IL SOGNO AMERICANO L’EMIGRAZIONE ITALIANA NEGLI STATI UNITI LA PARTENZA I PORTI LE COMPAGNIE DI NAVIGAZIONE E LE NAVI IL VIAGGIO E LA TRAVERSATA L’ARRIVO A NEW YORK IL TRASFERIMENTO AD ELLIS ISLAND PROCEDURA PER ESSERE AMMESSI: 1. L’ARRIVO (THE ARRIVAL) 2. LA VIA D’INGRESSO (THE ENTRANCEWAY) 3. LA STANZA DEI BAGAGLI (THE BAGGAGE ROOM) 4. LE SCALE PER ANDARE NELLA GRANDE SALA (THE STAIRWAYS) 5. LA SALA DELLA REGISTRAZIONE (THE REGISTRY ROOM) 6. LA VISITA MEDICA (THE MEDICAL EXAMINATION ROOMS) 7. L’ISPEZIONE LEGALE (THE LEGAL INSPECTION) 8. LE SCALE DELLA SEPARAZIONE (THE STAIRS OF SEPARATION) 9. I TRATTENUTI (THE DETAINED) 9.1: TRATTENUTI PER MOTIVI DI SALUTE 9.2: TRATTENUTI PER MOTIVI LEGALI 10. IL LUOGO DEI BACI (THE KISSING POST) LA DISTRIBUZIONE DEGLI ITALIANI SUL SUOLO STATUNITENSE IL LAVORO: PADRONI E SFRUTTAMENTO I LAVORI DEGLI UOMINI I LAVORI DELLE DONNE I LAVORI DEI BAMBINI LE CONDIZIONI DI VITA - I PREGIUDIZI – IL RISCATTO SOCIALE 0 / 86 APPROFONDIMENTI IL COMMISSARIATO GENERALE DELL’EMIGRAZIONE. IL PORTO DI NEW YORK E CASTLE GARDEN O FORT CLINTON ELLIS ISLAND: LA PORTA D’INGRESSO DEL SOGNO AMERICANO NAUFRAGI DECESSI TRAGEDIE I PASSAPORTI ESEMPIO DELLE INFORMAZIONI CONTENUTE NELLA “LIST OF MANIFEST.. LISTA DEGLI STRANIERI TRATTENUTI (RECORD OF DETAINED ALIENS) LISTA DEGLI STRANIERI TRATTENUTI PER UNA SPECIALE INCHIESTA New York all’inizio dell’800 1 / 86 L’EMIGRAZIONE ITALIANA NEGLI STATI UNITI D’AMERICA L’emigrazione italiana negli Stati Uniti prima del 1880 era costituita soprattutto da rifugiati politici, artigiani, artisti di strada e venditori ambulanti. La vera emigrazione, verso questo paese, comincia fra il 1880 e il 1915 quando approdarono negli Stati Uniti quattro milioni di italiani, su 9 milioni circa di emigranti che scelsero di attraversare l'Oceano verso le Americhe. Trattandosi di un argomento prolungato e complesso, che si è manifestato con caratteristiche demografiche e sociali diverse, questa emigrazione è stata divisa in due flussi principali: quello che va dal 1876 al 1900 e l’altro che va dal 1901 al 1915. Fra il 1876 ed il 1900 la maggior parte degli emigrati negli Stati Uniti era del Nord Italia, con il 45 % composto solo da Veneto, Friuli Venezia Giulia e Piemonte. Dal 1900 in poi il flusso migratorio interessò il meridione, tant’è che i 4/5 circa dell’emigrazione totale proveniva dal Mezzogiorno, in particolare dalla Calabria, dall’Abruzzo, dal Molise e dalla Sicilia. Solo il 20% dell’immigrazione totale proveniva dal Centro e dal Nord Italia. Emigranti brianzoli negli Stati Uniti Durante il periodo del grande esodo gli immigrati italiani negli Stati Uniti erano per lo più maschi, giovani e di origine contadina. Emigravano in gruppi di paesani, parenti e 2 / 86 vicini e generalmente sotto la guida di qualcuno che aveva già affrontato il viaggio. Tra questi emigranti la maggior parte erano contadini, c`erano alcuni artigiani e pochissimi i professionisti e i mercanti. Si trattava nella maggioranza dei casi di un’emigrazione temporanea, gli immigrati avevano come unico scopo quello di guadagnare quanto più possibile e di tornare a casa. Erano poche le famiglie che emigravano insieme; donne e bambini di solito seguivano il capofamiglia solo se lui aveva deciso di restare. Si noti che solo il 21% degli immigrati italiani fra il 1891 e il 1910 erano donne. La tabella sotto evidenzia la composizione per sesso e per età degli immigrati italiani negli Stati Uniti dal 1885 al 1927 in cifre assolute. 3 / 86 Gli Stati Uniti dal 1880 aprirono le porte all'immigrazione nel pieno dell'avvio del loro sviluppo capitalistico; le navi portavano merci in Europa e ritornavano cariche di emigranti. I costi delle navi per l'America erano inferiori a quelli dei treni per il Nord Europa, per questo milioni di persone scelsero di attraversare l’oceano, per inseguire “Il sogno americano”. Cominciò così un esodo di massa che ebbe dei costi umani elevatissimi perché significò, per i quasi 9 milioni di emigranti, il disperato sradicamento dalla propria terra e la perdita di identità in Paesi stranieri, dove i rapporti umani erano difficili e dove spesso bisognava accontentarsi di lavori umilianti, faticosi e mal pagati. L'arrivo in America era caratterizzato, inoltre, dal trauma dei controlli medici e amministrativi durissimi, specialmente ad Ellis Island, l'Isola delle Lacrime. Lo scoppio della prima guerra mondiale, interruppe il movimento migratorio durante il conflitto, ma il flusso verso le terre straniere riprese subito dopo la fine della guerra. Vediamo allora un po’ più nei dettagli quali furono le tappe che i nostri compatrioti dovettero superare per realizzare il loro “Sogno Americano”. TORNA 4 / 86 LA PARTENZA. La fotografia dell’Italia del 1875 era quella di un paese povero, arretrato e con diversi problemi da risolvere. La cosa più preoccupante era che questa realtà di arretratezza economica e di disagio sociale era assai poco conosciuta dalla classe dirigente. Nei primi anni del Novecento, il fenomeno migratorio assunse l'aspetto di un vero e proprio esodo di massa, coinvolgendo sempre più spesso interi nuclei familiari. Un fenomeno straziante che disgregò interi gruppi familiari, e che sotto il profilo umano costituì un dramma non solo per coloro che erano partiti, ma anche per chi era rimasto nei paesi d'origine. Non è semplice descrivere lo stato d'animo di persone che non si erano mai allontanate dal proprio paese, e che ora, sotto la spinta della necessità di sopravvivenza, si approntavano a solcare l'oceano per raggiungere la terra che nelle loro aspettative rappresentava il riscatto della propria grama esistenza. 5 / 86 COME AVVENIVA IL “RECLUTAMENTO” Il meccanismo della “chiamata” si diffondeva tramite parenti, amici, compaesani ed agenzie. Spinti dalla miseria e dalla speranza di un futuro migliore, ma vittime dell’ignoranza e dell’analfabetismo, molti emigrati italiani purtroppo furono facili prede di sfruttatori, che promettevano ricchezze straordinarie e fortune colossali a quanti si sarebbero diretti in America, dove le strade erano coperte d’oro e si mangiava a sazietà. Da per tutto erano sparsi commessi che fiutavano intorno la miseria e il malcontento e offrivano il biglietto d’imbarco a quei disgraziati che volevano abbandonare la patria, o li incitavano a vendere la casa, le masserizie e la terra, per procurarsi il denaro per il viaggio. Il costo del viaggio era tutt'altro che trascurabile: un contadino che con il suo duro lavoro guadagnava giornalmente non più di una lira, ne pagava ben 235 all'agente per l'organizzazione del viaggio per l'emigrazione. Nella prima fase dell’emigrazione di massa l’agenzia di emigrazione era un’impresa privata che aveva la sua sede principale solitamente nelle città costiere, sedi dei porti d’imbarco per le Americhe. Gli agenti invece erano avventurieri che si recavano personalmente nelle zone in cui si manifestavano tassi di espatrio consistenti per reclutare emigranti e indirizzarli verso le compagnie di navigazione disposte ad offrire provvigioni più alte per ogni emigrante arruolato. Con l’espandersi del mercato, gli agenti rimasero nelle città costiere a negoziare il prezzo con le compagnie di navigazione, mentre erano i subagenti a girare per il territorio alla ricerca di emigranti. Il numero degli agenti e subagenti raggiunse 13.000 unità nei primi anni del 1900. 6 / 86 LA COSTITUZIONE DEL COMMISSIARIATO GENERALE DELL’EMIGRAZIONE. Con la legge del 1901 fu creato il Commissariato Generale per l’emigrazione, che rese l’espatrio finalmente tutelato dall’azione speculatoria degli intermediari e degli agenti delle compagnie di navigazione, autori di giganteschi arricchimenti nel periodo precedente l’istituzione della legge. Dipendenti delle compagnie di navigazione erano obbligati ad accompagnare gli emigranti nelle locande autorizzate, dal momento che la legge prevedeva che le spese in attesa dell’imbarco erano a carico delle Compagnie di navigazione. La legge inoltre abolì la figura dell’agente ed affidò il compito di arruolare i migranti ad una ventina di compagnie di navigazione, previa autorizzazione ministeriale. Ma fatta la legge trovato l’inganno (siamo sempre stati maestri in questo). Naturalmente, per svolgere il loro lavoro le compagnie avevano bisogno di subagenti, che furono arruolati tra coloro che avevano esercitato la professione in proprio e che ora diventano rappresentanti di vettore, lavoratori dipendenti. Così sotto il peso delle proprie mercanzie gli emigranti si accinsero a salire sui treni per raggiungere i porti d'imbarco: Genova, Palermo, Messina, Napoli. All’imbarco si formava una processione interminabile di gente che proveniva da tutte le parti d’Italia, operai, contadini, donne, bambini i quali aspettavano che il delegato della questura esaminasse i loro passaporti TORNA 7 / 86 I PORTI – LE COMPAGNIE DI NAVIGAZIONE – LE NAVI PORTI. I progressi fatti nel trasporto marittimo con i piroscafi a vapore, incrementarono notevolmente l’emigrazione transoceanica. Nell’800 molti italiani furono costretti ad emigrare dai porti europei di Le Havre, Marsiglia, Amburgo, Anversa, per le misure restrittive sull’emigrazione dell’emigrazione, adottate per sostenere le rivendicazioni dei proprietari terrieri. Per sfuggire a questi controlli e alla coscrizione militare, i migranti partivano senza passaporto prima verso l’Europa e poi verso le Americhe. Con la liberalizzazione susseguente alla legge del 1901, la gran parte del flusso si sviluppò dai porti italiani.Per la Sicilia il principale porto di partenza era quello di Palermo che già alla fine dell’Ottocento serviva le linee transoceaniche, dapprima con scali intermedi nei porti di Napoli o Genova, poi direttamente per New York o per Buenos Aires. Il porto palermitano non era molto attrezzato a causa dei bassi fondali e le grosse navi non riuscivano ad attraccare in modo compiuto alle banchine. Un servizio di chiatte trasportava così uomini e bagagli fin sotto bordo da dove venivano fatti imbarcare con rudimentali scalette o con paranchi. Col tempo, però, gli inconvenienti furono risolti e gli emigranti venivano prima raccolti dietro grandi cancelli e poi avviati a piccoli gruppi verso le lunghe scalette che permettevano l’ingresso a bordo sul fianco dei piroscafi (a fianco veduta del porto di Palermo). Quasi contemporaneamente al porto di Palermo, cominciò ad operare per gli emigranti anche il porto di Messina che fino al 1904 aveva servito gli scali principali di Napoli e Palermo. Poi anche la città dello stretto ebbe la sua linea transoceanica diretta ad opera della Compagnia La Veloce (a fianco veduta del porto di Messina). Nel 1908, Messina fu distrutta dal terremoto, ma l’agenzia dell’emigrazione de La Veloce continuò ad operare in una baracca di legno. I porti di Palermo e Messina, agli albori della stagione migratoria, venivano raggiunti con i tipici carretti che trasportavano uomini e bagagli. Poi quando alla fine dell’Ottocento vennero creati dei percorsi ferroviari che, seppure tortuosamente attraversavano 8 / 86 l’intera Sicilia. Una linea collegava Siracusa con Messina, toccando tutti i paesi della costa jonica; un’altra, partendo dallo stesso capoluogo aretuseo, con diversi cambi attraversava il comprensorio modicano, la provincia di Caltanissetta, l’area del vallone agrigentino fino a Palermo. Una terza linea costiera collegava Marsala con Trapani e Palermo. Negli anni venti anche Mazara del Vallo venne collegata con i tracciati esistenti. Dai centri non serviti si operava ancora con i carretti fino allo scalo ferroviario più vicino. Il porto di Napoli, che in breve superò quello di Palermo, Messina e Genova, sviluppò il trasporto verso il Nord America. Le partenze da Napoli erano soprattutto destinate ad uomini adulti, bambini, braccianti e, dopo il 1893, anche a gente qualificata. (Sopra imbarco di emigranti nel porto di messina, anni ’20; a fianco il porto di Napoli e sotto imbarco di emigranti nello stesso porto) 9 / 86 (La rotta da Napoli a New York) Il porto di Genova, dove era di stanza la marina mercantile italiana, sviluppava il traffico verso il Sud America. Le partenze da Le Havre e Genova verso gli Stati Uniti (ridotte a solo il 10% negli anni 1890) erano soprattutto riservate ai i contadini e alle donne. Anche se la grande emigrazione viene spesso rappresentata come una emigrazione familiare, in realtà coloro che si recavano negli Stati Uniti furono soprattutto individui singoli. I familiari arrivavano in seguito. A differenza dei grandi porti europei dotati di “Ricoveri per emigranti”, i porti di Genova, Napoli, Palermo non erano adeguati a gestire la grande massa di migranti che vi si recava in attesa di imbarco. Le uniche strutture erano quelle adibite ai controlli igienici e sanitari. Infatti, nelle stazioni marittime gli 10 / 86 emigranti erano sottoposti a visita medica e i loro bagagli bonificati. Una volta espletate queste operazioni, gli emigrati restavano, senza assistenza, sulla banchina del porto in attesa di partire. La folla degli emigranti al porto aveva anche un impatto sulla città, che li considerava con pietà, ma più spesso con paura, mentre mancavano dispositivi di tutela e assistenza. Il porto di Genova agli inizi del XX secolo. 