella Chiesa”, come aveva fatto Ernesto Buonaiuti, considerato l’iniziatore italiano della corrente di pensiero che voleva svecchiare le strutture e l’insegnamento cattolico. Si batté anche politicamente, e fu condannato a morte dai fascisti; durante la seconda guerra mondiale nella sua casa trovarono rifugio ebrei e soldati prigionieri sfuggiti ai nazisti. Il volume è stato curato con passione e va letto, a mio avviso, non soltanto per la storia romanzesca di Annibale Carletti, che fu non solo cappellano di fanteria, ma anche degli arditi, si prodigò per la miserrima società della Bassa Cremonese, (nella quale il famoso vescovo Geremia Bonomelli anche lui considerato poco meno che eretico dalle autorità vaticane - dice che “v’era una camorra terribile di ladri, aggressori, assassini”, in lega tra i vari paesi, “si negava ogni verità, si usava alla Chiesa e ai sacramenti per ingannare l’autorità...”) va letto, dicevo, per penetrare la storia di una società, oggi opulenta, ma nient’affatto dissimile da quella di altre regioni della Penisola, dove né le autorità civili né quelle religiose hanno ancora trovato gli strumenti per un reale progresso e per una concreta elevazione morale della persona umana. ta potrebbe dirsi realizzata, su binari tranquilli. Come manovratore nulla da dire. Come individuo è invece moralmente sempre sul punto di deragliare: in politica e negli affari, anche non leciti, ai quali si dedica con molta fortuna. Non è certamente da prendere ad esempio di quella generazione che ha attraversato, fortunosamente, buona parte del ventesimo secolo. Per Luigi Bacellati l’orizzonte si limitava alla conquista di un tram. E, manovrando la “manetta”, attento al traffico, alle curve e alle fermate, non ha avuto modo di riflettere sull’umanità che saliva sulla “carrozza di tutti” tanto bene descritta dal De Amicis. Un libro che nella sua presuntuosa e specialistica bibliote- ca diligentemente descritta da Bettetini, puntiglioso anche nel ricordare titoli di film e canzoni ispirate al tram, forse mancava. L’interpretazione dei sogni, lasciamola a Freud - che ha scritto persino “Nel bene e nel male, i sogni sono sempre più grandiosi di chi li sogna” - e a tutti coloro che si sono letterariamente immersi nel problema (“l’interpretazione di un sogno è già un sogno” ha scritto in Il teatro del sogno Salomon Resnik) come Guido Almansi e Claude Beguin, autori di una approfondita ricerca su più di cento autori della letteratura mondiale che ha dato luogo ad una ricca antologia intitolata Teatro del sonno. Quella delle metafore, invece, a chiunque voglia dilet- tarsi a leggere la storia di questo tram senza rotaie Agile nella scrittura, privo di ricercatezze letterarie, e tanto lontano dallo stile dotto dei testi bettetiniani di semiotica il piccolo libro scorre con facilità e resta più impresso nella memoria, del sogno che ha ispirato la trascrizione del ricordo onirico. Rimane in sospeso il problema, posto dall’autore, della definizione da dare al testo. Che ne dite? Romanzo breve, racconto lungo, novella? E perché no, ricorrendo alla terminologia musicale, “scherzo”? Gianfranco Bettetini, Un tram senza rotaie, pagine 96, lire 18.000, Interlinea edizioni, Novara 2000 Raffaele Carletti, Lettere di una grande amicizia. Il cappellano militare Annibale Carletti a don Primo Mazzolari. La sua vicenda umana e sacerdotale. Pref. di Lorenzo Bedeschi, Editrice Confronti, Rivolta d’Adda, pagine 188 L’ECO DELLA STAMPA ECO STAMPA MEDIA MONITOR S.R.L. Via Compagnoni 28, 20129 Milano Tel. 02 74 81 131 Fax. 02 76 11 03 46 21 (29) Varato il regolamento della legge 150/2000 Roma, 7 febbraio 2001. Via libera del Consiglio dei ministri al regolamento di attuazione della legge 150/2000 sulla comunicazione nella Pubblica amministrazione. Il testo è stato approvato oggi su proposta del presidente del Consiglio, Giuliano Amato, e del ministro della Funzione Pubblica, Franco Bassanini. Il regolamento è stato emanato in attuazione dell’articolo 5 della legge 150/2000 e fissa i “requisiti di accesso specifici per il personale impiegato presso uffici stampa e uffici per le relazioni con il pubblico (Urp), in coerenza con quanto indicato dalla legge, la quale, tra l’ altro, prevede espressamente l’iscrizione negli elenchi dei professionisti e dei pubblicisti dell’ albo nazionale dei giornalisti”. Il provvedimento, ricorda una nota della Funzione Pubblica, stabilisce, inoltre, le modalità per consentire “la permanenza in servizio negli uffici stampa del personale che già faceva parte della struttura prima dell’entrata in vigore della legge 150, prevedendo in particolare appositi programmi formativi, necessari per garantire la permanenza del personale nelle attività di informazione”. Questi programmi potranno essere organizzati dalle singole amministrazioni, con la collaborazione della Scuola superiore della pubblica amministrazione, del Formez e degli istituti e scuole di formazione esistenti presso le singole amministrazioni e delle università specializzate. Le attività di formazione dovranno essere completate entro 18 mesi dall’ entrata in vigore del regolamento. I corsi per i responsabili di uffici stampa e Urp avranno durata minima di 90 ore per chi ha più di due anni di servizio nel settore, di 120 ore per gli altri. Tra le attività formative, laboratori per la sperimentazione di tecnologie e processi innovativi in tema di comunicazione, incontri con testimonianze di eccellenza relative agli uffici per le relazioni con i pubblico e gli uffici stampa e, più in generale, alla comunicazione pubblica e di pubblica utilità. L’articolo 51 della legge n. 388/2000 (legge finanziaria 2001) esclude le aree di contrattazione speciale, quale dovrebbe essere quella relativa ai giornalisti negli uffici stampa della Pubblica amministrazione. Possono partecipare alle tratttive i sindacati che abbiano una rappresentanza pari al 5% degli addetti a un comparto (articolo 47-bis del Dlgs n. 29/1993). La Fnsi ha chiesto all’Aran di avviare le trattative. Come si comporterà l’Aran? L’Aran rappresenta il Governo come datore di lavoro. Questo il testo del regolamento, che, prima di diventare Dpr, dovrà superare l’esame del Consiglio di Stato: Via libera ai giornalisti negli uff Ma c’è un’ombra sulla contratt Regolamento recante norme per la determinazione dei titoli per l’accesso alle attività di informazione e di comunicazione e per la individuazione e la disciplina degli interventi formativi, ai sensi dell’articolo 5 della legge 7 giugno 2000, n. 150, recante la disciplina delle attività di informazione e comunicazione delle pubbliche amministrazioni. IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA Visto l’articolo 87, quinto comma, della Costituzione; Visto l’articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400; Visto il decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni e integrazioni; Vista la legge 7 giugno 2000, n. 150, e in particolare l’articolo 5; Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei ministri, adottata nella seduta del; Acquisita l’intesa dalla Conferenza unificata Stato, regioni, città e autonomie locali; Udito il parere del Consiglio di Stato, espresso nell’adunanza generale del; Vista la deliberazione del Consiglio dei ministri, adottata nella seduta del; Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei ministri di concerto con il Ministro della Funzione Pubblica; EMANA il seguente regolamento Art. 1 - Ambito di applicazione 1. Il presente regolamento individua i titoli per l’accesso del personale da utilizzare per le attività di informazione e di comunicazione, disciplina i modelli formativi finalizzati alla qualificazione professionale del personale che già svolge le attività di informazione e di comunicazione nelle Pubbliche amministrazioni, e stabilisce i requisiti minimi dei soggetti privati abilitati allo svolgimento di attività formative in materia di informazione e comunicazione delle Pubbliche amministrazioni. 2. Le disposizioni del presente regolamento si applicano alle amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, ad eccezione delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome di Trento e Bolzano. Art. 2 - Requisiti per lo svolgimento delle attività di comunicazione 1. L’esercizio delle attività di comunicazione nell’ambito degli uffici per le relazioni con il pubblico o delle analoghe strutture di cui all’articolo 6 della legge 7 giugno 2000, n.150, fatte salve le norme vigenti nei diversi ordinamenti che disciplinano l’accesso alle qualifiche, è subordinato al possesso: per il personale appartenente a qualifica dirigenziale, del diploma di laurea in scienze della comunicazione, del diploma di laurea in relazioni pubbliche e materie assimilate, ovvero, per I laureati in discipline diverse, del titolo di specializzazione o di perfezionamento post 22 (30) laurea o di altri titoli post universitari rilasciati in scienze della comunicazione o relazioni pubbliche e materie assimilate da università ed istituti universitari pubblici e privati, ovvero di mister in comunicazione conseguito presso la Scuola superiore della pubblica amministrazione; per il personale appartenente a qualifiche comprese nell’area di inquadramento C del contratto collettivo nazionale di lavoro per il comparto Ministeri o in area equivalente dei contratti collettivi nazionali di lavoro per i comparti di contrattazione riguardanti le altre amministrazioni pubbliche cui si applica il presente regolamento, del diploma di laurea in scienze della comunicazione, del diploma di laurea in relazioni pubbliche e materie assimilate, ovvero, per i laureati in discipline diverse, del titolo di specializzazione o di perfezionamento post laurea o di altri titoli postuniversitari in comunicazione, relazioni pubbliche o materie assimilate rilasciati da università ed istituti universitari italiani e stranieri ovvero dalla Scuola superiore della pubblica amministrazione. 2. Ai fini dell’individuazione dei titoli di studio per le categorie di personale di cui al comma 1, lettere a) e b), è comunque fatta salva l’applicazione, secondo criteri di equivalenza, delle disposizioni di cui al regolamento in materia di autonomia didattica degli Atenei, adottato, ai sensi dell’articolo 17, comma 95, della legge 15 maggio 1997, n. 127, con decreto del Ministro per l’università e la ricerca scientifica 3 novembre 1999, n. 509. 3. Nessun requisito specifico è richiesto per il personale diverso da quello di cui al comma 1 e comunque appartenente all’area di inquadramento contrattuale B del contratto collettivo nazionale di lavoro per il comparto Ministeri o ad area equivalente dei contratti collettivi nazionali di lavoro per i comparti di contrattazione riguardanti le altre amministrazioni pubbliche cui si applica il presente regolamento. 4. Per l’assegnazione all’ufficio per le relazioni con il pubblico o strutture analoghe, le amministrazioni prevedono, relativamente al personale di cui al comma 2, la frequenza di corsi di formazione teorico pratici, organizzati, in relazione allo specifico profilo professionale da ricoprire, sulla base dei modelli formativi di cui al successivo articolo 7. 