Settimanale
Nuova serie - Anno XXXIX - N. 10 - 12 marzo 2015
Fondato il 15 dicembre 1969
Viva l’8 Marzo!
Proletarie, impugnate la
bandiera dell’emancipazione
femminile, dell’antimperialismo
e del socialismo
di Monica Martenghi
Firenze, 8 Marzo 1984. La compagna Monica Martenghi, Responsabile della Commissione per il lavoro femminile del CC
del PMLI, interviene all’affollata iniziativa organizzata dal
Comitato donne dell’Isolotto per presentare i risultati di un’inchiesta nel quartiere e le rivendicazioni che ne erano scaturite.
Alle sue spalle un pannello che spiega le origini della Giornata
internazionale delle donne (foto Il Bolscevico)
PAG. 2
5 Marzo 1953 – 2015. 62° Anniversario
della scomparsa del grande Maestro
del proletariato internazionale
Stalin
su Stalin
Noi abbiamo il dovere di
appoggiare i movimenti
antimperialisti anche se
alla loro testa ci fossero
degli anti marxisti-leninisti
di Giovanni Scuderi
PAG. 9
PAG. 8
Manifestazione sindacale nazionale USB
Con la responsabilità civile dei magistrati
Renzi punisce i giudici 10mila a Milano contro
Jobs Act, precarietà,
come voleva la P2
razzismo e Expo
Mattarella mette in riga i magistrati
Grave iniziativa
Che impantana i lavoratori nel capitalismo
Landini coinvolge la
Fiom nella “coalizione
sociale” riformista
Il leader dei metalmeccanici di sinistra attacca
Renzi ma non chiede di cacciarlo via
Il socialismo è l’unica proposta
PAG. 6
valida per i lavoratori
200 milioni di soldi pubblici ai gestori privati
Aeroporti toscani,
il “cerchio magico”
di Renzi regista della
fusione tra Pisa e Firenze
L’ANM: “Una sentenza contro
l’indipendenza dei magistrati”
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Nel combattivo corteo presenti lavoratori, tra cui molti precari, disoccupati,
migranti, movimenti sociali, senza casa. Una sindacalista dell’USB elogia il
compagno ottantunenne Lorenzo Santoro che teneva alta la bandiera del Partito
Molti manifestanti approvano i cartelli del PMLI
PAG. 12
A Roma sotto il controllo opprimente e provocatorio delle “forze dell’ordine”
Grande corteo popolare contro
la Lega razzista e fascista
In Italia 10 milioni di poveri
Due milioni e mezzo di giovani non studiano e non lavorano
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Documento dell’Organizzazione di
Caltagirone (Catania) del PMLI
Il PD mette in soffitta l’“incandidabilità”
Il plurinquisito De Luca
Lottiamo
uniti contro
vince le primarie PD
l’amministrazione Il boss di Salerno: “Sono l’azionista di riferimento di Renzi”
il vicepresidente della commissione antimafia: “forti
di “centrorischi di infiltrazioni nelle votazioni”
PAG. 13
destra” del
Il fedelissimo del premier Carrai alla guida
Opporsi con la forza al progetto antipopolare
della nuova società. Il Comune di Pisa si
sindaco Bonanno
piega a governo e regione
No alla costruzione della centrale a
e le istituzioni
Contrarietà dei comitati della piana e
biomasse
nel comune di Forlimpopoli
borghesi!
dell’universita’ di firenze
PAG. 11
PAG. 8 Il comune si oppone a parole, la provincia di Forlì-Cesena
prende tempo e la regione se ne lava le mani
PAG. 12
50mila tra movimenti, centri sociali, Anpi, sindacati,
lavoratori, disoccupati, migranti, studenti. Tre giorni di
contestazioni. Le donne in prima fila. Alla vigilia della
manifestazione Alfano manda la polizia a caricare i
manifestanti a Piazza del Popolo: due feriti e quattro fermi
Né Renzi né Salvini
PAG. 12
Iniziative del PMLI antigovernative
e a sostegno dei lavoratori
Banchini a Modena e
a Borgo S. Lorenzo.
Volantinaggio a
Catania PAGG. 8 e 10
2 il bolscevico / 8 Marzo
N. 10 - 12 marzo 2015
Viva l’8 Marzo!
Proletarie, impugnate la bandiera
dell’emancipazione femminile,
dell’antimperialismo e del socialismo
In occasione della celebrazione
della storica e fondamentale giornata internazionale delle donne, l’8
Marzo, il PMLI rivolge un accorato appello a tutte le proletarie, specie a quelle più avanzate, coscienti
e informate, a fermarsi a riflettere
sull’importanza e l’urgenza di impugnare con forza, entusiasmo e fiducia la bandiera dell’emancipazione femminile, dell’antimperialismo
e del socialismo.
Il primo passo è formarsi una
coscienza politica e di classe della realtà nazionale e internazionale
in cui viviamo, una coscienza indipendente e libera dalla propaganda
governativa e borghese dominante.
Renzi reincarna
Mussolini e
Berlusconi
È ormai passato un anno da
quando Renzi si è insediato a Palazzo Chigi e, al di là delle sue pompose parole, i fatti hanno dimostrato
ampiamente che egli non è l’uomo
del “cambiamento” ma la reincarnazione moderna e tecnologica di
Mussolini e Berlusconi; che le sue
controriforme elettorali, istituzionali e costituzionali, concordate
con il delinquente di Arcore, sono
golpiste, antidemocratiche e piduiste; che la liberalizzazione dei contratti a termine e dell’apprendistato, le “riforme” della legislazione
sul lavoro (il famigerato Job acts),
della pubblica amministrazione,
della scuola, la legge di stabilità e
lo “Sblocca-Italia”, il “patto per la
salute”, le liberalizzazioni e le privatizzazioni, l’emarginazione dei
sindacati sono un crimine contro le
lavoratrici e i lavoratori, i giovani,
i pensionati e tutto il nostro popolo; senza contare il coinvolgimento
dell’Italia nella guerra in Iraq e nei
conflitti in Ucraina e in Libia e la
sua smania, condivisa anche dal neopresidente della Repubblica, Sergio Mattarella, di “dare un posto al
sole” all’Italia nel Mediterraneo e
nel mondo. Ne è un segnale preoccupante l’esercitazione della Marina italiana davanti le coste libiche.
Con tutto ciò oltre a colpire duramente le condizioni di vita e di
lavoro delle masse, l’ambiente e il
territorio, a mettere a serio rischio
l’incolumità del nostro popolo, il
governo del Berlusconi democristiano Renzi ha distrutto lo Stato di
diritto borghese, il diritto borghese
del lavoro e i residui della Costituzione borghese e antifascista del
’48. Proprio ciò che si proponeva la
P2 di Gelli, Craxi e Berlusconi nel
“piano di rinascita democratica” e
nello “Schema R”.