11 / 86 12 / 86 LA SPECULAZIONE DELLE COMPAGNIE DI NAVIGAZIONE. Nonostante l’intervento dello Stato, gli emigranti continuarono ad essere sfruttati dalle compagnie, dagli agenti e dai locandieri. Nel 1905 le locande autorizzate erano 87 a Napoli, con la disponibilità di 2.400 posti letto; 33 a Genova con 720 posti letto; 25 a Palermo con 770 posti e 18 a Messina con 341 posti. Accanto a quelle autorizzate, vi erano però le locande non autorizzate, situate spesso nei quartieri più sudici, in case vecchie, con poca aria e poca luce, dove secondo un verbale sanitario del 1903 «in due ambienti privi d’aria, sporchi, umidi e puzzolenti dormivano 50 emigranti la maggior parte per terra». Il gioco speculativo consisteva nel riempire le locande non autorizzate, perché consentivano alle compagnie un notevole risparmio sul prezzo stabilito, e di lasciare quelle autorizzate vuote. 13 / 86 Il vuoto legislativo e la mancanza dei controlli favorì il diffondersi di problemi sociali ed igienici, causati dalla concentrazione di emigranti nei tradizionali porti d’imbarco (Genova, Napoli, Palermo). Le vessazioni cui furono sottoposti gli emigranti in genere (portatori a detta del questore di Genova di “grave danno dell’igiene, della morale, del decoro”) e le donne in particolare, contro le quali si scatenarono “antichi pregiudizi e nuove paure” erano ben note a tutti tranne che alle autorità statali. Solo nel 1911, dopo il colera a Napoli, fu istituito il ricovero di stato. 14 / 86 LE NAVI. Il trasporto degli emigranti diede da vivere a parecchie persone (agenzie di viaggi, portuali, mozzi, marinai, ufficiali di marina…) e contribuì a sviluppare l’industria cantieristica e siderurgica. Per il grande traffico verso il Nord America le compagnie italiane (soprattutto quelle genovesi) dovettero subire la forte concorrenza delle compagnie straniere che erano più organizzate e tecnologicamente più avanzate. Le nostre compagnie di navigazioni spesso e volentieri destinavano per il trasporto degli emigranti le navi più vecchie, delle carrette del mare con un media di 23 anni di navigazione. Questi piroscafi chiamati “vascelli della morte”, non potevano contenere più di 700 persone, ma ne caricavano anche più di 1.000; molti furono infatti i naufragi. 15 / 86 TORNA 16 / 86 IL VIAGGIO E LA TRAVERSATA. Quando il suono della sirena annunciava che la nave lasciava l’attracco veniva un nodo alla gola a tutti. Gli emigranti che dovevano salire sulla nave si rendevano conto che da lì a poco avrebbero lasciato il suolo natio per andare a calpestare quello di un nuovo mondo, lontanissimo e sconosciuto. I familiari, straziati dal dolore vedevano allontanare i propri cari e sentivano un vuoto attorno a loro. Si sentivano più forti i saluti, gli abbracci ed i pianti, provenienti dalla banchina del porto, i fazzoletti sventolare e le braccia agitarsi in segno di saluto. Il grande viaggio cominciava così, con una struggente nostalgia e con la certezza che forse si sarebbe fatto ritorno dopo tanti, tanti anni. Le navi passeggeri tenevano divise le persone per ricchezza e ceto sociale. Per esempio i passeggeri di prima e seconda classe alloggiavano in cabine di lusso. Ma la maggior parte delle persone erano in terza classe ammassate nello "Steerage" un grande spazio aperto sul fondo della nave, dove vivenano in condizioni pietose e prive di igiene fino a 900 persone. Carichi come dei muli (questi poveri disgraziati si portavano sacche e valigie d’ogni forma in mano o sul capo, materassi e coperte, sedie pieghevoli; molti erano scalzi e portavano le scarpe appese al collo) i nostri emigranti venivano ammassati sulle navi in condizioni disumane. In fondo non si trattava che di “una tonnellata umana”, così veniva chiamato il carico umano degli emigranti che “accovacciati sulla coperta, presso le scale, col piatto tra le gambe e il pezzo di pane fra i piedi, mangiavano il loro pasto come i poverelli alle porte dei conventi”. In queste condizioni disumane dovevano affrontare un viaggio attraverso l'Oceano Atlantico che mediamente durava 3 settimane partendo dai porti italiani; 2 settimane partendo invece dai porti francesi. I letti dopo alcuni giorni dalla partenza sembravano delle piccole stalle: vi si dormiva sopra vestiti e con le scarpe; vi si appoggiavano sopra fagotti e valigie; i bambini vi lasciavano orine e feci; i più vi vomitavano. Ma non era tutto, a questo stato di degrado ambientale spesso occorreva aggiungere l’incompetenza del personale medico e la mancanza di cure appropriate. Tutto questo doveva inevitabilmente tradursi in un alto numero di decessi e spesso una normale patologia infantile degenerare in una pericolosa epidemia. A volte durante la navigazione il mare era talmente agitato e le onde così alte e fragorose che spazzavano regolarmente i ponti della nave. I viaggiatori rimanevano inzuppati dall’umidità che gli spruzzi spargevano ovunque. I posti più riparati erano riservati alle donne e ai bambini. 17 / 86 DENTRO LA NAVE: LO STEERAGE 18 / 86 19 / 86 FUORI DALLA NAVE . 20 / 86 21 / 86 TESTIMONIANZA DI UNA PASSEGGERA: Noi poveracci scendemmo nella stiva della nave a cui si accedeva attraverso una botola : là sotto c’era un gran buio e lunghe file di letti a castello di legno dove dormivamo tutti insieme: tedeschi, italiani, polacchi, svedesi, francesi. Bisogna ricordare che in quei tempi sulle navi era ben diverso da oggi : uomini, donne e ragazze stavano tutti nello stesso letto, separati solamente da un’assicella per evitare di rotolare uno sopra l’altro. Là sotto non avevamo ne’ acqua ne’ luce e ben presto a molti di noi venne il mal di mare. Eravamo intrappolati come dei topi in un buco, ci aggrappavamo ai sostegni del letto o alle strutture in ferro per evitare di essere trascinati via. 22 / 86 TORNA 23 / 86 L’ARRIVO A NEW YORK Come abbiamo già visto il viaggio attraverso l'Oceano Atlantico era alquanto difficoltoso, le navi erano affollate e sporche, non c’è da meravigliarsi quindi se la maggior parte dei passeggeri arrivati nel porto di New York era già molto stanca. Dopo la traversata transoceanica il primo incontro con il nuovo mondo era la realtà del porto di arrivo, dove i disagi non sarebbero stati inferiori a quelli incontrati durante la traversata. La rotta dell’arrivo della nave è tracciata in nero; la linea rossa indica il tragitto per Ellis Island. FILMATO (Un filmato YouTube ci porta in giro fra Ellis Island e la Statua della Libertà) 24 / 86 Le navi in arrivo risalivano la foce del fiume Hudson e tutti gli immigrati si riversavano vicino ai parapetti dei ponti per osservare sullo sfondo la Statua della Libertà. Quel maestoso simbolo americano significava per loro la fine del tormentato viaggio, e quindi l’arrivo nella terra promessa. La parola “terra” veniva gridata in cento lingue e dialetti diversi. Man mano che la nave avanzava verso il porto cominciava a delinearsi la skyline di Manhattan. Nessuno dei viaggiatori aveva mai visto né immaginato uno spettacolo del genere. Ricordi, paure, presentimenti, speranze affollavano le menti di queste persone che spesso si lasciavano andare ad un pianto di liberazione e di gioia mentre la nave oltrepassava la statua. Prima che la nave arrivasse al porto, salivano a bordo degli ufficiali sanitari che avevano il compito di accertarsi che fra i passeggeri non ci fossero segnali di malattie infettive. Se l’ispezione dava esito positivo, i medici cominciavano a controllare lo stato di salute dei passeggeri di prima e di seconda classe nelle loro cabine. Per costoro il controllo era una pura formalità. Non appena la nave attraccava nel porto di New York City costoro, scortati dagli ufficiali dell’immigrazione, potevano lasciare subito la nave. 25 / 86 26 / 86 27 / 86 Il porto di New York in una fotografia della fine dell’Ottocento. I passeggeri di terza classe (The steerage-class passengers) invece dovevano aspettare a bordo della nave l’arrivo del traghetto che li avrebbe portati ad Ellis Island dove i controlli sarebbero stati più severi. A partire dal 1885 la legislazione americana era diventata più restrittiva e i controlli tendevano a colpire, oltre ai sospetti di sovversivismo politico, gli immigrati cagionevoli di salute o affetti da malattie infettive o che comunque potevano costituire un onere per l’assistenza pubblica. TORNA 28 / 86 TRASFERIMENTO AD ELLIS ISLAND L’attesa dei traghetti di linea, usati dal Servizio Immigrazione, per trasportare gli immigrati ad Ellis Island, poteva durare alcune ore, ma a volte anche dei giorni. Questi traghetti, noleggiati dalle compagnie di navigazione, erano di solito sovraffollati, gelidi d'inverno e bollenti d'estate e totalmente privi di servizi igienici e tenevano a malapena il mare. È stato calcolato che oltre il 30% dei bambini arrivati a New York sofferenti di una qualche malattia negli anni a cavallo tra l’Otto ed il Novecento moriva a causa dell'esposizione al freddo subita durante il pur breve viaggio attraverso la baia. 29 / 86 All’arrivo del battello ogni emigrante doveva appuntare sul petto il documento chiamato “Inspection Card” (cioè una Carta di riconoscimento) che gli veniva rilasciato prima di sbarcare dalla nave. Questa carta certificava: il nome della compagnia navale, il porto di partenza, la data di partenza, il nome della nave, il nome e cognome dell’emigrante, l’ultima residenza, le ispezioni mediche (vaccinazione, disinfestazione, esito), il numero del foglio della lista dei passeggeri, il numero che il passeggero aveva in questa lista. 30 / 86 Nel retro del certificato in 7 lingue s’invitava l’immigrato a conservare tale certificato e ad esibirlo in caso di richiesta, specialmente sui treni, per evitare di essere trattenuto o messo in quarantena. Sotto altro esempio di “Inspection Card” . 31 / 86 Immigrati in attesa di scendere dalla nave La nave si avvicina al pontile Si scende dalla nave Per imbarcarsi sul battello Si va verso Ellis Island TORNA 32 / 86 PROCEDURA PER ESSERE AMMESSI. La figura sotto offre uno spaccato della struttura dell’edificio che accolse dal 1892 al 1954 più di 12.000.000 di immigrati. Piano terra Nuovi arrivi (The Arrival) Ingresso (The Entranceway) La stanza dei bagagli (The Baggage Room) Le scale che portano al Registry Room (The Stairways to the Great Hall) Primo piano Il salone delle registrazioni (The Registry Room) La visita medica (The Medical Exam) L’ispezione legale (The Legal Inspection) I trattenuti (The Detained) Le scale della separazione (The Stairs of Separation) Piano terra Il luogo dei baci (The Kissing Post) 8 5 7 6 Uscita per il New Jersey 9 City 4 10 3 Uscita per New York City 2 1 33 / 86 Lo schema sotto riassume con estrema sintesi a quali visite veniva sottoposto ogni immigrato e come costui poteva comportarsi nel caso in cui qualche esame poteva avere esito negativo. Era una procedura che mediamente durava diverse ore, se non addirittura quasi l’intera giornata, se tutto andava bene; diversamente settimane o mesi in caso contrario. FINE. 34 / 86 PASSO 1: I NUOVI ARRIVI (ARRIVAL) Gli immigrati scendevano dal battello in una lunga fila disordinata. Le mamme correvano dietro ai bambini che, finalmente, si ritrovavano un suolo stabile sotto i piedi. Gli uomini facevano avanti e indietro per recuperare i bagagli. “ Stay in line”: era l’imperativo categorico delle guardie addette alla dogana. Chi non capiva, o faceva finta, veniva allineato a spinte, senza tanti complimenti. Ancora una volta si era costretti ad aspettare il proprio turno sia per scendere dal battello che per entrare nel Palazzo principale “Main Building”. L’attesa poteva essere anche di alcune ore e nulla veniva dato agli emigranti: né acqua, né cibo. Tutti gli stranieri che arrivavano in un porto degli Stati Uniti dovevano 35 / 86 essere elencati nella LIST OR MANIFEST OF ALIEN PASSENGERS FOR THE UNITED STATES IMMIGRATION OFFICER AT PORT OF ARRIVAL . Il comandante di ogni nave che aveva trasportato i passeggeri doveva, all'arrivo, consegnare l’elenco, all’ufficiale dell’immigrazione. Ci si prepara allo sbarco Si prendono i bagagli e ci si riunisce Si sbarca ad Ellis Island Finalmente a terra Ci si sistema alla meglio FILMATO1 FILMATO2 Gli ultimi stanno per sbarcare TORNA 36 / 86 PASSO 2: LA VIA D’INGRESSO (THE ENTRANCEWAY) Dopo lo sbarco bisognava recarsi all’ingresso del “Main Building”. Ad aspettare gli immigrati c’erano degli ufficiali in uniforme che, dopo aver salutato l’equipaggio del battello, cominciavano a gridare e a fare ampi cenni con le mani per indirizzare ed allineare i vari passeggeri appena sbarcati. Era sicuramente un momento di confusione (bisognava stare attenti ai bambini, ai documenti e alle valigie) e di smarrimento (non si capiva ciò che gli ufficiali urlavano, si cercava di intuire). La commozione travolgeva tutti, ma una cosa era chiara: bisognava allinearsi e marciare in fila verso l’imponente edificio di mattoni rossi. 