5. Agli uffici per le relazioni con il pubblico non può essere adibito personale appartenente ad aree di inquadramento inferiore alla B. 6. Ciascuna amministrazione provvede, nell’esercizio della propria potestà regolamentare, ad adottare atti di organizzazione degli uffici per le relazioni con il pubblico in coerenza con le disposizioni di cui ai precedenti commi. Art. 3 - Requisiti per lo svolgimento delle attività di informazione 1. L’esercizio delle attività di informazione nell’ambito degli uffici stampa di cui all’articolo 9 della legge 7 giugno 2000, n.150, è subordinato, oltre al possesso dei titoli culturali previsti dai vigenti ordinamenti e disposizioni contrattuali in materia di accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni, il possesso del requisito della iscrizione negli elenchi dei professionisti e dei pubblicisti dell’albo nazionale dei giornalisti di cui all’articolo 26 della legge 3 febbraio 1963, n. 69, per il personale che svolge funzioni di capo ufficio stampa. 2. Il requisito dell’iscrizione all’albo nazionale dei giornalisti è altresì richiesto per il personale che, se l’organizzazione degli uffici lo prevede, coadiuva il capo ufficio stampa nell’esercizio delle funzioni istituzionali, anche nell’intrattenere rapporti diretti con la stampa e, in generale, con i media. 3. Nessun requisito professionale specifico è richiesto per il personale addetto all’ufficio con mansioni non rientranti nelle previsioni di cui ai precedenti commi 1 e 2. 4. Le amministrazioni che hanno istituito un ufficio stampa provvedono, nell’ambito della potestà organizzativa prevista dal proprio ordinamento, ad adottare gli atti di organiz- zazione dell’ufficio in conformità alle disposizioni di cui ai precedenti commi. Art. 4 - Cittadini degli Stati membri dell’Unione europea 1. In caso di affidamento a cittadini degli Stati membri dell’Unione europea delle funzioni di comunicazione di cui all’articolo 2 e di informazione di cui all’articolo 3, si applicano le disposizioni di cui all’articolo 37, commi 2 e 3, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni ed integrazioni. Art. 5 - Soggetti estranei alla amministrazione 1. Il conferimento dell’incarico di responsabile dell’ufficio per le relazioni con il pubblico e di strutture assimilate e di capo ufficio stampa a soggetti estranei alla pubblica amministrazione è subordinato al possesso dei requisiti di cui ai precedenti articoli 2 e 3. Art. 6 - Norma di prima applicazione 1. In fase di prima applicazione del presente regolamento, le amministrazioni possono confermare l’attribuzione delle funzioni di comunicazione di cui all’articolo 2 e di informazione di cui ai commi 1 e 2 dell’articolo 3 al personale dei ruoli organici che già svolgono tali funzioni. La conferma può essere effettuata anche se il predetto personale è sfornito dei titoli specifici previsti per l’accesso, e, relativamente all’esercizio delle funzioni di informazione, in mancanza del requisito professionale della iscrizione all’albo nazionale dei giornalisti. 2. Le amministrazioni, per la conferma dell’attribuzione delle funzioni già svolte dal personale in servizio, prevedono, sulla base dei modelli individuati dal successivo articolo 7, l’adozione di programmi formativi nei limiti delle proprie disponibilità di bilancio, avvalendosi, secondo le norme vigenti, della collaborazione della Scuola Superiore della pubblica amministrazione, del Formez, degli istituti e delle scuole di formazione esistenti presso le amministrazioni stesse, delle università ed istituti universitari e di altri soggetti pubblici e di società private specializzate nel settore. I programmi annuali della Scuola superiore della pubblica amministrazione e del Formez sono conseguentemente adeguati per far fronte prioritariamente alle esigenze formative previste dal presente regolamento. 3. Le attività formative del personale in servizio sono portate a compimento dalle amministrazioni entro diciotto mesi dall’entrata in vigore del presente regolamento. 4. È esonerato dalla partecipazione al programma di formazione di cui al comma 2 il personale in servizio, già in possesso dei requisiti di cui agli articoli 2 e 3 o che ha frequentato master in comunicazione pubblica di durata non inferiore a quelle previste dal comma 1, lett. a), del successivo articolo 7, organizzati dalla Scuola superiore della pubblica amministrazione, da università ed istituti universitari o da strutture private dotate dei requisiti di cui all’articolo 8. 5. Il personale confermato nell’esercizio delle funzioni di comunicazione ed informazione è assegnato ad altre funzioni se non svolge, nel termine di cui al precedente comma 4, il programma formativo previsto in relazione alla tipologia e al livello della funzione svolta presso l’amministrazione di appartenenza. Art. 7 - Interventi formativi 1. Le strutture pubbliche e private chiamate a svolgere ai sensi dell’art.4, comma 2 della legge 150/2000, l’attività di formazione ed aggiomamento per il personale già in serviORDINE 3 2 2001 L’Ordine del Lazio “avverte” Ezio Mauro Roma, 20 febbraio. Il Consiglio dell’Ordine dei giornalisti di Lazio e Molise ha inflitto la sanzione dell’avvertimento al direttore del quotidiano La Repubblica, Ezio Mauro. L’avvertimento, che è la sanzione più lieve, sarebbe stata inflitta per una “mancata verifica” da parte del direttore. Il direttore infatti è responsabile del contenuto di tutti gli articoli comparsi sulla sua testata. (ANSA) ffici stampa della P.a. tazione: Fnsi esclusa? zio presso gli uffici che si occupano di comunicazione ed informazione, definiscono i programmi formativi secondo quanto previsto nell’allegato A che costituisce parte integrante del presente regolamento. Art. 8 - Strutture private abilitate alle attività di formazione 1. Per le attività di formazione di cui al precedente articolo 6 le amministrazioni possono avvalersi, oltre che delle strutture pubbliche della formazione individuate all’art. 4 della legge 7 giugno 2000, n. 150, anche di strutture private con specifica esperienza e specializzazione nel settore. 2. Le strutture private di cui al comma 1, sono ammesse alla selezione per lo svolgimento delle attività di formazione di cui al precedente articolo 6 previa verifica della sussistenza dei requisiti minimi individuati nell’allegato B) che costituisce parte integrante del presente regolamento. Allegato A - (articolo 7, comma 1) CRITERI, MODALITÀ E CONTENUTI DEGLI INTERVENTI FORMATIVI A) Durata dei corsi e degli altri interventi di comunicazione e aggiornamento. Per i responsabili degli uffici per le relazioni con il pubblico e strutture assimilate e per i capi uffici stampa gli interventi formativi devono avere una durata minima di novanta ore per il personale che alla data di entrata in vigore del presente regolamento svolga l’attività di comunicazione od informazione da almeno due anni e di centoventi ore ove il periodo sia inferiore. Per il restante personale degli uffici sopra indicati i corsi devono avere una durata minima di sessanta ore se con anzianità nella funzione di almeno due anni all’entrata in vigore del regolamento e di novanta ore ove il periodo sia inferiore. B) Modalità. L’organizzazione e la sequenza dei contenuti devono essere progettate secondo una articolazione modulare nella quale ogni modulo sia caratterizzato da una autoconsistenza tematica e finalizzata a raggiungere obiettivi didattici propri (conoscenze generali e specialistiche, capacità, atteggiamenti e stili professionali). Tenuto conto delle caratteristiche professionali e di esperienza dei partecipanti alle attività formative, deve essere metodologicamente privilegiato un modello didattico principalmente fondato su: • lezioni sui fondamentali modelli scientifici che sottendono le pratiche comunicative; • laboratori per la sperimentazione di tecnologie e processi innovativi in tema di comunicazione; • incontri spot con testimonianze di eccellenza relativi agli uffici per le relazioni con il pubblico e gli uffici stampa e, più in generale alla comunicazione pubblica e di pubblica utilità. I corsi per il personale degli uffici per le relazioni con il pubblico e le altre strutture analoghe e degli uffici stampa dovranno avere una parte comune non superiore al trenta per cento del monte orario complessivo sui fondamenti normativi e tematici di comune interesse. Le Amministrazioni potranno avvalersi dei pacchetti in autoistruzione predisposti e messi a disposizione dalla Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione in collaborazione con il Formez. La fruizione dei contenuti in autoistruzione è considerata utile ai fini del raggiungimento del numero di ore di formazione previsto nelle diverse ipotesi. I corsi dovranno, inoltre, prevedere approfondimenti differenziati sia in relazione alla specificità delle funzioni di comunicazione ed informazione che in relazione al livello di responsabilità dei destinatari. C) Supporti multimediali e formazione a distanza. Le attività formative sono svolte con supporti multimediali. Parte dei contenuti individuati alla successiva lettera E) e per un numero di ore non superiore al cinquanta per cento del monte ore complessivo dei singoli programmi formativi, può essere erogata mediante formazione a distanza (F.A.D.). ORDINE 3 2 2001 I relativi moduli dovranno essere progettati secondo criteri di coerenza con i moduli di erogazione d’aula e dovranno prevedere test di verifica, valutazione e controllo del percorso di apprendimento del discente. D) Organizzazione. I partecipanti ai corsi non devono superare, di norma, il numero di venticinque per assicurare il massimo possibile di interazione. Tutti gli interventi formativi per il personale che già svolge attività di informazione e comunicazione dovranno assicurare, attraverso lezioni, esercitazioni pratiche, case studies, simulazioni anche operative, confronto con testimoni, un’adeguata trattazione delle discipline specifiche della comunicazione e dell’informazione con particolare riferimento all’attività delle istituzioni pubbliche La partecipazione ai corsi è obbligatoria. La frequenza non può essere inferiore all’ottanta per cento del totale delle ore complessive previste al punto A). La frequenza deve essere attestata dalle strutture di formazione. E) Contenuti. Nell’ambito dei corsi devono essere trattati, di norma, i seguenti temi: • tendenza ed evoluzione generale; • analisi dei processi di trasformazione dei sistemi amministrativi; • il quadro normativo riguardante l’informazione, la comunicazione pubblica, la stampa, la privacy; • le tecniche e strumenti della comunicazione e dell’informazione, l’utilizzo delle nuove tecnologie e qualità della comunicazione pubblica su Intemet; • la predisposizione dei piani annuali di comunicazione e delle campagne di informazione; • il marketing nel sistema pubblico; • la comunicazione interna e la comunicazione organizzativa; • logiche organizzative e strategie comunicative; • le tecniche di relazioni pubbliche; • la comunicazione interpersonale; • i new media; • tecniche di elaborazione dei messaggi e prodotti di comunicazione; • tecniche di valutazione dei progetti e prodotti comunicativi. Allegato B - (articolo 8, comma 2) REQUISITI PER LA SELEZIONE DELLE STRUTTURE PRIVATE ABILITATE ALLE ATTIVITÀ DI FORMAZIONE A) Adozione, nella pianificazione esecutiva della formazione che si intende erogare, dei modelli formativi di cui all’allegato A) previsto dall’art. 7 del regolamento; B) esperienza quinquennale accumulata nel campo della formazione in generale, di cui per almeno un biennio nel campo della formazione del personale di pubbliche amministrazioni; C) documentata competenza nello specifico settore della comunicazione e delle pubbliche relazioni; D) livello professionale dei formatori che devono essere di accertata