Eleonora Duse Cronologia Anni 1900 parte seconda Eleonora Duse e lo scultore Auguste Rodin, 1905 Nel 1905 Lugné-Poe, direttore del Théâtre de l’Oeuvre, fa da intermediario fra la Duse e Armand Duyot, ispettore dei musei nazionali francesi, perché questi conduca la celebre attrice a conoscere l’atelier di Rodin. Durante la visita la Duse, colpita dal gruppo statuario di Francesca, ispirata all’opera di Dante, comincia a declamarne i versi. In ricordo di questa visita Rodin realizza due opere: il Dolore e la Melanconia. Eleonora Duse, Rebecca West in Rosmersholm di H. Ibsen, 1905 Alla fine degli anni Ottanta, la Duse si era avvicinata al drammaturgo norvegese con Casa di bambola. Il 5 dicembre 1906 va in scena alla Pergola di Firenze Rosmersholm; lo spettacolo, oltre che per l’interpretazione dusiana, è spesso ricordato per la collaborazione con uno dei maestri del rinnovamento teatrale novecentesco, lo scenografo Gordon Craig. Uno degli attori della compagnia, Guido Noccioli, tenne un diario della stagione 1906-07: “Giornata terribile. La prova della nuova scena per il Rosmersholm, il dramma di Ibsen. La signora adora questo lavoro. La scena nuova di cui parlo è ideata da un giovane pittore inglese: Gordon Craig, figlio naturale del grande attore Irving. È una scena strana, tutta verde e illuminata da 10 riflettori. I mobili sono verdi, di tela uguale la scena: in fondo una gran porta a vetri dà su un paesaggio che ricorda stranamente quello dell’Isola dei morti. Altri veli sono ai fianchi. Un sogno! Piacerà al pubblico? La signora è entusiasta” (4 dicembre). La conoscenza con Gordon Craig avviene attraverso Isadora Duncan, la danzatrice statunitense di cui la Duse è molto amica. Lettera di Eleonora Duse a Ettore Mazzanti, Ostenda, senza data ma 1905, primo foglio Ettore Mazzanti è a lungo amministratore nelle compagnie dusiane, ricoprendo anche ruoli come attore; il carteggio intercorso fra la Duse e l’amministratore è spesso fonte di notizie molto interessanti sulla vita interna delle troupe. In questa lettera la Duse confessa di aver ritrovato la sola “realtà” della sua vita, consistente nella “illusione” dell’arte. Questo vocabolo, spesso impiegato dall’attrice, è indizio della facoltà cui la Duse attribuiva l’importanza maggiore. Abito, Jean Philip Worth, Paris, 1905-10, fine cannellato di seta crema con alta bordura in merletto meccanico Di linea blusante, anteriormente sovrapposto a portafoglio con accenno di ruche verticale, dalle spalle si diparte un pannello creante effetto mantellina, doppiato da chiffon beige, allacciato allo scollo da otto coppie di automatici e chiuso ai polsi soltanto con briglia di seta beige e automatico, a formare maniche interamente spaccate longitudinalmente. La gonna, foderata di crespo di seta beige, è stretta in vita da cintura di maglina d’argento e cristalli trasparenti. L’abito è completato da corta cappa, confezionata in tre teli (i due anteriori di pizzo, il centrale dorsale in cannellato), ornato allo scollo da due coppie di bottoni a rondella piatta, di passamaneria di seta bianca. Casa di Ibsen a Oslo Nel 1906, accompagnata da Lugné-Poe, la Duse si reca in ‘pellegrinaggio’ all’abitazione di Ibsen a Oslo per poter incontrare il drammaturgo norvegese tanto amato, ma Ibsen è molto malato e l’incontro non può avvenire. Lugné-Poe descrive la paziente e inutile attesa dell’atttrice di poterlo intravedere attraverso i vetri: “Nonostante il freddo, nonostante la luce, Eleonora Duse aspettò […] Sul marciapiede, di fronte alla sua abitazione, Eleonora Duse cercava di cogliere la figura del vecchio poeta dietro la grande vetrata”. Il ciclo di rappresentazioni nei paesi scandinavi ha molto successo. Lettera di Eleonora Duse probabilmente a Adolfo de Bosis, Londra, 13 giugno 1906, primo foglio In questa lettera la Duse riferisce di aver assistito evidentemente agli ultimi momenti di vita della grande attrice inglese Ellen Terry, sua amica e madre di Gordon Craig e con la solita profondità e lucidità mostra di cogliere l‘essenza degli avvenimenti. Un destino di tutt’altro genere aspetta la Duse: morirà, infatti, lontana da casa e dagli affetti nel corso dell’ultima tournée americana in un hôtel di Pittsburgh. “Per comporre una prova d’amore come quella alla quale ieri ho assistito bisogna avere tutto un atavismo (dirò così) Inglese. ahimé!ahimé! ahimé! In Italia non esiste” Lettera di Eleonora Duse probabilmente a Adolfo de Bosis, Londra, 13 giugno 1906, primo foglio radice per simile fiore! Ho ancora negli occhi il viso radioso e disfatto di Ellen Terry. La voce tremante e già lontana di lei! e più la cara donna discende verso le larve e le ombre, e più l’amore, qui, la conforta!! (Da noi? sarebbe dileggio e oblio!)” Enrichetta Marchetti, 1907 circa (fotografia di Mario Nunes Vais) Abito, Mariano Fortuny, Venezia, 1907-09, crespo di seta avorio stampato in argento con decoro islamico Crespo di seta tinta in avorio stampata in argento lungo gli orli, allo scollo e sulle maniche con un decoro (h 10 cm) a elementi tratti dalla scrittura cufica. La tunica di forma trapezoidale risulta confezionata con due teli che si prolungano a formare le maniche, collegati mediante cordoncino di seta bicolore écru e oro filato (oggi parzialmente scomparso), su cui si dispongono a intervalli regolari ottanta perline di vetro di Murano, a disegno etnico rosso e azzurro, che si ritrovano (sette e sette) anche sul cordoncino posto lungo le aperture sulle spalle, allacciabili mediante sette copie di gancetti. Anche le maniche “a pipistrello”, che vanno restringendosi ai polsi, sono decorate con dodici paia di perline. Gli spacchi laterali (h 32 cm) sono conclusi da inserti piegati a soffietto di crespo bianco stampato in argento con motivo di spighe. Lettera di Eleonora Duse a Giuseppe Primoli, Roma, hôtel Hassler Questa come molte altre lettere sono state scritte su carta intestata dei diversi alberghi dove l’attrice alloggiava; si può sostenere che proprio gli hôtel abbiano costituito la vera casa della Duse, nomade per esigenze professionali, ma anche per istinto. In una lettera a Sibilla Aleramo la Duse da un albergo scrive: “Carta, penna, inchiostro del salone, auf!!”.