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rappresentata, il Gabinetto dei disegni e delle
stampe degli Uffizi, alle cui prezio se collezioni
ho dedicato , per oltre venti anni, la mia attività di funzionario e di studio so. Ho avuto anche la soddisfazione che il venditore ignorasse
assolutamente la speciale importanza della incisione, e la cedesse quindi ad un prezzo irrisorio, mentre oggi il suo valore può salire a
migliaia di lire con scarsissime prob abilità di
ritrovarla sul mercato antiquario.
ODOARDO
«
H.
GIGLIOLI.
PEER GYNT» DI W. EGK.
Di W enter Egk e dei suoi Baucrnstiick e ahbiamo scritto r ecent em ent e in questa rivi,sta.
Il suo Pecr Gynt, rappresentato al « Vittorio Emanuele » di Torlno), dà l'uccasio ne di precisare
alcune caratteristiche della sua arte, e sp ecialmente quelle della gustosa descrittività, del brioso tipeggiamento, dell' associazione del tragico e
del comico, oltre l'indiscussa maestria nell a
composizione e n ell'orchestrazione.
La dichiarata sua freie N eugestaltung del
Peer Gynt di Ibsen basta a sconsigliare la ricerca d'un'identità dell'opera egkiana col dramma
letterario, ricerca del resto io. molti casi superflua e cara solamente ai dilettanti. Non si deve
cercare un'interpretazione, una critica del Peer
Cynt di Ibsen , bensi il Peer Gynt proprio di
Egk, da questi immaginato ed espI'esso, benchè
alcune parti della tela, le vicende, perfino ' qualche parola ripetano il mondo, il pensiero, lc
azioni, del dramma poetico. Questo è da considerare non più che uno schema scenico e dialogico. Un uomo, che può chiamarsi P eer o altrimenti, è respinto da una giovane, Solveig o
d ' altro nome, se n e allontana, è fedelmente atteso, e, tornato , è amorosamente, maternamente
riaccolto. Eventi staccati, strambi o realistici,
il mondo dei troll, una taverna, un porto , con
gente comune, bevitori, donnacce, affaristi, eccetera; càpita quel Peer, assist e o partecipa per
caso ai discorsi o ai fatti e sparisce. AJI' idillio Peer-Solveig contrasta la prepotenza di una
donna dai capelli ro ssi, che avvince P eer, e di
cui l'entità drammatica sfugge alla determinazione.
Ciò che il libretto delinea l'opera conferma,
e la musica e la mimica fan risaltare, proponendo, come più volte accade n ell 'op era in musica,
ptmti di vi sta che il libretto non suggeriva. Qui
la musica e la scena conferiscono infatti agli
avvenimenti ai quali P eer assiste, u na vi stosità,
un'ampiezza, una durata tali da costituire uno
spettacolo neno spettacolo, e spostano definitivamente il centro del dramma, sicchè protagonista non è Peer, che risulta un abtùico enfatico ,
bensi Solveig, un personaggio che ha allima ,
cuore, consistenza.
L'Egk, che nelle altre su e composizioni ha
mostrato di prediligere espr essioni sch erzose, un
po' ironiche, un po' sentimentali, con uno spirito e un gargo bayuvarisch, anche per quest 'op era ha inventato motivi sen suo si, Ii ha svolti
con una dinamica esilarante e inesausta, spinti
audacemente in un tripudio orgiastico, variati,
modulati, appropriati alle situazioni sceniche e,
tutto ciò eon destrezza e buon gusto.
La parte che dicemmo dello spettacolo nello
spettacolo è amena. Ecco, nel p]'imo atto, la
scena della piazza del villaggio. Una vivacità
sonora, fresc a, luminosa, sgargiant e, temi e timbri di carattere popolaresco, cori e orchestra,
tipi grotteschi, come lo Sposo lasciato fuori
della camera nuziale; nella moltitudine variopinta s'insinua, con fugaci accenni, la verginale
ser enità di Solveig, e con più labili tratti la
presen za di P eer. Si p en serebbe alla rustica
gaiezza d'uno Smetana per la coloritura paesana, ma in r ealtà qui la musica prescinde dal
folclore e ha toni suoi proprii. Vivace è anche
L'intermezzo strument ale che precede la scena
dei Troll, dove pullulano le trovate ritmiche e
strumentali. Spassosa è poi la musica al principio del secondo atto, quando i commercianti
e Peer bevono davant i al caffè del porto, e il
Presi dente della repubblica centro americana vien e a spillar danaro, e il battello parte e naufraga. Il terzetto e i monologhi sono spiritosi,
e l'accompagnamento, di sapore modernistico e
oltranzista, meriterebbe la qualifica di canaille.
Il tono lepido continua nella scena della taverna, e s'innesta con quello della trivialità e
della lussuria, r ecato dal tango, dalla voluttuosa
cantilena del flauto, dalle danz e dei negri, dalla
canzone frivola di Peer. Il carattere operettistico si rivolge, p er poco, in tragedia, allorchè un
negro accoltella un bianco, e infine trionfa in
un entusiastico can can di maschere.