competenza ed esperienza (docenza universitaria in discipline relative alla comunicazione e pubbliche relazioni e docenza universitaria relativa alle discipline amministrative, iscrizioni ad albi ed associazioni professionali relativi alla comunicazione, all’informazione e relazioni pubbliche da almeno tre anni, funzioni dirigenziali in strutture pubbliche e private in settori relativi alla progettazione organizzativa ed alla gestione dei sistemi informativi, altre analoghe e qualificate figure professionali); E) valutazione continua delle attività formative, sia attraverso strumenti di autovalutazione, sia attraverso strumenti di valutazione di impatto dell’intervento formativo dopo il ritorno dei partecipanti nelle rispettive amministrazioni; F) capacità logistiche e stabilità economica e finanziaria; G) ricorso alle tecnologie della comunicazione e dell’informazione e disponibilità di sale multimediali attrezzate. Ciancio: solo i bilanci in nero difendono la libertà di stampa Roma, 21 febbraio 2001. Qualità dell’informazione e rispetto della verità, ma anche le norme sulla diffamazione a mezzo stampa, la deontologia professionale, l’annoso problema delle citazioni miliardarie. Sono questi gli argomenti del Forum sulla qualità dell’informazione, organizzato oggi a Roma dall’Ordine nazionale dei giornalisti. Ai lavori, introdotti dal presidente dell’Ordine, Mario Petrina, hanno partecipato tra gli altri il ministro di Grazia e Giustizia Piero Fassino, il Garante per la privacy, Stefano Rodotà, il presidente della Fieg, Mario Ciancio Sanfilippo, esponenti del mondo politico come Franco Frattini e del mondo giornalistico come i direttori Paolo Graldi, Paolo Gambescia e Pierluigi Magnaschi. “Intendiamo riflettere e ragionare - ha detto Petrina - per dare un contributo al raggiungimento della qualità dell’informazione e quindi alla democrazia nel nostro Paese”. Per Ciancio, “la libertà di stampa si difende con i bilanci sani, perché le aziende sane non subiscono pressioni”. Il presidente della Fieg ha stigmatizzato le “cifre incredibili” spese dagli editori per difendere i giornalisti nelle cause per diffamazione e ha auspicato che lo “sgonfiamento” della televisione indicato da una ricerca commissionata dall’Ordine avvenga veramente: “Finora c’è stato un meccanismo a senso unico, perché la pubblicità televisiva non si è sgonfiata, ma anzi la ripartizione delle risorse pubblicatarie continua a vedere il 60% alla Tv e il 35%-36% alla stampa. In tutti i Paesi europei avviene esattamente il contrario”. Dei rapporti tra privacy e giornalismo ha parlato invece Rodotà: “Negli Usa almeno da un anno si è capito che la privacy è un bene aggiuntivo, venduto al consumatore della rete. Questa mentalità sta arrivando anche da noi”. Per quanto riguarda i rapporti col mondo del giornalismo, Rodotà ha detto che è stato bilanciato “l’interesse all’informazione con il principio di dignità: ma noi non crediamo che la società si cambi per decreto. Siamo in una materia che tocca tutte le sfaccettature della società italiana”. Il garante ha sottolineato “la larga e progressiva adesione spontanea dei giornalisti a quanto prevede la legge”, segnalando che l’attività dell’Autorità ha incontrato minori resistenze rispetto a quelle riscontrate da organismi analoghi: “Su 295 ricorsi, ne sono stati impugnati solo sei, mentre su migliaia di pronunciamenti nessuno è stato impugnato”, ha ricordato Rodotà. Il ministro Fassino ha ricordato la collaborazione “molto intensa” con l’Ordine, la Fnsi e la Fieg, su un tema cruciale come quello della definizione di un quadro normativo più adeguato per il settore, che possa “garantire i diritti all’informazione per i cittadini, il diritto di cronaca per i giornalisti, l’onorabilità del singolo cittadino. Dovremo darci una legislazione che garantisca tutti e tre questi diritti e ogni disegno di legge andrà valutato nella sua congruità a tutelare questi tre principi”. Sui rapporti tra informazione e politica, il direttore del Messaggero Paolo Graldi ha sottolineato come i giornalisti siano sempre più chiamati ad autenticare quello che l’uomo politico dice, spesso senza avere la possibilità di replicare alle risposte date. A questo proposito, il direttore dell’Ansa Pierluigi Magnaschi, tornando sulle polemiche che hanno interessato “Porta a Porta”, ha sottolineato l’utilità della trasmissione per spingere i politici a rispettare i tempi previsti per i propri interventi televisivi e quindi contribuire ad una più efficace comunicazione, ha anche proposto di utilizzare una sorta di congegno che possa interrompere automaticamente l’audio. In tema di libertà di stampa, il direttore del Mattino Paolo Gambescia, ha detto che i giornalisti devono “fare un’autocritica per il loro comportamento. Non vedo pericoli per la libertà di stampa, anche se ci possono essere condizionamenti o il rischio dell’omologazione, ma è necessario che tutta la categoria faccia una critica sul proprio modo di lavorare”. Franco Frattini ha proposto ai giornalisti di domandarsi cosa si aspetta il cittadino dalla politica: “Questa è la domanda che si devono porre i mezzi di informazione. Non c’è più lo schermo delle ideologie e quello che si deve far emergere oggi è la qualità complessiva del singolo politico e permettergli di dire quello che pensa veramente”. Comunque, dalla ricerca presentata da Mario Morcellini, emerge che “negli ultimi anni ‘90 l’Italia si è avvicinata agli standard europei, sia per quanto riguarda la televisione sia per la multimedialità e l’avvento delle nuove tecnologie. Importanza particolare metterei - ha aggiunto Morcellini - al mondo della scuola: all’espansione dell’istruzione corrisponde l’aumento dell’interesse per il giornalismo e l’informazione. Questo avviene per il nostro Paese per la prima volta a partire dagli anni ‘90”. Tra i problemi segnalati da Morcellini “il persistere di aree di crisi e, a volte, la realizzazione di un cattivo ‘prodotto-informazione’”. (ANSA) 23 (31) DELIBERAZIONE DISCIPLINARE Emittenza locale: sono in arrivo 520 concessioni Roma, 26 febbraio. Saranno 520 le concessioni per l’emittenza che il ministero delle comunicazioni assegnerà entro marzo: 400 a carattere informativo e commerciale e 120 a carattere comunitario. Le domande fioccate sul tavolo della commissione valutatrice sono ammontate a 4.547: ad avanzarle 647 operatori. Niente paura però per quelle emittenti che non riceveranno la concessione: il decreto legge sul digitale che il Senato dovrebbe trasformare in legge a giorni prevede l’autorizzazione a trasmettere fino al 2006, fino all’avvento cioè del digitale. A chiudere i battenti, però, dopo l’assegnazione delle concessioni saranno il 10 per cento dellle attuali emittenti, circa una quarantina. “Si tratta di aziende che non hanno i requisiti minimi - precisa immediatamente il ministro per le comunicazioni, Salvatore Cardinale nel corso della conferenza stampa - di strutture cioè pressoché inesistenti, operatori senza personale, aziende senza fondi”. Le regioni più gettonate per nuove televisioni locali sono state la Lombardia, il Lazio il Veneto, la Sicilia e la Campania. Quel 10% di emittenti che usciran- no dal mercato, comunque “Tar permettendo”, come ironizza Cardinale, potranno vendere l’azienda, trasferendo al nuovo acquirente la concessine o l’autorizzazione e la frequenza. Delle 520 concessioni in arrivo, 400 riguarderanno emittenti a carattere informativo e commerciale e 120 a carattere comunitario. La differenza inoltre tra emittenti in graduatoria e quelle fuori graduatoria, ma autorizzate a trasmettere fino al 2006, risiede nel titolo preferenziale, concesso a quelle in graduatoria, di accedere al digitale. (AdnKronos) Se l’autore dell’articolo viene Il Consiglio dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia, nella sua seduta del 18 dicembre 2000; sentito il consigliere istruttore Sergio D’Asnasch (articolo 6 della legge 7 agosto 1990 n. 241); visti gli articoli 2 e 48 della legge 3.2.1963 n. 69 sull’ordinamento della professione giornalistica; lette la sentenza n. 11/1968 della Corte Costituzionale secondo la quale l’Ordine «....con i suoi poteri di ente pubblico vigila, nei confronti di tutti e nell’interesse della collettività, sulla rigorosa osservanza di quella dignità professionale che si traduce, anzitutto e soprattutto, nel non abdicare mai alla libertà di informazione e di critica e nel non cedere a sollecitazioni che possano comprometterla» e la sentenza n. 7543 del 9 luglio 1991 (Mass. 1991) della Cassazione civile secondo la quale «la fissazione di norme interne, individuatrici di comportamenti contrari al decoro professionale, ancorché non integranti abusi o mancanze, configura legittimo esercizio dei poteri affidati agli Ordini professionali, con la consequenziale irrogabilità, in caso di inosservanza, di sanzione disciplinare»; espletate le sommarie informazioni di cui all’articolo 56 della legge 3.2.1963 n. 69; tenuto conto della sentenza 14 dicembre 1995 n. 505 della Corte costituzionale; visti altresì gli atti del procedimento; Considerato quanto segue: 1. Esposto e fatti In data 26 luglio 1999 la Procura generale della Repubblica di Milano ha chiesto (ex articolo 48, II comma, della legge n. 69/1963) l’apertura di un procedimento disciplinare a carico di Roberto Biglia, direttore di Panorama. Il settimanale era stato obbligato dalla prima sezione civile del Tribunale di Milano a pubblicare i dispositivi di due sentenze contro Giuliano Ferrara e Andrea Marcenaro, condannati al risarcimento dei danni da diffamazione ai magistrati Ilda Boccassini e Gherardo Colombo. Il settimanale Panorama, pubblicando sul numero del 24 giugno 1999 gli estratti, aveva però aggiunto commenti degli stessi Ferrara e Marcenaro “condivisi” da Briglia, che la Procura generale considera scorretti in quanto ingenerano sospetti di una sentenza “domestica” per accontentare altri magistrati e inoltre non riportano le valutazioni effettuate dal Tribunale, non consentendo al lettore di rendersi conto delle ragioni per le quali i due articoli erano stati ritenuti diffamatori. Il comportamento di Ferrara e Marcenaro è stato rimesso alla valutazione dell’Ordine del LazioMolise. La Procura generale ha agito su istanza dell’avvocato Salvatore Morvillo, legale dei magistrati Boccassini e Colombo. 