37 / 86 Gli ufficiali addetti al controllo avevano un preciso mandato, quello di impedire che entrassero in America pregiudicati, malati di mente, indigenti, ritardati mentali, chi soffriva di malattie contagiose, persone ritenute potenziali criminali, i poligami. Gli immigrati già stremati dal lungo viaggio e dai disagi a cui erano stati sottoposti, sporchi, affamati e spesso senza soldi guardando la grande città, che si stendeva di fronte a loro, avvertivano una sensazione di disagio. 38 / 86 I componenti familiari, dopo lo sbarco, stanno vicino fra loro e con le loro valigie si avviano verso l’ingresso 39 / 86 Foto a sinistra del 1905 circa, ritrae l’ingresso di Ellis Island in un momento di calma. Pochi passeggeri in arrivo. 40 / 86 Si aspetta il turno per entrare nell’edificio dai mattoni rossi. 41 / 86 Sopra gruppo di immigrati con le valigie aspettano fuori dall’ingresso; c’è chi passeggia nervosamente mentre dei bambini passano il tempo giocando. Sotto finalmente si entra TORNA 42 / 86 PASSO 3: LA STANZA DEI BAGAGLI (THE BAGGAGE ROOM) Una volta entrati, la prima cosa da fare era quella di lasiare i bagagli, che si trovava a piano terra. Dei funzionari controllavano rapidamente il contenuto delle valigie, borse, sacchi e quindi invitavano gli emigranti a lasciare lì la roba più ingombrante e di portare Madri con bambini, alcuni dei quali con pesanti pesi con sé solo ciò che era più facile da trasportare. Fatto ciò li indirizzavano verso le scale che portano alla grande Sala delle Resistrazioni (The Registry Room). I bagagli pesanti ed ingombranti sarebbero stati recuperati alla fine di tutti i controlli. Il controllo dei bagagli provocava una certa confusione tra gli immigrati dal momento che molti di loro non parlavano inglese. 43 / 86 Testimonianza di Eleonor Kenderline Lenhart, un’immigrata inglese del 1921, intervistata nel 1985 “….. Ci misero in una chiatta, e ci stiparono talmente stretti che non era possibile girarsi attorno, tanti eravamo e la puzza era terribile. Quando arrivammo ad Ellis Island, buttarono giù un ponticello per farci sbarcare ed un uomo all’altra estremità urlava a voce alta: “Lasciate i vostri bagagli lì, lasciate l’ì vostri bagagli. Gli uomini da questa parte; le donne e i bambini da quest’altra parte”. Mio padre ci guardò e disse: “ ci incontreremo qui al ritorno vicino a questa montagna di bagagli e speriamo di ritrovarli, ci vediamo dopo.” 44 / 86 Seguono dei filmati YouTube relativi alla Baggage Room. http://youtu.be/uSq2e4gRcn4 http://youtu.be/J38Tj7XvLUM Vicino alla stanza dei bagagli c’era una sala da pranzo dove si potevano acquistare panini imbottiti (sandwiches) e bevande. Il menu, con i relativi prezzi, era scritto comunque in diverse lingue. TORNA 45 / 86 PASSO 4: LE SCALE PER ANDARE NELLA “GRANDE SALA” (THE STAIRWAYS TO THE GREAT HALL). Attraverso un lunga e ripida scalinata gli immigrati, con le loro piccole borse, raggiungevano la Grande Sala “The Registry Room”, sempre con i propri documenti ben in vista, per iniziare le tanto temute ispezioni: quella medica e quella legale. La maggior parte degli immigrati pensava che l’ispezione iniziasse all’interno di questa sala, non sapeva invece che il primo controllo cominciava già non appena iniziavano a salire il primo gradino delle scale. Gruppi di medici, in cima alle scale, osservavano gli immigrati man mano che salivano per individuare gli asmatici, i disabili fisici, gli zoppi, i ritardati mentali, quelli che accusavano mancanza di respiro o che avevano la tosse. 46 / 86 THE SIX SECONDS PHYSICAL. Salite le scale gli emigranti venivano divisi in diverse file da recinti metallici che li obbligavano ad avanzare in fila indiana. Ogni fila di immigrati veniva visitata da due dottori distanti fra loro alcuni metri. Il primo dottore controllava se l’immigrato era portatore di malattie; il secondo invece controllava eventuali deformità. 47 / 86 Dal 1903 al 1914, gli anni di maggior affluenza ad Ellis Island, si cominciò a controllare anche gli occhi degli immigrati per individuare le persone affette da tracoma, una malattia contagiosa. I medici usavano uno strumento particolare per rivoltare la palpebra degli occhi alla ricerca di qualche indizio della malattia. Si trattava di una specie di uncino simile a quello che il dentista usa per togliere il tartaro che veniva messo sotto la palpebra e ruotato per alzarla e vedere lo stato di idratazione della stessa. Ogni medico aveva un solo di questi uncini che usava per centinaia di volte ogni giorno senza ovviamente sterilizzarlo ogni volta. 48 / 86 49 / 86 Questo primo test era chiamato “the six-seconds physical”, perché era veloce. Se qualcosa non andava per il giusto verso, i medici contrassegnavano, con un gesso, i vestiti degli immigrati con sigle particolare (ad ogni sigla corrispondeva un certo tipo di malattia, per esempio: una “X” indicava insanità mentale; una “P” malattia polmonare). Le persone contrassegnate sarebbero state condotte in un’altra stanza per sostenere una visita medica più accurata (The medical Exam). Gli esaminatori medici stavano sempre in allerta per evitare ogni tipo d’inganno. L'individuo disinvolto con un cappotto sul braccio poteva nascondere un braccio artificiale; il bambino legato alla schiena della madre, e che all’apparenza poteva sembrava abbastanza grande per camminare da solo, veniva tolto alla madre ed invitato a camminare per vedere se era affetto da paralisi infantile. TORNA 50 / 86 PASSO 5: LA SALA DELLE REGISTRAZIONI (THE REGISTRY ROOM) Chi superava il “the six-seconds physical” veniva indirizzato nella parte centrale della Great Hall (LA GRANDE SALA), dove sorgevano diversi recinti metallici per ordinare in file l’afflusso degli immigrati. Molto probabilmente per diversi emigranti era la prima volta che vedevano un ambiente coperto così grande; questa “Grande Sala” era lunga circa 61 m larga 31 m e alta più di 25m. Dopo il 1903, in questa sala furono sistemate delle panche di legno per dare la possibilità alle persone stanche di sedersi. Il rumore in questa stanza era enorme, il suono di centinaia di voci rimbombava. Qui gli ufficiali effettuavano l’ispezione legale e decidevano, per ogni persona, chi poteva proseguire la procedura per essere ammesso o essere fermato per un’ispezione più approfondita. 51 / 86 Gli immigrati, attendevano il loro turno seduti in panche di legno delimitate da recinti di tubi metallici. Ogni recinto poteva ospitare fino a 30 persone. Ogni emigrante doveva sempre avere con sé la documentazione necessaria. 52 / 86 Seguono alcuni filmati YouTube sulla Registry Room: http://www.history.com/topics/ellis-island/videos#hurdles-to-citizenship-on-ellis-island http://www.history.com/topics/ellis-island/videos#immigrants-landing-at-ellis-island http://youtu.be/5eSwR-Gah74 http://youtu.be/b-OwmZ2hzSA http://youtu.be/VqHu--Gar-c TORNA 53 / 86 PASSO 6: LA VISITA MEDICA (THE MEDICAL EXAM) Nel frattempo gli immigrati che non avevano superato il “the six-seconds physical”, venivano portati fuori dalle corsie della Registry Room per ulteriori accertamenti. Con l’Atto d’Immigrazione del 1981 gli U.S.A. vietavano a chiunque fosse portatore di una grave malattia contagiosa di entrare nel paese. Questo Atto aveva lo scopo di prevenire epidemie nella popolazione americana. Se qualche immigrato rientrava in questo caso veniva spedito immediatamente presso l’ospedale di Ellis Island e messo in quarantena per circa 2 settimane e solo a guarigione accertata otteneva il nulla osta per entrare negli Stati Uniti. Venivano respinti, come già detto, quelli con particolari infermità particolari: zoppi, gobbi, menomati, con malattie agli occhi o alla pelle o con difetti psichici. Gli immigrati che riuscivano a superare “The medical exam” venivano riammessi nella Registry Room, lì si accodavano per raggiungere gli sportelli dell’ispezione legale. 54 / 86 Quelli invece che non superavano “The Medical Exam” avevano due possibilità: essere respinti (nei casi più gravi); o portati in ospedale in quarantena per essere curati (trattenuti per motivi di salute). Spesso capitava che chi era respinto si tuffava in mare per raggiungere Manhattan a nuoto o si suicidava, piuttosto che affrontare il ritorno a casa. TORNA 55 / 86 PASSO 7: L’ISPEZIONE LEGALE (THE LEGAL INSPECTION) Chi superava l’esame medico veniva accompagnato nella Sala dei Registri dove erano attesi dagli ispettori. L’equipaggio di ogni battello che arrivava ad Ellis Island, consegnava, come è già stato detto precedentemente, agli ufficiali dell’immigrazione la lista dei nomi dei passeggeri. La lista originale era molto più grande di quella che si vede sopra che è solo una parte. Il manifesto, così era chiamata la lista dei nomi dei passeggeri, riportava, per ogni immigrato, una serie di utili informazioni per identificarlo: il numero che gli era stato assegnato, le sue generalità ed altro ancora. L’immigrato doveva fare la fila in lunghe corsie finché non veniva chiamato il suo numero o il suo manifesto. Gli ispettori legali erano collocati nella parte terminale della Great Hall e ognuno di loro aveva il “manifesto” della nave con l’elenco dei passeggeri. 56 / 86 L’immigrato, quando veniva chiamato, doveva rispondere alle domande, che l’ispettore, seduto dalla parte opposta di una scrivania, gli poneva tramite un interprete: What is your name ? (Come ti chiami ?) Where are you born ? (Dove sei nato ?) Where are you coming from ‘ (Da dove vieni?) Where are you going ? (Dove vai ?) Are you married ? (Sei sposato ?) What is your occupation ? (Che lavoro fai ?) Have you ever convicted of a crime ? (Hai mai commesso dei reati ?) How much money do you have ? (Quanto denaro hai ?) What is your destination ? (Quale sarà la tua destinazione ?) Have you ever been in the United States before ? (Sei mai stato negli U.S.A. ?) Do you have any relatives here ? (Hai parenti qui ?) Where do they live? (Dove vivono I tuoi parenti ?) Is there anyone who came out to meet you on Ellis Island ? (C’è qualcuno che ti aspetta qui ad Ellis Island ?) Who paid for your passage ? (Chi ha pagato il tuo biglietto ?) Do you have any skills ? (Cosa sai fare ?) Do you have a trade? (Hai qualche attività commercial ?) Do you have a job waiting here for you in the United States? (Hai già un lavoro qui negli U.S.A. ?) 