A cura dei bambini della Scuola Primaria “Dante Alighieri” di Turriaco a. s. 2006/2007 Con la collaborazione della Pro Loco di Turriaco 2 TURRIACO VISTO DA NOI • Origine del nome pag.4 • I luoghi pag.8 • Sviluppo demografico pag.27 • Proverbi e leggende dialettali pag.39 • L’alimentazione ieri-oggi pag.57 • I giochi del passato pag.69 • Alberi secolari pag.81 • La scuola pag.86 • Origine fantastica pag.92 • La giornata di Luigi pag.95 • Storie del passato pag.104 • Usi e costumi dei nonni pag.116 3 LA TOPONOMASTICA A cura delle classi quarte Con la collaborazione di G.Dellasorte Il 4 dicembre 2006 è iniziata l'attività “Alla scoperta del nostro paese” con l'incontro della signora Gabriella Brumat Della Sorte, intitolata “La Toponomastica di Turriaco”. Ben presto abbiamo capito che questo nome così curioso ha invece un significato molto importante: La Toponomastica è la scienza che studia i TOPONIMI, cioè i nomi di luogo, perciò indaga l'origine e il significato dei nomi di città, paesi, stati e così via. 4 Abbiamo scoperto che anche i nomi dei luoghi in cui siamo nati e viviamo, hanno un significato molto antico e addirittura vengono citati in alcune fonti storiche di secoli or sono, come il nome di “Turriaco”, il nostro paese. “Turriaco” potrebbe derivare dalle parole latine “Turrie aquae”, cioè “Torre in mezzo alle acque” (piccolo forte o accampamento romano vicino l'Isonzo), oppure potrebbe prendere il nome dal torrente Torre che forse anticamente sfociava in questo punto nell'Isonzo. Il nome “Turriaco” potrebbe anche derivare da parole di un'antica lingua slava (VII – IX secolo). TUR e IÀK significano “luogo, territorio, ricco di selve in cui si sono visti o cacciati i bisonti selvatici”. 5 Il documento storico più antico (una fonte scritta), giunto fino a noi, in cui viene nominato il paese di Turriaco, risale al 1267 e proviene dalla Cancelleria Patriarcale di Aquileia. Altri due documenti antichi citano Turriaco (uno del 1299 e l'altro del 1300) e riguardano alcune investiture di feudi da parte del Patriarca di Venezia. Anche l'origine del nome Isonzo, il nostro fiume, è interessante. Isonzo è un toponimo, anzi un IDRONIMO (nome di fiume) preromano molto antico di cui non si sa il significato. Si pensa sia un sostantivo usato in una lingua preistorica parlata in questi luoghi da una popolazione paleo-veneta che visse qui, ancora prima dei celti. I romani lo chiamavano AESONTIUM come si vede in due arette votive (monumento in pietra) nel Museo Archeologico Nazionale di Aquileia. 6 I romani che attraversavano il fiume senza aver avuto incidenti, per ringraziare il Dio Isonzo, mettevano vicino al guado che avevano attraversato, questi monumenti in pietra (arette). I romani lo chiamavano anche SONTIUS (come si vede sulla Tabula Peuntigeriana trovata nel 1500 e custodita in un grande Museo di Vienna. Questa tavola è la copia medievale (copiata dagli amanuensi) di una carta stradale (ITINERARIA) dell'Impero Romano, che risale al IV secolo. Nel Medioevo (VIII - IX secolo) veniva chiamato ISONTIUS o YSONTIUM (“in Turriacho ultra Isontium”, o “in Sacozano ultra Ysontium”). Nelle mappe veneziane del '700, nell'Archivio di Stato di Venezia, viene chiamato LISONZO e da questa parola deriva il nome che noi bisiachi diamo al nostro fiume: LISONZ. 7 I LUOGHI A cura della classe quinta Con la collaborazione di V.Spanghero e G.Dellasorte La Piazza La Chiesa pag.9 Palazzo Priuli, pag.14 Approfondimento pag.12 pag.16 Villa Mangilli L’area verde pag.21 Il Parco dell’Isonzo pag.25 pag.22 8 LA PIAZZA Da quando hanno cominciato a formarsi le città, la piazza è sempre stata fondamentale per la vita della città stessa e per i suoi cittadini; punto di incontro, luogo di commercio e di scambi, centro di ritrovo. Ancora oggi è così e a Turriaco il centro è proprio la Piazza Libertà. La piazza di Turriaco è stata ristrutturata nel 2005, è molto ampia e spaziosa, zona pedonale ed è di forma rettangolare. È chiusa su tre lati da edifici di particolare interesse storico: la Chiesa, gli edifici del “Curtivon”e la Villa Priuli. Prima la piazza era piccola e attorno c'erano due strade ed era pericoloso arrivarci. 9 La piazza è un grande piazzale pavimentato a sassolini alternati a lastre di pietra grigia. Non ci sono alberi o piante, tranne alcuni vasi di sempreverdi, posti davanti alla Villa Priuli. Al centro c'è una grandissima panchina bianca che la divide con lo schienale ondeggiato, una grande statua fatta di ferro con due frecce e un'altra in marmo con una grande colonna. Davanti alla chiesa ci sono dei pali di cemento. Il pavimento in certe parti è liscio in altre sassoso. Sul lato destro della piazza sorge la chiesa dedicata a San Rocco (protettore degli ammalati), costruita nel 1740 sulle basi di una chiesa più piccola che esisteva già nel 1500. Vicino alla chiesa c'è il campanile, costruito interamente in pietra nel 1756, alto 28 metri, con sette piani da cui si arriva alla cella campanaria dove ci sono tre campane (e possiamo assicurare che funzionano bene, il loro suono squillante non passa inascoltato!) Sotto la cella si trova l'orologio. In cima, oltre alla croce, c'è una bandierina di metallo che segna la direzione del vento e due lampadine rosse che servono a indicare la rotta degli aerei. Nella parte interna c'è un grande cancello in ferro che conduce al Curtivon, questa zona fu edificata dai conti Priuli come abitazione dei contadini, la stalla. Anche questo luogo è stato restaurato di recente, mantenendo il più possibile l'aspetto originale. 10 fatta costruire dai conti Priuli Ora ospita un ristorante, delle di Venezia verso la fine del abitazioni e un edificio 1600 e denominata “el palaz”. comunale, di color arancione, con le porte e la finestra verdi, qui ci sono delle sale del comune dove certe volte con la scuola andiamo a vedere delle mostre, ad esempio sulle bambole e sul risparmio energetico. Vicino troviamo la Villa Priuli, in stile veneziano, Ogni anno, quando è l'otto Dicembre, in piazza vengono messe le giostre e le bancarelle, tra cui le bancarelle dello zucchero filato, dei vestiti, dei giochi e le giostre come il bruco-mela e i seggiolini volanti. Durante le feste di Natale, di fronte la chiesa, viene costruito un presepe interamente fatto di legno e paglia. Per Pasqua vengono messe tre grandissime uova di cemento. Sono di colore giallo, blu e rosso, poste sulla paglia. Quando è primavera ci sono sempre tanti bambini piccoli che corrono con le biciclette. meno giovani, un luogo dove vengono organizzati incontri culturali e molte fiere. La piazza è pulita e carina, ma a noi bambini non piace molto perché avremmo voluto alberi e magari anche qualche gioco. La piazza, come cuore del paese, è un bel punto di incontro, ritrovo di giovani e 11 LA CHIESA La chiesa di Turriaco è stata costruita nel 1600. All'esterno è di color giallo e ha il tetto rosso carminio. Sulla facciata ci sono tre statue e dei bassorilievi; la porta di legno è scolpita e per accedervi bisogna salire due gradini. In cima al tetto c'è una croce di ferro e al lato della chiesa c'è il campanile che è grigio. Sul campanile c'è un orologio che una volta funzionava, mentre ora ha gli ingranaggi rotti o arrugginiti. All'interno c'è un altare del 700 fatto da Michele Zuliani, che lo aveva destinato alla chiesa S.Lucia di Udine. Dentro ci sono i banchi di legno e sul soffitto c'è un affresco fatto da Matteo Furlanetto, che raffigurava San Rocco tra gli appestati. Da un lato c'è anche l'autoritratto del pittore, sembra l' unico. Sotto l'altare sono sepolti i cuori dei fratelli Antonio (senatore della repubblica) e Girolamo (prete). Sulla porta laterale dell'altare è raffigurata Maria che va al Tempio, dipinta da Melchior Seteltzte nel 1611. La chiesa è un posto molto significativo per il paese di Turriaco. È altissima, quasi come una montagna larga come tutta la piazza. È di color giallo limone con delle colonne color panna che, quando arrivano alla fine, si arricciano verso l'esterno. Al centro c'è la statua di San Rocco con un cane, protetto con una rete perché altrimenti i piccioni vanno lì per farci i bisogni, a fianco a lui due alte finestre color acqua, sembra di vedere il mare per quanto sono colorati. 12 Il portone marrone ha dei disegni bianchi come la panna montata: in alto a destra e a sinistra c'è un pavone, al centro a destra una croce con attorno una specie di ghirlanda e dei pesci mentre al centro a sinistra c'è un pellicano; in basso e dentro c'è un grappolo d'uva. Sulla cima del tetto c'è una croce di metallo nera come il carbone. Sul lato sinistro c'è un'entrata con lo scivolo per i disabili. Dietro alla chiesa c' è il campanile grigio come un topo e alto più della chiesa. Davanti c' è la piazza: c'è un monumento grigio e alto come un lampione, vicino c'è la panchina lunga come un serpente e bianca come il Polo Nord. A noi piace andare a giocare in piazza e andare in chiesa ogni sabato. La chiesa fu eretta tra la fine del 600 e la prima metà del 700 nel luogo di una precedente più antica, forse risalente alla fine 400. Di forme classiche semplici, conserva al suo interno pregevoli opere d'arte, in primo luogo lo splendido altare maggiore barocco della bottega degli artisti udinesi Zuliani, come la pala di Giovanni Battista Grassi. Da notare inoltre le altre pale: dell'Immacolata, della Presentazione di Maria al tempio, e quella con l'Eterno Padre. Sul soffitto si estende il grande dipinto con San Rocco fra gli Appestati. 13 PALAZZO PRIULI Dopo la chiesa l'altro edificio di particolare interesse artistico e storico è quello che attualmente viene chiamato “Palazzo Fonda”,dal nome degli attuali proprietari. È una villa di stile veneziano “tipica casa veneta”, fatta costruire dai conti Priuli di Venezia verso il 1600 e denominata “El palaz”. La facciata è risorta con un caratteristico portale di pietra; due piccoli terrazzi completi di una ringhiera in ferro, di cui quello del primo piano sorretto da mensole in pietra. Le finestre, che si estendono in triplice ordine, sono contornate da cimase di pietra con ornamenti in ferro battuto. Un cornicione ricco di sagomature conclude l'edificio alla sommità. All'interno ci sono saloni centrali al piano terra e al primo piano, con soffitto in travi a vista decorate. Davanti ad un tipico caminetto situato al piano terra, vi sono gli altari in ferro battuto e recano la data 1708. Dietro il palazzo vi è un vasto parco ed una bassa torretta chiamata “la Colombara”, costruita nella stessa epoca, e forma, assieme al parco, un unico complesso con il palazzo. 