2. Sommarie informazioni, capo d’incolpazione e comunicazioni alle parti In data 28 luglio 1999, il presidente di questo Consiglio ha fatto notificare un avviso disciplinare al giornalista Roberto Briglia, allegando la richiesta della Procura generale, firmata dal sostituto Giacomo Caliendo. Eccone il testo: “Il Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Milano, in persona del sostituto procuratore generale Dott. Giacomo Caliendo, rilevato che, con istanza pervenuta il 20.7.99, l’avv. Salvatore Morvillo, nella qualità di difensore della Dott.ssa Ilda Boccassini e del Dott. Gherardo Colombo, sollecita il potere di “richiesta” di procedimento disciplinare, ex art. 48 II comma legge professionale, nei confronti “dei responsabili”, per i due articoli “A proposito di giornalisti, p.m. e giustizia” e “L’imputato paghi ma non si spieghi il perché” pubblicati su Panorama del 24.6.99, a commento dei dispositivi, pubblicati nella pagina successiva, delle sentenze n. 3223/99 e n. 3224/99 pronunciate dal Tribunale di Milano, nei procedimenti promossi dalla Dott.ssa Boccassini e dal Dott. Colombo nei confronti della Arnoldo Mondadori Editore S.p.A., del direttore di Panorama, Giuliano Ferrara, e del giornalista Andrea Marcenaro; - ritenuto che il commento “L’imputato paghi ma non si spieghi il perché” risulta in palese contrasto con l’obbligo del rispetto della verità sostanziale dei fatti e con i doveri imposti dalla lealtà e dalla buona fede, in quanto - oltre a presentare la decisione come pretesa degli attori di una “sentenza del collega della stessa città, dello stesso palazzo, dello stesso pianerottolo e perfino della porta accanto”, e l’ordine di pubblicazione del dispositivo a caratteri doppi del normale 24 (32) come frutto di eccessivo zelo “a favore dei potenti colleghi” pone, sotto forma di domanda, una serie di quesiti, cui le sentenze hanno dato risposta. Domandarsi, retoricamente, ad esempio, perché “la prima sezione civile del Tribunale di Milano non spiega ai lettori, e prima ancora ai condannati, in che cosa noi condannati avremmo sbagliato?”, altera il rapporto di fiducia tra lettori e stampa, dal momento che ai giornalisti, autori del commento, erano note le motivazioni del Tribunale, e ingenera nel lettore, cui tali motivazioni non sono offerte alla riflessione, l’idea di una decisione non motivata o che non consenta di comprendere in quali parti e per quali ragioni l’articolo e/o la critica risultano diffamatori, - ritenuto che, mentre nei confronti degli autori di tale commento, Giuliano Ferrara e Andrea Marcenaro, risultando gli stessi iscritti all’Ordine regionale dei giornalisti del Lazio, vanno trasmessi gli atti, per competenza, al Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Roma, non è esente da censura il comportamento del direttore del settimanale Panorama, Roberto Briglia, non solo per l’obbligo di controllo impostogli dalla legge, ma anche perché, per le responsabilità che gli competono, nella indicata qualità, deve ritenersi concorrente nell’illecito disciplinare, sia per aver consentito la pubblicazione del commento, così come articolato, a corredo della pubblicazione dei dispositivi delle sentenze, sia per il commento senza firma “A proposito di giornalisti, p.m. e giustizia” ma allo stesso attribuibile per l’esplicito riferimento, nel contesto, alla “direzione di Panorama”; - ritenuto, infatti, che, da un lato, l’incipit dell’articolo “A meno di due anni, bruciando i tempi che occorrono normalmente per definire una causa” contribuisce, ove letto unitamente a quanto riportato nel commento a firma di Ferrara e Marcenaro, ad ingenerare il sospetto di una giustizia “domestica”, dall’altro richiama passi dell’articolo pubblicato su Panorama del 26.6.97, in particolare quelli relativi a Tommaso Buscetta e al “caso Mele”, senza alcuna indicazione delle valutazioni effettuate dal Tribunale, non consentendo così al lettore di rendersi conto delle ragioni per le quali sono stati ritenuti diffamatori, pervenendo, peraltro, ad una nuova pubblicazione degli stessi, nonostante le decisioni del Tribunale; - ritenuto che, se è vero che nell’articolo si specifica che “La direzione di Panorama condivide quanto qui a lato sostengono Ferrara e Marcenaro: basterebbe in questi casi una precisazione...”, il comportamento complessivo, sopraindicato, consente di escludere, come si è detto, che per quanto concerne il commento di Ferrara e Marcenaro, la “condivisione” sia limitata al solo suggerimento. D’altro canto, pur essendo convinto che un diverso rapporto cittadino-stampa sarebbe auspicabile, con l’effettiva possibilità del cittadino di chiedere ed ottenere la rettifica di notizie inesatte, anziché ricorrere al giudice, comportamenti come quelli su indicati, peraltro successivi a decisioni del giudice, non favoriscono, certo, l’avvio di una seria riflessione e la ricerca di soluzioni adeguate. Tanto premesso, visto l’art. 48 II comma Legge 69/63 Chiede che il Consiglio Regionale della Lombardia dell’Ordine dei giornalisti voglia iniziare procedimento disciplinare nei confronti del giornalista professionista Roberto Briglia per i fatti sopra riportati”. Questa la richiesta al Pg dell’avvocato Salvatore Morvillo per conto dei magistrati Ilda Boccasini e Gherardo Colombo: “Ill.mo Signor Procuratore Generale, quale difensore della Dr.ssa Ilda Boccassini e del Dr. Gherardo Colombo mi pregio sottoporre alla Sua attenzione i fatti seguenti: Il settimanale Panorama, nel suo numero del 26.6.97, pubblicò a firma Andrea Marcenaro un articolo che recava il titolo: “Forza Ilda, con gli strafalcioni”; il sovratitolo: “PROTAGONISMI - LO SCHIAFFO DEL CSM ALLA BOCCASSINI” ed il sottotitolo: “L’elogio di Buscetta, le cimici, la difesa di Stefania Ariosto: Poi il primo stop di Mele alla procura generale di Roma. Ma ora...”. Nell’articolo, l’autore attribuiva alla Dr.ssa Boccassini una sequenza di “strafalcioni” ai quali sarebbe seguito “lo schiaffo del CSM”. Questo l’elenco dei pretesi strafalcioni: - la Dr.ssa Boccassini avrebbe errato nel collegare alle scelte del pentito Buscetta i relativi lutti familiari; - la Dr.ssa Boccassini e il Dr. Colombo avrebbero, in una audizione del settembre 96, raccontato al CSM “balle vere e 1 proprie” sul Dr. Vittorio Mele; - la Dr.ssa Boccassini avrebbe eletto a sua “pupilla fissa” la Signora Stefania Ariosto e ciò a dispetto di testimonianze della stessa, meritevoli di denuncia per calunnia essendo risultate false; - la Dr.ssa Boccassini, per la “famosa intercettazione romana al... Mandara” si sarebbe trovata a “rispondere davanti al C.S.M.” ed uno dei membri di detto Consiglio avrebbe giudicato il suo operato alla stregua di “scorrettezza oggettiva” per assenza di imparzialità. L’autore del pezzo non mancava di postillare i vari episodi con chiose volte ad appesantire gli addebiti fino ad ipotizzare che “sulla Boccassini... in continuazione sempre uguale dovrebbe riproporsi l’interrogativo se le sue “scorrettezze” siano da ascrivere a “strafalcioni” o “alla malizia”. Con la clausola finale: “c’è da stupirsi se alla fine al CSM si siano arrabbiati?”. A seguito di tale articolo la Dr.ssa Boccassini e il Dr. Colombo, con autonome citazioni, convennero avanti il Tribunale di Milano la editrice della rivista, Arnoldo Mondadori Editore S.p.A., il direttore Giuliano Ferrara e il giornalista Andrea Marcenaro quali corresponsabili della lesione dell’onore, della reputazione, dell’identità personale e professionale e dell’immagine altrui. 2 Il Tribunale di Milano, con sentenze n. 3223/99 e N. 3224/99, condannò i convenuti in solido al risarcimento dei danni e dispose la pubblicazione dei dispositivi sul settimanale Panorama, per una volta e a caratteri doppi, nei trenta giorni dalla notificazione della sentenza. 3 4 I soccombenti, tenuti a dare leale esecuzione all’ordine di pubblicazione, hanno in realtà concertato tra loro e poi posto in essere la seguente strategia: a) essi non hanno pubblicato puramente e semplicemente (e cioè senza chiose e commenti) i dispositivi delle sentenze ma, al contrario, li hanno commentati con due testi che hanno collocato in modo che i lettori dovessero per prima leggere la “chiosa” e solo dopo passare alla lettura dei dispositivi; b) nella redazione dei due testi, recanti i titoli “A proposito di giornalisti, p.m. e giustizia” e “L’imputato paghi ma non si spieghi il perché”, essi hanno operato in modo da indurre i lettori a non dare alcun credito alle sentenze pubblicate nella pagina seguente, così da ridurre la pubblicazione dei dispositivi a una mera formalità e da impedire che la pubblicazione assolvesse al suo scopo, che era quello di ripristinare i valori violati. Si noti che, per indurre i lettori a negare ogni valore alle decisioni del Tribunale, gli interessati hanno operato su più piani e così: - hanno presentato le sentenze come pronunce “del collega della stessa città, dello stesso palazzo, dello stesso pianerottolo e perfino della porta accanto” e come decisioni emesse “a favore dei potenti colleghi” e “bruciando i tempi che occorrono normalmente per definire una causa”; - hanno fatto credere che i dispositivi fossero disancorati da motivazioni, lasciando nel silenzio le argomentazioni contenute nel corpo delle sentenze che non sono state riprodotte, neppure per stralci o in sintesi. Ma vanificare con un comportamento rinnegante l’effetto della pubblicazione del dispositivo della sentenza era ancora troppo poco; la pubblicazione è stata infatti sfruttata anche alla stregua di una occasione per “bissare” la diffamazione censurata dal Giudice e cioè per ribadire attraverso un nuovo scritto adespota quelle stesse calunnie che, contenute nell’articolo precedente, avevano provocato l’intervento del Giudice. La condotta fin qui riassunta deve qualificarsi, anche per il palese Contempt of Court, non conforme né al decoro e alla dignità professionale dei giornalisti né a quella verità sostanziale sulla quale si fonda il rapporto di fiducia tra lettori e stampa; appare dunque giusto che, su richiesta di cotesto Procuratore Generale a norma dell’art. 48 II comma della Legge 69/63, venga dato avvio a procedimenti disciplinari nei confronti dei responsabili. ORDINE 3 2001 Su ricorso dell’Ordine il Tar Lazio blocca il concorso Rai Roma, 1 marzo. Si blocca il concorso per l’assunzione di giornalisti in Rai. Il Tar del Lazio ha accolto infatti il ricorso del Consiglio dell’Ordine dei giornalisti, in cui si chiedeva che venisse annullato il bando della selezione. Secondo i giudici amministrativi, c’è un pregiudizio per “l’intera categoria”. “Questa decisione del Tar rende pieno merito a coloro i cui diritti dal bando venivano lesi - dice Mario Petrina, presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti commentando la decisione del Tar sul concorso in Rai -. Con ciò credo di aver tutelato al meglio anche gli interessi di tutti i giornalisti precari che operano in azienda. E’ questa la risposta più chiara a quanti, Fnsi e Usigrai, avevano firmato lo schema di concorso all’insegna di un ‘consociativismo’ miope. alle tante chiacchiere, spesso fuori misura, l’Ordine e il suo presidente rispondono con i fatti”. (AdnKronos) Professioni: verso il nuovo regolamento sull’accesso Roma, 2 marzo. Partirà a giorni il tavolo di lavoro tra i ministeri dell’Università e della Giustizia per la definizione del nuovo regolamento per l’accesso agli ordini professionali con i nuovi titoli di studio universitari. Lo ha annunciato il sottosegretario all’Università Luciano Guerzoni. Il nuovo regolamento, ha sottolineato Guerzoni in un comunicato, “è in dirittura d’arrivo e nei prossimi giorni sarà attivato il tavolo di lavoro tra ministero dell’Università e ministero della Giustizia per la definizione ultima del nuovo regolamento per l’accesso agli ordini professionali con i nuovi titoli universitari. Sarà prevista l’ammissione - ha aggiunto - ai nuovi esami di Stato e alle apposite sezioni di Ordini e di Albi dei giovani titolari dei diplomi universitari”. Secondo Guerzoni, si tratta di una “risposta efficace e attesa da migliaia e migliaia di giovani diplomati, che vedono finalmente riconosciuto il diritto a sbocchi professionali coerenti con i percorsi di formazione universitaria, sbocchi fino a oggi negati”. Con l’approvazione del nuovo regolamento, conclude Guerzoni, “studenti e famiglie conosceranno con certezza fin dall’avvio dei nuovi corsi di studio universitari il panorama delle attività libero-professionali cui si potrà accedere”. (ANSA) assolto il direttore è senza colpe In tal senso viene qui formulata rispettosa istanza”. Alla richiesta, l’avvocato Salvatore Morvillo ha allegato: copia articolo “Forza