Le donne prime
vittime della politica
del governo
A farne le spese maggiori sono
le masse femminili. La disoccupazione femminile tocca ormai la cifra record del 14,5%. Senza contare le donne che ormai il lavoro
non lo cercano nemmeno più pur
avendone un disperato bisogno. Il
48,2% delle ragazze fra i 15 e i 24
anni sono disoccupate. Il 61,6% nel
Mezzogiorno. Milioni di donne languono nella precarietà più assoluta,
e si riaffacciano prepotentemente
forme di vero e proprio schiavismo
come il caporalato nelle campagne,
che non colpisce solo le donne migranti ma anche le italiane.
Gli stipendi delle lavoratrici
sono ancora decisamente inferiori
a quelli maschili. Le pensionate riscuotono in media il 30% in meno
dei loro colleghi uomini. Più del
50% delle pensionate vive con una
pensione inferiore ai 1.000 euro. Le
statistiche ufficiali ci dicono che la
povertà assoluta, che riguarda ormai almeno una famiglia su quattro,
colpisce soprattutto le donne. Si aggiunga poi l’aumento dell’età pensionabile, i drastici tagli alla sanità
pubblica e ai servizi pubblici in generale che comportano un maggiore
carico sulle donne del lavoro domestico e familiare e si avrà un quadro
di vero e proprio arretramento delle
condizioni di vita e di lavoro delle
masse femminili, una loro verticale
perdita di indipendenza economica,
familiare e maritale.
Una condizione economica e
sociale che alimenta da sempre la
cultura patriarcale, antifemminile,
familista e oscurantista. La stessa
cultura che sta alla base del femminicidio e della catena di inaudite violenze fisiche, morali e sessuali sulle donne, specie in famiglia,
a cui stiamo assistendo. In questo
quadro non ci stupisce che siano
tornate d’attualità le proposte per riaprire in varie forme le “case chiuse”, come i “quartieri a luci rosse”,
una vera e propria legalizzazione
della prostituzione, ossia un sotteso
assenso alla schiavitù delle donne e
alla mercificazione del loro corpo.
Lottare contro
l’imperialismo
Nel mondo domina l’imperialismo. La legge della ricerca del
massimo profitto, in patria come
all’estero, spinge inesorabilmente
l’imperialismo al dominio economico mondiale e quindi alla guerra imperialista. L’imperialismo, in
spregio al diritto internazionale,
spadroneggia e minaccia di intervenire a destra e a manca arrogandosi il diritto di gendarme del mondo,
con o senza la “foglia di fico” del
mandato ONU. Le sue guerre non
portano mai né libertà, né giustizia,
né pace. Come dimostrano le guerre di aggressione imperialiste che
si sono succedute in questi anni in
Serbia, in Afghanistan, in Iraq, in
Libia. Esse alimentano solo il giusto odio e la ribellione dei popoli
oppressi.
Da anni è in atto una guerra tra
gli islamici antimperialisti e l’imperialismo che saccheggia e domina, o cerca di dominare con le armi
i loro paesi. L’Ufficio politico del
PMLI nel fondamentale Documento sull’attentato a Parigi del 7 gennaio scorso, ha chiarito che tutte le
responsabilità ricadono sugli imperialisti francesi e occidentali e che
la contraddizione principale è tra
l’imperialismo ed i popoli oppressi e che tutti i popoli hanno diritto
all’autodeterminazione e all’indipendenza e a risolvere da sé le loro
contraddizioni interne. Ora l’imperialismo è concentrato contro lo
Stato islamico che ostacola i suoi
piani e interessi.
Dobbiamo impugnare quindi
con forza la bandiera dell’antimperialismo, per la libertà dei popoli, per l’indipendenza e la sovrani-
di Monica Martenghi*
La compagna Monica Martenghi, Responsabile della Commissione per il lavoro
femminile del CC del PMLI allo sciopero generale regionale indetto dalla CGIL
a Firenze il 2 luglio 2010 (foto Il Bolscevico)
tà dei Paesi. Battiamoci in primo
luogo contro l’Unione europea imperialista e contro il governo Renzi che si è schierato ormai in prima
linea sul fronte dell’interventismo
militare imperialista. L’Italia deve
uscire dall’Unione europea e dalla Nato, chiudere tutte le basi Usa
e Nato che sono nel nostro Paese,
ritirare i suoi soldati da tutti i Paesi in cui sono attualmente presenti,
rinunciare a ogni intervento armato
all’estero, anche col casco dell’Onu e aprire le frontiere ai migranti.
Dobbiamo imporre al governo Renzi di ritirare l’Italia dai conflitti in
Ucraina, Iraq, Afghanistan, Siria e
Libia. Solo così è possibile impedire che il popolo italiano diventi carne da cannone per gli interessi del
capitalismo e della classe dominante borghese.
Spazzare via
il governo Renzi
Renzi sta davvero cambiando
l’Italia, ma da destra completando
la seconda repubblica neofascista,
presidenzialista e federalista ormai
imperante e gettando il nostro popolo in nuove avventure militari
imperialiste. Va spazzato via al più
presto. Altrimenti rimarrà in carica
venti anni come Mussolini e Berlusconi. E deve essere la piazza a
cacciarlo via attraverso la lotta di
classe e di massa. Urge lo sciopero
generale di 8 ore con manifestazione nazionale sotto Palazzo Chigi.
Riempiamo le piazze al grido
di lavoro. Rivendichiamo un lavoro stabile, a tempo pieno, a salario
intero e sindacalmente tutelato per
le donne, l’effettiva parità salariale, una fitta rete di servizi sociali e
assistenziali pubblici a cominciare
dagli asili nido su tutto il territorio
nazionale, specie nel Mezzogiorno.
Il lavoro, da una parte, e la socializzazione del lavoro domestico,
dall’altra, sono sempre state e restano le due leve principali per la conquista di una reale parità fra i sessi
e dell’emancipazione delle donne,
che potrà realizzarsi pienamente
solo nel socialismo.
Rivendichiamo una scuola e una
università pubbliche, gratuite e governate dalle studentesse e dagli
studenti, una sanità pubblica e totalmente gratuita per tutti. Parallelamente battiamoci contro il familismo e l’oscurantismo imperanti, il
femminicidio, l’omofobia e difendiamo i diritti civili acquisiti e conquistiamone dei nuovi come i pari
diritti per le coppie di fatto e omosessuali sui quali Renzi si è rimangiato ogni promessa.
Diamo un colpo ai partiti della destra e della “sinistra” borghese e in particolare alla megalomania e alle fregole ducesche di Renzi
punendo le sue ambizioni elettorali alle prossime elezioni regionali
e comunali con una valanga di voti
astensionisti (diserzione delle urne,
scheda nulla o bianca) perché le regioni e i comuni siano governati
dal popolo e al servizio del popolo.
Lavoriamo per creare le istituzioni
rappresentative delle masse fautrici
del socialismo. Consideriamo l’astensionismo come un voto dato al
PMLI e al socilaismo.
