“LA MOBILITÀ UMANA”
PROF.SSA EMILIA SARNO
Università telematica Pegaso
La mobilità umana
Indice
1
INTRODUZIONE -------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 3
2
LE DIVERSE TIPOLOGIE DI MOBILITÀ ----------------------------------------------------------------------------- 4
3
MIGRAZIONI PER INFILTRAZIONE----------------------------------------------------------------------------------- 6
4
LE RECENTI MIGRAZIONI INTERNAZIONALI -------------------------------------------------------------------- 8
5
MIGRAZIONI INTERNE --------------------------------------------------------------------------------------------------- 10
6
MIGRAZIONI TEMPORANEE ------------------------------------------------------------------------------------------- 11
7
SALDO MIGRATORIO ----------------------------------------------------------------------------------------------------- 12
8
CAUSE DELLE MIGRAZIONI-------------------------------------------------------------------------------------------- 13
9
L’EMIGRAZIONE ITALIANA TRA OTTO E NOVECENTO E LA FORMAZIONE DELLE
ASSOCIAZIONI ---------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 14
BIBLIOGRAFIA --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 24
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
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1 Introduzione
La mobilità umana cioè lo spostamento da un luogo all’altro è una costante dell’esistenza di
tante comunità come dei singoli individui. Queste ultime sono ormai sempre più complesse per
l’estensione dello spazio della vita (Gesano,1999), che è caratteristica dell’età contemporanea. In
questa lezione quindi si illustreranno le diverse forme di mobilità analizzando come esse
intervengano nella relazione uomo-ambiente1. Come caso di studio si tratterà l’associazionismo
realizzato dagli emigranti italiani.
1
Il tema è ampiamente dibattuto dai geografi, ma anche dai demografi e dai sociologi. Sono recenti i saggi di Augè
(2010) e della Archer (2009) che indagano, dal punto di vista antropologico e teorico, le forme della mobilità, le ragioni
degli spostamenti e le relazioni dell’uomo con le frontiere.
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2 Le diverse tipologie di mobilità
I movimenti migratori sono importanti per comprendere la distribuzione territoriale dei gruppi
umani. Molteplici risultano le tipologie di mobilità praticate2, dalle migrazioni intese come
trasferimenti definitivi agli spostamenti temporanei o periodici configurabili come circolazione3
(quotidiana, periodica, stagionale, a lungo termine). Esaminiamo le seguenti forme4:
-
migrazioni in massa
-
migrazioni per infiltrazione
-
migrazioni interne
-
migrazioni temporanee
-
spostamenti pendolari.
Le migrazioni in massa sono spostamenti, volontari ma anche coatti di gruppi umani
compatti. Si tratta anche di interi popoli; si pensi ad esempio al trasferimento degli Indoeuropei che
nel II secolo a. C. dall’altopiano iranico si sono spostati verso Ovest e verso Est. Ancora i Greci
colonizzarono l’Asia Minore e la Magna Grecia. La storia ricorda le invasioni barbariche come una
forma di devastazione dell’Impero Romano, in realtà si trattò di un vero e proprio movimento dei
popoli di stirpe germanica verso l’Europa centro-meridionale. Come si vede quindi l’età antica e
anche quella medievale sono caratterizzate da questo tipo di migrazione.
Nell’età moderna invece assistiamo a migrazioni coatte come quella del popolo africano portato a
forza nelle Americhe per lavorare nelle piantagioni.
La tratta degli schiavi è un fenomeno
imponente. Altri esodi forzati che la storia ricorda sono generalmente di carattere religioso come
l’espulsione e le persecuzioni subite dagli Ebrei.
Ogni guerra genera molto spesso trasferimenti coatti di masse di persone in fuga. Forme di
migrazioni coatte, come masse in fuga a causa di guerre, sono avvenute più volte anche in tempi
2
Per la classificazione delle diverse forme di mobilità si rimanda a Rocca, 1998; Bergaglio, 2004, Meini, 2008.
