S
1 77
Eugenio Biasin
IL PROF
SUL LETTINO
RIFLESSIONI E PROPOSTE
DI UN INSEGNANTE DI MATEMATICA
Copyright © MMX
ARACNE editrice S.r.l.
www.aracneeditrice.it
[email protected]
via Raffaele Garofalo, 133/A–B
00173 Roma
(06) 93781065
ISBN
978–88–548–3724-9
I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,
di riproduzione e di adattamento anche parziale,
con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.
Non sono assolutamente consentite le fotocopie
senza il permesso scritto dell’Editore.
I edizione: dicembre 2010
Indice
 Parte prima
Una seduta di “analisi”
Il “mestiere” dell’insegnante, . – Che cos’è la matematica?, . – L’Apologia, . – Io e la matematica, . – Matematica, idee e. . . schizofrenia, . – Matematica e divulgazione, . – Vette matematiche e scalatori, . – Matematica
e didattica, .
 Parte seconda
Una lezione di matematica “non liceale” per studenti liceali
Insiemi finiti, . – Insiemi numerabili, . – Insiemi non
numerabili, . – Verso l’Ipotesi del Continuo, . – Formulazione dell’ipotesi, . – Coerenza dell’ipotesi, . –
Indipendenza dell’ipotesi, . – Verità dell’ipotesi, . –
Sviluppi recenti, .
 Parte terza
Un’intervista virtuale
Professore, mi perdoni, so che non ha tempo da perdere,
ma che cos’è per lei la matematica?, . – Chi è e che cosa
fa il matematico?, . – Gli oggetti matematici si scoprono o si inventano?, . – In che cosa consiste la ricerca
matematica?, . – Esiste la bellezza in matematica?, . –
Esiste un rapporto fra la matematica e la religione?, .
 Bibliografia

Parte prima
Una seduta di “analisi”
Dialogo a una voce
— Salve Dottore.
— Buongiorno Professore, come va?
— Sopravvivo, grazie.
— Accomodiamoci pure nel salottino.
— D’accordo.
— Rompiamo il ghiaccio con la domanda di prassi:
perché si è rivolto a me?
— Beh, diciamo che vorrei portare a termine una dimostrazione per assurdo che provi la mia tesi riguardo
all’utilità della sua professione. Mi spiego meglio: io, da
buon matematico iper razionalista, considero la psicanalisi una disciplina (non una scienza!) pressoché priva di
fondamento e di conseguenza fondamentalmente inutile. Per dimostrarlo suppongo preventivamente che questa seduta di analisi mi porti un reale beneficio; nell’evolversi della seduta cercherò di dedurre da questa assunzione una contraddizione logica, la quale mi permetterà di
affermare, conseguentemente, che la supposizione fatta
inizialmente sia falsa, e quindi, per il principio del terzo
escluso, che la mia tesi originaria sia vera! Tutto chiaro?
— Non proprio, potrebbe rendere più comprensibile
il suo pensiero?


Il prof sul lettino
— Scherzavo Dottore, il motivo reale è che mi trovo
“nel mezzo del cammin di nostra vita”: ho insegnato per
vent’anni matematica al liceo e credo (anzi spero!) di averne altrettanti davanti. Penso quindi sia giunto il momento di fare un primo bilancio della mia attività e, dato che
le considerazioni che vorrei fare non interessano a nessuno, ritengo che lei, uno dei più affermati analisti in circolazione, obbligato per professione ad ascoltare i problemi
più o meno interessanti del prossimo (e profumatamente
remunerato per questo), possa essere la migliore, e forse
anche l’unica, scelta da fare per costringermi ad esternare
il mio pensiero.
— Direi che la sua motivazione, pur essendo sui generis, ha una sua validità intrinseca. La ascolto.
— Bene, da dove comincio. . .
Il “mestiere” dell’insegnante
— Mi faccia iniziare con alcune considerazioni preliminari sulla mia professione oggi, all’inizio del nuovo
millennio.
La scuola italiana somiglia sempre di più ad un gigantesco Titanic, in progressivo e inesorabile inabissamento!
La burocratizzazione impera, i fondi scarseggiano, il
livello medio della preparazione si abbassa, le richieste
si riducono, i correttivi estemporanei apportati dai vari
ministri non funzionano.
E gli insegnanti?
Beh, non credo ci sia un altro paese nel quale la professione di insegnante sia tanto dequalificata!
Lo stato sociale dell’insegnante è oggi paragonabile e
quello di un apprendista. L’opinione della gente è infar-
. Una seduta di “analisi”

