Gli interventi della ASL di Brindisi a favore della terza età, votati ai principi di valorizzazione e tutela delle persone anziane, stanno riscontrando risultati significativi in relazione allo sviluppo ed alla qualificazione della rete dei servizi integrati per l’assistenza sociale e sanitaria. L’intento è quello di migliorare la qualità della vita dell’anziano mantenendolo quanto più è possibile nella propria casa, nella consapevolezza che il contesto familiare debba essere il luogo privilegiato di vita, di cura e di assistenza. Da questa consapevolezza nasce l’idea di “Voglio vivere. Guida per le famiglie delle persone affette da demenza ed Alzheimer”, un breve manuale rivolto a chi quotidianamente è impegnato nell’assistenza di un congiunto che presenti patologie dementigene. I suggerimenti contenuti in questo volumetto vogliono offrire soluzioni pratiche di aiuto per affrontare i problemi quotidiani di vita e di assistenza di una persona malata di demenza o Alzheimer, nella consapevolezza che “prendersi cura” di questi pazienti richiede innanzitutto di prestare cura ed attenzioni a se stessi. Il tentativo di fornire un contributo per diffondere il “sapere” ed il “saper fare”, indispensabili per sviluppare una nuova cultura assistenziale, è declinato non soltanto attraverso una serie di informazioni generali sulle malattie di demenza ed Alzheimer e sui sintomi che ne denotano l’insorgenza, ma anche tramite la descrizione delle “best practices” ed i comportamenti da evitare quando si assiste un anziano con sintomi di demenza, ripercorrendo i momenti più significativi di una giornata tipo. Nella consapevolezza che questo manuale costituisce soltanto l’inizio di un percorso formativo e di aiuto, si è certi di avere contribuito, anche se in minima parte, ad un miglioramento del copyng – style sia dell’anziano che del suo habitat familiare. Dr. Emanuele Vinci Direttore sanitario ASL - Brindisi Introduzione “… non mi sento nessuna età […]. Se dovessi sentirmi un’età qualunque, questa sarebbe semmai l’infanzia, l’eternità e l’infanzia.” M. Yourcenar – “Ad occhi aperti” “Voglio vivere…”. Fu questo che mi ‘disse’ un anziano durante un colloquio clinico per valutare il suo stato di deterioramento cognitivo. Più volte questa frase mi è tornata in mente, portando alla mia memoria ricordi sopiti di letture fatte, conducendomi in riflessioni, forse filosofiche, su atavici preconcetti nei confronti della “vecchiaia”, portandomi in situazione di conflitto interiore, per i miei vissuti contraddittori di esperienze personali. Cos’è allora la “vecchiaia”? Una metamorfosi, certamente il raggiungimento di uno “stato”, dopo aver attraversato luoghi ed esperienze, un’età in cui, spesso, i confini tra memoria ed oblio, malattia e salute, giorno e notte, non sono più nitidi, chiari e lineari. E’ un’epoca in cui l’uomo può affermare, nonostante tutto, con le potenzialità e le risorse rimaste in suo possesso, la libertà di essere sé stesso e la propria dignità di persona. Il senso dell’esistenza è infatti “un’avventura nel tempo”, nella Storia. E’ una sequenza di occasioni mancate, attese deluse, sogni non realizzati, obiettivi raggiunti, amicizie dimenticate, emozioni vissute, sbiadite, ora, dal passare degli anni. “Ombre” ormai, dove “ricordo” e “ritorno” si sovrappongono in una stessa esperienza, perché alla fine ogni persona vale per la Storia e per la storia che si porta dentro. Dott.ssa Patrizia SION Dirigente psicologo ASL Brindisi Gruppo aziendale malattie neuro degenerative Cos’è la demenza D 4 a un punto di vista strettamente medico-fisiologico, la demenza è una malattia degenerativa che investe le funzioni intellettive come memoria, linguaggio e comportamento. Ma non è solo questo. Anche se è una malattia come tutte le altre, paragonabile ad un’influenza o ad un semplice raffreddore, la demenza tende a trasformarsi in un “mostro” che si insinua nella vita del paziente, ma anche