La distinzione tra circolazione e migrazioni, quindi tra forme di mobilità a breve o a lungo termine (sia in termini
spaziali che temporali) e le migrazioni vere e proprie è proposta da Gould e Mansell Prothero, 1975, secondo uno
schema illustrato e discusso da Rocca, 1998. Cfr. anche Meini, 2008, che propone lo schema di Zelinsky, 1971.
4
Per l’esame delle diverse forme sono di riferimento bibliografico Dagradi, 1995; De Blji, 1994; Bergaglio, 2004. Le
figure presenti nella dispensa sono tratte dal sito della rivista Limes e dal sito Eurostat.
3
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recenti in Africa. Uno dei casi più eclatanti e recenti è la guerra del Darfur, regione situata
nell’ovest del Sudan, che ha provocato lo spostamento in massa della popolazione. Questi migranti
sono in realtà dei rifugiati, così definiti perché fuggono senza portare nulla con sé, si muovono a
piedi e privi di documenti. Le organizzazioni internazionali cercano di proteggerli e essi hanno
diritto d’asilo politico, ma lo spostamento di queste popolazioni è generalmente drammatico.
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3 Migrazioni per infiltrazione
Dall’età moderna in poi assistiamo non più tanto a migrazioni di interi popoli ma a
migrazioni di piccoli gruppi o comunità. L’emigrazione verso il nuovo mondo diventa un’abitudine
per singoli individui o per piccoli gruppi che vogliono lasciare l’Europa per motivi politici,
religiosi, economici. Questa forma di emigrazione è diventata continuativa tra Otto e Novecento
quando generalmente giovani uomini lasciano la loro terra e cercano fortuna nelle Americhe, come
mostra la figura 1.
Figura 1 I tanti trasferimenti nel continente americano
Qui vi era un gran bisogno di manodopera per cui gli emigranti europei trovavano lavoro
facilmente e potevano mettere da parte il danaro necessario per le loro famiglie. Questa forma di
emigrazione interessò milioni di europei tra il 1880 e il 1970 e nella seconda metà del Novecento fu
scelta come meta anche l’Australia. Si trattava di contadini o operai che solo in un secondo
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momento si fanno raggiungere dalle famiglie. Questa forma di emigrazione a piccoli gruppi ma
continuativa ha anche la caratteristica di essere internazionale proprio perché riguarda trasferimenti
da una nazione all’altra. Questi spostamenti internazionali non riguardano solo l’Occidente ma
anche l’Oriente; molti cinesi si sono nel tempo trasferiti nel Sud-Est asiatico, come molti libanesi e
siriani si sono impiantati nelle città dell’Africa meridionale.
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4 Le recenti migrazioni internazionali
Se la mobilità è un processo comune ad ogni stato, oggi riguarda maggiormente quelli con un forte
squilibrio tra aumento della popolazione e risorse a disposizione come i paesi dell’Africa o
dell’Asia. Gruppi provenienti da queste popolazioni emigrano verso l’Europa o gli Stati Uniti. Ad
essi si aggiungono immigrati provenienti da paesi dell’Europa orientale e dell’America Latina.
Dagli anni Settanta in poi questo fenomeno è diventato crescente e gli stati europei hanno anche
posto restrizioni alle richieste di soggiorno, per cui si assiste tanto alla presenza legale quanto
illegale di extracomunitari (fig. 2). Essi comunque vanno ad effettuare lavori manuali o pesanti e
sopperiscono con la loro presenza
stabile alla diminuzione della natalità propria dei paesi
dall’economia avanzata.
In Italia sono presenti 170 nazionalità: le più diffuse provengono dal Marocco, dall’Albania e dalle
Filippine. La maggior parte degli immigrati vive nelle regioni settentrionali (fig. 3).
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5 Migrazioni interne
Si verificano anche spostamenti all’interno dello stesso stato e generalmente accadono per motivi
economici.