cita di luoghi comuni: ha tre mesi di ferie, lavora mezza giornata, guadagna fior di soldi con le lezioni private,
può fare il doppio lavoro. . .
Il guaio è che questi luoghi comuni sono tutti veri! O
almeno, sono veri per come molti intendono il “mestiere” dell’insegnante.
Per usare un termine matematico, sono gli assiomi
che devono essere cambiati.
Oggi, per lo più, si sale in cattedra non per scelta ponderata, ma per mancanza di altre alternative, e in questo
modo, spesso, non si producono altro che danni.
L’insegnamento deve tornare ad essere una “missione”
(parola che oggi, nella versione anglofona “mission”, è
tornata di moda nella classe dirigente) e non un parcheggio, mal remunerato, ma pur sempre fonte di reddito.
È necessaria una seria preparazione universitaria indirizzata all’insegnamento, con tanto di reale tirocinio, seguita dal successivo inserimento nel mondo della scuola
che non necessiti di concorsi, concorsini, corsi abilitanti,
corsi riservati, e via dicendo.
Si deve crescere e diventare insegnanti, non esserlo
automaticamente grazie ad una laurea qualsiasi!
Riqualifichiamo la professione dell’insegnante, chiediamo di più agli insegnanti, anche in termini di tempo (lavorano solo mezza giornata!), e poi gratifichiamoli, anche in termini economici, ridando loro quel ruolo fondamentale che devono avere, quello di educare e formare
le nuove generazioni.
— Dal suo punto di vista la situazione pare davvero
frustrante.
— E lo è, ma per fortuna nel nostro mestiere la parte preponderante è la lezione in classe, e lì tutti questi
problemi rimangono fuori della porta. Sei tu con i tuoi

Il prof sul lettino
studenti, nessun altro; se “fai” l’insegnante o “sei” un insegnante appare chiaro a tutti, a te e a loro!
Ribadisco, a mio avviso l’unico modo per risollevare la
nostra povera scuola è quello di mandare in cattedra solo coloro che si sentono insegnanti, per vocazione. Basta
con le supplenze fatte per elemosinare i punti per le graduatorie, il valzer delle supplenze annuali, degli utilizzi,
il mercato delle assegnazioni delle cattedre!
Purtroppo so che molto probabilmente tutto questo
non succederà, almeno nell’arco degli anni in cui rimarrò
nel mondo della scuola.
Che cos’è la matematica?
— E ora, dottore, dopo questo sfogo forse retorico e
che sa di già sentito, vorrei entrare nel merito della questione, parlare di ciò che mi riguarda ancor più da vicino:
la matematica.
— E ora son dolori!
— Anche lei, vede. . . la reazione tipica del “resto del
mondo”.
Sono trascorsi ormai quasi trent’anni dalla pubblicazione di un volumetto che ha segnato la formazione di
molti insegnanti della mia generazione, Perché la matematica, del compianto Prof. Giovanni Melzi, ordinario di Logica Matematica presso l’Università Cattolica del Sacro
Cuore. Nel primo capitolo l’autore, tra l’altro il mio relatore di tesi, si divertiva ad immaginare un’inchiesta consistente in un questionario da sottoporre alle persone conosciute, e non, ridotto ad un’unica domanda: scusi, che
cos’è per lei la matematica?
. Una seduta di “analisi”