57 / 86 Gli ufficiali durante questo esame registravano, per ogni immigrato, nome, luogo di nascita, stato civile, luogo di destinazione, disponibilità di denaro, professione, precedenti penali ed altro ancora. Venivano fermate le donne e i minorenni soli, le persone senza soldi, le prostitute, i potenziali criminali, i poligami e quelli che davano informazioni diverse rispetto a ciò che era scritto nella lista dei passeggeri. Erano i cosiddetti “trattenuti per motivi legali”, che venivano internati in centri di detenzione, in attesa di ulteriori chiarimenti sul loro stato legale. A tutte queste persone venivano apposte delle particolari sigle in corrispondenza del proprio nome nella lista dei passeggeri. Di questi trattenuti, solo il 2% veniva rispedito a casa; ma questo, nei periodi di maggior afflusso, poteva significare in termini numerici la fine di un sogno per migliaia di persone al mese. TORNA 58 / 86 PASSO 8: LE SCALE DELLA SEPARAZIONE (THE STAIRS OF SEPARATION) Una volta effettuate tutte le ispezioni, gli immigrati venivano condotti, nella parte opposta della Grande Sala, in un corridoio che si affacciava su una lunga scalinata divisa in tre corsie, ognuna delle quali portava ad una porta. Era questo il posto dove speranza (per i trattenuti), scoramento (per i respinti) e felicità (per coloro che da lì a poco avrebbero abbracciato i loro cari che li aspettavano) s’intrecciavano. A seconda degli esiti degli esami, gli immigrati venivano fatti scendere: Dalla scalinata centrale, se erano stati dichiarati trattenuti o eplulsi (cioè tutti coloro i quali dovevano essere ricoverati nell’ospedale di Ellis Island; o internati nei centri di detenzione, per ulteriori accertamenti; o gli espulsi), rappresentavano il 2% degli immigrati. Dalla scalinata di sinistra tutti gli ammessi che dovevano andare a New York, Manhattan o verso nord. Dalla scalinata di destra tutti gli ammessi che invece dovevano recarsi nel New Jersey, a sud o ad ovest. Questi ultimi due gruppi erano aiutati da assistenti sociali che li accompagnavano nei rispettivi Uffici Cambio (The Money Exchange). I tassi di cambio delle varie valute erano esposte in una lavagna. Una volta in possesso dei dollari, gli immigrati si 59 / 86 dirigevano presso la vicina biglietteria ferroviaria (The Railroad Ticket Office) per acquistare il biglietto del treno se ne avevano bisogno. Alcune foto riguardanti l’ufficio Cambia Valute “The Money Exchange” L’Ufficio ferroviario TORNA 60 / 86 PASSO 9: I TRATTENUTI (THE DETAINED) Trattenuti erano sostanzialmente tutti coloro che non avevano i requisiti sanitari e legali per poter accedere nel suolo americano. Per la stragrande maggioranza degli immigrati Ellis Island era l’isola della speranza “Isle of Hope”; ma per quei pochi sfortunati che non riuscivano a superare la visita medica e quella legale, si trasformava nell’isola delle lacrime “Isle of Tears”. I trattenuti venivano fermati per ulteriori accertamenti, e se anche questi si rivelavano negativi venivano rispediti nella loro patria. Poiché l’attesa poteva durare poche ore come pure delle settimane, se non dei mesi in alcuni casi, in questo lasso di tempi i trattenuti potevano usufruire del cibo, dell’alloggio ed eventualmente delle cure ospedaliere che il governo americano offriva loro. Vediamo un po’ più nei dettagli come avveniva il fermo di un emigrante. Ogni “Lista dei passeggeri” conteneva, come già detto, un certo numero di colonne con informazioni relative ad ogni singolo passeggero, che venivano trascritte al momento della partenza 61 / 86 dagli ufficiali di bordo. Non tutte le “liste dei passeggeri” erano uguali fra loro, perché l’impostazione dell’impaginazione cambiava da una compagnia di navigazione all’altra. Si può dire che ogni compagnia di navigazione utilizzava schemi preimpostati personalizzati, come si può vedere nelle due liste che vengono riportate. Ad ogni modo la quantità di informazioni per ogni passeggero, a prescindere dallo schema che veniva utilizzato, era uguale. Premesso che le due liste sopra sono solo delle parziali vedute degli originali che erano più grandi come dimensioni, e generalmente composte da due fogli. In ogni lista dei passeggeri, gli ufficiali addetti ai controlli sanitari e legali, annotavano delle sigle (che avevano particolari significati) ogni qualvolta che si 62 / 86 verificavano delle “anomalie” con qualche immigrato. Era sufficiente una singola sigla vicina al nome dell’immigrato per autorizzare gli Ufficiali addetti ai controlli a fermarlo. Ad esempio se si va a vedere la prima “Lista dei passeggeri” si vede che sono state aggiunte ai primi tre immigrati (prima del loro numero d’ordine) le lettere “SI” (che sta per soggetto sottoposto a: Special Inquiry, a volte indicata anche conla sigla: B.S.I.). Sempre nella stessa lista i numeri dei passeggeri: 18-19-20-21-22-23 sono stati contrassegnati con una “X” per indicare che erano “malati mentali”. Ad esempio nella seconda “Lista dei passeggeri” i passeggeri n° 8 e 16 sono stati contrassegnati con una “X”; mentre le righe degli immigrati n° 12-13-14-15 sono state tratteggiate per indicare che quelle persone, per qualche ragione, non si sono imbarcate nei porti di partenza. Per questi ultimi a volte si usavano anche sigle del tipo: “Not Shipped”, “NOB” (Not On Board), “Did Not Sail”, or “Cancelled”. A partire dal 1903, l'Ufficio immigrazione di New York cominciò ad archiviare tutte queste sigle in modo più ordinato e dettagliato creando due particolari liste: la “Lista degli stranieri trattenuti” (Record of Detained Aliens), e “La lista degli stranieri trattenuti per una speciale inchiesta” (Record Of Aliens Held For Special Inquiry). Queste due liste venivano allegate alla “Lista dei passeggeri”. http://www.history.com/videos/detained-at-ellis-island TORNA 63 / 86 (FILMATO YOU TUBE) PASSO 9.1: I TRATTENUTI PER MOTIVI DI SALUTE. Gli immigrati che nella prima visita medica “The six seconds physical” erano stati contrassegnati con sigle speciali, dovevano sottoporsi ad un ulteriore esame “The Medical Exam”. Questo esame si svolgeva in due “Physical Room” una per gli uomini ed una per le donne. L’esito di questo esame poteva essere: favorevole, sospensivo o sfavorevole, come descritto dallo schema sottostante: 64 / 86 Chiaramente chi riceveva un giudizio favorevole poteva presentarsi alla visita legale. Per i casi meno gravi, cioè quelli con giudizio sospensivo gli ufficiali sanitari ordinavano un periodo di quarantena con ricovero immediato presso l’ospedale dell’isola fino a guarigione avvenuta. Nell’ospedale gli immigrati venivano tenuti in quarantena per settimane o anche dei mesi a seconda della necessità. Dopo questo periodo una Commissione Speciale d’Inchiesta “a Board of Special Inquiry” avrebbe riesaminato ogni singolo immigrato e deciso se ammetterlo negli U.S.A. oppure se rimandarlo a casa. In quest’ultimo caso, se l’immigrato non aveva raggiunto i 16 anni, un familiare avrebbe dovuto accompagnarlo fino in patria senza spesa alcuna. Quelli invece che avevano ricevuto un giudizio sfavorevole (malati di ernia, o malati mentali) avevano una sola possibilità: ricorerre in appello (con scarsa probabilità di vincere). Tra coloro che si videro vietato il visto d’ingresso, e di conseguenza ricevettero un ordine di rimpatrio, diversi furono i casi di suicidio: ne sono noti almeno 3000, ma si può presupporre che, in generale, i morti furono molti di più perché non conosciamo il numero di quanti, dopo essere stati scartati, si gettavano in mare di notte, nel tentativo (spesso senza risultato) di raggiungere ugualmente la costa a nuoto. La figura sopra è un certificato medico emesso dalla Divisione medica del Servizio Immigrazione di New York che attesta che il Sig. Hocher Bodner soffre di ernia, che lo limita nelle sue capacità di guadagnarsi da vivere. Pertanto il signore in questione sarà esplulso dagli Stati Uniti. 65 / 86 I MALATI DI MENTE. Secondo un rapporto statistico americano del 1917 durante le ispezioni mediche solo il 9% degli immigrati veniva contrassegnato con una X (che stava a significare: portatore di malattie mentali) e sottoposti ad una visita specialistica nella “Mental Room”. In questo contesto i medici (aiutati dagli interpreti) cominciavano col chiedere ai pazienti di rispondere ad alcune domande personali; quindi proponevano semplici problemi aritmetici (per es. contare alla rovescia da 20 ad 1) e test intuitivi (vedi foto seguenti) che non richiedevano né capacità di lettura né di scrittura. 66 / 86 La difficoltà dei test era strutturata con difficoltà crescente. I pazienti venivano valutati in base al tempo che impiegavano per risolvere i quesiti proposti rispetto al tempo medio che impiegavano le persone normali per risolvere gli stessi problemi. Alla fine solo il 2% non superava l’esame ed era costretto a tornare a casa. La tabella evidenzia i risultati degli esami medici mentali dal giugno all’agosto del 1916. Su 30.711 passeggeri 3.050 furono contrassegnati con una X o con una X cerchiata al primo esame medico. 20 Di questi 3.050 ben 2.440 furono lasciati andare ad un secondo esame nello stesso giorno dell’arrivo, 610 trattenuti e 20 rilasciati nei giorni successivi. Dei 610 alla fine quelli dichiarati “malati mentali” furono solo 70. Sintetizzando su 3.050 immigrati segnati con la X solo 70 (cioè meno del 2,3%) risultarono effettivamente malati di mente e rispediti a casa. TORNA 67 / 86 PASSO 9.2: I TRATTENUTI PER MOTIVI LEGALI. Gli “S.I.” cioè coloro i quali dovevano essere sottoposti ad una speciale commissione d’inchiesta venivano trasferiti al terzo piano nel “Ferry Building” e alloggiati in stanze dormitori. Queste stanze presentavano condizioni analoghe a quelle che gli immigrati avevano già provato durante il viaggio nella nave. In ogni dormitorio venivano alloggiati circa 60 persone in cuccette di metallo disposte su tre o quattro livelli. I letti erano muniti di un sottile strato di canapa, che fungeva da materasso, e di una coperta di lana per coprirsi durante la note. http://www.history.com/videos/detained-at-ellis-island (Filmato YouTube sui dormitori) In ogni dormitorio c’erano 6 lavandini e un solo bagno. Dopo molte proteste, per le terribili condizioni in cui i trattenuti erano alloggiati, questi dormitori furono provvisti di letti matrimoniali con materassi e in alcune circostanze intere famiglie venivano alloggiate nello stesso dormitorio. Qui potevano restare alcuni giorni come pure un mese, il loro caso sarebbe stato rivisto con l’udienza legale nella “Hearing Room”. Era comunque necessario dimostrare che si avevano le carte in regola per accedere in America. 68 / 86 THE HEARING ROOM In questo ufficio, ogni giorno, lavoravano tre commissioni d’inchiesta (e a volte quando c’era molto lavoro se ne affiancava una quarta). Ogni commissione esaminava dai 50 ai 100 casi in presenza sia di un interprete e di uno stenografo e formulava la propria decisione basandosi sulla testimonianza non solo dell’immigrato, ma anche di quella degli amici e dei parenti che erano stati ammessi a testimoniare a favore dell’immigrato trattenuto. L’immigrato che riceveva un responso negativo, poteva, tramite un avvocato, appellarsi al Washinton D.C. L’avvocato in genere veniva messo a disposizione da società di “mutuo soccorso” costituite dagli immigrati residenti. In 8 casi su 10 l’immigrato veniva ammesso. 69 / 86 Frequenti erano i casi di: * Giovani donne che viaggiavano sole. Le autorità, infatti, temevano che le giovani immigrate fossero delle prostitute, che andassero a ingrossare il florido mondo del malaffare statunitense. * Donne che erano partite con lo scopo preciso di farsi sposare da persone che non conoscevano (di conseguenza anche gli uomini non avevano mai visto le loro future mogli). Poiché queste donne potevano andare incontro a brutte sorprese (respinte perché inferiori alle aspettative del futuro marito; o “prenotate” ad individui rozzi o violenti). * Detenuti politici. Per i primi due casi veniva chiesto alle donne che indicassero un preciso contatto all’interno della realtà americana, che garantisse per la loro moralità. Radicali in attesa di essere deportati (1920) 70 / 86 Ad ogni modo coloro i quali venivano rispediti indietro avrebbero viaggiato gratis. Le compagnie di navigazione erano responsabili di riportare indietro nelle loro patrie gratuitamente tutti coloro che venivano respinti per motivi di salute o legali. Si può dire che dei 12.000. 000 di immigrati giudicati, solamente il 2% (cioè 240.000) non fu ammessa e fu costretta a tornare indietro. 71 / 86 Chiaramente l’esito della Hearing Room veniva trascritto nel “RECORD FOR ALIENS HELD FOR SPECIAL INQUIRY”. Per esempio nella figura accanto Giustine Rode e sua figlia (prima e seconda nella lista) vengono ammesse negli U.S.A. (anche se trattenute come “L.P.C.” Likely Public Charges per 9 giorni); mentre gli immigrati n° 3 e 4 non hanno avuto la stessa fortuna e quindi sono stati sbarrati e di conseguenza rimpatriati. TORNA 72 / 86 PASSO 10: IL LUOGO DEI BACI (THE KISSING POST) Espletate queste formalità, gli immigrati si radunavano, al piano terra, in uno spazio chiamato (The Kissing Post) dove erano attesi da parenti ed amici. Era inevitabile che quando un caro parente si presentava al loro cospetto, dopo tanti anni di lontananza, gli abbracci, le effusioni, i baci, le urla di gioia prendessero il sopravvento. Per l’immigrato finalmente il lungo viaggio era finito ed ora si trovava in America, pronto a ricominciare una nuova vita, magari con l’aiuto dei parenti e/o degli amici. 