Si è trattato in passato di colonizzazioni organizzate tramite il trasferimento di
contadini da una zona all’altra ad esempio per attuare bonifiche. Così accade nel periodo fascista
per la bonifica della Maremma o della Sardegna. Lo stesso è avvenuto in Russia per il dissodamento
di zone poste a Nord.
Questo tipo di migrazione ha comportato lo spopolamento montano e rurale in quanto le correnti
migratorie si sono dirette nelle città o lungo le coste sia per motivi di lavoro sia per una migliore
qualità della vita. Con l’industrializzazione molti braccianti o pastori, ma anche contadini lasciano
le montagne o le campagne con le loro attività per cercare nuove prospettive inurbandosi. Pertanto,
il processo di spopolamento montano e rurale è strettamente connesso all’urbanesimo, difatti le città
hanno conosciuto negli ultimi due secoli uno sviluppo vertiginoso. E’ un fenomeno che riguarda
particolarmente l’Europa come mostra la figura 4 che evidenzia le aree periferiche e spopolate.
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Figura 4. Aree periferiche e popolazione
(ESPON, Territorial Observation
No.1, 2009, p. 13).
6 Migrazioni temporanee
Vi sono poi spostamenti temporanei e periodici che sono molto diffusi e connessi
all’allevamento o a particolari lavori agricoli. Sono appunto le migrazioni stagionali, come ad
esempio la transumanza.
Anche nelle steppe e nei deserti si verificano spostamenti di comunità che vivono in tende e
scelgono di volta in volta il luogo più favorevole. Il nomadismo è diffuso nel Sahara, in Asia
Centrale e Occidentale.
Gli spostamenti pendolari sono per lo più quotidiani e avvengono generalmente dalle
periferie verso i centri urbani e industriali. Sono ormai un’esperienza comune, infatti, la pluriappartenenza a più spazi e comunità è ormai una costante dell’esistenza quotidiana sia per le
esigenze del mercato del lavoro sia per la diversa visione delle relazioni umane. L’accresciuta
mobilità individuale è stata favorita dai trasporti, mentre le telecomunicazioni, come già si è
chiarito, estendono le possibilità dalla realtà fisica a quella virtuale. In tal senso non solo si
verificano forme di pendolarismo quotidiane, ma anche periodiche. L’ISTAT, che pure dal 1981
registra gli spostamenti giornalieri, nel 2001 ha sperimentato una specifica indagine su quelli
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periodici5. In tale circostanza, circa quattro milioni di italiani hanno dichiarato di trascorrere, in
luoghi diversi dalla propria residenza - in altra dimora - più di novanta giorni ogni anno per diversi
motivi. E’ la chiara testimonianza di quanto la mobilità incida nella nostra vita e sulla nostra
organizzazione socio-economica.
7 Saldo migratorio
Le emigrazioni e le immigrazioni sono due componenti responsabili delle dinamiche di una
popolazione nel tempo, come la natalità e la mortalità6. Si può dunque considerare il tasso di
emigrazione e di immigrazione. Il tasso di emigrazione si calcola rapportando il numero degli
emigrati in un anno alla popolazione di un determinato luogo e moltiplicando il risultato per mille:
Con la stessa impostazione si calcola il tasso di immigrazione. Ponendo in relazione questi
due valori si potrà ottenere il saldo migratorio (cioè la differenza tra il numero degli immigrati e il
numero di emigrati) di un determinato luogo verificando se vi siano più emigrati o immigrati. I dati
5
6
I dati raccolti sono stati resi noti nel 2004 parzialmente e definitivamente nel 2005 sull’apposito sito dell’ISTAT.
Si veda l’opuscolo Fondamenti di geografia della popolazione.
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per calcolare questi indici sono forniti dagli Istituti di Statistica, come l’ISTAT, che prendono in
considerazioni le richieste di permessi di soggiorno o le cancellazioni e le iscrizioni anagrafiche. I
dati sulle residenze, sui domicili e complessivamente i dati forniti dai censimenti sono fondamentali
per studiare i fenomeni migratori; per le ricostruzioni storiche sono utili i dati degli espatri.