14 Nel 1967 il Ministro della Pubblica Istruzione, ai sensi della legge 1giugno 1939, ha dichiarato tutto il complesso di “interesse particolarmente importante”e lo ha posto pertanto sotto la tutela della “sopraintendenza ai monumenti”. Come detto, il Palazzo fu costruito dai Conti Priuli, Giovanni Arsenio, ambasciatore veneziano, ebbe in dono il teschio di San Cornelio, attualmente custodito nella chiesa di Turriaco. Al casato dei Priuli non è legato soltanto il nostro paese, ma anche Gradisca, Monfalcone e Palmanova. Risulta che nel 1501 Bartolomeo Priuli era governatore di Gradisca. Nel 1615 un Priuli, generale veneziano, combatté sul territorio monfalconese contro le truppe arciducali austriache che avevano occupato Sagrado. Ciò dimostra come i monumenti antichi servano a conoscere la storia del nostro paese e di conseguenza le nostre origini. 15 APPROFONDIMENTO: PALAZZO PRIULI LA SUA STORIA A cura delle classi quarte Con la collaborazione di G.Dellasorte Di fronte alla chiesa di S.Rocco, ammiriamo l'unico palazzo di Turriaco, che oggi si chiama Palazzo Fonda, dal nome del proprietario che lo ha acquistato nell'anno 1914. Questo palazzo secoli fa fu molto importante per Turriaco e per tutta la bisiacaria, come abbiamo imparato quest'anno negli incontri con la signora Della Sorte, che ci ha parlato del Palazzo Priuli o meglio della Villa Priuli che è una villa veneta. 16 Questa storia comincia 400 anni fa quando Venezia era la capitale della Repubblica di San Marco o Serenissima e il Leone di San Marco era il suo simbolo. Venezia era molto potente e ricca e la flotta veneziana era mercantile e militare. Le nobili famiglie veneziane erano ricchissime e spesso decidevano di comprare terre perché se commerciavano e compravano soltanto navi mercantili e le barche affondavano, perdevano tutto il carico e tanti soldi, invece comprando le terre, anche se veniva un terremoto potevano ricostruire tutto e ricavare guadagni dalla terra e nessun pirata gliela avrebbe portata via. Nel centro del territorio acquistato queste nobili famiglie costruivano una Villa (cioè una fattoria) circondata da boschi, campagne e soprattutto campi. Con il passare del tempo possedere una Villa (fattoria) era diventato un segno di distinzione sociale, uno “status symbol” (anche Villa Manin di Passariano è una villa di questo tipo). Tutto intorno alla villa, e così pure a Villa Priuli, si estendevano i campi che venivano lavorati dai contadini. Il controllore del lavoro dei contadini era il fattore. comprendevano oltre “el Il proprietario della Villa (cioè il Palaz”: nobile veneziano insieme alla sua famiglia), rimaneva qui in estate per la mietitura del frumento (anche perché a Venezia faceva troppo caldo) e in autunno durante la vendemmia, così controllava che i contadini non lo imbrogliassero. Le proprietà della Villa Priuli, 17 il Parco, con alberi secolari pregiati; la Colombara, dove si allevavano le colombe che servivano anche per inviare i messaggi; il “Curtivon”, il grande cortile chiuso da case contadine e stalle; il Folador, cioè il follatoio, l'edificio dove si pigiavano le uve; 18 i Granai, che si trovavano sopra il follatoio; le stalle; le case dei contadini; la Chiesa di San Rocco. I Priuli al tempo della Repubblica di Venezia, erano così importanti che alcuni di essi diventarono Dogi (cioè il Capo dello Stato di Venezia), altri Cardinali. Erano riusciti a comprare molti terreni, fra questi il grande territorio che si estendeva dall'Isonzo al Carso fino al mare, e comperarono la Villa, chiamata Palazzo Contarini (che poi ampliarono e migliorarono) risalente al 1593. I Priuli la acquistarono nel 1647 circa e ci sono due documenti antichi che ne parlano, uno è a Monfalcone e uno a Venezia. La Villa rimase proprietà del Priuli fino al 1859, quando morì l'ultima loro discendente, Matilde Priuli, del ramo di S.Maria Formosa. 19 Matilde aveva sposato il Conte Folco e la villa passò in eredità al figlio maggiore che ne divenne proprietario. La villa rimase ai conti Folco fino al 1914, quando la vendettero ai Fonda. I Priuli ampliarono, abbellirono e migliorarono la villa e le sue proprietà nel corso dei secoli. Anche nella Chiesa di S.Rocco apportarono delle modifiche e fecero costruire l'altare di San Antonio, dove si trovava la reliquia insigna (il teschio) di S.Cornelio Papa, morto martire nel 250 d.C. Nel pavimento della Chiesa, ai piedi dell'altare, ci sono altre reliquie (dal latino relinquere, ovvero ciò che è rimasto), cioè il cuore di Girolamo II e Antonio Priuli. Il Ministero della Pubblica Istruzione, nell'anno 1967, decretò che Villa Priuli, chiamata “el Palaz”, fosse dichiarata di interesse particolarmente importante e venne sottoposta a tutte le disposizioni di tutela della protezione delle Belle Arti, che conserva i monumenti di interesse artistico e storico. Tutto questo ci fa capire quanto è importante che questo storico edificio sia mantenuto, conservato e valorizzato da noi, perché rappresenta un importante periodo di storia del nostro paese ed è l'unico di questo genere in bisiacheria. 20 VILLA MANGILLI Nel nostro paese, in via Garibaldi numero 1, c'è la Villa Mangilli, un palazzo a due piani con un portone rosso fuoco. Sopra il portone c'è un arco in cemento con delle decorazioni a foglia. In fondo al portone c'è la parte d'ingresso e vicino ci sono 5 finestre che danno sulla strada. Al secondo piano, ci sono il ballatoio con 6 colonnine ed altre 5 finestre contornate da una lavorazione in gesso che finisce a metà finestra con delle nappine. Il sottotetto è abbellito da una cornice lavorata a motivi floreali. Verso la piazza c'è un giardinetto con piante ed alberelli: c'è un sentiero molto corto di ghiaia che porta in un angolo del giardinetto dove si trova una fontana. Questa fontana rappresenta una donna che tiene il drappeggio del suo vestito, attualmente la fontana è priva d'acqua; da quel lato ci sono 12 finestre in tutto. Tre archi che poggiano su due colonne separano il giardino dall'entrata principale. La cosa caratteristica della villa è proprio la torretta del palazzo. Questa piccola torre è fatta di mattoni: il primo piano ha 2 finestre, invece il piano superiore ne ha 3 contornate da archi. L'ultimo piano ha 3 finestre per ogni lato e sotto la finestra centrale c'è una specie di targa rossa con un volto femminile. 21 L’AREA VERDE Per arrivare agli impianti sportivi di Turriaco, bisogna percorrere la Via Gramsci. Arrivati in fondo alla via, di fronte troviamo l'ingresso dello Stadio Marino Minin, girando sulla sinistra si arriva a un grande parcheggio e la strada termina lì. L'area verde di Turriaco comprende il campo di calcio, in cui gioca la prima squadra e la palestra, in cui giocano le squadre di basket e di pallavolo. Poi c'è il campo di sfogo, dove tutte le categorie si allenano. Arrivando con la macchina e posteggiando nei parcheggi di fronte, si può notare quanto segue: Di fronte, un po' nascosto da degli alberi, c'è un caseggiato che ospita degli spogliatoi usati dalle persone che praticano il tennis e il calcio a cinque, nascosti dagli spogliatoi e dagli alberi ci sono i campetti da tennis, da calcio e cinque campetti da basket. Sulla sinistra, ci sono delle abitazioni. 22 Sulla destra c'è l'ingresso della palestra e ai campi di calcio. Appena entrati dal cancello, sulla destra c'è un palazzino utilizzato come palestra e come terreno di gioco per il calcio, basket, pallavolo ed altro; ci sono sia i servizi, sia gli spogliatoi. Proseguendo, a sinistra, c'è un campo di calcio detto “di sfogo”, che viene utilizzato prevalentemente per gli allenamenti; effettivamente c'è più terra che erba, le porte sono senza reti e il campo non è segnato dalle righe bianche. Su di un lato c'è un magazzino. Alla fine della stradina, girando a destra, si nota: sulla strada, sempre sulla palazzina della palestra, ci sono gli spogliatoi e i servizi utilizzati per i campi di calcio; a sinistra c'è un piccolo parcheggio e il bar, quest'ultimo una volta veniva utilizzato anche per alcune feste di compleanno; di fronte c'è il campo di calcio, segnato per terra, con le panchine per le squadre, le porte con le reti, le bandierine dei calci d'angolo, con un bel tappeto d'erba seminata lo scorso anno, il campo in lunghezza misura 105 m mentre di larghezza 68, accanto a sinistra ci sono le tribune in cemento 3 piani lunghe quanto il campo, il campo è recintato da una rete che lo circonda, ci sono 3 porte per accedervi, una dove ci possono passare solo le persone, altre due che sono abbastanza larghe da far passare un camioncino con un rullo che usano per spianare il terreno. Tra il bar e il campo di calcio c'è un cancello che porta ad una baracca e alle tribune. La baracca probabilmente viene utilizzata per fare la griglia quando ci sono partite importanti. 23 La palestra ha diversi spogliatoi dove ci sono anche i bagni, poi c'è un corridoio che collega gli spogliatoi alla palestra. La palestra ha delle panchine e ci sono anche 2 materassi che si possono unire, poi ci sono alcune spalliere, delle corde per arrampicarsi, dei pali e delle scale anche per arrampicarsi, poi c'è una stanza dove ci sono tutti gli attrezzi: materassi, palle, palle mediche, bastoni, pedane. Il campo di sfogo era in passato un campo in cui giocava la prima squadra, ma, col passare degli anni, si è rovinato ed è stato usato come campo di sfogo; il campo ha diversi oggetti per fare percorsi o altro; ci sono ostacoli, birilli, cinesini. Infine ci sono i campetti d'erba sintetica, che sono stati costruiti circa ad aprile 2006. Sono due e sono stati costruiti dalla squadra dell'Adriatica di Monfalcone. Il campetto è piccolo, infatti si gioca a cinque per squadra, le porte sono grandi come quelle dei “pulcini”; i campi sono separati da una rete. Entrambi i campetti sono recintati da una rete. Tutto il campo è recintato da un muro. Quando siamo lì ci sentiamo liberi perché non si sentono rumori e non pensiamo ad altro che a giocare. 24 IL PARCO DELL’ISONZO Il Parco dell'Isonzo è un parco naturale istituito dal Comune di Turriaco. Istituendo questo parco il Comune ha cercato di tutelare le caratteristiche principali dell'habitat naturale, permettendo solo alcuni cambiamenti. Sono state disposte alcune panchine, creato un percorso salute con attrezzi ginnici, sistemati giochi per bambini e indicati parcheggi. Il parco è caratterizzato da alcune piante tipiche come l'acero, l'ontano, il carpino, il nocciolo, il noce, il melo selvatico, il pioppo, la roverella, il ciliegio selvatico, il tiglio selvatico e l'olmo siberiano. Questo parco è adatto per fare pic-nic, camminate, sport, divertirsi con gli amici ed osservare la natura. Ogni anno tutti noi bambini della scuola facciamo una bella camminata poi si fanno giochi di gruppo nell'oratorio con tutta la scuola e si mangiano panini con il wurstel e salse. 