73 / 86 TORNA 74 / 86 LA DISTRIBUZIONE DEGLI ITALIANI SUL SUOLO STATUNITENSE. La distribuzione degli italiani sul suolo statunitense, durante la grande emigrazione, dipendeva soprattutto dalle varie possibilità di lavoro che si prospettavano loro e dalle condizioni di mobilità che il lavoro stesso presentava. L’immigrazione italiana ebbe come meta soprattutto le città dell’Est, con un’ alta concentrazione di popolazione, ciò perché: In queste città o Stati venivano richiesti lavoratori non qualificati come per esempio succedeva a: New York, e nel Massachusetts, Connecticut, New Jersey, Pennsylvania, Ohio e Illinois. Erano più vicine ai porti di sbarco. Gli intermediari etnici, i cosiddetti “padroni”, che fungevano da agenti sia per chi cercava lavoro sia per chi aveva bisogno di forza lavoro, li indirizzavano in questi luoghi. Consentivano guadagni immediati, e quindi un più veloce rientro in patria, nonostante queste città richiedessero alti costi in termini di tranquillità e di salute fisica,. La disponibilità finanziarie degli immigrati era limitata. Al momento dello sbarco gli italiani avevano pochi soldi (è stato calcolato che nel 1910 un immigrante italiano al suo sbarco negli Stati Uniti possedeva circa 17 dollari) e in queste condizioni era perciò molto difficile spostarsi all’interno del paese o sulla costa occidentale. Popolazione nata in Italia secondo la città di residenza negli Usa ai censimenti del 1900, 1910, 1920 75 / 86 Gli americani raggruppavano gli italiani in un’unica indesiderabile etnia che chiamavano i “wops”. All’interno di questa etnia si faceva una distinzione tra gli italiani del Nord e quelli del Sud ritenendo un poco superiori i primi rispetto ai secondi. L’ostilità verso gli immigrati italiani da parte della società statunitense rinforzò il loro isolamento. La figura sotto mostra la dislocazione degli Italiani, nella circoscrizione di Bowery, per regioni e città di origine. La Bowery Street, più comunemente detta “the Bowery”, è una celebre via della “circoscrizione” (borough) di Manhattan, a New York. Approssimativamente delimita i quartieri di Chinatown e Little Italy su un lato, mentre dall’altro il Lower East Side. The Bowery fu uno dei primi insediamenti della città; sorse ai margini del porto ed era il quartiere dei marinai e degli immigrati appena arrivati negli Stati Uniti. Man mano che questi facevano fortuna, si trasferivano sempre più a nord, lasciando spazio a nuovi arrivi. Nella seconda metà dell'Ottocento, con "the Bowery" veniva indicata una vasta zona compresa tra Broadway e i docks dell'East Side; era considerata il regno 76 / 86 delle gang, della povertà, della prostituzione, del gioco d'azzardo, delle fumerie di oppio, della corruzione della polizia e dei politici. TORNA La collocazione delle colonie italiane a New York con i loro luoghi di provenienza in Italia: 77 / 86 IL LAVORO: PADRONI E SFRUTTAMENTO. Milioni di Italiani furono attirati in America dalle lettere dei loro congiunti che spesso contenevano i biglietti prepagati, che fungevano da propaganda all'esodo verso l'America. Lettere che in popolazioni ridotte alla fame venivano condivise insieme al gruppo, nelle case, a volte nelle piazze, a volte attendibili, a volte no: in ogni caso veicolo di propaganda all'emigrazione di massa dai nostri territori. Fu il momento d'oro delle agenzie dell'emigrazione, che in molti casi fecero vera e propria opera di esportazione degli schiavi. Costoro promettevano agli emigrati ricchi compensi in denaro, un lavoro sicuro; poi invece, il più delle volte, li affidavano a dei padroni. Per quasi tutti gli emigranti italiani, il momento dell’arrivo negli Stati Uniti e l’impatto con la dura realtà di New York furono esperienze traumatiche. Molti di loro si erano costruiti un proprio mito dell’America, oppure avevano prestato fede alle dicerie secondo cui era la terra dell’abbondanza per tutti. In realtà, New York era una specie di giungla violenta, che pullulava di truffatori senza scrupoli e di imbroglioni pronti a divorare i nuovi arrivati, giocando sulla loro ingenuità e il loro totale disorientamento. I PADRONI. Per le masse di immigrati che non conoscevano l’inglese e i datori di lavoro la figura dei padroni era indispensabile. Costoro, in genere degli italiani, parlando l’inglese e conoscendo i datori di lavoro, assicuravano agli emigranti un lavoro al prezzo che loro aveva pattuito con il datore di lavoro. Ciò implicava per l’emigrante: l’impossibilità assoluta di contrattare il proprio prezzo d’ingaggio; il versamento di una tangente (o “pizzo”) o “bossatura” al padrone per il lavoro ottenuto e/o per l'abitazione procurata; l'obbligo di acquistare le merci in uno spaccio indicato dal “boss”. Gli italiani già da tempo residenti negli Stati Uniti gestivano il collocamento degli immigrati quasi sempre sfruttando i propri connazionali. Giocando sull'ignoranza della lingua e del funzionamento della società statunitense, esigevano quote dei salari per il lavoro che procacciavano. 78 / 86 Il gruppo di sfruttatori era vasto e variopinto: agenti dell'immigrazione, sub agenti, impiegati comunali, notai, padroni, strozzini. Lavorare per conto di un padrone fu il destino di molti emigranti. «L’emigrante è la merce su cui si esercita la speculazione degli intermediari. La speculazione va a cercarlo nel tugurio per fargli balenare le speranze dell’avvenire, lo accompagna e lo sfrutta fino al porto d’imbarco, lo segue nella traversata e al suo arrivo lo consegna ad un’altra speculazione». Con queste parole del suo intervento parlamentare del 27 novembre 1900, il ministro Emilio Visconti-Venosta, politico tra i più lucidi del suo tempo, presentava la prima seria legge italiana a tutela degli emigranti. TORNA 79 / 86 I LAVORI DEGLI UOMINI. Nonostante gli aumenti del costo della vita soprattutto nelle città, è proprio qui che affluirono le masse degli immigrati, perché era nelle città che l’industria si era sviluppata e in conseguenza si trovavano più posti di lavoro. La maggior parte degli immigrati italiani, anche se quasi tutti erano di provenienza contadina, trovarono impiego all’interno della fabbrica, nei porti per scaricare le merci, nei cantieri edili, nelle miniere e in quelli della costruzione ferroviaria, e delle strade. Gli immigrati italiani accettarono lavori umili, faticosi, spesso pericolosi e sottopagati ed erano considerati “ una manodopera di secondo ordine”. Gli italiani erano esclusi da paghe più alte e lavori migliori non solo a causa della loro mancanza di conoscenze tecniche ma anche a causa del pregiudizio razziale che allora era forte presso la società statunitense. Si calcola che nel 1906 il 56,46% dei lavoratori nelle ferrovie erano italiani. In media lavoravano 10 ore al giorno, i salari medi giornalieri variavano da 1,31 a 1,50 dollari (percepivano un salario più basso di quello percepito per lo stesso lavoro dagli operai ormai americanizzati). Minatori Italiani in West Virginia agli inizi del Novecento I lavoratori italiani che girovagavano per tutto il territorio degli Usa per la costruzione di strade e ferrovie di notte trovavano alloggio nei campi. Solo una minoranza d’immigrati specializzati riuscì a praticare il mestiere originario (sarti, barbieri, calzolai, ecc.) 80 / 86 La tendenza di adattarsi a lavorare nei mestieri più umili e miseri non era una caratteristica solo degli immigrati italiani. Ogni nuovo gruppo etnico che arrivava negli Stati Uniti sostituiva gli immigrati di più vecchia data nelle prestazioni lavorative dequalificate facendo progredire questi ultimi nella scala sociale. La rotazione di etnie diverse all’interno dei diversi mestieri è una costante nel mondo del lavoro americano. Italiani, turchi, polacchi, ecc., strilloni, arrotini ecc.. svolgevano un ruolo che in periodi precedenti avevano svolto i tedeschi e scandinavi. Attorno alle zone in cui la manodopera italiana si insediava, si aggregava altra forza lavoro italiana che svolgeva altri lavori poco remunerativi. Tali particolari forme di impiego di forza lavoro italiana erano i venditori col carretto di oggetti, i venditori di frutta, gli spalatori di neve, i lustrascarpe o Sopra un arrotino italiano in America, sotto tabella della “Immigrazione di operai non specializzati per l’anno che termina il 30 giugno 1906” Dalla tabella si vede che dall’Italia soprattutto i poveri contadini, i braccianti e gli artigiani sono andati a incrementare quella manodopera unskilled (non specializzato) di cui l’industria americana aveva bisogno. E non mancarono in questa triste storia dell’emigrazione italiana grandi tragedie e lutti. TORNA 81 / 86 I LAVORI DELLE DONNE Le donne erano ricercate in larga misura nel settore dell’abbigliamento, trovavano lavoro sia all’interno delle fabbriche, sia nella produzione a domicilio. Mentre il lavoro nelle fabbriche tessili era regolato da orari e condizioni di lavoro sottoposti a un certo controllo, la produzione a domicilio sfuggiva a qualsiasi forma di regola. Nelle fabbriche il lavoro non doveva durare più di 10 ore al giorno e finiva alle 9 di sera; a casa invece si lavorava l’intera giornata e i bambini venivano impiegati appena potevano tenere in mano un ago. Anche se il lavoro a domicilio era durissimo, si guadagnavano cifre irrisorie che potevano solo avere una funzione di supporto al reddito di altri membri della famiglia. Questo lavoro consisteva soprattutto in confezione di fiori artificiali, di finitura di capo di vestiario, di guanti, di cravatte e altro e si svolgeva nelle misere case degli immigrati che erano composte da una stanza che era usata da cucina, camera da letto e sala da pranzo. La stanza veniva trasformata in un piccolo laboratorio e tutti i membri della famiglia erano impegnati a completare il lavoro. Questo lavoro spesso era l’unica opportunità di lavoro per donne che non parlavano nessuna parola d’inglese. In tali condizioni di vita e di lavoro si diffondevano facilmente delle malattie. Soprattutto la tubercolosi provocava molte vittime. Alla diffusione di diverse malattie si aggiungevano i numerosi infortuni accaduti sul lavoro. Il lavoro a domicilio diventò il lavoro femminile per eccellenza. A New York per esempio, dove era molto forte 82 / 86 l’industria dell’abbigliamento, le italiane rappresentavano il 98,2% delle lavoratrici a domicilio. Le donne inoltre, in alcuni casi, costituirono il punto di riferimento per i connazionali che emigravano senza famiglia in quanto sostennero l’economia delle “boardinghouses“(le pensioni). La crescente presenza femminile fra i nuclei di immigrati italiani all’estero, contribuì alla stabilizzazione familiare e al definitivo insediamento delle comunità nei nuovi luoghi di residenza. TORNA I LAVORI DEI BAMBINI. Il “sogno americano” contagiò anche gli adolescenti che emigrarono clandestinamente e molto spesso anche da soli. Se erano in buone condizioni di salute, i ragazzi non venivano respinti all’ingresso così facilmente come gli adulti. Questi ragazzi spesso esercitavano i lavori di strada: strillone, lustrascarpe, fattorino, raccattavano stracci, bottiglie, legna e facevano anche altri piccoli servizi. Lavoravano anche nelle vetrerie, nelle miniere, nelle fabbriche produttrici di scatole e sacchetti e di chincaglierie. I ragazzi facevano di tutto, ma erano preferiti per alcuni lavori come per fare l’imbiancatura e la lavatura dell’esterno delle case, per fare gli spazzacamini, venditori ambulanti ecc. In queste due foto, dei primi anni del Novecento, sono ritratti ragazzi italiani, immigrati a New York con le loro famiglie, che impiegavano le loro giornate esercitando il mestiere di lustrascarpe. 