L'altra parte dell'opera, quella che s' accentra su Solveig, è abbozzata nel primo atto e
s'espande n el terzo. All'apparire di. Solveig,
ascoltando la sua prima canzone, p ercepiamo
che ella è stata p sicologicamente intesa e ben
caratterizzata, anima semplic e di fanciulla che
con l'esperienza della vita e dell' amore s'evol verà, affeI'merà forza, decisione, fedeltà, virtù
precIari, e all' affetto congiungerà il entimento
del dovere, raggi,u ngendo infine una complessità
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di coscienza e uno stato di poesia e di grazia.
n terzo atto è improntato appunto della sentimentalità di Solveig. Esso è languido, no stalgico, doloroso, so ave. Consta di cinque episodi ,
la cui varietà si armonizza in una Huenza di
espressioni malinconiche. Qui emerge la melodia vocale. Il vigore ritmico e la policromia
armonistico-contrappuntistico-orchestrale le lasciano il pa so. L'ambiente è inizialmente permeato di cupi presentimenti. Il canto dei Tre
uccelli neri vagamente s'accorda con i loro misterio si concetti. La mesta melodia è affidata
alla voce più acuta, e accompagnata ora con
imitazioni, ora con omofonie, sorretta e armonizzata da gravi legni e ottoni; vagamente s'accorda, dicevamo, e tuttavia è addicevole. È un
cantilenare da Liul, romantico indubbiamente,
che fa ripensare alla toccante delicatezza di Peter Cornelius nella sua prima maniera. Nelle
loro risposte a Peer, che invano cerca la strada
della salvezza, (egli interroga in modo recitativo, spesso senza accompagnamento), gli Uccelli mutano modo, e la più elevata voce tenta
quasi il verso d'un uccello e accenta ritmi briosi,
mentrc l'orchestra la sostiene lieve, con trilli
dei flauti. Anche il secondo episodio, cioè il
dialogo dello Sconosciuto con Peer, un dialogo
massimamente recitativo, è di color fosco nella
declamazione, con marcati intervalli o con la
monotonia di alcuni tocchi strumentali. Il terzo consta dell'elaborazione strumentale del canto dell'uccello al principio dell'atto, elaborazione non sinfonica, ma « intermezzo » nel sen so
delle opere pucciniane o mascagnane, che è utile
soltanto al cambiamento della scena. E si torna
alla sala del vecchio nel mondo dei T"oll. Anche
in questo punto la musica è malinconica. Una
cantilena pur essa lideristica passa da Mads a
Ingrid, ad Aase, e serpeggia nel seguente concertato. Il quinto e ultimo episodio, il nono
quadro, è romanticissimo nella qualità e nell'accento. Comincia con una canzone di Solveig,
che rammemora la sua attesa, la fiducia nel
ritorno di Peer, e invoca su lui benedizione e
pace. Canzone bipartita, melodia spianata, con
ripetizione di frasi, appoggiature e giuoco di
cadenze carezzose, rievocanti la romanza e il
Lied ottocenteschi, fra Catalani e Brahms, cosÌ
per un sommru:io esempio. Il motivo di tale
canzone primeggia anche nel duplice coro, che
commenta la crisi spirituale di Peer, e cede poi
a un altro canto, malinconico e soave, della
stessa Solveig, allorchè Peer s'inginocchia davanti alla fanciulla e stanco poggia il capo nelle
mani di lei. È, ques.t'ultimo canto, come u.na
ninna nanna, delicata, affettuosa nell'andamen5.
to, ora sospiroso ora ardente, e nell' armonia.
Con il frequente unisono dei violini e della voce,
con un intervallo d'ottava e un lungo si bemolle filato, nuovamente fa sovvenire dei modi
frequenti di alcune romanzc operistiche dell'Ottocento italiano e di qualche arioso di Riccardo Strauss. Questo terzo atto è il migliore
dell'opera, in quanto è fondamentalmente drammatico.
A. DELLA CORTE.
AUTARCHIA MUSICALE ITALIANA.
Riproduciamo il discorso pronunciato dall'A ccademico Ildebrando Pizzetti di fronte al
Ministro Bottai, in occasione della riunione plenaria delle Commissioni per lo studio dei testi
per la autarchia della Scuola italiana nei metodi dell'insegnamento della musica.
1.
Eccellenza,
quando, or son circa sei mesi, tutti noi qui
presenti ci trovammo dinanzi a Voi che ci avevate chiamato per affidarci il còmpito, alto e
sommamente onorifico ma difficilissimo, di studiare i provvedimenti più opportuni a poter
conseguire, secondo la volontà del Duce, la totale autarchia della Scuola italiana nei metodi
d'insegnamento della musica, io terminavo il
discorso col quale, a nome di tutti, avevo voluto
ringraziarVi della fiducia da Voi dimostrataci,
dicendo che avremmo fatto, ognuno nel campo
della propria competenza specifica, del nostro
meglio, e che speravamo il nostro meglio avesse
ad essere buono.
Credo poter Vi dire oggi, con tranquilla coscienza, che ognuno del suo meglio ha fatto,
e credo che i risultati del nostro lavoro, che
ora sommariamente Vi esporrò, siano infatti
buoni, e direi anche superiori a quelli che molti
di noi, me compreso, potevano aver sperato.
Ricomposte, secondo l'affinità fra certe discipline dell'insegnamento della musica, in dodici Commissioni le diciannove che erano state
dapprima formate, esse dodici sono state una
dopo l'altra convocate per studiare e discutere
la materia a ognuna assegnata.
Prima di esporVi le conclusioni e proposte
delle varie Commissioni che io, sccondo l'incarico del quale voleste onorarmi, ho successivamente presieduto, credo mio dovere dirVi - e,
da artista italianissimo quale mi sento e so di
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