Ci vuole il socialismo
La nostra società è divisa in
classi, con profonde disuguaglianze economiche, sociali, territoriali
e di sesso. Perdurando il capitalismo nessun governo né della destra
né della “sinistra” borghese riuscirà
mai a capovolgere questa situazione a vantaggio delle masse femminili, lavoratrici, giovanili e popolari. L’Italia ha avuto ormai numerosi
governi di “centro-sinistra”, la socialdemocrazia ha dominato per
anni in Europa e tutti conoscono le
grandi illusioni sparse dai revisionisti e dai trotzkisti, che oggi magari si spacciano per autentici comunisti, quando Zapatero conquistò
il governo spagnolo e Lula quello
brasiliano. La stessa cosa è successa oggi col governo greco di Tsipras
il quale solo dopo poche settimane
si sta già calando le brache di fronte
all’Unione europea imperialista rimangiandosi tutto quello che aveva
promesso in campagna elettorale.
I fatti e la storia dimostrano
che solo il socialismo può cambiare davvero l’Italia, dare il potere al
proletariato e realizzare l’emancipazione femminile. Per questo occorre lottare contro il capitalismo e
i suoi governi, per il socialismo.
Le proletarie avanzate e coscienti devono imparare a guardare oltre
i confini del capitalismo e aiutare la
loro intera classe a fare altrettanto.
Il proletariato nel suo complesso,
deve comprendere che la conquista del potere politico è la madre di
tutte le questioni. Comprendere che
col potere politico il proletariato ha
tutto, senza potere politico, il proletariato non ha nulla.
Una consapevolezza che può e
deve essere riacquistata per far sì
che il proletariato da classe in sé
torni ad essere una classe per sé,
in grado di contrapporre una propria cultura, una propria concezione del mondo e una propria coscienza politica a quella della classe
dominante borghese, recuperando
quel terreno perso a causa del grande imbroglio operato dal PCI revisionista e dai partiti falsi comunisti
suoi eredi.
Come ha brillantemente sintetizzato il compagno Giovanni Scuderi, in un colloquio con la Responsabile della Commissione centrale
femminile il 7 settembre scorso,
“Il potere politico spetta di diritto
al proletariato che produce l’intera ricchezza del Paese ed è l’unica
classe capace di sradicare lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo e le
cause economiche che generano le
classi, le guerre imperialistiche, le
ingiustizie sociali, la disoccupazione, la miseria, il razzismo e la disparità territoriale e di sesso; capace anche di sradicare la cultura e la
moralità borghesi fondate sull’individualismo, l’egoismo, l’arrivismo,
l’arricchimento personale, il predominio dell’uomo sulla donna, la sopraffazione del più forte sul più debole, la corruzione.
Questo diritto il proletariato lo
deve rivendicare con forza e imporlo con la rivoluzione armata quando
avrà creato le condizioni per estromettere dal potere l’ultima classe
sfruttatrice e oppressiva della storia, la borghesia, che sbarra la strada dell’emancipazione del proletariato e di tutta l’umanità.
Ma non ce la potrà mai fare se
Forlì, 8 Marzo 1999. La compagna
Martenghi durante il dibattito organizzato dalla Cellula “Stalin” di Forlì
del PMLI, di cui era l’oratrice (foto Il
Bolscevico)
non acquisisce la sua propria cultura, il marxismo-leninismo-pensiero
di Mao, e non dà tutta la sua forza
materiale e intellettuale al suo Partito, il PMLI”.
La presa di coscienza che solo il
socialismo può cambiare l’Italia e
dare il potere politico al proletariato è il passaggio determinante affinché tutto cambi ideologicamente,
politicamente e organizzativamente
nel proletariato italiano e nell’intera sinistra sociale, e quindi nel rapporto delle masse rivoluzionarie col
PMLI.
Per realizzare questo obiettivo
strategico il PMLI conta in primo
luogo sulle operaie e gli operai, ma
anche sulle ragazze e i ragazzi rivoluzionari e sugli intellettuali che
intendono mettersi a disposizione
della causa del socialismo.
Buon 8 Marzo
Il PMLI è fermamente impegnato a far vivere ogni anno il vero spirito dell’8 Marzo. Quello spirito di
classe che animò le nostre antenate marxiste-leniniste che alla seconda conferenza delle donne socialiste del 1910 decisero di istituire,
su proposta delle marxiste-leniniste russe ed europee ispirate da Lenin, la Giornata internazionale delle donne in ricordo delle 129 operai
della Cotton di New York bruciate
vive nella fabbrica in cui il padrone
le aveva rinchiuse per rappresaglia
e perché dilagasse nel mondo intero la lotta per la parità uomo-donna in tutti i campi e i diritti specifici
delle donne.
Buon 8 Marzo a tutte le masse
femminili sfruttate e oppresse in
Italia e nel mondo!
Buon 8 Marzo a tutte le lavoratrici comprese le precarie, le pensionate, le disoccupate, le casalinghe e le studentesse del popolo!
Buon 8 Marzo a voi care militanti e simpatizzanti del Partito.
Alle più anziane ed esperte di militanza, che da una vita date tutte voi
stesse alla causa del PMLI, del proletariato e del socialismo. Alle ultime giovanissime compagne che
hanno portato la loro freschezza e
il loro entusiasmo e che, stando alla
scuola del Partito, impareranno gradualmente a far bene la lotta di classe e a diventare delle giovani alfiere
rosse della lotta per l’emancipazione femminile e il socialismo.
Viva l’8 Marzo!
Avanti con forza e fiducia verso
l’Italia unita, rossa e socialista!
Coi Maestri e il PMLI vinceremo!
* Responsabile della Commissione per il
lavoro femminile del CC del PMLI
interni / il bolscevico 3
N. 10 - 12 marzo 2015
Mimosa!
di Nerina “Lucia” Paoletti
Qui di seguito pubblichiamo
una riflessione di Nerina “Lucia”
Paoletti dal titolo “Mimosa” in
data 17 febbraio 1974, scritto su
uno dei suoi quadernetti. Deceduta il 6 aprile 2006, Lucia è una dei
primi quattro pionieri del PMLI e
cofondatrice del Partito.
Mimosa! Dolce simbolo del
fiore della Primavera, e simbolo anche delle compagne in lotta. Quando io vedo questo fiore,
non so, mi si irraggia tutto dentro
di me, ed il suo profumo acuto e
delicato mi immette più fiducia,
perché non solo è Primavera ma
anche perché nuovi mesi di lotta
e di vittorie incombono su noi; da
vere comuniste dobbiamo sapere capire ed organizzare le masse
femminili perché esse sole sono
il frutto sano del nostro laborioso lavoro, la loro capacità di capire la necessità impellente di cambiare la società è lo sbocco ed il
contenuto della vera Primavera e
di tante tante Primavere che insieme ad esse, le masse, sapremo vedere germogliare e fiorire
come quella mimosa, e assaporarne i frutti che da essa nascono;
delle comuniste!