83 / 86 Siccome i costi del mantenimento dei figli nel nuovo mondo erano molto elevati e poiché le leggi severe rendevano l’inserimento nel mondo lavorativo molto difficile, l’unica possibilità di contribuire al bilancio familiare in tenera età era la strada o il lavoro a domicilio. L’attività che di più ha provocò sdegno e commozione nell’opinione pubblica fu quella dei piccoli suonatori ambulanti, cantori e ammaestratori di animali che dall’Italia emigrarono nelle grandi città d’Europa e poi anche in America. Questo mestiere aveva una lunga tradizione in Italia, ma dopo l’Unità il numero dei piccoli suonatori ambulanti crebbe rapidamente. Sembra che il numero dei suonatori fanciulli che sono emigrati dall’Italia in tutto il mondo, alla fine degli anni 60 dell’800, si aggirasse attorno alle 6.000 persone. I bambini erano spesso accompagnati da un adulto. Se originariamente emigravano in prevalenza suonatori d’arpa o di zampogna, con la crisi dopo l’Unità anche semplici contadini hanno cominciato a praticare questo mestiere. Privi di conoscenze musicali contavano, per il loro guadagno, solamente su quanto potevano raccogliere i bambini con la questua. Questo sviluppo e le loro attività, che erano molto vicine all’accattonaggio, e alla schia vitù sollevarono delle preoccupazioni presso i consoli italiani nelle grandi città. Dalla legislazione italiana i suonatori ambulanti erano visti come una vergogna e un pericolo per l’onore del nuovo Stato italiano. A partire dal 1867 la presenza dei piccoli italiani si intensificò per le strade di New York, Philadelphia, San Francisco e altre città. Negli Stati Uniti nel 1876 venne approvata una legge che provvedeva che ognuno che si servisse di minori di 16 anni nel mestiere di suonatore ambulante e altri spettacoli di strada poteva essere 84 / 86 perseguito. Di conseguenza il numero dei suonatori ambulanti è diminuito drasticamente. I fanciulli italiani cominciarono allora a fare altri lavori di strada. A cavallo del ventesimo secolo la vendita dei giornali per le vie in tutte le maggiori città statunitensi era appannaggio dei fanciulli e dei ragazzi italiani. Bambini dall’età di sette anni si trovavano per le strade la mattina presto e la sera tardi a vendere i giornali. Questi ragazzi erano esposti a molti pericoli della strada. Molti di loro contraevano presto l’abitudine alle bevande alcoliche e al fumo e a loro si attribuiva la maggior parte degli atti di piccola criminalità. A questi ragazzi si attribuiva la maggior parte degli atti di piccola criminalità come ubriachezza, vagabondaggio e piccoli furti. 85 / 86 Secondo un`indagine del 1904 tra i reclusi minorenni nati all`estero i ragazzi italiani rappresentavano oltre il 28 %. Questa esperienza di strada li rendeva svelti e astuti, i ragazzi imparavano a contare solo su sé stessi. Questa vita esponeva i bambini anche ad abusi e violenze. Anche a casa i bambini erano spesso esposti a scatti violenti e altri maltrattamenti. Un altro mestiere che i ragazzi italiani spesso svolgevano per le strade delle grandi città era quello del fattorino postale e del commesso di aziende commerciali. Siccome i ragazzi si accontentavano di compensi modesti, riuscivano a conservare questo lavoro a lungo. La maggior parte di loro erano figli di immigrati perché per svolgere questo lavoro bisognava conoscere bene le strade della città. TORNA 86 / 86 LE CONDIZIONI DI VITA - PREGIUDIZI – RISCATTO SOCIALE. Negli Stati Uniti i nostri emigranti entrarono in contatto con una popolazione estranea per lingua e spesso per religione, con usanze e cultura diverse dalla loro. Gli americani in genere erano operai specializzati o piccoli proprietari che sapevano leggere e scrivere e che disprezzavano quella povera gente che sbarcava carica di stracci. LE CONDIZIONI DI VITA. Le condizioni di vita nelle grandi città americane erano spaventose a causa del malsano affollamento di uomini, donne e bambini agglomerati nella promiscuità e nel disordine. «A Bayard Street, nella Little Italy di New York, in un solo isolato di caseggiati che totalizzava 132 stanze, vivevano 1.324 italiani, per lo più uomini, operai siciliani che dormivano in letti accastellati a più di dieci persone per camera. Spesso alcune di esse erano affette da tisi o altra malattia contagiosa Vi erano non meno di 360.000 camere abitate, senza finestre, nella sola 87 / 86 New York, occupate in gran parte da italiani. In moltissime abitazioni, come già visto precedentemente, si esercitavano mestieri malsani come quello di lavorare gli stracci o di confezionare e accomodare gli abiti. Data la necessità e anche l’abitudine di tener chiuse ermeticamente le finestre durante gran parte dell’anno, è facile immaginare in che atmosfera viziata si viveva. A questa emarginazione, gli Italiani reagirono appartandosi in quartieri dove riprodussero il modo di vita lasciato in patria. L’unica ricchezza che gli emigrati italiani portavano con loro era la forza delle loro braccia, la voglia di lavorare, la disponibilità al sacrificio, queste doti li portarono a svolgere i lavori più pesanti e rifiutati dagli altri, come le opere stradali o ferroviarie; attività capaci di garantire un guadagno immediato da spedire alla famiglia rimasta in Italia. "Come vivono gli italiani nei peggiori bassifondi", foto di Jacob Riis, scattata in Jersey Street nel 1897 ed esposta al Museum of the City of New York PREGIUDIZI: MERIDIONALI DISPREZZATI E DERISI. Il peso del rifiuto e della discriminazione era una costante per i nostri emigrati. Soprattutto i meridionali lavoravano in settori umili e venivano disprezzati e dileggiati anche dagli italiani settentrionali che si erano americanizzati. I settentrionali che si erano inseriti nella società statunitense e volevano rimanere per sempre negli Usa giudicavano i meridionali come primitivi e cafoni e cercavano attraverso i giornali italiani di convincere i meridionali ad americanizzarsi e a non compromettere il buon nome dell’Italia. Gli italiani del Sud, nella maggior parte dei casi, intendevano stare negli Usa per un periodo limitato, fino a che non avevano guadagnato una certa somma di soldi per realizzare dei progetti in patria e perciò facevano pochissimi tentativi di insediarsi nella società americana. Gli Italiani del Meridione erano accusati di essere sporchi, rumorosi, arretrati come qualità della vita e nelle relazioni interpersonali, e di praticare rituali religiosi primitivi, di trascurare l'istruzione dei figli, di costringere in una condizione di assoluta subordinazione la donna all'interno della famiglia.-I Siciliani erano inseriti nel censimento del 1911 come "non white", non bianchi, di pelle scura. Le statistiche censivano separatamente gli Italiani del Nord e quelli del Meridione come appartenenti a due razze diverse: una "celtica" e l'altra "mediterranea". 88 / 86 IL RISCATTO SOCIALE. In effetti l'emigrazione rappresentò per i nostri emigrati un’efficace strumento di riscatto sociale. Le rimesse inviate a casa, consentirono alle famiglie di vivere una vita più agiata, più decorosa e ciò coronava e ripagava l’emigrato. L’emigrato che preferiva il lavoro saltuario, con un salario (relativamente) alto, che viveva fra stenti e privazioni lo faceva per risparmiare e poi tornare in Italia per permettere al proprio nucleo famigliare di condurre una vita migliore. Per costoro era stato creato il nomignolo di “bird of passage”. Quelli invece che avevano deciso di rimanere cercavano di assicurarsi un'attività più stabile. La scarsità di forza lavoro durante la prima guerra mondiale accelerò l'integrazione degli italiani nel settore industriale. Gli italiani una volta stabilitisi mostravano grande iniziativa imprenditoriale. La loro ambizione era di diventare capi di sé stessi. Così i negozi di barbiere e di sartoria, i laboratori di scultura e di terracotta e le imprese di costruzioni si diffusero. Gli italiani immigrati chiedevano il cibo italiano e man mano che il loro numero aumentava, cresceva anche il numero di importatori e di produttori locali di prodotti alimentari italiani. Si aprirono ristoranti italiani, bar e pizzerie che all'inizio servivano alla clientela italiana, ma col tempo acquistarono anche una clientela cosmopolita. Dagli anni Ottanta dell'Ottocento le Little Italies cominciarono a sorgere in tutta l'America. Durante gli anni Venti gli italiani andarono a occupare posti di lavoro qualificati e semi- qualificati, anche i bambini, raggiunta una certa età, cominciarono a lavorare così che aumentarono il reddito familiare permettendo alle famiglie di godere di condizioni di vita senza precedenti. Aumentò la percentuale di proprietari di casa in modo notevole così come l' acquisto di beni di consumo quali la lavatrice, la radio e soprattutto l'automobile. 89 / 86 LA GRANDE DEPRESSIONE DEL 1929. Il 24 ottobre 1929, i titoli della Borsa di New York crollano, provocando un crac che è il più doloroso della storia. Il “giovedì nero” Con il crollo dei mercati finanziari del 1929 cominciò una fase di disoccupazione, il fallimento delle banche e la perdita dei risparmi portarono la maggior parte delle famiglie nella povertà. Anche le famiglie italiane furono coinvolte, ma la loro precedente esperienza di povertà e i loro legami familiari attenuarono enormemente lo stato di crisi e riuscirono meglio di tanti lavoratori americani a superare Le difficoltà. Sotto sono riportati alcuni collegamenti a filmati di YouTube sull’emigrazione. FILMATI YOUTUBE http://youtu.be/spjgHMcF_wM http://youtu.be/vzT8EqhuYxA http://youtu.be/5y2N9x2_zno http://youtu.be/Gt11pMfVcLY NOTE The Way They Lived - Italian immigrants in New York - Early 1900's Alcune foto che fanno capire come gli emigrati irlandesi vivevano dopo il loro arrivo a New York alla fine del 1800. Ho fatto questo slideshow con le immagini negli archivi del Dipartimento di NYC Tenement case, da varie fotografie di scena di strada di Manhattan, e foto scattate da pionieri come Jacob Riis che ha combattuto per migliori condizioni sanitarie tra poveri di New York.a ase di ringhiera NYC squallidi ... Alla fine è una clip di 1 minuto di uno dei primi film girati a New York nel 1903 da Thomas Edison, che mostra una scena nel Lower East Side al volgere del secolo, intitolato "Move On" la musica è dal colonna sonora di "L'assassinio di Jesse James" Life in the city in the 1900's...Many photos Some wonderful footage of New York City in the first two decades of the 20th Century. Contiene molto foto interessanti TORNA 90 / 86 IL COMMISSARIATO GENERALE DELL’EMIGRAZIONE. Questo Commissariato fu istituito con la legge del 31 gennaio 1901, n. 23, per controllare e regolamentare il continuo flusso migratorio dall’Italia verso gli altri paesi europei e soprattutto l’America settentrionale e meridionale, dal momento che fino a quel momento nel nostro Paese non vigeva una normativa relativamente all’emigrazione, a dispetto del fenomeno di massa assunto dai flussi migratori fin dalla seconda metà dell’Ottocento. Tra i compiti più importanti del Commissariato dell’emigrazione: Trasmettere la domanda per il passaporto, da rilasciare sempre entro ventiquattro ore dal ricevimento della domanda, o del nulla osta, muniti inoltre dalla documentazione prevista per l’assegnazione dei passaporti all’estero. Porre l’emigrante in diretto contatto con il vettore, ovvero con la compagnie nazionali o forestiere di navigazione riconosciute dal Regno d’Italia. Approvare le tariffe dei noleggi che i vettori si propongono di percepire dagli emigranti. Sanzionare penalmente e pecuniariamente chi favorisca l’emigrazione irregolare. Offrire tutte le informazioni necessarie alla tutela giuridica. Stabilire norme e direttive per garantire l’assistenza igienica e sanitaria. Il Commissariato generale dell’emigrazione rimase in vigore fino all’8 aprile del 1927, quando fu surrogato dalla Direzione generale degli italiani all’estero – in seguito denominato Direzione generale del lavoro italiano all’estero -, alle dirette dipendenze della Farnesina, ovverosia del Ministero degli Esteri. Bibliografia ••• Massimo L. Salvadori, “Enciclopedia storica”, Zanichelli, Bologna, 2000 TORNA APPROFONDIMENTI 91 / 86 IL PORTO DI NEW YORK E CASTLE CLINTON O FORT CLINTON O CASTLE GARDEN Castle Clinton è un ex forte circolare situato nella Città di New York a Battery Park, nella parte meridionale della penisola di Manhattan, che, dalla metà del XIX secolo, fu utilizzato come centro di smistamento per l'immigrazione proveniente dall'Europa. È un monumento nazionale degli Stati Uniti d'America. Il forte prese il nome da De Witt Clinton, sindaco di New York, che lo fece costruire tra il 1808 e il 1811, per rinforzare le difese della baia e sorse in una posizione strategica della parte terminale di Manhattan L'esercito poi Castle Garden Emigrant Landing Depot in Battery Park affittò la struttura alla città di New York nel 1821. Il castello, fu trasformato in un luogo d’intrattenimento, e rinominato nel 1823 in "Castle Garden" (foto a sinistra). Per circa 30 anni offrì ai cittadini: passeggiate, “beer garden” ristorante, sala mostre, teatro dell'opera. ”The Bay and Harbor of New York” di Samuel Waugh (1814-1885), dipinto del castello del 1848 92 / 86 L’impennata del numero di immigrati europei che fuggivano dalle grandi carestie del 1846 e dalle rivoluzioni fallite del 1848 spinse le autorità a riqualificare Castle Garden. Nel 1847 Castle Garden divenne infatti il centro operativo di smistamento per gli immigrati, per far fronte alla prima grande ondata immigratoria di massa rappresentata da centinaia di migliaia di irlandesi sfuggiti alla grande carestia che si era abbattuta sul loro paese sconvolto dalla malattia delle patate. In una ingannevole guida pubblicitaria distribuita in Europa da agenti dell’immigrazione i funzionari americani di Castle Garden, che in italiano significa romanticamente "Giardino del castello", venivano dipinti come persone cordiali, alla mano, disponibili all’accoglienza dei nuovi emigrati ancor prima di scendere dalla nave. Anche le pratiche burocratiche venivano presentate come semplici formalità, di breve durata e nella più completa comodità. La realtà fu ben diversa. Castle Garden “era sommerso da un flusso enorme di esseri umani confusi, spaventati, carichi di fagotti, accalcati gli uni contro gli altri, in preda al panico, mentre venivano intruppati come animali in file che molto lentamente passavano davanti a funzionari indifferenti”. Fino al 1850 circa non esistevano ancora procedure ufficiali per l’immigrazione a New York. Verso il 1880 le privazioni che si soffrivano nell’Europa orientale e meridionale e la forte depressione economica nell’Italia meridionale spinsero altre migliaia di persone ad abbandonare il Vecchio Continente. Al contempo in America stava prendendo il via la rivoluzione industriale, con un crescente processo di urbanizzazione. La stazione rimase in funzione fino al 1890, anno in cui l’amministrazione federale, sotto pressione di questa seconda e più imponente ondata immigratoria proveniente da tutti gli stati d’Europa, decise di aprirne una più funzionale rispetto alla nuova situazione verificatasi, appunto quella di Ellis Island. 