IL SOGNO AMERICANO
L’EMIGRAZIONE ITALIANA NEGLI STATI UNITI
LA PARTENZA
I PORTI LE COMPAGNIE DI NAVIGAZIONE E LE NAVI
IL VIAGGIO E LA TRAVERSATA
L’ARRIVO A NEW YORK
IL TRASFERIMENTO AD ELLIS ISLAND
PROCEDURA PER ESSERE AMMESSI:
1. L’ARRIVO (THE ARRIVAL)
2. LA VIA D’INGRESSO (THE ENTRANCEWAY)
3. LA STANZA DEI BAGAGLI (THE BAGGAGE ROOM)
4. LE SCALE PER ANDARE NELLA GRANDE SALA (THE STAIRWAYS)
5. LA SALA DELLA REGISTRAZIONE (THE REGISTRY ROOM)
6. LA VISITA MEDICA (THE MEDICAL EXAMINATION ROOMS)
7. L’ISPEZIONE LEGALE (THE LEGAL INSPECTION)
8. LE SCALE DELLA SEPARAZIONE (THE STAIRS OF SEPARATION)
9. I TRATTENUTI (THE DETAINED)
9.1: TRATTENUTI PER MOTIVI DI SALUTE
9.2: TRATTENUTI PER MOTIVI LEGALI
10. IL LUOGO DEI BACI (THE KISSING POST)
LA DISTRIBUZIONE DEGLI ITALIANI SUL SUOLO STATUNITENSE
IL LAVORO: PADRONI E SFRUTTAMENTO
I LAVORI DEGLI UOMINI
I LAVORI DELLE DONNE
I LAVORI DEI BAMBINI
LE CONDIZIONI DI VITA - I PREGIUDIZI – IL RISCATTO SOCIALE
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APPROFONDIMENTI
IL COMMISSARIATO GENERALE DELL’EMIGRAZIONE.
IL PORTO DI NEW YORK E CASTLE GARDEN O FORT CLINTON
ELLIS ISLAND: LA PORTA D’INGRESSO DEL SOGNO AMERICANO
NAUFRAGI
DECESSI
TRAGEDIE
I PASSAPORTI
ESEMPIO DELLE INFORMAZIONI CONTENUTE NELLA “LIST OF MANIFEST..
LISTA DEGLI STRANIERI TRATTENUTI (RECORD OF DETAINED ALIENS)
LISTA DEGLI STRANIERI TRATTENUTI PER UNA SPECIALE INCHIESTA
New York all’inizio dell’800
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L’EMIGRAZIONE ITALIANA NEGLI STATI UNITI D’AMERICA
L’emigrazione italiana negli Stati Uniti prima del 1880 era costituita soprattutto da
rifugiati politici, artigiani, artisti di strada e venditori ambulanti. La vera emigrazione,
verso questo paese, comincia fra il 1880 e il 1915 quando approdarono negli Stati
Uniti quattro milioni di italiani, su 9 milioni circa di emigranti che scelsero di
attraversare l'Oceano verso le Americhe. Trattandosi di un argomento prolungato e
complesso, che si è
manifestato con
caratteristiche
demografiche e sociali
diverse, questa
emigrazione è stata divisa
in due flussi principali:
quello che va dal 1876 al
1900 e l’altro che va dal
1901 al 1915.
Fra il 1876 ed il 1900 la maggior parte degli emigrati negli Stati Uniti era del Nord
Italia, con il 45 % composto solo da Veneto, Friuli Venezia Giulia e Piemonte. Dal 1900
in poi il flusso migratorio interessò il meridione, tant’è che i 4/5 circa dell’emigrazione
totale proveniva
dal Mezzogiorno,
in particolare
dalla Calabria,
dall’Abruzzo, dal
Molise e dalla
Sicilia. Solo il
20%
dell’immigrazione
totale proveniva
dal Centro e dal
Nord Italia.
Emigranti brianzoli negli Stati Uniti
Durante il periodo del grande esodo gli immigrati italiani negli Stati Uniti erano per lo
più maschi, giovani e di origine contadina. Emigravano in gruppi di paesani, parenti e
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vicini e generalmente sotto la guida di qualcuno che aveva già affrontato il viaggio. Tra
questi emigranti la maggior parte erano contadini, c`erano alcuni artigiani e pochissimi
i professionisti e i mercanti.
Si trattava nella maggioranza dei casi di un’emigrazione temporanea, gli immigrati
avevano come unico scopo quello di guadagnare quanto più possibile e di tornare a
casa. Erano poche le famiglie che emigravano insieme; donne e bambini di solito
seguivano il capofamiglia solo se lui aveva deciso di restare.
Si noti che solo il 21% degli immigrati italiani fra il 1891 e il 1910 erano donne.
La tabella sotto evidenzia la composizione per sesso e per età degli immigrati italiani
negli Stati Uniti dal 1885 al 1927 in cifre assolute.
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Gli Stati Uniti dal 1880 aprirono le porte all'immigrazione nel pieno dell'avvio del loro
sviluppo capitalistico; le navi portavano merci in Europa e ritornavano cariche di
emigranti. I costi delle navi per l'America erano inferiori a quelli dei treni per il Nord
Europa, per questo milioni di persone scelsero di attraversare l’oceano, per inseguire
“Il sogno americano”.
Cominciò così un esodo di massa che ebbe dei costi umani elevatissimi perché significò,
per i quasi 9 milioni di emigranti, il disperato sradicamento dalla propria terra e la
perdita di identità in Paesi stranieri, dove i rapporti umani erano difficili e dove
spesso bisognava accontentarsi di lavori umilianti, faticosi e mal pagati.
L'arrivo in America era caratterizzato, inoltre, dal trauma dei controlli medici e
amministrativi durissimi, specialmente ad Ellis Island, l'Isola delle Lacrime.
Lo scoppio della prima guerra mondiale, interruppe il movimento migratorio
durante il conflitto, ma il flusso verso le terre straniere riprese subito dopo
la fine della guerra.
Vediamo allora un po’ più nei dettagli quali furono le tappe che i nostri compatrioti
dovettero superare per realizzare il loro “Sogno Americano”.
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LA PARTENZA.
La fotografia dell’Italia del 1875 era quella di un paese povero, arretrato e con diversi
problemi da risolvere. La cosa più preoccupante era che questa realtà di arretratezza
economica e di disagio sociale era
assai poco conosciuta dalla classe
dirigente. Nei primi anni del
Novecento, il fenomeno migratorio
assunse l'aspetto di un vero e
proprio esodo di massa, coinvolgendo
sempre più spesso interi nuclei
familiari. Un fenomeno straziante
che disgregò interi gruppi familiari,
e che sotto il profilo umano costituì
un dramma non solo per coloro che
erano partiti, ma anche per chi era
rimasto nei paesi d'origine. Non è
semplice descrivere lo stato d'animo
di persone che non si erano mai
allontanate dal proprio paese, e che
ora, sotto la spinta della necessità
di sopravvivenza, si approntavano a
solcare l'oceano per raggiungere la terra
che nelle loro aspettative rappresentava il
riscatto della propria grama esistenza.
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COME AVVENIVA IL “RECLUTAMENTO”
Il meccanismo della “chiamata” si diffondeva tramite parenti, amici, compaesani ed
agenzie. Spinti dalla miseria e dalla speranza di un futuro migliore, ma vittime
dell’ignoranza e dell’analfabetismo, molti emigrati italiani purtroppo furono facili
prede di sfruttatori, che promettevano ricchezze straordinarie e fortune colossali a
quanti si sarebbero diretti in America, dove le strade erano coperte d’oro e si
mangiava a sazietà.
Da per tutto erano sparsi
commessi che fiutavano
intorno la miseria e il
malcontento e offrivano il
biglietto d’imbarco a quei
disgraziati che volevano
abbandonare la patria, o li
incitavano a vendere la
casa, le masserizie e la
terra, per procurarsi il
denaro per il viaggio. Il
costo del viaggio era
tutt'altro che
trascurabile: un contadino
che con il suo duro lavoro
guadagnava giornalmente
non più di una lira, ne
pagava ben 235 all'agente
per l'organizzazione del viaggio per l'emigrazione.
Nella prima fase dell’emigrazione di massa l’agenzia di emigrazione era un’impresa
privata che aveva la sua sede principale solitamente
nelle città costiere, sedi dei porti d’imbarco per le
Americhe. Gli agenti invece erano avventurieri che si
recavano personalmente nelle zone in cui si
manifestavano tassi di espatrio consistenti per
reclutare emigranti e indirizzarli verso le compagnie di
navigazione disposte ad offrire provvigioni più alte per
ogni emigrante arruolato.
Con l’espandersi del mercato, gli agenti rimasero nelle
città costiere a negoziare il prezzo con le compagnie di
navigazione, mentre erano i subagenti a girare per il
territorio alla ricerca di emigranti. Il numero degli
agenti e subagenti raggiunse 13.000 unità nei primi anni del 1900.
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LA COSTITUZIONE DEL COMMISSIARIATO GENERALE DELL’EMIGRAZIONE.
Con la legge del 1901 fu creato il Commissariato Generale per l’emigrazione, che rese
l’espatrio finalmente tutelato dall’azione speculatoria degli intermediari e degli agenti
delle compagnie di navigazione, autori di giganteschi arricchimenti nel periodo
precedente l’istituzione della legge. Dipendenti delle compagnie di navigazione erano
obbligati ad accompagnare gli emigranti nelle locande autorizzate, dal momento che la
legge prevedeva che le spese in attesa dell’imbarco erano a carico delle Compagnie di
navigazione. La legge inoltre abolì la figura dell’agente ed affidò il compito di
arruolare i migranti ad una ventina di compagnie di navigazione, previa autorizzazione
ministeriale. Ma fatta la legge trovato l’inganno (siamo sempre stati maestri in
questo). Naturalmente, per svolgere il loro lavoro le compagnie avevano bisogno di
subagenti, che furono arruolati tra coloro che avevano esercitato la professione in
proprio e che ora diventano rappresentanti di vettore, lavoratori dipendenti.
Così sotto il peso delle proprie mercanzie gli emigranti si accinsero a salire sui treni
per raggiungere i porti d'imbarco: Genova, Palermo, Messina, Napoli. All’imbarco si
formava una processione interminabile di gente che proveniva da tutte le parti
d’Italia, operai, contadini, donne, bambini i quali aspettavano che il delegato della
questura esaminasse i loro passaporti
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I PORTI – LE COMPAGNIE DI NAVIGAZIONE – LE NAVI
PORTI.
I progressi fatti nel trasporto marittimo con i piroscafi a vapore, incrementarono
notevolmente l’emigrazione transoceanica. Nell’800 molti italiani furono costretti ad
emigrare dai porti europei di Le Havre, Marsiglia, Amburgo, Anversa, per le misure
restrittive sull’emigrazione dell’emigrazione, adottate per sostenere le rivendicazioni
dei proprietari terrieri. Per sfuggire a questi controlli e alla coscrizione militare, i
migranti partivano senza passaporto prima verso l’Europa e poi verso le Americhe.
Con la liberalizzazione susseguente alla legge del 1901, la gran parte del flusso si
sviluppò dai porti italiani.Per la Sicilia il principale porto di partenza era quello di
Palermo che già alla fine dell’Ottocento serviva le linee transoceaniche, dapprima con
scali intermedi nei porti di Napoli o Genova, poi direttamente per New York o per
Buenos Aires. Il porto palermitano non era molto attrezzato a causa dei bassi fondali
e le grosse navi non riuscivano ad attraccare in modo compiuto alle banchine. Un
servizio di chiatte trasportava così uomini e bagagli fin sotto bordo da dove venivano
fatti imbarcare con rudimentali
scalette o con paranchi. Col tempo,
però, gli inconvenienti furono risolti e
gli emigranti venivano prima raccolti
dietro grandi cancelli e poi avviati a
piccoli gruppi verso le lunghe scalette
che permettevano l’ingresso a bordo
sul fianco dei piroscafi (a fianco veduta
del porto di Palermo).
Quasi contemporaneamente al porto
di Palermo, cominciò ad operare per
gli emigranti anche il porto di
Messina che fino al 1904 aveva servito gli scali
principali di Napoli e Palermo. Poi anche la città
dello stretto ebbe la sua linea transoceanica
diretta ad opera della Compagnia La Veloce (a
fianco veduta del porto di Messina). Nel 1908,
Messina fu distrutta dal terremoto, ma
l’agenzia dell’emigrazione de La Veloce continuò
ad operare in una baracca di legno. I porti di
Palermo e Messina, agli albori della stagione
migratoria, venivano raggiunti con i tipici
carretti che trasportavano uomini e bagagli. Poi quando alla fine dell’Ottocento
vennero creati dei percorsi ferroviari che, seppure tortuosamente attraversavano
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l’intera Sicilia. Una linea collegava Siracusa con Messina, toccando tutti i paesi della
costa jonica; un’altra, partendo dallo stesso
capoluogo aretuseo, con diversi cambi
attraversava il comprensorio modicano, la
provincia di Caltanissetta, l’area del vallone
agrigentino fino a Palermo. Una terza linea
costiera collegava Marsala con Trapani e
Palermo. Negli anni venti anche Mazara del
Vallo venne collegata con i tracciati esistenti.
Dai centri non serviti si operava ancora con i
carretti fino allo scalo ferroviario più vicino.
Il porto di Napoli, che in breve superò quello di
Palermo, Messina e Genova, sviluppò il trasporto
verso il Nord America. Le partenze da Napoli
erano soprattutto destinate ad uomini adulti,
bambini, braccianti e, dopo il 1893, anche a gente
qualificata. (Sopra imbarco di emigranti nel porto di
messina, anni ’20; a fianco il porto di Napoli e sotto
imbarco di emigranti nello stesso porto)
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(La rotta da Napoli a New York)
Il porto di Genova, dove era di stanza la marina mercantile italiana, sviluppava il
