Mio figlio Luigi è morto di meningite fulminante il 19 gennaio 2000 a soli 22 anni. Tra le sue carte ho trovato qualche disegno, qualche pensiero che ho deciso di raccogliere in questo piccolo libretto da offrire a coloro che ritengo capaci di amore e tenerezza. Lo offro come un grande tesoro da custodire gelosamente. Nella vita non ci appartiene nulla, a me non appartiene nulla. Solo i miei pensieri, solo i miei sentimenti, solo le mie passioni mi appartengono. L’amore per Luigi è stato immenso. È immenso. È stato un rapporto molto più intenso del legame, comunque forte, tra madre e figlio. È stato un rapporto elettivo, speciale. Cercherò ancora tra le sue carte e cercherò, per il tempo che mi rimane, almeno una briciola nel mondo che mi racconti che la passione per il mio Luigino non sia stata inutile. LUIGI LOPEZ un po’di me Egli sorrise sapendo che il tempo era cessato. Il suo quarto d’ora di autonomia, di vita, divenne in quell’istante infinito. UNIVERSO La grandezza, piano, lenta, immensa. Cio' che ci opprime, sconvolge, ci annienta... Non deve, non può. Ma sei tu, meschino, che impedisci l'evolversi con la tua malinconica Tristezza. ( fine terza media) 5 un po’di me I LIRICA COSMICA Prima era lento, poi... La velocità angosciosa e pazza; ed infine la libertà sospesa ( fine terza media) II LIRICA COSMICA La gara con la luce e poi... irradio te ( fine terza media) 7 un po’di me NOME E SABBIA Nelle prime pagine di un diario trascurato in un buio e silente scantinato, il tuo nome. Nell'ultimo granello del deserto, il Vento... 9 un po’di me IL VUOTO Due specchi perpendicolari che si incontrano nel buio Totale; il Nulla. ...c'è, saremo noi... Ma poi, non si vede, non è Più, preoccupa. Forse non saremo mai. Altro. Fuori e dentro di noi... Il Vuoto. Non è ma c'è! Corpo delimitante... ( fine terza media) 11 un po’di me MORTE Cosa sarebbe la vita senza Fine. Termine, Eterno, insensibile. Quale scopo? ( fine terza media) 13 un po’di me L'INESISTENZA DELLO SFOGO Perché l'Interiorità, l'interiore Disperazione... Perché la vita e la vita con la morte; Amicizia, Odio, perché le Emozioni. Perché l'inesistenza dello Sfogo. ( fine terza media) 15 un po’di me GUERRA Becco di nero corvo cinicamente ricurvo su corpo dissanguato, freddo, sporco. Le invitanti orbite inanimate e putride di carminio sangue raggrumato. Oh, affamato becco, soddisfa la tua sete nel sapore... dell'incolpevole morte. (estate, luglio 1991) 17 un po’di me TRASPARENTE Una volta la luce, con tutta la sua immensità, penetrò nell'acqua con una forza e leggera delicatezza, al contempo permise la creazione di una sostanza purissima e splendida. Era frequente vederli ed assaporarli insieme ma d'allora rara fu l'osservazione. (estate, agosto 1991) 19 un po’di me VOLO Mi addormentai che sapevo volare. Mi immersi leggermente, nuotai, fra grumi, spiagge e deserti di nubi. Viaggiai aereo verso l'inesauribile orizzonte e verso l'immortale trasparenza atmosferica. E respirai profondamente la felicità dell'essere fugace. Cadente ripiombai tra le tormentose lenzuola illuminate dalla tenue e pallida luce della Luna. Poi mi immersi nuovamente nell'eterno disequilibrio e fui accecato dalla luminosità solare, anzi assorbito, e non solo da essa, anche dal Cielo, dalla Purezza e dall'Eterno. (estate, luglio 1991) 21 un po’di me Ora si gettano, li vedi? Nella frescura della purezza estiva e placida, del mare a riva. Si amano senza parlare. Si desiderano senza potere. Sorridono, assaporando, incosciamente insieme, l'amaro calice dell'irrequieta disperazione e quell'altro, addirittura velenoso, dell'incertezza. (estate, agosto 1992) 23 un po’di me Mare crudele e al di là dei picchi il volo, a toccare, prima, con un dito l'universo e poi, con i piedi a sprofondare negli acuminati gorghi. E ora, dalle catene cinto inerme, eternamente cado. (capodanno, Leuca 31-12-94) 25 un po’di me COSMO DI ALOISA Le tonde della Luna, luminescenti intorno, sono le tue guance. Bianche, nel blu che tace. Unica luce del nocchier spaziale, intorno è senza stelle, le tue vette. (capodanno, Leuca 31-12-94) 27 un po’di me Il rumore del mondo scema si odono solo i tuoi sospiri. Il rumore del mondo scema si odono solo i tuoi passi. Il rumore del mondo scema sprofondasti nel sole. Il rumore del mondo scema il buio diventò luce assordante. Il rumore del mondo scema la luce esaltò il tatto. Il rumore del mondo muore così anche le nubi che ostacolarono il tuo cammino. Il suono del vento e del mare vivono per