in quella di chi gli è vicino. Essa varia da persona a persona, ogni paziente la vive in un modo diverso, ogni disturbo sarà legato alla vita vissuta del soggetto, alla sua storia, alla sua personalità. Ne consegue che ogni sintomo non è riducibile soltanto ad una patologia cerebrale, ma va messo in relazione con l’intero percorso di vita del paziente, col suo funzionamento psicologico, con la sua storia. Ad esempio, come un qualsiasi evento stressante, quale la perdita del lavoro, del coniuge, dell’autonomia, incide sull’intero sistema uomo, colpendo organi bersaglio (sistema cardiovascolare, apparato gastroenterico, sistema immunitario), nello stesso modo lo si può ritenere corresponsabile della genesi di patologie come la demenza. Quindi curarla in termini farmacologici o unicamente di contenimento dei disturbi diventa inutile, spesso peggiorativo della Antonio Stanca - “Universum A-61” condizione stessa. L’approccio alla malattia deve essere di tipo multidimensionale, intendendo in questo un’analisi che vada al di là dei fattori organici, ma che includa anche la dimensione interpersonale e i suoi effetti sull’autostima e sul senso di autoefficacia della persona. Kitwood (Psicologo Sociale ideatore del modello dialettico della demenza), sostiene che “… in un dato momento nel singolo individuo è sempre presente una corrispondenza tra quello che accade a livello psicologico e relazionale e quello che accade a livello cerebrale”. 5 Per cercare di aiutare la persona affetta da demenza, il primo passo è quindi cercare di capire realmente da cosa è formata la malattia. La demenza senile non è causata soltanto da un deterioramento neuronale o da una patologia cerebrale, ma è anche il prodotto della personalità dell’individuo, del suo vissuto e delle sue esperienze pregresse, e di tutta quella rete di relazioni sociali che allo stato sta vivendo. Riuscendo a capire questo, ecco come l’attenzione si sposta dalla malattia in sé verso la persona, che è ancora lì, spesso talmente offuscata dalla demenza agli occhi degli altri da diventare irriconoscibile per chi vi è accanto. È difficile guadare quel padre, quel nonno e contenere la rabbia per il senso di perdita della persona cara che ormai non riconosciamo. Ma in realtà è ancora lì, che ci sta guardando, magari che in questo momento non ci riconosce, ma che sente il nostro amore, prova le stesse sensazioni, ha le stesse passioni di una volta ed un potenziale tutto suo che può ancora realizzarsi. Non ci può essere alcun processo di guarigione che non sia incentrato sulla persona anziché sulla malattia. Un nuovo tipo di approccio si occupa del trattamento dei problemi mentali e comportamentali che si osservano nel processo di reazione e adattamento alla demenza. Uno degli errori peggiori per chi ha a che fare con persone affette dalla malattia è considerale annullate dalla malattia stessa. Bisogna per quanto possibile cercare di capire i disagi e le problematiche, interpretare il loro comportamento perché C.D. Friedrich “Viandante sul mare di nebbia” spesso è l’unico modo per chi è affetto da demenza di esprimere la propria opinione e di entrare in comunicazione con gli altri. 6 L’accento maggiore va posto quindi sulla comunicazione, sulla “voce” delle persone con demenza. Col passare del tempo si è passati da un’ottica riabilitativa delle funzioni cognitive a una che comprende l’intervento sugli aspetti ambientali e relazionali del contesto di cura. Ciò che circonda l’anziano è molto importante per il suo benessere e quindi per un percorso di “guarigione”. Questo non significa solamente cercare di non sradicarlo dal suo ambiente naturale, quello dove è vissuto e che considera casa, ma inserirlo dove è possibile in un ambiente per lui piacevole e quanto più possibile lontano dallo scenario ospedaliero. L’esperienza soggettiva del paziente deve essere messa al centro del processo di cura e deve essere capita, mai giudicata, ma