25 Gli alberi sono molto alti e grossi e alcuni hanno una X rossa che significa “non abbattere”. Parliamo ora un po' dell'Isonzo. Le sorgenti dell'Isonzo si trovano in Slovenia, tra il Mangart e il Tricomo (Triglav) e sono alimentate dalle abbondanti precipitazioni di cui è ricca la zona delle alte Alpi Giulia. Nel suo percorso verso il mare, il fiume compie degli zig-zag. A 4 km circa da Pieris inizia la Riserva Naturale Regionale della Foce con l'isola della Cona, poi a Punta Sdobba, finalmente l'Isonzo si getta nel “mar grando” dell'Adriatico. Quando piove molto l'acqua si alza e diventa di in marrone chiaro e scorre molto velocemente, invece quando c'è il sole ci sono solo piccole pozze d'acqua o ghiaia con un po' di fiume per rinfrescarsi. 26 LO SVILUPPO DEMOGRAFICO A TURRIACO A cura della classe IV° B Con la collaborazione di V.Spanghero Nonostante tutte le catastrofe, la popolazione nel mondo è sempre aumentata, ciò è successo anche a Turriaco. Oggi nel mondo si sono superati i sei miliardi di unità. Già in epoche antichissime, alcune tribù semibarbare cominciarono ad inoltrarsi nelle nostre zone, stabilendosi nelle radure e nei boschi, dove si sono fermati e hanno cominciato a costruire qualche capanna. Questa situazione è rimasta più o meno inalterata fino all'arrivo dei Romani. Successivamente, con l'arrivo delle popolazioni barbare, ci furono distruzioni e devastazioni. Solamente verso l'anno 1000 lentamente i confini vennero rassicuranti e la popolazione cominciò a costruire le prime case e la prima Chiesa. Con il Concilio di Trento (1545-1562), sì è stabilito di avere 3 registri (battesimi, morte, matrimoni) e si sono cominciati a registrare i primi dati (siamo alla fine del 1500); le prime documentazioni di dati registrati a Turriaco risalgono al 1630. Da quel momento la popolazione aumentò costantemente. 27 A causa della sciagurata guerra gradiscana del 1615-18, a Turriaco morirono ben 137 abitanti. Nel 1630 si contarono 202 abitanti e 46 case; poco più di un villaggio. Successivamente, nel corso del 1600, si riscontrò un breve aumento demografico. Nel 1675 la popolazione crebbe fino a raggiungere i 351 abitanti e nel 1743 si raggiunsero le 507 persone. Dal 1829 al 1850 ci furono 776 malati e 554 morti. In quegli anni la popolazione passò dai 791 abitanti del 1825 ai 1094 del 1850. Anche nella seconda metà del secolo continuò l’aumento demografico. A Turriaco dal 1851 al 1900, si ebbero 1990 nati e 1558 morti. In questo mezzo secolo, la popolazione crebbe da 1094 abitanti a 1347 abitanti, con un aumento di ben 253 unità. Alla fine del 1900 a Turriaco si contavano 1182 abitanti. L' aumento demografico, avvenuto durante questo secolo, causò un conseguente sviluppo urbano, che dette al nostro paese quella caratteristica rimasta quasi inalterata fino a qualche decennio fa. Lo sviluppo demografico continuò, nonostante lo scoppio della Prima Guerra Mondiale, aiutato anche dal fenomeno dell’immigrazione. Nel censimento del 1921, gli abitanti registrati a Turriaco da 1618, salirono a 1778, nel 1931 la popolazione aumentò fino a 1936 abitanti e nel 1951 si arrivò a 2378 abitanti. Tra il 1999 e il 2000 ci fu un picco della popolazione dovuto al fenomeno dell'immigrazione. Oggi Turriaco ha superato le 2600 persone. 28 Andamento demografico di Turriaco Dal 1600 al 2000 Anno N. abitanti 1630 202 1675 351 1743 381 1796 641 1809 780 1817 760 1823 802 1832 898 1844 990 1850 1094 1855 1049 1870 1098 1880 1212 1895 1338 1900 1182 1908 1400 1912 1485 1921 1618 1931 1778 1936 1936 1951 2378 1961 2265 1971 2190 1981 2245 1991 2163 1999 2382 29 16 30 16 75 17 43 17 96 18 09 18 17 18 23 18 32 18 44 18 50 18 55 18 70 18 80 18 95 19 00 19 08 19 12 19 21 19 31 19 36 19 51 19 61 19 71 19 81 19 91 19 99 Numero abitanti Andamento demografico di Turriaco dal 1600 al 2000 2400 2200 2000 1800 1600 1400 1200 1000 800 600 400 200 0 Anni 30 Natalità a Turriaco nel XIX Secolo Anno Persone nate 1801 48 1802 34 1804/05 49 1805/06 30 1809 50 1811 32 1813 46 1815 24 1817 36 1819 34 1820 48 1822 41 1823 44 1824 42 1825 46 1826 32 1828 44 1830 31 1831 40 1832 28 1834 54 1835 45 1837 40 1838 30 1841 44 31 1842 28 1843/44 38 1846 26 1850/51 41 1852 34 1855 30 1857/58 46 1860 30 1864 38 1866 35 1867 34 1869 48 1874 22 1875 48 1875/77 49 1877/78 42 1881/82 44 1882 40 1884 60 1887 46 1889 38 1890 44 1892 36 1895 56 1897 36 1898 38 1899 34 1900 42 32 Natalità a Turriaco nel XIX secolo 55 48 49 50 46 44 44 41 42 40 35 34 30 30 25 32 56 48 46 45 60 54 50 36 34 45 40 32 31 24 28 40 30 48 4849 46 44 38 28 20 44 46 44 42 40 42 38 36 3638 34 41 38 34 3534 30 30 26 15 22 10 5 81 18/82 82 18 87 18 90 18 95 18 98 19 00 anno 18 66 18 69 18 75 60 18 18 46 18 52 18 1 18 05 18/06 09 18 13 18 17 18 20 18 23 18 25 18 28 18 31 18 34 18 37 18 41 0 18 0 numero persone 60 33 Anno 1829 1831 1833 1834 1836 1838 1840 1842 1844 1848 1850 1852 1854 1855 1857 1860 1862 1864 1865 1870 1872 1875 1880 1881 1882 1886 1888 1890 1892 1894 1896 1899 1900 Mortalità a Turriaco nel XIX secolo Persone morte 18 12 28 26 60 24 34 14 18 26 23 28 40 91 35 21 24 32 41 48 12 34 25 32 22 24 16 28 32 30 24 16 36 34 18 2 18 9 31 18 3 18 3 34 18 3 18 6 38 18 4 18 0 42 18 4 18 4 48 18 5 18 0 5 18 2 54 18 5 18 5 57 18 6 18 0 62 18 64 18 65 18 70 18 72 18 75 18 80 18 81 18 82 18 86 18 88 18 90 18 92 18 94 18 96 18 99 19 00 persone morte Mortalità a Turriaco nel XIX secolo 95 90 85 80 75 70 65 60 50 40 30 20 10 0 anni 35 Un giorno a scuola è venuto il signor Spanghero e ci ha raccontato che nel 1855 c’è stata una grave malattia infettiva “il Colera” e moriranno 90 persone. Le malattie erano difficili da guarire perché non esistevano tutti gli antibiotici ed i medicinali che abbiamo oggi; inoltre era freddo e specialmente i più poveri non avevano molti vestiti con cui scaldarsi o proteggersi. Per accertarsi che la persona era morta si davano dei pizzicotti sulle gambe per vedere se l’ammalato reagiva; la persona che dava i pizzicotti veniva chiamato “el Spisiget.” Nel 1900 ci fu un aumento della popolazione e così Turriaco a quei tempi ebbe circa 3000 abitanti. Si mangiava poco e si ammalavano di più i bambini perché erano deboli. In quegli anni i piccoli nati potevano non vivere a lungo per gli stenti e le malattie che i medici non riuscivano a curare. 36 Mangiando poco, spesso anche sempre gli stessi alimenti, il fisico era più debole ed era più facile ammalarsi, anche dormendo nello stesso letto, perché in quel tempo c’erano tanti fratelli e sorelle e siccome erano poveri non potevano comprarsi altri letti e i figli dovevano dormire nella stessa camera dei genitori. Nascevano tanti figli, ma molti non sopravvivevano e gli adulti non vivevano così a lungo come ora. Il Signor Spanghero poi ci ha fatto vedere due vecchissimi registri trovati in chiesa, tra cui uno vecchio di 300 anni in cui c’erano scritti i nomi di tutti i morti di Turriaco. 150 anni fa in tutto il paese di Turriaco c’erano 75 mucche, 66 pecore e 23 cavalli. 37 Un tempo c’erano i norcini che bevevano il caffè con la grappa per farsi coraggio prima di uccidere il maiale. L’avvenimento più importante era uccidere il maiale e i bambini erano giustificati a restare a casa da scuola. Già da piccoli partecipavano attivamente all'avvenimento, tenendo la coda del maiale mentre veniva ucciso. IL COLERA Il Colera è una malattia molto pericolosa che non si poteva curare, ed era diffusa in tutti i paesi d'Europa. Le famiglie venivano informate su come riconoscere la malattia e soprattutto sui metodi curativi di primo intervento: tè di camomilla, di sambuco, di menta e di melissa, decotti d'orzo di riso di croste di pane, di frumento, fumenti secchi con mattoni o sacchetti di crusca caldi da collocarsi sotto le ascelle; pannolini caldi di flanella da applicarsi sul ventre. Sfregamenti a base di grappa, aceto, senape, canfora, pepe ed aglio. Queste “istruzioni” indicavano pure il trattamento da riservare ai morti: “nel caso di morte sarà sempre opportuno assicurarsi che il morto sia veramente morto”. L'epidemia arrivò nell'anno 1855, che fu detto “l'anno del colera”. Nel nostro paese nel decennio 1850-60 morirono di colera ben 390 persone mentre nella Contea di Gorizia e Gradisca i morti furono 5740. I comuni dovettero provvedere alla creazione di locali appositi per l'isolamento dei colerosi per evitare il propagarsi del contagio. 38 PROVERBI E LEGGENDE DIALETTALI Il dialetto è come i nostri sogni, qualcosa di remoto e di rivelatore: il dialetto è la testimonianza più viva della nostra storia, è l’espressione della fantasia. (F.Fellini e N.Gigante) Con queste parole la sig. M.Dorsi ha iniziato le sue lezioni, noi bambini abbiamo sviluppato tre argomenti: I proverbi dialettali p.40 La leggenda “I tre fradei” p.44 La leggenda “Il Lago de Dobardò” p.51 39 I PROVERBI DIALETTALI A cura della classe quinta Con la collaborazione di M.Dorsi Un giorno è venuta la signora Marina Dorsi a spiegarci i proverbi in dialetto bisiacco portandoci un libretto di poche pagine. All'inizio c'era una spiegazione dei proverbi in generale, successivamente iniziavano i proverbi bisiachi con sotto la spiegazione in italiano. Infine c'era un racconto dei tre fiumi: Lisonz, la Drava e la Sava. In base ad ogni proverbio, abbiamo poi fatto dei disegni. 40 41 42 43 I TRE FRADEI A cura delle classi quarte Con la collaborazione di M.Dorsi Al prinzipio dei sècui, ta 'l mezo de monte altone viveva tre fradei, par dir mei do sorele e un fradel un poc più zovin. Al principio del tempo, tra monti altissimi, vivevano tre fratelli, o meglio due sorelle e un fratello un po' più giovane. 44 Sti fradei e era tre surtive e i se ciamava Drava, Sava e Lisonz. Questi fratelli erano tre sorgenti e si chiamavano Drava, Sava e Isonzo. Un zorno per zugo i ga fat tra de lori 'na scomessa: - Chi che de noi riva prima ta 'l mar grando? - Da l'alt riva la vose del Pareterno: - Ve lasso lìbari, ma vardè de èssar de parola. Ti Drava ciàpa sto piconeta, ti Sava ciàpa sta manareta e ti Lisonz, che te xe 'l più piciul, no me resta che darte ste scarpe cu le broche de fer e 'l pontal de azal. Ma vardè de èssar de parola e de partir insieme a la terza cantada! Un giorno per scherzo hanno fatto una scommessa: - Chi di noi arriva prima al mare grande? - Dall'alto arriva la voce del Padreterno: - Vi lascio liberi, ma guardate di essere di parola. Tu Drava prendi questo piccone, tu Sava prendi questa scure e a te Isonzo, che sei il più piccolo, non mi resta che darti queste scarpe con le punte di acciaio. Ma vedete di essere di parola e partite all'alba! 45 Ma Drava, zita, zita, verzendose la strada cu la piconeta, i ghe la dà ta 'l scur de luna. Ma la Drava, in silenzio, parte quando è ancora buio e la luna brilla in cielo e si apre la strada con il piccone. 