Le risposte, opportunamente trascritte e classificate,
permettono di individuare una serie di categorie che
vanno da coloro che provano un senso di terrore al solo udire il quesito, a coloro che vedono la matematica
esclusivamente come un insieme di procedimenti che
“servono”.
All’inizio del terzo millennio la situazione non è certo
cambiata e il rapporto nei confronti di questa enigmatica disciplina non si può certo dire sia divenuto idilliaco.
Facciamo un test, le va?
— Se proprio insiste. . .
— Mi dica dottore, conosce il nome di un premio Nobel italiano per la fisica?
— Vediamo. . . forse Fermi.
— Esatto, nel  per le scoperte sulla fissione nucleare.
— E più recentemente credo Rubbia
— Ancora esatto, nel  per la scoperta dei bosoni
intermedi (delle particelle elementari).
Bene, ora potrebbe dirmi il nome di un premio Nobel
italiano per la matematica?
— Non ne ho idea.
— E non può averne dato che il premio Nobel per la
matematica non esiste!
— E come mai?
— Beh, circolano alcune voci divertenti riguardo alla
tresca tra la moglie di Alfred Nobel e uno dei più famosi
matematici del tempo. . . Ma, a parte gli scherzi, il motivo pare essere semplicemente che la matematica non
rientrasse nel campo degli interessi di Nobel.
Comunque sia, i matematici non si sono scoraggiati a
causa di tale affronto ed hanno istituito, a partire dal ,
un premio di pari prestigio (anche se non di pari valore

Il prof sul lettino
economico!) denominato Medaglia Fields, in onore del
matematico John Charles Fields che la propose, la quale viene conferita, con scadenza quadriennale, durante il
Congresso Internazionale dei Matematici.
Non le chiedo se conosce il nome di qualche matematico italiano insignito di tale ambita onorificenza. . .
— E fa bene.
— Credo che non lo conosca pressoché nessuno al di
fuori dell’ambito matematico, e forse pochi anche all’interno (mi riferisco agli insegnanti di matematica).
Il nome è uno solo: Enrico Bombieri, medaglia Fields
nel  al Congresso Internazionale di Vancouver, nato
a Milano nel , il quale vive e lavora dagli anni settanta all’ Institute for Advanced Study di Princeton, New
Jersey. Bombieri è senz’altro il più grande matematico italiano vivente ed è considerato uno dei massimi esperti al
mondo nel campo della teoria dei numeri.
Lei mi dirà: chi l’ha mai sentito nominare? Nessuno,
appunto!
Nessuno parla di matematica, tanto meno i mass media.
Si capisce facilmente anche il motivo: dare la notizia
della scoperta di un nuovo pianeta all’interno di un nuovo sistema solare a centinaia di anni luce di distanza, accompagnando il tutto con splendide immagini fotografiche scattate dal telescopio Hubble, attira la curiosità anche dei più distratti; presentare un nuovo tipo di semiconduttore che consente una più ampia e rapida trasmissione dei bit di informazione, accompagnando il tutto con
immagini di avveniristici centri di elaborazione e computer di nuova generazione affascina le nuove generazioni;
il dibattimento sugli scottanti temi della bioetica riguarda
il futuro di tutti.
. Una seduta di “analisi”

Ma quanti sarebbero attratti da una notizia relativa alla dimostrazione della Congettura di Poincarè, peraltro
recentemente ottenuta? Forse qualcuno presterebbe attenzione solo se la si accompagnasse con il sorprendente
fatto di come lo scopritore, il matematico russo Gregory
Perelman, abbia rifiutato non solo la Medaglia Fields, ma
addirittura un premio da un milione di dollari messo in
palio dal Clay Mathematical Institute. (Sono davvero una
manica di pazzoidi questi matematici!)
Tutti sanno che cosa sia un pianeta, e tutti ormai conoscono il computer, ma quasi nessuno ha la più pallida
idea di che cosa sia un’ipersfera, oggetto della suddetta
congettura.
Il problema è che la matematica si occupa di entità
astratte, svincolate dal mondo reale, e per farlo utilizza un linguaggio prevalentemente simbolico, lontano dal
linguaggio comune, e per padroneggiare questo linguaggio è necessario un lungo apprendistato che la maggior
parte delle persone non è disposta a seguire.
— Non credo si possano biasimare, no?
— Forse, ma è un peccato perché si perdono un universo meraviglioso e ricco di sorprese non crede?
— Se devo dirle la verità ho i miei dubbi.
— Infatti, per tutti coloro che non hanno mai aperto
la porta d’accesso a quell’universo è impossibile anche
immaginare cosa ci sia all’interno, e quella porta si trova
al di là della matematica scolastica, purtroppo.
È necessario, pertanto, che gli insegnanti riescano almeno a far intravedere qualche barlume di “vera” matematica ai propri studenti, altrimenti. . . non trova?
— Ma che cos’è allora questa vera matematica?

