Avio Ferraresi Servizio Prevenzione Sicurezza Ambienti di Lavoro Azienda U.S.L. Reggio Emilia “DIRETTIVA MACCHINE” PUNTO DI VISTA DEI SERVIZI DI PREVENZIONE E SICUREZZA DELLE AUSL Il D.P.R. 459 del 24 luglio 1996, regolamento per l’attuazione delle direttive comunitarie 89/392/CEE (cosiddetta “Direttiva Macchine”) e successive modifiche, è entrato in vigore il 21 settembre 1996, allineando l’Italia agli altri Paesi dell’Unione Europea. Per facilità di lettura, con il termine “macchina” s’intende l’insieme delle macchine ed i componenti di sicurezza previsti nel campo di applicazione della Direttiva. E’ opportuno specificare che questa Direttiva è definita “di prodotto”, intendendo con ciò che l’obiettivo previsto è quello di garantire la libera circolazione nel mercato europeo delle sole “macchine” che soddisfano precisi requisiti tecnici di sicurezza. Questi requisiti, armonizzati a livello europeo, e riportati nell’allegato I della Direttiva, hanno l’obiettivo di eliminare le barriere tecniche dovute alle differenti legislazioni presenti nei vari Paesi e di unificare il livello accettabile di sicurezza. I destinatari degli obblighi sono, in primo luogo, i costruttori delle “macchine” ed i loro progettisti, ma coinvolge anche i commercianti e gli installatori delle stesse. Trattandosi di una direttiva “nuovo approccio”, essa si limita ad esporre i requisiti essenziali per la sicurezza e la salute, rinviando alle Norme tecniche Armonizzate, elaborate in sede CEN (Comitato Europeo di Normazione) e CENELEC (Comitato Europeo di Normazione per il settore elettrico) il compito di suggerire ai costruttori i criteri appropriati per soddisfare i requisiti di sicurezza richiesti dalla Direttiva. Elementi centrali per la sicurezza del prodotto – macchina, e quindi di coloro che acquistano ed utilizzano la macchina, sono rappresentati dai “principi di integrazione della sicurezza” dove si richiede che - per costruzione - le macchine devono funzionare, essere regolate e subire manutenzione in condizioni di sicurezza. Per raggiungere tali obiettivi, il fabbricante deve rispettare la politica dei tre stadi: 1) Eliminazione dei rischi alla fonte, anche di quelli connessi con un rischio improprio ragionevolmente prevedibile; 2) neutralizzazione dei rischi non eliminabili nella fase di progettazione mediante applicazione di dispositivi di sicurezza, ripari e protezioni; 3) individuazione, segnalazione ed avvertenza dei rischi residui e delle cautele da adottare, tramite la stesura del libretto d’uso e manutenzione che risulta parte integrante della macchina. La Valutazione dei Rischi , condotta secondo gli schemi iterativi previsti dalla Norme Armonizzate EN 1050/98 e EN 292-1/91 consente di individuare le soluzioni necessarie per la loro eliminazione/riduzione rimandando al libretto d’uso e manutenzione, e quindi alla informazione degli operatori, solo per quei rischi residui non praticamente eliminabili. Le Norme Armonizzanti di tipo A, B (B1 e B2) e C consentono, poi, al progettista di individuare, scegliere ed adottare le soluzioni, i dispositivi ed i componenti aventi le caratteristiche idonee a secondo del livello di rischio presentato dalle parti pericolose della macchina. Il concetto di Valutazione del Rischio rappresenta, però, anche il punto centrale, l’elemento portante di altre direttive europee in materia di sicurezza e salute sul posto di lavoro: le direttive di tipo “sociale”, di cui un esempio è la 89/391/CEE, recepita in Italia con il D.Lgs. 626 del 19 settembre 1994 e successive modifiche, dove il principale destinatario degli obblighi è il Datore di Lavoro ma definendo anche quelli dei dirigenti, dei preposti, del medico competente e dei lavoratori. Il D.P.R. 459/96 , recepimento di direttive di prodotto, e il D.Lgs. 626/94, recepimento di direttive sociali, pur con funzioni distinte e ambiti di applicazione ben definiti presentano momenti d’intersezione con problemi di sovrapposizione derivanti dal fatto