Lucia 17/2/1974
Firenze, 18 gennaio 1983. La compagna “Lucia” Nerina Paoletti partecipa
combattiva, con la mimosa appuntata sul petto accanto all’adesivo del PMLI,
alla manifestazione in occasione dello sciopero contro il governo Fanfani. In
tasca teneva in evidenza “Il Bolscevico” (foto Il Bolscevico)
La mimosa dipinta dalla compagna Lucia per realizzare dei manifesti per l’8
Marzo. L’originale fu donato alla compagna Monica Martenghi, è esposto nella Sede centrale del PMLI e de “Il Bolscevico”
A Roma sotto il controllo opprimente e provocatorio delle “forze dell’ordine”
Grande corteo popolare contro
la Lega razzista e fascista
50mila tra movimenti, centri sociali, Anpi, sindacati, lavoratori, disoccupati, migranti, studenti. Tre giorni
di contestazioni. Le donne in prima fila. Alla viglia della manifestazione Alfano manda la polizia a caricare i
manifestanti a Piazza del Popolo: due feriti e quattro fermi
Né Renzi né Salvini
Una grande, tenace e vittoriosa
prova di massa quella che ha visto
la Roma antifascista mobilitarsi
per una tregiorni di contestazioni
al segretario nazionale della Lega,
Matteo Salvini, che, con la melma
fascista che lo accompagna, aveva
scelto proprio la Capitale per il comizio del 28 febbraio.
Nella giornata culmine in ben
50mila hanno marciato contro la
concessione di Piazza del Popolo,
storica piazza antifascista, per l’iniziativa di estrema destra e per dire
a Salvini “Roma non ti vuole”. Certo
è stata una delle più partecipate e
prolungate contestazioni di massa
con caratterizzazione antifascista,
antirazzista, antileghista ed antigovernativa degli ultimi anni. E ciò
nonostante l’allarmismo, la militarizzazione della città e la criminalizzazione del movimento, costruite
ad arte dal governo Renzi e dallo
stesso Salvini e rilanciata dai media
di regime.
Ben 4mila erano gli agenti e 80
equipaggi dei reparti “prevenzione
crimine” della polizia e dei carabinieri che hanno effettuato controlli
ai caselli autostradali, alle stazioni
ferroviarie, nelle metropolitane, nelle vie consolari, mentre gli elicotteri
sorvolavano il centro storico e le
strade erano bloccate dalle camionette della polizia per impedire sin
dal 27 ogni possibile accesso, persino ai residenti, alle zone limitrofe a
Piazza del Popolo.
L’imponente schieramento è
stato messo in campo per “proteggere”, parole dell’occupante
del Viminale, il “sacro diritto a manifestare” di Salvini, “importante
pezzo della democrazia italiana”.
Parole minacciose che si sono immediatamente rivelate nel loro reale significato: il governo Renzi ha
garantito militarmente al nuovo leader della destra fascista Salvini di
propagandare la violenza fascista e
razzista contro i migranti le masse
lavoratrici e popolari e ha tentato
di zittire, manganellandoli, gasan-
doli, sgomberandoli con la forza gli
antifascisti romani. Quanto è successo è il migliore esempio di cosa
intenda il governo Renzi per “democrazia”: dare spazio politico solo
a chi è d’accordo con il massacro
delle masse popolari. E per queste
ultime è l’ennesima dimostrazione
che non possono coesistere nella
stessa “democrazia” il diritto delle
masse e quello dei fascisti.
Le contestazioni e la
manifestazione
Ma Renzi e Alfano non sono riusciti nel loro intento di impedire la
contestazione a Salvini, è arrivata
di massa e talmente forte che il fascioleghista veniva ricoperto di una
valanga di insulti popolari.
Già il 25 febbraio, presentatosi
in Campidoglio per la conferenza
stampa, ha trovato la piazza presidiata da diverse lavoratrici. Sgomberate queste a forza dalla polizia,
molto è sfuggito alla violenta censura di regime, tanto che persino
diversi passanti per caso avevano
iniziato a contestarlo. Le giovani
precarie, sfuggite al controllo delle
“forze dell’ordine” e tornate in piazza con dei cartelli “Né con Renzi,
né con Salvini”, gli hanno urlato:
“Razzista, fascista, vattene via da
Roma!”. L’arrogante risposta della corte del leghista alle giovani in
piazza è stata “tornate nel pollaio”.
Un plauso a queste coraggiose
ragazze che hanno inchiodato alle
sue responsabilità Salvini e il governo Renzi. La mobilitazione delle
masse antifasciste romane è continuata il 27 febbraio.
E anche questa volta in prima
fila le donne. Nella mattinata decine
di attiviste e attivisti dei movimenti
romani hanno occupato la basilica
di Santa Maria del Popolo, proprio
nella piazza in cui il giorno dopo
il fascioleghista avrebbe tenuto il
comizio. Raggiunta la cupola, hanno srotolando gli striscioni con su
Roma, 28 febbraio 2015. Lo striscione di apertura della grande manifestazione contro i razzisti e fascisti della Lega e CasaPound (foto Il Bolscevico)
scritto “Mai con Salvini, Mai con
Renzi, Respingiamoli”, riferendosi
alla criminale politica dei respingimenti che ha provocato migliaia di
migranti morti nel Canale di Sicilia.
Le donne hanno dato luogo ad un
sit-in dentro la navata, mentre la
Guardia di Finanza le trascinava a
forza fuori dalla basilica. Si contano
due feriti, portati via con le autoambulanze. Tre attivisti sono stati fermati durante lo sgombero.
Nel pomeriggio un migliaio di
manifestanti si sono dati appuntamento nei pressi di Piazza del Popolo, lanciando slogan contro Salvini, Renzi, la Lega, il razzismo il PD
ed agitando dei piccoli gommoni,
ancora a simbolizzare le politiche
criminali della Lega, del governo
Renzi e dell’UE contro i migranti.
L’obbiettivo era di occupare simbolicamente la storica Piazza degli
antifascisti per tentare di impedire
l’adunata dei leghisti, degli accoliti della Meloni e dei neonazisti di
Casapound. Le “forze dell’ordine”
hanno caricato i manifestanti, che
si sono difesi usando i canotti. Nel-
la battaglia i celerini hanno più volte
sgomberato la piazza con l’uso dei
manganelli e dei lacrimogeni.
Il più grande appuntamento di
massa è stato quello del pomeriggio di sabato 28, quando il corteo
#MaiconSalvini, partito alle 15 da
piazza Vittorio dietro un grande
striscione contro Salvini, Renzi e
l’austerità, è sfilato lungo il centro
storico, percorrendo via Merulana,
via Cavour e via dei Fori Imperiali.