46 La Sava la scuminzia a corarghe drio zoncando cu la manareta boschi de làresi e pini. La Sava si accorge che è partita prima e comincia a correrle dietro abbattendo con la scure boschi di larici e pini. 47 Al Lisonz se svèa e 'l se nacorze de l'inbroièz. L'Isonzo si sveglia e si accorge dell'imbroglio. Al terzo cant del gal, al Lisonz rabioso al taca a tirar pedade ai creti. All'alba, l'Isonzo comincia a colpire e a dare pedate ai massi. 48 A mezozorno, cu le scarpe fruade, al riva in bas: al se stravaca e tut beato al cuntinua a sbrissar pian pian cu la coda slargada. Squasi al xe un fiume. A mezzogiorno, con le scarpe consumate, arriva in basso: si distende, si allarga e tutto beato continua a scivolare con la coda allargata. È quasi un fiume. Co 'l xe za vizin del mar la vose del Pareterno la se fa viva de nou: - Te go iutà, Lisonz, e te go fat rivar primo parchè te xe sta de parola! – Quando è vicino al mare, la voce del Padreterno si fa viva di nuovo: - Ti ho aiutato, Isonzo, e ti ho fatto arrivare primo perchè sei stato di parola! - 49 50 IL LAGO DE DOBARDÒ A cura delle classi quarte Con la collaborazione di M.Dorsi Miliardi di anni fa tutto il mondo era coperto da una quantità enorme di acqua. Una lunga pioggia, che era durata 2 mesi aveva coperto tutto: uomini, case ... 51 ... campi ... ... e persino la montagna più alta! 52 Noè, sopra ad una grande barca, andava in cerca di un luogo asciutto per scendere e camminare, ma vedeva solo acqua torbida e ghiacciata. Era stanco di vedere tutta quest'acqua e per di più era una settimana che aveva finito la provvista del vino portato con lui sulla sua barca. 53 Piano piano il livello dell'acqua si mise a calare e la barca scendeva, scendeva... ... fino a che sbatté con un tonfo su qualcosa di solido ... 54 ... intanto la barca, sbattendo sulle rocce, scendeva sempre di più finché si fermò sistemandosi in una conca d'acqua, là dove ora si trova il lago di Doberdò. Noè saltò fuori tutto contento e cominciò a correre tenendo strette nella mano delle barbatelle di vite. Corri e corri, arrivò in cima al Cosic e vide dove era arrivato: campi, praterie, praticelli lontani fino a che gli occhi riuscivano a vedere... 55 E subito cominciò a piantare le barbatelle. Così furono piantate le prime viti qui da noi. 56 ALIMENTAZIONE IERI-OGGI A cura della classe quinta Con la collaborazione di V.Spanghero Abbiamo letto le nostre interviste e abbiamo osservato come sia cambiata la nostra alimentazione rispetto a quella dei nostri nonni, oggi si mangia più di una volta: si commettono anche molti errori alimentari. Si mangiano troppi grassi e zuccheri, che possono causare diverse malattie, si mangia poco pesce e troppa carne e non si beve abbastanza latte. Molta gente 50-60 anni fa mangiavano meno e in maniera diversa. Chi però poteva permetterselo mangiava spesso la carne e il pesce. Alcuni cibi non esistevano proprio (merendine,dolciumi vari, bibite varie, cibi congelati e surgelati, cibi precotti, ...). La nostra alimentazione è migliore di quella di una volta? In un certo senso sì e in un altro no, perchè oggi abbiamo un'alimentazione molto varia, ma sono aumentate nei cibi le sostanze chimiche, coloranti, additivi ... 57 Abbiamo delle alternative nella scelta del cibo oppure siamo costretti a nutrirci con verdura, frutta, pane ...? No, abbiamo molte alternative nella scelta del cibo ma spesso abusiamo di cibi non troppo corretti (merendine, dolcetti, bibite, cibi precotti, sughi pronti ...) Come mai? La vita di oggi è molto frenetica, quindi è molto più comodo acquistare i cibi già pronti e confezionati. Tutti noi siamo “Più viziati”, spesso non ci va bene niente; una volta invece non c'erano tante possibilità e si doveva mangiare quello che si trovava in tavola, anche se talvolta non piaceva. I prodotti biologici che cosa sono? I prodotti biologici sono prodotti coltivati senza molti prodotti chimici (pesticidi) essi costano di più ma hanno una maggiore qualità. La loro durata di conservazione è minore. 58 Colazione in estate Cibi Nonni Cibi Noi Frutta 3 7,14% Frutta 0 0,00% Merendina 1 2,38% Merendina 1 2,78% The caldo, biscotti e spremuta 2 4,76% The caldo, biscotti e spremuta 12 33,33% Dolci 0 0,00% Dolci 3 8,33% Yogurt 1 2,38% Yogurt 2 5,56% 1 2,78% 0 0,00% 5 13,89% Pane e marmellata 14 33,33% Pane e marmellata Nulla 2 Toast o frutta e latte 5 Polenta 2 4,76% Polenta 0 0,00% 12 28,57% Caffelatte 12 33,33% Caffelatte Colazione in estate nonni 4,76% Nulla 11,90% Toast o frutta e latte Colazione in estate noi Frutta Frutta Merendina The caldo, biscotti e spremuta Merendina Dolci Yogurt Pane e marmellata Nulla Toast o frutta e latte Polenta Caffelatte The caldo, biscotti e spremuta Dolci Yogurt Pane e marmellata Nulla Toast o frutta e latte Polenta Caffelatte 59 Colazione in inverno Cibi Pane e marmellata Latte e panna Caffelatte Nonni 10 1 21 Cibi 30,30% Pane e marmellata 3,03% Latte e panna 63,64% Caffelatte Noi 0 0,00% 14 42,42% 1 3,03% Pane tostato 0 0,00% Pane tostato 0 0,00% Nulla 1 3,03% Nulla 1 3,03% Yogurt 0 0,00% Yogurt 3 9,09% Spremuta 0 0,00% Spremuta 3 9,09% Toast 0 0,00% Toast 5 15,15% The con biscotti 0 0,00% The con biscotti 6 18,18% Colazione in inverno nonni Colazione in inverno noi Pane e marmellata Latte e panna Caffelatte Pane tostato Nulla Yogurt Spremuta Toast The con biscotti Pane e marmellata Latte e panna Caffelatte Pane tostato Nulla Yogurt Spremuta Toast The con biscotti 60 Merenda in estate Cibi Nonni Frutta 7 Cibi Noi 22,58% Frutta 6 18,75% Pane e marmellata 10 32,26% Pane e marmellata 0 0,00% Nulla 10 32,26% Nulla 8 25,00% Latte 2 6,45% Latte 2 6,25% Uova sode 2 6,45% Uova sode 0 0,00% Merendina 0 0,00% Merendina 4 12,50% Succo 0 0,00% Succo 7 21,88% The e fette biscottate 0 0,00% The e fette biscottate 2 6,25% Gelato 0 0,00% Gelato 2 6,25% Panino 0 0,00% Panino 1 3,13% Merenda in estate nonni Merenda in estate noi Frutta Pane e marmellata Nulla Latte Uova sode Merendina Succo The e fette biscottate Gelato Panino Frutta Pane e marmellata Nulla Latte Uova sode Merendina Succo The e fette biscottate Gelato Panino 61 Merenda in inverno Cibi Nulla Pane e marmellata Nonni 9 13 Cibi Noi 34,62% Nulla 6 20,69% 50,00% Pane e marmellata 0 0,00% Uova sode 2 7,69% Uova sode 0 0,00% Caffelatte e biscotti 2 7,69% Caffelatte e biscotti 2 6,90% Panino 0 0,00% Panino 10 34,48% Merendine 0 0,00% Merendine 6 20,69% Succo 0 0,00% Succo 4 13,79% Frutta 0 0,00% Frutta 1 3,45% Merenda in inverno nonni Merenda in inverno noi Nulla Pane e marmellata Uova sode Caffelatte e biscotti Panino Merendine Succo Frutta Nulla Pane e marmellata Uova sode Caffelatte e biscotti Panino Merendine Succo Frutta 62 Pranzo in estate Cibi Minestra Nonni Cibi Noi 13 25,49% Minestra 0 0,00% Carne 4 7,84% Carne 0 0,00% Pasta 11 21,57% Pasta 25 47,17% Fagioli 3 5,88% Fagioli 0 0,00% Polenta 4 7,84% Polenta 0 0,00% Patate 5 9,80% Patate 0 0,00% Verdura 5 9,80% Verdura 5 9,43% Riso 3 5,88% Riso 7 13,21% Brodo 3 5,88% Brodo 0 0,00% Salumi 0 0,00% Salumi 3 5,66% Frutta 0 0,00% Frutta 9 16,98% Pizza 0 0,00% Pizza 2 3,77% Pane 0 0,00% Pane 2 3,77% Pranzo in estate noi Pranzo in estate nonni Minestra Carne Pasta Fagioli Polenta Patate Verdura Riso Brodo Salumi Frutta Pizza Pane Minestra Carne Pasta Fagioli Polenta Patate Verdura Riso Brodo Salumi Frutta Pizza Pane 63 Pranzo in inverno Cibi Nonni Minestra 11 Cibi 22,45% Minestra Noi 5 11,63% Carne 9 18,37% Carne 19 44,19% Brodo 5 10,20% Brodo 0 0,00% Pasta 6 12,24% Pasta 0 0,00% Fagioli 4 8,16% Fagioli 5 11,63% Nulla 2 4,08% Nulla 0 0,00% Verdura 4 8,16% Verdura 0 0,00% Uova sode 2 4,08% Uova sode 5 11,63% Polenta 6 12,24% Polenta 3 6,98% Pizza 0 0,00% Pizza 3 6,98% Riso 0 0,00% Riso 2 4,65% Salumi 0 0,00% Salumi 1 2,33% Pranzo in inverno nonni Minestra Carne Brodo Pasta Fagioli Nulla Verdura Uova sode Polenta Pizza Riso Salumi Pranzo in inverno Minestra Carne Brodo Pasta Fagioli Nulla Verdura Uova sode Polenta Pizza Riso Salumi 64 Merenda in estate Cibi Nonni Cibi Noi Nulla 8 34,78% Nulla 0 0,00% Frutta 6 26,09% Frutta 11 30,56% Pane e marmellata 6 26,09% Pane e marmellata 2 5,56% caffelatte 3 13,04% caffelatte 0 0,00% Panino 0 0,00% Panino 2 5,56% Yogurt 0 0,00% Yogurt 4 11,11% Omlette 0 0,00% Omlette 2 5,56% Cioccolata 0 0,00% Cioccolata 2 5,56% Limonata 0 0,00% Limonata 3 8,33% Merendine 0 0,00% Merendine 3 8,33% Gelato 0 0,00% Gelato 5 13,89% Succo 0 0,00% Succo 2 5,56% Merenda in estate nonni Nulla Frutta Pane e marmellata caffelatte Panino Yogurt Omlette Cioccolata Limonata Merendine Gelato Merenda in estate noi Succo Nulla Frutta Pane e marmellata caffelatte Panino Yogurt Omlette Cioccolata Limonata Merendine Gelato Succo 65 Merenda in inverno Cibi Nonni Nulla 8 Pane e marmellata 11 Cibi Noi 30,77% Nulla 3 75,00% 42,31% Pane e marmellata 0 0,00% Frutta 4 15,38% Frutta 4 12,12% caffelatte 3 11,54% caffelatte 1 3,03% Merendina 0 0,00% Merendina 5 15,15% Bibite 0 0,00% Bibite 4 12,12% Crackers 0 0,00% Crackers 4 12,12% Succo 0 0,00% Succo 4 12,12% Panino 0 0,00% Panino 4 12,12% Cioccolata 0 0,00% Cioccolata 3 9,09% Pop-corn 0 0,00% Pop-corn 1 3,03% Merenda in inverno nonni Nulla Pane e marmellata Frutta caffelatte Merendina Bibite Crackers Succo Panino Cioccolata Pop-corn Merenda in inverno noi Nulla Pane e marmellata Frutta caffelatte Merendina Bibite Crackers Succo Panino Cioccolata Pop-corn 66 Cena in estate Cibi Nonni Cibi Noi Uova 13 19,40% Uova 1 2,13% Pane 3 4,48% Pane 3 6,38% 8 17,02% Verdura 10 14,93% Verdura Riso 3 4,48% Riso 2 4,26% Fagioli 3 4,48% Fagioli 0 0,00% Polenta 8 11,94% Polenta 0 0,00% Minestra 3 4,48% Minestra 3 6,38% Pesce 5 7,46% Pesce 0 0,00% Patate 3 4,48% Patate 0 0,00% Carne 9 13,43% Carne 13 27,66% Formaggio 5 7,46% Formaggio 1 2,13% Nulla 2 2,99% Nulla 0 0,00% Pizza 0 0,00% Pizza 7 14,89% Frutta 0 0,00% Frutta 2 4,26% Pasta 0 0,00% Pasta 7 14,89% cena in estate nonni cena in estate noi Uova Pane Verdura Riso Fagioli Polenta Minestra Pesce Patate Carne Formaggio Nulla Pizza Uova Pane Verdura Riso Fagioli Polenta Minestra Pesce Patate Carne Formaggio Nulla Frutta Pizza Frutta Pasta Pasta 67 Cena in inverno Cibi Nonni Cibi Noi Minestra 7 11,29% Minestra 16 30,19% Polenta 11 17,74% Polenta 0 0,00% Verdura 11 17,74% Verdura 8 15,09% Carne 21 33,87% Carne 5 9,43% Frutta 3 4,84% Frutta 2 3,77% Uova 5 8,06% Uova 1 1,89% Pesce 4 6,45% Pesce 6 11,32% Pasta 0 0,00% Pasta 8 15,09% Pizza 0 0,00% Pizza 2 3,77% Brodo 0 0,00% Brodo 4 7,55% Formaggio 0 0,00% Formaggio 1 1,89% Cena in inverno noi Cena in inverno nonni Minestra Polenta Verdura Carne Frutta Uova Pesce Pasta Pizza Brodo Formaggio Minestra Polenta Verdura Carne Frutta Uova Pesce Pasta Pizza Brodo Formaggio 68 I ZUGHI DE ‘NA VOLTA A cura delle classi quarte. Con la collaborazione di V.Spanghero. A Primavera le bambine A primavera le bambine raccoglievano i fiori, ne facevano dei mazzetti per ornare credenze o camerette. I bambini e le rane I bambini a Pasqua svuotavano i rami freschi del sambuco per fare la cerbottana. Nei canali d'irrigazione i maschi catturavano i ranocchi e li gonfiavano con le cannucce. 