8 Cause delle migrazioni
Le condizioni ambientali, si pensi al nesso tra le variazioni climatiche e le carestie o la
complessiva relazione ambiente-popolazione, sono
state
generalmente considerate le cause
principali delle migrazioni; ma una lettura, effettuata in base a questi elementi, è parziale, perché le
dinamiche migratorie non sono da considerarsi
né come un’azione immediata, una sorta di
espulsione, né da definirsi solo numericamente, secondo la teoria dei push/pull factors, che valuta
l’aumento della popolazione quale fattore decisivo dei trasferimenti e la necessità della manodopera
come elemento d’attrazione nei paesi d’arrivo7.
La disamina del complesso fenomeno dei flussi migratori deve essere necessariamente
articolata: il luogo d’origine non può essere considerato, in modo meccanico, il punto di partenza,
ma merita di essere dettagliatamente analizzato per comprendere come, in un determinato territorio,
si concretizzi la necessità di una parte della popolazione a trasferirsi altrove e in quali termini una
tale dinamica demografica sia il risultato di fattori ambientali, scelte politiche, motivi storici. E’
opportuna, in tal senso, la riflessione della geografa Gianna Brunetta: le migrazioni non sono che
l’esito finale di un processo nel quale si è andato deteriorando il rapporto tra uomo e ambiente,
7
Le critiche alla teoria dei push/pull factors sono discusse da Boyd, 1989, e Sivini, 2000, che hanno messo in evidenza l’importanza
della decisione individuale del migrante e delle sollecitazioni sociali del gruppo di appartenenza rispetto alle sole motivazioni legate
alla quantità di popolazione.
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inteso quest’ultimo nel suo significato più ampio di ambiente naturale, economico e sociale 8.
D’altra parte i fattori di attrazione possono essere diversi: la bassa densità di popolazione, incentivi
politici ed economici, la forte richiesta di manodopera, ma anche il richiamo delle reti parentali e le
motivazioni professionali.
L’analisi geografica deve, infatti, non solo rideterminare i flussi migratori, ma ricostruire, a
tutto tondo, le cause dell’allontanamento o del reinserimento, la sistematicità del problema, per
fornire un quadro dinamico delle aree di studio e operare, dove è possibile, una comparazione tra i
territori soggetti all’emigrazione e quelli interessati all’immigrazione, in relazione tanto agli espatri
quanto alle migrazioni interne. Queste ultime sono un oggetto di studio significativo e collegate ai
bisogni dell’organizzazione del territorio nazionale (Dagradi, 1995).
Pertanto, lo studio delle dinamiche migratorie richiede “un approccio integrato” (Cristaldi, 2008, p.
8), per poterne comprendere le diverse e complesse ragioni.
9 L’emigrazione italiana tra Otto e Novecento e la
formazione delle associazioni
Sebbene l’emigrazione a lungo termine e internazionale non fosse sconosciuta agli italiani,
essa diventa una pratica diffusa dopo l’Unità d’Italia. Non è il passaggio politico in sé a diventare
determinante, quanto il fatto che la debolezza strutturale del sistema socio-economico italiano non
regge il confronto con il contesto nazionale e internazionale, nonché con l’innovazione tecnologica
per cui iniziano gli espatri. Il problema riguardò in modo particolare il Mezzogiorno, ma
emigrarono anche piemontesi o veneti finché almeno non si avviò l’industrializzazione. Dall’Unità
in poi si susseguirono diverse ondate migratorie, per cui tra il 1861 e il 1985 sono state registrate
circa 29 milioni di partenze. Principalmente gli italiani si diressero negli Stati Uniti e in Canada, ma
anche in Sud America; nel Novecento scelsero come meta paesi europei come Belgio, Francia,
Svizzera e Gran Bretagna. Infine dagli anni Settanta del secolo scorso diversi italiani si sono
trasferiti dal Sud a Nord.