affrontata nel modo quanto più sereno possibile. Ecco come siamo arrivati a capire che la demenza è influenzata dal nostro modo di comportarci verso l’anziano, che piccole cose che per una persona definita normale sono ordinarie, per lui diventano delle conquiste che con l’insorgere della demenza non devono essergli negate additandolo come incapace di intendere. Bisogna per questo valorizzare quello che la persona ancora sa fare ed evitare di sottolineare i suoi deficit, rafforzando in tal modo sia le sue capacità cognitive che il suo senso di autostima e di autoefficacia. La dignità della persona deve rimanere centrale, come il suo intero essere. In tal modo possiamo sviluppare un modello comunicativo Rene Magritte – “Le blanc seing” che prevenga l’amplificazione degli aspetti negativi della demenza sulla qualità della vita della persona. 7 I I sintomi della demenza sintomi della demenza non sono mai rigidi e uniformi per tutti, ma variano da persona a persona, come l’esordio e il decorso della malattia stessa. In alcuni tipi di demenze i sintomi, e quindi i deficit, sono strettamente legati a lesioni dell’encefalo e di conseguenza identificabili con esami quali TAC, RMN, o emocromo completo. In altri casi non è sempre così semplice, come ad esempio nella demenza di Alzheimer, e soprattutto non ci danno un quadro clinico completo delle cause dei fenomeni di demenza. In generale, i sintomi della demenza possono essere racchiusi in tre categorie: • Disturbi della cognitività: si iniziano a verificare alterazioni della memoria, magari prima sporadiche, poi sempre più sistematiche. Di conseguenza anche il riconoscimento di persone (anche quelle più familiari) può subire un cambiamento e potrebbero accadere degli episodi in cui il paziente proprio non riconosce chi ha di fronte. Se all’inizio della malattia questo avviene solo in alcuni casi e per brevi momenti, con il passare del tempo sarà sempre più accentuato. Dei vari tipi di memoria di cui la mente umana può usufruire, quelle che restano quasi intatte anche in caso di demenza sono quelle autobiografica e implicita (tutti quei pensieri e azioni che abbiamo automatizzato, come ad esempio andare in auto).Possono insorgere anche disorientamento, difficoltà nell’esecuzione di atti e nel ragionamento. Possono essere presenti anche deficit nella capacità di critica e del pensiero astratto. • Disturbi comportamentali e psicologici, quali ad esempio: Peter Brueger “La costruzione di torre a Babele” o Agitazione: il paziente si mostra agitato anche senza nessun motivo apparente; o Vagabondaggio: vagare anche per ore senza una meta precisa, senza sapere coscientemente dove si sta andando, o dirigendosi verso una meta fittizia e immaginaria; o Aggressività e disinibizione: due tratti di personalità che non presenti nel carattere della persona, ma che vengono fuori all’improvviso; o Ansia e depressione: bisogna cercare di fare una differenza tra l’ansia e la depressione come malattie esclusivamente psicologiche e quelle indotte dalla demenza. Solitamente sono generate all’inizio della malattia quando i primi sintomi dementigeni sono ancora sporadici, ma coscienti. 8 Successivamente il paziente demente non sarà più consapevole dei suoi deficit cognitivi. Infatti, un paziente depresso ad una domanda darà risposte globali del tipo "Non so”, il paziente demente invece non darà nessun tipo di risposta. • Disturbi del funzionamento quotidiano e sociale Ciò che prima la persona faceva normalmente e che caratterizzava la sua routine tende a modificarsi senza che ci sia una esplicita necessità di adattamento ad una nuova circostanza. Tra questi non bisogna certo dimenticare i deliri, che spesso caratterizzano la demenza e che rappresentano anche una delle prime avvisaglie della malattia. Un delirium è un episodio confusionale acuto che, sebbene possa durare giorni, tende sempre a risolversi. Non bisogna mai assecondarlo, ma cercare di contenere le azioni causate dalla realtà confusa finché non passa. Bisogna sempre ricordare che dietro ad uno strano comportamento non bisogna sempre riconoscere un sintomo di demenza. Giorgio De Chirico – “L’archeologo" I sintomi descritti caratterizzano le principali forme di demenza, ma per quanto riguarda la malattia di Alzheimer occorre fare un ulteriore approfondimento. 