Il prof sul lettino
L’Apologia
— Non potendo propinarle un corso introduttivo, che
lei sicuramente apprezzerebbe, mi permetta di citarle alcune frasi tratte da quello che si può considerare il manifesto del mondo matematico, un libretto scritto nel 
da uno dei maggiori matematici inglesi della prima metà del novecento, Godfrey H. Hardy. Il titolo è illuminante: Apologia di un matematico, un piccolo saggio definito dal recensore Graham Greene come la descrizione più riuscita di cosa significhi essere un “artista creativo” insieme ai Taccuini di Henry James. In poche pagine Hardy, alla fine della sua carriera, riesce ad analizzare lucidamente e malinconicamente il “mestiere di matematico” esprimendo ciò che tutti i matematici, dai più
grandi fino ai più miseri (gli insegnanti), provano facendo
matematica.
Guarda caso ho la mia copia, ormai consumata dall’uso, nella borsa; permette?
— Prego.
— Allora. . . solo qualche pillola di saggezza. . .
“Credo che la realtà matematica sia fuori di noi, che il
nostro compito sia di scoprirla o di osservarla, e che i teoremi che noi dimostriamo, qualificandoli pomposamente
come nostre creazioni, siano semplicemente annotazioni
delle nostre osservazioni”.
— E tutti la pensano in questo modo?
— A dire il vero no! Semplificando un po’ le cose si
può dire che esistono due posizioni ben distinte riguardo
alla natura della matematica: il platonismo e il formalismo.
Un matematico platonico crede che esista un mondo
delle idee matematiche, stile iperuranio platonico appun-
. Una seduta di “analisi”

to, nel quale i concetti matematici esistono indipendentemente da noi e, di conseguenza, la ricerca matematica si
può paragonare alla ricerca di un naturalista che si addentra in un territorio sconosciuto alla caccia di nuove
specie di flora e fauna. Per un platonico la matematica si
“scopre”.
Un matematico formalista, al contrario, pensa che la
matematica sia un complicato gioco creato dalla mente dell’uomo caratterizzato da una sola regola: rispettare le regole. Fissate, cioè, delle assunzioni iniziali, gli assiomi, tutto il resto è solo una logica conseguenza dedotto secondo regole prestabilite, le regole di inferenza.
Per un matematico formalista la matematica si “inventa”.
Chiaramente Hardy fu un esponente della posizione
platonista.
Un altro particolarissimo esponente della categoria è
stato Paul Erdős, un matematico ungherese trapiantato
negli Stati Uniti recentemente scomparso (), che aveva la particolarità di non avere una casa; passava dalla dimora di un matematico a quella di un altro, senza preavviso, facendo matematica con loro per dodici ore al giorno, fino allo sfinimento dell’ospite, dopodiché passava ad
un altro.
— Strano soggetto, non trova? Che lei sappia ha mai
incontrato un analista?
— Se per analista intende uno studioso di analisi matematica, di certo ne ha incontrati a migliaia, ma suppongo si riferisca ad uno “psico”–analista, nel qual caso la
risposta è molto probabilmente no. Infatti Erdős aveva
organizzato la sua vita con l’unico fine di massimizzare il tempo dedicato alla matematica, tutto il resto non
contava.

