A cura dei bambini della
Scuola Primaria “Dante
Alighieri” di Turriaco
a. s. 2006/2007
Con la collaborazione della
Pro Loco di Turriaco
2
TURRIACO VISTO
DA NOI
• Origine del nome
pag.4
• I luoghi
pag.8
• Sviluppo demografico
pag.27
• Proverbi e leggende dialettali
pag.39
• L’alimentazione ieri-oggi
pag.57
• I giochi del passato
pag.69
• Alberi secolari
pag.81
• La scuola
pag.86
• Origine fantastica
pag.92
• La giornata di Luigi
pag.95
• Storie del passato
pag.104
• Usi e costumi dei nonni
pag.116
3
LA TOPONOMASTICA
A cura delle classi quarte
Con la collaborazione di G.Dellasorte
Il 4 dicembre 2006 è iniziata l'attività “Alla scoperta del nostro
paese” con l'incontro della signora Gabriella Brumat Della
Sorte, intitolata “La Toponomastica di Turriaco”. Ben presto
abbiamo capito che questo nome così curioso ha invece un
significato molto importante: La Toponomastica è la scienza
che studia i TOPONIMI, cioè i nomi di luogo, perciò indaga
l'origine e il significato dei nomi di città, paesi, stati e così via.
4
Abbiamo scoperto che anche i nomi dei luoghi in cui siamo
nati e viviamo, hanno un significato molto antico e
addirittura vengono citati in alcune fonti storiche di secoli or
sono, come il nome di “Turriaco”, il nostro paese.
“Turriaco” potrebbe derivare dalle parole latine “Turrie
aquae”, cioè “Torre in mezzo alle acque” (piccolo forte o
accampamento romano vicino l'Isonzo), oppure potrebbe
prendere il nome dal torrente Torre che forse anticamente
sfociava in questo punto nell'Isonzo.
Il nome “Turriaco” potrebbe anche derivare da parole di
un'antica lingua slava (VII – IX secolo). TUR e IÀK
significano “luogo, territorio, ricco di selve in cui si sono visti
o cacciati i bisonti selvatici”.
5
Il documento storico più antico (una fonte scritta), giunto fino a
noi, in cui viene nominato il paese di Turriaco, risale al 1267 e
proviene dalla Cancelleria Patriarcale di Aquileia. Altri due
documenti antichi citano Turriaco (uno del 1299 e l'altro del
1300) e riguardano alcune investiture di feudi da parte del
Patriarca di Venezia.
Anche l'origine del nome Isonzo, il nostro fiume, è interessante.
Isonzo è un toponimo, anzi un IDRONIMO (nome di fiume) preromano molto antico di cui non si sa il significato. Si pensa sia
un sostantivo usato in una lingua preistorica parlata in questi
luoghi da una popolazione paleo-veneta che visse qui, ancora
prima dei celti.
I romani lo chiamavano AESONTIUM come si vede in due
arette votive (monumento in pietra) nel Museo Archeologico
Nazionale di Aquileia.
6
I romani che attraversavano il fiume senza aver avuto incidenti,
per ringraziare il Dio Isonzo, mettevano vicino al guado che
avevano attraversato, questi monumenti in pietra (arette).
I romani lo chiamavano anche SONTIUS (come si vede sulla
Tabula Peuntigeriana trovata nel 1500 e custodita in un grande
Museo di Vienna. Questa tavola è la copia medievale (copiata
dagli amanuensi) di una carta stradale (ITINERARIA) dell'Impero
Romano, che risale al IV secolo.
Nel Medioevo (VIII - IX secolo) veniva chiamato ISONTIUS o
YSONTIUM (“in Turriacho ultra Isontium”, o “in Sacozano ultra
Ysontium”). Nelle mappe veneziane del '700, nell'Archivio di Stato
di Venezia, viene chiamato LISONZO e da questa parola deriva il
nome che noi bisiachi diamo al nostro fiume: LISONZ.
7
I LUOGHI
A cura della classe quinta
Con la collaborazione di V.Spanghero e
G.Dellasorte
‘La Piazza
‘La Chiesa
pag.9
‘Palazzo Priuli,
pag.14
ƒ Approfondimento
pag.12
pag.16
‘Villa Mangilli
‘L’area verde
pag.21
‘Il Parco dell’Isonzo
pag.25
pag.22
8
LA PIAZZA
Da quando hanno cominciato a formarsi le città, la piazza è
sempre stata fondamentale per la vita della città stessa e per i
suoi cittadini; punto di incontro, luogo di commercio e di
scambi, centro di ritrovo. Ancora oggi è così e a Turriaco il
centro è proprio la Piazza Libertà.
La piazza di Turriaco è stata ristrutturata nel 2005, è molto
ampia e spaziosa, zona pedonale ed è di forma rettangolare.
È chiusa su tre lati da edifici di particolare interesse storico: la
Chiesa, gli edifici del “Curtivon”e la Villa Priuli. Prima la piazza
era piccola e attorno c'erano due strade ed era pericoloso
arrivarci.
9
La piazza è un grande piazzale pavimentato a sassolini alternati a
lastre di pietra grigia. Non ci sono alberi o piante, tranne alcuni
vasi di sempreverdi, posti davanti alla Villa Priuli. Al centro c'è una
grandissima panchina bianca che la divide con lo schienale
ondeggiato, una grande statua fatta di ferro con due frecce e
un'altra in marmo con una grande colonna. Davanti alla chiesa ci
sono dei pali di cemento. Il pavimento in certe parti è liscio in altre
sassoso.
Sul lato destro della piazza sorge la chiesa dedicata a San Rocco
(protettore degli ammalati), costruita nel 1740 sulle basi di una
chiesa più piccola che esisteva già nel 1500. Vicino alla chiesa c'è
il campanile, costruito interamente in pietra nel 1756, alto 28
metri, con sette piani da cui si arriva alla cella campanaria dove ci
sono tre campane (e possiamo assicurare che funzionano bene, il
loro suono squillante non passa inascoltato!)
Sotto la cella si trova l'orologio. In cima, oltre alla croce, c'è una
bandierina di metallo che segna la direzione del vento e due
lampadine rosse che servono a indicare la rotta degli aerei. Nella
parte interna c'è un grande cancello in ferro che conduce al
Curtivon, questa zona fu edificata dai conti Priuli come abitazione
dei contadini, la stalla. Anche questo luogo è stato restaurato di
recente, mantenendo il più possibile l'aspetto originale.
10
fatta costruire dai conti Priuli
Ora ospita un ristorante, delle
di Venezia verso la fine del
abitazioni e un edificio
1600 e denominata “el palaz”.
comunale, di color arancione,
con le porte e la finestra verdi,
qui ci sono delle sale del
comune dove certe volte con
la scuola andiamo a vedere
delle mostre, ad esempio sulle
bambole e sul risparmio
energetico. Vicino troviamo la
Villa Priuli, in stile veneziano,
Ogni anno, quando è l'otto Dicembre, in piazza vengono messe le
giostre e le bancarelle, tra cui le bancarelle dello zucchero filato,
dei vestiti, dei giochi e le giostre come il bruco-mela e i seggiolini
volanti. Durante le feste di Natale, di fronte la chiesa, viene
costruito un presepe interamente fatto di legno e paglia. Per
Pasqua vengono messe tre grandissime uova di cemento. Sono
di colore giallo, blu e rosso, poste sulla paglia. Quando è
primavera ci sono sempre tanti bambini piccoli che corrono con le
biciclette.
meno giovani, un luogo dove
vengono organizzati incontri
culturali e molte fiere. La
piazza è pulita e carina, ma a
noi bambini non piace molto
perché avremmo voluto alberi
e magari anche qualche
gioco.
La piazza, come cuore del
paese, è un bel punto di
incontro, ritrovo di giovani e
11
LA CHIESA
La chiesa di Turriaco è stata costruita nel 1600. All'esterno è di
color giallo e ha il tetto rosso carminio. Sulla facciata ci sono
tre statue e dei bassorilievi; la porta di legno è scolpita e per
accedervi bisogna salire due gradini. In cima al tetto c'è una
croce di ferro e al lato della chiesa c'è il campanile che è
grigio. Sul campanile c'è un orologio che una volta funzionava,
mentre ora ha gli ingranaggi rotti o arrugginiti.
All'interno c'è un altare del 700 fatto da Michele Zuliani, che lo
aveva destinato alla chiesa S.Lucia di Udine. Dentro ci sono i
banchi di legno e sul soffitto c'è un affresco fatto da Matteo
Furlanetto, che raffigurava San Rocco tra gli appestati. Da un
lato c'è anche l'autoritratto del pittore, sembra l' unico. Sotto
l'altare sono sepolti i cuori dei fratelli Antonio (senatore della
repubblica) e Girolamo (prete). Sulla porta laterale dell'altare è
raffigurata Maria che va al Tempio, dipinta da Melchior
Seteltzte nel 1611.
La chiesa è un posto molto significativo per il paese di
Turriaco. È altissima, quasi come una montagna larga come
tutta la piazza. È di color giallo limone con delle colonne color
panna che, quando arrivano alla fine, si arricciano verso
l'esterno. Al centro c'è la statua di San Rocco con un cane,
protetto con una rete perché altrimenti i piccioni vanno lì per
farci i bisogni, a fianco a lui due alte finestre color acqua,
sembra di vedere il mare per quanto sono colorati.
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Il portone marrone ha dei disegni bianchi come la panna montata:
in alto a destra e a sinistra c'è un pavone, al centro a destra una
croce con attorno una specie di ghirlanda e dei pesci mentre al
centro a sinistra c'è un pellicano; in basso e dentro c'è un
grappolo d'uva. Sulla cima del tetto c'è una croce di metallo nera
come il carbone. Sul lato sinistro c'è un'entrata con lo scivolo per i
disabili. Dietro alla chiesa c' è il campanile grigio come un topo e
alto più della chiesa.
Davanti c' è la piazza: c'è un monumento grigio e alto come un
lampione, vicino c'è la panchina lunga come un serpente e bianca
come il Polo Nord. A noi piace andare a giocare in piazza e
andare in chiesa ogni sabato. La chiesa fu eretta tra la fine del
600 e la prima metà del 700 nel luogo di una precedente più
antica, forse risalente alla fine 400.
Di forme classiche semplici, conserva al suo interno pregevoli
opere d'arte, in primo luogo lo splendido altare maggiore barocco
della bottega degli artisti udinesi Zuliani, come la pala di Giovanni
Battista Grassi. Da notare inoltre le altre pale: dell'Immacolata,
della Presentazione di Maria al tempio, e quella con l'Eterno
Padre. Sul soffitto si estende il grande dipinto con San Rocco fra
gli Appestati.
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PALAZZO PRIULI
Dopo la chiesa l'altro edificio di particolare interesse artistico e
storico è quello che attualmente viene chiamato “Palazzo
Fonda”,dal nome degli attuali proprietari.
È una villa di stile veneziano “tipica casa veneta”, fatta
costruire dai conti Priuli di Venezia verso il 1600 e denominata
“El palaz”.
La facciata è risorta con un caratteristico portale di pietra; due
piccoli terrazzi completi di una ringhiera in ferro, di cui quello
del primo piano sorretto da mensole in pietra. Le finestre, che
si estendono in triplice ordine, sono contornate da cimase di
pietra con ornamenti in ferro battuto. Un cornicione ricco di
sagomature conclude l'edificio alla sommità.
All'interno ci sono saloni centrali al piano terra e al primo piano,
con soffitto in travi a vista decorate.
Davanti ad un tipico caminetto situato al piano terra, vi sono gli
altari in ferro battuto e recano la data 1708.
Dietro il palazzo vi è un vasto parco ed una bassa torretta
chiamata “la Colombara”, costruita nella stessa epoca, e forma,
assieme al parco, un unico complesso con il palazzo.
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Nel 1967 il Ministro della
Pubblica Istruzione, ai sensi
della legge 1giugno 1939, ha
dichiarato tutto il complesso di
“interesse
particolarmente
importante”e lo ha posto
pertanto sotto la tutela della
“sopraintendenza
ai
monumenti”.
Come detto, il Palazzo fu costruito dai Conti Priuli, Giovanni
Arsenio, ambasciatore veneziano, ebbe in dono il teschio di San
Cornelio, attualmente custodito nella chiesa di Turriaco.
Al casato dei Priuli non è legato soltanto il nostro paese, ma
anche Gradisca, Monfalcone e Palmanova.