9 L Alzheimer: come riconoscerlo a malattia di Alzheimer si differenzia dal normale processo di decadimento cognitivo collegato all’invecchiamento. I sintomi di questa patologia, similarmente a quelli delle altre demenze, non sono semplici errori di memoria: chi ne è affetto ha difficoltà di comunicazione, apprendimento, pensiero e ragionamento, che possono influenzare il lavoro, la vita sociale e familiare. I dieci sintomi più comuni sono: • Perdita di memoria che compromette la capacità lavorativa. È normale, di quando in quando, dimenticare un compito, una scadenza o il nome di un collega, ma la dimenticanza frequente o un’inspiegabile confusione mentale a casa o sul lavoro può significare che c’è qualcosa che non va. • Difficoltà nelle attività quotidiane. Una persona molto impegnata può confondersi di tanto in tanto: per esempio dimenticare qualcosa sui fornelli accesi o non ricordare di servire parte di un pasto. Il malato di Alzheimer potrebbe preparare un pasto e non solo dimenticare di servirlo, ma anche scordare di averlo fatto. • Problemi di linguaggio. A tutti può essere capitato di avere una parola “sulla punta della lingua”, ma il malato di Alzheimer può dimenticare parole semplici o sostituirle con parole improprie rendendo quello che dice difficile da capire. • Disorientamento nel tempo e nello spazio. È normale dimenticare che giorno della settimana S. Dalì “Orologio molle al momento della prima esplosione” è o quello che si deve comprare, ma il malato di Alzheimer può perdere la strada di casa, non sapere dove è e come ha fatto a trovarsi là. 10 10 • Diminuzione della capacità di giudizio. Scegliere di non portare una maglia o una giacca in una serata fredda è un errore comune, ma un malato di Alzheimer può vestirsi in modo inappropriato, indossando per esempio un accappatoio per andare a fare la spesa o due giacche in una giornata calda. • Difficoltà nel pensiero astratto. Compilare un libretto degli assegni può essere difficile per molta gente, ma per il malato di Alzheimer riconoscere i numeri o compiere calcoli può essere impossibile. • La cosa giusta al posto sbagliato. A chiunque può capitare di riporre male un portafoglio o le chiavi di casa. Un malato di Alzheimer, però, può mettere questi e altri oggetti in luoghi davvero singolari, come un ferro da stiro nel congelatore o un orologio da polso nel barattolo dello zucchero, e non ricordarsi come siano finiti là. • Cambiamenti di umore o di comportamento. Tutti quanti siamo soggetti a cambiamenti di umore, ma nel malato di Alzheimer questi sono particolarmente repentini e senza alcuna ragione apparente. • Cambiamenti di personalità. Invecchiando tutti possiamo cambiare la personalità, ma un malato di Alzheimer la può cambiare drammaticamente: da tranquillo diventa irascibile, sospettoso o diffidente. • Mancanza di iniziativa. È normale stancarsi per le faccende domestiche, il lavoro o gli impegni sociali, ma la maggior parte della gente mantiene interesse per le proprie attività. Il malato di V. Kandinsky – “Yellow red blue” 11 Alzheimer lo perde progressivamente: in molte o in tutte le sue solite attività. S Alcuni comportamenti da evitare… pesso si può fare molto per migliorare la qualità della vita dell’anziano anche solo comportandosi in maniera adeguata in casa. Con questo si intende promuovere dei comportamenti che favoriscano “l’essere persona” ed eliminare quelli che invece minano la dignità dell’anziano, rischiando di peggiorare il decorso della malattia. Kitwood, nel suo modello dialettico, pone tra le cause della