La manifestazione doveva concludersi a Campo de’ Fiori, ma era
talmente imponente che la piazza
non avrebbe potuto contenerla e
quindi si è conclusa al Colosseo,
tra gli applausi dei romani e dei turisti presenti.
Cinquantamila, secondo alcune
stime, ma certamente non meno
di trentacinquemila manifestanti,
richiamati dalla Capitale e da tutto
il Lazio dalla coraggiosa battaglia
degli antifascisti romani contro
l’arrogante e violenta repressione
ordinata dal governo, che hanno
scandito parole d’ordine qualificate
in senso antigovernativo, antileghi-
sta, antinazifascista e antirazzista,
che hanno detto “NO” all’unisono
alle politiche di massacro sociale
del governo Renzi e invitato Salvini
e l suo codazzo fascista a sgomberare da Roma, che hanno dato alla
manifestazione un forte carattere
popolare e di massa.
Tra i cartelli “mai con Renzi,
mai con Salvini. Con i lavoratori e
le lavoratrici per difendere i posti di
lavoro e crearne altri” e tra gli striscioni “Mai con Renzi, mai con Salvini, respingiamoli. Odio la Lega”.
Moltissime le bandiere rosse, presenti sindacati, ANPI, i movimenti
per il diritto all’abitare, i collettivi
studenteschi.
I giovani i prima fila reggevano
dei canotti con varie scritte “Roma
vi respinge” “Basta CIE”. Tra le parole d’ordine “Contro PD e fascioleghismo”.
Una lezione di lotta di massa e
di democrazia popolare che è stata
un sonoro ceffone in faccia a Renzi,
Alfano, Salvini, ai neofascisti di Fratelli d’Italia, al PD e a Casapound, ai
quotidiani di regime.
Una lezione di cui è bene che le
istituzioni borghesi tengano conto
abbassando quella spocchia antipopolare che le contraddistingue.
Le masse non le si può imbavagliare e ingannare a lungo. Con
quella manifestazione hanno detto
che l’antifascismo è vivo, vigile e
combattivo e che non sono disposte a bersi altri inganni, come il tentativo di pompare e imporre Salvini
come presunto oppositore del governo Renzi.
Identificato l’inganno è necessario concentrare gli sforzi a combattere Renzi, il principale regista della
politica borghese, per fare piazza
pulita insieme a lui di tutta la melma fascista, razzista, mafiosa che
lo circonda e lo appoggia. Renzi va
spazzato via senza indugio e con
la massima determinazione, conducendo contro di esso una dura
opposizione di classe e di massa
nelle fabbriche, in tutti i luoghi di lavoro, nelle scuole e nelle università,
nelle piazze, nelle organizzazioni di
massa, specie sindacali e studentesche.
4 il bolscevico / interni
N. 10 - 12 marzo 2015
Con la responsabilità civile dei magistrati
Renzi punisce i giudici
come voleva la P2
Mattarella mette in riga i magistrati
L’ANM: “Una sentenza contro l’indipendenza dei magistrati”
La legge sulla responsabilità
civile dei magistrati, già invocata
nel piano della P2 e inseguita invano per vent’anni da Berlusconi,
si è realizzata grazie al suo successore Matteo Renzi: il 24 febbraio la Camera ha approvato infatti senza alcuna modifica il testo
del ministro della Giustizia Orlando, così come era uscito lo scorso
19 novembre dal Senato, respingendo tutti gli emendamenti presentati. Un testo che col pretesto
di estendere al diritto europeo la
legge Vassalli che regolava finora
la responsabilità civile dei giudici,
introduce alcune modifiche studiate apposta per mettere la mordacchia ai magistrati e consegnare in mano a imputati “eccellenti”,
politici corrotti e mafiosi una micidiale arma di ricatto e di intimidazione, capace di far sentire addirittura preventivamente i suoi
effetti sui magistrati inquirenti e
giudicanti.
Non a caso il berlusconiano
Enrico Costa - oggi viceministro
della Giustizia in forza al partito
di Alfano - ha dichiarato trionfante
che è stato raggiunto “un traguardo storico, io dico il coronamento di anni di battaglie del centrodestra italiano”. In piena sintonia,
del resto, con il “giovane turco”
della sinistra PD e suo superiore
Andrea Orlando, che lo ha definito “un passaggio storico”, col quale “la giustizia sarà meno ingiusta
e i cittadini più tutelati”. Ma più
di tutti è stato lo stesso Renzi ad
attribuirsi il merito di questa “riforma” storica della P2 e della destra, pubblicando sul web la sua
foto mentre la controfirmava, alla
maniera di Mussolini, e scrivendo
su Twitter che si tratta di “una firma attesa da 28 anni”. Scordandosi di aggiungere che 20 di questi
portano il marchio del suo precursore e maestro Berlusconi, al quale l’ha servita gratis su un piatto
d’argento.
Un altro frutto
velenoso del patto
del Nazareno
Si tratta di un altro punto realizzato di quel patto del Nazareno
già dato per morto, ma che continua come si vede a produrre tutti
i suoi nefasti effetti sotto il segno
della P2. Ma c’è anche da dire che
a reggere il sacco a Renzi e Berlusconi è stato tutto il parlamento
nero, visto che la legge è stata approvata col voto compatto di tutta
la maggioranza, compresa la sinistra del PD, alla quale questa legge piace perché anch’essa ha da
tutelare i propri politici inquisiti.
E non solo con l’astensione scontata di Forza Italia, della Lega e
dei fascisti di FdI (perché la chiedevano ancor più punitiva contro i magistrati, e quindi dovevano fingersi “scontenti”), ma anche
con l’astensione inqualificabile e
vergognosa di SEL dell’inquisito Vendola, nonché dei trasfughi
del Movimento 5 stelle passati al
servizio di Renzi. Solo i deputati
del M5S hanno votato contro, accusando la legge di volere l’“intimidazione dei magistrati”; ma va
precisato che al Senato avevano
votato anche loro lo stesso testo
poi ripudiato alla Camera, giustificandosi allora con queste parole
del senatore Giarrusso: “Non sarà
una legge perfetta, ma sicuramente non è una porcata ed è grazie a
noi. Noi non abbiamo trovato un
muro questa volta, M5S c’è e non
si tira indietro davanti alle proprie
responsabilità”.
Il fatto stesso che questa legge sia stata approvata ancor prima
delle nuove leggi sulla corruzione
e sul falso in bilancio, promesse
già da un anno da Renzi e Orlando
e che invece continuano ad essere rimandate di mese in mese nella
sconcia trattativa al ribasso tra PD
e NCD, la dice lunga sul significato politico e gli obiettivi reazionari di questa operazione. “Ma quale
rivoluzione, quale passaggio storico - ha denunciato infatti il presidente dell’Associazione nazionale
magistrati (Anm) Rodolfo Sabelli
- è una rivoluzione contro la giustizia, contro l’indipendenza dei
magistrati, che contiene profili di
incostituzionalità ed è un segnale
negativo per il presidio della legalità”. Anche perché a fronte di
“una corruzione dilagante, la politica che non riesce a varare una
riforma dei reati di corruzione e
della prescrizione, approva invece
Appello per 4 missioni che ad agosto 2015 porteranno
il sostegno alla causa palestinese
Il diritto al ritorno del popolo di Palestina
Dal Forum Palestina riceviamo e volentieri pubblichiamo in
estratti.