Risulta che nel 1501 Bartolomeo Priuli era governatore di
Gradisca. Nel 1615 un Priuli, generale veneziano, combatté sul
territorio monfalconese contro le truppe arciducali austriache che
avevano occupato Sagrado.
Ciò dimostra come i monumenti antichi servano a conoscere la
storia del nostro paese e di conseguenza le nostre origini.
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APPROFONDIMENTO:
PALAZZO PRIULI
LA SUA STORIA
A cura delle classi quarte
Con la collaborazione di G.Dellasorte
Di fronte alla chiesa di S.Rocco, ammiriamo l'unico palazzo di
Turriaco, che oggi si chiama Palazzo Fonda, dal nome del
proprietario che lo ha acquistato nell'anno 1914.
Questo palazzo secoli fa fu molto importante per Turriaco e per
tutta la bisiacaria, come abbiamo imparato quest'anno negli
incontri con la signora Della Sorte, che ci ha parlato del Palazzo
Priuli o meglio della Villa Priuli che è una villa veneta.
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Questa storia comincia 400 anni fa quando Venezia era la
capitale della Repubblica di San Marco o Serenissima e il Leone
di San Marco era il suo simbolo. Venezia era molto potente e
ricca e la flotta veneziana era mercantile e militare. Le nobili
famiglie veneziane erano ricchissime e spesso decidevano di
comprare terre perché se commerciavano e compravano soltanto
navi mercantili e le barche affondavano, perdevano tutto il carico
e tanti soldi, invece comprando le terre, anche se veniva un
terremoto potevano ricostruire tutto e ricavare guadagni dalla terra
e nessun pirata gliela avrebbe portata via.
Nel centro del territorio acquistato queste nobili famiglie
costruivano una Villa (cioè una fattoria) circondata da boschi,
campagne e soprattutto campi. Con il passare del tempo
possedere una Villa (fattoria) era diventato un segno di distinzione
sociale, uno “status symbol” (anche Villa Manin di Passariano è
una villa di questo tipo).
Tutto intorno alla villa, e così pure a Villa Priuli, si estendevano i
campi che venivano lavorati dai contadini. Il controllore del lavoro
dei contadini era il fattore.
comprendevano oltre “el
Il proprietario della Villa (cioè il
Palaz”:
nobile veneziano insieme alla
sua famiglia), rimaneva qui in
estate per la mietitura del
frumento (anche perché a
Venezia faceva troppo caldo)
e in autunno durante la
vendemmia, così controllava
che i contadini non lo
imbrogliassero. Le proprietà
della
Villa
Priuli,
17
il Parco, con alberi secolari
pregiati;
la Colombara, dove si
allevavano le colombe che
servivano anche per inviare i
messaggi;
il “Curtivon”, il grande cortile
chiuso da case contadine e
stalle;
il Folador, cioè il follatoio,
l'edificio dove si pigiavano le
uve;
18
i Granai, che si trovavano
sopra il follatoio;
le stalle;
le case dei contadini;
la Chiesa di San Rocco.
I Priuli al tempo della Repubblica di Venezia, erano così
importanti che alcuni di essi diventarono Dogi (cioè il Capo dello
Stato di Venezia), altri Cardinali.
Erano riusciti a comprare molti terreni, fra questi il grande territorio
che si estendeva dall'Isonzo al Carso fino al mare, e comperarono
la Villa, chiamata Palazzo Contarini (che poi ampliarono e
migliorarono) risalente al 1593.
I Priuli la acquistarono nel 1647 circa e ci sono due documenti
antichi che ne parlano, uno è a Monfalcone e uno a Venezia. La
Villa rimase proprietà del Priuli fino al 1859, quando morì l'ultima
loro discendente, Matilde Priuli, del ramo di S.Maria Formosa.
19
Matilde aveva sposato il Conte Folco e la villa passò in eredità al
figlio maggiore che ne divenne proprietario. La villa rimase ai conti
Folco fino al 1914, quando la vendettero ai Fonda.
I Priuli ampliarono, abbellirono e migliorarono la villa e le sue
proprietà nel corso dei secoli. Anche nella Chiesa di S.Rocco
apportarono delle modifiche e fecero costruire l'altare di San
Antonio, dove si trovava la reliquia insigna (il teschio) di
S.Cornelio Papa, morto martire nel 250 d.C. Nel pavimento della
Chiesa, ai piedi dell'altare, ci sono altre reliquie (dal latino
relinquere, ovvero ciò che è rimasto), cioè il cuore di Girolamo II e
Antonio Priuli.
Il Ministero della Pubblica Istruzione, nell'anno 1967, decretò che
Villa Priuli, chiamata “el Palaz”, fosse dichiarata di interesse
particolarmente importante e venne sottoposta a tutte le
disposizioni di tutela della protezione delle Belle Arti, che
conserva i monumenti di interesse artistico e storico.
Tutto questo ci fa capire quanto è importante che questo storico
edificio sia mantenuto, conservato e valorizzato da noi, perché
rappresenta un importante periodo di storia del nostro paese ed è
l'unico di questo genere in bisiacheria.
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VILLA MANGILLI
Nel nostro paese, in via Garibaldi numero 1, c'è la Villa
Mangilli, un palazzo a due piani con un portone rosso fuoco.
Sopra il portone c'è un arco in cemento con delle decorazioni
a foglia.
In fondo al portone c'è la parte d'ingresso e vicino ci sono 5
finestre che danno sulla strada. Al secondo piano, ci sono il
ballatoio con 6 colonnine ed altre 5 finestre contornate da una
lavorazione in gesso che finisce a metà finestra con delle
nappine.
Il sottotetto è abbellito da una cornice lavorata a motivi
floreali. Verso la piazza c'è un giardinetto con piante ed
alberelli: c'è un sentiero molto corto di ghiaia che porta in un
angolo del giardinetto dove si trova una fontana. Questa
fontana rappresenta una donna che tiene il drappeggio del
suo vestito, attualmente la fontana è priva d'acqua; da quel
lato ci sono 12 finestre in tutto.
Tre archi che poggiano su due colonne separano il giardino
dall'entrata principale.
La cosa caratteristica della villa è proprio la torretta del
palazzo. Questa piccola torre è fatta di mattoni: il primo piano
ha 2 finestre, invece il piano superiore ne ha 3 contornate da
archi.
L'ultimo piano ha 3 finestre per ogni lato e sotto la finestra
centrale c'è una specie di targa rossa con un volto femminile.
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L’AREA VERDE
Per arrivare agli impianti sportivi di Turriaco, bisogna percorrere
la Via Gramsci. Arrivati in fondo alla via, di fronte troviamo
l'ingresso dello Stadio Marino Minin, girando sulla sinistra si
arriva a un grande parcheggio e la strada termina lì.
L'area verde di Turriaco comprende il campo di calcio, in cui
gioca la prima squadra e la palestra, in cui giocano le squadre
di basket e di pallavolo. Poi c'è il campo di sfogo, dove tutte le
categorie si allenano.
Arrivando con la macchina e posteggiando nei parcheggi di
fronte, si può notare quanto segue:
‘Di fronte, un po' nascosto da degli alberi, c'è un
caseggiato che ospita degli spogliatoi usati dalle persone
che praticano il tennis e il calcio a cinque, nascosti dagli
spogliatoi e dagli alberi ci sono i campetti da tennis, da
calcio e cinque campetti da basket.
‘Sulla sinistra, ci sono delle abitazioni.
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‘Sulla destra c'è l'ingresso della palestra e ai campi di calcio.
‘Appena entrati dal cancello, sulla destra c'è un palazzino
utilizzato come palestra e come terreno di gioco per il calcio,
basket, pallavolo ed altro; ci sono sia i servizi, sia gli
spogliatoi.
‘Proseguendo, a sinistra, c'è un campo di calcio detto “di
sfogo”, che viene utilizzato prevalentemente per gli
allenamenti; effettivamente c'è più terra che erba, le porte
sono senza reti e il campo non è segnato dalle righe bianche.
Su di un lato c'è un magazzino.
‘Alla fine della stradina, girando a destra, si nota: sulla strada,
sempre sulla palazzina della palestra, ci sono gli spogliatoi e
i servizi utilizzati per i campi di calcio; a sinistra c'è un piccolo
parcheggio e il bar, quest'ultimo una volta veniva utilizzato
anche per alcune feste di compleanno; di fronte c'è il campo
di calcio, segnato per terra, con le panchine per le squadre,
le porte con le reti, le bandierine dei calci d'angolo, con un
bel tappeto d'erba seminata lo scorso anno, il campo in
lunghezza misura 105 m mentre di larghezza 68, accanto a
sinistra ci sono le tribune in cemento 3 piani lunghe quanto il
campo, il campo è recintato da una rete che lo circonda, ci
sono 3 porte per accedervi, una dove ci possono passare
solo le persone, altre due che sono abbastanza larghe da far
passare un camioncino con un rullo che usano per spianare il
terreno.
‘Tra il bar e il campo di calcio c'è un cancello che porta ad
una baracca e alle tribune. La baracca probabilmente viene
utilizzata per fare la griglia quando ci sono partite importanti.
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La palestra ha diversi spogliatoi dove ci sono anche i bagni, poi
c'è un corridoio che collega gli spogliatoi alla palestra.
La palestra ha delle panchine e ci sono anche 2 materassi che si
possono unire, poi ci sono alcune spalliere, delle corde per
arrampicarsi, dei pali e delle scale anche per arrampicarsi, poi c'è
una stanza dove ci sono tutti gli attrezzi: materassi, palle, palle
mediche, bastoni, pedane.
Il campo di sfogo era in passato un campo in cui giocava la prima
squadra, ma, col passare degli anni, si è rovinato ed è stato usato
come campo di sfogo; il campo ha diversi oggetti per fare percorsi
o altro; ci sono ostacoli, birilli, cinesini.
Infine ci sono i campetti d'erba sintetica, che sono stati costruiti
circa ad aprile 2006. Sono due e sono stati costruiti dalla squadra
dell'Adriatica di Monfalcone. Il campetto è piccolo, infatti si gioca a
cinque per squadra, le porte sono grandi come quelle dei “pulcini”;
i campi sono separati da una rete. Entrambi i campetti sono
recintati da una rete. Tutto il campo è recintato da un muro.
Quando siamo lì ci sentiamo liberi perché non si sentono rumori e
non pensiamo ad altro che a giocare.
24
IL PARCO DELL’ISONZO
Il Parco dell'Isonzo è un parco naturale istituito dal Comune di
Turriaco. Istituendo questo parco il Comune ha cercato di
tutelare le caratteristiche principali dell'habitat naturale,
permettendo solo alcuni cambiamenti. Sono state disposte
alcune panchine, creato un percorso salute con attrezzi ginnici,
sistemati giochi per bambini e indicati parcheggi.
Il parco è caratterizzato da alcune piante tipiche come l'acero,
l'ontano, il carpino, il nocciolo, il noce, il melo selvatico, il pioppo,
la roverella, il ciliegio selvatico, il tiglio selvatico e l'olmo
siberiano.
Questo parco è adatto per fare pic-nic, camminate, sport,
divertirsi con gli amici ed osservare la natura.
Ogni anno tutti noi bambini della scuola facciamo una bella
camminata poi si fanno giochi di gruppo nell'oratorio con tutta la
scuola e si mangiano panini con il wurstel e salse.
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Gli alberi sono molto alti e grossi e alcuni hanno una X rossa che
significa “non abbattere”.
Parliamo ora un po' dell'Isonzo.
Le sorgenti dell'Isonzo si trovano in Slovenia, tra il Mangart e il
Tricomo (Triglav) e sono alimentate dalle abbondanti
precipitazioni di cui è ricca la zona delle alte Alpi Giulia.
Nel suo percorso verso il mare, il fiume compie degli zig-zag. A 4
km circa da Pieris inizia la Riserva Naturale Regionale della Foce
con l'isola della Cona, poi a Punta Sdobba, finalmente l'Isonzo si
getta nel “mar grando” dell'Adriatico.
Quando piove molto l'acqua si alza e diventa di in marrone chiaro
e scorre molto velocemente, invece quando c'è il sole ci sono solo
piccole pozze d'acqua o ghiaia con un po' di fiume per
rinfrescarsi.