demenza anche la Psicologia Sociale Maligna, che racchiude in sé tutti quei comportamenti e modalità di relazione che non sono solo inadeguate, ma che peggiorano lo stato dell’anziano demente. Di seguito riportiamo alcuni esempi di Psicologia Sociale Maligna: Inganno Si tende ad ingannare l’anziano e a raccontargli bugie, anche su questioni che lo interessano in modo diretto, escludendolo dai relativi processi decisionali. Esautorazione All’anziano viene impedito di impegnarsi in alcune attività, anche se potrebbe ancora svolgerle. Infantilizzazione Pur essendo una persona adulta, l’anziano che si dimostra deteriorato viene trattato come un bambino. 12 Etichettatura Distanziamento Una diagnosi di demenza, per una persona anziana, diventa spesso una pericolosa etichetta, in funzione della quale vengono reinterpretati i suoi comportamenti e tutto ciò che accade nel rapporto interpersonale. Si ha quando chi si rapporta alla persona affetta da demenza non riesce a tener conto dei ritmi di funzionamento diversi, spesso più lenti che lo caratterizzano; si viene così a creare una scarsa armonia nel rapporto interpersonale, che viene vissuto sentendo l’altro più distante e ciò accade da ambo le parti. Oggettificazione Chi soffre di demenza, soprattutto nelle fasi avanzate, viene sempre più considerato e vissuto come un oggetto, con una progressiva esclusione della soggettività dal rapporto che si ha con lui. Esilio Non riuscendo ad instaurare uno schema di comunicazione con l’anziano demente, si tende ad esiliarlo, ritenendolo magari solo un peso e non comprendendo il suo comportamento. N.B.: Questi comportamenti non sono messi in atto con intenzione negativa, anzi spesso vengono attuati pensando di far del bene all’anziano demente. Uno degli errori che si compie più comunemente anche nelle strutture socio sanitarie è quello di credere che, una volta riscontrata una demenza, l’anziano perda ogni capacità e quindi anche quella di nutrirsi autonomamente. Mangiare, nel senso di prendere una forchetta o un cucchiaio e portarselo alla bocca, è uno dei movimenti che automatizziamo e che resta presente anche quando il deterioramento della memoria è abbastanza avanzato. Quindi mai imboccare (anche se può essere un modo comodo per sbrigarsi ma che di certo non aiuta l’anziano), ma fornire all’anziano dei suggerimenti su come mangiare in totale o parziale autonomia e cercare di lasciargli una libera scelta su cosa voglia mangiare e quando. 13 … ed altri da incoraggiare Vediamo ora come aiutare l’anziano con una patologia di demenza ad affrontare i momenti più importanti di una giornata tipo. Utilizzare una consolidamento strategia di dell’orientamento spazio-temporale, ad esempio avendo sempre a portata di mano orologio e calendario ben chiari e visibili. Cercare di non trattare l’anziano come un bambino vestendolo e lavandolo, ma trovare un modo per rendere agevole la stanza da Mattina. Risveglio, vestizione e bagno bagno inserendo ambientali (ad degli esempio strumenti porre una seggiolina nella doccia) in maniera da eliminare quanto più è possibile la resistenza. 14 Anche per la vestizione, è preferibile non aiutare, se non nel caso di una esplicita richiesta, ma fornire strategie per mantenere l’autonomia anche in questo caso. Anche per un anziano non affetto da demenza, andare dal medico può esser molto frustrante, in quanto spesso non è egli stesso che parla della propria salute, ma viene messo in disparte mentre un famigliare designato parla col medico del suo stato di salute. Quando si mangia Questo è assolutamente da evitare, perché è l’anziano in prima persona che deve rendersi conto della sua situazione e non deve essere messo all’oscuro delle scelte che si prendono nei suoi confronti, non essendo un bambino e avendo la facoltà di decidere sulla propria vita. 15 Quindi l’anziano deve diventare “l’attore protagonista” del proprio processo di cura: non deve essere considerato un