Il prof sul lettino
Pensi che amava affermare che Dio è in possesso di
un libro transfinito (cioè costituito da infinite pagine) nel
quale sono trascritti tutti i teoremi matematici con relative dimostrazioni, e quando è di buon umore ci permette
di dare una sbirciatina. Non è necessario credere in Dio,
diceva, ma dovete credere nel libro!
Splendido no?
— Mistico direi.
— Avrà certamente intuito per quale delle due filosofie io parteggi. . .
Leggiamo un altro brano.
“Archimede sarà ricordato quando Eschilo sarà dimenticato, perché le lingue muoiono ma le idee matematiche
no. Immortalità è forse una parola ingenua ma, qualunque cosa significhi, un matematico ha le migliori probabilità di conseguirla”
Non c’è dubbio che un teorema matematico, una volta dimostrato, entra nel corpo della matematica per non
uscirne mai più. La matematica, contrariamente alle scienze sperimentali, procede per accrescimento, è come un
gigantesco edificio che continua progressivamente ad ingrandirsi in tutte le direzioni, ma senza demolizioni, al
più solo alcune ristrutturazioni.
— Possibile che teoremi vecchi di centinaia d’anni abbiano ancora valore?
— Non solo è possibile, è certo! Come disse lo stesso
Hardy il teorema di Euclide sui numeri primi, dopo più
di duemila anni, non ha perso nulla della sua suprema
bellezza, non mostra nemmeno una ruga. Ne vuole un
assaggio?
— Proviamo.
— Come ben sa, un numero si definisce primo se ammette come divisori solo se stesso e l’unità, d’accordo?
. Una seduta di “analisi”

— Si, me lo ricordo.
— Supponiamo che di numeri primi ne esista solo un
numero finito, diciamo n; siano cioè: p1 , p2 , p3 , . . . , pn .
Ora costruiamo il nuovo numero
m = p1 · p2 · p3 · · · · · pn + 1,
ottenuto moltiplicando tra loro tutti i numeri primi ed
aggiungendo a tale prodotto l’unità.
— E a che serve questo nuovo numero?
— Un po’ di pazienza. Questo nuovo numero m, come
tutti i numeri, o è primo o non lo è, giusto?
— Giusto.
— Bene, proviamo a dividerlo per ognuno dei numeri
primi, p1 , p2 , p3 , . . . , pn , cosa otteniamo?
— Direi che resta sempre uno come resto, no?
— Esatto, quindi il nuovo numero m non è divisibile
per nessuno dei numeri primi. Quindi, o è lui stesso un
numero primo, e ciò è impossibile poiché m non fa parte della lista di tutti i possibili numeri primi, o non lo è,
e allora dovrebbe esistere qualche numero primo che lo
divide, ma ciò è impossibile come appena chiarito.
— Quindi abbiamo finito?
— Certo, infatti la supposizione che esista solo un numero finito di numeri primi ha condotto ad una contraddizione, di conseguenza deve essere falsa. Esistono, allora, infiniti numeri primi.
— Notevole.
— Già, con un semplice ragionamento per assurdo,
Euclide è riuscito ad imbrigliare l’infinito, a dimostrare,
senza alcun calcolo, che i numeri primi non possono che
essere infiniti. Ecco uno straordinario esempio della potenza, oltre che della bellezza, del pensiero matematico.

Il prof sul lettino
A proposito di bellezza, senta questa: “La bellezza è
il requisito fondamentale: al mondo non c’è un posto
perenne per la brutta matematica”.
— E quale sarebbe la matematica “brutta”?
— Le risponde direttamente Hardy: “La matematica
che può essere usata per gli scopi comuni da uomini comuni è insignificante. . . la vera matematica dei veri matematici, ammesso che ciò sia possibile, si deve giustificare solo come arte”. Per Hardy la matematica brutta è
proprio quella che “serve”, in effetti c’è poco di divertente nell’eseguire monotoni calcoli ed applicare formule,
bisogna scovare le idee.
Senta ancora: “Il matematico, come il pittore o il poeta, è un creatore di forme”, la matematica è, a suo modo,
una forma d’arte.
— Quindi i matematici sarebbero dei poeti?
— Un matematico che non abbia un po’ del poeta,
non può essere un perfetto matematico, diceva Weierstrass. Nell’immaginario collettivo non si direbbe, vero?
Senta questi versi: “Chi è sito a monte troneggia su
coloro ancor per valle, luminoso splendore prodigo spargendo con la sua saggezza”.
— Di chi sono?
— Più o meno miei. . . , sa come li ho composti?
— Dica.
— Memorizzando le cifre di pi greco:
π = 3, 141592653589793238 . . .
— Il numero delle lettere di ogni parola richiama. . .
— Esatto, ne esistono molte di queste poesiole, più o
meno belle, la mia è piutttosto riuscita che ne dice?
— Direi di sì.
. Una seduta di “analisi”