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LO SVILUPPO DEMOGRAFICO
A TURRIACO
A cura della classe IV° B
Con la collaborazione di V.Spanghero
Nonostante tutte le catastrofe, la popolazione nel mondo è
sempre aumentata, ciò è successo anche a Turriaco. Oggi nel
mondo si sono superati i sei miliardi di unità.
Già in epoche antichissime, alcune tribù semibarbare
cominciarono ad inoltrarsi nelle nostre zone, stabilendosi nelle
radure e nei boschi, dove si sono fermati e hanno cominciato a
costruire qualche capanna. Questa situazione è rimasta più o
meno inalterata fino all'arrivo dei Romani.
Successivamente, con l'arrivo delle popolazioni barbare, ci furono
distruzioni e devastazioni.
Solamente verso l'anno 1000 lentamente i confini vennero
rassicuranti e la popolazione cominciò a costruire le prime case e
la prima Chiesa.
Con il Concilio di Trento (1545-1562), sì è stabilito di avere 3
registri (battesimi, morte, matrimoni) e si sono cominciati a
registrare i primi dati (siamo alla fine del 1500); le prime
documentazioni di dati registrati a Turriaco risalgono al 1630. Da
quel momento la popolazione aumentò costantemente.
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A causa della sciagurata guerra gradiscana del 1615-18, a
Turriaco morirono ben 137 abitanti. Nel 1630 si contarono 202
abitanti e 46 case; poco più di un villaggio.
Successivamente, nel corso del 1600, si riscontrò un breve
aumento demografico.
Nel 1675 la popolazione crebbe fino a raggiungere i 351 abitanti e
nel 1743 si raggiunsero le 507 persone.
Dal 1829 al 1850 ci furono 776 malati e 554 morti.
In quegli anni la popolazione passò dai 791 abitanti del 1825 ai
1094 del 1850. Anche nella seconda metà del secolo continuò
l’aumento demografico.
A Turriaco dal 1851 al 1900, si ebbero 1990 nati e 1558 morti. In
questo mezzo secolo, la popolazione crebbe da 1094 abitanti a
1347 abitanti, con un aumento di ben 253 unità.
Alla fine del 1900 a Turriaco si contavano 1182 abitanti. L'
aumento demografico, avvenuto durante questo secolo, causò un
conseguente sviluppo urbano, che dette al nostro paese quella
caratteristica rimasta quasi inalterata fino a qualche decennio fa.
Lo sviluppo demografico continuò, nonostante lo scoppio della
Prima Guerra Mondiale, aiutato anche dal fenomeno
dell’immigrazione.
Nel censimento del 1921, gli abitanti registrati a Turriaco da 1618,
salirono a 1778, nel 1931 la popolazione aumentò fino a 1936
abitanti e nel 1951 si arrivò a 2378 abitanti.
Tra il 1999 e il 2000 ci fu un picco della popolazione dovuto al
fenomeno dell'immigrazione.
Oggi Turriaco ha superato le 2600 persone.
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Andamento demografico di Turriaco
Dal 1600 al 2000
Anno
N. abitanti
1630
202
1675
351
1743
381
1796
641
1809
780
1817
760
1823
802
1832
898
1844
990
1850
1094
1855
1049
1870
1098
1880
1212
1895
1338
1900
1182
1908
1400
1912
1485
1921
1618
1931
1778
1936
1936
1951
2378
1961
2265
1971
2190
1981
2245
1991
2163
1999
2382
29
16
30
16
75
17
43
17
96
18
09
18
17
18
23
18
32
18
44
18
50
18
55
18
70
18
80
18
95
19
00
19
08
19
12
19
21
19
31
19
36
19
51
19
61
19
71
19
81
19
91
19
99
Numero abitanti
Andamento demografico di Turriaco dal 1600 al 2000
2400
2200
2000
1800
1600
1400
1200
1000
800
600
400
200
0
Anni
30
Natalità a Turriaco nel XIX Secolo
Anno
Persone nate
1801
48
1802
34
1804/05
49
1805/06
30
1809
50
1811
32
1813
46
1815
24
1817
36
1819
34
1820
48
1822
41
1823
44
1824
42
1825
46
1826
32
1828
44
1830
31
1831
40
1832
28
1834
54
1835
45
1837
40
1838
30
1841
44
31
1842
28
1843/44
38
1846
26
1850/51
41
1852
34
1855
30
1857/58
46
1860
30
1864
38
1866
35
1867
34
1869
48
1874
22
1875
48
1875/77
49
1877/78
42
1881/82
44
1882
40
1884
60
1887
46
1889
38
1890
44
1892
36
1895
56
1897
36
1898
38
1899
34
1900
42
32
Natalità a Turriaco nel XIX secolo
55
48 49 50
46
44
44
41 42
40
35
34
30
30
25
32
56
48
46
45
60
54
50
36
34
45
40
32 31
24
28
40
30
48 4849
46
44
38
28
20
44 46 44
42
40
42
38
36 3638
34
41
38
34
3534
30 30
26
15
22
10
5
81
18/82
82
18
87
18
90
18
95
18
98
19
00
anno
18
66
18
69
18
75
60
18
18
46
18
52
18
1
18
05
18/06
09
18
13
18
17
18
20
18
23
18
25
18
28
18
31
18
34
18
37
18
41
0
18
0
numero persone
60
33
Anno
1829
1831
1833
1834
1836
1838
1840
1842
1844
1848
1850
1852
1854
1855
1857
1860
1862
1864
1865
1870
1872
1875
1880
1881
1882
1886
1888
1890
1892
1894
1896
1899
1900
Mortalità a Turriaco nel XIX secolo
Persone morte
18
12
28
26
60
24
34
14
18
26
23
28
40
91
35
21
24
32
41
48
12
34
25
32
22
24
16
28
32
30
24
16
36
34
18
2
18 9
31
18
3
18 3
34
18
3
18 6
38
18
4
18 0
42
18
4
18 4
48
18
5
18 0
5
18 2
54
18
5
18 5
57
18
6
18 0
62
18
64
18
65
18
70
18
72
18
75
18
80
18
81
18
82
18
86
18
88
18
90
18
92
18
94
18
96
18
99
19
00
persone morte
Mortalità a Turriaco nel XIX secolo
95
90
85
80
75
70
65
60
50
40
30
20
10
0
anni
35
Un giorno a scuola è venuto il signor Spanghero e ci ha
raccontato che nel 1855 c’è stata una grave malattia infettiva “il
Colera” e moriranno 90 persone. Le malattie erano difficili da
guarire perché non esistevano tutti gli antibiotici ed i medicinali
che abbiamo oggi; inoltre era freddo e specialmente i più poveri
non avevano molti vestiti con cui scaldarsi o proteggersi. Per
accertarsi che la persona era morta si davano dei pizzicotti sulle
gambe per vedere se l’ammalato reagiva; la persona che dava i
pizzicotti veniva chiamato “el Spisiget.”
Nel 1900 ci fu un aumento della popolazione e così Turriaco a
quei tempi ebbe circa 3000 abitanti.
Si mangiava poco e si ammalavano di più i bambini perché erano
deboli. In quegli anni i piccoli nati potevano non vivere a lungo per
gli stenti e le malattie che i medici non riuscivano a curare.
36
Mangiando poco, spesso anche sempre gli stessi alimenti, il fisico
era più debole ed era più facile ammalarsi, anche dormendo nello
stesso letto, perché in quel tempo c’erano tanti fratelli e sorelle e
siccome erano poveri non potevano comprarsi altri letti e i figli
dovevano dormire nella stessa camera dei genitori. Nascevano
tanti figli, ma molti non sopravvivevano e gli adulti non vivevano
così a lungo come ora.
Il Signor Spanghero poi ci ha fatto vedere due vecchissimi registri
trovati in chiesa, tra cui uno vecchio di 300 anni in cui c’erano
scritti i nomi di tutti i morti di Turriaco.
150 anni fa in tutto il paese di Turriaco c’erano 75 mucche, 66
pecore e 23 cavalli.
37
Un tempo c’erano i norcini che
bevevano il caffè con la
grappa per farsi coraggio
prima di uccidere il maiale.
L’avvenimento più importante
era uccidere il maiale e i
bambini erano giustificati a
restare a casa da scuola. Già
da piccoli partecipavano
attivamente all'avvenimento,
tenendo la coda del maiale
mentre veniva ucciso.
IL COLERA
Il Colera è una malattia molto pericolosa che non si poteva curare,
ed era diffusa in tutti i paesi d'Europa. Le famiglie venivano
informate su come riconoscere la malattia e soprattutto sui metodi
curativi di primo intervento: tè di camomilla, di sambuco, di menta
e di melissa, decotti d'orzo di riso di croste di pane, di frumento,
fumenti secchi con mattoni o sacchetti di crusca caldi da collocarsi
sotto le ascelle; pannolini caldi di flanella da applicarsi sul ventre.
Sfregamenti a base di grappa, aceto, senape, canfora, pepe ed
aglio. Queste “istruzioni” indicavano pure il trattamento da
riservare ai morti: “nel caso di morte sarà sempre opportuno
assicurarsi che il morto sia veramente morto”.
L'epidemia arrivò nell'anno 1855, che fu detto “l'anno del colera”.
Nel nostro paese nel decennio 1850-60 morirono di colera ben
390 persone mentre nella Contea di Gorizia e Gradisca i morti
furono 5740. I comuni dovettero provvedere alla creazione di
locali appositi per l'isolamento dei colerosi per evitare il propagarsi
del contagio.
38
PROVERBI E
LEGGENDE DIALETTALI
Il dialetto è come i nostri sogni, qualcosa di remoto e di
rivelatore: il dialetto è la testimonianza più viva della nostra
storia, è l’espressione della fantasia.
(F.Fellini e N.Gigante)
Con queste parole la sig. M.Dorsi ha iniziato le
sue lezioni, noi bambini abbiamo sviluppato tre
argomenti:
ƒ I proverbi dialettali
p.40
ƒ La leggenda “I tre fradei”
p.44
ƒ La leggenda “Il Lago de Dobardò”
p.51
39
I PROVERBI DIALETTALI
A cura della classe quinta
Con la collaborazione di M.Dorsi
Un giorno è venuta la signora Marina Dorsi a spiegarci i proverbi
in dialetto bisiacco portandoci un libretto di poche pagine.
All'inizio c'era una spiegazione dei proverbi in generale,
successivamente iniziavano i proverbi bisiachi con sotto la
spiegazione in italiano.
Infine c'era un racconto dei tre fiumi: Lisonz, la Drava e la Sava.
In base ad ogni proverbio, abbiamo poi fatto dei disegni.
40
41
42
43
I TRE FRADEI
A cura delle classi quarte
Con la collaborazione di M.Dorsi
Al prinzipio dei sècui, ta 'l mezo de monte altone viveva tre fradei,
par dir mei do sorele e un fradel un poc più zovin.
Al principio del tempo, tra monti altissimi, vivevano tre fratelli, o
meglio due sorelle e un fratello un po' più giovane.
44
Sti fradei e era tre surtive e i se ciamava Drava, Sava e Lisonz.
Questi fratelli erano tre sorgenti e si chiamavano Drava, Sava e
Isonzo.
Un zorno per zugo i ga fat tra de lori 'na scomessa: - Chi che de
noi riva prima ta 'l mar grando? - Da l'alt riva la vose del
Pareterno: - Ve lasso lìbari, ma vardè de èssar de parola. Ti
Drava ciàpa sto piconeta, ti Sava ciàpa sta manareta e ti Lisonz,
che te xe 'l più piciul, no me resta che darte ste scarpe cu le
broche de fer e 'l pontal de azal. Ma vardè de èssar de parola e
de partir insieme a la terza cantada! Un giorno per scherzo hanno fatto una scommessa: - Chi di noi
arriva prima al mare grande? - Dall'alto arriva la voce del
Padreterno: - Vi lascio liberi, ma guardate di essere di parola. Tu
Drava prendi questo piccone, tu Sava prendi questa scure e a te
Isonzo, che sei il più piccolo, non mi resta che darti queste scarpe
con le punte di acciaio. Ma vedete di essere di parola e partite
all'alba! 45
Ma Drava, zita, zita, verzendose la strada cu la piconeta, i ghe la
dà ta 'l scur de luna.
Ma la Drava, in silenzio, parte quando è ancora buio e la luna
brilla in cielo e si apre la strada con il piccone.
46
La Sava la scuminzia a corarghe drio zoncando cu la manareta
boschi de làresi e pini.