traffico verso il
Sud America. Le
partenze da Le
Havre e Genova
verso gli Stati
Uniti (ridotte a
solo il 10% negli
anni 1890) erano
soprattutto
riservate ai i
contadini e alle
donne.
Anche se la grande emigrazione viene spesso
rappresentata come una emigrazione
familiare, in realtà coloro che si recavano
negli Stati Uniti furono soprattutto individui
singoli. I familiari arrivavano in seguito.
A differenza dei grandi porti europei dotati
di “Ricoveri per emigranti”, i porti di Genova,
Napoli, Palermo non erano adeguati a gestire
la grande massa di migranti che vi si recava in
attesa di imbarco. Le uniche strutture erano
quelle adibite ai controlli igienici e sanitari. Infatti, nelle stazioni marittime gli
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emigranti erano sottoposti a visita medica e i loro bagagli bonificati. Una volta
espletate queste operazioni, gli emigrati restavano, senza assistenza, sulla banchina
del porto in attesa di partire. La folla degli emigranti al porto aveva anche un impatto
sulla città, che li considerava con pietà, ma più spesso con paura, mentre mancavano
dispositivi di tutela e assistenza.
Il porto di Genova
agli inizi del XX secolo.
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LA SPECULAZIONE DELLE COMPAGNIE DI NAVIGAZIONE.
Nonostante l’intervento dello Stato, gli emigranti continuarono ad essere sfruttati
dalle compagnie, dagli agenti e dai
locandieri. Nel 1905 le locande
autorizzate erano 87 a Napoli, con la
disponibilità di 2.400 posti letto; 33 a
Genova con 720 posti letto; 25 a
Palermo con 770 posti e 18 a Messina
con 341 posti. Accanto a quelle
autorizzate, vi erano però le locande
non autorizzate, situate spesso nei
quartieri più sudici, in case vecchie,
con poca aria e poca luce, dove secondo
un verbale sanitario del 1903 «in due
ambienti privi d’aria, sporchi, umidi e
puzzolenti dormivano 50 emigranti la
maggior parte per terra».
Il gioco speculativo consisteva nel riempire le
locande non autorizzate, perché consentivano
alle compagnie un notevole risparmio sul
prezzo stabilito, e di lasciare quelle
autorizzate vuote.
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Il vuoto legislativo e la mancanza dei controlli favorì il diffondersi di problemi sociali
ed igienici, causati dalla
concentrazione di emigranti
nei tradizionali porti
d’imbarco (Genova, Napoli,
Palermo). Le vessazioni cui
furono sottoposti gli
emigranti in genere
(portatori a detta del
questore di Genova di “grave
danno dell’igiene, della
morale, del decoro”) e le
donne in particolare, contro
le quali si scatenarono
“antichi pregiudizi e nuove
paure” erano ben note a
tutti tranne che alle
autorità statali.
Solo nel 1911, dopo il colera
a Napoli, fu istituito il
ricovero di stato.
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LE NAVI.
Il trasporto degli emigranti diede da vivere a parecchie persone (agenzie di viaggi,
portuali, mozzi, marinai, ufficiali di marina…) e contribuì a sviluppare l’industria
cantieristica e siderurgica. Per il
grande traffico verso il Nord
America le compagnie italiane
(soprattutto quelle genovesi)
dovettero subire la forte
concorrenza delle compagnie
straniere che erano più organizzate
e tecnologicamente più avanzate.
Le nostre compagnie di navigazioni
spesso e volentieri destinavano per il
trasporto degli emigranti le navi più
vecchie, delle carrette del mare con
un media di 23 anni di navigazione.
Questi piroscafi chiamati “vascelli
della morte”, non potevano contenere
più di 700 persone, ma ne caricavano
anche più di 1.000; molti furono
infatti i naufragi.
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IL VIAGGIO E LA TRAVERSATA.
Quando il suono della sirena annunciava che la nave lasciava l’attracco veniva un nodo
alla gola a tutti. Gli emigranti che dovevano salire sulla nave si rendevano conto che da
lì a poco avrebbero lasciato il suolo natio per andare a calpestare quello di un nuovo
mondo, lontanissimo e sconosciuto. I familiari, straziati dal dolore vedevano
allontanare i propri cari e sentivano un vuoto attorno a loro. Si sentivano più forti i
saluti, gli abbracci ed i pianti, provenienti dalla banchina del porto, i fazzoletti
sventolare e le braccia agitarsi in segno di saluto. Il grande viaggio cominciava così,
con una struggente nostalgia e con la certezza che forse si sarebbe fatto ritorno
dopo tanti, tanti anni.
Le navi passeggeri tenevano divise le persone per ricchezza e ceto sociale. Per
esempio i passeggeri di prima e seconda classe alloggiavano in cabine di lusso.
Ma la maggior parte delle persone erano in terza classe ammassate nello "Steerage"
un grande spazio aperto sul fondo della nave, dove vivenano in condizioni pietose e
prive di igiene fino a 900 persone.
Carichi come dei muli (questi poveri disgraziati si portavano sacche e valigie d’ogni
forma in mano o sul capo, materassi e coperte, sedie pieghevoli; molti erano scalzi e
portavano le scarpe appese al collo) i nostri emigranti venivano ammassati sulle navi in
condizioni disumane.
In fondo non si trattava che di “una tonnellata umana”, così veniva chiamato il carico
umano degli emigranti che “accovacciati sulla coperta, presso le scale, col piatto tra le
gambe e il pezzo di pane fra i piedi, mangiavano il loro pasto come i poverelli alle porte
dei conventi”.
In queste condizioni disumane dovevano affrontare un viaggio attraverso l'Oceano
Atlantico che mediamente durava 3 settimane partendo dai porti italiani; 2 settimane
partendo invece dai porti francesi.
I letti dopo alcuni giorni dalla partenza sembravano delle piccole stalle: vi si dormiva
sopra vestiti e con le scarpe; vi si appoggiavano sopra fagotti e valigie; i bambini vi
lasciavano orine e feci; i più vi vomitavano.
Ma non era tutto, a questo stato di degrado ambientale spesso occorreva aggiungere
l’incompetenza del personale medico e la mancanza di cure appropriate. Tutto questo
doveva inevitabilmente tradursi in un alto numero di decessi e spesso una normale
patologia infantile degenerare in una pericolosa epidemia.
A volte durante la navigazione il mare era talmente agitato e le onde così alte e
fragorose che spazzavano regolarmente i ponti della nave. I viaggiatori rimanevano
inzuppati dall’umidità che gli spruzzi spargevano ovunque. I posti più riparati erano
riservati alle donne e ai bambini.
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DENTRO LA NAVE: LO STEERAGE
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FUORI DALLA NAVE .
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TESTIMONIANZA DI UNA
PASSEGGERA:
Noi poveracci scendemmo nella stiva della
nave a cui si accedeva attraverso una
botola : là sotto c’era un gran buio e
lunghe file di letti a castello di legno dove
dormivamo tutti insieme: tedeschi, italiani,
polacchi, svedesi, francesi.
Bisogna ricordare che in quei tempi sulle
navi era ben diverso da oggi : uomini,
donne e ragazze stavano tutti nello stesso
letto, separati solamente da un’assicella
per evitare di rotolare uno sopra l’altro. Là
sotto non avevamo ne’ acqua ne’ luce e ben
presto a molti di noi venne il mal di mare.
Eravamo intrappolati come dei topi in un
buco, ci aggrappavamo ai sostegni del letto
o alle strutture in ferro per evitare di
essere trascinati via.
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L’ARRIVO A NEW YORK
Come abbiamo già visto il viaggio attraverso l'Oceano Atlantico era alquanto
difficoltoso, le navi erano affollate e sporche, non c’è da meravigliarsi quindi se la
maggior parte dei passeggeri arrivati nel porto di New York era già molto stanca.
Dopo la traversata
transoceanica il primo
incontro con il nuovo
mondo era la realtà del
porto di arrivo, dove i
disagi non sarebbero
stati inferiori a quelli
incontrati durante la
traversata.
La rotta dell’arrivo della nave è tracciata in nero; la linea rossa indica il tragitto per Ellis Island.
FILMATO (Un filmato YouTube ci porta in giro fra Ellis Island e la Statua della Libertà)
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Le navi in arrivo
risalivano la foce del
fiume Hudson e tutti
gli immigrati si
riversavano vicino ai
parapetti dei ponti
per osservare sullo
sfondo la Statua
della Libertà. Quel
maestoso simbolo
americano significava
per loro la fine del
tormentato viaggio, e
quindi l’arrivo nella
terra promessa. La parola “terra” veniva gridata in cento lingue e dialetti diversi. Man
mano che la nave avanzava verso il porto cominciava a delinearsi la skyline di
Manhattan. Nessuno dei
viaggiatori aveva mai visto né
immaginato uno spettacolo del
genere. Ricordi, paure,
presentimenti, speranze
affollavano le menti di queste
persone che spesso si lasciavano
andare ad un pianto di
liberazione e di gioia mentre la
nave oltrepassava la statua.
Prima che la nave arrivasse al porto, salivano a bordo degli ufficiali sanitari che
avevano il compito di accertarsi che fra i passeggeri non ci fossero segnali di malattie
infettive. Se l’ispezione dava esito positivo, i medici cominciavano a controllare lo
stato di salute dei passeggeri di prima e di seconda classe nelle loro cabine. Per
costoro il controllo era una pura formalità. Non appena la nave attraccava nel porto di
New York City costoro, scortati dagli ufficiali dell’immigrazione, potevano lasciare
subito la nave.
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Il porto di New York in una fotografia della fine dell’Ottocento.
I passeggeri di terza classe
(The steerage-class
passengers) invece dovevano
aspettare a bordo della nave
l’arrivo del traghetto che li
avrebbe portati ad Ellis
Island dove i controlli
sarebbero stati più severi.
A partire dal 1885 la
legislazione americana era
diventata più restrittiva e i
controlli tendevano a colpire, oltre ai sospetti di sovversivismo politico, gli immigrati
cagionevoli di salute o affetti da malattie infettive o che comunque potevano
costituire un onere per l’assistenza pubblica.
TORNA
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TRASFERIMENTO AD ELLIS ISLAND
L’attesa dei traghetti di linea, usati dal Servizio Immigrazione, per trasportare gli
immigrati ad Ellis Island, poteva durare alcune ore, ma a volte anche dei giorni.
Questi traghetti, noleggiati dalle compagnie di navigazione, erano di solito
sovraffollati, gelidi d'inverno e bollenti d'estate e totalmente privi di servizi igienici e
tenevano a malapena il
mare. È stato calcolato che
oltre il 30% dei bambini
arrivati a New York
sofferenti di una qualche
malattia negli anni a cavallo
tra l’Otto ed il Novecento
moriva a causa
dell'esposizione al freddo
subita durante il pur breve
viaggio attraverso la baia.
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All’arrivo del battello ogni emigrante doveva appuntare sul petto il documento
chiamato “Inspection Card” (cioè una Carta di riconoscimento) che gli veniva
rilasciato prima di sbarcare dalla nave. Questa carta certificava: il nome della
compagnia navale, il porto di partenza, la data di partenza, il nome della nave, il nome e
cognome dell’emigrante, l’ultima residenza, le ispezioni mediche (vaccinazione,
disinfestazione, esito), il numero del foglio della lista dei passeggeri, il numero che il
passeggero aveva in questa lista.
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Nel retro del certificato in 7 lingue s’invitava l’immigrato a conservare tale certificato
e ad esibirlo in caso di richiesta, specialmente sui treni, per evitare di essere
trattenuto o messo in quarantena. Sotto altro esempio di “Inspection Card” .
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Immigrati in attesa di scendere
dalla nave
La nave si avvicina al pontile
Si scende dalla nave
Per imbarcarsi sul battello
Si va verso Ellis Island
TORNA
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PROCEDURA PER ESSERE AMMESSI.
La figura sotto offre uno spaccato della struttura dell’edificio che accolse dal 1892 al
1954 più di 12.000.000 di immigrati.
Piano terra
Nuovi arrivi (The Arrival)
 Ingresso (The Entranceway)
La stanza dei bagagli (The Baggage Room)
Le scale che portano al Registry Room (The
Stairways to the Great Hall)
Primo piano
Il salone delle registrazioni (The Registry Room)
La visita medica (The Medical Exam)
L’ispezione legale (The Legal Inspection)
I trattenuti (The Detained)
Le scale della separazione (The Stairs of Separation)
Piano terra
Il
luogo dei baci (The Kissing Post)
8
5
7
6
Uscita per il New Jersey
9
City
4
10
3
Uscita per New York City
2
1
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Lo schema sotto riassume con estrema sintesi a quali visite veniva sottoposto ogni