69 Scussoni In Aprile, Maggio i “scussoni”, cioè i maggiolini, venivano fuori dalla terra per appoggiarsi sulle punte dei rami degli alberi dove le foglie erano appena fuori. Una volta nei campi si buttava letame di vacca ed era pieno di “scussoni” dappertutto. Adesso con i veleni nuovi i “scussoni” sono tutti spariti. I bambini andavano in cerca di loro la mattina presto quando erano ancora freddi e non avevano voglia di volare. Si vedevano in fila sui rami dei castagni quando le foglie stavano sul fondo del ramo. Dopo li legavano con il filo da cucito per una zampa e li facevano volare intorno. Tutti avevano il loro “scusson” e li portavano a scuola. Tutti ridevano e il maestro il più delle volte lasciava perdere. 70 Nascondino A nascondino si gioca così: un bambino doveva contare fino a 30 e gli altri dovevano nascondersi. Chi veniva trovato doveva correre sull’albero su cui il bambino aveva contato e dire: - 1, 2, 3 per me! - Se quello che aveva contato arrivano per primo doveva dire: -1, 2, 3 per ..... - e diceva il nome del bambino trovato. Chi veniva beccato per primo contava e il gioco ricominciava. Questo gioco è ancora usato ai nostri giorni. A sassetti su Lisonz In estate l' Isonzo è asciutto senza acqua, si andava a sassetti. A casa non erano tanto contenti perché avevano paura: si sentiva in giro di disgrazie di bambini che annegavano o che trovavano qualche bomba che scoppiava. In combriccola da quattro a cinque ragazzi con le pantofole, ma anche scalzi, andavamo a piedi sull'Isonzo. Quando arrivavi dopo la riva dell'argine c'era la ghiaia. Prendevi i sassetti tondi fatti apposta per la fionda, qualche bella “pea” con tanti colori e vene e qualche bel ciottolo, che magari aveva una forma che ti faceva ricordare qualcosa. Insomma ti riempivi le tasche di sassi. Poteva capitare di trovare “menadisse de legno”, radici di legno, o qualche ceppo. Camminare sulla ghiaia dell’Isonzo scalzi, era bellissimo, anche se camminare sui sassi grossi dopo un poco ti faceva male alla pianta dei piedi; 71 camminare sulla ghiaia fina era meglio. Quando si arrivava, c’era acqua ferma e si trovavano belle strisce di sabbia. Allora lì si facevano corse avanti e indietro, si giocava a prendersi e si faceva anche la lotta. Tutti sporchi si andava nell’acqua a “tociarse” e si tornava a casa. I sassetti si posavano su qualche finestra e qualche mamma stanca di vederli e spostarli di qua e di là, li buttava fuori nel cortile. Il cavallo Si prendeva una canna di pannocchia sul braccio o nel grembiule e col coltellino si facevano due linguette lunghe dieci centimetri. Si alzava la buccia senza toccarla e si piegava la canna ad angolo in tal modo che le linguette restassero su. Così messa la canna, assomigliava alla testa di un cavallo con le orecchie e tutto. Per coda gli legavano un pennacchio di caneta. Per redini si metteva una stoffa, un legnetto o si legava un pezzo di spago. Si prendevano le redini in mano e mettendosi a cavallo della canna, si cominciava a correre a tutta forza. Dopo una bella corsa si prendeva fiato facendo con le labbra: - Brrr brrr – e si diceva: - Vai piano, Baio, vai piano, appoggia.- Quando si battevano i piedi davanti e lisciando i piedi nella polvere della canna dietro, si 72 faceva credere di essere un vero cavallo, era veramente bellissimo! Si faceva: - Iii…ii! – e si tornava a correre. Tiri co la potassa Alla festa dell‘Immacolata, del Carnevale, di San Rocco e quando alla sera della settimana di Pasqua veniva fatto la processione dalla Resurrezione, i bambini facevano “i tiri in la potassa”. Andavano in farmacia a comperare 20 lire di polvere, si diceva per fare i gargarismi, altrimenti non te la dovevano. Era una polverina bianca e fine e si mescolava, mezzo e mezzo, con lo zolfo che si dava alla vite. Si metteva la polverina sul marciapiede o su una pietra e si copriva con una “pea” (sasso piatto). Poi con il tallone gli si dava una forte calcagnata. Veniva fuori in mezzo a un fumo celestino, una fiammata e un forte scoppio. Se la presa era grande per non farsi male al piede, sopra della pea, si buttava una grande pietra. In quei giorni si facevano tiri da tutte le parti. 73 La capanna Per costruire la capanna si sceglieva un posto come l'orto, la stalla, il pollaio. Si cominciavano ad ammucchiare le cose come pezzi di legno e di lamiera. Subito i bambini entravano e uscivano. La capanna veniva coperta con delle ramette di edera. Il gioco veniva cambiato ogni momento, si portavano a dormire le pupe e si portavano da casa un paio di sgabelli e si giocava. 74 Nizul - altalena È un gioco vecchio come il mondo e si può dire che siamo nati con quello. Le mamme cominciavano a dondolarti in braccio e a cantarti la ninna nanna quando eri appena nato. Ti dondolavano nella cesta o nel letto per addormentarti, e poco dopo quando incominciavi a camminare, il papà o gli zii ti facevano l'altalena. Sotto una trave della stalla, del portico o sul ramo di qualche albero fuori nel cortile legavano le due estremità della corda in modo che sciolta pendolava a misura di sedia. Si metteva una tavoletta orizzontalmente per sedersi e l'altalena era pronta. Per dondolarti da solo dovevi spingerti con le gambe movendole avanti e indietro, se eri in compagnia, dopo aver litigato per il posto, ci si spingeva a turno un po' a ciascuno. L' altalena si può dire che va su e giù, avanti e indietro come gli alti e i bassi della vita. Saltare i canaletti Andando in giro per i campi qualche volta si andava lungo i canaletti nell'acqua a guardare se c'erano rane o sanguisughe. Dopo si tagliava un albero lungo tre metri di platano che fosse bello dritto, si toglieva la corteccia e si andava nel canale per ore e ore a giocare. Si prendeva la rincorsa, si piantava il bastone in mezzo alla traversa. Qualche volta il bastone si puntava e si 75 restava fermi alti in mezzo al canaletto così si finiva per fare la doccia in mezzo all'acqua. La fionda La fionda era fatta da un ramo, di due elastici e di un tratto di cuoio. Non era un gioco come gli altri; si può dire che non era neanche un gioco. Si sceglieva prima di tutto il ramo, si tagliava il manico e si piegava sul fuoco per dargli forma. Si faceva l'elastico tagliandolo qualche scarpa o cintura vecchia. Gli elastici erano larghi un buon centimetro e lunghi 40. Gli elastici venivano legati da una parte al cuoio e dall'altra al ramo e la fionda era pronta. Una buona fiondata ben messa, lanciava il sasso lontano più lontano di 100 metri. Prenderlo in testa poteva stordire. Si andava in giro per i campi con la fionda sempre in mano intorno al collo. Le tasche erano sempre piene di sassi bei tondi. I merli, i passeri, le tortore e tutti gli uccelli stavano sempre a distanza di sicurezza. Quando scoppiavano le guerre fra bande, se un luogo non era più sicuro, bisognava andare via e si lasciava pieno di sassi. Sì, sì, che c'erano teste piene di sangue e nervi e ossa rotte! Con la fionda si imparava a calcolare le distanze e a tenere allenata la mira. 76 Tiro all’ou A Pasqua si lessavano le uova di gallina. In piazza il proprietario dell'uovo lo poneva sotto il muro e i giocatori, a circa tre metri di distanza, cercavano di colpirlo e di penetrare nell'uovo con un soldo di rame. Per ogni colpo sbagliato pagavano un soldo al proprietario dell'uovo. Se invece lo colpivano, l'uovo diventava del lanciatore. Era astuzia cuocere le uova sode in molto sale per rendere più duro il guscio. 77 Color Si facevano 2 squadre che si mettevano in 2 righe lontane 10 metri l'una dall'altra. Ogni giocatore aveva il nome di un colore. Il gioco cominciava quando un bambino domandava: -Cosa vuole?L'altro rispondeva: -Un colore- E il primo: -Che colore?- E diceva il colore, i bambini correvano uno verso l'altro fino ad incontrarsi. Per vincere dovevi dare uno schiaffo all'altro e correre senza che l'altro ti prendesse fino alla tua riga. Se l'altro ti toccava dopo di te, prima che arrivassi alla tua riga, eri eliminato. Era un gioco di finte e contro finte, di velocità, ma anche di belle cadute! Vinceva la squadra che arrivava a eliminare per primo tutti i giocatori avversari. Se un bambino diceva il nome di un colore che non c'era l'altro rispondeva: -Non esiste!- E si tornava a giocare. La morte co la zucca Si prendeva una bella zucca grande, si toglieva un pezzo attorno al picciolo e con la mano si vuotava tutta la polpa. Quando la zucca era vuota con il temperino si tagliavano occhi, naso e bocca. Si mettevano quattro stecchi sopra e quattro sotto per farla vedere brutta e sdentata. La sera, al buio, si metteva su qualche muretto o in alto su un pilastro, con dentro una candela accesa. Ci 78 si nascondeva e quando passava qualcuno a piedi o in bicicletta lo si spaventava urlando: ”Ocio la morte, ocio l'omo nero!” Le zucche potevano essere più di una, anche 4 o 5 messe in fila. Qualche ragazzaccio, e ce n'erano tanti, per dispetto si fermava, prendeva un bel cocomero e lo tirava alla zucca tirandola giù, candela e tutto. Bicicletta Quando imparavamo a correre con la bicicletta una delle prime cose che si facevano era quella di mettere, tenuti con delle mollette, 2 cartoni sulla forcella dietro. Montavi e, appena arrivato, sentivi il rumore di cartoni che battevano sui raggi delle ruote. E via a correre dappertutto, in giro per le strade senza traffico, senza automobili e pochi carri di legno con le vacche e i cavalli. Che soddisfazione sentire il rumore del cartoncino dietro: era come avere un motorino! Quello che non andava tanto bene era che ci si stancava subito perché si faceva il doppio della fatica. Ma era bello lo stesso perché ci sembrava di essere più grandi. 