La mente nel corpo
II
Giacomo Romano
Dipartimento di Filosofia e Scienze Sociali
Università degli Studi di Siena, a. a. 2008/2009
Corso di Filosofia della Mente, II parte
11/12/08
Realismo cognitivo
e idealizzazione della realtà
• “Il tacito assunto alle spalle dei vari tipi di
realismo cognitivo … è che il mondo
possa essere suddiviso in regioni di
elementi e obiettivi discreti.” (VTR: p. 177)
• Il mondo reale tuttavia non può essere
specificato in stati ben definiti
• Nel mondo reale non ci sono elementi che
possano essere nettamente definiti
2
Tra realtà e senso comune
• Il senso comune fino ad ora è risultato
imbattibile nel misurarsi con la realtà
• Le idealizzazioni non riescono a gestire la
realtà perché astraggono dai contesti
• L’atteggiamento del cognitivismo classico
non si è mai misurato con l’interpretazione
• Solo la tradizione ermeneutica ha
contestualizzato nella dimensione storica
3
L’ermeneutica cognitiva
• “Se siamo costretti ad ammettere che la
cognizione non può essere compresa
correttamente senza il senso comune, e
che questo senso comune altro non è se
non la nostra storia fisica e sociale, allora
la conclusione inevitabile è che il soggetto
e l’oggetto della conoscenza … siano in
rapporto l’uno con l’altro attraverso una
reciproca specificazione od origine
codipendente.” (VTR: p. 181)
4
La mente
come sistema complesso
• La dimensione ermeneutica del senso
comune è rispecchiata più fedelmente
dalla mente considerata come sistema
complesso auto-organizzato.
• Nella semplificazione più dozzinale la
mente (o una sua unità o sub-unità) è
identificata come una rete di proprietà
autonome emergenti (ex. VTR: p.115-118)
5
La dimensione incarnata
• Occorre concepire le proprietà mentali
come emergenti da un processo di
interazione con l’ambiente nel quale è
immerso (cfr. VTR pp. 181-188)
• L’interazione con l’ambiente di unità anche
estremamente semplici si sviluppa ad un
livello strutturale: si tratta di una
interazione strutturale, materiale e diretta,
non intenzionale e rappresentazionale
6
L’esempio del Bittorio
• VTR propongono una versione
estremamente esemplificata di un
attrattore (un automa costituito da moduli,
il cui stato è definibile in termini di funzioni
booleane, disposti ad anello); questa
struttura quando interagisce con gli stimoli
dell’ambiente in cui è immerso (diventando
un Bittorio) genera (in base a regole
elementari) delle ricorrenze dinamiche
operative (cfr. ibid.)
7
Autonomia e interazione dinamica
vs. operatività sequenziale
• I sistemi con le proprietà del Bittorio sono
autonomi (operazionalmente chiusi) e
strutturalmente accoppiati (cfr. VTR. p.
187) al contesto con cui interagiscono
• Queste proprietà non sono espresse dai
sistemi operativi fondati sulla relazione
input/output nei confronti dell’ambiente
• Un computer, per es. non crea il significato
delle sequenze con cui opera da solo
8
Autopoiesi e autosemantizzazione
• La proprietà forse più importante di sistemi
autopoietici come il Bittorio è quella per cui
questi si assegnano da soli dei valori
• In questo modo gli stati di un sistema
autopoietico di questo tipo riflettono sia la
propria storia materiale sia il proprio
significato, che del resto è definito proprio
dalla sua storia materiale, non è certo
predeterminato da qualcun altro
9
Un’applicazione:
la percezione del colore
• I colori: varietà di tinta, saturazione e
brillantezza di rosso, verde, giallo, blu,
bianco, nero
• La percezione di un colore dipende
anche dal modo in cui una superficie è
investita dalle radiazioni luminose
• MA dimensione oggettiva e aspetto
relativo (alla luce) non sono gli unici
fattori determinanti
10
Colore e fattori gestaltici
• Se natura della superficie e intensità della sua
illuminazione fossero gli unici elementi
determinanti la percezione del colore, questi
sarebbero sufficienti a farci predire, in base ad
un semplice calcolo, il colore percepito di un
determinato oggetto
• Invece ci sono altri fattori che ci fanno percepire
un colore come costante, nonostante la
variazione della intensità luminosa, così come,
rimanendo costanti luce e colore, la sua
percezione può variare, per es. per l’ambiente!
11
L’esperienza del colore
• Il colore non può essere considerato come
qualità intrinseca degli oggetti sulla base
dell’intensità e della lunghezza d’onda
della luce da loro riflessa
• Una componente essenziale del colore è
determinata dalla struttura del soggetto: le
regioni neuronali che nella loro interazione
fanno emergere l’esperienza del colore
12
L’emergere della percezione
• La percezione emerge dall’interazione dei
processi neuronali suscitati dagli stimoli
visivi ad ogni livello: deriva da una rete
neuronale dinamica distribuita
• Sarebbe inoltre un errore considerare la
percezione come una procedura
puramente visiva: su di essa interferiscono
ben altre modalità (come per es. il suono)
13
Il colore tra mondo e soggetto
• Dovrebbe essere chiaro come il colore
non risulti né in una dimensione percettiva
esclusiva del soggetto, né in proprietà
indipendenti riconosciuti al mondo
• Ma non si potrebbe identificare il colore
come una proprietà oggettiva, che un
sistema cognitivo deve estrarre dalle
caratteristiche fisiche di un oggetto?