immigrato e come costui poteva comportarsi nel caso in cui qualche esame poteva
avere esito negativo.
Era una procedura che mediamente durava diverse ore, se non addirittura quasi
l’intera giornata, se tutto andava bene; diversamente settimane o mesi in caso
contrario.
FINE.
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PASSO 1: I NUOVI ARRIVI (ARRIVAL)
Gli immigrati scendevano dal battello in una lunga fila disordinata. Le mamme
correvano dietro ai bambini che, finalmente, si ritrovavano un suolo stabile sotto i
piedi.
Gli uomini facevano
avanti e indietro per
recuperare i bagagli. “
Stay in line”: era
l’imperativo
categorico delle
guardie addette alla
dogana. Chi non
capiva, o faceva finta,
veniva allineato a
spinte, senza tanti
complimenti.
Ancora una volta si
era costretti ad
aspettare il proprio
turno sia per
scendere dal battello
che per entrare nel
Palazzo principale
“Main Building”.
L’attesa poteva
essere anche di alcune
ore e nulla veniva dato
agli emigranti: né
acqua, né cibo. Tutti gli stranieri che arrivavano in un porto degli Stati Uniti dovevano
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essere elencati nella LIST OR MANIFEST OF ALIEN PASSENGERS FOR THE
UNITED STATES IMMIGRATION OFFICER AT PORT OF ARRIVAL . Il
comandante di ogni nave che aveva trasportato i passeggeri doveva, all'arrivo,
consegnare l’elenco, all’ufficiale dell’immigrazione.
Ci si prepara allo sbarco
Si prendono i bagagli e ci si riunisce
Si sbarca ad Ellis Island
Finalmente a terra
Ci si sistema alla meglio
FILMATO1 FILMATO2
Gli ultimi stanno per sbarcare
TORNA
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PASSO 2: LA VIA D’INGRESSO (THE ENTRANCEWAY)
Dopo lo sbarco bisognava recarsi all’ingresso del “Main Building”. Ad aspettare gli
immigrati c’erano degli ufficiali in uniforme che, dopo aver salutato l’equipaggio del
battello,
cominciavano a
gridare e a fare ampi
cenni con le mani per
indirizzare ed
allineare i vari
passeggeri appena
sbarcati. Era
sicuramente un
momento di
confusione
(bisognava stare
attenti ai bambini, ai
documenti e alle
valigie) e di
smarrimento (non si
capiva ciò che gli ufficiali urlavano, si cercava di intuire). La commozione travolgeva
tutti, ma una cosa era chiara: bisognava allinearsi e marciare in fila verso l’imponente
edificio di mattoni rossi.
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Gli ufficiali addetti al controllo avevano un preciso mandato, quello di impedire che
entrassero in America pregiudicati, malati di mente, indigenti, ritardati mentali, chi
soffriva di malattie contagiose, persone ritenute potenziali criminali, i poligami.
Gli immigrati già stremati dal lungo viaggio e dai disagi a cui erano stati sottoposti,
sporchi, affamati e spesso senza soldi guardando la grande città, che si stendeva di
fronte a loro, avvertivano una sensazione di disagio.
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I componenti familiari, dopo lo sbarco, stanno vicino
fra loro e con le loro valigie si avviano verso l’ingresso
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Foto a sinistra del 1905 circa, ritrae
l’ingresso di Ellis Island in un momento di
calma. Pochi passeggeri in arrivo.
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Si aspetta il turno per entrare nell’edificio dai mattoni rossi.
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Sopra gruppo di immigrati con le valigie aspettano fuori dall’ingresso; c’è chi passeggia
nervosamente mentre dei bambini passano il tempo giocando. Sotto finalmente si entra
TORNA
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PASSO 3: LA STANZA DEI BAGAGLI (THE BAGGAGE ROOM)
Una volta entrati, la prima cosa da fare era quella di lasiare i bagagli, che si trovava a
piano terra. Dei funzionari controllavano
rapidamente il contenuto delle valigie,
borse, sacchi e quindi invitavano gli
emigranti a lasciare lì la roba più
ingombrante e di portare
Madri con bambini, alcuni dei quali con pesanti pesi
con sé solo ciò che era più facile da
trasportare. Fatto ciò li
indirizzavano verso le scale che
portano alla grande Sala delle
Resistrazioni (The Registry Room).
I bagagli pesanti ed ingombranti
sarebbero stati recuperati alla fine
di tutti i controlli. Il controllo dei
bagagli provocava una certa
confusione tra gli immigrati dal
momento che molti di loro non
parlavano inglese.
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Testimonianza di Eleonor
Kenderline Lenhart,
un’immigrata inglese del 1921,
intervistata nel 1985
“….. Ci misero in una chiatta, e
ci stiparono talmente stretti
che non era possibile girarsi
attorno, tanti eravamo e la
puzza era terribile. Quando
arrivammo ad Ellis Island,
buttarono giù un ponticello per
farci sbarcare ed un uomo
all’altra estremità urlava a
voce alta: “Lasciate i vostri
bagagli lì, lasciate l’ì vostri bagagli. Gli uomini da questa parte; le donne e i bambini da
quest’altra parte”. Mio padre ci guardò e disse: “ ci incontreremo qui al ritorno vicino a
questa montagna di bagagli e speriamo di ritrovarli, ci vediamo dopo.”
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Seguono dei filmati YouTube relativi alla Baggage Room.
http://youtu.be/uSq2e4gRcn4
http://youtu.be/J38Tj7XvLUM
Vicino alla stanza dei bagagli c’era una sala da pranzo dove si potevano acquistare
panini imbottiti (sandwiches) e bevande. Il menu, con i relativi prezzi, era scritto
comunque in diverse lingue.
TORNA
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PASSO 4: LE SCALE PER ANDARE NELLA “GRANDE SALA” (THE STAIRWAYS
TO THE GREAT HALL).
Attraverso un lunga e ripida scalinata gli immigrati, con le loro piccole borse,
raggiungevano la Grande Sala “The Registry Room”, sempre con i propri documenti ben
in vista, per iniziare le tanto temute ispezioni: quella medica e quella legale.
La maggior parte degli immigrati pensava che l’ispezione iniziasse all’interno di
questa sala, non sapeva invece che il primo controllo cominciava già non appena
iniziavano a salire il primo gradino delle scale. Gruppi di medici, in cima alle scale,
osservavano gli immigrati man mano che salivano per individuare gli asmatici, i
disabili fisici, gli zoppi, i ritardati mentali, quelli che accusavano mancanza di
respiro o che avevano la tosse.
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THE SIX SECONDS PHYSICAL.
Salite le scale gli emigranti venivano divisi in diverse file da recinti metallici che li
obbligavano ad avanzare in fila indiana. Ogni fila di immigrati veniva visitata da due
dottori distanti fra
loro alcuni metri. Il
primo dottore
controllava se
l’immigrato era
portatore di
malattie; il secondo
invece controllava
eventuali
deformità.
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Dal 1903 al
1914, gli anni
di maggior
affluenza ad
Ellis Island, si
cominciò a
controllare
anche gli occhi
degli immigrati
per individuare
le persone
affette da
tracoma, una
malattia
contagiosa.
I medici
usavano uno
strumento
particolare per
rivoltare la palpebra
degli occhi alla ricerca
di qualche indizio della
malattia. Si trattava di
una specie di uncino
simile a quello che il
dentista usa per
togliere il tartaro che
veniva messo sotto la
palpebra e ruotato per
alzarla e vedere lo
stato di idratazione
della stessa. Ogni medico aveva un solo di questi uncini che usava per centinaia di volte
ogni giorno senza ovviamente sterilizzarlo ogni volta.
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Questo primo test era chiamato “the six-seconds physical”,
perché era veloce. Se qualcosa non andava per il giusto verso, i
medici contrassegnavano, con un gesso, i vestiti degli immigrati
con sigle particolare (ad ogni sigla corrispondeva un certo tipo di
malattia, per esempio: una “X” indicava insanità mentale; una “P”
malattia polmonare). Le persone contrassegnate sarebbero state
condotte in un’altra stanza per sostenere una visita medica più
accurata (The medical Exam).
Gli esaminatori medici stavano sempre in allerta per evitare ogni
tipo d’inganno. L'individuo disinvolto con un cappotto sul braccio
poteva nascondere un braccio artificiale; il bambino legato alla
schiena della madre, e che all’apparenza poteva sembrava abbastanza grande per
camminare da solo, veniva tolto
alla madre ed invitato a
camminare per vedere se era
affetto da paralisi infantile.
TORNA
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PASSO 5: LA SALA DELLE REGISTRAZIONI (THE REGISTRY ROOM)
Chi superava il “the six-seconds physical” veniva indirizzato nella parte centrale della
Great Hall (LA GRANDE SALA), dove sorgevano diversi recinti metallici per ordinare
in file l’afflusso
degli immigrati.
Molto probabilmente
per diversi emigranti
era la prima volta
che vedevano un
ambiente coperto
così grande; questa
“Grande Sala” era
lunga circa 61 m
larga 31 m e alta più
di 25m. Dopo il 1903,
in questa sala
furono sistemate
delle panche di legno
per dare la
possibilità alle persone stanche di
sedersi. Il rumore in questa stanza era
enorme, il suono di centinaia di voci
rimbombava. Qui gli ufficiali
effettuavano l’ispezione legale e
decidevano, per ogni persona, chi poteva
proseguire la procedura per essere ammesso
o essere fermato per un’ispezione più
approfondita.
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Gli immigrati,
attendevano il
loro turno seduti
in panche di
legno delimitate
da recinti di
tubi metallici.
Ogni recinto
poteva ospitare
fino a 30
persone. Ogni
emigrante
doveva sempre
avere con sé la
documentazione
necessaria.
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Seguono alcuni filmati YouTube sulla Registry Room:
http://www.history.com/topics/ellis-island/videos#hurdles-to-citizenship-on-ellis-island
http://www.history.com/topics/ellis-island/videos#immigrants-landing-at-ellis-island
http://youtu.be/5eSwR-Gah74
http://youtu.be/b-OwmZ2hzSA
http://youtu.be/VqHu--Gar-c
TORNA
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PASSO 6: LA VISITA MEDICA (THE MEDICAL EXAM)
Nel frattempo gli immigrati che non avevano superato il “the six-seconds physical”,
venivano portati fuori dalle corsie della Registry Room per ulteriori accertamenti. Con
l’Atto d’Immigrazione del 1981 gli U.S.A. vietavano a chiunque fosse portatore di una
grave malattia contagiosa di entrare nel paese.
Questo Atto aveva lo scopo di prevenire epidemie nella popolazione americana. Se
qualche immigrato rientrava in questo caso veniva spedito immediatamente presso
l’ospedale di Ellis Island e messo in quarantena per circa 2 settimane e solo a
guarigione accertata otteneva il nulla osta per entrare negli Stati Uniti. Venivano
respinti, come già
detto, quelli con
particolari infermità
particolari: zoppi,
gobbi, menomati, con
malattie agli occhi o
alla pelle o con difetti
psichici.
Gli immigrati che
riuscivano a superare
“The medical exam”
venivano riammessi
nella Registry Room, lì
si accodavano per
raggiungere gli sportelli
dell’ispezione legale.
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Quelli invece che non superavano “The Medical Exam” avevano due possibilità: essere
respinti (nei casi più gravi); o portati in ospedale in quarantena per essere curati
(trattenuti per motivi di salute). Spesso capitava che chi era respinto si tuffava in
mare per raggiungere Manhattan a nuoto o si suicidava, piuttosto che affrontare il
ritorno a casa.
TORNA
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PASSO 7: L’ISPEZIONE LEGALE (THE LEGAL INSPECTION)
Chi superava l’esame medico veniva accompagnato nella Sala dei Registri dove erano
attesi dagli ispettori. L’equipaggio di ogni battello che arrivava ad Ellis Island,
consegnava, come è già stato detto precedentemente, agli ufficiali dell’immigrazione la
lista dei nomi dei passeggeri.
La lista originale era molto più grande di quella che si vede sopra che è solo una parte.
Il manifesto, così era chiamata la lista dei nomi dei passeggeri, riportava, per ogni
immigrato, una serie di utili informazioni per identificarlo: il numero che gli era stato
assegnato, le sue generalità ed altro ancora. L’immigrato doveva fare la fila in lunghe
corsie finché non veniva chiamato il suo numero o il suo manifesto. Gli ispettori legali
erano collocati nella parte terminale della Great Hall e ognuno di loro aveva il
“manifesto” della nave con l’elenco dei passeggeri.
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L’immigrato, quando veniva chiamato, doveva rispondere alle domande, che l’ispettore,
seduto dalla parte opposta di una scrivania, gli poneva tramite un interprete:

What is your name ? (Come ti chiami ?)

Where are you born ? (Dove sei nato ?)

Where are you coming from ‘ (Da dove vieni?)

Where are you going ? (Dove vai ?)

Are you married ? (Sei sposato ?)

What is your occupation ? (Che lavoro fai ?)

Have you ever convicted of a crime ? (Hai mai commesso dei reati ?)

How much money do you have ? (Quanto denaro hai ?)

What is your destination ? (Quale sarà la tua destinazione ?)

Have you ever been in the United States before ? (Sei mai stato negli U.S.A. ?)

Do you have any relatives here ? (Hai parenti qui ?)

Where do they live? (Dove vivono I tuoi parenti ?)

Is there anyone who came out to meet you on Ellis Island ? (C’è qualcuno che ti
aspetta qui ad Ellis Island ?)

Who paid for your passage ? (Chi ha pagato il tuo biglietto ?)

Do you have any skills ? (Cosa sai fare ?)

Do you have a trade? (Hai qualche attività commercial ?)

Do you have a job waiting here for you in the United States? (Hai già un lavoro qui
negli U.S.A. ?)
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Gli ufficiali durante questo esame registravano, per ogni immigrato, nome, luogo di
nascita, stato civile, luogo di destinazione,
disponibilità di denaro, professione,
precedenti penali ed altro ancora. Venivano
fermate le donne e i minorenni soli, le
persone senza soldi, le prostitute, i
potenziali criminali, i poligami e quelli che
davano informazioni diverse rispetto a ciò
che era scritto nella lista dei passeggeri.
Erano i cosiddetti “trattenuti per motivi
legali”, che venivano internati in centri di
detenzione, in attesa di ulteriori
chiarimenti sul loro stato legale. A tutte
queste persone venivano apposte delle
particolari sigle in corrispondenza del
proprio nome nella lista dei passeggeri. Di
questi trattenuti, solo il 2% veniva
rispedito a casa; ma questo, nei periodi di maggior afflusso, poteva significare in termini
numerici la fine di un sogno per migliaia di persone al mese.
TORNA
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PASSO 8: LE SCALE DELLA SEPARAZIONE (THE STAIRS OF SEPARATION)
Una volta effettuate tutte le ispezioni, gli immigrati venivano condotti, nella parte
opposta della Grande Sala, in
un corridoio che si affacciava
su una lunga scalinata divisa
in tre corsie, ognuna delle
quali portava ad una porta.
Era questo il posto dove
speranza (per i trattenuti),
scoramento (per i respinti) e
felicità (per coloro che da lì
a poco avrebbero
abbracciato i loro cari che li aspettavano) s’intrecciavano.
A seconda degli esiti degli
esami, gli immigrati venivano
fatti scendere:

Dalla scalinata
centrale, se erano stati
dichiarati trattenuti o
eplulsi (cioè tutti coloro i
quali dovevano essere
ricoverati nell’ospedale di
Ellis Island; o internati nei
centri di detenzione, per
ulteriori accertamenti; o gli
espulsi), rappresentavano il
2% degli immigrati.

