Al suon del tamburo … è bella la guerra
Istituto Nazionale di Studi Romani onlus
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i mutamenti di un’immagine musicale da
Giuseppe Verdi ad Alban Berg
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Conferenza – concerto
a cura di MuSa - Musica Sapienza
Martedì 23 settembre 2014, ore 17.30
Istituto Nazionale di Studi Romani – onlus
Piazza Cavalieri di Malta, 2 – Roma
Al suon del tamburo … è bella la
guerra
i mutamenti di un’immagine musicale da
Giuseppe Verdi ad Alban Berg
Nell’Ottocento
la
guerra
entra
nell’arte
soprattutto come come elemento pittoresco. Nella Forza
del destino, da cui è tratto il verso del titolo, la guerra
rappresenta un momento di socialità fuori dell’ordinario,
nel quale, proprio perché saltano alcuni schemi morali, è
possibile ricavare persino spazi gioiosi. Fino all’inizio del
Novecento la guerra è percepita come un male necessario,
che fa parte della vita e della quotidianità, qualcosa di
doloroso ma inevitabile.
La Grande Guerra modifica radicalmente questa
visione e la sua particolarità è lucidamente percepita da
chi è costretto a viverla. Caporetto non è una battaglia
persa come tante altre, ma il segno che un secolo di ideali
è finito, dopodiché nulla sarà più come prima: un
mutamento epocale, di cui anche i compositori sono
consapevoli, come testimonia, per esempio, Alfredo
Casella nei suoi scritti autobiografici. Dal 1911 al 1922
molti musicisti insistono sul tema della guerra, ma in
modo del tutto diverso rispetto alla generazione
risorgimentale. Alcuni di loro assumono il materiale stesso
della guerra, il suo assordante rumore, minimizzando il
confine fra l’artistico e il realistico: è quanto fa Francesco
Balilla-Pratella, uno dei nomi di punta della musica
futurista. Altri autori rimangono fedeli a
una
trasfigurazione della guerra e rivestono il suo “suono”, per
quanto crudo e violento, della sintassi dell’arte: è il caso di
Riccardo Zandonai con il secondo atto della Francesca da
Rimini composta su libretto di Gabriele D’Annunzio, un
poeta che ben conosceva “il suon della guerra” e la sua
elaborazione poetica. Infine, con un atteggiamento assai
diverso da quelli già descritti, altri compositori assumono
il suono realistico e la reazione psichico-emotiva a esso, e,
a partire da questa elaborazione, riplasmano e
rivoluzionano le
strutture
musicali,
avviando
un
rinnovamento del linguaggio. Questo non significa
celebrare il suono guerresco, come è nelle intenzioni futuriste: al
contrario artisti come Alfredo Casella e Gian Francesco Malipiero
sono pienamente consapevoli degli esiti distruttivi della guerra.
A conclusione vengono presentate alcune delle più gravi
denunce del militarismo come sistema morale: le scene finali del
Wozzeck nelle due versioni di Alban Berg (1914-1922) e di
Manfred Gurlitt (1926), due fortissime rappresentazioni dello
squallore della guerra: nel primo un bambino orfano rimane solo in
scena, nel secondo il coro di soldati fuori scena ripete il verso di
Büchner “Wir armen Leut” (Noi povera gente). Lo stesso
atteggiamento si ritrova nel War Requiem di Benjamin Britten, che
riutilizza testi di Wilfred Owen, uno dei cosiddetti “War Poets”. Il
capolavoro di Britten, del 1961, mostra come la ferita, pure in una
nazione uscita vittoriosa dai conflitti del Novecento, non sia ancora
chiusa e afferma in modo esplicito che dalle guerre tutti escono
ugualmente sconfitti.
A.R.
PROGRAMMA
Sarà presentata una scelta di brani tratti da:
F. Balilla-Pratella, Sinfonia futurista: Inno alla vita, op.
30 (1912);
- La guerra, tre danze, op. 32 (1913)
R. Zandonai, Francesca da Rimini (1914) libretto di G.
D’Annunzio
A. Casella, Elegia eroica, op. 29 (1916); Pagine di
guerra, op. 25 (1916)
G.F. Malipiero Pause del silenzio (1917)
A. Berg, Wozzeck (1914-1922)
M. Gurlitt, Wozzeck (1926)
B. Britten, War Requiem (1961)
----------------------------Soprano: Alessandra Migliorini
Pianoforte: Francesco Internullo, Antonio Rostagno
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Al suon del tamburo … è bella la guerra Conferenza – concerto