93 / 86 Questa scelta delle autorità era dettata per porre un filtro alla gran massa di manodopera europea che approdava sulla costa orientale americana. Bisognava schedare, sottoporre a visite mediche e interrogare minuziosamente ogni individuo prima che entrasse nel territorio statunitense perdendosi nei meandri dei grandi spazi ed eventualmente rispedire in patria chi non fosse stato giudicato idoneo per motivi politici, giudiziari o sanitari. La società americana aveva sì urgente bisogno di lavoratori ma doveva pur tutelarsi da gente inefficiente o pericolosa. Le stesse autorità non andavano tanto per il sottile con i giudizi: il 6 novembre del 1879 il New York Times pubblicò in un articolo una dichiarazione del sovrintendente di Castle Garden, Jackson, nella quale asseriva che «Tra i passeggeri di Terza classe [...] c'erano ieri 200 italiani, la parte più lurida e miserabile di esseri umani mai sbarcati». TORNA APPROFONDIMENTI 94 / 86 ELLIS ISLAND: LA PORTA D’INGRESSO DEL SOGNO AMERICANO stato. Situata nella Upper New York Bay, a breve distanza dalla costa del New Jersey, Ellis Island era originariamente conosciuta dagli indiani americani come “Kioshk”, o “Gull Island” (isola dei gabbiani, in quanto ne erano gli unici abitanti). Tre ettari di fango molle e argilla, che in parte veniva coperta dall’alta marea. L'isola fu acquistata dai governatori coloniali di Nieuw Amsterdam (divenuta dopo New York) dagli Indiani d'America il 12 luglio 1630 dietro pagamenti di beni in natura. Ad essa fu assegnata il nome di "Little Oyster Island" a causa delle deliziose ostriche che vi si riproducevano. Nel corso del 1700, l'isola fu denominata "Gibbet Island" (l’isola del patibolo) in quanto lì venivano effettuate le impiccagioni dei criminali di 95 / 86 Con il passare del tempo prese altri nomi (es.: isola di Bucking; isola di Anderson) e quello di Ellis (1774) dal suo proprietario, Samuel Ellis. Alla morte di quest’ultimo, avvenuta nel 1794, lo Stato di New York comprò l’isola per 10.000 $. L’8 giugno del 1808 lo stato di N.Y. cedette il suo diritto di giurusdizione sull’isola al Governo Federale. L’isola fu subito fortificata militarmente giusto in tempo per l’incombente “guerra anglo-amricana (1812-1815)”, in quanto ritenuta posizione strategica per la sicurezza nazionale e per il golfo di New York. Per renderla adatta a questa nuova funzione vi fu costruito un forte (il forte Gibson, dal nome di un eroe nazionale) dotato di possenti postazioni di artiglieria. L’isola, una delle quaranta isole delle acque di New York, divenne famosa dal 1892 quando cioè divenne: Stazione Di Smistamento Per Gli Immigranti. L’edificio, realizzato in legno di pino della Georgia, era formato da un vasto edificio rettangolare con quattro basse torri quadrate poste agli angoli. La nuova costruzione ebbe, però, vita breve: il 14 giugno del 1897, dopo soli cinque anni dall’apertura, il complesso fu completamente distrutto da un incendio che lo rase al suolo “fino alle fondamenta”. Il 17 dicembre del 1.900 venne ufficializzato ed inaugurato il nuovo centro federale per l’immigrazione. 96 / 86 La nuova struttura, questa volta in muratura, era in grado di accogliere le migliaia di emigranti che ogni giorno giungevano al porto di New York dal vecchio continente (si pensi che già nel primo giorno di apertura del centro vi transitarono ben 2.251 passeggeri!). Oltre a vasti ambienti destinati ai controlli sanitari e doganali degli emigranti (la Registry Room), Ellis Island era dotata anche di un grande deposito bagagli, di un ristorante e di una biglietteria ferroviaria. Centinaia di persone si prendevano cura degli immigrati In seguito, con l’aumentare degli sbarchi, fu necessario ampliare la struttura originaria, dotando l’isola di altri servizi quali ambulatori, un ospedale, delle cucine e delle mense. A queste strutture vennero affiancati successivamente altri locali, come: biblioteche e sale cinematografiche destinati ad alleviare il “soggiorno” degli internati; un dormitorio con 600 letti, mensa, cucina e docce. 97 / 86 Nei 62 anni di attività in questo posto nacquero 355 bambini e morirono 3.500 immigrati. Negli anni in cui si registrarono i picchi massimi, passarono per Ellis Island più di 5.000 immigrati al giorno. Nel 1924 il Congresso impose un tetto massimo agli ingressi per regolamentare l’immigrazione. Durante il corso della prima guerra mondiale, in corrispondenza della quasi totale cessazione degli espatri dall’Europa dovuti alle note vicende belliche, Ellis Island divenne il luogo di detenzione per gli “stranieri sospetti nemici” (“suspected enemy aliens”), ovvero, per tutti coloro che, pur essendo residenti in America da anni, erano originari dei paesi in guerra contro gli Stati Uniti. Nel 1920 l’isola tornò alla sua originaria funzione di stazione federale per l’immigrazione anche se, fino al novembre del 1954, anno della sua definitiva chiusura, il complesso fu adibito nuovamente a scopi diversi tanto che, durante la seconda guerra mondiale, divenne nuovamente un centro di detenzione per prigionieri di guerra o, in seguito, un centro di addestramento per il personale della guardia costiera. In conclusione, si può osservare che in più di 60 anni di attività come stazione federale per l’immigrazione, Ellis Island ha rappresentato la porta di ingresso alla speranza americana per milioni di persone (certamente più di 12 milioni). Non sempre e non per tutti gli auspici di una vita migliore si sono, poi, rivelati tali, ma, sicuramente per tutti, il passaggio “sull’Isola delle Lacrime” è rimasto impresso in maniera indelebile nella memoria di ogni emigrante. Nel 1965 il presidente Lyndon Johnson dichiarò il complesso di Ellis Island 98 / 86 monumento nazionale incorporandola, di fatto, al parco storico della Statua della Libertà. A partire dal 1984 l’isola e gli edifici che vi sorgevano furono oggetto di una profonda operazione di restauro (il maggior progetto di restauro di un monumento storico mai realizzato negli Stati Uniti, costata, all’epoca, circa 160 milioni di dollari). I fondi necessari furono raccolti dalla fondazione (The Statue of Liberty - Ellis Island Foundation, Inc.) che curava i lavori esclusivamente attraverso le donazioni dei privati. L’intervento conservativo ha permesso di riportare la struttura al suo stato originario ma, fatto altrettanto importante, ha permesso anche di dare una sistemazione adeguata agli archivi contenenti i dati di milioni di immigrati. Una sala d'attesa per il restauro storico a Ellis Island National Park. Vista attraverso una finestra rotta ad Ellis Island National Park a New York. Dal 10 settembre del 1990 Ellis Island ha riaperto i battenti come museo federale dell’immigrazione. Ogni anno il museo è visitato da almeno 2 milioni di persone. 99 / 86 Una delle sue maggiori attrazioni è costituita dall’”Honor wall” un monumento che riporta, inciso su pietra, il nome di tutti gli emigranti transitati per Ellis Island: un degno modo per ringraziarli per il contributo che hanno dato alla crescita della terra di adozione. Su un muro commemorativo adiacente l'edificio principale di Ellis Island è riportato un elenco di nominativi di oltre 500 mila immigrati (foto del 1997) Dall'isola passarono, tra il 1892 e il 1954 , oltre 12 milioni di persone, pari a circa il 70% dell'intero flusso immigratorio indirizzato negli Stati Uniti. Si può dire che le origini di oltre 100 milioni di americani (ovvero del 40% dell'attuale popolazione statunitense) risalgono a un individuo che attraversò la sua grande e rumorosa Registry Room, facendo di Ellis Island uno dei luoghi di frontiera più famosi del mondo. TORNA APPROFONDIMENTI 100 / 86 NAUFRAGI Come già detto, le compagnie di navigazione assegnavano al trasporto dei migranti “le carrette del mare”, con in media 23 anni di navigazione. Si trattava di piroscafi in disarmo, chiamati “vascelli della morte”, che non potevano contenere più di 700 persone, ma ne caricavano più di 1.000, che partivano senza la certezza di arrivare a destinazione. E molti perirono in quei tragici viaggi verso la speranza: 576 emigrati, quasi tutti meridionali, nel naufragio dell’“Utopia” avvenuto il 17/3/1891 davanti al porto di Gibilterra; 549 emigrati, di cui numerosi italiani, nel naufragio del “Bourgogne” avvenuto al largo della Nuova Scozia il 4/7/1898; Naufragio del piroscafo britannico Lusitania a 20 miglia da Capo Race, nella provincia di Terranova, con molti italiani a bordo più di 20 morti, era il 25/6/1901; 550 vittime del naufragio del “Sirio”, avvenuto il 4/8/1906 sugli scogli della costa spagnola di Cartagena; diversi italiani dei 1.523 morti nel naufragio del “Titanic” avvenuto il 14/4/1912 dopo aver urtato un iceberg; Naufragio della seconda “Lusitania” affondato da un sottomarino tedesco il 7/5/1915 (foto accanto), 1198 vittime; 206 morti, quasi tutti emigranti, nell’affondamento del piroscafo “Ancona”, avvenuto il 7/11/1915 da parte di un sottomarino austriaco (vedi immagini); 101 / 86 314 vittime (657 denunciate dal “Clarin” di Buenos Aires) nel naufragio della nave “Principessa Mafalda”, avvenuto il 25/10/1927 al largo del Brasile; 446 italiani dell’“Arandora star” vittime dei siluri di un sottomarino tedesco il 2/7/1940. TORNA APPROFONDIMENTI DECESSI Quando durante il viaggio scoppiava un’epidemia, la difficile situazione sanitaria a bordo diventava drammatica. Il sovraffollamento, la cattiva ventilazione dei dormitori e la scarsità delle attrezzature mediche favorivano la rapida diffusione delle malattie. La malaria e il morbillo avevano il più alto tasso di morbosità e, insieme alle malattie broncopolmonari e gastrointestinali, costituivano la principale causa di infermità e morte dei bambini. L’emergenza sanitaria trasformava normali patologie infantili in pericolosissime epidemie. Nel periodo 1903-1913, il commissariato registrò 2027 casi di malaria e 3052 casi di morbillo tra gli emigranti diretti in America, ma, come prova dei miglioramenti ottenuti dalla nuova legge, solo rispettivamente 674 e 1082 casi nei dodici anni successivi. La notevole differenza tra i tassi di morbosità registrati nelle correnti dirette al Nord rispetto a quelle dirette verso il Sud America (rispettivamente 9,6 e 19,9) è dovuta, oltre alla maggiore durata della traversata, al fatto che nell’America meridionale si dirigevano anche emigranti che probabilmente sarebbero stati respinti dagli Stati Uniti (Commissariato generale dell’emigrazione 1926). Ecco alcuni dati sui decessi: Come rivela il diario di bordo del piroscafo “Città di Torino” nel novembre 1905: «Fino ad oggi su 600 imbarcati ci sono stati 45 decessi dei quali: 20 per febbre tifoide, 10 per malattie broncopolmonari, 7 per morbillo, 5 per influenza, 3 per incidenti in coperta». Tra i casi più clamorosi di “vascelli fantasma” con decine di morti durante la traversata, il “Matteo Brazzo”, nel 1884, in un viaggio di tre mesi con 1.333 passeggeri ha avuto 20 morti di colera ed è stato respinto a cannonate a Montevideo. 