La Sava si accorge che è partita prima e comincia a correrle
dietro abbattendo con la scure boschi di larici e pini.
47
Al Lisonz se svèa e 'l se nacorze de l'inbroièz.
L'Isonzo si sveglia e si accorge dell'imbroglio.
Al terzo cant del gal, al Lisonz rabioso al taca a tirar pedade ai
creti.
All'alba, l'Isonzo comincia a colpire e a dare pedate ai massi.
48
A mezozorno, cu le scarpe fruade, al riva in bas: al se stravaca e
tut beato al cuntinua a sbrissar pian pian cu la coda slargada.
Squasi al xe un fiume.
A mezzogiorno, con le scarpe consumate, arriva in basso: si
distende, si allarga e tutto beato continua a scivolare con la coda
allargata. È quasi un fiume.
Co 'l xe za vizin del mar la vose del Pareterno la se fa viva de
nou: - Te go iutà, Lisonz, e te go fat rivar primo parchè te xe sta
de parola! –
Quando è vicino al mare, la voce del Padreterno si fa viva di
nuovo: - Ti ho aiutato, Isonzo, e ti ho fatto arrivare primo perchè
sei stato di parola! -
49
50
IL LAGO DE DOBARDÒ
A cura delle classi quarte
Con la collaborazione di M.Dorsi
Miliardi di anni fa tutto il mondo era coperto da una quantità
enorme di acqua. Una lunga pioggia, che era durata 2 mesi aveva
coperto tutto: uomini, case ...
51
... campi ...
... e persino la montagna più alta!
52
Noè, sopra ad una grande barca, andava in cerca di un luogo
asciutto per scendere e camminare, ma vedeva solo acqua
torbida e ghiacciata.
Era stanco di vedere tutta quest'acqua e per di più era una
settimana che aveva finito la provvista del vino portato con lui
sulla sua barca.
53
Piano piano il livello dell'acqua si mise a calare e la barca
scendeva, scendeva...
... fino a che sbatté con un tonfo su qualcosa di solido ...
54
... intanto la barca, sbattendo
sulle rocce, scendeva sempre
di più finché si fermò
sistemandosi in una conca
d'acqua, là dove ora si trova il
lago di Doberdò.
Noè saltò fuori tutto contento e cominciò a correre tenendo strette
nella mano delle barbatelle di vite. Corri e corri, arrivò in cima al
Cosic e vide dove era arrivato: campi, praterie, praticelli lontani
fino a che gli occhi riuscivano a vedere...
55
E subito cominciò a piantare
le barbatelle. Così furono
piantate le prime viti qui da
noi.
56
ALIMENTAZIONE IERI-OGGI
A cura della classe quinta
Con la collaborazione di V.Spanghero
Abbiamo letto le nostre interviste e abbiamo osservato come sia
cambiata la nostra alimentazione rispetto a quella dei nostri nonni,
oggi si mangia più di una volta: si commettono anche molti errori
alimentari. Si mangiano troppi grassi e zuccheri, che possono
causare diverse malattie, si mangia poco pesce e troppa carne e
non si beve abbastanza latte. Molta gente 50-60 anni fa
mangiavano meno e in maniera diversa. Chi però poteva
permetterselo mangiava spesso la carne e il pesce. Alcuni cibi
non esistevano proprio (merendine,dolciumi vari, bibite varie, cibi
congelati e surgelati, cibi precotti, ...).
La nostra alimentazione è migliore di quella di una volta?
In un certo senso sì e in un altro no, perchè oggi abbiamo
un'alimentazione molto varia, ma sono aumentate nei cibi le
sostanze chimiche, coloranti, additivi ...
57
Abbiamo delle alternative nella scelta del cibo oppure siamo
costretti a nutrirci con verdura, frutta, pane ...?
No, abbiamo molte alternative nella scelta del cibo ma spesso
abusiamo di cibi non troppo corretti (merendine, dolcetti, bibite,
cibi precotti, sughi pronti ...)
Come mai?
La vita di oggi è molto frenetica, quindi è molto più comodo
acquistare i cibi già pronti e confezionati. Tutti noi siamo “Più
viziati”, spesso non ci va bene niente; una volta invece non
c'erano tante possibilità e si doveva mangiare quello che si
trovava in tavola, anche se talvolta non piaceva.
I prodotti biologici che cosa sono?
I prodotti biologici sono prodotti coltivati senza molti prodotti
chimici (pesticidi) essi costano di più ma hanno una maggiore
qualità. La loro durata di conservazione è minore.
58
Colazione in estate
Cibi
Nonni
Cibi
Noi
Frutta
3
7,14% Frutta
0
0,00%
Merendina
1
2,38% Merendina
1
2,78%
The caldo, biscotti e spremuta
2
4,76% The caldo, biscotti e spremuta
12
33,33%
Dolci
0
0,00% Dolci
3
8,33%
Yogurt
1
2,38% Yogurt
2
5,56%
1
2,78%
0
0,00%
5
13,89%
Pane e marmellata
14
33,33% Pane e marmellata
Nulla
2
Toast o frutta e latte
5
Polenta
2
4,76% Polenta
0
0,00%
12
28,57% Caffelatte
12
33,33%
Caffelatte
Colazione in estate nonni
4,76% Nulla
11,90% Toast o frutta e latte
Colazione in estate noi
Frutta
Frutta
Merendina
The caldo, biscotti e
spremuta
Merendina
Dolci
Yogurt
Pane e marmellata
Nulla
Toast o frutta e latte
Polenta
Caffelatte
The caldo, biscotti e
spremuta
Dolci
Yogurt
Pane e marmellata
Nulla
Toast o frutta e latte
Polenta
Caffelatte
59
Colazione in inverno
Cibi
Pane e marmellata
Latte e panna
Caffelatte
Nonni
10
1
21
Cibi
30,30% Pane e marmellata
3,03% Latte e panna
63,64% Caffelatte
Noi
0
0,00%
14
42,42%
1
3,03%
Pane tostato
0
0,00% Pane tostato
0
0,00%
Nulla
1
3,03% Nulla
1
3,03%
Yogurt
0
0,00% Yogurt
3
9,09%
Spremuta
0
0,00% Spremuta
3
9,09%
Toast
0
0,00% Toast
5
15,15%
The con biscotti
0
0,00% The con biscotti
6
18,18%
Colazione in inverno nonni
Colazione in inverno noi
Pane e marmellata
Latte e panna
Caffelatte
Pane tostato
Nulla
Yogurt
Spremuta
Toast
The con biscotti
Pane e marmellata
Latte e panna
Caffelatte
Pane tostato
Nulla
Yogurt
Spremuta
Toast
The con biscotti
60
Merenda in estate
Cibi
Nonni
Frutta
7
Cibi
Noi
22,58% Frutta
6
18,75%
Pane e marmellata
10
32,26% Pane e marmellata
0
0,00%
Nulla
10
32,26% Nulla
8
25,00%
Latte
2
6,45% Latte
2
6,25%
Uova sode
2
6,45% Uova sode
0
0,00%
Merendina
0
0,00% Merendina
4
12,50%
Succo
0
0,00% Succo
7
21,88%
The e fette biscottate
0
0,00% The e fette biscottate
2
6,25%
Gelato
0
0,00% Gelato
2
6,25%
Panino
0
0,00% Panino
1
3,13%
Merenda in estate nonni
Merenda in estate noi
Frutta
Pane e marmellata
Nulla
Latte
Uova sode
Merendina
Succo
The e fette biscottate
Gelato
Panino
Frutta
Pane e marmellata
Nulla
Latte
Uova sode
Merendina
Succo
The e fette biscottate
Gelato
Panino
61
Merenda in inverno
Cibi
Nulla
Pane e marmellata
Nonni
9
13
Cibi
Noi
34,62% Nulla
6
20,69%
50,00% Pane e marmellata
0
0,00%
Uova sode
2
7,69% Uova sode
0
0,00%
Caffelatte e biscotti
2
7,69% Caffelatte e biscotti
2
6,90%
Panino
0
0,00% Panino
10
34,48%
Merendine
0
0,00% Merendine
6
20,69%
Succo
0
0,00% Succo
4
13,79%
Frutta
0
0,00% Frutta
1
3,45%
Merenda in inverno nonni
Merenda in inverno noi
Nulla
Pane e marmellata
Uova sode
Caffelatte e biscotti
Panino
Merendine
Succo
Frutta
Nulla
Pane e marmellata
Uova sode
Caffelatte e biscotti
Panino
Merendine
Succo
Frutta
62
Pranzo in estate
Cibi
Minestra
Nonni
Cibi
Noi
13
25,49% Minestra
0
0,00%
Carne
4
7,84% Carne
0
0,00%
Pasta
11
21,57% Pasta
25
47,17%
Fagioli
3
5,88% Fagioli
0
0,00%
Polenta
4
7,84% Polenta
0
0,00%
Patate
5
9,80% Patate
0
0,00%
Verdura
5
9,80% Verdura
5
9,43%
Riso
3
5,88% Riso
7
13,21%
Brodo
3
5,88% Brodo
0
0,00%
Salumi
0
0,00% Salumi
3
5,66%
Frutta
0
0,00% Frutta
9
16,98%
Pizza
0
0,00% Pizza
2
3,77%
Pane
0
0,00% Pane
2
3,77%
Pranzo in estate noi
Pranzo in estate nonni
Minestra
Carne
Pasta
Fagioli
Polenta
Patate
Verdura
Riso
Brodo
Salumi
Frutta
Pizza
Pane
Minestra
Carne
Pasta
Fagioli
Polenta
Patate
Verdura
Riso
Brodo
Salumi
Frutta
Pizza
Pane
63
Pranzo in inverno
Cibi
Nonni
Minestra
11
Cibi
22,45% Minestra
Noi
5
11,63%
Carne
9
18,37% Carne
19
44,19%
Brodo
5
10,20% Brodo
0
0,00%
Pasta
6
12,24% Pasta
0
0,00%
Fagioli
4
8,16% Fagioli
5
11,63%
Nulla
2
4,08% Nulla
0
0,00%
Verdura
4
8,16% Verdura
0
0,00%
Uova sode
2
4,08% Uova sode
5
11,63%
Polenta
6
12,24% Polenta
3
6,98%
Pizza
0
0,00% Pizza
3
6,98%
Riso
0
0,00% Riso
2
4,65%
Salumi
0
0,00% Salumi
1
2,33%
Pranzo in inverno nonni
Minestra
Carne
Brodo
Pasta
Fagioli
Nulla
Verdura
Uova sode
Polenta
Pizza
Riso
Salumi
Pranzo in inverno
Minestra
Carne
Brodo
Pasta
Fagioli
Nulla
Verdura
Uova sode
Polenta
Pizza
Riso
Salumi
64
Merenda in estate
Cibi
Nonni
Cibi
Noi
Nulla
8
34,78% Nulla
0
0,00%
Frutta
6
26,09% Frutta
11
30,56%
Pane e marmellata
6
26,09% Pane e marmellata
2
5,56%
caffelatte
3
13,04% caffelatte
0
0,00%
Panino
0
0,00% Panino
2
5,56%
Yogurt
0
0,00% Yogurt
4
11,11%
Omlette
0
0,00% Omlette
2
5,56%
Cioccolata
0
0,00% Cioccolata
2
5,56%
Limonata
0
0,00% Limonata
3
8,33%
Merendine
0
0,00% Merendine
3
8,33%
Gelato
0
0,00% Gelato
5
13,89%
Succo
0
0,00% Succo
2
5,56%
Merenda in estate nonni
Nulla
Frutta
Pane e marmellata
caffelatte
Panino
Yogurt
Omlette
Cioccolata
Limonata
Merendine
Gelato
Merenda in estate noi
Succo
Nulla
Frutta
Pane e marmellata
caffelatte
Panino
Yogurt
Omlette
Cioccolata
Limonata
Merendine
Gelato
Succo
65
Merenda in inverno
Cibi
Nonni
Nulla
8
Pane e marmellata
11
Cibi
Noi
30,77% Nulla
3
75,00%
42,31% Pane e marmellata
0
0,00%
Frutta
4
15,38% Frutta
4
12,12%
caffelatte
3
11,54% caffelatte
1
3,03%
Merendina
0
0,00% Merendina
5
15,15%
Bibite
0
0,00% Bibite
4
12,12%
Crackers
0
0,00% Crackers
4
12,12%
Succo
0
0,00% Succo
4
12,12%
Panino
0
0,00% Panino
4
12,12%
Cioccolata
0
0,00% Cioccolata
3
9,09%
Pop-corn
0
0,00% Pop-corn
1
3,03%
Merenda in inverno nonni
Nulla
Pane e marmellata
Frutta
caffelatte
Merendina
Bibite
Crackers
Succo
Panino
Cioccolata
Pop-corn
Merenda in inverno noi
Nulla
Pane e marmellata
Frutta
caffelatte
Merendina
Bibite
Crackers
Succo
Panino
Cioccolata
Pop-corn
66
Cena in estate
Cibi
Nonni
Cibi
Noi
Uova
13
19,40% Uova
1
2,13%
Pane
3
4,48% Pane
3
6,38%
8
17,02%
Verdura
10
14,93% Verdura
Riso
3
4,48% Riso
2
4,26%
Fagioli
3
4,48% Fagioli
0
0,00%
Polenta
8
11,94% Polenta
0
0,00%
Minestra
3
4,48% Minestra
3
6,38%
Pesce
5
7,46% Pesce
0
0,00%
Patate
3
4,48% Patate
0
0,00%
Carne
9
13,43% Carne
13
27,66%
Formaggio
5
7,46% Formaggio
1
2,13%
Nulla
2
2,99% Nulla
0
0,00%
Pizza
0
0,00% Pizza
7
14,89%
Frutta
0
0,00% Frutta
2
4,26%
Pasta
0
0,00% Pasta
7
14,89%
cena in estate nonni
cena in estate noi
Uova
Pane
Verdura
Riso
Fagioli
Polenta
Minestra
Pesce
Patate
Carne
Formaggio
Nulla
Pizza
Uova
Pane
Verdura
Riso
Fagioli
Polenta
Minestra
Pesce
Patate
Carne
Formaggio
Nulla
Frutta
Pizza
Frutta
Pasta
Pasta
67
Cena in inverno
Cibi
Nonni
Cibi
Noi
Minestra
7
11,29% Minestra
16
30,19%
Polenta
11
17,74% Polenta
0
0,00%
Verdura
11
17,74% Verdura
8
15,09%
Carne
21
33,87% Carne
5
9,43%
Frutta
3
4,84% Frutta
2
3,77%
Uova
5
8,06% Uova
1
1,89%
Pesce
4
6,45% Pesce
6
11,32%
Pasta
0
0,00% Pasta
8
15,09%
Pizza
0
0,00% Pizza
2
3,77%
Brodo
0
0,00% Brodo
4
7,55%
Formaggio
0
0,00% Formaggio
1
1,89%
Cena in inverno noi
Cena in inverno nonni
Minestra
Polenta
Verdura
Carne
Frutta
Uova
Pesce
Pasta
Pizza
Brodo
Formaggio
Minestra
Polenta
Verdura
Carne
Frutta
Uova
Pesce
Pasta
Pizza
Brodo
Formaggio
68
I ZUGHI DE ‘NA VOLTA
A cura delle classi quarte.