Dalla scalinata di sinistra tutti gli ammessi che dovevano andare a New
York, Manhattan o verso nord.

Dalla scalinata di destra tutti gli ammessi che invece dovevano recarsi nel
New Jersey, a sud o ad ovest.
Questi ultimi due gruppi erano aiutati da assistenti sociali che li accompagnavano nei
rispettivi Uffici Cambio (The Money Exchange). I tassi di cambio delle varie valute
erano esposte in una lavagna. Una volta in possesso dei dollari, gli immigrati si
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dirigevano presso la vicina biglietteria ferroviaria (The Railroad Ticket Office) per
acquistare il biglietto del treno se ne avevano bisogno.
Alcune foto riguardanti l’ufficio Cambia Valute “The Money Exchange”
L’Ufficio ferroviario
TORNA
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PASSO 9: I TRATTENUTI (THE DETAINED)
Trattenuti erano sostanzialmente tutti coloro che non avevano i requisiti sanitari
e legali per poter accedere nel suolo americano. Per la stragrande maggioranza degli
immigrati Ellis Island era l’isola della speranza “Isle of Hope”; ma per quei pochi
sfortunati che non riuscivano a superare la visita medica e quella legale, si
trasformava nell’isola delle lacrime “Isle of Tears”. I trattenuti venivano fermati per
ulteriori accertamenti, e se anche questi si rivelavano negativi venivano rispediti nella
loro patria. Poiché l’attesa poteva durare poche ore come pure delle settimane, se non
dei mesi in alcuni casi, in questo lasso di tempi i trattenuti potevano usufruire del
cibo, dell’alloggio ed eventualmente delle cure ospedaliere che il governo americano
offriva loro.
Vediamo un po’ più nei dettagli come avveniva il fermo di un emigrante. Ogni “Lista dei
passeggeri” conteneva, come già detto, un certo numero di colonne con informazioni
relative ad ogni singolo passeggero, che venivano trascritte al momento della partenza
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dagli ufficiali di bordo. Non tutte le “liste dei passeggeri” erano uguali fra loro,
perché l’impostazione dell’impaginazione cambiava da una compagnia di navigazione
all’altra. Si può dire che ogni compagnia di navigazione utilizzava schemi preimpostati
personalizzati, come si può vedere nelle due liste che vengono riportate.
Ad ogni modo la quantità di informazioni per ogni passeggero, a prescindere dallo
schema che veniva utilizzato, era uguale.
Premesso che le due liste sopra
sono solo delle parziali vedute
degli originali che erano più
grandi come dimensioni, e
generalmente composte da due
fogli. In ogni lista dei
passeggeri, gli ufficiali addetti
ai controlli sanitari e legali,
annotavano delle sigle (che
avevano particolari significati)
ogni qualvolta che si
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verificavano delle “anomalie” con qualche immigrato. Era sufficiente una singola sigla
vicina al nome dell’immigrato per autorizzare gli Ufficiali addetti ai controlli a
fermarlo.
Ad esempio se si va a vedere la prima “Lista dei passeggeri” si vede che sono
state aggiunte ai primi tre immigrati (prima del loro numero d’ordine) le lettere “SI”
(che sta per soggetto sottoposto a: Special Inquiry, a volte indicata anche conla sigla:
B.S.I.). Sempre nella stessa lista i numeri dei passeggeri: 18-19-20-21-22-23 sono
stati contrassegnati con una “X” per indicare che erano “malati mentali”.
Ad esempio nella seconda “Lista dei passeggeri” i passeggeri n° 8 e 16 sono stati
contrassegnati con una “X”; mentre le righe degli immigrati n° 12-13-14-15 sono state
tratteggiate per indicare che quelle persone, per qualche ragione, non si sono
imbarcate nei porti di partenza. Per questi ultimi a volte si usavano anche sigle del
tipo: “Not Shipped”, “NOB” (Not On Board), “Did Not Sail”, or “Cancelled”.
A partire dal 1903, l'Ufficio immigrazione di New York cominciò ad archiviare
tutte queste sigle in modo
più ordinato e dettagliato
creando due particolari
liste: la “Lista degli
stranieri trattenuti”
(Record of Detained Aliens),
e “La lista degli stranieri
trattenuti per una speciale
inchiesta” (Record Of Aliens
Held For Special Inquiry).
Queste due liste venivano
allegate alla “Lista dei
passeggeri”.
http://www.history.com/videos/detained-at-ellis-island
TORNA
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(FILMATO YOU TUBE)
PASSO 9.1: I TRATTENUTI PER MOTIVI DI SALUTE.
Gli immigrati che nella prima visita medica “The six seconds physical” erano stati
contrassegnati con sigle speciali, dovevano sottoporsi ad un ulteriore esame “The
Medical Exam”. Questo esame si svolgeva in due “Physical Room” una per gli uomini ed
una per le donne. L’esito di questo esame poteva essere: favorevole, sospensivo o
sfavorevole, come descritto dallo schema sottostante:
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Chiaramente chi riceveva un giudizio favorevole poteva presentarsi alla visita legale.
Per i casi meno gravi, cioè quelli con giudizio sospensivo gli ufficiali sanitari
ordinavano un periodo di quarantena con ricovero immediato presso l’ospedale
dell’isola fino a guarigione avvenuta. Nell’ospedale gli immigrati venivano tenuti in
quarantena per settimane o anche dei mesi a seconda della necessità. Dopo questo
periodo una Commissione Speciale d’Inchiesta “a Board of Special Inquiry” avrebbe
riesaminato ogni singolo immigrato e deciso se ammetterlo negli U.S.A. oppure se
rimandarlo a casa. In
quest’ultimo caso, se
l’immigrato non aveva
raggiunto i 16 anni, un
familiare avrebbe dovuto
accompagnarlo fino in patria
senza spesa alcuna. Quelli
invece che avevano
ricevuto un giudizio
sfavorevole (malati di ernia,
o malati mentali) avevano
una sola possibilità:
ricorerre in appello (con
scarsa probabilità di
vincere). Tra coloro che si
videro vietato il visto
d’ingresso, e di conseguenza
ricevettero un ordine di
rimpatrio, diversi furono i
casi di suicidio: ne sono noti
almeno 3000, ma si può
presupporre che, in
generale, i morti furono
molti di più perché non
conosciamo il numero di
quanti, dopo essere stati scartati, si gettavano in mare di notte, nel tentativo (spesso
senza risultato) di raggiungere ugualmente la costa a nuoto.
La figura sopra è un certificato medico emesso dalla Divisione medica del Servizio Immigrazione
di New York che attesta che il Sig. Hocher Bodner soffre di ernia, che lo limita nelle sue
capacità di guadagnarsi da vivere. Pertanto il signore in questione sarà esplulso dagli Stati Uniti.
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I MALATI DI MENTE.
Secondo un rapporto
statistico americano del 1917
durante le ispezioni mediche
solo il 9% degli immigrati
veniva contrassegnato con una
X (che stava a significare:
portatore di malattie mentali)
e sottoposti ad una visita
specialistica nella “Mental
Room”. In questo contesto i
medici (aiutati dagli
interpreti) cominciavano col
chiedere ai pazienti di
rispondere ad alcune domande
personali; quindi proponevano semplici problemi aritmetici (per es. contare alla
rovescia da 20 ad 1) e test intuitivi (vedi foto seguenti) che non richiedevano né
capacità di lettura né di scrittura.
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La difficoltà dei test era strutturata con difficoltà crescente. I pazienti venivano
valutati in base al tempo che impiegavano per risolvere i quesiti proposti rispetto al
tempo medio che impiegavano le persone normali per risolvere gli stessi problemi. Alla
fine solo il 2% non superava l’esame ed era costretto a tornare a casa.
La tabella evidenzia i
risultati degli esami
medici mentali dal
giugno all’agosto del
1916.
Su 30.711 passeggeri
3.050 furono
contrassegnati con
una X o con una X
cerchiata al primo
esame medico.
20
Di questi 3.050 ben
2.440 furono lasciati
andare ad un
secondo esame nello
stesso giorno
dell’arrivo, 610
trattenuti e 20 rilasciati nei giorni successivi. Dei 610 alla fine quelli dichiarati “malati mentali” furono
solo 70. Sintetizzando su 3.050 immigrati segnati con la X solo 70 (cioè meno del 2,3%) risultarono
effettivamente malati di mente e rispediti a casa. TORNA
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PASSO 9.2: I TRATTENUTI PER MOTIVI LEGALI.
Gli “S.I.” cioè coloro i quali dovevano essere sottoposti ad una speciale commissione
d’inchiesta venivano trasferiti al terzo piano nel “Ferry Building” e alloggiati in stanze
dormitori. Queste stanze presentavano condizioni analoghe a quelle che gli immigrati
avevano già provato durante il viaggio nella nave. In ogni dormitorio venivano alloggiati
circa 60 persone in cuccette di metallo disposte su tre o quattro livelli. I letti erano
muniti di un sottile strato di canapa, che fungeva da materasso, e di una coperta di
lana per coprirsi durante la note. http://www.history.com/videos/detained-at-ellis-island
(Filmato YouTube sui dormitori)
In ogni dormitorio c’erano 6 lavandini e un solo bagno. Dopo molte proteste, per le
terribili condizioni in cui i trattenuti erano alloggiati, questi dormitori furono
provvisti di letti matrimoniali con materassi e in alcune circostanze intere famiglie
venivano alloggiate nello stesso dormitorio. Qui potevano restare alcuni giorni come
pure un mese, il loro caso sarebbe stato rivisto con l’udienza legale nella “Hearing
Room”. Era comunque necessario dimostrare che si avevano le carte in regola per
accedere in America.
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THE HEARING ROOM
In questo ufficio, ogni giorno, lavoravano tre commissioni d’inchiesta (e a volte quando
c’era molto lavoro se ne affiancava una quarta). Ogni
commissione esaminava dai 50 ai 100 casi in presenza sia di un
interprete e di uno stenografo e
formulava la propria decisione
basandosi sulla testimonianza non
solo dell’immigrato, ma anche di
quella degli amici e dei parenti che
erano stati ammessi a testimoniare
a favore dell’immigrato trattenuto.
L’immigrato che
riceveva un responso
negativo, poteva,
tramite un avvocato,
appellarsi al Washinton
D.C. L’avvocato in genere
veniva messo a disposizione da società di “mutuo
soccorso” costituite dagli immigrati residenti. In 8
casi su 10 l’immigrato veniva ammesso.
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Frequenti erano i casi di:
* Giovani donne che viaggiavano sole. Le autorità, infatti, temevano che le giovani
immigrate fossero delle prostitute, che andassero a ingrossare il florido mondo del
malaffare statunitense.
* Donne che erano partite con lo scopo preciso di farsi sposare da persone che
non conoscevano (di conseguenza anche gli uomini non avevano mai visto le loro future
mogli). Poiché queste donne potevano andare incontro a brutte sorprese (respinte
perché inferiori alle aspettative del futuro marito; o “prenotate” ad individui rozzi o
violenti).
* Detenuti politici.
Per i primi due casi veniva chiesto alle donne che indicassero un preciso contatto
all’interno della realtà americana, che garantisse per la loro moralità.
Radicali in attesa di essere deportati (1920)
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Ad ogni modo coloro i quali venivano rispediti indietro avrebbero viaggiato gratis. Le
compagnie di navigazione erano responsabili di riportare indietro nelle loro patrie
gratuitamente tutti coloro che venivano respinti per motivi di salute o legali.
Si può dire che dei 12.000. 000 di immigrati giudicati, solamente il 2% (cioè 240.000)
non fu ammessa e fu costretta a tornare indietro.
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Chiaramente l’esito della Hearing Room veniva trascritto nel “RECORD FOR ALIENS
HELD FOR SPECIAL INQUIRY”. Per esempio nella figura accanto Giustine Rode e sua
figlia (prima e seconda nella lista) vengono ammesse negli U.S.A. (anche se trattenute
come “L.P.C.” Likely Public Charges per 9 giorni); mentre gli immigrati n° 3 e 4 non
hanno avuto la stessa fortuna e quindi sono stati sbarrati e di conseguenza
rimpatriati.
TORNA
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PASSO 10: IL LUOGO DEI BACI (THE KISSING POST)
Espletate queste formalità, gli immigrati si radunavano, al piano terra, in uno spazio
chiamato (The Kissing Post) dove
erano attesi da parenti ed amici.
Era inevitabile che quando un caro
parente si presentava al loro
cospetto, dopo tanti anni di
lontananza, gli abbracci, le
effusioni, i baci, le urla di gioia
prendessero il sopravvento. Per
l’immigrato finalmente il lungo
viaggio era finito ed ora si trovava
in America, pronto a ricominciare
una nuova vita, magari con l’aiuto dei parenti e/o degli amici.
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TORNA
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LA DISTRIBUZIONE DEGLI ITALIANI SUL SUOLO STATUNITENSE.
La distribuzione degli italiani sul suolo statunitense, durante la grande emigrazione,
dipendeva soprattutto dalle varie possibilità di lavoro che si prospettavano loro e dalle
condizioni di mobilità che il lavoro stesso presentava. L’immigrazione italiana ebbe
come meta soprattutto le città dell’Est, con un’ alta concentrazione di popolazione, ciò
perché:
 In queste città o Stati venivano richiesti lavoratori non qualificati come per
esempio succedeva a: New York, e nel Massachusetts, Connecticut, New
Jersey, Pennsylvania, Ohio e Illinois.
 Erano più vicine ai porti di sbarco.
 Gli intermediari etnici, i cosiddetti “padroni”, che fungevano da agenti sia per
chi cercava lavoro sia per chi aveva bisogno di forza lavoro, li indirizzavano in
questi luoghi.
 Consentivano guadagni immediati, e quindi un più veloce rientro in patria,
nonostante queste città richiedessero alti costi in termini di tranquillità e di
salute fisica,.
 La disponibilità finanziarie degli immigrati era limitata. Al momento dello
sbarco gli italiani avevano pochi soldi (è stato calcolato che nel 1910 un
immigrante italiano al suo sbarco negli Stati Uniti possedeva circa 17 dollari) e
in queste condizioni era perciò molto difficile spostarsi all’interno del paese o
sulla costa occidentale.
Popolazione nata in Italia secondo la città di residenza negli Usa ai censimenti del
1900, 1910, 1920
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Gli americani raggruppavano gli italiani in un’unica indesiderabile etnia che chiamavano
i “wops”. All’interno di questa etnia si faceva una distinzione tra gli
italiani del Nord e quelli del Sud ritenendo un poco superiori i primi rispetto ai
secondi. L’ostilità verso gli immigrati italiani da parte della società statunitense
rinforzò il loro isolamento. La figura sotto mostra la dislocazione degli Italiani, nella
circoscrizione di Bowery, per regioni e città di origine.
La Bowery Street, più comunemente detta “the Bowery”, è una celebre via della
“circoscrizione” (borough) di Manhattan, a New York. Approssimativamente delimita i
quartieri di Chinatown e Little Italy su un lato, mentre dall’altro il Lower East Side.
The Bowery fu uno dei primi insediamenti della città; sorse ai margini del porto ed era
il quartiere dei marinai e degli immigrati appena arrivati negli Stati Uniti. Man mano
che questi facevano fortuna, si trasferivano sempre più a nord, lasciando spazio a
nuovi arrivi. Nella seconda metà dell'Ottocento, con "the Bowery" veniva indicata una
vasta zona compresa tra Broadway e i docks dell'East Side; era considerata il regno
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delle gang, della povertà, della prostituzione, del gioco d'azzardo, delle fumerie di
oppio, della corruzione della polizia e dei politici. TORNA
La collocazione delle colonie italiane a New York con i loro luoghi di provenienza in
Italia:
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IL LAVORO: PADRONI E SFRUTTAMENTO.
Milioni di Italiani furono attirati in America dalle lettere dei loro congiunti che
spesso contenevano i biglietti prepagati, che fungevano da propaganda all'esodo
verso l'America. Lettere che in popolazioni ridotte alla fame venivano condivise
insieme al gruppo, nelle case, a volte nelle piazze, a volte attendibili, a volte no: in ogni
caso veicolo di propaganda all'emigrazione di massa dai nostri territori.
Fu il momento d'oro delle agenzie dell'emigrazione, che in molti casi fecero vera e
propria opera di esportazione degli schiavi. Costoro promettevano agli emigrati ricchi
compensi in denaro, un lavoro sicuro; poi invece, il più delle volte, li affidavano a dei
padroni. Per quasi tutti gli emigranti italiani, il momento dell’arrivo negli Stati Uniti e
l’impatto con la dura realtà di New York furono esperienze traumatiche. Molti di loro
si erano costruiti un proprio mito dell’America, oppure avevano prestato fede alle
dicerie secondo cui era la terra dell’abbondanza per tutti. In realtà, New York era una
specie di giungla violenta, che pullulava di truffatori senza scrupoli e di imbroglioni
pronti a divorare i nuovi arrivati, giocando sulla loro ingenuità e il loro totale
disorientamento.
I PADRONI.
Per le masse di immigrati che non
conoscevano l’inglese e i datori di lavoro la
figura dei padroni era indispensabile.
Costoro, in genere degli italiani, parlando
l’inglese e conoscendo i datori di lavoro,
assicuravano agli emigranti un lavoro al
prezzo che loro aveva pattuito con il datore
di lavoro. Ciò implicava per l’emigrante:

l’impossibilità assoluta di contrattare il proprio prezzo d’ingaggio;

il versamento di una tangente (o “pizzo”) o “bossatura” al padrone per il
lavoro ottenuto e/o per l'abitazione procurata;

l'obbligo di acquistare le merci in uno spaccio indicato dal “boss”.
Gli italiani già da tempo residenti negli Stati Uniti gestivano il collocamento degli
immigrati quasi sempre sfruttando i propri connazionali. Giocando sull'ignoranza
della lingua e del funzionamento della società statunitense, esigevano quote dei salari
per il lavoro che procacciavano.
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Il gruppo di sfruttatori era vasto e variopinto: agenti dell'immigrazione, sub
agenti, impiegati comunali, notai, padroni, strozzini. Lavorare per conto di un
padrone fu il destino di molti emigranti.
«L’emigrante è la merce su cui si esercita la speculazione degli intermediari. La
speculazione va a cercarlo nel tugurio per fargli balenare le speranze dell’avvenire, lo
accompagna e lo sfrutta fino al porto d’imbarco, lo segue nella traversata e al suo
arrivo lo consegna ad un’altra speculazione».
Con queste parole del suo intervento parlamentare del 27 novembre 1900, il ministro
Emilio Visconti-Venosta, politico tra i più lucidi del suo tempo, presentava la prima
seria legge italiana a tutela degli emigranti.
TORNA
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I LAVORI DEGLI UOMINI.
Nonostante gli aumenti del costo della vita soprattutto nelle città, è proprio qui che
affluirono le masse degli immigrati, perché era nelle città che l’industria si era
sviluppata e in conseguenza si trovavano più posti di lavoro.
La maggior parte degli immigrati italiani, anche se quasi tutti erano di provenienza
contadina, trovarono impiego all’interno della fabbrica, nei porti per scaricare le
merci, nei cantieri edili, nelle miniere e in quelli della costruzione ferroviaria, e delle
strade. Gli immigrati
italiani accettarono
lavori umili, faticosi,
spesso pericolosi e
sottopagati ed erano
considerati “ una
manodopera di
secondo ordine”. Gli
italiani erano esclusi
da paghe più alte e
lavori migliori non solo
a causa della loro
mancanza di
conoscenze tecniche
ma anche a causa del
pregiudizio razziale
che allora era forte presso la società statunitense.
Si calcola che nel 1906 il
56,46% dei lavoratori nelle
ferrovie erano italiani. In
media lavoravano 10 ore al
giorno, i salari medi giornalieri
variavano da 1,31 a 1,50 dollari
(percepivano un salario più
basso di quello percepito per lo
stesso lavoro dagli operai
ormai americanizzati).
Minatori Italiani in West Virginia agli inizi del Novecento
I lavoratori italiani che girovagavano per tutto il territorio degli Usa per la
costruzione di strade e ferrovie di notte trovavano alloggio nei campi. Solo una
minoranza d’immigrati specializzati riuscì a praticare il mestiere originario (sarti,
barbieri, calzolai, ecc.)
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La tendenza di adattarsi a lavorare nei mestieri più umili e miseri non era una
caratteristica solo degli immigrati italiani. Ogni
nuovo gruppo etnico che arrivava negli Stati Uniti
sostituiva gli immigrati di più vecchia data nelle
prestazioni lavorative dequalificate facendo
progredire questi ultimi nella scala sociale. La
rotazione di etnie diverse all’interno dei diversi
mestieri è una costante nel mondo del lavoro
americano. Italiani, turchi, polacchi, ecc.,
strilloni, arrotini ecc..
svolgevano un ruolo che in periodi precedenti
avevano svolto i tedeschi e scandinavi. Attorno alle
zone in cui la manodopera italiana si insediava, si
aggregava altra forza lavoro italiana che svolgeva
altri lavori poco remunerativi. Tali particolari
forme di impiego di forza lavoro italiana erano i
venditori col carretto di oggetti, i venditori di
frutta, gli spalatori di neve, i lustrascarpe o
Sopra un arrotino italiano in America, sotto tabella della “Immigrazione di operai non specializzati per
l’anno che termina il 30 giugno 1906”
Dalla tabella si vede che dall’Italia soprattutto i poveri contadini, i braccianti e gli
artigiani sono andati a incrementare quella manodopera unskilled (non specializzato) di
cui l’industria americana aveva bisogno.
E non mancarono in questa triste storia dell’emigrazione italiana grandi tragedie e
lutti.
TORNA
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I LAVORI DELLE DONNE
Le donne erano ricercate in larga misura nel settore dell’abbigliamento, trovavano
lavoro sia all’interno delle fabbriche, sia nella produzione a domicilio. Mentre il lavoro
nelle fabbriche tessili era regolato da orari e condizioni di lavoro sottoposti a un
certo controllo, la produzione a domicilio sfuggiva a qualsiasi forma di regola.
Nelle fabbriche il lavoro non doveva durare più di 10 ore al giorno e finiva alle 9 di
sera; a casa invece si lavorava l’intera giornata e i bambini venivano impiegati appena
potevano tenere in mano un ago. Anche se il lavoro a domicilio era durissimo, si
guadagnavano cifre irrisorie che potevano solo avere una funzione di supporto al
reddito di altri membri della famiglia. Questo lavoro consisteva soprattutto in
confezione di fiori artificiali, di finitura di capo di vestiario, di guanti, di cravatte e
altro e si svolgeva nelle misere case degli immigrati che erano composte da una stanza
che era usata da cucina, camera da letto e sala da pranzo. La stanza veniva
trasformata in un piccolo laboratorio e tutti i membri della famiglia erano impegnati a
completare il lavoro. Questo lavoro spesso era l’unica opportunità di lavoro per donne
che non parlavano nessuna parola d’inglese. In tali condizioni di vita e di lavoro si
diffondevano facilmente delle malattie.
Soprattutto la tubercolosi provocava molte vittime. Alla diffusione di diverse malattie
si aggiungevano i numerosi infortuni accaduti sul lavoro. Il lavoro a domicilio diventò il
lavoro femminile per eccellenza. A New York per esempio, dove era molto forte
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l’industria dell’abbigliamento, le italiane rappresentavano il 98,2% delle lavoratrici a
domicilio. Le donne inoltre, in alcuni casi,
costituirono il punto di riferimento per i
connazionali che emigravano senza famiglia in
quanto sostennero l’economia delle “boardinghouses“(le pensioni). La crescente presenza
femminile fra i nuclei di immigrati italiani
all’estero, contribuì alla stabilizzazione
familiare e al definitivo insediamento delle
comunità nei nuovi luoghi di residenza.
TORNA
I LAVORI DEI BAMBINI.
Il “sogno americano” contagiò anche gli
adolescenti che emigrarono clandestinamente e
molto spesso anche da soli. Se erano in buone
condizioni di salute, i ragazzi non venivano
respinti all’ingresso così facilmente come gli
adulti.
Questi ragazzi spesso esercitavano i lavori di
strada: strillone, lustrascarpe, fattorino,
raccattavano stracci, bottiglie, legna e facevano
anche altri piccoli servizi. Lavoravano anche
nelle vetrerie, nelle miniere, nelle fabbriche
produttrici di scatole e sacchetti e di
chincaglierie.
I ragazzi facevano di tutto, ma erano preferiti
per alcuni lavori come per fare l’imbiancatura e
la lavatura dell’esterno delle case, per fare gli
spazzacamini, venditori ambulanti ecc.
In queste due foto, dei primi anni del Novecento, sono
ritratti ragazzi italiani, immigrati a New York con le loro
famiglie, che impiegavano le loro giornate esercitando il
mestiere di lustrascarpe.
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Siccome i costi del mantenimento dei figli nel nuovo mondo erano molto elevati e
poiché le leggi severe rendevano l’inserimento nel mondo lavorativo molto difficile,
l’unica possibilità di contribuire al bilancio familiare in tenera età era la strada o il
lavoro a domicilio. L’attività che di più ha provocò sdegno e commozione nell’opinione
pubblica fu quella dei piccoli
suonatori ambulanti,
cantori e ammaestratori di
animali che dall’Italia
emigrarono nelle grandi
città d’Europa e poi anche in
America. Questo mestiere
aveva una lunga tradizione
in Italia, ma dopo l’Unità il
numero dei piccoli suonatori
ambulanti crebbe
rapidamente. Sembra che il
numero dei suonatori
fanciulli che sono emigrati
dall’Italia in tutto il mondo, alla fine degli anni 60 dell’800, si aggirasse attorno alle
6.000 persone. I bambini erano spesso accompagnati da un
adulto.
Se originariamente emigravano in prevalenza suonatori d’arpa o
di zampogna, con la crisi dopo l’Unità anche semplici contadini
hanno cominciato a praticare questo mestiere. Privi di
conoscenze musicali contavano, per il loro guadagno, solamente
su quanto potevano raccogliere i bambini con la questua. Questo
sviluppo e le loro attività, che erano molto vicine
all’accattonaggio, e
alla schia vitù
sollevarono delle
preoccupazioni
presso i consoli
italiani nelle grandi
città.
Dalla legislazione italiana i suonatori
ambulanti erano visti come una vergogna e
un pericolo per l’onore del nuovo Stato
italiano. A partire dal 1867 la presenza dei
piccoli italiani si intensificò per le strade
di New York, Philadelphia, San Francisco e altre città. Negli Stati Uniti nel 1876
venne approvata una legge che provvedeva che ognuno che si servisse di minori di 16
anni nel mestiere di suonatore ambulante e altri spettacoli di strada poteva essere
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perseguito.
Di conseguenza il numero dei suonatori ambulanti è diminuito drasticamente.
I fanciulli italiani cominciarono allora a fare altri lavori di strada. A cavallo del
ventesimo secolo la vendita dei giornali per le vie in tutte le maggiori città
statunitensi
era
appannaggio
dei fanciulli e
dei ragazzi
italiani.
Bambini
dall’età di
sette anni si
trovavano per
le strade la
mattina
presto e la
sera tardi a
vendere i
giornali. Questi ragazzi erano esposti a molti pericoli della strada. Molti di loro
contraevano presto l’abitudine alle bevande alcoliche e al fumo e a loro si attribuiva la
maggior parte degli atti di piccola criminalità.
A questi ragazzi si attribuiva la maggior parte degli atti di piccola criminalità come
ubriachezza, vagabondaggio e piccoli furti.
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Secondo un`indagine del 1904 tra i reclusi minorenni nati all`estero i ragazzi italiani
rappresentavano oltre il 28 %.
Questa esperienza di strada li rendeva svelti e astuti, i ragazzi imparavano a contare
solo su sé stessi. Questa vita esponeva i bambini anche ad abusi e violenze. Anche
a casa i bambini erano spesso esposti a scatti violenti e altri maltrattamenti.
Un altro mestiere che i ragazzi italiani spesso svolgevano per le strade delle grandi
città era quello del fattorino postale e del commesso di aziende commerciali.
Siccome i ragazzi si accontentavano di compensi modesti, riuscivano a conservare
questo lavoro a lungo. La maggior parte di loro erano figli di immigrati perché per
svolgere questo lavoro bisognava conoscere bene le strade della città.
TORNA
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LE CONDIZIONI DI VITA - PREGIUDIZI – RISCATTO SOCIALE.
Negli Stati Uniti i nostri emigranti entrarono in contatto con una popolazione estranea
per lingua e spesso per religione, con usanze e cultura diverse dalla loro. Gli americani
in genere erano operai specializzati o piccoli proprietari che sapevano leggere e
scrivere e che disprezzavano quella povera gente che sbarcava carica di stracci.
LE CONDIZIONI DI VITA.
Le condizioni di vita nelle grandi città
americane erano spaventose a causa
del malsano affollamento di uomini,
donne e bambini agglomerati nella
promiscuità e nel disordine. «A
Bayard Street, nella Little Italy di
New York, in un solo isolato di
caseggiati che totalizzava 132 stanze,
vivevano 1.324 italiani, per lo più
uomini, operai siciliani che dormivano
in letti accastellati a più di dieci
persone per camera. Spesso alcune di esse erano affette da tisi o altra malattia
contagiosa Vi erano non meno di 360.000 camere abitate, senza finestre, nella sola
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New York, occupate in gran parte da italiani. In moltissime abitazioni, come già visto
precedentemente, si esercitavano mestieri malsani come quello di lavorare gli stracci
o di confezionare e accomodare gli abiti. Data la necessità e anche l’abitudine di tener
chiuse ermeticamente le finestre durante gran parte dell’anno, è facile immaginare in
che atmosfera viziata si viveva.
A questa emarginazione, gli Italiani reagirono appartandosi in quartieri dove
riprodussero il modo di vita lasciato in patria. L’unica ricchezza che gli emigrati italiani
portavano con loro era la forza delle loro
braccia, la voglia di lavorare, la
disponibilità al sacrificio, queste doti li
portarono a svolgere i lavori più pesanti e
rifiutati dagli altri, come le opere stradali
o ferroviarie; attività capaci di garantire
un guadagno immediato da spedire alla
famiglia rimasta in Italia. "Come vivono gli
italiani nei peggiori bassifondi", foto di Jacob
Riis, scattata in Jersey Street nel 1897 ed
esposta al Museum of the City of New York
PREGIUDIZI: MERIDIONALI DISPREZZATI E DERISI.
Il peso del rifiuto e della discriminazione era una costante per i nostri emigrati.
Soprattutto i meridionali lavoravano in settori umili e venivano disprezzati e dileggiati
anche dagli italiani settentrionali che si erano americanizzati. I settentrionali che si
erano inseriti nella società statunitense e volevano rimanere per sempre negli Usa
giudicavano i meridionali come primitivi e cafoni e cercavano attraverso i giornali
italiani di convincere i meridionali ad americanizzarsi e a non compromettere il buon
nome dell’Italia. Gli italiani del Sud, nella maggior parte dei casi, intendevano stare
negli Usa per un periodo limitato, fino a che non avevano guadagnato una certa somma
di soldi per realizzare dei progetti in patria e perciò facevano pochissimi tentativi di
insediarsi nella società americana. Gli
Italiani del Meridione erano accusati di
essere sporchi, rumorosi, arretrati come
qualità della vita e nelle relazioni
interpersonali, e di praticare rituali
religiosi primitivi, di trascurare
l'istruzione dei figli, di costringere in
una condizione di assoluta
subordinazione la donna all'interno della
famiglia.-I Siciliani erano inseriti nel
censimento del 1911 come "non white",
non bianchi, di pelle scura.
Le statistiche censivano separatamente gli Italiani del Nord e quelli del Meridione
come appartenenti a due razze diverse: una "celtica" e l'altra "mediterranea".
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IL RISCATTO SOCIALE.
In effetti l'emigrazione rappresentò per i nostri emigrati un’efficace strumento di
riscatto sociale. Le rimesse inviate a casa, consentirono alle famiglie di vivere una vita
più agiata, più decorosa e ciò coronava e ripagava l’emigrato.
L’emigrato che preferiva il lavoro saltuario, con un salario
(relativamente) alto, che viveva fra stenti e privazioni lo
faceva per risparmiare e poi tornare in Italia per
permettere al proprio nucleo famigliare di condurre una
vita migliore. Per costoro era stato creato il nomignolo di
“bird of passage”.
Quelli invece che avevano deciso di rimanere cercavano di
assicurarsi un'attività
più stabile. La scarsità di
forza lavoro durante la
prima guerra mondiale
accelerò l'integrazione degli italiani nel settore
industriale. Gli italiani una volta stabilitisi
mostravano grande iniziativa imprenditoriale. La
loro ambizione era di diventare capi di sé stessi.
Così i negozi di barbiere e di sartoria, i laboratori
di scultura e di terracotta e le imprese di
costruzioni si diffusero. Gli italiani immigrati
chiedevano il cibo italiano e man mano che il loro
numero aumentava, cresceva anche il numero di
importatori e di produttori locali di prodotti
alimentari italiani. Si aprirono ristoranti italiani,
bar e pizzerie che all'inizio servivano alla clientela
italiana, ma col tempo acquistarono anche una
clientela cosmopolita. Dagli anni Ottanta
dell'Ottocento le Little Italies cominciarono a
sorgere in tutta l'America. Durante gli anni Venti
gli italiani andarono a occupare posti di lavoro
qualificati e semi- qualificati, anche i bambini,
raggiunta una certa età, cominciarono a lavorare
così che aumentarono il reddito familiare
permettendo alle famiglie di godere di condizioni di vita senza precedenti. Aumentò la
percentuale di proprietari di casa in modo notevole così come l' acquisto di beni di
consumo quali la lavatrice, la radio e soprattutto l'automobile.
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LA GRANDE DEPRESSIONE DEL 1929.
Il 24 ottobre 1929, i titoli della Borsa di New York crollano, provocando un crac che è
il più doloroso della storia. Il “giovedì nero”
Con il crollo dei mercati finanziari del 1929
cominciò una fase di disoccupazione, il fallimento
delle banche e la
perdita dei
risparmi
portarono la
maggior parte
delle famiglie
nella povertà.
Anche le
famiglie italiane
furono coinvolte,
ma la loro precedente esperienza di povertà e i loro
legami familiari attenuarono enormemente lo stato
di crisi e riuscirono meglio di tanti lavoratori
americani a superare Le difficoltà.
Sotto sono riportati alcuni collegamenti a filmati di YouTube sull’emigrazione.
FILMATI YOUTUBE
http://youtu.be/spjgHMcF_wM
http://youtu.be/vzT8EqhuYxA
http://youtu.be/5y2N9x2_zno
http://youtu.be/Gt11pMfVcLY
NOTE
The Way They Lived - Italian immigrants in New York - Early
1900's
Alcune foto che fanno capire come gli emigrati irlandesi
vivevano dopo il loro arrivo a New York alla fine del 1800.
Ho fatto questo slideshow con le immagini negli archivi
del Dipartimento di NYC Tenement case, da varie
fotografie di scena di strada di Manhattan, e foto
scattate da pionieri come Jacob Riis che ha combattuto
per migliori condizioni sanitarie tra poveri di New York.a
ase di ringhiera NYC squallidi ... Alla fine è una clip di 1
minuto di uno dei primi film girati a New York nel 1903
da Thomas Edison, che mostra una scena nel Lower East
Side al volgere del secolo, intitolato "Move On" la musica
è dal colonna sonora di "L'assassinio di Jesse James"
Life in the city in the 1900's...Many photos
Some wonderful footage of New York City in the first two
decades of the 20th Century. Contiene molto foto
interessanti
TORNA
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IL COMMISSARIATO GENERALE DELL’EMIGRAZIONE.
Questo Commissariato fu istituito con la legge del 31 gennaio 1901, n. 23, per
controllare e regolamentare il continuo flusso migratorio dall’Italia verso gli altri
paesi europei e soprattutto l’America settentrionale e meridionale, dal momento che
fino a quel momento nel nostro Paese non vigeva una normativa relativamente
all’emigrazione, a dispetto del fenomeno di massa assunto dai flussi migratori fin dalla
seconda metà dell’Ottocento.
Tra i compiti più importanti del Commissariato dell’emigrazione:






Trasmettere la domanda per il passaporto, da rilasciare sempre entro
ventiquattro ore dal ricevimento della domanda, o del nulla osta, muniti inoltre
dalla documentazione prevista per l’assegnazione dei passaporti all’estero.
Porre l’emigrante in diretto contatto con il vettore, ovvero con la compagnie
nazionali o forestiere di navigazione riconosciute dal Regno d’Italia.
Approvare le tariffe dei noleggi che i vettori si propongono di percepire dagli
emigranti.
Sanzionare penalmente e pecuniariamente chi favorisca l’emigrazione
irregolare.
Offrire tutte le informazioni necessarie alla tutela giuridica.
Stabilire norme e direttive per garantire l’assistenza igienica e sanitaria.
Il Commissariato generale dell’emigrazione rimase in vigore fino all’8 aprile del 1927,
quando fu surrogato dalla Direzione generale degli italiani all’estero – in seguito
denominato Direzione generale del lavoro italiano all’estero -, alle dirette dipendenze
della Farnesina, ovverosia del Ministero degli Esteri.
Bibliografia
••• Massimo L. Salvadori, “Enciclopedia storica”, Zanichelli, Bologna, 2000
TORNA
APPROFONDIMENTI
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IL PORTO DI NEW YORK E CASTLE CLINTON O FORT CLINTON O CASTLE
GARDEN
Castle Clinton è un ex forte circolare situato
nella Città di New York a Battery Park, nella parte
meridionale della penisola di Manhattan, che, dalla
metà del XIX secolo, fu utilizzato come centro
di smistamento per l'immigrazione proveniente
dall'Europa. È un monumento nazionale degli Stati
Uniti d'America. Il forte prese il nome da De
Witt Clinton, sindaco di New York, che lo fece
costruire tra il 1808 e il 1811, per rinforzare le difese della baia e sorse in una
posizione strategica della parte terminale di Manhattan
L'esercito poi
Castle Garden Emigrant Landing Depot in Battery Park
affittò la
struttura alla città
di New York nel
1821. Il castello,
fu trasformato in
un luogo
d’intrattenimento,
e rinominato nel
1823 in "Castle
Garden" (foto a
sinistra). Per circa
30 anni offrì ai
cittadini: passeggiate, “beer garden” ristorante, sala mostre, teatro dell'opera.
”The Bay and Harbor of
New York” di Samuel Waugh
(1814-1885), dipinto del
castello del 1848
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L’impennata del numero di immigrati europei che fuggivano dalle grandi carestie del
1846 e dalle rivoluzioni fallite del 1848 spinse le autorità a riqualificare Castle
Garden. Nel 1847 Castle Garden divenne infatti il centro operativo di smistamento
per gli immigrati, per far fronte alla prima grande ondata immigratoria di massa
rappresentata da centinaia di migliaia di irlandesi sfuggiti alla grande carestia
che si era abbattuta sul loro paese sconvolto dalla malattia delle patate.
In una ingannevole guida pubblicitaria distribuita in Europa da agenti dell’immigrazione
i funzionari americani di Castle Garden, che in italiano significa romanticamente
"Giardino del castello", venivano dipinti come persone cordiali, alla mano, disponibili
all’accoglienza dei nuovi emigrati ancor prima di scendere dalla nave.
Anche le pratiche burocratiche venivano presentate come semplici formalità, di breve
durata e nella più completa comodità. La realtà fu ben diversa. Castle Garden “era
sommerso da un flusso enorme di esseri umani confusi, spaventati, carichi di fagotti,
accalcati gli uni contro gli
altri, in preda al panico,
mentre venivano intruppati
come animali in file che
molto lentamente
passavano davanti a
funzionari indifferenti”.
Fino al 1850 circa non
esistevano ancora
procedure ufficiali per
l’immigrazione a New York.
Verso il 1880 le privazioni
che si soffrivano
nell’Europa orientale e
meridionale e la forte
depressione economica nell’Italia
meridionale spinsero altre migliaia di
persone ad abbandonare il Vecchio
Continente. Al contempo in America
stava prendendo il via la rivoluzione
industriale, con un crescente processo
di urbanizzazione.
La stazione rimase in funzione fino al
1890, anno in cui l’amministrazione
federale, sotto pressione di questa
seconda e più imponente ondata
immigratoria proveniente da tutti gli
stati d’Europa, decise di aprirne una più funzionale rispetto alla nuova situazione
verificatasi, appunto quella di Ellis Island.
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Questa scelta delle autorità era
dettata per porre un filtro alla gran
massa di manodopera europea che
approdava sulla costa orientale
americana. Bisognava schedare,
sottoporre a visite mediche e
interrogare minuziosamente ogni
individuo prima che entrasse nel
territorio statunitense perdendosi
nei meandri dei grandi spazi ed
eventualmente rispedire in patria
chi non fosse stato giudicato
idoneo per motivi politici, giudiziari o sanitari. La
società americana aveva sì urgente bisogno di
lavoratori ma doveva pur tutelarsi da gente
inefficiente o pericolosa.
Le stesse autorità non andavano tanto per il sottile
con i giudizi: il 6 novembre del 1879 il New York
Times pubblicò in un articolo una dichiarazione del sovrintendente di Castle Garden,
Jackson, nella quale asseriva che «Tra i passeggeri di Terza classe [...] c'erano
ieri 200 italiani, la
parte più lurida e
miserabile di esseri
umani mai sbarcati».
TORNA
APPROFONDIMENTI
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ELLIS ISLAND: LA PORTA D’INGRESSO DEL SOGNO AMERICANO
stato.
Situata nella Upper New York Bay, a breve distanza dalla costa
del New Jersey, Ellis Island era originariamente conosciuta
dagli indiani americani come “Kioshk”, o “Gull Island” (isola dei
gabbiani, in quanto ne erano gli unici abitanti). Tre ettari di
fango molle e argilla, che in parte veniva coperta dall’alta marea.
L'isola fu acquistata dai governatori coloniali di Nieuw
Amsterdam (divenuta dopo New York) dagli Indiani d'America il
12 luglio 1630 dietro pagamenti di beni in natura. Ad essa fu
assegnata il nome di "Little Oyster Island" a causa delle
deliziose ostriche che vi si riproducevano. Nel corso del 1700,
l'isola fu denominata "Gibbet Island" (l’isola del patibolo) in
quanto lì venivano effettuate le impiccagioni dei criminali di
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Con il passare del tempo prese altri nomi (es.: isola di Bucking; isola di Anderson) e
quello di Ellis (1774) dal suo proprietario, Samuel Ellis. Alla morte di quest’ultimo,
avvenuta nel 1794, lo Stato di New York comprò l’isola per 10.000 $. L’8 giugno del
1808 lo stato di N.Y. cedette il suo diritto di giurusdizione sull’isola al Governo
Federale. L’isola fu subito fortificata
militarmente giusto in tempo per l’incombente
“guerra anglo-amricana (1812-1815)”, in quanto
ritenuta posizione strategica per la sicurezza
nazionale e per il golfo di New York. Per
renderla adatta a questa nuova funzione vi fu
costruito un forte (il forte Gibson, dal nome di un eroe nazionale) dotato di possenti
postazioni di artiglieria.
L’isola, una delle quaranta isole delle acque di New York, divenne famosa dal 1892
quando cioè divenne: Stazione Di Smistamento Per Gli Immigranti.
L’edificio, realizzato in legno di pino della Georgia, era formato da un vasto edificio
rettangolare con quattro basse torri quadrate poste agli angoli. La nuova costruzione
ebbe, però, vita breve: il 14 giugno del 1897, dopo soli cinque anni dall’apertura, il
complesso fu completamente distrutto da un incendio che lo rase al suolo “fino alle
fondamenta”. Il 17 dicembre del 1.900 venne ufficializzato ed inaugurato il nuovo
centro federale per l’immigrazione.
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La nuova struttura, questa volta in muratura, era in grado di accogliere le migliaia di
emigranti che ogni giorno giungevano al porto di New York dal vecchio continente (si
pensi che già nel primo giorno di apertura del centro vi transitarono ben 2.251
passeggeri!). Oltre a vasti ambienti destinati ai controlli sanitari e doganali degli
emigranti (la Registry Room), Ellis Island era dotata anche di un grande deposito
bagagli, di un ristorante e di una biglietteria ferroviaria.
Centinaia di persone si prendevano cura
degli immigrati
In seguito, con l’aumentare degli sbarchi,
fu necessario ampliare la struttura
originaria, dotando l’isola di altri servizi
quali ambulatori, un ospedale, delle cucine
e delle mense. A queste strutture
vennero affiancati successivamente altri
locali, come: biblioteche e sale
cinematografiche destinati ad alleviare il
“soggiorno” degli internati; un dormitorio con 600 letti, mensa, cucina e docce.
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Nei 62 anni di attività in questo posto nacquero 355 bambini e morirono 3.500
immigrati. Negli anni in cui si registrarono i picchi massimi, passarono per Ellis Island
più di 5.000 immigrati al giorno.
Nel 1924 il Congresso impose un tetto massimo agli ingressi per regolamentare
l’immigrazione.
Durante il corso della prima guerra mondiale, in corrispondenza della quasi totale
cessazione degli espatri dall’Europa dovuti alle note vicende belliche, Ellis Island
divenne il luogo di detenzione per gli “stranieri sospetti nemici” (“suspected enemy
aliens”), ovvero, per tutti coloro che, pur essendo residenti in America da anni, erano
originari dei paesi in guerra contro gli Stati Uniti. Nel 1920 l’isola tornò alla sua
originaria funzione di stazione federale per l’immigrazione anche se, fino al novembre
del 1954, anno della sua definitiva chiusura, il complesso fu adibito nuovamente a
scopi diversi tanto che, durante la seconda guerra mondiale, divenne nuovamente un
centro di detenzione per prigionieri di guerra o, in seguito, un centro di
addestramento per il personale della guardia costiera.
In conclusione, si può osservare che in più di 60 anni di attività come stazione
federale per l’immigrazione, Ellis Island ha rappresentato la porta di ingresso alla
speranza americana per milioni di persone (certamente più di 12 milioni).
Non sempre e non per tutti gli auspici di una vita migliore si sono, poi, rivelati tali, ma,
sicuramente per tutti, il passaggio “sull’Isola delle Lacrime” è rimasto impresso in
maniera indelebile nella memoria di ogni emigrante.
Nel 1965 il presidente Lyndon Johnson dichiarò il complesso di Ellis Island
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monumento nazionale incorporandola, di fatto, al parco storico della Statua della
Libertà. A partire dal 1984 l’isola e gli edifici che vi sorgevano furono oggetto di una
profonda operazione di restauro (il maggior progetto di restauro di un monumento
storico mai realizzato negli Stati Uniti, costata, all’epoca, circa 160 milioni di dollari).
I fondi necessari furono raccolti dalla fondazione (The Statue of Liberty - Ellis
Island Foundation, Inc.) che curava i lavori esclusivamente attraverso le donazioni
dei privati. L’intervento
conservativo ha permesso di
riportare la struttura al suo
stato originario ma, fatto
altrettanto importante, ha
permesso anche di dare una
sistemazione adeguata agli
archivi contenenti i dati di
milioni di immigrati.
Una sala d'attesa per il restauro
storico a Ellis Island National Park.
Vista attraverso una finestra rotta ad
Ellis Island National Park a New York.
Dal 10 settembre del 1990
Ellis Island ha riaperto i
battenti come museo federale
dell’immigrazione. Ogni anno il
museo è visitato da almeno 2
milioni di persone.
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Una delle sue maggiori attrazioni è costituita dall’”Honor wall” un monumento che
riporta, inciso su pietra, il nome di tutti gli emigranti transitati per Ellis Island: un
degno modo per ringraziarli per il contributo che hanno dato alla crescita della terra
di adozione.
Su un muro commemorativo
adiacente l'edificio principale
di Ellis Island è riportato un
elenco di nominativi di oltre
500 mila immigrati (foto del
1997)
Dall'isola passarono, tra il 1892 e il 1954 , oltre 12 milioni di persone, pari a circa il
70% dell'intero flusso immigratorio indirizzato negli Stati Uniti. Si può dire che le
origini di oltre 100 milioni di americani (ovvero del 40% dell'attuale popolazione
statunitense) risalgono a un individuo che attraversò la sua grande e rumorosa
Registry Room, facendo di Ellis Island uno dei luoghi di frontiera più famosi del
mondo.
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APPROFONDIMENTI
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NAUFRAGI
Come già detto, le compagnie di navigazione assegnavano al trasporto dei migranti “le
carrette del mare”, con in media 23 anni di navigazione. Si trattava di piroscafi in
disarmo, chiamati “vascelli della morte”, che non potevano contenere più di 700
persone, ma ne caricavano più di 1.000, che partivano senza la certezza di arrivare a
destinazione. E molti perirono in quei tragici viaggi verso la speranza:

576 emigrati, quasi tutti meridionali, nel naufragio dell’“Utopia” avvenuto il
17/3/1891 davanti al porto di Gibilterra;

549 emigrati, di cui numerosi italiani, nel naufragio del “Bourgogne” avvenuto al
largo della Nuova Scozia il 4/7/1898;

Naufragio del piroscafo britannico Lusitania a 20 miglia da Capo Race, nella
provincia di Terranova, con molti italiani a bordo più di 20 morti, era il
25/6/1901;

550 vittime del naufragio del “Sirio”, avvenuto il 4/8/1906 sugli scogli della
costa spagnola di Cartagena;

diversi italiani dei 1.523 morti nel naufragio del “Titanic” avvenuto il 14/4/1912
dopo aver urtato un iceberg;

Naufragio della seconda “Lusitania” affondato da un sottomarino tedesco il
7/5/1915 (foto accanto), 1198 vittime;

206 morti, quasi tutti emigranti, nell’affondamento del piroscafo “Ancona”,
avvenuto il 7/11/1915 da parte di un sottomarino austriaco (vedi immagini);
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
314 vittime (657 denunciate dal “Clarin” di Buenos Aires) nel naufragio della
nave “Principessa Mafalda”, avvenuto il 25/10/1927 al largo del Brasile;
 446 italiani dell’“Arandora star”
vittime dei siluri di un sottomarino
tedesco il 2/7/1940.
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APPROFONDIMENTI
DECESSI
Quando durante il viaggio scoppiava un’epidemia, la difficile situazione sanitaria a
bordo diventava drammatica. Il sovraffollamento, la cattiva ventilazione dei dormitori
e la scarsità delle attrezzature mediche favorivano la rapida diffusione delle malattie.
La malaria e il morbillo avevano il più alto tasso di morbosità e, insieme alle malattie
broncopolmonari e gastrointestinali, costituivano la principale causa di infermità e
morte dei bambini. L’emergenza sanitaria trasformava normali patologie infantili in
pericolosissime epidemie.
Nel periodo 1903-1913, il commissariato registrò 2027 casi di malaria e 3052 casi di
morbillo tra gli emigranti diretti in America, ma, come prova dei miglioramenti
ottenuti dalla nuova legge, solo rispettivamente 674 e 1082 casi nei dodici anni
successivi. La notevole differenza tra i tassi di morbosità registrati nelle correnti
dirette al Nord rispetto a quelle dirette verso il Sud America (rispettivamente 9,6 e
19,9) è dovuta, oltre alla maggiore durata della traversata, al fatto che nell’America
meridionale si dirigevano anche emigranti che probabilmente sarebbero stati respinti
dagli Stati Uniti (Commissariato generale dell’emigrazione 1926). Ecco alcuni dati sui
decessi:

Come rivela il diario di bordo del piroscafo “Città di Torino” nel novembre
1905: «Fino ad oggi su 600 imbarcati ci sono stati 45 decessi dei quali: 20 per
febbre tifoide, 10 per malattie broncopolmonari, 7 per morbillo, 5 per
influenza, 3 per incidenti in coperta».

Tra i casi più clamorosi di “vascelli fantasma” con decine di morti durante la
traversata, il “Matteo Brazzo”, nel 1884, in un viaggio di tre mesi con 1.333
passeggeri ha avuto 20 morti di colera ed è stato respinto a cannonate a
Montevideo.
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
Il “Carlo Raggio” in un viaggio del 18.12.1888 con 1.851 emigranti ha avuto 18
vittime per fame e in un altro viaggio, del 1894, 206 morti di cui 141 per colera
e morbillo.

Il “Cachar” che partito per il Brasile il 28.12.1888 con 2.000 emigranti ha avuto
34 vittime per asfissia e altri per fame.

Il “Frisia” in viaggio per il Brasile il 16.11.1889 ha avuto 27 morti per asfissia e
più di 300 ammalati.

Nello stesso anno sul “Parà” un epidemia di morbillo uccide 34 persone.

Il “Remo”, partito nel 1893 con 1.500 emigranti, ha avuto 96 morti per colera e
difterite e fu respinto dal Brasile.

L’“Andrea Doria” nel viaggio del 1894 ha contato 159 morti su 1.317 emigranti.

Sul “Vincenzo Florio” nello stesso anno i morti furono 20 su 1.321 passeggeri.