Dal 1861 al 1881 emigrarono 450.000 italiani, poi i flussi si intensificarono nel primo
decennio del Novecento, rallentarono nel periodo fascista per riprendere con vigore tra gli anni
8
La citazione di Gianna Brunetta è tratta da Nodari, 2002, p. 3.
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Cinquanta e gli anni Settanta del secolo scorso. Da quel
momento il fenomeno è andato
diminuendo per la complessiva crisi economica, ma continua in modo strisciante, benché assuma
nuove modalità, adeguate alle recenti forme di mobilità territoriale, e si caratterizzi soprattutto
come brain drain, ossia trasferimento dei giovani laureati anche fuori dall’Italia.
Gli emigranti italiani dove si sono trasferiti hanno formato comunità e associazioni creando processi
spaziali che meritano di essere indagati9.
L’emigrazione ha «originato vitali comunità di nostri
connazionali e prodotto grandi fenomeni di trasformazione del paesaggio e di integrazione umana
ed economica nelle aree di arrivo e, nel contempo, effetti sociali e territoriali notevoli in quelle di
partenza» (Ruocco, 1996, p. 16).
Tutti gli emigranti non solo gli italiani tendono ad aggregarsi tra di loro nei luoghi di arrivo
per mantenere viva la memoria della loro identità, mentre si adattano al nuovo contesto. Questa
consuetudine può essere esaminata in modo particolareggiato attraverso il percorso evolutivo delle
associazioni degli italiani all’estero10.
Se è storicamente noto il loro percorso verso le regioni europee ed extraeuropee, è
opportuno far emergere le azioni che essi hanno realizzato per mantenere vivo il legame con la
madrepatria. «Il fenomeno dell’associazionismo migratorio italiano nel mondo coinvolge oggi,
secondo dati aggiornati al dicembre 2000, più di un milione e mezzo di italiani» (Colucci, 2001, p.
418).
Gli emigrati, sin dai primi espatri nella seconda metà dell’Ottocento, si sono organizzati per
scambiarsi informazioni, conservare ritualità comuni, incontrarsi periodicamente.
Dopo la prima fase spontanea, i club, avendo un loro statuto e una precisa organizzazione, si sono
posti come intermediari tra le comunità di partenza e quelle di arrivo, assumendo un ruolo socioeconomico. Peraltro, questa esperienza rappresenta un punto di riferimento ineludibile sia per le
recenti forme di mobilità territoriale sia per gli extracomunitari, che pure tendono ad associarsi
durante il loro percorso di inserimento nel contesto europeo ed italiano11.
La prima fase dell’associazionismo, tra la seconda metà dell’Ottocento e i primi decenni del
Novecento, si configura come soccorso reciproco e tutela nei luoghi di destinazione.
Sin dall’inizio, gli italiani, trovandosi in terre diverse da quella d’origine, hanno avviato forme di
aggregazione per vivere ancora tra mura domestiche e per aiutarsi nell’inserimento professionale.
9
Per questo paragrafo il riferimento bibliografico è Sarno, 2009.
10
Per quanto riguarda l’emigrazione italiana e lo studio sistematico del fenomeno a scala nazionale e regionale, si vedano gli Atti del
XXVI Congresso Geografico Italiano del 1992, pubblicati a cura di Cerreti nel 1996.
11
Diversi studi mettono in evidenza i comportamenti aggregativi degli immigrati in Italia; cfr. Krasna, Nodari, 2004; Brusa, 2006.
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Essi riprendono il modello delle società di mutuo soccorso, che, all’ avvio dell’industrializzazione,
erano state costituite dai lavoratori in difesa dei loro diritti12. Le società accompagnano l’esperienza
del viaggio e del trasferimento, ponendosi come punto di riferimento. Gli emigrati si assistono
reciprocamente nella ricerca del lavoro e nella complessiva sistemazione, anche consapevoli di non
essere sempre ben accetti; aggregandosi, inoltre, cercano di mantenere viva l’identità linguistica,
religiosa, culturale. Infatti, il simbolismo religioso identifica spesso le società di mutuo soccorso,
che riportano nella propria denominazione il riferimento ad un santo.