Ilda. . .” da Panorama del 26.6.97 - copia atto di citazione per la Dr.ssa Boccassini - copia atto di citazione per il Dr. Colombo - copia sentenza N. 3223/99 in causa Boccassini/Mondadori e altri - copia sentenza N. 3224/99 in causa Colombo/Mondadori e altri - copia articolo “A proposito di giornalisti... “ da Panorama del 24.6.99. In data 29 settembre 1999, Roberto Briglia ha trasmesso le sue controdeduzioni al Consiglio dell’Ordine. Questo il testo: “Con riferimento alla richiesta di chiarimenti dei 28 luglio 1999, ritengo opportuno precisare quanto segue: Nel suo esposto, il Procuratore Generale asserisce che avrei commesso un illecito disciplinare, alterando il rapporto di fiducia tra lettori e stampa per aver consentito la pubblicazione sia del commento dei colleghi Ferrara e Marcenaro, sia del commento “a proposito di giornalisti, p.m. e giustizia” attribuite alla “direzione di Panorama”. Prima di entrare nel merito, mi sia consentito di contestare fermamente sotto il profilo formale, la iniziativa della Procura Generale che, peraltro, inserendosi nell’iter giudiziario non ancora concluso di altro procedimento su impulso di parti private, sollecita il Consiglio ad occuparsi di fatti eventualmente di competenza della magistratura ordinaria. Se tale prassi trovasse l’avallo del Consiglio, il già aberrante (proprio recentemente denunziato) fenomeno del proliferare di iniziative giudiziarie in sede civile e/o penale (a volte entrambe per lo stesso fatto) avrebbe ulteriore impulso: per ogni articolo sarebbe, infatti, possibile adire il giudice penale, il giudice civile, il giudice “professionale” e, se del caso, anche il Garante della privacy. Sarebbe, dunque, opportuno che il Consiglio, ove non abbia in precedenza già affrontato il problema, ponesse uno “sbarramento” generale, deliberando che altra è la sede in cui le doglianze delle presunte persone offese devono essere valutate e che solo eccezionalmente un eventuale illecito penale può costituire anche illecito disciplinare. Venendo al caso che mi riguarda, ritengo di aver correttamente agito, nel rispetto dei miei doveri, ma esercitando l’inviolabile diritto di dar spazio e voce a chi legittimamente lo chieda e di esprimere un’opinione su fatti di pubblico interesse. Per quel che concerne l’intervento dei colleghi Ferrara e Marcenaro, che replicando ad una condanna ritenuta ingiusta e pubblicata contestualmente, hanno auspicato più rettifiche e meno cause, ho ritenuto fosse loro diritto esprimere il proprio punto di vista ed ho formulato il mio totale accordo sulla opportunità e la utilità delle precisazioni in luogo dei processi non a caso, nel commento si legge “La direzione di Panorama condivide quanto qui a lato sostengono Ferrara e Marcenaro: basterebbe in questi casi una precisazione...” È apodittica ed infondata, poiché smentita dal testo letterale del pezzo, dunque, l’opinione del PG. secondo il quale il mio comportamento complessivo (quale? aver sottolineato la rapidità con cui il giudizio si è concluso? non sono i magistrati che da anni segnalano la lentezza dei processi civili?) consentirebbe di escludere che la “condivisione” si sia limitata al solo suggerimento. Quanto all’asserito, omesso controllo che avrebbe consentito la commissione di un illecito (di quale natura?) ad opera dei colleghi Ferrara e Marcenaro, solo un provvedimento che accertasse la reale sussistenza di tale illecito legittimerebbe eventualmente l’apertura di un procedimento a mio carico. Quanto al contenuto del commento, il lettore è subito informato che, per i fatti elencati, i giornalisti sono stati condannati al risarcimento dei danni sicché ha chiaro il quadro generale, corredato, peraltro, dal dispositivo della sentenza. Non vi è alcun inganno, se è vero come è vero che, in modo leale, si evidenzia che il giudice civile ha ritenuto diffamatori quei fatti; anzi vi è stato forse un eccesso di zelo, là dove non si è ritenuto di dover precisare che per uno di quei fatti, la vicenda del bar Mandara e la “cimice fasulla”, i colleghi erano stati assolti (non a caso tale vicenda non viene citata nell’esposto della Procura generale). Ritengo, dunque, di non essere venuto meno ai doveri che la legge professionale pone a mio carico e credo che neppure esposti “a cascata” favoriscano l’avvio di una seria riflessione e di quella ricerca di soluzioni adeguate che anche il Procuratore Generale sembra auspicare. Per quanto di ragione, pur auspicando che il Consiglio deliberi la archiviazione dell’esposto, nomino fin da ora miei difensori gli Avvocati Corso Bovio e Caterina Malavenda”. ORDINE 3 2001 Il Consiglio ribadisce che “un direttore di testata è responsabile di tutto quel che viene pubblicato sul giornale... Il direttore, che ha un dovere di lealtà verso i lettori del suo giornale, deve sempre operare in modo tale da rafforzare il rapporto di fiducia tra stampa e pubblico” (Consiglio Lombardia, 18 gennaio 1998, parte Biselli). Il Consiglio ipotizza nel complesso del fatto addebitato dal Pg una possibile lesione di diversi principi deontologici da parte del direttore di Panorama che non solo ha omesso il dovuto controllo su quanto pubblicato ma ha anche ammesso su Panorama di condividere il commento di Giuliano Ferrara e Andrea Marcenaro. Potrebbero in particolare risultare violati alcuni cardini della deontologia professionale fissati negli articoli 2 e 48 della legge n. 69/1963: ■ la tutela della persona umana e il rispetto della verità sostanziale dei fatti principi da intendere come limiti alle libertà “insopprimibile” di informazione e di critica; ■ l’esercizio delle libertà di informazione e di critica ancorato ai doveri imposti dalla buona fede e dalla lealtà; ■ il dovere di promuovere la fiducia tra la stampa e i lettori; ■ il mantenimento del decoro e della dignità professionali; ■ il rispetto della propria reputazione; ■ il rispetto della dignità dell’Ordine professionale. In particolare il Consiglio ha tenuto presente questa massima giurisprudenziale: “Il diritto di critica giornalistica, che rientra tra i diritti pubblici soggettivi inerenti alla libertà di pensiero e di stampa, deve consistere in un dissenso motivato, espresso in termini corretti e misurati e non deve assumere toni gravemente lesivi dell’altrui dignità morale e professionale. Il limite all’esercizio di tale diritto deve intendersi superato quando l’agente trascenda in attacchi personali diretti a colpire, su un piano individuale, senza alcuna finalità di pubblico interesse, la figura morale del soggetto criticato, giacché in tal caso, l’esercizio del diritto, lungi dal rimanere nell’ambito di una critica misurata ed obiettiva, trascende nel campo dell’aggressione alla sfera morale altrui, penalmente protetta” (Cass. pen., sez. V, 11 marzo 1998; Parti in causa Iannuzzi; Riviste Giust. Pen., 1999, II, 183). Tutto ciò premesso il Consiglio ha deliberato, accogliendo integralmente la richiesta del Pg, l’apertura del procedimento disciplinare, con riferimento agli articoli 2 e 48 della legge n. 69/1963 a carico di Roberto Briglia, direttore responsabile di Panorama, con la contestazione del seguente addebito: “Aver ospitato (condividendone le argomentazioni) un commento a firma Giuliano Ferrara e Andrea Marcenaro su Panorama (numero del 24 giugno 1999) a corredo della pubblicazione dei dispositivi delle sentenze civili (n. 3223/99 e 3224/99 del Tribunale di Milano) di condanna (per diffamazione) dei suddetti giornalisti e aver scritto un proprio commento alle predette sentenze coordinato con quello di Ferrara e Marcenaro, tacendo le motivazioni delle sentenze citate e ingenerando il sospetto di una giustizia “domestica”. Così agendo Roberto Briglia in concorso con Giuliano Ferrara e Andrea Marcenaro - ha arrecato una ferita profonda all’immagine e all’identità dei magistrati Ilda Boccassini e Gherardo Colombo, con violazione dei principi deontologici fissati negli articoli 2 e 48 della legge n. 69/1963 (la tutela della persona umana e il rispetto della verità sostanziale dei fatti principi da intendere come limiti alle libertà “insopprimibile” di informazione e di critica; l’esercizio delle libertà di informazione e di critica ancorato ai doveri imposti dalla buona fede e dalla lealtà; il dovere di promuovere la fiducia tra la stampa e i lettori; il mantenimento del decoro e della dignità professionali; il rispetto della propria reputazione; il rispetto della dignità dell’Ordine professionale)”. Il Consiglio, che ha fatto notificare il provvedimento ai controinteressati, ha sottolineato in quella occasione quanto affermato dai supremi giudici (sentenza della Cass. sez. un. 25 ottobre 1979 n. 5573) per cui «il provvedimento con il quale il Consiglio dell’Ordine deliberi l’apertura del procedimento disciplinare non implica, neppure implicitamente, alcuna pronuncia sulla colpevolezza del professionista, ma costituisce mero atto preliminare della decisione». 3. Audizione dell’incolpato Roberto Briglia, assistito dagli avvocati Corso Bovio e Caterina Malavenda, è stato ascoltato dal Consiglio nella seduta del 18 dicembre 2000. Le difese del giornalista sono esposte nella memoria, che i legali hanno depositato nel corso della seduta del 18 dicembre. Questi il punto saliente della memoria: “La valutazione della condotta del direttore deve, perciò, essere valutata sotto due distinti profili, il primo concernente l’eventuale omesso controllo sull’articolo a firma di Ferrara e Marcenaro, rispetto al quale egli non potrà che essere prosciolto, poiché il controllo evidentemente è stato ben condotto, visto che i “controllati” sono stati assolti; il secondo, avuto riguardo all’editoriale proveniente dalla direzione, rispetto al quale occorre enucleare gli aspetti sui quali il direttore sottolinea di concordare con i due giornalisti. L’unico riferimento in tal senso si coglie nell’inciso “La direzione di Panorama condivide quanto qui a lato sostengono Ferrara e Marcenaro: basterebbe in questi casi una precisazione, un argomentare fermo e documentato del magistrato a confutare le opinioni (o le inesattezze) del giornale”. Poiché l’incolpato deve rispondere solo di ciò che ha scritto e non già di ciò che chi legge, con occhio miope e parziale, può desumere da quanto scritto, è evidente che nell’editoriale si concorda sulla tesi di fondo esposta dai giornalisti condannati, vale a dire la opportunità di una rettifica in luogo di un processo penale o civile. Poiché non vi è prova che Briglia abbia conosciuto le motivazione della sentenza e, perciò, che abbia concorso nella presunta, voluta omissione delle motivazioni delle stesse, imputata ai giornalisti, non può in alcun modo ritenersi non solo accertata, ma neppure ipotizzabile una responsabilità in tal senso che, essendo dolosa, deve essere provata. Nel testo, come è facilmente rilevabile, non vi è cenno alle motivazioni delle sentenze, né ad una loro pretesa fumosità... Nessun riferimento, espresso o implicito, nel testo o nel titolo, consente di ritenere provata l’accusa mossa al Briglia di aver dolosamente taciuto le motivazioni delle sentenze citate...”. 