peso morto, ma un individuo coinvolto attivamente nella propria riabilitazione. Questo permetterà una migliore accettazione della malattia, allontanando definitivamente l’idea di “quello che non c’è più”, riscoprendo “quello che c’è ancora” e iniziando quindi a stabilire una nuova relazione. Le visite dal medico Bisogna cercare di mantenere le proprie abitudini e i propri hobby anche dopo una diagnosi di demenza. Man a mano che la malattia avanza, spesso risulta difficile riuscire a mantenere alcuni interessi. Bisogna allora cercare di trovare delle attività sostitutive, anche molto semplici, che consentano all’anziano di sviluppare e conservare le abilità residue con benefici sia a livello fisico che sull’autostima e sul benessere personale. 16 Sono d’aiuto anche le attività di gruppo. Molti pazienti hanno travato beneficio in tecniche espressive come la musica e l’arte usati quali stimoli rieducativi per stabilire una valida interazione comunicativa o ancor meglio tecniche quali la reminescenza attraverso il materiale fotografico per favorire l’espressione verbale ed emotiva. Creare una comunicazione schema con un di anziano affetto da demenza può essere difficile, ma assolutamente non impossibile. Bisogna Nel tempo libero costruire un ponte di comunicazione relazionale tra noi e la nuova realtà che il paziente sta vivendo. È di vitale importanza capire i sentimenti e le emozioni anche se sono collocati lontano nel tempo. Si tratta chiaramente di stabilire una relazione empatica che consenta un contatto molto profondo tra noi e 17 l’anziano. Avendo spesso perso infatti la capacità di comunicare attraverso il linguaggio, contatto per mantenere diventano il strumenti Le relazioni sociali. In famiglia ed extrafamiliari 18 La sera. Quando si va a letto Anche in questo caso non scompensare le abitudini dell’anziano, cercando quanto più è possibile di mantenere la sua routine e la sua indipendenza (come accennato per il risveglio). Bisogna però prestare maggiore attenzione per il malato di Alzheimer, poiché la malattia può portare a degli scompensi nel ciclo di sonno – veglia. Questi sono solo consigli, anche molto sommari, perché ogni persona è diversa da un’altra, ogni famiglia ha dei propri usi ed abitudini e dovreste essere voi con il vostro anziano a decidere cosa sia meglio per lui, per il suo ed il vostro benessere. 19 Il ricovero nelle strutture residenziali M olto spesso può capitare che l’anziano demente non abbia una famiglia che possa dargli sostegno o anche quando ci fosse, la situazione può essere talmente difficile da dover ricorrere all’istituzionalizzazione (ricovero in casa di riposo o in altre strutture). Il ricovero è spesso accompagnato da sensi di colpa da parte della famiglia che sente quasi di abbandonare il proprio caro, ma spesso questa si rivela una scelta saggia e la migliore anche per l’anziano. Certo che anche in questo caso si prendano i dovuti accorgimenti, perché al di là di tutto abbandonare la propria casa è come perdere una parte di sé. Tipi di strutture presenti nel territorio: RSA (Residenze Sanitarie Assistenziali): strutture riabilitative. Ospitano persone non autosufficienti, che non possono essere assistite in casa e che necessitano di specifiche cure mediche di più specialisti e di una articolata assistenza sanitaria. La degenza deve essere solo di breve periodo. Possono accogliere anche persone non anziane, di solito successivamente ad un’esperienza di ospedalizzazione. • RSSA (Residenze Sociosanitarie Assistenziali): Erogano prevalentemente servizi socio assistenziali ad anziani con età superiore ai 64 anni e con gravi deficit psico fisici, che non necessitano di prestazioni sanitarie complesse, ma richiedono un alto grado di assistenza alla persona con interventi di tipo assistenziale, che non sono in grado di condurre una vita autonoma e le cui patologie, non in fase acuta, non possono far prevedere che limitati livelli di