che, sostanzialmente, entrambe intervengono sulla sicurezza delle macchine. Il primo momento è rappresentato dall’art. 6 del D.Lgs. 626/94 dove si richiama il divieto di fabbricazione, vendita, noleggio e concessione in uso di macchine, attrezzature di lavoro e di impianti non rispondenti alle disposizioni legislative regolamentari vigenti in materia di sicurezza; il secondo è rappresentato dagli artt. 35 e 36 del D.Lgs. 626/94 dove si richiama l’obbligo di mettere a disposizione dei lavoratori attrezzature idonee ai fini della sicurezza e della salute e conformi alle disposizioni legislative e regolamentari, che tutelano la stessa materia, ad esse applicabili. Indispensabile risulta, perciò, il rispetto e la rispondenza della “macchina” alla normativa di riferimento (D.P.R. 459/96) sia per la sua immissione sul mercato che per la sicurezza dell’utilizzatore – datore di lavoro. Una “macchina” costruita in conformità alle Norme Armonizzate prima citate è “presunta” rispondente ai requisiti essenziali di sicurezza richiesti dalla Direttiva e, pertanto, sicura per quanto riguarda gli aspetti coperti da tali norme. Prima dell’immissione sul mercato o della messa in servizio, il fabbricante, o il suo mandatario residente nell’Unione europea, deve attestare la conformità della “macchina” ai requisiti essenziali di sicurezza previsti nell’allegato I della Direttiva mediante: dichiarazione CE di conformità (alla Direttiva Macchine e a tutte le direttive ad essa applicabili) marcatura CE (non richiesta sui componenti di sicurezza e sulle macchine destinate ad essere incorporate o assemblate con altre macchine per costituire una macchina ai sensi della Direttiva) Deve inoltre predisporre il “libretto d’uso e manutenzione” da consegnare all’acquirente insieme alla dichiarazione CE di conformità. Il fabbricante ha, inoltre, l’obbligo di raccogliere tutte le informazioni, le prove, le analisi necessarie a dimostrare la conformità del prodotto ai requisiti di sicurezza richiesti dalla Direttiva nel cosiddetto “Fascicolo Tecnico”, strumento fondamentale per l’Autorità di controllo in caso di accertamento a seguito di contestazioni di non rispondenza ai RES del prodotto stesso. L’ATTIVITÀ DEI SERVIZI DI PREVENZIONE La redazione della Dichiarazione CE di conformità da parte del costruttore, che lo autorizza ad apporre la marcatura CE sulla “macchina”, rappresenta un’assunzione di responsabilità per lo stesso circa la sicurezza della “macchina” ed il suo rispetto dei requisiti essenziali di sicurezza. Ciò equivale a dire che la “macchina” è sicura perché realizzata seguendo quel percorso progettuale, costruttivo, di prove, verifiche, documentale indicato in precedenza. La dichiarazione CE di conformità e la marcatura apposta sulla “macchina” rappresentano, perciò, per l’acquirente una sorta di “garanzia” che la stessa è sicura e che, pertanto, potrà usarla, o farla usare, senza rischi per la salute. Quanto sopra “potrebbe“ essere vero se: a) il costruttore avesse a disposizione le Norme Tecniche Armonizzate di tutte le possibili “macchine”; b) tali Norme Tecniche e/o le stesse Direttive di prodotto non presentassero carenze rispetto a particolari rischi; c) il costruttore applicasse correttamente le Norme Armonizzate e/o le Direttive. Dal momento che: - le Norme Armonizzate disponibili non coprono l’intera fascia delle “macchine”, possibili; - talune Norme Armonizzate, già pubblicate, non soddisfano completamente uno o più requisiti essenziali di sicurezza e salute e, pertanto, non conferiscono presunzione di conformità alla Direttiva per quel/i caso/i specifico/i (caso eclatante sono le norme EN 1726 – 1 ed EN 1459 relative alla sicurezza dei carrelli industriali); - i costruttori possono interpretare / applicare in modo errato sia le Norme Armonizzate che le Direttive per uno o più di questi motivi vengono immesse sul mercato “macchine” non rispondenti ai requisiti di sicurezza e che, pertanto, sono accompagnate da Dichiarazioni CE di conformità e