4. Valutazioni conclusive Il Consiglio dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia accoglie le argomentazioni della difesa e rileva che Roberto Briglia ha aderito a una parte del commento di Giuliano Ferrara e Andrea Marcenaro, quella in cui si avanza l’auspicio che le controversie possano essere risolte con il ricorso all’istituto della rettifica e della precisazione. Il Consiglio osserva che, nella seduta del 29 maggio 2000, Giuliano Ferrara e Andrea Marcenaro sono stati assolti dal Consiglio dell’Ordine dei giornalisti del Lazio-Molise che “non ha ravvisato violazioni deontologiche nel comportamento dei colleghi”. Ne consegue che vada assolto anche il direttore responsabile di Panorama, chiamato dal Cp a vigilare perché “con il mezzo della stampa non si commettano delitti”. Sul punto vale quanto hanno scritto i supremi giudici: “Nella fattispecie criminosa prevista dall’articolo 57 del Cp il reato che, con il mezzo della pubblicazione, viene commesso dall’autore dell’articolo pubblicato si configura come evento del reato colposo addebitato al direttore del giornale, cosicché tale ultimo reato non può configurarsi ove venga accertato che nessun reato è stato commesso dall’autore dell’articolo” (Cass. pen., sezione V, 12 giugno 1992, in Giur.It., 1994, II, 45); PQM il Consiglio dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia, delibera di assolvere il giornalista professionista Roberto Briglia. Il presidente dell’OgL-estensore (dott. Franco Abruzzo) 25 (33) Le risposte del presidente dell’Inpgi Cescutti 1 L’iscrizione al 10% è antielusiva Sul Sole-24 Ore di martedì 6 febbraio, il collega Franco Abruzzo, presidente dell’Ordine dei giornalisti di Lombardia, mi colloca in ottima compagnia con il senatore Cesare Salvi, indicando il ministro del Lavoro e il sottoscritto come i riprovevoli autori di un “diktat”, indirizzato ai giornalisti liberi professionisti di questo Paese. Sotto accusa, a parere del collega Abruzzo, è una circolare che il sottoscritto, nella qualità di presidente dell’Inpgi, ha inviato lo scorso 26 gennaio agli iscritti alla gestione previdenziale separata per il lavoro autonomo. Nella quale lettera – dice Abruzzo – io avrei affermato che il ricorso alla formula della cessione del diritto d’autore “sarebbe un’elusione previdenziale e un’attività professionale mascherata”. Non ho mai detto, né scritto, quanto Abruzzo mi attribuisce. Né ho mai detto, o scritto, che “i giornalisti-autori sarebbero tenuti a versare (sempre comunque) il 12% alla gestione separata”. Riporto sinteticamente qui di seguito quel che, invece, ho sicuramente affermato. Come è noto, la legge prevede che la cessione del diritto d’autore non comporti l’obbligo di iscrizione alla gestione previdenziale separata. Il problema tuttavia è posto dal frequente ricorso a tale formula, anche allorché si sia in presenza di normalissime collaborazioni giornalistiche autonome. Nei mesi scorsi quindi l’Inpgi indirizzò al ministero del Lavoro una richiesta tendente a poter disporre di regole le quali consentano di distinguere, senza equivoci, quando ci si trovi in presenza di autentica cessione di diritto d’autore, e quando invece tale formula sia illegittima e non possa, quindi, costituire elemento per evitare l’obbligo di iscrizione alla gestione separata. Il ministero ci ha risposto condividendo le nostre osservazioni e ci ha invitati a individuare parametri oggettivi attraverso i quali sia possibile determinare se la cessione del diritto d’autore sia corrispondente alla norma, o mascheri invece una sia pur inconsapevole elusione contributiva. Questi parametri sono stati da noi individuati, e sottoposti al vaglio del ministero del Lavoro, che ha concordato sulla validità degli stessi. Ne ho quindi dato doverosa e dettagliata descrizione agli iscritti. La circolare “incriminata”, oggetto di critica da parte del collega Abruzzo, è dunque servita non tanto a notificare un diktat, né ad annunciare ultimatum, quanto a far conoscere i criteri ratificati dal ministero vigilante, e ai quali da oggi in avanti ci atterremo in tutti i casi in cui i nostri uffici possano avere dubbi sulla deroga all’obbligo di contribuzione, motivata dal ricorso alla cessione al diritto d’autore. Aggiungo che la lettera del 26 gennaio è anche servita a far sì che alcuni iscritti non debbano subire nell’anno in corso un danno economico. La contribuzione dovuta all’Inpgi 2 è infatti composta da: a) un contributo soggettivo pari al 10% del reddito professionale netto dichiarato ai fini fiscali; b) un contributo integrativo pari al 2% del reddito imponibile lordo, che deve essere corrisposto al giornalista dall’azienda committente. Era quindi indispensabile sottolineare che nel 2001 tutti i colleghi la cui attività – in relazione ai parametri indicati – non dovesse rientrare nella cessione del diritto di autore, dovranno sollecitare all’editore il pagamento di quanto di sua competenza (il 2% del reddito lordo). Credo di aver dimostrato che l’istituto della cessione del diritto di autore non è stato mai disconosciuto dall’Inpgi, né dal suo presidente. Il nostro è stato, al contrario, un intervento di chiarezza, anche a tutela delle migliaia di colleghi che riconoscono nella gestione separata un’occasione di garanzia previdenziale per il loro futuro. E sono grato al ministero del Lavoro, che ci ha aiutati in questo non facile compito. Quanto agli annunci di azioni giudiziarie nei confronti dell’Inpgi, confermo la mia totale fiducia nella Giustizia. Gabriele Cescutti presidente Inpgi (da Il Sole 24 Ore, febbraio 2001) Cescutti 2 L’Istituto non è tenuto ad “adeguarsi” Roma, 8 febbraio 2001 Caro Abruzzo, rispondo con altrettanto stupore alla tua lettera del 5 corrente, nella quale richiami alla mia attenzione i contenuti dell’art. 72 della Legge 388/2000 che disciplina il cumulo tra pensione e reddito da lavoro, chiedendone l’estensione anche all’Inpgi. Secondo il tuo ragionamento, l’Istituto dovrebbe puramente e semplicemente “adeguarsi” a quanto statuito dal Parlamento per i pensionati dell’Assicurazione Generale Obbligatoria e delle forme sostitutive, esonerative ed esclusive della medesima, trascurando la circostanza che l’Inpgi è un ente sostitutivo, ma privatizzato, disciplinato perciò dal Decreto Leg.vo n. 509/94 e dall’art. 3, comma 12, della legge n.335/85. Vengo, pertanto, a illustrarti i motivi del mio fondato dissenso rispetto alla tua tesi. 1. A seguito dell’intervenuta privatizzazione dell’ente (che - è bene rammentarlo - ha avuto il pregio di darci la possibilità di gestire autonomamente il nostro Istituto di previdenza, togliendoci di dosso i pesanti condizionamenti derivanti dalle leggi che ancora oggi gravano sui corrispondenti enti pubblici), è venuta meno la possibilità di ritenere automaticamente riferibili all’Inpgi le norme di legge dettate per le forme previdenziali “sostitutive”. Ciò si fonda sulla constatazione che l’Istituto continua ad essere un ente sostitutivo (come sancito a suo tempo dall’art.1 della legge n.1564/51 e riaffermato dall’art.3, comma 2, lettera b) dei Decreto Leg.vo n.509/94), soggetto però al nuovo ordinamento introdotto dal citato decreto n. 509, che ha conferito agli enti privatizzati autonomia gestionale, organizzativa e contabile nel rispetto dei principi stabiliti dall’art. 2. Quanto precede sta a significare che ogni decisione riguardante la gestione dell’ente, ivi compresa quella riguardante i contributi e le prestazioni, è di stretta competenza degli organi di amministrazione e deve essere coerente con le indicazioni risultanti dal bilancio tecnico (art. 2, commi 1 e 2 dei decreto legislativo 509/94 e art. 3, comma 26 (34) 12, della Legge n.335/95). Ovviamente la gestione è sottoposta al controllo dei ministeri dei Lavoro e dei Tesoro che, quali Enti vigilanti, devono verificare che tali decisioni siano in linea con quanto appena esposto. Ne consegue che l’emanazione di una norma di legge a carattere generale che disponga in maniera difforme da quanto indicato dal Regolamento dell’Inpgi non può avere automatico effetto sull’ordinamento dell’Istituto, salvo che ciò non sia esplicitamente previsto dalla norma stessa. Ciò è avvenuto, ad esempio, nella riforma dei sistema pensionistico, disposta dalla legge n. 335/95 (introduzione del sistema contributivo), dove l’unico dettato imposto agli enti privatizzati ha riguardato il rispetto delle disposizioni innovative apportate alle pensioni di anzianità come espressamente previsto dall’art. 3 comma 12. Anche la legge Finanziaria 2001, quando ha voluto estendere il rispetto di alcune norme in essa contenute agli Enti privatizzati, l’ha espressamente indicato, come nel caso della totalizzazione delle posizioni contributive utili alla liquidazione della pensione pro-rata (art. 71 legge 388/2000). 2. Dalle considerazioni suesposte discende che l’ente privatizzato non è giuridicamente obbligato ad accogliere automaticamente nel proprio ordinamento disposizioni dettate dal Parlamento per gli enti pubblici di previdenza. A meno che, ripeto, la legge emanata non lo preveda espressamente. A ciò si oppongono le chiare disposizioni contenute nel citato art. 2 del Decreto di privatizzazione e nell’art. 3, comma 12 della Legge 335/95, dalle quali scaturisce la totale responsabilità degli amministratori per le scelte gestionali di loro competenza, che non possono mai confliggere con le risultanze del bilancio tecnico, a meno di non voler incorrere in pesanti responsabilità civili ed amministrative. La ratio che è alla base dell’art. 2 risulta evidente dalla sua correlazione con l’art.1, comma 3 del Decreto Leg.vo n.509, che sancisce il divieto - per gli enti privatizzati - di “finanziamenti pubblici diretti o indiretti”. È da chiedersi, allora, in base a quale logica e a quale principio giuridico una norma dettata per soggetti pubblici ai quali lo Stato trasferisce annualmente migliaia di miliardi, dovrebbe avere automatica applicazione anche per un istituto di previdenza privatizzato chiamato a far fronte alla pesante spesa riguardante le prestazioni unicamente con le proprie risorse finanziarie. Non si tratta, allora, di “adeguarsi” fatalmente ed automaticamente a qualcosa che sovrasta l’ente (perché così non è) quanto - invece - di verificare se il bilancio dell’Istituto consente di recepire in tutto, in parte, o per niente le novità introdotte dalla finanziaria 2001 in materia di cumulo. 