79 Giochi con il granturco Durante l'autunno, dopo la raccolta del granoturco le famiglie al completo si radunavano sotto il PORTEGO di casa e ogni bambino si nascondeva nella sua trincea sopra montagne di pannocchie. Le donne ed i bambini procedevano alla scartocciatura DISGABOTAR, mentre i ragazzi riempivano le SBRIWZIE e portavano le pannocchie pulite agli uomini impegnati a fare le RESTE da appendere ai grossi chiodi sul granaio. Con le famiglie più tenere delle pannocchie le donne facevano una specie di materasso detto PAYON, mentre le bambine modellavano figurine in costume. Prima che i tutoli TORSI, prendessero la via del focolare, i bambini potevano costruire castelli inaccessibili incrociando i tutoli. 80 ALBERI SECOLARI A cura delle classi prime Con la collaborazione di V.Spanghero Fin dall'inizio del 700 l'allevamento del baco da seta era presente sul nostro territorio e aiutava le famiglie in difficoltà economiche. IL BACO DA SETA 81 La farfalla depone le uova I bruchi escono dalle uova. I bruchi mangiano le foglie di gelso 82 Dal bruco esce un filamento di seta I bachi filano il bozzolo nel quale si avvolgono in crisalide. Prima che si trasformi in farfalla, gli allevatori lavorano il bozzolo per fare tessuti preziosi. IL GELSO Le foglie di gelso sono il nutrimento dei bachi da seta. 83 GLI ALBERI CENTENARI Mercoledì 4 aprile siamo andati alla Villa Priuli. Il signor Spanghero ci aspettava alla villa per vedere gli alberi centenari. Siamo entrati nella villa e abbiamo visto il plastico del paese di Turriaco. Il nonno di L.C. ha costruito questo plastico in miniatura. Era molto bello! Siamo poi entrati nel cortile della villa. Qui abbiamo visto gli alberi centenari: un pino rosso, un leccio, un cedro del libano, un nocciolo, un faggio e tanti altri. Otto bambini si sono dati la mano per abbracciare un grande albero e misurare la sua larghezza. Nel cortile c'era una colombara, dove vivevano i colombi, un pozzo molto profondo e vecchi trattori. È stata una bella visita, piena di sorprese. 84 85 LA SCUOLA A TURRIACO A cura delle classi quarte Con la collaborazione di V.Spanghero Nel 1843 quando Turriaco faceva parte del Regno AustroUngarico, venne aperta la prima scuola. Si chiamava scuola TRIVIALE perché insegnava le 3 cose più importanti: leggere, scrivere e fare i conti. Si trovava in una sala che si apriva sul Curtivon e il parroco faceva da maestro. La prima classe, che iniziò nel 1843, aveva più di 60 alunni, non tutti di 6-7 anni, ce n'erano alcuni di 15-16! I bambini non avevano quaderni, scrivevano su una tavoletta di legno verniciata di nero sulla quale era spalmata della cera d'api dove scrivevano con l'aiuto di un bastoncino di legno. Leggevano e imparavano da libri di scuola piccoli e senza figure. I genitori non mandavano volentieri i figli a scuola, perché i campi si lavoravano lentamente e a fatica a mano e i piccoli a casa dovevano aiutare la famiglia, per esempio portavano al pascolo gli animali di basso cortile (oche, galline, anatre), poi, crescendo, avrebbero portato al pascolo le mucche. I bambini prima di andare 86 a scuola bevevano il latte che spesso era appena munto, caffè d'orzo “brustulà col masinin” e un pezzo di “fugasa” preparata giorni prima. Con il passare degli anni il numero di bambini che andavano a scuola aumentava, (in una famiglia i figli potevano essere 8 o 10 o 12!) e il Comune fece costruire nel 1894 un palazzo con 4 aule dove gli alunni frequentavano le lezioni. Quando d'inverno faceva freddo, prima di cominciare gli alunni mettevano la legna nella stufa per scaldarsi. 87 Le pagelle erano trimestrali e le materie erano simili alle nostre; ma sotto l'Austria i bambini seguivano anche l'insegnamento di uno strumento musicale. I maestri erano rigidi e quando i bambini si comportavano male o erano troppo vivaci ricevevano delle severe punizioni come delle bacchettate sulle dita, oppure venivano mandati in castigo con la fronte contro il muro. L'insegnamento era obbligatorio e se qualche bambino marinava la scuola il suo papà era chiamato dal Sindaco che gli dava una grossa multa. Spesso però i papà erano poveri e, non potevano pagare, dovevano eseguire lavori di pubblicità utilità per il Comune. Nell'anno1910 si inaugurò una nuova scuola elementare molto bella. 88 Ora l'edificio che occupava questa scuola è il nostro Comune. Scoppiò la Prima Guerra Mondiale e per gli alunni era pericolosissimo rimanere nel centro di Turriaco perché ci potevano essere bombardamenti o sparatorie. Allora tutti i bambini insieme ai loro insegnanti si trasferivano al “Pascul”, vicino alle trincee e nei prati a fare scuola. La miseria era grande, molti bambini erano talmente poveri che non avevano vestiti: gli abiti dei fratelli più grandi venivano ceduti a quelli più piccoli, ma erano già tanto rattoppati. D'inverno se faceva molto freddo i bambini mettevano delle lunghe calze di 89 lana e gli zoccoli. Durante tutto l'anno spesso i bambini erano scalzi e portavano i calzoni corti. Non sempre c'era abbastanza da mangiare, così dopo la scuola gli alunni si recavano nei REFRETORI dove ricevevano un piatto di minestra, una fetta di mortadella o mezzo uovo sodo pagnottella. Dopo la I guerra mondiale e il passaggio all'Italia del nostro territorio, subentrarono i Programmi ministeriali italiani e l'insegnamento veniva impartito da maestri che provenivano da ogni parte della nostra penisola. 90 Dopo la II guerra mondiale e il lento faticoso delle ricostruzioni, le condizioni di vita miglioravano. Il 16 ottobre 1964 fu inaugurata la scuola che frequentiamo ancora oggi. Prima fu costruita la scuola alta, poi la scuola bassa. 91 ORIGINE FANTASTICA DI TURRIACO A cura della classe terza In un tempo lontanissimo, in pianura, al mattino, arrivarono cantando e ballando un fantasma stonato ed uno scheletro ballerino. In quella fresca mattinata di primavera i due compagni si recarono sotto un melo, sul ciglio dell'Isonzo per riposarsi della lunga camminata. Provenivano da un paese molto lontano ed erano giunti fino a qui, perché erano dei fuggiaschi e speravano di trovare degli amici. In verità, il fantasma nella sua vita precedente, era il servitore di un coraggioso principe, il cui castello era ancora lì, al centro del paese, purtroppo disabitato, per un prodigio. Infatti il diavolo lo aveva fatto morire e trasformato in uno scheletro. Dopo essersi riposati, non sapevano cosa fare. Nel frattempo venne loro un'idea, avendo osservato che lì attorno c'erano solo alberi, fiori e molta altra vegetazione. Mentre pensavano incominciò a piovere, così decisero di costruirsi un riparo, usando alcuni sassi dell'Isonzo per le pareti e 92 delle canne di bambù per il tetto. Dopo aver fatto tanto lavoro si accorsero di avere fame; così decisero, appena finita la pioggia, di andare a pescare dei pesci, nel fiume, per mangiarseli nella loro nuova casa. Ritornando videro l'albero carico di mele, anche se si era in primavera. Allora i due amici afferrarono il tronco e lo scossero per far cadere le mele. Tornarono a casa, si sedettero a terra e mangiarono. Appena finito di mangiare sentirono la mancanza di qualcuno che li aiutasse. Uscirono dalla casupola e si accorsero di avere molto materiale a disposizione, per costruirsi degli amici. Iniziarono e raccogliere sassi, legnetti, erba e peli d'orso. Con un grande sasso fecero le testa, poi con dei legni fecero il corpo, le braccia e le gambe, infine con del fango unirono il tutto. Dopo tutto ciò misero i peli dell'orso al posto dei capelli. Il diavolo, saputa la notizia, poiché era un po' pasticcione, si arrabbiò molto e, agitando il suo forcone, fece partire una magia, che colpì i pupazzi trasformandoli in uomini reali. Per la rabbia e la disperazione, il diavolo si infilzò sul forcone. Gli uomini appena risvegliati, si guardarono attorno meravigliati e trovarono tutto ciò molto bello. Il fantasma e lo scheletro, contenti che il diavolo fosse morto e che i pupazzi fossero diventati loro amici, si misero a fare festa. Il fantasma si mise a cantare, stonatissimo, e lo scheletro iniziò a ballare. Poiché il diavolo sparì, nello stesso momento della sua morte, gli uomini andarono a prendere il forcone per gettarlo nel fiume. Al contatto con l'acqua il forcone si disciolse lentamente. Il questo modo avvenne l'ultimo prodigio: il fantasma e lo scheletro ritornarono un principe ed un servitore che, felici di essere diventati uomini, ritornarono ad abitare nel castello ed aiutarono i loro amici a costruirsi le case, dando così origine al paese di Turriaco. La popolazione, piano, piano, divenne più 93 numerosa e, avendo scoperto come fabbricare le case, ne fecero molte altre, per chi non ne aveva. Facendo ciò, non pensarono più alla natura e continuarono ad erigere nuove case; in questo modo il paese divenne sempre più privo di alberi e verde, mentre i sassi ed il cemento aumentavano a dismisura. Un bel giorno, dal cielo, giunse un arciere con le sue frecce magiche, che, guardandosi intorno, lanciando i suoi dardi, convinse gli abitanti a non costruire più case, ma a piantare alberi e un po' di vegetazione. Gli uomini si accorsero che c'erano tanti bambini e quindi inventarono un luogo dove loro potessero imparare tante nuove cose e lo chiamarono scuola. Dopo aver trasformato il paese, l'arciere ritornò in cielo, avendo compiuto la sua missione; gli abitanti riconoscenti costruirono un luogo sacro, in suo onore, per ricordare la sua buona azione per sempre. 94 LA GIORNATA DI LUIGI A cura della classe terza Con la collaborazione di V.Spanghero Siamo nel 1930 Luigi ha 8 anni, ci troviamo in un piccolo paese di campagna: il paese di Turriaco. Luigi abita in una semplice casetta in campagna, assieme alla mamma, al papà, ai nonni paterni e ai suoi tre fratelli: la piccola Giuseppina, detta Pia, di 3 anni, Giovanni di 10 anni e Giuseppe, detto Beppi, di 15 anni. 95 La stanza superiore era la camera che aveva il pavimento in tavole di legno. Nella camera c’erano i “pagliericci”, delle ceste che fungevano da lettini; i genitori e i nonni dormivano sul “paion”, un grande materasso riempito di foglie di pannocchia. Non c’erano gli armadi, c’era il “casson”, una grande cassa dove venivano messe le coperte, le lenzuola e la biancheria. La stanza al piano terra era la cucina, con il pavimento in terra battuta, un tavolo e delle panche. C’era il “fogolar”, un piano sopra al quale c’era il fuoco e sopra era sormontato dalla “napa”. Appesa al centro del camino cadeva la “cadena”a cui veniva appeso un pentolone. 