14
Il colore nell’entre deux
• La riflettanza superficiale di un oggetto
tuttavia non ha una corrispondenza con le
caratteristiche del colore, percepite di
quell’oggetto: non c’è un aspetto fisico
(non-esperienziale) che possa in modo
autonomo render conto dell’aspetto
esperienziale della percezione del colore
• Per di più le caratteristiche fisiche degli
oggetti sono postulate come predefinite
15
Risvolti categoriali del colore
• Contrariamente a quanto sostenuto da
alcune ipotesi sul relativismo culturale
nella categorizzazione dei colori ci sono
delle categorie di colore pan-umane e
specie-specifiche
• Tali categorie sono costituite da relazioni
costanti tra il sistema cognitivo umano,
l’ambiente e le strutture culturali
16
Il colore:
un esempio di cognizione incarnata
• La percezione del colore rappresenta un
chiaro esempio di dimensione intermedia
tra l’atteggiamento cognitivo realista (della
gallina) e quello soggettivista (dell’uovo):
“Contrariamente alla concezione
oggettivista, le categorie dei colori sono
esperienziali; contrariamente a quella
soggettivista appartengono al nostro
mondo biologico e culturale condiviso.”
(VTR: p. 205)
17
L’anti-rappresentazionalismo
dell’enattivismo
• Così come nel caso del colore, ogni forma
di cognizione incarnata rifiuta l’idea di una
ricostruzione, di una rappresentazione
dell’esterno in un modello interno
• La cognizione si deve intendere come una
forma di azione incorporata, eseguita in
base a processi sensori che non possono
essere distinti dal loro oggetto
18
Il riferimento dell’enazione
• La struttura senso-motoria del soggetto
cognitivo (il corpo) è il punto di riferimento
• Ogni contesto è mutevole per sua natura e
perché disturbato dall’attività del corpo
• “… l’interesse complessivo di un approccio
enattivo … è … quello di determinare i principi
comuni, o le connessioni regolari, che
intercorrono fra il sistema sensorio e quello
motorio, connessioni che spieghino come
l’azione possa essere percettivamente guidata
in un mondo dipendente dal percettore.” (p. 207)
19
L’enazione diffusa
• La prospettiva enattiva (o enazionista) non
è limitata solamente ai canali percettivi più
tradizionali, ma si applica ad ogni modalità
cognitiva
• La categorizzazione, per es., è vista come
una conferma della natura senso-motoria
(in quanto insiste sulla dimensione
funzionale)
20
Enazione ed evoluzione?
• Ma qual è il significato dell’interpretazione
enattiva della cognizione? Come si può
renderne conto in termini più generali?
• Forse si potrebbe ipotizzare che i processi
enattivi siano il risultato dell’evoluzione
biologica e della selezione naturale
• I processi enattivi si spiegherebbero così
come funzionali alla sopravvivenza di un
organismo e al suo adattamento al mondo
21
Quale evoluzione
• I processi enattivi si possono interpretare
come il risultato dell’evoluzione, ma
bisogna chiarire il significato
dell’evoluzione …
• Forse non si devono vedere i percorsi
dell’evoluzione di una specie come
itinerari verso la soluzione ottimale di
determinati problemi …
22
Ortodossia neodarwiniana
• Evoluzione:
1. Modificazione graduale di un organismo
per trasmissione ereditaria; riproduzione
+ eredità = persistenza di un tratto
2. Diversificazione del materiale ereditario
attraverso il processo di …
3. Selezione naturale ↓
• Definizione di un fenotipo
23
L’adattamento neodarwiniano
• I geni (unità ereditarie di base) di un
organismo definiscono i suoi caratteri
ereditari, che sono soggetti a leggere
modifiche nel tempo e che determinano il
tasso riproduttivo di un fenotipo
• Tutte le modificazioni genetiche di una
popolazione costituiscono la sua
evoluzione, relativa al fitness ambientale
24
Adattamento e riproduzione
• È più adatto il fenotipo che ha maggior
successo riproduttivo (in termini
quantitativi) misurato sulla base di
modificazioni ereditarie; ma …
• di solito occorre un partner riproduttivo …
• i geni non agiscono singolarmente …
• l’ambiente varia, come varia un organismo
• La selezione è il filtro della variazione
25
Dubbi sull’adattamentismo
•
1.
2.
3.
4.
5.
Ci sono vari fattori che inducono ad
essere cauti in merito all’ipotesi
adattamentista:
Concatenazione e pleiotropia
Complessità dello sviluppo ontogenetico
Casualità ereditaria
Stasi genetica
Definizione dell’unità della selezione
26
Adattazionismo e Cognitivismo
• La cognizione è concepita come il risultato
dell’adattamento
• Le teorie cognitive adottano concetti di tipo
adattazionista
• C’è un parallelo consolidato tra
adattazionismo e rappresentazionalismo:
in entrambi i casi l’ottimizzazione di una
funzione è identificata come obiettivo
27
Scarica

La_mente_nel_corpo_6