THEOREMA
ED ORA PARLIAMO DI
MUSICA…
QUELLA SERIA…
S’INTENDE!
GEORGES BIZET
A cura di Ernesto Algieri V B/G
Il compositore George Bizet nacque
in Francia, a Parigi, nel 1838, dove
morì nel 1875, precisamente a
Versailles. Dopo aver preso lezioni
di pianoforte da Marmontel, a soli
10 anni, entrò al Conservatorio di
Parigi, dove fu allievo di
Zimmermann, J.F. Halévy e forse
Gounod (che, comunque, esercitò su
di lui un significativo influsso). Nel
1857 vinse il Prix de Roma e venne
in Italia. Dopo tre anni di soggiorno
a Roma tornò a Parigi dove si avviò
alla carriera di compositore teatrale.
Georges Bizet
Le sue opere non ebbero quasi
mai accoglienza unanimamente
favorevole, e da parte di alcuni
critici furono frequenti le accuse di
oscurità e di “wagnerismo” (termine
usato allora in una accezione
oltremodo vaga e generica); anche il
suo capolavoro
Carmen andò
incontro a un grave insuccesso
all’Opera-Comique di Parigi nel
1875. Bizet scomparve pochi mesi
dopo e non fece in tempo a vedere il
trionfo che rapidamente la sua
ultima opera conobbe in tutta
Europa. L’eccezionale talento di
compositore teatrale di Bizet si
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riconosce anche nei suoi lavori
giovanili più lontani da una matura
originalità. Recenti riprese moderne
hanno rivelato la briosa vivacità del
Docteur Miracle e di Don Procopio
(composte a 17 e 19 anni); i
Pescatori di Perle (Parigi, 1863),
che ebbe gli elogi del solo Berlioz,
non manca di accenti nuovi, pur
presentando una certa discontinuità,
e rivela l’inclinazione di Bizet a
un’ambientazione “esotica”.
Notevole per diversi aspetti La
bella fanciulla di Perth (1867);
pagine di rilievo contiene Djamileh
(1872); ma i capolavori in cui Bizet
si rivela pienamente sono le musiche
di scena per l’Arlésienne di Daudet
(1872) e la Carmen. All’OperaComique la Carmen suscitò
scandalo per il realismo della
vicenda e per la tragica crudezza del
finale, che, contravvenendo alle
consuetudini di quel teatro, non
terminava con il lieto fine ma con la
morte del protagonista. Le novità
dell’impostazione
del
libretto
(ispirato a una novella di Mérimée)
si inverano in una scrittura musicale
il cui segno nitido ed essenziale
spazza
via
le
convenzioni
dell’opera-comique,
eliminando
quanto di sentimentale e lezioso la
sua tradizione conservava. Oltre alle
opere già citate, Bizet ne progettò
numerose altre (una trentina), che
sono in gran parte perdute, o
incompiute o distrutte. Da ricordare,
inoltre, la garbata Sinfonia, scritta a
17 anni, e i pianistici Giochi
d’infanzia (1871).
Il valore artistico di Bizet, però, è
stato apprezzato diverso tempo dopo
la sua morte, avvenuta il 3 giugno
1875, mentre si trovava nella sua
residenza di campagna di Bougival,
per un attacco di cuore. Egli aveva
portato sul palcoscenico il realismo
psicologico della narrativa di
Stendhal, Balzac e Mérimée.
Carmen fu presto riconosciuta come
l'opera che anticipava il verismo,
protagonista della scena letteraria
europea di quell'epoca. Ben presto,
quindi, l'autore, che in vita aveva
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CULTURA
goduto di ben pochi riconoscimenti
per la sua opera, cominciò ad essere
apprezzato. Pur dovendo competere
con il fascino di Wagner, la sua
musica
influenzò
Ciaikovski,
Chabrier, Mascagni, Leoncavallo e
soprattutto Puccini.
Il soprano lirico Conchita Supervía è
stata una delle più insinuanti, piccanti,
sensuali e complete interpreti di
Carmen in stile Opéra-comique. La
Callas, invece fu Carmen al termine
della sua carriera e solo in studio di
registrazione; comunque ha affrontato
il ruolo nell’originale francese con
straordinaria sensibilità e grande
intelligenza,
diretta
dall’ottimo
direttore George Prêtre.
Ed ora vediamo un po’ più da
vicino “Carmen”. Il libretto,
liberamente tratto dal racconto di P.
Mérimée, è di H. Meilhac e L.
Halévy.
Una sigaraia spagnola,
Carmen, arrestata per una rissa,
seduce il dragone Don José, cui è
stata affidata in custodia. Questi, per
seguirla, lascia il proprio posto e
diventa con lei contrabbandiere,
invano richiamato dalla fidanzata
Micaela. Dopo
qualche tempo
Carmen non corrisponde più alla
passione di José, rivendica la propria
libertà e passa all’amore per il torero
Escamillo. Pur presaga del proprio
destino, affronta coraggiosamente
José che, in preda alla gelosia, la
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THEOREMA
uccide. In una Spagna rivissuta con
la fantasia, la vicenda muove verso
la sua ineluttabile conclusione
tragica a un ritmo serrato.