Con la collaborazione di V.Spanghero.
A Primavera le bambine
A primavera le bambine raccoglievano i fiori, ne facevano dei
mazzetti per ornare credenze o camerette.
I bambini e le rane
I bambini a Pasqua svuotavano i rami freschi del sambuco per
fare la cerbottana. Nei canali d'irrigazione i maschi catturavano i
ranocchi e li gonfiavano con le cannucce.
69
Scussoni
In Aprile, Maggio i “scussoni”, cioè i maggiolini, venivano fuori
dalla terra per appoggiarsi sulle punte dei rami degli alberi dove le
foglie erano appena fuori. Una volta nei campi si buttava letame di
vacca ed era pieno di “scussoni” dappertutto. Adesso con i veleni
nuovi i “scussoni” sono tutti spariti.
I bambini andavano in cerca di loro la mattina presto quando
erano ancora freddi e non avevano voglia di volare. Si vedevano
in fila sui rami dei castagni quando le foglie stavano sul fondo del
ramo. Dopo li legavano con il filo da cucito per una zampa e li
facevano volare intorno. Tutti avevano il loro “scusson” e li
portavano a scuola. Tutti ridevano e il maestro il più delle volte
lasciava perdere.
70
Nascondino
A nascondino si gioca così: un bambino doveva contare fino a 30
e gli altri dovevano nascondersi. Chi veniva trovato doveva
correre sull’albero su cui il bambino aveva contato e dire: - 1, 2, 3
per me! - Se quello che aveva contato arrivano per primo doveva
dire: -1, 2, 3 per ..... - e diceva il nome del bambino trovato.
Chi veniva beccato per primo contava e il gioco ricominciava.
Questo gioco è ancora usato ai nostri giorni.
A sassetti su Lisonz
In estate l' Isonzo è asciutto senza acqua, si andava a sassetti. A
casa non erano tanto contenti perché avevano paura: si sentiva in
giro di disgrazie di bambini che annegavano o che trovavano
qualche bomba che scoppiava. In combriccola da quattro a cinque
ragazzi con le pantofole, ma anche scalzi, andavamo a piedi
sull'Isonzo. Quando arrivavi dopo la riva dell'argine c'era la ghiaia.
Prendevi i sassetti tondi fatti apposta per la fionda, qualche bella
“pea” con tanti colori e vene e qualche bel ciottolo, che magari
aveva una forma che ti faceva ricordare qualcosa. Insomma ti
riempivi le tasche di sassi. Poteva capitare di trovare “menadisse
de legno”, radici di legno, o qualche ceppo. Camminare sulla
ghiaia dell’Isonzo scalzi, era bellissimo, anche se camminare sui
sassi grossi dopo un poco ti faceva male alla pianta dei piedi;
71
camminare sulla ghiaia fina era meglio. Quando si arrivava, c’era
acqua ferma e si trovavano belle strisce di sabbia. Allora lì si
facevano corse avanti e indietro, si giocava a prendersi e si
faceva anche la lotta. Tutti sporchi si andava nell’acqua a
“tociarse” e si tornava a casa. I sassetti si posavano su qualche
finestra e qualche mamma stanca di vederli e spostarli di qua e di
là, li buttava fuori nel cortile.
Il cavallo
Si prendeva una canna di pannocchia sul braccio o nel grembiule
e col coltellino si facevano due linguette lunghe dieci centimetri. Si
alzava la buccia senza toccarla e si piegava la canna ad angolo in
tal modo che le linguette restassero su. Così messa la canna,
assomigliava alla testa di un cavallo con le orecchie e tutto. Per
coda gli legavano un pennacchio di caneta. Per redini si metteva
una stoffa, un legnetto o si legava un pezzo di spago. Si
prendevano le redini in mano e mettendosi a cavallo della canna,
si cominciava a correre a tutta forza. Dopo una bella corsa si
prendeva fiato facendo con le labbra: - Brrr brrr – e si diceva: - Vai
piano, Baio, vai piano, appoggia.- Quando si battevano i piedi
davanti e lisciando i piedi nella polvere della canna dietro, si
72
faceva credere di essere un vero cavallo, era veramente
bellissimo! Si faceva: - Iii…ii! – e si tornava a correre.
Tiri co la potassa
Alla festa dell‘Immacolata, del Carnevale, di San Rocco e quando
alla sera della settimana di Pasqua veniva fatto la processione
dalla Resurrezione, i bambini facevano “i tiri in la potassa”.
Andavano in farmacia a comperare 20 lire di polvere, si diceva per
fare i gargarismi, altrimenti non te la dovevano. Era una polverina
bianca e fine e si mescolava, mezzo e mezzo, con lo zolfo che si
dava alla vite. Si metteva la polverina sul marciapiede o su una
pietra e si copriva con una “pea” (sasso piatto). Poi con il tallone
gli si dava una forte calcagnata. Veniva fuori in mezzo a un fumo
celestino, una fiammata e un forte scoppio. Se la presa era
grande per non farsi male al piede, sopra della pea, si buttava una
grande pietra. In quei giorni si facevano tiri da tutte le parti.
73
La capanna
Per costruire la capanna si sceglieva un posto come l'orto, la
stalla, il pollaio. Si cominciavano ad ammucchiare le cose come
pezzi di legno e di lamiera. Subito i bambini entravano e uscivano.
La capanna veniva coperta con delle ramette di edera. Il gioco
veniva cambiato ogni momento, si portavano a dormire le pupe e
si portavano da casa un paio di sgabelli e si giocava.
74
Nizul - altalena
È un gioco vecchio come il
mondo e si può dire che
siamo nati con quello. Le
mamme cominciavano a
dondolarti in braccio e a
cantarti la ninna nanna
quando eri appena nato. Ti
dondolavano nella cesta o nel
letto per addormentarti, e
poco
dopo
quando
incominciavi a camminare, il
papà o gli zii ti facevano
l'altalena.
Sotto una trave della stalla, del portico o sul ramo di qualche
albero fuori nel cortile legavano le due estremità della corda in
modo che sciolta pendolava a misura di sedia. Si metteva una
tavoletta orizzontalmente per sedersi e l'altalena era pronta. Per
dondolarti da solo dovevi spingerti con le gambe movendole
avanti e indietro, se eri in compagnia, dopo aver litigato per il
posto, ci si spingeva a turno un po' a ciascuno. L' altalena si può
dire che va su e giù, avanti e indietro come gli alti e i bassi della
vita.
Saltare i canaletti
Andando in giro per i campi qualche volta si andava lungo i
canaletti nell'acqua a guardare se c'erano rane o sanguisughe.
Dopo si tagliava un albero lungo tre metri di platano che fosse
bello dritto, si toglieva la corteccia e si andava nel canale per ore
e ore a giocare. Si prendeva la rincorsa, si piantava il bastone in
mezzo alla traversa. Qualche volta il bastone si puntava e si
75
restava fermi alti in mezzo al canaletto così si finiva per fare la
doccia in mezzo all'acqua.
La fionda
La fionda era fatta da un ramo, di due elastici e di un tratto di
cuoio. Non era un gioco come gli altri; si può dire che non era
neanche un gioco. Si sceglieva prima di tutto il ramo, si tagliava il
manico e si piegava sul fuoco per dargli forma. Si faceva l'elastico
tagliandolo qualche scarpa o cintura vecchia. Gli elastici erano
larghi un buon centimetro e lunghi 40. Gli elastici venivano legati
da una parte al cuoio e dall'altra al ramo e la fionda era pronta.
Una buona fiondata ben messa, lanciava il sasso lontano più
lontano di 100 metri. Prenderlo in testa poteva stordire. Si andava
in giro per i campi con la fionda sempre in mano intorno al collo.
Le tasche erano sempre piene di sassi bei tondi. I merli, i passeri,
le tortore e tutti gli uccelli stavano sempre a distanza di sicurezza.
Quando scoppiavano le guerre fra bande, se un luogo non era più
sicuro, bisognava andare via e si lasciava pieno di sassi. Sì, sì,
che c'erano teste piene di sangue e nervi e ossa rotte! Con la
fionda si imparava a calcolare le distanze e a tenere allenata la
mira.
76
Tiro all’ou
A Pasqua si lessavano le
uova di gallina. In piazza il
proprietario
dell'uovo
lo
poneva sotto il muro e i
giocatori, a circa tre metri di
distanza, cercavano di colpirlo
e di penetrare nell'uovo con
un soldo di rame. Per ogni
colpo sbagliato pagavano un
soldo al proprietario dell'uovo.
Se invece lo colpivano, l'uovo
diventava del lanciatore. Era
astuzia cuocere le uova sode
in molto sale per rendere più
duro il guscio.
77
Color
Si facevano 2 squadre che si mettevano in 2 righe lontane 10
metri l'una dall'altra. Ogni giocatore aveva il nome di un colore. Il
gioco cominciava quando un bambino domandava: -Cosa vuole?L'altro rispondeva: -Un colore- E il primo: -Che colore?- E diceva il
colore, i bambini correvano uno verso l'altro fino ad incontrarsi.
Per vincere dovevi dare uno schiaffo all'altro e correre senza che
l'altro ti prendesse fino alla tua riga. Se l'altro ti toccava dopo di te,
prima che arrivassi alla tua riga, eri eliminato. Era un gioco di finte
e contro finte, di velocità, ma anche di belle cadute! Vinceva la
squadra che arrivava a eliminare per primo tutti i giocatori
avversari. Se un bambino diceva il nome di un colore che non
c'era l'altro rispondeva: -Non esiste!- E si tornava a giocare.