con marcatura CE impropria. Quanto sopra, purtroppo, è confermato dall’attività di vigilanza espletata dai Servizi di Prevenzione delle ASL, e non solo, all’interno degli ambienti di lavoro. Le “macchine” marcate CE in modo improprio, senza considerare quelle che sono state manomesse dagli stessi utilizzatori per migliorare le caratteristiche produttive o di comodità di esercizio, evidenziano, il più delle volte, carenze derivanti da una sommaria progettazione e questa è strettamente connessa con un’insufficiente Valutazione dei Rischi presenti sulla macchina. Questa carenza può comportare l’adozione di soluzioni che rendono più complessa la gestione della macchina, se non anche la produttività, spingendo, o comunque favorendo, gli utilizzatori a manomettere o modificare la stessa a scapito della sicurezza come sopra ricordato. In assoluto, perciò, non è possibile affermare che le “macchine” marcate CE sono sicure sempre e comunque. Ad analoga conclusione si è giunti quando si è esaminato il D.Lgs. 359/99 (recepimento italiano della Direttiva Europea 95/63/CEE) che modificava il titolo III del D.Lgs. 626/94, là dove indicava l’obbligo, per gli utilizzatori di talune attrezzature, di adeguare secondo le prescrizioni supplementari previste nell’allegato XV, solamente quelle messe già a disposizione dei lavoratori alla data del Dicembre ’98 e non soggette a norme nazionali di attuazione di Direttive comunitarie concernenti disposizioni di carattere costruttivo. La marcatura CE o epsilon apposta su attrezzature prodotte seguendo tali Direttive non è sufficiente, per l’esperienza acquisita, a garantire la rispondenza delle stesse alle Direttive corrispondenti; si indicava, così, la necessità di una attenta Valutazione dei rischi nelle reali condizioni di utilizzo dell’attrezzatura, al fine di individuare ed adottare i provvedimenti conseguenti. Tornando alle “macchine” marcate CE, è bene ricordare che il controllo della loro conformità ai requisiti essenziali di sicurezza è effettuato dal Ministero delle Attività Produttive e dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali in quanto regolamentate da una Direttiva di “prodotto”. Solamente questi Ministeri possono intervenire presso il Costruttore o il Mandatario chiedendo interventi tesi a modificare la produzione industriale. Agli organi di vigilanza delle ASL è affidata una funzione collaborativa di segnalazione ai Ministeri citati delle “macchine” che presentano carenze ai requisiti di sicurezza riscontrate in sede di vigilanza e controllo. Giova ricordare che gli organi delle ASL, vigilando sulla corretta applicazione delle Direttive “sociali” in materia di igiene e sicurezza negli ambienti di lavoro (es. D.Lgs. 626/94 – D.Lgs. 277/91), possono intervenire nei confronti dal datore di lavoro, dei dirigenti, dei preposti, del medico competente e dei lavoratori con verbali di prescrizione e di disposizione al fine di riportare le situazioni irregolari riscontrate nell’ambito di quanto previsto dalla legge; per i costruttori e i commercianti la violazione contestata si riferisce al reato di costruzione o vendita di macchine non conformi ma non richiede l’intervento di modifica del prodotto. Gli organi di vigilanza della ASL devono, perciò, seguire linee comportamentali diverse nei confronti dei vari soggetti. Le linee comportamentali individuate traggono origine dalle due “tipologie” di carenze che l’operatore della ASL può incontrare durante l’attività di vigilanza: 1) carenze palesi o già manifestate in sede di utilizzo 2) carenze occulte. Va, innanzitutto, precisato che questa distinzione non compare né nella Direttiva europea 89/392/CEE e successive modifiche, né nel D.P.R. 459/96 di recepimento dello Stato italiano di tale Direttiva. Questa distinzione è stata introdotta ed approvata dai Presidenti delle Regioni e delle Province Autonome di Trento e Bolzano, nelle “Linee Guida per l’applicazione del D.Lgs. 626/94 in relazione alla emanazione del D.P.R. 459/96”, prodotte