3. Di conseguenza, finché non verrà eseguita da parte degli organi di amministrazione dell’ente la verifica della compatibilità di eventuali modifiche riguardanti il cumulo tra pensione e redditi da lavoro, la materia resterà disciplinata dall’art.15 del Regolamento per le prestazioni previdenziali ed assistenziali. Solo se l’Istituto fosse ancora pubblico, la norma introdotta dall’art. 72 della Finanziaria 2001, riguardante anche le forme di previdenza pubbliche sostitutive (non quindi quelle privatizzate), avrebbe sostituito ogni diversa disposizione regolamentare dell’Inpgi. Ciò sarebbe anche avvenuto se lo stesso articolo 72 lo avesse espressamente previsto. Sul punto, peraltro, il ministero del Lavoro ha avuto già modo di esprimersi, rispondendo ad un quesito postogli dall’Inpgi, in persona dell’allora Presidente pro-tempore, il 27 settembre 1995, avente ad oggetto l’art.1, comma 41, della Legge n. 335/95 che estese la disciplina del trattamento pensionistico a favore dei superstiti, vigente nell’assicurazione generale obbligatoria, a tutte le forme di previdenza esclusive e sostitutive (tradotta in percentuale, la norma riconosce la corresponsione del 60% della pensione del dante causa ad un superstite, rispetto al 75% previsto dall’Inpgi). L’Inpgi, sull’argomento, rivendicò il suo pieno diritto all’autonormazione sviluppando le seguenti considerazioni: “Diversamente non troverebbe più riscontro nella realtà il rispetto dei principi di autonomia che, affermati dal Decreto Leg.vo n. 509/94 e riconfermati dalla legge del riordino delle pensioni, stanno a significare che le norme riguardanti le prestazioni non possono che essere espressione della volontà degli organi deliberanti. E peraltro - continuava il quesito posto nel ‘95 - là dove il legislatore ha voluto derogare al predetto principio, lo ha fatto espressamente e nell’ambito del comma 12 dell’art.3 nel quale - ad esempio - si regolamenta l’accesso ai pensionamenti anticipati di anzianità. Se fosse invece sostenibile la tesi che ogni norma contenuta nella Legge 335, riguardante le forme di previdenza sostitutive dell’assicurazione generale obbligatoria, si applica sic et simpliciter anche agli enti privatizzati gestori di forme di previdenza sostitutive, non ci sarebbe stato bisogno di sancire nel predetto comma che ai fini dell’accesso ai pensionamenti di anzianità trovano applicazione le disposizioni contenute nell’art. 1, commi 25 e 26. Le norme di cui sopra, infatti, sono già dirette agli enti gestori di previdenza sostitutive. Se ne deduce, allora - concludeva la nostra nota - che il legislatore, quando ha voluto estendere anche agli enti privatizzati alcune delle disposizioni riguardanti le forme di previdenza sostitutive dell’A.G.O., lo ha espressamente previsto, con ciò escludendo che nei confronti di detti enti possano trovare applicazione altre norme al di fuori di quelle richiamate.” Il ministero del Lavoro - Direzione Generale della Previdenza e Assistenza Sociale concordò in pieno con le tesi esposte dall’Inpgi. La risposta al quesito, pervenuta con lettera del 6 marzo 1996, affermava: “In riferimento alla nota di codesto istituto n.605 del 27 settembre 1995, la scrivente Direzione non può che convenire con quanto in essa precisato. Infatti, in linea con i principi di autonomia degli enti di previdenza in ORDINE 3 2001 Pubblicisti contrattualizzati corso di privatizzazione sanciti dal Decreto Leg.vo n.509/94 per mancanza di disposizioni contrarie ravvisabili nella Legge 335/95, la norma indicata in oggetto non può trovare applicazione nei confronti dell’Inpgi”. Oggi, come allora, la norma che tu invochi e a cui l’Istituto dovrebbe “adeguarsi”, è una disposizione legislativa dettata per l’Inps e per le forme di previdenza sostitutive (pubbliche) e cioè per soggetti giuridici totalmente distinti dagli enti di previdenza privatizzati. 4. Appare francamente improprio il richiamo all’art.3 della Costituzione, per sostenere la necessità dell’adeguamento normativo alle disposizioni sul cumulo al fine di impedire una presunta disparità di trattamento tra il pubblicista pensionato Inps e il professionista pensionato Inpgi. Per fugare simili preoccupazioni è forse il caso di riflettere che il pubblicista gode di un trattamento previdenziale nettamente inferiore rispetto al professionista: a parità di retribuzione pensionabile tra i due (e già questa è una chimera) il primo ottiene una pensione pari all’80% della predetta retribuzione (ma dopo 40 anni di contributi); il secondo ottiene ugualmente l’80%, ma dopo soli 30 anni di contribuzione. È forse il caso, allora, di essere più prudenti quando si invoca l’art. 3 della Costituzione: le due posizioni non sono confrontabili perché totalmente disomogenee e tali che la diversa disciplina sul cumulo non incide più di tanto sul diverso grado di copertura previdenziale accordato dai due sistemi. Concludo rassicurandoti che l’intera materia sarà comunque presto posta all’ordine del giorno del Consiglio di amministrazione, affinché si valuti con serenità e in maniera trasparente quale sia la miglior soluzione per l’ente e per la categoria. Se il Regolamento dovrà essere cambiato, lo si farà avendo però ben presenti le compatibilità e le priorità. Tra queste ultime risalta l’esigenza di garantire pensioni ragguardevoli e concorrenziali a tutti gli iscritti: a chi già oggi le percepisce, a chi è prossimo a percepirle e a coloro che, più in giovane età, da questo traguardo sono oggi lontani. Cordialmente, Gabriele Cescutti presidente Inpgi I pubblicisti contrattualizzati, titolari di un rapporto di lavoro subordinato di natura giornalistica, si trovano di fronte a una scelta difficile: è l’opzione da esercitare secondo l’articolo 76, comma 2 della legge 388 del 23 dicembre 2000 (la Finanziaria per il 2001). Questa norma, modificando l’articolo 38 della legge 416/81, ha stabilito l’estensione, a decorrere dal 1° gennaio 2001, della tutela previdenziale obbligatoria Inpgi (trattamenti previdenziali e assistenziali riconosciuti ai professionisti e ai praticanti) ai giornalisti iscritti nell’elenco pubblicisti dell’Albo, titolari di un rapporto di lavoro dipendente di natura giornalistica, assicurati per legge presso l’Inps. È stata prevista anche la possibilità dell’esercizio, entro giugno 2001, da parte di questi soggetti, dell’opzione per il mantenimento della loro iscrizione presso l’Inps. Una scelta consapevole presuppone la conoscenza della convenienza del regime pensionistico Inpgi rispetto a quello Inps o viceversa. Non vi è alcun dubbio che il piatto della bilancia pende verso l’Inpgi per una serie di motivi tra i quali è determinante quello della misura della pensione, chiaramente più favorevole. Basta considerare che il rendimento pensionistico per ogni anno di contributi fino a un determinato limite della retribuzione pensionabile all’Inpgi è pari al 2,66% mentre all’Inps è del 2 per cento. Per le retribuzioni pensionabili eccedenti questo limite sono previste aliquote di rendimento sia all’Inpgi che all’Inps in misura decrescente in relazione agli scaglioni di retribuzione. Se si sposta poi il discorso sul costo del lavoro va anche sottolineato che l’azienda viene avvantaggiata, nel caso del non esercizio dell’opzione, pagando meno contributi (le aliquote contributive Inpgi sono inferiori del 4,87% rispetto a quelle in vigore all’Inps). Sul piano assistenziale Inpgi vanno, poi, segnalati i seguenti benefici: concessione in locazione di immobili e di prestiti e mutui ipotecari agevolati; ricovero in case di riposo per anziani; erogazioni straordinarie sotto forma di sussidi in vaso di comprovata difficoltà economica; una tantum ai superstiti aventi diritto a pensione (10% della retribuzione annua del redattore ordinario); assegno di superinvalidità in caso di necessità di assistenza continuativa del pensionato. E chissà che non si arrivi anche al riconoscimento, in favore di questi nuovi soggetti iscritti all’Inpgi, degli stessi benefici attribuiti ai giornalisti professionisti e praticanti nell’ambito della Casagit. La convenienza della soluzione Inpgi si presenta anche nei confronti di chi è vicino al traguardo pensionistico. Ecco, infatti, le possibilità che l’ordinamento previdenziale riserva al giornalista pubblicista alle prese con l’effettuazione o meno dell’opzione verso l’Inps: ■ possibilità di ottenere una pensione proquota Inps-Inpgi percorrendo la strada della totalizzazione dei periodi assicurativi (articolo 3 della legge 1122/1955). Questo meccanismo funziona così: si sommano i periodi assicurativi e contributivi per il raggiungimento del diritto in uno dei due Istituti previdenziali e poi ciascun ente previdenziale liquida la quota di pensione corrispondente ai propri contributi (già con due anni di contributi all’Inpgi si ottiene il 5,32% di rendimento contro il 4% dell’Inps); ■ possibilità di ottenere un’unica pensione Inps mediante la ricongiunzione gratuita dei contributi Inpgi all’Inps secondo l’articolo 1 della legge 29/79; ■ possibilità di ottenere un’unica pensione Inpgi attraverso la ricongiunzione onerosa dei contributi Inps all’Inpgi ai sensi dell’articolo 2 della legge 29/79. Giuseppe Rodà (da Il Sole 24 Ore, 6 febbraio 2001) L’Inpgi-2 vuole il diritto d’autore ROMA. L’Istituto di previdenza dei giornalisti sferra l’attacco al diritto d’autore: con una lettera inviata a fine gennaio, l’Inpgi ha infatti segnalato a tutti i giornalisti iscritti all’Ordine di avere ottenuto una serie di indicazioni dal ministero del Lavoro in base alle quali molte prestazioni attualmente rubricate come cessione di diritti d’autore dovrebbero essere considerate invece tra le collaborazioni coordinate e continuative. E, di conseguenza, su di esse dovranno versare un contributo alla cosiddetta gestione separata dell’Istituto, istituita nel ‘96 e intitolata ai free lance, anche se di fatto colpisce tutte le collaborazioni rese da giornalisti professionisti e pubblicisti, con un contributo del 12%, suddiviso in un 10% a carico del giornalista e in un 2% a carico dell’azienda committente. Questa gestione, nota anche come Inpgi-2, richiama la più famosa gestione separata Inps, e in effetti ha preso le mosse dalla stessa legge di riforma delle pensioni, la 335/95. Come la gestione Inps, anche l’Inpgi-2 assicura sia chi non ha versamenti nella gestione dei dipendenti sia chi possiede già una posizione previdenziale propria. In campo editoriale, però, molte prestazioni fornite da chi collabora a giornali, riviste e mezzi di comunicazione in genere vengono classificate come “opere dell’ingegno” e quindi assoggettate al diritto d’autore. Il contributo Inpgi, come quello Inps, riguarda invece le collaborazioni coordinate e continuative. La distinzione tra i due ambiti viene dalla normativa fiscale (il Testo unico delle imposte sui redditi, Dpr 917/86) che attualmente colloca le collaborazioni all’articolo 47 e il diritto d’autore all’articolo 49. Temendo manovre elusive, l’Inpgi sottolinea, secondo quanto precisato dal Lavoro, alcuni segnali che dovrebbero “smascherare” un ricorso scorretto alla cessione di diritto d’autore: tra questi, la ripetitività delle prestazioni, il fatto che l’attitudine informativa dell’opera esaurisca le funzioni informative “nell’ambito della prima e tempestiva diffusione”, la circostanza che i compensi derivanti da diritto d’autore diventino principale fonte di reddito. In questi casi, avverte l’Isti- tuto, gli uffici inviteranno i colleghi a rettificare le denunce: secondo l’Inpgi, nel recente passato alcuni giornalisti si sono trovati costretti da qualche azienda ad accettare la formula del diritto d’autore, anche se erano consapevoli dell’irregolarità di tale riferimento. L’attacco al diritto d’autore, tuttavia, presenta più di un punto debole: la distinzione tra collaborazione coordinata e continuativa e diritto d’autore, in primo luogo, nasce da una norma fiscale, sulla quale il ministero del Lavoro ha capacità interpretative tutte da verificare (titolare dell’interpretazione fiscale è il ministero delle Finanze); in secondo luogo, il riutilizzo (anche solo potenziale) del prodotto fornito all’editore giustificherebbe comunque una cessione di diritti d’autore; infine, lo stesso Istituto fa sapere di non avere facoltà ispettive o sanzionatorie riguardo alla mancata corresponsione del 2% da parte delle aziende comittenti. N.T. (da Il Sole 24 Ore, 6 febbraio 2001) La totalizzazione Il giornalista iscritto all’INPGI, che nella sua vita lavorativa abbia contribuzioni anche presso altri enti potrà trovarsi in una delle seguenti situazioni: A) NON RAGGIUNGE IL DIRITTO AUTONOMO ALLA PENSIONE IN NESSUNO DEGLI ENTI B) RAGGIUNGE IL DIRITTO AUTONOMO ALLA PENSIONE IN ALMENO UNO DEGLI ENTI In questo caso (1), qualora esistano contribuzioni in vari enti (INPGI, INPS, ENPALS, ecc.), il giornalista potrà ottenere: ■ UNA PENSIONE DI VECCHIAIA PRO-QUOTA, purché dalla somma dei vari periodi contributivi risulti perfezionato il requisito