La morte co la zucca
Si prendeva una bella zucca grande, si toglieva un pezzo attorno
al picciolo e con la mano si vuotava tutta la polpa. Quando la
zucca era vuota con il temperino si tagliavano occhi, naso e
bocca. Si mettevano quattro stecchi sopra e quattro sotto per farla
vedere brutta e sdentata. La sera, al buio, si metteva su qualche
muretto o in alto su un pilastro, con dentro una candela accesa. Ci
78
si nascondeva e quando passava qualcuno a piedi o in bicicletta
lo si spaventava urlando: ”Ocio la morte, ocio l'omo nero!” Le
zucche potevano essere più di una, anche 4 o 5 messe in fila.
Qualche ragazzaccio, e ce n'erano tanti, per dispetto si fermava,
prendeva un bel cocomero e lo tirava alla zucca tirandola giù,
candela e tutto.
Bicicletta
Quando imparavamo a correre con la bicicletta una delle prime
cose che si facevano era quella di mettere, tenuti con delle
mollette, 2 cartoni sulla forcella dietro. Montavi e, appena arrivato,
sentivi il rumore di cartoni che battevano sui raggi delle ruote. E
via a correre dappertutto, in giro per le strade senza traffico,
senza automobili e pochi carri di legno con le vacche e i cavalli.
Che soddisfazione sentire il rumore del cartoncino dietro: era
come avere un motorino! Quello che non andava tanto bene era
che ci si stancava subito perché si faceva il doppio della fatica.
Ma era bello lo stesso perché ci sembrava di essere più grandi.
79
Giochi con il granturco
Durante l'autunno, dopo la raccolta del granoturco le famiglie al
completo si radunavano sotto il PORTEGO di casa e ogni
bambino si nascondeva nella sua trincea sopra montagne di
pannocchie. Le donne ed i bambini procedevano alla
scartocciatura DISGABOTAR, mentre i ragazzi riempivano le
SBRIWZIE e portavano le pannocchie pulite agli uomini impegnati
a fare le RESTE da appendere ai grossi chiodi sul granaio. Con
le famiglie più tenere delle pannocchie le donne facevano una
specie di materasso detto PAYON, mentre le bambine
modellavano figurine in costume. Prima che i tutoli TORSI,
prendessero la via del focolare, i bambini potevano costruire
castelli inaccessibili incrociando i tutoli.
80
ALBERI SECOLARI
A cura delle classi prime
Con la collaborazione di V.Spanghero
Fin dall'inizio del 700
l'allevamento del baco da seta
era presente sul nostro
territorio e aiutava le famiglie
in difficoltà economiche.
IL BACO DA SETA
81
La farfalla depone le uova
I bruchi escono dalle uova.
I bruchi mangiano le foglie di gelso
82
Dal bruco esce un filamento di seta
I bachi filano il bozzolo nel quale si avvolgono in crisalide.
Prima che si trasformi in farfalla, gli allevatori lavorano il bozzolo
per fare tessuti preziosi.
IL GELSO
Le foglie di gelso sono il
nutrimento dei bachi da seta.
83
GLI ALBERI CENTENARI
Mercoledì 4 aprile siamo andati alla Villa Priuli. Il signor
Spanghero ci aspettava alla villa per vedere gli alberi centenari.
Siamo entrati nella villa e abbiamo visto il plastico del paese di
Turriaco. Il nonno di L.C. ha costruito questo plastico in miniatura.
Era molto bello! Siamo poi entrati nel cortile della villa. Qui
abbiamo visto gli alberi centenari: un pino rosso, un leccio, un
cedro del libano, un nocciolo, un faggio e tanti altri. Otto bambini
si sono dati la mano per abbracciare un grande albero e misurare
la sua larghezza.
Nel cortile c'era una colombara, dove vivevano i colombi, un
pozzo molto profondo e vecchi trattori. È stata una bella visita,
piena di sorprese.
84
85
LA SCUOLA A TURRIACO
A cura delle classi quarte
Con la collaborazione di V.Spanghero
Nel 1843 quando Turriaco faceva parte del Regno AustroUngarico, venne aperta la prima scuola. Si chiamava scuola
TRIVIALE perché insegnava le 3 cose più importanti: leggere,
scrivere e fare i conti. Si trovava in una sala che si apriva sul
Curtivon e il parroco faceva da maestro. La prima classe, che
iniziò nel 1843, aveva più di 60 alunni, non tutti di 6-7 anni, ce
n'erano alcuni di 15-16! I bambini non avevano quaderni,
scrivevano su una tavoletta di legno verniciata di nero sulla quale
era spalmata della cera d'api dove scrivevano con l'aiuto di un
bastoncino di legno. Leggevano e imparavano da libri di scuola
piccoli e senza figure.
I genitori non mandavano volentieri i figli a scuola, perché i campi
si lavoravano lentamente e a fatica a mano e i piccoli a casa
dovevano aiutare la famiglia, per esempio portavano al pascolo gli
animali di basso cortile (oche, galline, anatre), poi, crescendo,
avrebbero portato al pascolo le mucche. I bambini prima di andare
86
a scuola bevevano il latte che spesso era appena munto, caffè
d'orzo “brustulà col masinin” e un pezzo di “fugasa” preparata
giorni prima.
Con il passare degli anni il numero di bambini che andavano a
scuola aumentava, (in una famiglia i figli potevano essere 8 o 10 o
12!) e il Comune fece costruire nel 1894 un palazzo con 4 aule
dove gli alunni frequentavano le lezioni.
Quando d'inverno faceva freddo, prima di cominciare gli alunni
mettevano la legna nella stufa per scaldarsi.
87
Le pagelle erano trimestrali e le materie erano simili alle nostre;
ma sotto l'Austria i bambini seguivano anche l'insegnamento di
uno strumento musicale. I maestri erano rigidi e quando i bambini
si comportavano male o erano troppo vivaci ricevevano delle
severe punizioni come delle bacchettate sulle dita, oppure
venivano mandati in castigo con la fronte contro il muro.
L'insegnamento era obbligatorio e se qualche bambino marinava
la scuola il suo papà era chiamato dal Sindaco che gli dava una
grossa multa. Spesso però i papà erano poveri e, non potevano
pagare, dovevano eseguire lavori di pubblicità utilità per il
Comune.
Nell'anno1910 si inaugurò una nuova scuola elementare molto
bella.
88
Ora l'edificio che occupava questa scuola è il nostro Comune.
Scoppiò la Prima Guerra Mondiale e per gli alunni era
pericolosissimo rimanere nel centro di Turriaco perché ci
potevano essere bombardamenti o sparatorie. Allora tutti i
bambini insieme ai loro insegnanti si trasferivano al “Pascul”,
vicino alle trincee e nei prati a fare scuola.
La miseria era grande, molti bambini erano talmente poveri che
non avevano vestiti: gli abiti dei fratelli più grandi venivano ceduti
a quelli più piccoli, ma erano già tanto rattoppati. D'inverno se
faceva molto freddo i bambini mettevano delle lunghe calze di
89
lana e gli zoccoli. Durante tutto l'anno spesso i bambini erano
scalzi e portavano i calzoni corti.
Non sempre c'era abbastanza da mangiare, così dopo la scuola
gli alunni si recavano nei REFRETORI dove ricevevano un piatto
di minestra, una fetta di mortadella o mezzo uovo sodo
pagnottella.
Dopo la I guerra mondiale e il passaggio all'Italia del nostro
territorio, subentrarono i Programmi ministeriali italiani e
l'insegnamento veniva impartito da maestri che provenivano da
ogni parte della nostra penisola.
90
Dopo la II guerra mondiale e il lento faticoso delle ricostruzioni, le
condizioni di vita miglioravano. Il 16 ottobre 1964 fu inaugurata la
scuola che frequentiamo ancora oggi. Prima fu costruita la scuola
alta, poi la scuola bassa.
91
ORIGINE FANTASTICA DI
TURRIACO
A cura della classe terza
In un tempo lontanissimo, in pianura, al mattino, arrivarono
cantando e ballando un fantasma stonato ed uno scheletro
ballerino. In quella fresca mattinata di primavera i due compagni si
recarono sotto un melo, sul ciglio dell'Isonzo per riposarsi della
lunga camminata. Provenivano da un paese molto lontano ed
erano giunti fino a qui, perché erano dei fuggiaschi e speravano di
trovare degli amici.
In verità, il fantasma nella sua vita precedente, era il servitore di
un coraggioso principe, il cui castello era ancora lì, al centro del
paese, purtroppo disabitato, per un prodigio. Infatti il diavolo lo
aveva fatto morire e trasformato in uno scheletro. Dopo essersi
riposati, non sapevano cosa fare. Nel frattempo venne loro
un'idea, avendo osservato che lì attorno c'erano solo alberi, fiori e
molta altra vegetazione.
Mentre pensavano incominciò a piovere, così decisero di
costruirsi un riparo, usando alcuni sassi dell'Isonzo per le pareti e
92
delle canne di bambù per il tetto. Dopo aver fatto tanto lavoro si
accorsero di avere fame; così decisero, appena finita la pioggia, di
andare a pescare dei pesci, nel fiume, per mangiarseli nella loro
nuova casa. Ritornando videro l'albero carico di mele, anche se si
era in primavera.
Allora i due amici afferrarono il tronco e lo scossero per far cadere
le mele. Tornarono a casa, si sedettero a terra e mangiarono.
Appena finito di mangiare sentirono la mancanza di qualcuno che
li aiutasse. Uscirono dalla casupola e si accorsero di avere molto
materiale a disposizione, per costruirsi degli amici. Iniziarono e
raccogliere sassi, legnetti, erba e peli d'orso. Con un grande
sasso fecero le testa, poi con dei legni fecero il corpo, le braccia e
le gambe, infine con del fango unirono il tutto.
Dopo tutto ciò misero i peli dell'orso al posto dei capelli. Il diavolo,
saputa la notizia, poiché era un po' pasticcione, si arrabbiò molto
e, agitando il suo forcone, fece partire una magia, che colpì i
pupazzi trasformandoli in uomini reali. Per la rabbia e la
disperazione, il diavolo si infilzò sul forcone. Gli uomini appena
risvegliati, si guardarono attorno meravigliati e trovarono tutto ciò
molto bello.
Il fantasma e lo scheletro, contenti che il diavolo fosse morto e
che i pupazzi fossero diventati loro amici, si misero a fare festa. Il
fantasma si mise a cantare, stonatissimo, e lo scheletro iniziò a
ballare. Poiché il diavolo sparì, nello stesso momento della sua
morte, gli uomini andarono a prendere il forcone per gettarlo nel
fiume. Al contatto con l'acqua il forcone si disciolse lentamente.
Il questo modo avvenne l'ultimo prodigio: il fantasma e lo
scheletro ritornarono un principe ed un servitore che, felici di
essere diventati uomini, ritornarono ad abitare nel castello ed
aiutarono i loro amici a costruirsi le case, dando così origine al
paese di Turriaco. La popolazione, piano, piano, divenne più
93
numerosa e, avendo scoperto come fabbricare le case, ne fecero
molte altre, per chi non ne aveva.
Facendo ciò, non pensarono più alla natura e continuarono ad
erigere nuove case; in questo modo il paese divenne sempre più
privo di alberi e verde, mentre i sassi ed il cemento aumentavano
a dismisura. Un bel giorno, dal cielo, giunse un arciere con le sue
frecce magiche, che, guardandosi intorno, lanciando i suoi dardi,
convinse gli abitanti a non costruire più case, ma a piantare alberi
e un po' di vegetazione.
Gli uomini si accorsero che c'erano tanti bambini e quindi
inventarono un luogo dove loro potessero imparare tante nuove
cose e lo chiamarono scuola. Dopo aver trasformato il paese,
l'arciere ritornò in cielo, avendo compiuto la sua missione; gli
abitanti riconoscenti costruirono un luogo sacro, in suo onore, per
ricordare la sua buona azione per sempre.
94
LA GIORNATA DI LUIGI
A cura della classe terza
Con la collaborazione di V.Spanghero
Siamo nel 1930 Luigi ha 8 anni, ci troviamo in un piccolo paese di
campagna: il paese di Turriaco.
