Traduzione esterna
PARLAMENTO EUROPEO
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2004
2009
Commissione per le petizioni
30.11.2005
COMUNICAZIONE AI MEMBRI
Petizione 872/2004, presentata da Maria Cruz Arce Martínez, cittadina spagnola, sul
regolamento relativo all’etichettatura dell’olio d’oliva
1.
Sintesi della petizione
La firmataria, proprietaria di un frantoio a Rioja Alavesa, contesta il modo in cui le autorità
spagnole stanno applicando il regolamento n. 1019/2002 relativo alle norme di
commercializzazione dell’olio d’oliva, segnalando che la sua azienda è stata penalizzata in
diverse occasioni, nella più recente delle quali per aver indicato il nome dell’impresa sulle
confezioni, sulle fatture, sul veicolo usato per le consegne e su opuscoli pubblicitari. La
firmataria chiede in particolare chiarimenti sull’articolo 4, paragrafo 3, del regolamento in
questione, indicando che la sua interpretazione da parte delle autorità spagnole sta mettendo a
repentaglio la libera concorrenza e potrebbe indurre il consumatore in errore.
2.
Ricevibilità
Dichiarata ricevibile il 18 aprile 2005.
3.
Risposta della Commissione, ricevuta il 30 novembre 2005.
“I. INFORMAZIONI DI FONDO/ SINTESI DEI FATTI/ PRECEDENTI
La firmataria possiede un frantoio, in attività da tre anni, a Rioja Alavesa. L’olio prodotto non
è coperto da denominazione di origine protetta e potrebbe provenire da diverse fonti. La sua
azienda è stata penalizzata in diverse occasioni, inizialmente per aver utilizzato il nome
dell’impresa nell’etichettatura e più recentemente per aver indicato il nome dell’impresa sulle
confezioni, sulle fatture, sul veicolo usato per le consegne e su opuscoli pubblicitari.
II. LA DENUNCIA
La firmataria contesta il modo in cui le autorità spagnole stanno applicando il regolamento
(CE) n. 1019/2002 della Commissione relativo alle norme di commercializzazione dell’olio di
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oliva. Chiede, in particolare, un chiarimento sull’articolo 4, paragrafo 3, del regolamento in
questione, affermando che il modo in cui esso viene applicato sta mettendo a repentaglio la
libera concorrenza e potrebbe indurre il consumatore in errore.
III. OSSERVAZIONI DELLA COMMISSIONE SULLE ARGOMENTAZIONI DELLA
PETIZIONE
La designazione dell’origine a livello regionale dovrebbe essere riservata alla denominazione
di origine protetta e all’indicazione geografica protetta onde evitare che si crei confusione tra i
consumatori e ne possano derivare perturbazioni del mercato. In questo contesto, l’articolo 4,
paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1019/2002 della Commissione stabilisce che la
designazione dell’origine è possibile a livello regionale per i prodotti che beneficiano di una
denominazione di origine protetta o di un’indicazione geografica protetta a norma del
regolamento (CEE) n. 2081/92. Tale designazione è disciplinata dalle norme ivi previste.
Negli altri casi la designazione dell’origine è costituita dall’indicazione di uno Stato membro,
o della Comunità o di un paese terzo. L’articolo 4, paragrafo 3, sancisce che non sono
considerati come una designazione dell’origine soggetta alle disposizioni del regolamento in
questione il nome del marchio o dell’impresa la cui domanda di registrazione sia stata
presentata al più tardi il 31 dicembre 1998 conformemente alla direttiva 89/104/CEE o al più
tardi il 31 maggio 2002 conformemente al regolamento (CE) n. 40/94. Come la firmataria
afferma nella petizione, il nome dell’impresa non è stato registrato prima di tali date.
Ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, comma 7 della direttiva 2000/13/CE del Parlamento
europeo e del Consiglio, relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri
concernenti l’etichettatura e la presentazione dei prodotti alimentari, nonché la relativa
pubblicità, l’etichettatura dei prodotti alimentari comporta l’obbligo di indicare il nome o la
ragione sociale e l’indirizzo del fabbricante o del confezionatore.
L’indicazione del nome o della ragione sociale sull’etichetta è obbligatoria. Tale indicazione
deve essere chiara, ma deve essere al contempo realizzata in modo neutro e obiettivo per
evitare qualunque influenza sull’acquirente. L’indicazione del nome o della ragione sociale
non dovrebbe essere tale da indurre, indirettamente, il consumatore in errore o da confonderlo
circa l’origine o la provenienza effettiva del prodotto alimentare.
Spetta al giudice nazionale verificare se, alla luce dei fatti, in questo caso specifico vi è stato
un eccesso di severità nell’applicazione della normativa da parte delle autorità spagnole.
IV. CONCLUSIONI
Poiché il nome dell’impresa fa riferimento a una zona geografica, non si può escludere che
possa creare confusione e indurre i consumatori in errore.
La Commissione non prevede di avviare alcun procedimento, poiché sembra che, nel caso in
questione, il diritto comunitario sia applicato correttamente da parte della Spagna.”
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