EFFETTO COMPTON Esperimento di diffusione dei raggi x L’effetto Compton consiste in questo: Se un fascio di raggi x colpisce una piastra di grafite(*)(carbonio), la radiazione uscente viene deviata di un angolo Ɵ (perché i quanti di energia dei raggi x colpiscono gli elettroni contenuti nella grafite e vengono deviati come nelle palle da biliardo) e l’elettrone (miliardi di elettroni) viene espulso con un angolo Φ. Si dimostra che, detta λ la lunghezza d’onda del raggio incidente e λ' quella del raggio diffuso, > C 1 cos 1 (*) la grafite ha la proprietà di moderatore delle reazioni nucleari perché aumenta la lunghezza d’onda, diminuisce la frequenza c quindi diminuisce l’energia delle radiazioni quindi il calore Nei reattori delle centrali nucleari si utilizzano delle barre di grafite. C è la lunghezza d’onda caratteristica di Compton h è la costante di Planck h C me c me è la massa dell’elettrone c è la velocità della luce m2 J s kg s 2 s C m m m kg kg s s Dalla (1) si osserva che la lunghezza d’onda della radiazione diffusa dipende solo dall’angolo Ɵ con cui la radiazione viene diffusa. Compton riuscì a dimostrare tale formula ipotizzando, come aveva fatto Einstein, la natura corpuscolare della luce; di conseguenza la radiazione dei raggi x è costituita da quanti di luce, i fotoni, che vanno a colpire gli elettroni posti nella grafite; dall’urto tra queste due particelle si origina una deviazione sia del fotone che dell’elettrone. Dimostrazione Applichiamo il principio di conservazione dell’energia al sistema fotone-elettrone. Energia del fotone prima dell’urto + energia dell’elettrone prima dell’urto = energia del fotone dopo l’urto + energia dell‘elettrone dopo l’urto h me c h pe c me c 2 2 2 2 4 1 pe=quantità di moto dell’elettrone Applichiamo adesso il principio di conservazione della quantità di moto all’urto fotone-elettrone p = quantità di moto del fotone prima fotone B dell’urto p p O pe pR p C elettrone p p pe p risultante ha modulo, direzione e verso di p. p' = quantità di moto del fotone dopo l’urto pe=quantità di moto dell’elettrone dopo l’urto Applicando il teorema di Carnot al triangolo OBC pe p p 2 p p cos 2 2 2 2 2 2 2 2 h h h 2 pe 2 2 2 cos 2 c c c mettiamo insieme le formule (1) e (2) 2 h m c 2 h p 2 c 2 m 2 c 4 e e e 2 2 h 2 2 h 2 2 h pe 2 2 2 2 cos c c c dalla (1) (h h me c ) pe c me c4 2 2 2 2 2 (h h me c 2 )2 me c 4 pe c 2 2 2 sostituendo pe2 dell’equazione (2) nella (3) si ha: 3 (h h me c 2 )2 me c 4 h2 2 h2 2 2 h2 cos 2 sviluppando il quadrato si ha: h h me c 2 h 2 h me c 2 h me c me c4 2 2 2 2 2 4 2 2 2 2 2 2 2 h h 2 h cos 2 2 h 2 2 h me c 2 2 h 2 cos 2 me c 2 2 h 2 h cos 2 h 1 cos 2 me c c c La (4) in funzione di λ diventa: c h c c 1 cos 2 me c c h c c 1 1 c 1 cos 2 me c (4) h 1 cos c me h 1 cos c me h 1 cos me c C 1 cos Einstein aveva ipotizzato, utilizzando l’ipotesi di Planck, che la luce fosse composta di quanti di energia, i fotoni che si muovono, secondo la teoria della relatività, con velocità v=c. Dimostriamo che la massa a riposo dei fotoni è zero, ma la loro quantità di moto relativistica è diversa da zero. L’energia totale di una particella di massa m è: E mc 2 m m0 sostituendo si ha: E m0 c 2 E 1 v2 1 2 c m0 c 2 v2 E 1 2 m0 c 2 c ma per il fotone v=c E 0 m0 c 2 0 m0 c 2 m0 0 il fotone ha massa a riposo 0 L’energia relativistica E p c m0 c 4 2 Per il fotone 2 2 m0 0 E p c E p2 c2 p c e per la legge di Planck c h p p h c h p fotone Sin(x) ’, ’ , Sin(x) raggi X grafite eelettrone