102 / 86 Il “Carlo Raggio” in un viaggio del 18.12.1888 con 1.851 emigranti ha avuto 18 vittime per fame e in un altro viaggio, del 1894, 206 morti di cui 141 per colera e morbillo. Il “Cachar” che partito per il Brasile il 28.12.1888 con 2.000 emigranti ha avuto 34 vittime per asfissia e altri per fame. Il “Frisia” in viaggio per il Brasile il 16.11.1889 ha avuto 27 morti per asfissia e più di 300 ammalati. Nello stesso anno sul “Parà” un epidemia di morbillo uccide 34 persone. Il “Remo”, partito nel 1893 con 1.500 emigranti, ha avuto 96 morti per colera e difterite e fu respinto dal Brasile. L’“Andrea Doria” nel viaggio del 1894 ha contato 159 morti su 1.317 emigranti. Sul “Vincenzo Florio” nello stesso anno i morti furono 20 su 1.321 passeggeri. Infine, le navi per emigranti, per tutto l’Ottocento, mancavano di infermerie, ambulatori e farmacie, tanto che, tra il 1897 e il 1899, più dell’1% degli arrivati a New York fu respinto in Italia perché ridotto in cattivo stato dai disagi e dalle sofferenze del viaggio. TORNA APPROFONDIMENTI 103 / 86 TRAGEDIE A volte le tragedie che colpivano i lavoratori italiani erano dovute a calamità naturali, spesso però ad errori umani o a decisioni infami, come la strage di operaie accaduta a New York il 25.3.1911, quando un incendio devastò gli ultimi piani di un palazzo che ospitava una camiceria dove lavoravano in condizioni disumane, con le porte sbarrate dall’esterno, 500 donne: delle 146 vittime 39 erano italiane. IL DISASTRO DI MONONGAH Il 6 dicembre 1907, nelle gallerie 6 e 8 della miniera di carbone di Monongah, cittadina del West Virginia, ebbe luogo il più grave disastro minerario della storia degli Stati Uniti d’America. L’incidente rappresenta anche la più grave sciagura mineraria italiana: se nell’assai più noto disastro di Marcinelle, in Belgio, perirono 262 persone, 136 delle quali italiane, Monongah con i suoi morti rappresenta l’icona del sacrificio dei lavoratori italiani costretti ad emigrare per sopravvivere. Le vittime furono inizialmente calcolate «in circa 350», ma già nei giorni successivi alcuni giornali parlarono di 425 morti e tale cifra divenne infine quella “ufficiale”, confermata dai rapporti della Monongah Mines Relief Committee, la commissione che provvide al risarcimento dei parenti dei minatori scomparsi. Le 171 vittime “ufficiali” italiane erano soprattutto emigrati molisani (un centinaio), calabresi (una quarantina) e abruzzesi (una trentina). Il numero e l’identità di molti scomparsi sono rimasti ignoti a causa della presenza di quei minatori che all’ingresso in miniera non venivano registrati negli elenchi della Fairmont Coal Company. Il buddy system permetteva infatti ai minatori di avvalersi, senza esser obbligati a darne comunicazione al datore di lavoro, dell’aiuto di parenti - anche bambini - e amici con i quali poi dividevano la paga. La retribuzione non era legata alle ore effettivamente lavorate ma alla quantità di carbone portato in superficie. Le attuali ricostruzioni indicano che nell’incidente perirono 956 lavoratori, di cui - secondo le ricerche del giornale “Gente d’Italia” - più di 500 italiani. TORNA APPROFONDIMENTI 104 / 86 I PASSAPORTI. Uno straordinario documento, il passaporto di un emigrante del 1886. Con simili passaporti, valevoli per un anno, emigrarono milioni di italiani. Come tutti i documenti, anche il passaporto veniva a costare una cifra altissima: 2 lire che dopo il 1901 salirono a 8. Con questi soldi il governo si riprometteva di costruire ricoveri per accompagnare la partenza degli emigranti e annunciava di intervenire nella assistenza e tutela degli italiani all'estero. 105 / 86 PASSAPORTO "A LIBRETTO" DEL REGNO D'ITALIA (1901) Il documento qui riprodotto è un esemplare molto ben conservato di passaporto a libretto valido per l'estero. Tale modello è stato introdotto nel 1901 in sostituzione del vecchio passaporto di una sola pagina ed è stato definito nella forma, sostanza e dimensioni, dal "Regolamento di attuazione" della legge sull'emigrazione n. 23 del 31 gennaio 1901. L'adozione di un formato a più pagine consentì di destinare appositi spazi alle annotazioni, ai visti ed ai rinnovi del documento. Ma c'era una mancanza: non era stato previsto lo spazio per la fotografia del titolare (una tecnica troppo moderna per l'epoca?) che, in seguito, fu deciso di incollarla su una pagina destinata ad altro scopo (a volte, la fotografia è collocata sulla seconda pagina di copertina). Il passaporto destinato ad uso esclusivo di emigrazione riportava (sempre nella seconda pagina di copertina) le "Avvertenze agli emigranti". 106 / 86 IL PASSAPORTO ROSSO DELL'EMIGRANTE DEL 1919 Il passaporto rosso fu introdotto dal Testo Unico del 1919 per essere utilizzato, ad uso esclusivo dell'emigrante, per espatriare dal Regno. Rimase in uso fino al 1928 quando fu abolito con il decreto legge 21 giugno 1028 n. 1710. Era un piccolo libretto caratterizzato da una copertina di cartoncino rosso dove erano riportate delle avvertenze redatte dal Commissariato per l'emigrazione. Le "Avvertenze agli emigranti" mettevano in guardia gli emigranti da eventuali truffe perpetrate ai loro danni e facevano conoscere, al proprietario del documento, i diritti basilari che la legge sull'emigrazione gli garantiva. All'interno, oltre agli spazi riservati all'indicazione delle generalità e alla fotografia, era prevista anche la possibilità di indicare la professione dell'emigrante e la sua capacità di saper leggere e di saper scrivere. Il passaporto era, infine, completato da alcune pagine riservate alle annotazioni relative ai rinnovi, ai visti di ingresso nei paesi stranieri e alle generalità di eventuali bambini al seguito. Una particolarità specifica del passaporto rosso era quella di avere due cedole staccabili dove venivano riportati i principali dati relativi al viaggio (una per il viaggio di espatrio e una per l'eventuale viaggio di rientro). Queste cedole venivano, poi, inviate all'ufficio del Commissariato per l'emigrazione e utilizzate per compilare delle tabelle statistiche sui flussi migratori. TORNA APPROFONDIMENTI 107 / 86 ESEMPIO DELLE INFORMAZIONI CONTENUTE NELLA “LIST OF MANIFEST OF ALIEN PASSENGERS FOR….” Quello sopra è un manifesto standard della Lista dei passeggeri stranieri, come si può notare consta di 29 colonne. Dopo la dicitura: LIST OF MANIFEST…. nella riga sotto si legge: REQUIRED BY THE REGULATIONS OF THE SECRETARY OF COMMERCE OF LABOUR OF THE UNITED STATES, UNDER ACT OF CONGRESS APPROVED FEBRUARY 20, 1907 TO BE DELIVERED TO THE UNITED STATES IMMIGRATION OFF. BY THE COMMANDING OFFICER OF ANY VESSEL HAVING SUCH PASSENGERS ON BOARD UPON ARRIVAL AT A PORT IN THE UNITED STATES Richiesta dalla normativa del Segretario del Commercio e del Lavoro degli STATI UNITI, con Atto del Congresso, approvato il 20 febbraio 1907, e da consegnare all’Ufficio Immigrazione degli STATI UNITI da parte dell'Ufficiale Comandante della nave che ha avuto i seguenti passeggeri a bordo all'arrivo in un qualsiasi porto degli STATI UNITI. Seguono le prime informazioni: S.S. “Nome della nave” Partito da “Nome del porto di Partenza” 19…. Arrivato nel porto di “Nome porto di destinazione” seguito dalla data di arrivo. N.B. Le colonne dal 25 al 29 sono un sottoinsieme della dicitura: INFORMATION REQ. BY NATULALIZATION ACT OF JUNE 29, 1906 108 / 86 N° INGLESE 1 N° ON LIST 2 NAME IN FULL 3 4 5 6 AGE (YRS. MOS.) SEX MARRIED SINGLE OCCUPATION 7 ABLE TO 8 9 NATIONALITY RACE LAST PERMANENT RESIDENCE NAME & COMPLETE ADDRESS OF NEAREST RELATIVE OR FRIEND IN COUNTRY FROM WHENCE ALIEN CAME 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 FINAL DESTINATION ITALIANO NUMERO DI LISTA FAMILY NAME GIVEN NAME NOME PER INTERO COGNOME NOME ETÀ (ANNI-MESI) SESSO MARITATO O CELIBE OCCUPAZIONE READ WRITE IN GRADO DI COUNTRY CITY OR TOWN STATE CITY OR TOWN NAZIONALITÀ RAZZA ULTIMA RESIDENZA PERMANENTE NOME ED INDIRIZZO COMPLETO DEL PARENTE O AMICO PIÙ VICINO NELLO STATO E SUA PROVENIENZA DESTINAZIONE FINALE LEGGERE SCRIVERE STATO CITTÀ STATO CITTÀ O PAESE No ON LIST WHETHER HAVING A TICKET TO SUCH FINAL DESTINATION BY WHOM WAS PASSAGE PAID? WHETHER IN POSSESSION OF WHETHER EVER BEFORE IN THE UNITED STATES WHETHER GOING TO JOIN A RELATIVE OR FRIEND; AND IF SO, WHAT RELATIVE OR FRIEND, AND HIS NAME AND COMPLETE ADDRESS EVER IN PRISON OR ALMSHOUSE, OR INSTITUTION FOR CARE AND TREATMENT OF THE INSANE, OR SUPPORTED BY CHARITY? IF SO, WHICH? SE IN POSSESSO DI BIGLIETTO PER LA DESTINAZIONE FINALE CHI AVEVA PAGATO IL VIAGGIO IN POSSESSO DI YES OR NO WHEN WHERE SE È MAI STATO NEGLI STATI UNITI SE VA A RICONGIUNGERSI CON UN PARENTE O AMICO; SE SI, SPECIFICARE IL NOME E L’INDIRIZZO SE È MAI STATO IN PRIGIONE, O OSPIZIO, O RICOVERATO IN OSPEDALI PSICHIATRICI, O QUESTUANTE? SE SI, QUALE? 109 / 86 SI O NO QUANDO DOVE 20 21 22 23 24 25 WHETHER A POLYGAMIST WHETHER AN ANARCHIST WHETHER COMING WITH OFFER, PROMISE OR AGREEMENT OF LABOUR CONDITION OF HEALTH DEFORMED OR CRIPPLED HEIGHT 26 COMPLEXION COLOR OF 27 28 MARKS OF IDENTIFICATION 29 PLACE OF BIRTH SE POLIGAMO SE ANARCHICO SE è VENUTO CON OFFERTA, PROMESSA O ACCORDO DI LAVORO CONDIZIONI DI SALUTE DEFORME O INVALIDO FEET INCHES ALTEZZA PIEDI POLLICI CARNAGIONE HAIR EYES COLORE DEI CAPELLI OCCHI SEGNI IDENTIFICATIVI COUNTRY CITY OR TOWN LUOGO DI NASCITA TORNA APPROFONDIMENTI 110 / 86 STATO CITTÀ O PAESE LISTA DEGLI STRANIERI TRATTENUTI (RECORD OF DETAINED ALIENS) Questa lista, strutturata in colonne, conteneva informazioni sul perché un determinato immigrato era stato trattenuto, per quanto tempo era rimasto bloccato, e come si era risolto il caso. Gli immigrati inseriti in questa lista erano semplicemente dei trattenuti temporanei e il loro caso si risolveva al massimo nel giro di qualche giorno. Sostanzialmente in questa “Lista” erano inseriti due categorie di immigrati: Le donne che viaggiavano da sole (o con i propri figli) e che erano in attesa del futuro marito, fidanzato o parente maschio che sarebbe venuto a prenderle. Per la legge americana, queste donne non potevano essere ammesse senza la certezza che qualcuno si sarebbe preso cura di loro. Quando arrivava la persona che faceva da garante, nella “Lista” venivano aggiunte particolari sigle, come: “HUSB” per indicare il marito; “BIL” per il cognato e così via. Se in vece il garante non poteva venire, per qualsiasi motivo, era sufficiente che questi inviasse un telegramma con il quale si rendeva responsabile dell’accoglienza dell’immigrato. In questo caso l’Ufficio Immigrazione, spediva l’immigrato per via ferroviaria alla dovuta destinazione e nella colonna Disposizione (Disposition) della “Lista” veniva trascritto il nome e l'indirizzo della persona a cui l'immigrato era destinato, e aggiunta la sigla "RR", che stava a significare che il passeggero era stato spedito per via ferroviaria. Spesso, società di soccorso per gli immigrati si incaricavano di queste persone e garantivano il loro sicuro arrivo alla corretta destinazione. 111 / 86 Le persone che non avevano sufficiente denaro per acquistare un biglietto per arrivare alla destinazione finale. In questo caso si apponeva la sigla “to Tel $", per indicare che un telegramma era stato inviato ai familiari per inviare denaro per la tariffa di trasporto. Una volta ricevuto il denaro l'immigrato poteva acquistare il biglietto e veniva rilasciato. TORNA APPROFONDIMENTI 112 / 86 LISTA DEGLI STRANIERI TRATTENUTI PER UNA SPECIALE INCHIESTA (RECORD OF ALIENS HELD FOR SPECIAL INQUIRY). Gli immigrati inclusi in questa particolare lista venivano trattenuti per essere esaminati da una speciale commissione d’inchiesta (The Board of Special Inquiry). I motivi per cui un immigrato poteva essere trattenuto per una speciale inchiesta potevano essere tanti, ma i più comuni erano: Gli immigrati che venivano considerati non in grado di autosostentamento per motivi finanziari “LPC” (Likely Public Charge, cioè a carico del servizio pubblico). Gli immigrati che necessitavano un ricovero ospedaliero per motivi di salute “MED” (Medical, cioè malato fisico o mentale). Gli immigrati che rispondevano impropriamente a qualche domanda durante l’ispezione legale o che presentavano una situazione non compatibile con le leggi 113 / 86 americane (i cosiddetti: “S.I.” gli inquisiti speciali, che rappresentavano il 10% dei casi). La tabella sopra elenca le sigle ed i corrispondenti significati dei motivi per cui gli immigrati potevano essere trattenuti. TORNA APPROFONDIMENTI 114 / 86