minimo contributivo (2) (art. 71 legge Finanziaria 2001). In questo caso, la pensione è ripartita tra i vari enti, ognuno per la sua parte di propria competenza. Tale possibilità di pensionamento è applicabile a TUTTI i regimi di previdenza obbligatoria, ivi compresi i regimi previdenziali dei Paesi esteri convenzionati con l’Italia (unione Europea + altri 18 Paesi). N.B. Per la pensione di vecchiaia è richiesta un’età pari a 65 anni per gli uomini e 60 anni per le donne, ed una anzianità contributiva di almeno 20 anni (ovvero 15 anni entro il 31/12/1992). In questo caso (1), qualora esitano contribuzioni in vari enti (INPGI, INPS, ENPALS, ecc.), il giornalista potrà ottenere: ■ UNA PENSIONE DI VECCHIAIA SUPPLEMENTARE (3) da parte degli enti in cui non si è maturato il diritto autonomo. Tale possibilità di pensionamento è applicabile a TUTTI i regimi di previdenza obbligatoria per lavoratori dipendenti, ivi compresi i regimi previdenziali dei Paesi esteri convenzionati con l’Italia. Unica eccezione è quella dell’INPDAP (dipendenti pubblici) la cui normativa non prevede la pensione supplementare. In questo caso, l’ex dipendente pubblico - per ottenere la pensione supplementare - deve chiedere a tale ente la costituzione della posizione all’INPS (legge 322/58). Le Gestioni Previdenziali dei liberi professionisti (Cassa Avvocati, INARCASSA, Cassa Notai, ecc.) non prevedono il diritto alla pensione supplementare. Qualora esistano contribuzioni solo all’INPGI e all’INPS, il giornalista potrà ottenere: ■ UNA PENSIONE DI ANZIANITÀ PRO-QUOTA INPS/INPGI, purché dalla somma dei diversi periodi contributivi risulti perfezionato il requisito minimo contributivo (35 anni di contributi) (art. 3 legge 1122/55, “legge Vigorelli”). In questo caso, la pensione è ripartita tra i due enti, ognuno per la sua parte di propria competenza. Tale possibilità di pensionamento pro-quota è applicabile SOLO in presenza di contribuzioni versate, oltre che all’INPGI, anche all’INPS (Fondo lavoratori dipendenti e Gestione Commercianti, Artigiani e Coltivatori Diretti) e/o in Paesi Esteri convenzionati. Coloro i quali avessero delle contribuzioni versate, oltre che all’INPGI, anche all’INPDAI e all’INPDAP potrebbero chiedere tale pensione solo previa richiesta - a tali enti - di costituzione della posizione contributiva all’INPS (“una sorta di ricongiunzione”) ai sensi della legge 58/1976 per gli ex iscritti INPDAI e della legge 322/1958 per gli ex dipendenti pubblici iscritti INPDAP (la costituzione all’INPS ai sensi delle predette normative è a titolo gratuito). In caso di eventuale contribuzione ENPALS, la totalizzazione per la pensione di anzianità pro-quota INPS/INPGI è ammessa solo nel caso in cui sia presente anche una posizione INPS maggioritaria rispetto a quella ENPALS (DPR 1420/71). ORDINE 3 2001 NOTE (1) Per diritto autonomo si intende la maturazione del diritto alla pensione in un ente, senza dover considerare le contribuzioni eventualmente versate ad altri enti. (2) Per requisito minimo contributivo si intende il minimo di versamenti contributivi richiesti per avere diritto alla pensione, che attualmente - per la pensione di vecchiaia - è pari a 20 anni (ovvero 15 anni versati entro il 31/12/1992). Per la pensione di anzianità sono invece richiesti almeno 35 anni di contribuzione. (3) La pensione di vecchiaia supplementare è il trattamento pensionistico che si ottiene al compimento di 65 anni di età (60 per le donne), senza necessariamente dover raggiungere alcun minimo di versamenti contributivi, purché si sia già ottenuta una pensione di vecchiaia da altro ente. 27 (35) La gestione separata dell’Istituto tartassa chi si avvale della cessione dei diritti d’autore e i collaboratori occasionali L’Inpgi contro il cumulo pensioni-redditi da lavoro Milano, 7 febbraio 2001. L’Inpgi snobba l’articolo 72 della legge finanziaria 2001 (legge n. 388/2000) che consente il cumulo tra pensione e redditi da lavoro (autonomo o dipendente). La gestione separata dell’Inpgi (o Inpgi-2) in contemporanea tartassa i giornalisti che si avvalgono della cessione dei diritti d’autore nonché i collaboratori occasionali, mentre è da rivedere l’obbligo per i giornalisti-redattori (“dipendenti”), titolari di collaborazioni, di iscriversi all’Inpgi-2 (o gestione separata dell’Inpgi). Franco Abruzzo ha chiesto oggi al presidente del Consiglio Giuliano Amato e a tre ministri (Vincenzo Visco, Ottaviano Del Turco e Cesare Salvi) “di vigilare sulla correttezza di quei processi decisionali del vertice dell’Inpgi, che appaiono in contrasto con la Costituzione, con il Tuir (Testo unico sulle imposte sui redditi) e con la legge n. 335/1996 (riforma Dini sulle pensioni)”. Analoga richiesta di vigilanza è stata rivolta alla Corte dei Conti. L’attività di vigilanza sull’Inpgi, prevista dall’articolo 3 del Dlgs n. 509/1994, è affidata ai ministri del Tesoro e del Lavoro nonché alla Corte dei Conti. L’interprete unico delle leggi fiscali è il ministro delle Finanze.Questo il testo della lettera di Franco Abruzzo: “Premessa. La vigilanza sul’Inpgi (Istituto nazionale previdenza giornalisti italiani), dice l’articolo 3 del Dlgs n. 509/1994, “è esercitata dal ministero del Lavoro e della previdenza sociale, dal ministero del Tesoro, nonché dagli altri ministeri rispettivamente competenti ad esercitare la vigilanza per gli enti trasformati ai sensi dell’art. 1, comma 1… La Corte dei Conti esercita il controllo generale sulla gestione delle assicurazioni obbligatorie, per assicurare la legalità e l’efficacia, e riferisce annualmente al Parlamento”. L’Inpgi è “una Fondazione dotata di personalità giuridica di diritto privato incaricata di pubbliche funzioni a norma dell’articolo 38 della Costituzione, con autonomia gestionale, organizzativa e contabile, ai sensi dell’articolo 1 del decreto legislativo 30 giugno 1994 n. 509” (articolo 1 dello Statuto dell’ente pubblicato nella Gazz. Uff. 23 agosto 1994 n. 196). liquidate anteriormente alla data di entrata in vigore della presente legge, sono interamente cumulabili con i redditi da lavoro autonomo e dipendente”. 2. A decorrere dal 1° gennaio 2001 le quote delle pensioni dirette di anzianità, di invalidità e degli assegni diretti di invalidità a carico dell’assicurazione generale obbligatoria e delle forme sostitutive, esclusive ed esonerative della medesima, eccedenti l’ammontare Chiesto l’intervento di Amato e della Corte dei Conti (servizi nelle pagine 26 e 27) L’articolo 72 della legge 388/2000. L’Inpgi non avrebbe l’intenzione di adeguarsi a quanto stabilito dall’articolo 72 (Cumulo tra pensione e reddito da lavoro) della legge n. 388/2000 (legge finanziaria per il 2001). Dice questo articolo: 1. A decorrere dal 1° gennaio 2001 le pensioni di vecchiaia e le pensioni liquidate con anzianità contributiva pari o superiore a 40 anni a carico dell’assicurazione generale obbligatoria e delle forme sostitutive, esclusive ed esonerative della medesima, anche se del trattamento minimo del Fondo pensioni lavoratori dipendenti, sono cumulabili con i redditi da lavoro autonomo nella misura del 70 per cento. Le relative trattenute non possono, in ogni caso, superare il valore pari al 30 per cento dei predetti redditi. Per i trattamenti liquidati in data precedente al 1° gennaio 2001 si applica la relativa previgente disciplina se più favorevole. I dirigenti dell’Inpgi sono incaricati di pubblico servizio in quanto l’Istituto svolge “attività di natura pubblica” (articolo 1 dello Statuto dell’ente). Le loro eventuali decisioni (in dissonanza con la legge n. 388/2000) sono censurabili sotto il profilo amministrativo, penale e risarcitorio. Potrebbe accadere - se le voci dovessero essere fondate - un fatto paradossale: il pubblicista pensionato Inps può (dal 1° gennaio 2001) cumulare assegno di quiescenza e reddito da collaborazioni, mentre ciò sarebbe vietato o sarebbe reso oneroso al giornalista professionista pensionato Inpgi. Due pesi e due misure. I dirigenti dell’Inpgi credo abbiano conoscenza dell’articolo 3 della Costituzione (uguaglianza giuridica dei cittadini). Eccesso di delega. Segnalo che il Dlgs 103/1996 soffre di eccesso di delega (rispetto alla legge n. 335/1995) nella parte in cui prevede l’obbligatorietà per i (redattori, ndr) dipendenti, titolari di collaborazioni, di iscriversi nella gestione separata (o Inpgi-2). Cessione dei diritti d’autore e collaboratori occasionali. Faccio presente ancora che nel modello unico della dichiarazione dei redditi figurano un quadro per chi effettua la cessione dei diritti d’autore e un altro quadro per chi svolge collaborazioni occasionali. Su questi soggetti non grava l’obbligo - come erroneamente è scritto in una circolare attribuita al ministro del Lavoro - di iscriversi nella gestione separata. La lettera del presidente dell’Inpgi che richiama una circolare del ministro del Lavoro. Trasmetto anche la lettera del presidente dell’Inpgi, che fa riferimento a una lettera del ministro del Lavoro, che avrebbe accolto le tesi stravaganti del vertice dell’Istituto senza alcun concerto con il ministro delle Finanze”. Bando per il XIII biennio (2001-2003) dell’Istituto “Carlo De Martino” per la Formazione al Giornalismo - “Giornalisti si diventa a Milano” La Scuola di Giornalismo di Milano Le domande si possono presentare dal 1° marzo al 30 giugno 2001 (anche cittadini comunitari) Milano, 28 febbraio 2000. Sono aperte dal 1° marzo fino al 30 giugno 2001 le iscrizioni al concorso di ammissione al XIII biennio (2001-2003) dell’Istituto “Carlo De Martino” per la Formazione al Giornalismo (Ifg). Il corso, sostitutivo del praticantato tradizionale, è promosso dall’Ordine dei giornalisti della Lombardia in collaborazione con la Regione Lombardia. L’Ifg è il centro di formazione professionale gestito dall’Associazione “Walter Tobagi” per la formazione al giornalismo. Al termine dei due anni di corso, e superato l’esame di Stato, gli allievi-praticanti verranno iscritti all’elenco professionisti dell’Albo dei giornalisti. Questi i titoli richiesti per l’ammissione al concorso che è nazionale: ■ i candidati non devono superare il limite di anni 30 al 31 dicembre 2001; ■ laurea (anche triennale) di qualsiasi disciplina. Il concorso è aperto anche ai cittadini dei Paesi dell’Unione europea. I posti a disposizione sono 40. La tassa annuale di frequenza è di £ 900mila, che va versata interamente alla Regione Lombardia. 28 (36) cerca 40 praticanti laureati Il concorso di ammissione avrà luogo nell’autunno 2001 e prevede tre prove scritte e una orale. Il bando può essere richiesto per posta (dietro rimborso delle spese) o direttamente alla segreteria dell’Ifg: via Fabio Filzi, 17 - 20124 Milano - tel. 02.6749871 - fax: 02.67075551 (orario 9-12.30 / 14-17, escluso sabato e festivi). Il questionario per iscriversi alla selezione può essere stampato (con il bando) direttamente dai siti: ■ www.odg.mi.it ■ www.ifg.mi.it La Scuola di giornalismo dell’Ordine di Milano e della Regione Lombardia nei 24 anni di vita ha creato 517 giornalisti: di questi, 22 sono direttori responsabili; 112 sono vicedirettori o capiredattori; 374 sono redattori ordinari e 9 sono responsabili di uffici stampa. Questi numeri dicono che le scelte fatte nel 1974/1977 dalla Regione Lombardia e dall’Ordine dei Giornalisti della Lombardia sono state accompagnate da un successo senza eguali. Preciso che 15 dei 40 allievi del XII biennio sono stati già assunti prima che il corso si concluda nell’ottobre prossimo. ORDINE 3 2001