dal Gruppo Interregionale Macchine, per modulare le responsabilità dei vari soggetti. E’ bene chiarire cosa si intende per “carenza palese” e per “carenza occulta”. La prima si riferisce ad una condizione difforme da quanto previsto dalla Legge che può essere individuata effettuando una corretta Valutazione dei Rischi da parte di un tecnico competente in materia di igiene e sicurezza. Tale valutazione va condotta esaminando la documentazione a corredo della macchina e la macchina stessa. La seconda si riferisce ad una condizione di difformità che per essere individuata richiede interventi molto più complessi quali lo smontaggio della macchina o di qualche sua parte, il calcolo dimensionale di componenti meccanici od elettrici ecc., oltre che alla conoscenza approfondita di norme tecniche di riferimento. La diversa complessità di analisi richiesta delinea le diverse responsabilità dei vari soggetti coinvolti: datore di lavoro, costruttore/mandatario, commerciante, a seconda del caso. Nel primo caso si ritiene esistano responsabilità per tutti i soggetti citati; nel secondo solamente per il costruttore/mandatario. Nel caso di carenze palesi o già manifestate in sede d’utilizzo le procedure attuate dagli organi di vigilanza delle ASL sono: a) di tipo amministrativo, con comunicazione ai Ministeri competenti della non conformità della “macchina” ai requisiti essenziali di sicurezza; b) di tipo penale, nei confronti di tutti i soggetti - costruttore / mandatario, venditore, utilizzatore - applicando le procedure previste per ciascuno dei soggetti coinvolti secondo quanto indicato dalla Legge. Nel secondo caso, carenze occulte, le procedure attuate sono: a) di tipo amministrativo, come nel primo caso; b) di tipo penale, nei confronti del solo costruttore in quanto è l’unico soggetto che era a conoscenza, o che aveva il dovere di conoscere, quanto progettato e che aveva la responsabilità di costruire “macchine“ sicure. Per questo tipo di carenze si ritiene che non possa essere coinvolto il venditore. Nei confronti dell’utilizzatore, considerando lo stesso non responsabile della situazione in essere, si deve intervenire con lo strumento dispositivo per richiedere le modifiche necessarie alla macchina. INDICAZIONI PER UN ACQUISTO OCULATO Per scongiurare il rischio di acquistare una “macchina”, che dal 21 settembre 1996 è sicuramente marcata CE, ma che nonostante ciò può presentare carenze, si consigliano alcune azioni da attuare preliminarmente all’acquisto: 1. analizzare le eventuali condizioni di rischio che si potrebbero presentare al momento dell’inserimento nell’ambiente di un tipo di macchina rispetto ad un altro (livello di rumorosità prodotto, ingombri, ecc.); 2. prendere visione del libretto d’uso e manutenzione delle possibili macchine ritenute idonee ai propri scopi per verificare: a) quali e quanti rischi “residui” individua ed evidenzia un costruttore rispetto all’altro; b) tipo di formazione ed addestramento necessari per l’operatore; c) uso corretto e improprio previsto dal costruttore; d) facilità/difficoltà per il funzionamento, la regolazione, la manutenzione; e) dispositivi/protezioni di sicurezza applicati che facilitano/ingombrano l’utilizzo della “macchina”; 3. quale documentazione viene posta a corredo della “macchina” oltre a quella prevista per Legge; 4. prendere visione della macchina, possibilmente con un tecnico esperto in materia di igiene e sicurezza, per scongiurare almeno la possibilità di carenze palesi; 5. collaudo, dopo l’acquisto, per verificare la rispondenza della macchina al libretto d’uso e manutenzione e alle eventuali modifiche richieste in fase di trattativa. La richiesta della documentazione sopra indicata evidenzia la volontà di acquistare un prodotto sicuro, facile da usare e da gestire nel tempo, favorirà i costruttori attenti e corretti a scapito di chi lo è meno migliorando le condizioni di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro. Reggio Emilia, 12 Agosto 2002