Siamo donne e uomini che ritengono che il diritto al ritorno sia
un punto irremovibile e centrale
per il futuro del popolo di Palestina. Nessun risarcimento potrà
mai ripagare le sofferenze e le
privazioni di decenni di diaspora,
ma il riconoscimento di questo
diritto è l’unico modo per dare
una soluzione all’occupazione
delle terre palestinesi.
Crediamo perciò che si debba
ricordare a noi e al mondo che
l’occupazione ha generato un
esodo forzato del popolo di Palestina e che oggi ci sono palestinesi in Libano, come in Giordania, Siria, Iraq e altri Paesi – non
ultimo il nostro Occidente - ma
che ci sono palestinesi rifugiati
nella stessa Palestina.
Partendo da queste considerazioni stiamo organizzando per
il prossimo mese di agosto una
iniziativa internazionale per portare contemporaneamente quattro missioni a Gaza, Cisgiordania,
Libano e Giordania. L’obiettivo è
la riaffermazione del diritto al ritorno.
L’ebraicizzazione di Israele –
punta più alta del programma neocoloniale del sionismo – esclude
il diritto al ritorno dei non ebrei,
e dunque dei palestinesi nati in
quelle stesse terre e dei loro discendenti. La nostra presenza in
quei paesi vuole denunciare questo trattamento intollerabile e razzista. Una missione che metta al
centro la questione dei diritti dei
rifugiati, tutti i loro diritti.
Il tema del diritto al ritorno per
il popolo di Palestina, ignorato
da troppi, dentro e fuori il mondo arabo-mediorientale, non può
essere eluso o messo da parte
in nome di altre e pretestuose
compatibilità. Le quattro delegazioni ricorderanno le vittime delle
stragi e porteranno ai palestinesi
la solidarietà politica e il sostegno
umano.
Per realizzare questo progetto
lanciamo da oggi una sottoscrizione nazionale, dando così continuità al positivo lavoro messo in
campo da anni dal Forum Palestina e dal Comitato per non dimenticare Sabra e Chatila e prosegui-
to nel dicembre 2013 / gennaio
2014 a Gaza dalla delegazione
“Tutti a Gaza 2013”.
Siamo quindi pronti per raccogliere le vostre adesioni per formare le quattro delegazioni.
Vogliamo che l’iniziativa che
ci accingiamo a prendere, in
collaborazione con i nostri amici
palestinesi, con i quali da anni lavoriamo insieme nel Comitato internazionale Per non dimenticare
Sabra e Chatila e con il quotidiano
libanese Assafir, sia un momento,
centrale, di un percorso che deve
prevedere iniziative su tutto il territorio italiano da svolgersi prima
e dopo il mese di agosto con al
centro “il diritto al ritorno”.
Il nostro invito è rivolto a quanti in questi anni hanno lavorato a
fianco del popolo palestinese,
combattendo l’occupazione e
condannando il sionismo. Siamo senza equilibrismi dalla parte
dei diritti dei palestinesi, “senza
se e senza ma..”, ma nello stesso tempo respingiamo qualsiasi
approccio antisemita e razzista.
La pregiudiziale antifascista e
anticoloniale è pertanto per noi
centrale.
una legge contro i magistrati”.
“Il significato delle legge è persino peggiore degli effetti che essa
avrà”, ha aggiunto il magistrato,
sottolineando il paradosso che “il
pericolo è l’inversione di ruolo:
chi è chiamato a giudicare diventerà il soggetto sottoposto a giudizio da parte di chi dovrebbe essere
giudicato”. “Preoccupa il segnale culturale e politico, come se il
problema della giustizia italiana
fossero i giudici, non la mafia e la
corruzione”, ha commentato a sua
volta il segretario di Magistratura democratica e consigliere della Direzione nazionale antimafia,
Anna Canepa.
Un regalo a imputati
“eccellenti”, politici
corrotti e mafiosi
Insomma, è una legge che si
preoccupa di ostacolare in tutti i
modi le guardie, piuttosto che punire i ladri. E lo si capisce subito
dalla prima delle norme approvate, che recepisce al cento per cento
una richiesta da sempre cavalcata
dalla destra: l’abolizione totale del
filtro di ammissibilità, finora previsto dalla legge Vassalli, per le
cause di responsabilità civile intentate da condannati e perdenti
causa per sentenze ritenute ingiuste dovute a dolo o colpa grave del
magistrato. Ciò che permetteva di
escludere le cause manifestamente infondate, pretestuose e temerarie, ora è stato completamente
rimosso, per cui qualunque condannato e soccombente avrà tre
anni di tempo per intentare causa allo Stato presso la presidenza
del Consiglio. La quale ha l’obbligo di rivalersi entro due anni sul
magistrato, se questi è condannato
“per diniego di giustizia o per dolo
o negligenza grave”. L’entità della rivalsa sale da un terzo a mezzo
stipendio annuale, oppure è totale
se vi è dolo.
E non solo è stato abolito il filtro di ammissibilità - abolizione
fra l’altro incompatibile con una
sentenza della Corte costituzionale che aveva già sancito l’obbligatorietà di un filtro per le cause
di responsabilità civile - ma sono
stati allargati i confini della colpa grave, che ora potrà essere invocata dai condannati anche per
“violazione manifesta della legge e del diritto comunitario” e in
caso di “travisamento del fatto o
delle prove”. Formulazioni volutamente indefinite e fumose, che
spalancano praterie agli imputati
ben dotati di mezzi economici e di
avvocati Azzeccagarbugli per ribaltare sentenze e ricusare giudici “sgraditi”. Inoltre la colpa grave potrà essere invocata anche per
l’emissione di un provvedimento
cautelare personale o reale al di
fuori dei casi consentiti dalla leg-
ge o senza motivazione: una manna per i politici e manager corrotti, i mafiosi, i bancarottieri, i super
evasori fiscali, ecc., che potranno
impugnare questo strumento ogni
volta che vorranno per ricusare il
proprio magistrato, che una volta chiamato in causa civilmente
dall’inquisito dovrà lasciare l’inchiesta a causa della sua doppia
veste di pubblico ministero e di
accusato.