Nel Novecento, dopo il secondo dopoguerra, si assiste a un’evoluzione dei gruppi che si
impegnano a svolgere funzioni di collegamento con i paesi d’origine. La svolta è determinata dall’
attivazione degli enti regionali, che, dal 1970, hanno disposto una serie di strumenti normativi e
hanno garantito alle realtà locali la concreta possibilità di porsi in relazione con le comunità
all’estero.
Dal 1975, le regioni hanno costituito le consulte dell’emigrazione, predisponendo interventi
a favore dei corregionali all’estero. A loro volta, le consulte, divenute attive negli anni successivi,
hanno avuto un ruolo sempre più propositivo e incisivo; vi partecipano politici, esponenti delle
comunità all’estero, rappresentanti dei club.
Nel 1988, è stato istituito il Consiglio Generale degli Italiani all’Estero, al quale prendono
parte i delegati delle diverse comunità e, nel 2000, è stata organizzata la prima Conferenza degli
Italiani nel Mondo. Nel 2003, è stata poi emanata la legge che garantisce il diritto di voto agli
italiani all’estero.
In questo scenario, gli organismi associativi hanno acquistato un ruolo sempre più definito
dal punto di vista legislativo e hanno superato i confini fisici territoriali, costruendo un flusso di
persone, mezzi e beni. Essi si pongono come trait d’union e presentano «dei comportamenti
spaziali di particolare rilievo» (Maier e altri, 1983, p. 73), in quanto da un verso si strutturano come
un insieme coeso, dall’altro stabiliscono delle relazioni sempre più specifiche con la madrepatria.
Nella società postmoderna, quindi, l’associazionismo, nato come forma di difesa della
memoria e di supporto, si è rivitalizzato, garantendo nuovi diritti di cittadinanza a chi emigra.
La dinamica del rapporto tra le associazioni e l’Italia sembra configurarsi quindi come un vero
legame tra un centro, che sia indifferentemente di natura politica, economica o culturale, e una serie
di periferie, che sviluppano percorsi indipendenti ma non del tutto autonomi da una madrepatria
ancora molto forte e molto presente nella vita delle proprie comunità (Colucci, 2001, p. 429).
12
Per gli aspetti caratterizzanti le società di mutuo soccorso e i gruppi associativi si veda Taricone, 2003.
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I club si pongono sia come spazi della memoria sia come intermediari di scambi e relazioni.
Per questi motivi, hanno utilizzato la recente normativa riguardante le organizzazioni non lucrative
di utilità sociale (ONLUS) e hanno l’opportunità di reinvestire gli eventuali utili per i loro scopi.
Un’ulteriore evoluzione è rappresentata dalle costituzione di federazioni e fondazioni, tramite le
quali le associazioni si sono unite, dando vita a organismi con personalità giuridica definita.
L’associazionismo ha ricevuto attenzione dal Ministero degli Affari Esteri (MAE), che ha
deciso di censire13 le diverse formazioni e di pubblicizzarne i dati nel 2000 e nel 2007. I gruppi
hanno fornito notizie precise sulla loro costituzione e organizzazione (fig. 5); la rilevazione del
2000 ha individuato circa 7000 formazioni, distribuite largamente nell’ America settentrionale
(2000) e meridionale (1000), in Australia (800), in Europa (2700), limitatamente in Africa (100) e
in Asia (25).
La rilevazione del 2007, invece, individua 5944 organismi, dei quali fanno parte le società
di mutuo soccorso, le federazioni e le fondazioni, distribuite in settanta stati, a dimostrazione della
grandissima vitalità. Nei sette anni intercorsi tra l’indagine del 2000 e quella del 2007, non vi è
stata una riduzione di club, ma piuttosto si sono rafforzate proprio le fondazioni e le federazioni che
rappresentano il recente sviluppo dell’associazionismo. Peraltro, la seconda indagine, muovendosi
sul piano qualitativo, pone in maggior rilievo le molteplici funzioni svolte dai gruppi.