— Naturalmente non ho certo la presunzione di definirmi un poeta. . .
— Meno male.
— Un’ultima pillola: “Nessun matematico può permettersi di dimenticarsi che la matematica, più di qualsiasi
altra arte o scienza, è un’attività per giovani”.
— Questa poi. . . che significa? Niente matematica per
la mezza età?
— In un certo senso è proprio così, almeno quasi sempre. Pensi che nello statuto della Medaglia Fields è prescritto che tale riconoscimento può venire conferito solo
a matematici al di sotto dei quarant’anni di età. Sembra
una limitazione senza senso, ma inizialmente fu decisa
per incoraggiare i giovani matematici nel loro lavoro di
ricerca; ben presto, comunque ci si accorse che tale limitazione non condizionava per nulla l’attribuzione del premio, dato che praticamente nessun matematico ha ottenuto i suoi migliori risultati dopo i quarant’anni. Hardy
ne era perfettamente consapevole e, all’età di sessant’anni, guarda con rassegnazione alla sua passata attività di
ricercatore, senta: “Se scrivo “sulla” matematica è solo
perché, come ogni matematico che abbia passato la sessantina, non ho più la freschezza di spirito, né l’energia,
né la pazienza per continuare produttivamente nel mio
lavoro”.
L’inizio del saggio è addirittura crudele, senta: “Per un
matematico di professione è un’esperienza melanconica
mettersi a scrivere sulla matematica. La funzione del matematico è quella di fare qualcosa, di dimostrare nuovi
teoremi e non di parlare di ciò che è stato fatto da altri
matematici o da lui stesso. . . . Non c’è disprezzo più profondo, né, tutto sommato, più giustificato di quello che
gli uomini “che fanno” provano verso gli uomini “che

Il prof sul lettino
spiegano”. Esposizione, critica, valutazione sono attività
per cervelli mediocri”.
— Un po’ eccessivo, non trova?
— Le dirò, ogni volta che leggo questo passo mi sento un fallito. Io di nuovi teoremi ne ho dimostrati si e
no un paio, nel lavoro della tesi di laurea, quindi come
matematico valgo poco. Per fortuna ricordo molto bene
una frase del matematico italoamericano Gian Carlo Rota che dice: “La capacità di divulgare la matematica è più
rara della scoperta di un nuovo teorema”, probabilmente
la verità, come spesso accade, sta nel mezzo.
Comunque, come le dicevo, la maggior parte dei matematici si ritrova totalmente in queste affermazioni tanto che queste frasi sono in assoluto tra le più citate nelle
pubblicazioni del settore, addirittura compaiono in qualche romanzo di successo, come ad esempio Enigma di
Robert Harris.
È probabile che possano apparire, appunto, eccessive
o dogmatiche, ma io le trovo cristalline, o meglio “chiare
e distinte” come direbbe Cartesio.
— Ma la sua “vocazione” matematica come si è manifestata?
Io e la matematica
— A dirle il vero questa gran vocazione non l’ho mai
avuta, o meglio non mi sono accorto di averla. Certo a
scuola andavo bene, ma non solo in matematica, anzi,
probabilmente me la cavavo anche meglio in alcune altre discipline, ad esempio in italiano. Al momento della
scelta della Scuola Superiore ero affascinato dalla tecnologia, in particolare dall’elettronica, e così optai per l’I-
Scarica

il prof sul lettino