Eleonora Duse Cronologia 1920-1924 parte prima Eleonora Duse 1920 circa Eleonora Duse 1920 circa Memo Benassi in una foto di scena Memo Benassi (1891-1957) l’unico ‘erede’ dell’arte dusiana, entra nella compagnia dell’attrice, al suo rientro, nel 1921 e la segue nella tournée all’estero, fino alla tappa finale di Pittsburgh nel 1924. Di grande rilievo la sua interpretazione di Oswald negli Spettri di Ibsen, anche per il confronto, inevitabile, con Zacconi, che quasi si identificava con lo stesso personaggio. Scrive Silvio d’Amico: “Benassi è stato un docile e ammirevole allievo della incomparabile maestra. Ci ha dato finalmente, la tragedia spirituale del figlio infelicissimo, della sua impotenza a creare e a vivere, attraverso una mimica assorta e una dizione lievemente disfatta; ma senza saggi clinici che nel testo ibseniano non esistono. Non ha avuto un solo applauso a scena aperta; ecco il suo miglior elogio”. Benassi dedica un commosso ricordo alla Duse in uno scritto dal titolo L’ultimo viaggio di Eleonora. Silvio d’Amico, 1920 circa Il critico Silvio d’Amico, fondatore dell’Accademia d’Arte Drammatica di Roma, conosce la Duse al momento del suo rientro sulle scene e redige molte recensioni a lei dedicate. Il suo giudizio storico e critico sulla Duse ha pesato in maniera decisiva sulla valutazione della sua arte, in una prospettiva storica all’interno dell’evoluzione del teatro italiano. Scrive d’Amico: “nessuna creatura meno di lei era adatta a concepire l’arte scenica alle dipendenze d’una organizzazione metodica e severamente disciplinata. Nessun attore poteva essere meno remissivo e meno docile di lei”. Cartolina di Asolo Interno della casa di Eleonora Duse ad Asolo Lettera di Eleonora Duse a Ermete Zacconi, senza data ma 1920 circa, primo foglio Dalla lettera, scritta prima del rientro sulle scene che avverrà il 5 maggio 1921, si deduce la ricerca della pièce con cui debuttare: la proposta della Duse in questo caso era rivolta ad una teatralizzazione di Resurrezione di Tolstoj. Zacconi le aveva anche proposto, fra le altre possibilità, di rientrare con Adriana Lecouvreur di Scribe-Legouvé, testo ormai però lontano dalle corde dell’attrice, semmai più rivolta a testi ‘simbolici’ o che testimoniassero di un’ascesi dell’anima, come sarà il caso del Così sia di Gallarati Scotti. Lettera di Jacques Copeau a Eleonora Duse, Parigi, 6 ottobre 1920 In questa lettera il famoso regista francese si dice commosso per gli incoraggiamenti ricevuti da parte della Duse e si augura di poterla un giorno ricevere con tutti gli onori nel suo teatro. In effetti il 19 giugno 1922 – come scrive lo stesso Copeau nei suoi ricordi – la Duse si reca a visitare il teatro del Vieux Colombier mentre si trova a Parigi. La Duse è allora molto tentata dall’idea di istituire un teatro di ‘sperimentazione’ (un teatro di ‘giovani’ a Torino, in particolare) sul tipo di quello organizzato e diretto da Copeau, ma ragioni pratiche e forse anche una inevitabile ‘distanza’ impediscono all’attrice di realizzare tale progetto, testimoniato tuttavia in molte lettere. Guanti lunghi appartenuti a Eleonora Duse, Harrods Glove Specialist London, Londra, 1920 circa Londra, etichetta “HARRODS Glove Specialist London”, 1920 circa lunghezza 71 cm pelle bianca, quattro bottoncini di madreperla stato di conservazione buono, mai usati Eleonora Duse a Merano, 1921 Teatro a Pittsburgh Lettera di Eleonora Duse a Yvette Guilbert, Asolo, 10 settembre 1920, primo foglio Già nel 1913 la Duse aveva progettato di rientrare sulle scene insieme all’amica Yvette Guilbert, celebre cantante e ‘regina’ del Caffé-concerto di Parigi, con uno spettacolo inusuale che prevedeva un’alternanza di brani lirici e di canzoni interpretate appunto dalla Guilbert. Nella sua autobiografia La chanson de ma vie la cantante pubblica anche alcune lettere della Duse. Lettera di Eleonora Duse a Jean Philip Worth, senza data ma 1921 circa, primo foglio Le indicazioni della Duse al celebre sarto parigino Jean Philip Worth, da cui si serviva da molto tempo sia per gli abiti personali, sia per i costumi di scena dei personaggi da lei interpretati (gli altri attori, secondo una gerarchia precisa, venivano seguiti da sarti meno prestigiosi), riguardano sia la linea degli abiti, sia dettagli di colore, sia elementi precisi di vestiario. Lettera di Eleonora Duse a Natalija Goncharova, Roma, 1 febbraio 1921, primo foglio Per l’allestimento de La donna del mare di Ibsen la Duse chiede la collaborazione della famosa pittrice e scenografa russa Natalija Goncharova (1881-1962), esponente del movimento avanguardistico del Raggismo, che aveva lavorato anche a Parigi con i Balletti Russi di Diaghilev e proveniva dalla grande stagione dell’avanguardia teatrale sovietica. La scelta di rivolgersi alla Goncharova dimostra l’attitudine ‘sperimentale’ dell’attrice italiana, che anche sul versante della scenografia e dei costumi mostra un’apertura e una metabolizzazione di quanto stava accadendo sui palcoscenici europei Telegramma di Eleonora Duse a Domenico Lanza, Milano, maggio 1921 Nel telegramma si menziona il monumento funerario che doveva essere edificato in ricordo di Giacinta Pezzana: la Duse partecipa alla raccolta dei fondi con una rappresentazione della Porta chiusa di Marco Praga al “Politeama Chiarella” di Torino, il cui incasso è devoluto a tale scopo. Lettera di Eleonora Duse a Piero Gobetti,Torino, 30 marzo 1921 Gobetti, forse autore delle più acute recensioni sulla Duse, aveva chiesto all’attrice la possibilità di farle un’intervista ed era andato da lei con una lettera di presentazione di Prezzolini; l’attrice era impegnata nelle prove con Zacconi per La donna del mare di Ibsen, testo con cui torna alle scene dopo dodici anni di assenza. Scrive il cirtico, definendo così l’arte dusiana: “Come se l’oratore incominciasse a dubitare del preparato discorso e dalla sua disperazione nascessero le più pericolose confidenze, come se il profeta sostituisse alla mistificazione e alla predica l’esplorazione dell’ignoto”. Lettera di Eleonora Duse a Ermete Zacconi, Torino, senza data ma aprile 1921, primo foglio Questa lettera scritta durante le prove per La donna del mare di Ibsen, che andrà in scena il 5 maggio 1921 al teatro Balbo di Torino, testimonia il tipo di lavoro che la Duse instaurava con i suoi attori – in questo caso si tratta di Zacconi – e che esigeva da se stessa. Il richiamo a qualità non dell’artista ma proprie della persona al di sotto, per così dire, dell’attore è un’indicazione preziosa del processo creativo dusiano.