13
Si vedano i CD Room curati dal Ministero degli Affari Esteri nel 2000 e nel 2007.
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Figura 5 L’ampio sviluppo delle associazioni fondate da italiani, da MAE, 2007.
Questi censimenti forniscono, insieme alle cifre, l’ampio raggio d’azione di ogni formazione
e i loro rapporti con la madrepatria. Gli stati, con un’ elevata quantità di gruppi e partecipanti, sono
diversi, testimoniando le dinamiche dei trasferimenti italiani e delle loro stabili comunità in Canada
e Stati Uniti, in Argentina, Brasile e Australia, in alcune regioni europee come Belgio, Francia,
Germania e Svizzera (fig. 6).
Nel 2007, ciascuna associazione ha indicato la quantità di soci, tranne un terzo di esse,
probabilmente le più antiche e poco attive. Alcune hanno dichiarato anche l’adesione di soci
residenti in Italia, testimoniando una stretta collaborazione giuridico-sociale.
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Figura 6 Stati con elevata presenza di associazioni di emigrati italiani, da MAE, 2007.
Le formazioni, con un elevato numero di iscritti, sono particolarmente numerose, circa i due
terzi, e alcune si fanno notare per una presenza elevatissima di affiliati 14, fino a 30.000, riscontrata
tanto con il censimento del 2000, quanto con quello del 2007.
Le fondazioni contano partecipazioni ancora più elevate, come la
National Italian
American Foundation (N.I.A.F.) che ha circa venti milioni di membri. Istituita nel 1975, essa ha
sede a Washington e si definisce
un'organizzazione senza fini di lucro e senza affiliazioni
15
politiche .
Il consistente numero di club testimonia che gli iscritti siano, oltre agli emigrati, i loro
discendenti, poiché molti di essi vogliono conservare il legame con l’Italia, ma anche consolidare la
loro posizione nei paesi nei quali ora vivono.
14
In Australia sono presenti gruppi particolarmente numerosi, con un’elevata presenza di soci.
La NIAF ha due obiettivi strategici di grande rilievo: consentire agli italiani negli USA di continuare a conservare il loro
patrimonio culturale e mostrare l’importante contributo della comunità italiana allo sviluppo americano. Infatti, essa collabora con il
Congresso degli Stati Uniti per tutte le problematiche che riguardano gli italo-americani. La NIAF è, inoltre, promotrice di importanti
iniziative come conferenze e convegni sulla lingua e cultura italiana, offre borse di studio per studenti di discendenza italiana, o con
almeno un antenato emigrato dall'Italia; monitora costantemente l’immagine degli italiani nei mass-media. Infine, i suoi esponenti
si impegnano a rafforzare i rapporti economici e culturali tra l’Italia e gli Stati Uniti. Ogni anno, nel mese di ottobre, i membri della
NIAF organizzano una kermesse alla quale intervengono importanti esponenti del mondo politico, della cultura e della finanza, e
circa 3.000 persone provenienti dagli Stati Uniti e dall'Italia. In questa occasione, essa conferisce onorificenze ad eminenti
personalità italiane ed italo-americane che si sono particolarmente distinte. La NIAF ha anche contatti con le diverse regioni italiane
per incentivare le presenze turistiche degli italo-americani in Italia; ha, ad esempio, stabilito accordi con la regione Toscana o la
regione Emilia Romagna per questo obiettivo. Le informazioni sulla NIAF sono state tratte dal sito: http://www.niaf.org (accessed
in 2008).
15
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vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
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Inoltre, se l’impegno esplicitamente regionale era già presente nella rilevazione del 2000,
coinvolgendo circa 1000 club su 7000, diventa più corposo nel 2007 e riguarda circa un terzo delle
formazioni. Il monitoraggio continuo, a scala nazionale e regionale, ha sicuramente giovato ai
gruppi che si sono strutturati in modo più definito.