recuperabilità dell’autonomia e non Otto Dix - “Portrait of parents” possono essere assistite a domicilio. … e semiresidenziali N 20 ella situazioni in cui la famiglia o il care giver non possono provvedere nelle ore diurne alla cura della persona affetta da demenza o Alzheimer, la stessa può essere inserita in strutture a regime semi residenziale, predisposte ed attrezzate adeguatamente per la presa in carico dell’utente. La Regione Puglia ha legiferato l’istituzione di questi centri diurni socio educativi e riabilitativi (art. 60 ter R.R. 7/2010) attualmente in via di realizzazione nel territorio della provincia di Brindisi. • CENTRO DIURNO socio educativo e riabilitativo demenze ed Alzheimer E’ una struttura socio sanitaria finalizzata all’accoglienza di soggetti in condizione di non autosufficienza, che per il loro declino cognitivo e funzionale esprimono bisogni non sufficientemente gestibili a domicilio per l’intero arco della giornata. Il centro pianifica le attività diversificandole in base alle esigenze dell’utenza per un minimo di 3 fino ad un massimo di 6 giorni settimanali per utente, in base a quanto definito nel PAI. Le finalità del Centro sono le seguenti: √ Controllare/contenere il processo di deterioramento cognitivo ed i disturbi del comportamento; √ Mantenere il più a lungo possibile le capacità funzionali e socio relazionali; √ Consentire il mantenimento dei soggetti a domicilio, ritardandone il ricovero in strutture residenziali; √ Aiutare la famiglia a comprendere l’evoluzione cronica delle malattie e supportare il care giver rispetto alle attività del Centro; √ Garantire il dialogo e la collaborazione con altri servizi sanitari e sociosanitari della rete. Il Centro organizza il servizio di accoglienza, le attività di cura ed assistenza alla persona. Nello specifico, a Brindisi il CD ha carattere sperimentale, soprattutto in base alle attività terapeutiche erogate: terapia occupazionale, ROT, musicoterapia, memory training, arte terapia, terapia della reminiscenza e della validazione, pet therapy, psicoterapia di supporto, stimolazione affettivo emozionale, e terapie sperimentali tese alla riduzione dell’impiego di farmaci nella “cura”. 21 Sindrome del primo mese Intendiamo tutte quelle sindromi o disturbi che insorgono nell’anziano a seguito di un ricovero. Possono risolversi automaticamente in breve tempo o essere “curate” nelle strutture. Bisogna però prestare attenzione perché se la sindrome persiste, l’anziano è portato a vivere talmente male la sua permanenza da velocizzare l’invecchiamento fino anche alla morte. Sono molto simili a quello che succede quando elaboriamo un lutto: in questo caso per l’anziano la perdita è in termini di casa, famiglia e indipendenza. Questo tipo di sindromi possono essere ridotte con un buon processo di familiarizzazione con la struttura, anche prima del trasferimento. Vincent Van Gogh - “Vecchio” 22 Impatto e processo di deterioramento Lieve Medio Alto 23 Lieve, perché l’anziano stesso si rende conto di aver bisogno di aiuto. L’impatto è a livello implicito. L’impatto del ricovero è estremamente alto. L’istituzionalizzazione è molto sofferta. Carta dei diritti del malato di Alzheimer 24 Pierre Auguste Renoire – “Gatto” 25 A chi rivolgersi Gruppo di lavoro aziendale ASL - BR per le malattie neuro degenerative Referente per i servizi territoriali (Porta Unica d’Accesso) Dott. Angelo CAMPANA Referenti clinici • Dipartimento di salute mentale Dott.ssa Patrizia SION • Unità operativa di neurologia – presidio ospedaliero A. Perrino Dr.ssa Cecilia NOZZOLI • Unità operativa complessa – servizio pneumologico Dr. Eugenio SABATO Referente medico di medicina generale Dr. Michele LISCO Referente Distretto socio sanitario Dr. Angelo GRECO Referenti aziendali ASL Brindisi • Unità operativa – Rischio clinico Dr. Walter DE NITTO • Direzione sanitaria con funzioni di coordinamento Dr. Emanuele VINCI 26 Gustav Klimt – “Abbraccio”