Ma quello che è ancora più grave è che tutte queste norme, ancor
prima che imputati ricchi, potenti, corrotti e mafiosi possano decidere di avvalersene, faranno sì che
pm e giudici saranno soggetti a
una sorta di intimidazione preventiva, sapendo in partenza che con
questa legge un’inchiesta o una
sentenza di condanna potrebbe
portarli facilmente sul banco degli
imputati. Quindi saranno portati a
giudicare con timore reverenziale e con manica larga gli imputati
“eccellenti”, mentre non avranno
gli stessi scrupoli nei confronti dei
poveracci, perdendo così la loro
indipendenza e autonomia di giudizio e finendo per usare due pesi
e due misure: si torna ad una “giustizia di classe, timorosa di chi è
più forte, meno attenta ai diritti dei
deboli”, denuncia infatti Magistratura democratica.
Inoltre, con l’abolizione del filtro di ammissibilità, definita non
a caso dal viceministro Costa “il
fiore all’occhiello del disegno di
legge”, i magistrati paventano
un’ondata di migliaia di ricorsi
che finiranno per intasare ulteriormente i tribunali già al collasso per
mancanza di personale e di risorse, allungando i già insostenibili
tempi della giustizia e mandando
al macero ancora più processi per
prescrizione. I magistrati prevedono anche un’impennata di ricorsi alla Corte di giustizia europea,
sia da parte di imputati potenti, sia
da parte degli stessi magistrati, nel
dubbio di essere accusati di violazione dell’interpretazione del diritto comunitario, con conseguente rallentamento sia della giustizia
europea che nazionale.
La logica punitiva,
fascista e piduista,
della legge
Uno scenario, questo, minimizzato da Orlando, che pure è stato
costretto a “promettere” al parlamento e ai magistrati che tra sei
mesi la legge potrà essere sottoposta a un “tagliando” (sic) se tale
scenario dovesse avverarsi. Con
ciò ha ammesso implicitamente
di aver voluto approvare in tutti i
modi e a scatola chiusa, col pretesto dell’imminente multa milionaria europea in scadenza, una legge
riconosciuta affetta in partenza da
gravi anomalie e vizi costituziona-
li, capaci di portare a conseguenze disastrose per il funzionamento della macchina della giustizia,
ma impegnandosi “sulla parola” a
cambiarla a posteriori se le cose si
metteranno effettivamente male:
una cosa ridicola, mai udita nella
storia del parlamento della Repubblica!
Per cancellare il filtro il governo e la destra hanno accampato la
scusa che la legge Vassalli ha prodotto in tutti questi anni solo sei o
sette condanne di magistrati, ossia
“troppo poche”. Ma ciò può anche
essere interpretato semplicemente
col fatto che la stragrande maggioranza delle cause intestate erano
infondate o pretestuose. E comunque, ammesso che il filtro sia stato
troppo severo e le sentenze “troppo poche”, che razza di soluzione è abolirlo del tutto, invece che
semmai aggiornarlo? Evidentemente il pensiero di chi ha voluto
a tutti i costi questa legge è che la
maggior parte delle sentenze della
magistratura sono ingiuste o affette da gravi colpe e meritano pertanto migliaia di cause risarcitorie.
Che a ben vedere è la stessa logica
punitiva dei “magistrati metastasi
del Paese” da sempre proclamata
da Berlusconi. E la stessa logica
che li accusa di essere una “casta
di intoccabili” proclamata dal Berlusconi democristiano Renzi, che
per dimostrarlo ha voluto demagogicamente tagliar loro le ferie.
Ancor più grave che questa
stessa logica fascista e piduista sia
stata sposata automaticamente anche dal nuovo inquilino del Quirinale, il democristiano Mattarella,
che lo stesso giorno in cui veniva
approvata la legge, parlando alla
scuola dei magistrati a Firenze, li
ha severamente rampognati e messi in riga, esattamente come faceva il rinnegato Napolitano, sentenziando che il loro compito deve
essere “né di protagonista assoluto nel processo né di burocratico
amministratore di giustizia”: zitti
e mosca, insomma, e pedalare in
silenzio e a capo chino.
Il senso politico di questo doppio attacco a tenaglia alla magistratura è ben sintetizzato dalle parole del segretario dell’Anm
Maurizio Carbone, che, pure alla
vigilia dell’approvazione della
legge, nel timore che fosse giudicato una difesa corporativa e
di “casta”, si era speso insieme al
presidente Sabelli per far rientrare
la minaccia di sciopero di protesta
delle toghe in rivolta: “Ribadiamo la nostra contrarietà, il segnale
è pessimo: la politica si compatta
per dare una lezione, un messaggio che i problemi della giustizia
siamo noi magistrati”. “Con questa legge sciagurata e punitiva Palazzo Chigi ci caccia le dita negli
occhi, è una legge contro i magistrati”, gli ha fatto eco il giudice
milanese Enrico Consolandi.
interni / il bolscevico 5
N. 10 - 12 marzo 2015
In Italia 10 milioni di poveri
Due milioni e mezzo di giovani non studiano e non lavorano
Le masse popolari sprofondano sempre più giù nella voragine
della crisi. I dati della dimensione del disastro sono contenuti nel
rapporto Istat “Noi Italia. 100 statistiche per capire il Paese in cui
viviamo”, relativo al 2013.
Il “disagio economico” riguarda il 23,4% delle famiglie italiane,
dato che si traduce in oltre 10 milioni di persone, il 16,5% dei residenti, in condizioni di povertà
relativa, le quali cioè hanno una
capacità d’acquisto inferiore alla
media nazionale della spesa necessaria ad acquistare beni e servizi. Sotto la soglia di povertà assoluta, rappresentata dal valore
monetario, a prezzi correnti, del
paniere di beni e servizi considerati essenziali per ciascuna famiglia ad avere standard di vita accettabile, c’è invece il 7,9% dei
nuclei. Il dato si traduce in circa 6
milioni di residenti in Italia in povertà assoluta. Notevole la crescita rispetto ai 4,8 milioni registrati
l’anno precedente. Il Mezzogiorno, come sempre, ha una situazione particolarmente svantaggiata.
Qui è oltre il 25% delle famiglie
in stato di povertà assoluta.
In concreto i 10 milioni di famiglie povere non possono sostenere spese impreviste, accumulano arretrati nei pagamenti di
bollette, affitti e mutui.
Il dato della povertà è strettamente connesso all’assenza di lavoro. Tra i 20 e i 64 anni lavorano
meno di sei persone su dieci. Non
solo, nel 2013, il tasso di occupazione per questa fascia d’età è in
calo rispetto all’anno precedente.
Parallelamente, aumenta di 1,5
punti percentuali il tasso di disoc-
Roma, febbraio 2014. Un’anziana cerca del cibo fra gli scarti del mercato
cupazione che arriva al 12,2 per
cento, raggiungendo il livello più
elevato dal 1977, l’anno di partenza delle serie storiche ricostruite.
Dato impressionante è quello del
tasso di disoccupazione ufficiale
che al Sud si attesta al 19,7%, più
del doppio del Centro-Nord che fa
registrare il 9,1%. Non solo, la disoccupazione al Sud aumenta in
dodici mesi di ben 2,5 punti percentuali e la tendenza è quella ad
aumentare ulteriormente.