sempre con te e con la luce della tua esistenza. L'ossessione non è più ossessione ma solo un grido impalpabile, è ormai musica sottile. Il ticchettio è morto. Le porte sono spalancate Tu le attraversasti. (1994) 29 un po’di me LUIGI INVISIBILE (lo spettatore dietro lo specchio infrangibile) Probabilmente non ti ho mai immaginata così. Seduta su una delle panche di Primo, quelle di cemento, insomma su quei gradoni che, come ricordo, cedevano sotto il peso di un piede. Così meravigliosa con quel vestito bianco, quanto ti vorrei vedere. Quanto ti vorrei vedere da lontano e dire al mio vicino: ''quella, è la mia ragazza''. Che bel sorriso hai, certamente si scorge di più con quei capelli corti. Quando sorridi, ingenuamente si socchiudono gli occhi, diventano due fessure e rendi felice chiunque ti parli, o maggiormente chi ti ha fatto ridere. Quanto mi piacerebbe essere quel qualcuno che ti fa divertire. Che cosa terribile, chi è che ti sta facendo divertire? Certamente non sono io. Ci separano così tanti chilometri. No, non sono io, ora non posso corteggiarti, ma lo vorrei tanto. Tremo al pensiero che tu ti diverta con qualcun altro. Che sensazione sciocca; dopo così tanto tempo che stiamo insieme, la lontananza mi allarma. Le mie paure si accavallano e, come mosche, mi atterriscono. Mi sembra - anche se nella realtà, così non è - che esse mi leghino al letto e mi torturino lentamente ed io, con gli occhi sbarrati, ti vedo sorridente con la mano stretta da un uomo simpatico, bello. Sento, con le mie orecchie tese, i tuoi discorsi notturni, al buio della soffitta. Parli con tua sorella e le descrivi le sensazioni meravigliose che hai provato quando Lui ti ha portato dietro al bar e ti ha confessato il suo amore. Francesca ti ha domandato: ''l'hai 31 un po’di me baciato?'' e tu non rispondi. Perché non le rispondi, perché sorridi maliziosa e ti nascondi sotto le lenzuola? Sto tremando, non rispondi. Ti ha detto che non lo dice a nessuno, nemmeno a me - devo aver sbagliato qualcosa, perché dice così? - ''Dai, non lo dico a nessuno''. Te lo chiede con aria persuasiva, sembra che stia giocando ma io qui soffro. Stai rispondendo ma non ti sento. Ridete, anzi capisco che è lei che ti fa ridere con qualcosa che ha detto. Le getti il tuo cuscino e ridi anche tu. Leggo dalle tue labbra: ''Cretina!''. Tu stai sorridendo e le hai detto ''cretina'' come si dice a una persona che fa un'allusione completamente calzante. Vi addormentate e la luce della Luna non mi abbaglia, né il buio offusca il mio sguardo. Vi siete date la buona notte, come al solito, molto distaccate, tanto lo sapete che vi volete bene; il momento di intimità, di fraterna complicità, sempre un po' idealizzata ed irreale, è finito. No, lei ti lancia ancora uno sguardo di falso rimprovero e tu le rispondi, seguendo il copione del gioco ''mamma e figlia'' che facevate da piccole, socchiudendo gli occhi in un sorriso, chiuso tra le spalle. Ora dormite davvero e tu appari così inerme, fragile ma felice. Mi terrorizzi. Cosa starai sognando? Sorridi nel sogno. Forse le nostre giornate in montagna, nel sole, sull'erba? Non confondermi con quell'altro. Non sognarlo nei nostri ricordi. Ti prego, non lo chiamare Luigi. ( Roma 1-7-95 1:35) 33 un po’di me FAVOLA Camminarono, lungo il marciapiede, in fila indiana procedendo lentamente, raccolti nei loro giacconi. C'era freddo. Cercarono di non inciampare. Evitarono le pozzanghere nere ed uscirono dal marciapiede riempito dei cofani delle automobili sparpagliate ai lati della strada. I due apprezzarono il silenzio notturno. Sorrisero senza guardarsi. Pensarono di essere vicini ad una casa, la loro, dove genitori o parenti li avrebbero rimproverati per il ritardo a cena senza troppa convinzione. Due auto sfiorarono i loro gomiti appesi alle spalle. Sentivano gelarsi i piedi e la testa bagnata. La mamma li avrebbe asciugati con apprensione, ma anche con una certa ed appena ritrovata tranquillità: ormai i suoi tesori erano a casa in balia delle sue energiche mani e del suo fon. Arrivati al bivio i due alzarono gli occhi da terra e cercarono, nelle direzioni opposte, qualcosa di conosciuto. I loro passi si fecero più rapidi e divergenti. Non si salutarono. Non si conoscevano affatto. Erano vestiti male e non avevano né casa né madre. Forse avrebbero desiderato essere fratelli o amanti. (L'una meno cinque della notte 9/10-10-95) 35 un po’di me SPECULO ERGO SUM E se la matematica fosse la strada sbagliata? Il modo di pensare comune