Ogni formazione svolge diverse funzioni16, che
si possono accorpare in tre diverse
tipologie, ognuna corrispondente alle fasi già delineate:
a) associazioni con funzioni assistenziali;
b) associazioni con funzioni ricreative e culturali;
c) associazioni con funzioni socio-economiche.
La prima tipologia, quella assistenziale, raccoglie circa il 20% dei gruppi che, secondo le
caratteristiche proprie della prima fase, dichiarano esplicitamente di fornire diverse forme di aiuto
agli emigrati: sono generalmente società di mutuo soccorso, con un marcato impegno patriottico
(fig. 7).
16
Per l’analisi delle attività dei gruppi associativi si fa riferimento al censimento del MAE, 2007.
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Figura 7 Le funzioni delle società di mutuo soccorso, da MAE, 2007.
La seconda tipologia, molto consistente, pari a circa il 65%, dichiara funzioni ricreative,
sportive, culturali e religiose, tipiche della seconda fase dell’associazionismo. Tali organismi hanno
molti iscritti, svolgono incontri periodici durante le ricorrenze festive e organizzano gare sportive;
dal punto di vista culturale si impegnano realizzando conferenze e seminari sulla cultura italiana. Il
quadro è completato dalle finalità religiose, volte a ricordare eminenti figure di santi.
I club, che svolgono queste attività, sono particolarmente numerosi perché lingua, cultura e
religione rappresentano gli aspetti fondamentali dell’identità umana e rappresentano il mezzo per
consolidarla. Tra le attività ricreative vi sono anche mostre sui prodotti tipici della regione
d’appartenenza, utili a incentivare rapporti socio-economici (fig. 8).
Figura 8 Le molteplici funzioni delle associazioni, da MAE, 2007.
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La terza tipologia accorpa le federazioni, le fondazioni e le associazioni che svolgono
funzioni commerciali, turistiche e politiche, coerenti alla recente evoluzione. Sono un numero
ancora limitato, circa il 15%, ma comunque in crescita, e si impegnano a stipulare partenariati e a
organizzare meeting (fig. 9).
Figura 9 L’evoluzione dei gruppi associativi, da MAE, 2007.
Norberto Lombardi, direttore del Centro Studi sui Molisani nel Mondo, ha così sintetizzato
le riflessioni di un emigrato: «L’emigrazione resta l’emigrazione: un’esperienza che ti dà molte
delle cose che non avresti potuto avere se fossi rimasto, ma che ti divide per tutta la vita tra te stesso
e le tue origini, tra quello che sei e quello che potevi pensare di diventare»17; se questa è la
stigmatizzazione della lacerazione del distacco, le associazioni sono diventate un punto di
riferimento importante nel processo di mediazione tra comunità, poiché sono i nodi della rete
spaziale che si è formata tra le terre di origine e quelle ospitanti. Garantiscono agli emigrati di
conservare il patrimonio culturale delle proprie radici e di incidere socialmente e politicamente nei
contesti nei quali si sono inseriti. Dal canto loro, le istituzioni italiane hanno compreso di doversi
preoccupare degli italiani all’estero e hanno emanato leggi ad hoc.
E’ quindi un percorso evolutivo, coerente al dinamismo attuale della nostra società, nella
quale il migrante ha acquisito il diritto al riconoscimento della sua pluri-identità e la rete associativa
17
Un emigrato molisano Sabato Manocchio, operaio per vent’anni in una fabbrica di mattoni di Bedford (GB), esprime il proprio
conflitto in una lucida riflessione ripresa da Norberto Lombardi e posta come distico al saggio Il Molise fuori dal Molise, 2006, p.
535. La riflessione e le relative notizie sono tratte da Tabasso, 2008, p.270.
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consente questa coesistenza senza fratture. Peraltro, il sostegno di questa rete si arricchisce di
connotati economici e sociali, dal momento che facilita partenariati. Pertanto, l’associazionismo
italiano,
sempre pronto a recepire nuove sollecitazioni, ha dato vita a un modello relazionale
particolarmente valido nella nostra società multietnica.
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