96 Le finestre erano piccole e senza vetri. Si usavano le candele e i lumi a petrolio. A casa non c’era l’acqua, bisognava andare a prenderla dal pozzo che si trovava poco lontano da casa. Esternamente alla casa, c’era una piccola capanna adibita a bagno, con un semplice buco nel terreno e un catino d’acqua. Poco lontano abitava il suo amico Carlo con la sua famiglia. 97 La scuola si trovava al centro del paese e i bambini ogni mattina dovevano andarci a piedi percorrendo un lungo tratto di strada non asfaltata, di terra battuta. Sono le 7 del mattino, la mamma sveglia Luigi per andare a scuola. Luigi si alza, si veste con maglietta, pantaloncini, calzini e un paio di scarpe vecchie con le suole di cartone. 98 Poi Luigi esce di casa e va in bagno, fa la pipì, si lava le mani e si sciacqua il viso usando l’acqua fredda del pozzo che era nel catino. Finalmente Luigi fa colazione, si siede al suo posto davanti al tavolo imbandito con il latte di mucca, la “fugaza”, fatta dalla mamma con la farina di frumento e lo zucchero e il burro fatto dalla nonna. Luigi si mette il grembiule, prende la sua borsa di cartone con dentro un quaderno, un libro, il pennino e la merenda, la polenta di ieri sera e un pezzo di fugaza. Dà un bacio alla mamma e si incammina per andare a scuola. 99 Lungo il tragitto Luigi incontra Carlo. Arrivano a scuola e si siedono al loro posto. I banchi sono di legno e il piano si poteva alzare, c’era un buco con dentro un vasetto che la bidella ogni mattina riempiva di inchiostro. Luigi, Carlo e tutti i suoi compagni sistemano le proprie cose dentro il loro banco e si siedono composti. Entra il maestro, educatamente i bambini si alzano e lo salutano: “Buongiorno signore maestro!”. Inizia la lezione, il maestro comincia a dettare, ogni bambino intinge il proprio pennino nel vasetto dell'inchiostro e inizia a scrivere. DISASTRO! Luigi macchia la pagina con l'inchiostro. Il maestro si alza e chiama il bambino. Nella classe scende un silenzio tombale, Luigi diventa tutto rosso e inizia a tremare, si avvicina al maestro senza fiatare. Il maestro prende la sua bacchetta e guarda Luigi fulminandolo. Non sono necessarie parole, Luigi stende le braccia e il maestro inizia a colpirlo sulle mani dicendo: ”VERGOGNATI!” 100 Luigi si va poi a mettere in piedi dietro alla lavagna per due ore, fino alla merenda. Finalmente finisce la scuola. Luigi si incammina verso casa, ma è molto triste, sa già cosa lo attende. La mamma, dopo aver ascoltato il racconto di Luigi, si arrabbia molto e spedisce Luigi in camera senza mangiare, fino a che ritorna a casa il papà. Scende la sera, stanchissimi il papà e il fratello Beppi, ritornano a casa dopo una giornata di duro lavoro nei campi. La mamma mette subito al corrente il marito del disastro di Luigi. Il bambino viene richiamato dal padre, lo distende sulle proprie ginocchia, gli toglie le mutandine e inizia a sculacciarlo (10 sculacciate). Poi dice al figlio: ”E che non succeda mai più!” Tutta la famiglia si siede a tavola a cenare, a Luigi brucia il sedere, è molto dispiaciuto, ma promette a se stesso che non succederà più. 101 Quella sera la zuppa con i fagioli era particolarmente buona, Luigi era affamato. Ci si prepara per la notte, bisogna prima lavarsi. La mamma riscalda sul fogolar un pentolone d'acqua, prepara il “mastelo” riempiendolo d'acqua, poi inizia a lavare i bambini utilizzando sempre la stessa acqua. Prima è il turno di Pia, poi tocca a Luigi e infine a Giovanni. Beppi oramai era in grado di lavarsi da solo. Finito il bagno, Luigi si mette la sua veste da notte, dà un bacio ai suoi genitori e ai nonni e va a letto. 102 Che giornata impegnativa! Speriamo che domani vada tutto bene! 103 STORIE DEL PASSATO A cura delle classi quarte ¾ Francesca e Piero ¾ Giornate di Margaret ¾ La mamma di una volta ¾ Una giornata di un bambino povero ¾ Il Bambino povero ¾ Il ritorno di Federico ¾ La storia di Anna ¾ Povero fratellino p.105 p.106 p.108 p.110 p.112 p.113 p.114 p.115 104 FRANCESCA E PIERO Francesca si accorse che Piero era tornato. Allora gli corse incontro e lo abbracciò, Piero e Francesca due giorni dopo si sposarono ed ebbero nel corso degli anni 10 figli. Il giorno dopo il matrimonio cominciò la vera vita. Piero trovò il lavoro di contadino nei campi, mentre Francesca restava a casa a fare i lavori domestici e ad accudire i bambini, 6 femmine, Giorgia di 5 anni, Elisa di 2 anni, Gabriella di 3 anni e le tre gemelle di 1 anno, Gianni di 4 anni Matteo di 3 anni, Luca di 1 anni, Sergio di 2 anni. Quando Piero tornava a casa, Francesca preparava la polenta con salame per cena. Un giorno Piero tornò a casa felice perché sua mamma ormai morta gli aveva lasciato un'eredità, l'eredita di 100.000 lire, soldi sufficienti per comprarsi una casa e una vita nuova. Ben presto diventarono ricchi e vissero felici e contenti. 105 GIORNATE DI MARGARET Margaret si stava preparando per andare a scuola. In un cesto c'erano dei vestiti:delle calzamaglie di lana, degli stracci che la nonna le aveva promesso di cucire per formare una maglia, ma Margaret si era ormai rassegnata che la nonna potesse farlo, perché c'erano troppi buchi. La bambina arrivata a scuola entrò in classe e vide che la maestra stava picchiando un bambino. Margaret tutta impaurita incominciò a scrivere con la mano sinistra, la maestra quando la vide che scriveva con la mano sinistra, le ordinò di alzarsi e la frustò con la frusta, tutta infuriata. La bambina, tutta presa dal panico, tornò a casa piangendo disperata. La mamma in pensiero per la sua figlioletta, le preparò una minestra con un pezzo di pane. Il papà intanto stava andando a caccia di nidi, ma “La fortuna bussò alla loro porta”: il papà aveva trovato un nido di uccelli con la mamma che covava. Il papà afferro l'uccello, lo imprigionò nel cesto fatto di vimini e prese le uova. Tornando a casa il papà già pensava alla felicità della mamma e di Magaret. La mamma tutta felice accese il camino, afferrò un bastoncino ed infilzò l'uccellino e lo appoggiò sulla stufa e lo scaldò. Alla sera mangiarono l'uccello, un pezzettino alla volta. Il giorno dopo, dopo essere andati a scuola, Margaret andò nei campi per giocare è trovò Francesca con il suo fratellino Luca. Margaret si era praticamente dimenticata del suo compleanno. Meglio così perché i suoi genitori le avevano regalato un gattino nero e la sua sorpresa fu grande. Alla sera la bambina tutta felice andò a letto e lì trovò il gattino. La bambina felice pianse di gioia 106 perché finalmente aveva qualcuno con cui giocare. Ma le sorprese non erano ancora finite, la mamma era incinta. I giorni passarono e la mamma aveva avuto una bambina. La chiamarono Giulia e Margaret si sentiva qualcosa dentro di sé, ara al colmo di felicità. Giulia diventò grande e Margaret le insegnò a giocare con le bambole. Giocarono così tanto, che il giorno dopo non andarono a scuola. Il pomeriggio, Margaret bisticciò con Giulia e andò a giocare con Francesca. Giulia si dimostrò grande e chiese a Margaret di fare pace. Ricominciarono a giocare con le bambole tutte felici. Da quel giorno capirono che anche se si è poveri, si sta bene comunque. 107 LA MAMMA DI UNA VOLTA Sono Elisa e vivo a Turriaco, è ancora buio ed esco dalla stalla con il secchio del latte appena munto e subito i gatti mi strusciano alle gambe e non smettono più. I gatti mi seguono fino in casa perché vogliono che gli dia la loro solita razione nel catino, e le loro lingue lappano. Poi vanno in giro per il paese. Più tardi devo prendere il cibo. Ho 3 figli che si chiamano Alice, Francesco e Mattia e sono gemelli, hanno 7 anni e fra poco festeggiano il compleanno. Vorrei regalare loro dei vestiti senza toppe, perché hanno vestiti rattoppati e vecchi. La mattina si devono mungere le mucche per prendere il latte per la colazione. A colazione si mangia polenta e latte. I bambini vanno a scuola e quando tornano a casa per pranzo mangiano polenta, una fetta di salame o un pezzo di formaggio. Al pomeriggio giocano con giochi di fantasia. Alla sera di solito si mangia minestra. Gloria uscì dalla stalla di mattina presto con il secchio del latte appena munto. In cucina Gloria mescolava la polenta nel paiolo appeso alla catena del focolare. Gloria, mentre cucinava, sentì lo struggimento, la nostalgia, ghermirle l'animo. Gloria attendeva, paziente, e forse rassegnata al peggio perché non aveva notizie dal suo futuro marito, Carlo, che era andato in guerra. Intanto in attesa di una lettera dal caporale, aiutava la madre ad accudire i suoi quattro fratelli. 108 Al pomeriggio mentre i bambini dormivano Gloria e sua madre lavoravano nel campo. Il giorno dopo mentre i bambini correvano su e giù ad aspettare S.Nicolò, Gloria aprì un'altra volta la cassetta della porta, ma aveva perso tutte le speranze, ma dopo tutte quelle bollette trovò una lettera con il marchio dell'esercito. L'aprì e lesse molto felice che Carlo sarebbe tornato il giorno dopo. Gloria la notte, dopo aver mangiato la polenta, più buona del solito, si addormentò speranzosa. Una mattina all'alba, Maria si alzò per andare a preparare la colazione per i figli con latte appena munto e pane. Una torma di gatti cominciò a bere tutto il latte, fino a quando non lo bevvero tutto e Maria dovette ritornare a mungerlo e finalmente lo bevvero i suoi figli. Maria aveva 5 figli. All'ora di pranzo Maria fece la polenta e tutti mangiarono. Fra poco sarebbe calata la notte e tutti andarono a dormire. La mattina dopo, Maria si ritrovò senza catino: l'avevano preso i bambini, che ora ci giocavano dentro: chi l'avrebbe mai detto? I figli giocavano sempre con tutto quello che trovavano. 