ed in particolare quello filosofico comporta situazioni limite che non hanno logica. Sui grandi temi delle diatribe culturali il pensiero umano tende a poter ipotizzare, con la stessa veemenza, tesi opposte. In fin dei conti si può giungere alla provocazione che i sofisti furono i primi a svelare il senso (o nonsenso) più intimo dell'evoluzione umana. Per questo “la matematica non è un’opinione”, questo viene detto con molta fermezza e quasi una certa gloria nell'appartenere al genere umano, genere di esseri che hanno nella loro storia scoperto la perfezione matematica: in questo modo l'uomo vede se stesso come creatore di un mondo più armonico del mondo reale, quindi essere superiore alla sua stessa natura. Praticamente i procedimenti logico-matematici divengono, rispetto a quelli di tipo filosofico, i soli ad essere nobili e “qualificati”; divengono il senso stesso dell'esistenza umana ed in particolare della coscienza. Ma se ciò fosse un abbaglio? Se la matematica riuscisse a contraddire se stessa? Non ci sarebbe nulla nell'universo ad avere un briciolo di senso. (circa l'una di notte del venticinque giugno 1998) 37 un po’di me FRANZ LISZT: UNGARISCHE RHAPSODIE Nr. 1 LES PRELUDES C’è un momento in cui la partitura di Les Preludes si fà prima viva e poi commovente. La “nascita” del brano è lo stupore imbecille, ma poi... Parte l'enorme macigno bianco, nel “blu che tace”. È il bianco di un'astronave. Alla partenza risonarono rombando come Golia i reattori ma appena lontani da loro piccolo pianetucolo i nocchieri spaziali non udirono più la gloria di un rumore tanto terrestre ma ascoltarono umilmente il silenzio. Il primo che ebbe il coraggio di muoversi fu colui che slacciatosi dall'imbracatura, si avvicinò all'enorme oblò - che al piccolo uomo sembrava la più misera e malsicura delle finestre di un sobborgo cittadino - e, gettando le sue anime al di là del finestrone, le perdeva ad una ad una. La sua curiosità divenne pensiero sospeso in un attimo, quando si accorse dei mille colori che pulsavano intorno a lui. Senza riflettere prese la decisione. Dopo un infinito dedalo di corridoi luminosi, di cui peraltro cominciò a perdere consapevolezza, coperto da numerosi strati isolanti e protettivi, guardò la galassia che lo inglobava e si gettò. 39 un po’di me PRIMA RAPSODIA UNGHERESE Corrugò la fronte, scoprì che nel suo piccolo cranio di formica poteva forse concepire tutto ciò che aveva di fronte. Visse un momento di gloria e sorrise. Vide sua madre che con fare terribilmente preoccupato urlava di scendere dal davanzale, era pericoloso. Questa volta scoppiò in una risata fragorosa. Cominciò a danzare, a precipitare allegramente e improvvisamente a sentirsi immobile. Sentì quasi un pavimento di lastre di legno brillanti e vide i suoi scarponi trasformarsi in leggerissime scarpe da ballo. Il suono glorioso che risonava nell'universo era la luce ed i suoi colori pulsavano con un alternarsi di archi frizzanti e rombi di contrabbassi e di robusti tromboni. Il vortice parve sospendersi quando il bianco accecante di un clarinetto vibrò in un assolo. Ma gli archi piansero nel ritmo estenuante di un'espressione slava popolare. L'orchestra urlò, un grande sole accecò l'astronauta ungherese. In principio chiuse gli occhi, ma poi penetrato dalla rapsodia assordante e lievissima li aprì coraggiosamente e pianse senza espressione. Il rombo cupo dei contrabbassi e di lampi blu richiamò agli archi e a tutta l'orchestra il pianto. Vi fu un accenno fugace ad una danza più rapida, ma si accorsero tutti che l'universo era commozione e romantica disperazione e la rabbia si trasformò in gloria. L'arpa introdusse la rapida caduta del piccolo essere verso l'enorme stella. La musica cullò la serenità del navigatore e poi con allegria lo svegliò e lo fece esplodere con la gioia di ballare. Egli sorrise sapendo che il tempo era cessato. Il suo quarto d'ora di autonomia, di vita, divenne in quell'istante infinito. 41 un po’di me “Tato”, una parola, poi una frase, un discorso. E infine un litigio. Così passavo il mio tempo con Tato (così lo chiamavo), ma bastava una carezza e una semplice parola per dimenticare ogni cosa. Tanti erano i progetti che pensavamo per il futuro. Li conservo ancora, nonostante tutto, perché credo che lui mi tenga sempre stretta e mi guidi alle cose belle che lui voleva fare ma non ha potuto. Breve è stata la nostra vita insieme, solo nove anni. Gli anni più belli della mia infanzia. La sorellina Silvia (10 anni)