Luigi abita in una semplice casetta in campagna, assieme alla
mamma, al papà, ai nonni paterni e ai suoi tre fratelli: la piccola
Giuseppina, detta Pia, di 3 anni, Giovanni di 10 anni e Giuseppe,
detto Beppi, di 15 anni.
95
La stanza superiore era la camera che aveva il pavimento in
tavole di legno. Nella camera c’erano i “pagliericci”, delle ceste
che fungevano da lettini; i genitori e i nonni dormivano sul “paion”,
un grande materasso riempito di foglie di pannocchia. Non
c’erano gli armadi, c’era il “casson”, una grande cassa dove
venivano messe le coperte, le lenzuola e la biancheria.
La stanza al piano terra era la cucina, con il pavimento in terra
battuta, un tavolo e delle panche. C’era il “fogolar”, un piano sopra
al quale c’era il fuoco e sopra era sormontato dalla “napa”.
Appesa al centro del camino cadeva la “cadena”a cui veniva
appeso un pentolone.
96
Le finestre erano piccole e senza vetri. Si usavano le candele e i
lumi a petrolio. A casa non c’era l’acqua, bisognava andare a
prenderla dal pozzo che si trovava poco lontano da casa.
Esternamente alla casa, c’era una piccola capanna adibita a
bagno, con un semplice buco nel terreno e un catino d’acqua.
Poco lontano abitava il suo amico Carlo con la sua famiglia.
97
La scuola si trovava al centro del paese e i bambini ogni mattina
dovevano andarci a piedi percorrendo un lungo tratto di strada
non asfaltata, di terra battuta.
Sono le 7 del mattino, la mamma sveglia Luigi per andare a
scuola.
Luigi si alza, si veste con maglietta, pantaloncini, calzini e un paio
di scarpe vecchie con le suole di cartone.
98
Poi Luigi esce di casa e va in bagno, fa la pipì, si lava le mani e si
sciacqua il viso usando l’acqua fredda del pozzo che era nel
catino.
Finalmente Luigi fa colazione, si siede al suo posto davanti al
tavolo imbandito con il latte di mucca, la “fugaza”, fatta dalla
mamma con la farina di frumento e lo zucchero e il burro fatto
dalla nonna.
Luigi si mette il grembiule, prende la sua borsa di cartone con
dentro un quaderno, un libro, il pennino e la merenda, la polenta
di ieri sera e un pezzo di fugaza. Dà un bacio alla mamma e si
incammina per andare a scuola.
99
Lungo il tragitto Luigi incontra Carlo. Arrivano a scuola e si
siedono al loro posto.
I banchi sono di legno e il piano si poteva alzare, c’era un buco
con dentro un vasetto che la bidella ogni mattina riempiva di
inchiostro.
Luigi, Carlo e tutti i suoi compagni sistemano le proprie cose
dentro il loro banco e si siedono composti.
Entra il maestro, educatamente i bambini si alzano e lo salutano:
“Buongiorno signore maestro!”.
Inizia la lezione, il maestro comincia a dettare, ogni bambino
intinge il proprio pennino nel vasetto dell'inchiostro e inizia a
scrivere.
DISASTRO! Luigi macchia la pagina con l'inchiostro. Il maestro
si alza e chiama il bambino.
Nella classe scende un silenzio tombale, Luigi diventa tutto rosso
e inizia a tremare, si avvicina al maestro senza fiatare.
Il maestro prende la sua bacchetta e guarda Luigi fulminandolo.
Non sono necessarie parole, Luigi stende le braccia e il maestro
inizia a colpirlo sulle mani dicendo: ”VERGOGNATI!”
100
Luigi si va poi a mettere in piedi dietro alla lavagna per due ore,
fino alla merenda. Finalmente finisce la scuola.
Luigi si incammina verso casa, ma è molto triste, sa già cosa lo
attende.
La mamma, dopo aver
ascoltato il racconto di Luigi, si
arrabbia molto e spedisce
Luigi in camera senza
mangiare, fino a che ritorna a
casa il papà.
Scende la sera, stanchissimi il
papà e il fratello Beppi,
ritornano a casa dopo una
giornata di duro lavoro nei
campi.
La mamma mette subito al corrente il marito del disastro di Luigi.
Il bambino viene richiamato dal padre, lo distende sulle proprie
ginocchia, gli toglie le mutandine e inizia a sculacciarlo (10
sculacciate). Poi dice al figlio: ”E che non succeda mai più!”
Tutta la famiglia si siede a tavola a cenare, a Luigi brucia il
sedere, è molto dispiaciuto, ma promette a se stesso che non
succederà più.
101
Quella sera la zuppa con i fagioli era particolarmente buona, Luigi
era affamato.
Ci si prepara per la notte, bisogna prima lavarsi. La mamma
riscalda sul fogolar un pentolone d'acqua, prepara il “mastelo”
riempiendolo d'acqua, poi inizia a lavare i bambini utilizzando
sempre la stessa acqua. Prima è il turno di Pia, poi tocca a Luigi e
infine a Giovanni. Beppi oramai era in grado di lavarsi da solo.
Finito il bagno, Luigi si mette la sua veste da notte, dà un bacio ai
suoi genitori e ai nonni e va a letto.
102
Che giornata impegnativa! Speriamo che domani vada tutto bene!
103
STORIE DEL PASSATO
A cura delle classi quarte
¾ Francesca e Piero
¾ Giornate di Margaret
¾ La mamma di una volta
¾ Una giornata di un bambino povero
¾ Il Bambino povero
¾ Il ritorno di Federico
¾ La storia di Anna
¾ Povero fratellino
p.105
p.106
p.108
p.110
p.112
p.113
p.114
p.115
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FRANCESCA E PIERO
Francesca si accorse che Piero era tornato. Allora gli corse
incontro e lo abbracciò, Piero e Francesca due giorni dopo si
sposarono ed ebbero nel corso degli anni 10 figli. Il giorno dopo il
matrimonio cominciò la vera vita.
Piero trovò il lavoro di contadino nei campi, mentre Francesca
restava a casa a fare i lavori domestici e ad accudire i bambini, 6
femmine, Giorgia di 5 anni, Elisa di 2 anni, Gabriella di 3 anni e le
tre gemelle di 1 anno, Gianni di 4 anni Matteo di 3 anni, Luca di 1
anni, Sergio di 2 anni. Quando Piero tornava a casa, Francesca
preparava la polenta con salame per cena. Un giorno Piero tornò
a casa felice perché sua mamma ormai morta gli aveva lasciato
un'eredità, l'eredita di 100.000 lire, soldi sufficienti per comprarsi
una casa e una vita nuova. Ben presto diventarono ricchi e
vissero felici e contenti.
105
GIORNATE DI MARGARET
Margaret si stava preparando per andare a scuola. In un cesto
c'erano dei vestiti:delle calzamaglie di lana, degli stracci che la
nonna le aveva promesso di cucire per formare una maglia, ma
Margaret si era ormai rassegnata che la nonna potesse farlo,
perché c'erano troppi buchi. La bambina arrivata a scuola entrò in
classe e vide che la maestra stava picchiando un bambino.
Margaret tutta impaurita incominciò a scrivere con la mano
sinistra, la maestra quando la vide che scriveva con la mano
sinistra, le ordinò di alzarsi e la frustò con la frusta, tutta infuriata.
La bambina, tutta presa dal panico, tornò a casa piangendo
disperata. La mamma in pensiero per la sua figlioletta, le preparò
una minestra con un pezzo di pane. Il papà intanto stava andando
a caccia di nidi, ma “La fortuna bussò alla loro porta”: il papà
aveva trovato un nido di uccelli con la mamma che covava.
Il papà afferro l'uccello, lo imprigionò nel cesto fatto di vimini e
prese le uova. Tornando a casa il papà già pensava alla felicità
della mamma e di Magaret. La mamma tutta felice accese il
camino, afferrò un bastoncino ed infilzò l'uccellino e lo appoggiò
sulla stufa e lo scaldò. Alla sera mangiarono l'uccello, un
pezzettino alla volta. Il giorno dopo, dopo essere andati a scuola,
Margaret andò nei campi per giocare è trovò Francesca con il suo
fratellino Luca.
Margaret si era praticamente dimenticata del suo compleanno.
Meglio così perché i suoi genitori le avevano regalato un gattino
nero e la sua sorpresa fu grande. Alla sera la bambina tutta felice
andò a letto e lì trovò il gattino. La bambina felice pianse di gioia
106
perché finalmente aveva qualcuno con cui giocare. Ma le
sorprese non erano ancora finite, la mamma era incinta. I giorni
passarono e la mamma aveva avuto una bambina.
La chiamarono Giulia e Margaret si sentiva qualcosa dentro di sé,
ara al colmo di felicità. Giulia diventò grande e Margaret le
insegnò a giocare con le bambole. Giocarono così tanto, che il
giorno dopo non andarono a scuola. Il pomeriggio, Margaret
bisticciò con Giulia e andò a giocare con Francesca. Giulia si
dimostrò grande e chiese a Margaret di fare pace. Ricominciarono
a giocare con le bambole tutte felici. Da quel giorno capirono che
anche se si è poveri, si sta bene comunque.
107
LA MAMMA DI UNA VOLTA
Sono Elisa e vivo a Turriaco, è ancora buio ed esco dalla stalla
con il secchio del latte appena munto e subito i gatti mi strusciano
alle gambe e non smettono più. I gatti mi seguono fino in casa
perché vogliono che gli dia la loro solita razione nel catino, e le
loro lingue lappano. Poi vanno in giro per il paese. Più tardi devo
prendere il cibo.
Ho 3 figli che si chiamano Alice, Francesco e Mattia e sono
gemelli, hanno 7 anni e fra poco festeggiano il compleanno. Vorrei
regalare loro dei vestiti senza toppe, perché hanno vestiti
rattoppati e vecchi. La mattina si devono mungere le mucche per
prendere il latte per la colazione. A colazione si mangia polenta e
latte. I bambini vanno a scuola e quando tornano a casa per
pranzo mangiano polenta, una fetta di salame o un pezzo di
formaggio. Al pomeriggio giocano con giochi di fantasia. Alla sera
di solito si mangia minestra.
Gloria uscì dalla stalla di mattina presto con il secchio del latte
appena munto. In cucina Gloria mescolava la polenta nel paiolo
appeso alla catena del focolare. Gloria, mentre cucinava, sentì lo
struggimento, la nostalgia, ghermirle l'animo. Gloria attendeva,
paziente, e forse rassegnata al peggio perché non aveva notizie
dal suo futuro marito, Carlo, che era andato in guerra. Intanto in
attesa di una lettera dal caporale, aiutava la madre ad accudire i
suoi quattro fratelli.
108
Al pomeriggio mentre i bambini dormivano Gloria e sua madre
lavoravano nel campo. Il giorno dopo mentre i bambini correvano
su e giù ad aspettare S.Nicolò, Gloria aprì un'altra volta la
cassetta della porta, ma aveva perso tutte le speranze, ma dopo
tutte quelle bollette trovò una lettera con il marchio dell'esercito.
L'aprì e lesse molto felice che Carlo sarebbe tornato il giorno
dopo. Gloria la notte, dopo aver mangiato la polenta, più buona
del solito, si addormentò speranzosa.
Una mattina all'alba, Maria si alzò per andare a preparare la
colazione per i figli con latte appena munto e pane. Una torma di
gatti cominciò a bere tutto il latte, fino a quando non lo bevvero
tutto e Maria dovette ritornare a mungerlo e finalmente lo bevvero
i suoi figli.
Maria aveva 5 figli. All'ora di pranzo Maria fece la polenta e tutti
mangiarono. Fra poco sarebbe calata la notte e tutti andarono a
dormire. La mattina dopo, Maria si ritrovò senza catino: l'avevano
preso i bambini, che ora ci giocavano dentro: chi l'avrebbe mai
detto?
I figli giocavano sempre con tutto quello che trovavano.
109
UNA GIORNATA
BAMBINO POVERO
DI
UN
Nel mio paese c'è molta povertà. Io quando mi sveglio ho sempre
freddo, mia mamma all'alba va sempre a mungere la vacca, di
mattina mio fratello Gino e mio papà Aldo hanno il compito di
procurarsi la legna da ardere per il camino. Vi racconto una cosa
che succede ogni estate: dei ricchi veneziani vengono qua a
Turriaco per le vacanze, perché a Venezia c'è caldo e puzza
invece a Turriaco c'è fresco perché i muri sono in pietra.