Una locandina di “Carmen”. L’opera
lirica, composta in quattro atti da
Georges Bizet, su libretto di Henri
Meilhac e Ludovic Halévy è tratta dalla
novella omonima di Prosper Mérimée
(1845). La sua prima rappresentazione
avvenne all’Opéra-Comique di Parigi il
3 marzo 1875, in un allestimento che
scandalizzò il pubblico di allora per il
quale un'opera in cui la protagonista
fuma in scena e il finale prevede un
assassinio era cosa sconvolgente. Con la
Carmen, opera nazionale francese
simile all’Aida di Verdi in Italia, Bizet
si ritagliò un posto di particolare rilievo
tra i musicisti dell’800. La storia
d’amore e morte, considerata il suo
capolavoro, toccò i vertici più alti della
drammaticità. Tra i controversi giudizi
del tempo, il filosofo Nietzsche
pronunciò l’elogio più bello per un
artista, affermando: “Ascoltando la
Carmen si diviene noi stessi un
capolavoro”; e Ciaikovskij, qualche
tempo dopo, scrisse ad un’amica: “In
verità non conosco musica che abbia
maggiori diritti di essere designata come
un modello di ciò che io chiamo
grazioso”.
L’intensità della musica di Bizet e
il suo realismo si realizzano però
con una fluida eleganza, una limpida
raffinatezza, una maestria di
invenzioni melodiche e timbriche
che differenziano nettamente il
compositore dai suoi imitatori di
gusto “verista” e ne fanno per
qualche aspetto un anticipatore di
Debussy. Come scrisse Nietzsche, la
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sua è una musica che si muove “con
i piedi leggeri”.
Vediamo un po’ più da vicino “I
pescatori di perle”. La prima
rappresentazione venne fatta a
Parigi, al Théâtre Lyrique, il 30
settembre del 1863.
Alfredo Kraus (Las Palmas de Gran
Canaria, 24
novembre 1927
–
Madrid, 10 settembre 1999) nel corso
di una rappresentazione de “I pescatori
di perle” (“Les Pêcheurs de perles”) di
Bizet:
famosissima,
e
rimasta
insuperata, la sua interpretazione della
straordinaria e difficilissima romanza
di Nadir “Mi par d’udire ancor…” (“Je
crois entendre ancore).
Il primo atto inizia su una
spiaggia selvaggia dell’isola di
Ceylon in un’ epoca indeterminata. I
pescatori si preparano alla stagione
di lavoro e costruiscono le loro
capanne.
Sopraggiunge
Nadir,
vecchio amico di Zurga, che è stato
eletto capo tribù, e insieme
ricordano il passato e il loro amore
per una danzatrice sacra. Entrambi
allora avevano rinunciato alla donna
per non compromettere la reciproca
amicizia. Alla spiaggia approda una
barca con la quale i saggi del
villaggio
sono
andati
a prendere la vergine che con il suo
canto placherà il mare. La tradizione
vuole che si chieda alla fanciulla,
che ha il capo velato, un voto di
castità, ma la giovane è proprio
Leila, colei che aveva fatto
innamorare di sé Nadir e Zurga.
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CULTURA
Il secondo atto si svolge presso le
rovine di un tempio indiano. Leila
sta riposando dopo il rientro delle
imbarcazioni. Il gran sacerdote
Nourabard le ricorda i suoi impegni
e, per dimostrare la propria
fermezza, ella gli narra di quando
aveva rischiato la morte per salvare
un fuggiasco, che per ricompensarla
le aveva regalato una collana. Più
tardi, Nadir raggiunge Leila salendo
su per le rocce che sono a picco sul
mare. I due decidono di rivedersi
lassù ogni sera, ma vengono scoperti
dal sommo sacerdote e denunciati al
popolo e a Zurga. Quando Zurga
riconosce Leila è preso dalla gelosia
e condanna i due traditori a morte.
Intanto scoppia una terribile
tempesta e i pescatori sono impauriti
e si convincono che si tratti dell’ira
del mare offeso.
Bizet in un ritratto.
Il terzo atto si divide in due scene.
La prima si apre presso la tenda di
Zurga. Leila tenta inutilmente di
difendere Nadir e poi chiede a Zurga
di consegnare la sua collana alla
propria madre. Zurga riconosce il
monile e può identificare in Leila la
bambina, che tempo prima gli aveva
salvato la vita. La seconda scena si
svolge in riva al mare, dove Zurga
ha deciso, per debito di riconoscenza
verso la fanciulla, di salvare i due
amanti facendoli fuggire. Per
distrarre la folla che attende il
supplizio dei due traditori, egli
incendia il villaggio, ma mentre i
due fuggono, Nourabad sorprende
Zurga: sarà lui ad essere messo al
rogo già pronto per placare l’ira
degli dei.
NOVEMBRE - DICEMBRE 2008
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