Infine, le navi per emigranti, per tutto l’Ottocento, mancavano di infermerie,
ambulatori e farmacie, tanto che, tra il 1897 e il 1899, più dell’1% degli arrivati
a New York fu respinto in Italia perché ridotto in cattivo stato dai disagi e
dalle sofferenze del viaggio.
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APPROFONDIMENTI
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TRAGEDIE
A volte le tragedie che colpivano i lavoratori italiani erano dovute a calamità naturali,
spesso però ad errori umani o a decisioni infami, come la strage di operaie accaduta a
New York il 25.3.1911, quando un incendio devastò gli ultimi piani di un palazzo che
ospitava una camiceria dove lavoravano in condizioni disumane, con le porte sbarrate
dall’esterno, 500 donne: delle 146 vittime 39 erano italiane.
IL DISASTRO DI MONONGAH
Il 6 dicembre 1907, nelle gallerie 6 e 8 della miniera di carbone di Monongah,
cittadina del West Virginia, ebbe luogo il più grave disastro minerario della storia
degli Stati Uniti
d’America. L’incidente
rappresenta anche la più
grave sciagura mineraria
italiana: se nell’assai più
noto disastro di
Marcinelle, in Belgio,
perirono 262 persone,
136 delle quali italiane,
Monongah con i suoi
morti rappresenta l’icona del sacrificio dei lavoratori italiani costretti ad emigrare
per sopravvivere. Le vittime furono inizialmente calcolate «in circa 350», ma già nei
giorni successivi alcuni giornali
parlarono di 425 morti e tale cifra
divenne infine quella “ufficiale”,
confermata dai rapporti della
Monongah Mines Relief Committee,
la commissione che provvide al
risarcimento dei parenti dei
minatori scomparsi. Le 171 vittime
“ufficiali” italiane erano
soprattutto emigrati molisani (un
centinaio), calabresi (una
quarantina) e abruzzesi (una trentina). Il numero e l’identità di molti scomparsi sono
rimasti ignoti a causa della presenza di quei minatori che all’ingresso in miniera non
venivano registrati negli elenchi della Fairmont Coal Company. Il buddy system
permetteva infatti ai minatori di avvalersi, senza esser obbligati a darne
comunicazione al datore di lavoro, dell’aiuto di parenti - anche bambini - e amici con i
quali poi dividevano la paga. La retribuzione non era legata alle ore effettivamente
lavorate ma alla quantità di carbone portato in superficie. Le attuali ricostruzioni
indicano che nell’incidente perirono 956 lavoratori, di cui - secondo le ricerche del
giornale “Gente d’Italia” - più di 500 italiani. TORNA
APPROFONDIMENTI
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I PASSAPORTI.
Uno straordinario documento, il passaporto di un emigrante del 1886. Con simili
passaporti, valevoli per un anno, emigrarono milioni di italiani. Come tutti i
documenti, anche il passaporto veniva a costare una cifra altissima: 2 lire che dopo
il 1901 salirono a 8. Con questi soldi il governo si riprometteva di costruire ricoveri
per accompagnare la partenza degli emigranti e annunciava di intervenire nella
assistenza e tutela degli italiani all'estero.
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PASSAPORTO "A LIBRETTO" DEL REGNO D'ITALIA (1901)
Il documento qui riprodotto è un esemplare molto ben conservato di passaporto a
libretto valido per l'estero. Tale modello è stato introdotto nel 1901 in sostituzione
del vecchio passaporto di una sola pagina ed è stato definito nella forma, sostanza e
dimensioni, dal "Regolamento di attuazione" della legge sull'emigrazione n. 23 del 31
gennaio 1901. L'adozione di un formato a più pagine consentì di destinare appositi
spazi alle annotazioni, ai visti ed ai rinnovi del documento. Ma c'era una mancanza: non
era stato previsto lo spazio per la fotografia del titolare (una tecnica troppo moderna
per l'epoca?) che, in seguito, fu deciso di incollarla su una pagina destinata ad altro
scopo (a volte, la fotografia è collocata sulla seconda pagina di copertina). Il
passaporto destinato ad uso esclusivo di emigrazione riportava (sempre nella seconda
pagina di copertina) le "Avvertenze agli emigranti".
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IL PASSAPORTO ROSSO DELL'EMIGRANTE DEL 1919
Il passaporto rosso fu introdotto dal Testo Unico del 1919 per essere utilizzato, ad
uso esclusivo dell'emigrante, per espatriare dal Regno. Rimase in uso fino al 1928
quando fu abolito con il decreto legge 21 giugno 1028 n. 1710. Era un piccolo libretto
caratterizzato da una copertina di cartoncino rosso dove erano riportate delle
avvertenze redatte dal Commissariato per l'emigrazione. Le "Avvertenze agli
emigranti" mettevano in guardia gli emigranti da eventuali truffe perpetrate ai loro
danni e facevano conoscere, al proprietario del documento, i diritti basilari che la
legge sull'emigrazione gli garantiva.
All'interno, oltre agli spazi riservati all'indicazione delle generalità e alla fotografia,
era prevista anche la possibilità di indicare la professione dell'emigrante e la sua
capacità di saper leggere e di saper scrivere.
Il passaporto era, infine, completato da alcune pagine riservate alle annotazioni
relative ai rinnovi, ai visti di ingresso nei paesi stranieri e alle generalità di eventuali
bambini al seguito. Una particolarità specifica del passaporto rosso era quella di avere
due cedole staccabili dove venivano riportati i principali dati relativi al viaggio (una per
il viaggio di espatrio e una per l'eventuale viaggio di rientro). Queste cedole venivano,
poi, inviate all'ufficio del Commissariato per l'emigrazione e utilizzate per compilare
delle tabelle statistiche sui flussi migratori.
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APPROFONDIMENTI
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ESEMPIO DELLE INFORMAZIONI CONTENUTE NELLA “LIST OF MANIFEST
OF ALIEN PASSENGERS FOR….”
Quello sopra è un manifesto standard della Lista dei passeggeri stranieri, come si può
notare consta di 29 colonne.
Dopo la dicitura: LIST OF MANIFEST…. nella riga sotto si legge:
REQUIRED BY THE REGULATIONS OF THE SECRETARY OF COMMERCE OF LABOUR OF THE
UNITED STATES, UNDER ACT OF CONGRESS APPROVED FEBRUARY 20, 1907 TO BE DELIVERED
TO THE UNITED STATES IMMIGRATION OFF. BY THE COMMANDING OFFICER OF ANY VESSEL
HAVING SUCH PASSENGERS ON BOARD UPON ARRIVAL AT A PORT IN THE UNITED STATES
Richiesta dalla normativa del Segretario del Commercio e del Lavoro degli STATI UNITI, con Atto del
Congresso, approvato il 20 febbraio 1907, e da consegnare all’Ufficio Immigrazione degli STATI
UNITI da parte dell'Ufficiale Comandante della nave che ha avuto i seguenti passeggeri a bordo
all'arrivo in un qualsiasi porto degli STATI UNITI.
Seguono le prime informazioni:
S.S. “Nome della nave” Partito da “Nome del porto di Partenza” 19…. Arrivato nel
porto di “Nome porto di destinazione” seguito dalla data di arrivo.
N.B. Le colonne dal 25 al 29 sono un sottoinsieme della dicitura:
INFORMATION REQ. BY NATULALIZATION ACT OF JUNE 29, 1906
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N°
INGLESE
1
N° ON LIST
2
NAME IN FULL
3
4
5
6
AGE (YRS. MOS.)
SEX
MARRIED SINGLE
OCCUPATION
7
ABLE TO
8
9
NATIONALITY
RACE
LAST PERMANENT
RESIDENCE
NAME & COMPLETE
ADDRESS OF NEAREST
RELATIVE OR FRIEND
IN COUNTRY FROM
WHENCE ALIEN CAME
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
FINAL DESTINATION
ITALIANO
NUMERO DI LISTA
FAMILY NAME
GIVEN NAME
NOME PER INTERO
COGNOME
NOME
ETÀ (ANNI-MESI)
SESSO
MARITATO O CELIBE
OCCUPAZIONE
READ
WRITE
IN GRADO DI
COUNTRY
CITY OR TOWN
STATE
CITY OR TOWN
NAZIONALITÀ
RAZZA
ULTIMA RESIDENZA
PERMANENTE
NOME ED INDIRIZZO
COMPLETO DEL
PARENTE O AMICO
PIÙ VICINO NELLO
STATO E SUA
PROVENIENZA
DESTINAZIONE
FINALE
LEGGERE
SCRIVERE
STATO
CITTÀ
STATO
CITTÀ O PAESE
No ON LIST
WHETHER HAVING A
TICKET TO SUCH
FINAL
DESTINATION
BY WHOM WAS
PASSAGE PAID?
WHETHER IN
POSSESSION OF
WHETHER EVER
BEFORE IN THE
UNITED STATES
WHETHER GOING TO
JOIN A RELATIVE OR
FRIEND; AND IF SO,
WHAT RELATIVE OR
FRIEND, AND HIS
NAME AND
COMPLETE ADDRESS
EVER IN PRISON OR
ALMSHOUSE, OR
INSTITUTION FOR
CARE AND
TREATMENT OF THE
INSANE, OR
SUPPORTED BY
CHARITY? IF SO,
WHICH?
SE IN POSSESSO DI
BIGLIETTO PER LA
DESTINAZIONE
FINALE
CHI AVEVA PAGATO
IL VIAGGIO
IN POSSESSO DI
YES OR NO
WHEN
WHERE
SE È MAI STATO
NEGLI STATI
UNITI
SE VA A
RICONGIUNGERSI
CON UN PARENTE O
AMICO; SE SI,
SPECIFICARE IL
NOME E
L’INDIRIZZO
SE È MAI STATO IN
PRIGIONE, O
OSPIZIO, O
RICOVERATO IN
OSPEDALI
PSICHIATRICI, O
QUESTUANTE? SE
SI, QUALE?
109 / 86
SI O NO
QUANDO
DOVE
20
21
22
23
24
25
WHETHER A
POLYGAMIST
WHETHER AN
ANARCHIST
WHETHER COMING
WITH OFFER,
PROMISE OR
AGREEMENT OF
LABOUR
CONDITION OF
HEALTH
DEFORMED OR
CRIPPLED
HEIGHT
26
COMPLEXION
COLOR OF
27
28
MARKS OF
IDENTIFICATION
29
PLACE OF BIRTH
SE POLIGAMO
SE ANARCHICO
SE è VENUTO CON
OFFERTA,
PROMESSA O
ACCORDO DI
LAVORO
CONDIZIONI DI
SALUTE
DEFORME O
INVALIDO
FEET
INCHES
ALTEZZA
PIEDI
POLLICI
CARNAGIONE
HAIR
EYES
COLORE DEI
CAPELLI
OCCHI
SEGNI
IDENTIFICATIVI
COUNTRY
CITY OR TOWN
LUOGO DI NASCITA
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APPROFONDIMENTI
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STATO
CITTÀ O PAESE
LISTA DEGLI STRANIERI TRATTENUTI (RECORD OF DETAINED ALIENS)
Questa lista, strutturata in colonne, conteneva informazioni sul perché un
determinato immigrato era stato trattenuto, per quanto tempo era rimasto bloccato,
e come si era risolto il caso. Gli immigrati inseriti in questa lista erano semplicemente
dei trattenuti temporanei e il loro caso si risolveva al massimo nel giro di qualche
giorno.
Sostanzialmente in questa “Lista” erano inseriti due categorie di immigrati:

Le donne che viaggiavano da sole (o con i propri figli) e che erano in attesa
del futuro marito, fidanzato o parente maschio che sarebbe venuto a
prenderle. Per la legge americana, queste donne non potevano essere
ammesse senza la certezza che qualcuno si sarebbe preso cura di loro.
Quando arrivava la persona che faceva da garante, nella “Lista” venivano
aggiunte particolari sigle, come: “HUSB” per indicare il marito; “BIL” per il
cognato e così via.
Se in vece il garante non poteva venire, per qualsiasi motivo, era sufficiente che
questi inviasse un telegramma con il quale si rendeva responsabile
dell’accoglienza dell’immigrato. In questo caso l’Ufficio Immigrazione, spediva
l’immigrato per via ferroviaria alla dovuta destinazione e nella colonna
Disposizione (Disposition) della “Lista” veniva trascritto il nome e l'indirizzo
della persona a cui l'immigrato era destinato, e aggiunta la sigla "RR", che stava
a significare che il passeggero era stato spedito per via ferroviaria. Spesso,
società di soccorso per gli immigrati si incaricavano di queste persone e
garantivano il loro sicuro arrivo alla corretta destinazione.
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
Le persone che non avevano sufficiente denaro per acquistare un biglietto
per arrivare alla destinazione finale. In questo caso si apponeva la sigla “to
Tel $", per indicare che un telegramma era stato inviato ai familiari per inviare
denaro per la tariffa di trasporto. Una volta ricevuto il denaro l'immigrato
poteva acquistare il biglietto e veniva rilasciato.
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APPROFONDIMENTI
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LISTA DEGLI STRANIERI TRATTENUTI PER UNA SPECIALE INCHIESTA
(RECORD OF ALIENS HELD FOR SPECIAL INQUIRY).
Gli immigrati inclusi in questa particolare lista venivano trattenuti per essere
esaminati da una speciale commissione d’inchiesta (The Board of Special Inquiry).
I motivi per cui un immigrato poteva essere trattenuto per una speciale inchiesta
potevano essere tanti, ma i più comuni erano:

Gli immigrati che venivano considerati non in grado di autosostentamento per
motivi finanziari “LPC” (Likely Public Charge, cioè a carico del servizio pubblico).

Gli immigrati che necessitavano un ricovero ospedaliero per motivi di salute
“MED” (Medical, cioè malato fisico o mentale).

Gli immigrati che rispondevano impropriamente a qualche domanda durante
l’ispezione legale o che presentavano una situazione non compatibile con le leggi
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americane (i cosiddetti: “S.I.” gli inquisiti speciali, che rappresentavano il 10%
dei casi).
La tabella sopra elenca le sigle ed i corrispondenti significati dei motivi per cui gli
immigrati potevano essere trattenuti.
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APPROFONDIMENTI
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