Nell'anno 1855 c'è stata un'epidemia di colera e qui a Turriaco è
morta tanta gente. E adesso vi racconto una mia avventura: io
fino a 5 anni non sapevo tirare con la fionda difatti la prima volta
che ho tirato il sasso in faccia a mio fratello lui si è arrabbiato con
me. Un giorno ho imparato a tirare e dopo un po' di tiri ho anche
beccato un colombo e la sera ce lo siamo mangiato per cena
arrosto con le patate. Io ho sempre scarpe molto leggere e i vestiti
leggeri leggeri.
Ho dieci anni e vado a scuola a Turriaco. Nella mia scuola ci sono
800 bambini, invece nella mia classe siamo in 50. Un giorno due
ragazzi più grandi di me, mi volevano picchiare, ma un poliziotto
mi ha visto e così ha scacciato quei due tipacci e mi ha
accompagnato a casa. A vent'anni mio fratello Gino ha trovato un
lavoro da fabbro a Pieris.
Mio papà è morto di colera nel 1855 e noi abbiamo speso tutti i
nostri beni per il funerale. A scuola io ho imparato a leggere e a
scrivere. L'ultima mia soddisfazione è stata di guadagnare un
110
sacchetto di soldi per la mia famiglia. Mio fratello è stato obbligato
a fare il militare ed è morto in guerra. Così siamo rimasti soli io e
mia madre, ed è stata dura.
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IL BAMBINO POVERO
Ciao, io sono Samuel e sono un bambino povero, abito in una
casa rovinata. A colazione la mia mamma prepara a me e alle mie
sorelle sempre il latte appena munto e una fetta di pane o di
polenta. Ci vestiamo con dei vestiti bucati e abbiamo sempre
tanto, tanto freddo. Quando adiamo a scuola se non scriviamo
con la destra il maestro ci dà con la bacchetta.
Un giorno non avevo fatto i compiti, allora il maestro mi diede con
la bacchetta sulle mie mani e invece una delle mie sorelle l'ha
fatto mettere con le ginocchia nude sul sale perché anche lei non
aveva fatto i compiti. Ogni giorno vado a cacciare gli uccelli per
portarli a casa e dividerli con tutta la mia famiglia. I miei genitori
non hanno abbastanza soldi per comprarci dei vestiti nuovi e del
cibo. Ci accontentiamo solo dei vestiti rotti e latte, acqua, pane e
polenta, ma qualche volta mangiamo il salame e di sera a cena ci
dà da mangiare la minestra e al cenone di Natale preparo il
pollastro.
112
IL RITORNO DI FEDERICO
Una mattina io uscii dalla stalla con il latte appena munto; subito i
gatti arrivarono a razzo sulle mie gambe, e mi seguirono così fino
dentro casa, in questo modo mi riscaldavo siccome ero poco
vestito e il freddo dell'inverno si faceva sentire. Qualche ora dopo
Federico, mio marito, mi ha mandato una lettera che diceva che
era arrivato sul campo di battaglia e io mi sono subito
preoccupata.
Dopo pochi minuti, invece di starmene senza niente, sono andata
al folador a pigiare l'uva. La mattina successiva avevamo da bere
il vino, anche se per me non era molto gradito, dato che pensavo
a Federico che era andato in guerra ed io ero triste. La giornata è
stata disastrosa, ma tutti mi hanno incoraggiata. La mattina
successiva invece è stata meravigliosa, abbiamo bevuto il vino e
mangiato la polenta, ma la vera sorpresa è stata all'ora di pranzo
quando Federico è tornato! Abbiamo fatto una grande festa e,
come regalo ci siamo fatti un panino, con salame e prosciutto. Ci
siamo fatti una promossa, quella di non separarci mai più.
113
LA STORIA DI ANNA
Anna uscì da casa per andare a prendere il pane e il latte in
negozio, per prepararsi la colazione. Erano le sei e un quarto,
quando rientrò a casa per preparare il caffelatte e i biscotti e si
preparò per andare al lavoro, faceva la veterinaria ormai da tanti
anni. Le capitò un cane della razza che somigliava a quello che
aveva da bambina e le tornarono in mente i ricordi di quando
giocava con sua sorella e il suo cane con la palla, fatta di stracci.
Per andare a scuola si andava a piedi, altro che con le macchine!
Non si andava a prendere il latte pronto, bisognava mungerlo. Poi
tutte le notti a dormire e le pantegane in soffitta che correvano e
facevano scricchiolare il tetto qua e là. Della sua casa non c'era
più niente adesso, c'era un supermercato!
Da giovane non aveva tanti soldi, doveva sposarsi con un uomo
ricco se non voleva finire sulle strade a chiedere l'elemosina. La
mamma e suo papà erano morti e sua sorella si era trasferita
all'estero. All'improvviso si ricordò di Piero che era un ragazzo con
cui si era fidanzata alle elementari e adesso era ricco. Arrivata a
casa sua, gli chiese si sposarsi e Piero accettò. Andarono a vivere
in casa di Piero e Anna dopo qualche anno ebbe due figli.
114
POVERO FRATELLINO
Io sono una bambina che vive a Turriaco, sono povera, e ora vi
racconto come viviamo qui, in una breve avventura che mi è
capitata.
Io e i miei fratelli e sorelle non avevamo dei vestiti pesanti, a dir il
vero avevamo anche pochi vestiti, quindi per noi l' inverno era
molto duro, tranne per il fatto che veniva San Nicolò, e anche se
non ci portava giocattoli o cose per la scuola, ci portava un paio di
arance o altra frutta.
Un giorno il mio fratellino cominciò la scuola e siccome era
mancino, il maestro sul palmo della mano con il frustino gli dava
certe bacchettate molto forti, come ai bambini che non facevano i
bravi. Il mio fratellino era tornato a casa con tutti i lividi sulle mani.
Mia madre il giorno dopo andò a protestare con il maestro,
dicendogli che era inaccettabile e che dato che lui era mancino
doveva per forza scrivere con la sinistra.
Ma il maestro era irremovibile su quel fatto perché pensava che
chi era mancino poteva scrivere anche con la destra e perché non
gli piaceva vedere i bambini sdraiati sul banco, così mia madre
decise che gli avrebbe dato lezioni la mia sorella maggiore che ha
già finito gli studi.
Mia sorella era una persona molto dolce e generosa, faceva
sempre favori a tutti e non diceva mai no a nessuno ed era molto
brava a scuola e per questo aveva molti amici.
115
USI E COSTUMI DEI NONNI
A cura della classe seconda
Con la collaborazione di V.Spanghero
•La scuola
•I mestieri
•Il bucato
pag.117
pag.120
pag.123
116
LA SCUOLA
„ Non si studiava ancora informatica e lingua straniere, ma gli
insegnanti erano molto severi mettevano anche in castigo i
bambini dietro alla lavagna che era posata su dei piedistalli.
„ Al posto delle penne avevano il calamaio, l'inchiostro ed il
pennino, e la cartella era di cartone.
„ Avevano una sola maestra ed il parroco insegnava religione.
„ Durante l'inverno, per riscaldare l'aula, ogni bambino portava
da casa un pezzo di legno per far funzionare la stufa.
„ Le aule erano molto grandi, l'insegnante era una sola ed
insegnava tutte le materie.
„ Nelle classi di mio nonno c'erano 34 alunni!
„ La nonna aveva un grembiule nero, con il colletto bianco ed il
fiocchetto rosa. Al mattino, per prima cosa facevano l'appello
e 10 minuti di ginnastica.
117
„ A quei tempi entravano in classe silenziosamente in file per
due. All'appello, rispondevano presente alzandosi in piedi
con la mano alzata. Poi la maestra controllava se tutti
avevano fatto i compiti: chi dimenticava di scrivere qualcosa
doveva ricopiare anche 10 volte il lavoro non svolto.
„ Si usava la penna con il pennino da intingere nell'inchiostro.
Era un inchiostro nero che non si poteva cancellare.
118
„ A ricreazione, la nonna mangiava un panino con la
margarina e zucchero. Giocava a nascondino, al salto della
corda, a “campanon”. Le ciabatte per stare in classe sono
costate 2 galline al mercato di Cervignano.
„ I banchi erano in legno con il piano obliquo e due fori in alto
per appoggiare l'inchiostro ed il pennino.
„ La maestra sgridava spesso mio nonno perché usava la
mano sinistra invece che la destra! Non andava bene.
„ La maestra aveva il
grembiule nero.
„ I banchi erano a due
posti con le siede
attaccate e le classi
erano molto numerose.
„ C'era molto rispetto per
tutto e per tutti, anche
nelle regole.
„ I maestri erano molto severi e castigavano i bambini con le
bacchette oppure mettendoli in ginocchio sopra il sale
grosso.
„ In quel periodo c'era la guerra e qualche volta suonava la
sirena (l'allarme), così non si portavano a termine le lezioni.
Non c'erano fotocopie e tutto veniva copiato dalla lavagna o
era dettato dalla maestra.
„ Anche i maschi avevano il grembiule nero con un fiocco
azzurro.
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I MESTIERI
„ Mio nonno Eralio faceva il contadino, mentre la nonna
Margherita, oltre a badare alla casa, lo aiutava nei campi.
Lavoravano anche 10 ore al giorno, si alzavano quando
sorgeva il sole e rincasavano al tramonto.
„ Il mestiere di mio nonno era quello di fabbronave, cioè
doveva saldare, tagliare lamiere d'acciaio e, dopo aver
guardato i disegni del progetto, metterli in opera. All'inizio
degli anni 60 la paga era bassa; alla fine degli anni 90, lo
stipendio era ancora peggio!
„ Il mio nonno ha iniziato a lavorare a 14 anni come fabbro in
un'officina a Sagrado: la paga era di 7,50 lire all'ora.
120
„ Mio nonno faceva il controllore di caldaie, prima nelle
petroliere, poi in una fabbrica dolciaria. Prima andava al
lavoro con l Vespa, poi con una 500.
„ La nonna lavorava come filatrice in una filanda. Doveva
pulire i bachi da seta nell'acqua bollente e poi arrotolava il filo
che ne usciva dal rocchetto.
„ Mia nonna faceva la commessa in un negozio di tessuti:
doveva misurare le stoffe per fare i vestiti o le lenzuola e
consigliare i clienti per gli acquisti.
121
I miei nonni gestiscono un ristorante e lavoravano anche 17 ore
al giorno!
122
IL BUCATO
„ I miei nonni non avevano l'acqua in casa e l'andavano a
prendere con i secchi in cortile, dove avevano una pompa. A
volte in inverno, per farla funzionare, bisognava rompere il
ghiaccio.
„ I nonni facevano il bucato facendo bollire le biancherie e i
vestiti in una pentola, detta “Calgera”, piena di acqua e
cenere. Dopo aver bollito e mischiato per ore e ore, la nonna
sciacquava e risciacquava, fino a sera.
123
„ Quando i miei nonni erano giovani non avevano l'acqua in
casa, ma solo in cortile e veniva usata da più famiglie. Per
avere l'acqua si batteva un tubo sotto terra per circa 11 metri
e con la pompa a stantuffo, azionata a mano, si prendeva
l'acqua dai pozzi artesiani.
„ Non
esistevano
le
lavatrici, perciò mia
nonna assieme a sua
mamma, riempivano un
recipiente d'acqua con le
saponelle (il detersivo di
una volta) e poi
mettevano a mollo i panni
sporchi.
„ Per fare il bucato la nonna doveva scaldare l'acqua sulla
cucina a legna. Poi la versava in un mastello di legno e si
aggiungeva della soda che serviva a rendere bianchi gli
indumenti. Li poteva lasciare in ammollo una notte o si
lavava subito con del sapone grezzo.
124
„ L'acqua si prendeva dalle
pompe nel cortile con
due secchi: uno serviva
per far da mangiare,
l'altro per le pulizie.
„ Veniva rimessa in una grande tinozza di rame, chiamata
“lisciata”, che era posta sul fuoco a scaldarsi. Poi l'acqua
calda veniva rimessa in una tinozza di legno con il bucato,
scaglie di sapone e soda. Dopo aver lavato tutto, il bucato
veniva messo in un altra tinozza di legno con uno straccio
bianco, chiamato “colador”, e riempite di acqua bollente e
cenere. Il bucato rimaneva in ammollo tutta la notte e
solamente la mattina dopo veniva risciacquato e steso al
sole.
125
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