109 UNA GIORNATA BAMBINO POVERO DI UN Nel mio paese c'è molta povertà. Io quando mi sveglio ho sempre freddo, mia mamma all'alba va sempre a mungere la vacca, di mattina mio fratello Gino e mio papà Aldo hanno il compito di procurarsi la legna da ardere per il camino. Vi racconto una cosa che succede ogni estate: dei ricchi veneziani vengono qua a Turriaco per le vacanze, perché a Venezia c'è caldo e puzza invece a Turriaco c'è fresco perché i muri sono in pietra. Nell'anno 1855 c'è stata un'epidemia di colera e qui a Turriaco è morta tanta gente. E adesso vi racconto una mia avventura: io fino a 5 anni non sapevo tirare con la fionda difatti la prima volta che ho tirato il sasso in faccia a mio fratello lui si è arrabbiato con me. Un giorno ho imparato a tirare e dopo un po' di tiri ho anche beccato un colombo e la sera ce lo siamo mangiato per cena arrosto con le patate. Io ho sempre scarpe molto leggere e i vestiti leggeri leggeri. Ho dieci anni e vado a scuola a Turriaco. Nella mia scuola ci sono 800 bambini, invece nella mia classe siamo in 50. Un giorno due ragazzi più grandi di me, mi volevano picchiare, ma un poliziotto mi ha visto e così ha scacciato quei due tipacci e mi ha accompagnato a casa. A vent'anni mio fratello Gino ha trovato un lavoro da fabbro a Pieris. Mio papà è morto di colera nel 1855 e noi abbiamo speso tutti i nostri beni per il funerale. A scuola io ho imparato a leggere e a scrivere. L'ultima mia soddisfazione è stata di guadagnare un 110 sacchetto di soldi per la mia famiglia. Mio fratello è stato obbligato a fare il militare ed è morto in guerra. Così siamo rimasti soli io e mia madre, ed è stata dura. 111 IL BAMBINO POVERO Ciao, io sono Samuel e sono un bambino povero, abito in una casa rovinata. A colazione la mia mamma prepara a me e alle mie sorelle sempre il latte appena munto e una fetta di pane o di polenta. Ci vestiamo con dei vestiti bucati e abbiamo sempre tanto, tanto freddo. Quando adiamo a scuola se non scriviamo con la destra il maestro ci dà con la bacchetta. Un giorno non avevo fatto i compiti, allora il maestro mi diede con la bacchetta sulle mie mani e invece una delle mie sorelle l'ha fatto mettere con le ginocchia nude sul sale perché anche lei non aveva fatto i compiti. Ogni giorno vado a cacciare gli uccelli per portarli a casa e dividerli con tutta la mia famiglia. I miei genitori non hanno abbastanza soldi per comprarci dei vestiti nuovi e del cibo. Ci accontentiamo solo dei vestiti rotti e latte, acqua, pane e polenta, ma qualche volta mangiamo il salame e di sera a cena ci dà da mangiare la minestra e al cenone di Natale preparo il pollastro. 112 IL RITORNO DI FEDERICO Una mattina io uscii dalla stalla con il latte appena munto; subito i gatti arrivarono a razzo sulle mie gambe, e mi seguirono così fino dentro casa, in questo modo mi riscaldavo siccome ero poco vestito e il freddo dell'inverno si faceva sentire. Qualche ora dopo Federico, mio marito, mi ha mandato una lettera che diceva che era arrivato sul campo di battaglia e io mi sono subito preoccupata. Dopo pochi minuti, invece di starmene senza niente, sono andata al folador a pigiare l'uva. La mattina successiva avevamo da bere il vino, anche se per me non era molto gradito, dato che pensavo a Federico che era andato in guerra ed io ero triste. La giornata è stata disastrosa, ma tutti mi hanno incoraggiata. La mattina successiva invece è stata meravigliosa, abbiamo bevuto il vino e mangiato la polenta, ma la vera sorpresa è stata all'ora di pranzo quando Federico è tornato! Abbiamo fatto una grande festa e, come regalo ci siamo fatti un panino, con salame e prosciutto. Ci siamo fatti una promossa, quella di non separarci mai più. 113 LA STORIA DI ANNA Anna uscì da casa per andare a prendere il pane e il latte in negozio, per prepararsi la colazione. Erano le sei e un quarto, quando rientrò a casa per preparare il caffelatte e i biscotti e si preparò per andare al lavoro, faceva la veterinaria ormai da tanti anni. Le capitò un cane della razza che somigliava a quello che aveva da bambina e le tornarono in mente i ricordi di quando giocava con sua sorella e il suo cane con la palla, fatta di stracci. Per andare a scuola si andava a piedi, altro che con le macchine! Non si andava a prendere il latte pronto, bisognava mungerlo. Poi tutte le notti a dormire e le pantegane in soffitta che correvano e facevano scricchiolare il tetto qua e là. Della sua casa non c'era più niente adesso, c'era un supermercato! Da giovane non aveva tanti soldi, doveva sposarsi con un uomo ricco se non voleva finire sulle strade a chiedere l'elemosina. La mamma e suo papà erano morti e sua sorella si era trasferita all'estero. All'improvviso si ricordò di Piero che era un ragazzo con cui si era fidanzata alle elementari e adesso era ricco. Arrivata a casa sua, gli chiese si sposarsi e Piero accettò. Andarono a vivere in casa di Piero e Anna dopo qualche anno ebbe due figli. 114 POVERO FRATELLINO Io sono una bambina che vive a Turriaco, sono povera, e ora vi racconto come viviamo qui, in una breve avventura che mi è capitata. Io e i miei fratelli e sorelle non avevamo dei vestiti pesanti, a dir il vero avevamo anche pochi vestiti, quindi per noi l' inverno era molto duro, tranne per il fatto che veniva San Nicolò, e anche se non ci portava giocattoli o cose per la scuola, ci portava un paio di arance o altra frutta. Un giorno il mio fratellino cominciò la scuola e siccome era mancino, il maestro sul palmo della mano con il frustino gli dava certe bacchettate molto forti, come ai bambini che non facevano i bravi. Il mio fratellino era tornato a casa con tutti i lividi sulle mani. Mia madre il giorno dopo andò a protestare con il maestro, dicendogli che era inaccettabile e che dato che lui era mancino doveva per forza scrivere con la sinistra. Ma il maestro era irremovibile su quel fatto perché pensava che chi era mancino poteva scrivere anche con la destra e perché non gli piaceva vedere i bambini sdraiati sul banco, così mia madre decise che gli avrebbe dato lezioni la mia sorella maggiore che ha già finito gli studi. Mia sorella era una persona molto dolce e generosa, faceva sempre favori a tutti e non diceva mai no a nessuno ed era molto brava a scuola e per questo aveva molti amici. 115 USI E COSTUMI DEI NONNI A cura della classe seconda Con la collaborazione di V.Spanghero •La scuola •I mestieri •Il bucato pag.117 pag.120 pag.123 116 LA SCUOLA Non si studiava ancora informatica e lingua straniere, ma gli insegnanti erano molto severi mettevano anche in castigo i bambini dietro alla lavagna che era posata su dei piedistalli. Al posto delle penne avevano il calamaio, l'inchiostro ed il pennino, e la cartella era di cartone. Avevano una sola maestra ed il parroco insegnava religione. Durante l'inverno, per riscaldare l'aula, ogni bambino portava da casa un pezzo di legno per far funzionare la stufa. Le aule erano molto grandi, l'insegnante era una sola ed insegnava tutte le materie. Nelle classi di mio nonno c'erano 34 alunni! La nonna aveva un grembiule nero, con il colletto bianco ed il fiocchetto rosa. Al mattino, per prima cosa facevano l'appello e 10 minuti di ginnastica. 117 A quei tempi entravano in classe silenziosamente in file per due. All'appello, rispondevano presente alzandosi in piedi con la mano alzata. Poi la maestra controllava se tutti avevano fatto i compiti: chi dimenticava di scrivere qualcosa doveva ricopiare anche 10 volte il lavoro non svolto. Si usava la penna con il pennino da intingere nell'inchiostro. Era un inchiostro nero che non si poteva cancellare. 118 A ricreazione, la nonna mangiava un panino con la margarina e zucchero. Giocava a nascondino, al salto della corda, a “campanon”. Le ciabatte per stare in classe sono costate 2 galline al mercato di Cervignano. I banchi erano in legno con il piano obliquo e due fori in alto per appoggiare l'inchiostro ed il pennino. La maestra sgridava spesso mio nonno perché usava la mano sinistra invece che la destra! Non andava bene. La maestra aveva il grembiule nero. I banchi erano a due posti con le siede attaccate e le classi erano molto numerose. C'era molto rispetto per tutto e per tutti, anche nelle regole. I maestri erano molto severi e castigavano i bambini con le bacchette oppure mettendoli in ginocchio sopra il sale grosso. In quel periodo c'era la guerra e qualche volta suonava la sirena (l'allarme), così non si portavano a termine le lezioni. Non c'erano fotocopie e tutto veniva copiato dalla lavagna o era dettato dalla maestra. Anche i maschi avevano il grembiule nero con un fiocco azzurro. 119 I MESTIERI Mio nonno Eralio faceva il contadino, mentre la nonna Margherita, oltre a badare alla casa, lo aiutava nei campi. Lavoravano anche 10 ore al giorno, si alzavano quando sorgeva il sole e rincasavano al tramonto. Il mestiere di mio nonno era quello di fabbronave, cioè doveva saldare, tagliare lamiere d'acciaio e, dopo aver guardato i disegni del progetto, metterli in opera. All'inizio degli anni 60 la paga era bassa; alla fine degli anni 90, lo stipendio era ancora peggio! Il mio nonno ha iniziato a lavorare a 14 anni come fabbro in un'officina a Sagrado: la paga era di 7,50 lire all'ora. 120 Mio nonno faceva il controllore di caldaie, prima nelle petroliere, poi in una fabbrica dolciaria. Prima andava al lavoro con l Vespa, poi con una 500. La nonna lavorava come filatrice in una filanda. Doveva pulire i bachi da seta nell'acqua bollente e poi arrotolava il filo che ne usciva dal rocchetto. Mia nonna faceva la commessa in un negozio di tessuti: doveva misurare le stoffe per fare i vestiti o le lenzuola e consigliare i clienti per gli acquisti. 121 I miei nonni gestiscono un ristorante e lavoravano anche 17 ore al giorno! 122 IL BUCATO I miei nonni non avevano l'acqua in casa e l'andavano a prendere con i secchi in cortile, dove avevano una pompa. A volte in inverno, per farla funzionare, bisognava rompere il ghiaccio. I nonni facevano il bucato facendo bollire le biancherie e i vestiti in una pentola, detta “Calgera”, piena di acqua e cenere. Dopo aver bollito e mischiato per ore e ore, la nonna sciacquava e risciacquava, fino a sera. 123 Quando i miei nonni erano giovani non avevano l'acqua in casa, ma solo in cortile e veniva usata da più famiglie. Per avere l'acqua si batteva un tubo sotto terra per circa 11 metri e con la pompa a stantuffo, azionata a mano, si prendeva l'acqua dai pozzi artesiani. Non esistevano le lavatrici, perciò mia nonna assieme a sua mamma, riempivano un recipiente d'acqua con le saponelle (il detersivo di una volta) e poi mettevano a mollo i panni sporchi. Per fare il bucato la nonna doveva scaldare l'acqua sulla cucina a legna. Poi la versava in un mastello di legno e si aggiungeva della soda che serviva a rendere bianchi gli indumenti. Li poteva lasciare in ammollo una notte o si lavava subito con del sapone grezzo. 124 L'acqua si prendeva dalle pompe nel cortile con due secchi: uno serviva per far da mangiare, l'altro per le pulizie. Veniva rimessa in una grande tinozza di rame, chiamata “lisciata”, che era posta sul fuoco a scaldarsi. Poi l'acqua calda veniva rimessa in una tinozza di legno con il bucato, scaglie di sapone e soda. Dopo aver lavato tutto, il bucato veniva messo in un altra tinozza di legno con uno straccio bianco, chiamato “colador”, e riempite di acqua bollente e cenere. Il bucato rimaneva in ammollo tutta la notte e solamente la mattina dopo veniva risciacquato e steso al sole. 125