Il tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni) arriva nel
2013 al 51,6% era 46,9% l’anno
precedente. Una percentuale abnorme, ancor di più se la si considera alla luce dei due milioni e
mezzo di giovani che non studiano né lavorano, pari al 26% degli
under 30.
Certo, sono numeri e percentuali precedenti all’occupazione
di Palazzo Chigi da parte del nuovo Berlusconi. È assolto, dunque,
Renzi? Per niente, anzi è proprio
lui che aumenta e aggrava le cause profonde del disastro sociale
ed economico. È lui che continua
le politiche di Berlusconi, Monti, Letta. È Renzi a spingere alle
estreme conseguenze le politiche
di precarizzazione del lavoro, privatizzazione dei servizi pubblici e
depauperamento delle risorse delle masse popolari.
Ne consegue che, se si vuole
bloccare la tendenza all’impoverimento e all’aumento della disoccupazione in Italia, nel Berlusconi
democristiano non va riposta alcuna fiducia ed egli va spazzato via
subito, insieme a tutte le controriforme economiche e sociali, al
Jobs Act, con la liberalizzazione
dei contratti a termine e dell’apprendistato, che penalizza soprattutto i giovani e aumenta il precariato, alla “buona scuola”, alla
privatizzazione dei servizi, ai tagli
ai lavoratori statali, al blocco totale del turn over e degli stipendi, ai
tagli alla spesa pubblica che si riverseranno sulla sanità, sui servizi
sociali e sui trasporti.
Accolto il ricorso presentato dal movimento No MUOS contro l’impianto Usa di Niscemi
Il Tar boccia il Muos: “Pericoloso
per la salute”
Crocetta deve dimettersi
‡‡Dal nostro corrispondente
della Sicilia
Vittoria del movimento No
MUOS siciliano, in testa il comitato di Niscemi, il paese in provincia di Caltanissetta cui è stato imposto di ospitare l’impianto
di guerra statunitense, che ottiene
una storica sentenza dal TAR di
Palermo. Dopo anni di battaglie
e a pochissimi giorni dalle ultime
denunce, emesse il 5 febbraio contro cinque attivisti niscemesi, la
sentenza annulla tutti gli atti dei
governi nazionale e regionale in
merito alle concessioni di costruzione agli statunitensi.
Non è semplice seguire il valzer di autorizzazioni, annullamenti, ricorsi e controricorsi che
si sono susseguiti nel corso degli
ultimi 6 anni e non è interessante in questa sede tale ricostruzione. L’elemento politico essenziale,
dopo quello principale della vittoria del movimento, è lo smascheramento del modo di operare delle
istituzioni borghesi nazionali e regionali, che hanno agito in un quadro di illegalità e abuso di autorità, tra approssimazioni criminali
sulla salute dei cittadini, omissioni ingiustificate, coperture, favori
e rimpalli di ogni genere da un lato
all’altro della penisola e dell’isola, pur di garantire agli imperialisti
statunitensi di insediarsi a Niscemi e di salvaguardare, attraverso
i loro interessi, anche quelli dei
guerrafondai italiani.
Uno schiaffo ai governi
nazionali LettaBerlusconi e Renzi
Il governo Crocetta, PD, aveva
nel marzo 2013 ritirato le concessioni agli statunitensi. Poco dopo
CALENDARIO
DELLE MANIFESTAZIONI
E DEGLI SCIOPERI
MARZO
- Sciopero dei lavoratori
6 FILT-CGIL/FIT-CISL/UILT-UIL
del settore portuale
nazionali degli studenti contro la
12 UdS - Manifestazioni
“Buona scuola” di Renzi
del personale delle ferrovie
14-15 USB, CAT - Sciopero
FSI, NTV, TRENORD
ANIES - Sciopero dei precari della scuola
17
UILT-UIL/ANPAV - Sciopero del personale del
20 UNICA,trasporto
aereo ENAV e Alitalia, Techno sky
era tornato codardamente sui propri passi, annullando l’annullamento e meritandosi da parte del
movimento il titolo di primo quaquaraqua di Sicilia. Il governatore era probabilmente pressato dal
ministero della Difesa del governo Letta-Berlusconi, guidato allora da Mario Mauro, FI, PDL, SC,
e adesso nel PPI, sottosegretario
dell’attuale guerrafondaia ministra Roberta Pinotti, PD. Il governo Letta-Berlusconi infatti aveva
fatto ricorso contro l’annullamento inoltrato dal governo Crocetta
ai militari americani.
Con la sua sentenza, il Tar ha
annullato il ricorso del ministero
della Difesa, rivelando come nel
suo primo atto il governatore siciliano avesse ben operato, dal momento che tutte le perizie scientifiche e tecniche dimostravano come
l’impianto fosse rischioso per la
salute e per il traffico aereo degli
aeroporti di Comiso, provincia di
Ragusa, Sigonella, provincia di
Catania, e di quello del capoluogo etneo.
Preoccupante poi il comportamento del governo Letta-Berlusconi che ha operato assolutamente infischiandosene della salute e
della sicurezza delle masse popolari siciliane. Viene infatti bollato
come infondato lo studio condotto dall’Istituto superiore della sanità, ISS, su indicazione del governo Letta-Berlusconi stesso, nei
pressi dell’impianto. L’ISS incredibilmente, o forse no considerata
la volontà del governo nazionale,
disse che non si registravano dispersioni di campi elettromagnetici e che quindi non ci sarebbe stato rischio per la popolazione. Per i
giudici, invece, lo “studio dell’ISS
costituisce un documento non
condiviso da tutti i professionisti
che hanno composto il gruppo di
lavoro” e, peraltro “non condiviso
proprio dai componenti designati
dalla regione siciliana, Mario Palermo e Massimo Zucchetti”.
Fuori legge anche i tentativi
delle istituzioni borghesi di fare
discendere ulteriori autorizzazioni
paesaggistiche dal renziano “Decreto del Fare”, il quale non ha
efficacia nel caso del MUOS, in
quanto i lavori erano stati interrotti prima dell’entrata in vigore del
provvedimento ed erano sin dall’inizio senza valida autorizzazione.
E uno schiaffo
al codardo Crocetta
Dalla sentenza emerge un comportamento della giunta Crocetta, peraltro protrattosi nel tempo,
scorretto e ingiustificato. Il TAR
ha dichiarato che la famigerata
revoca operata dalla Regione Siciliana nel marzo 2013, era un
“annullamento in autotutela” con
effetto definitivo. Quindi il ridicolo dietrofront con cui Crocetta
tentava di concedere nuovamente
le autorizzazioni agli Usa il 24 luglio 2013 non ha alcun valore giuridico.
Quest’atto, passato alla storia
del movimento con la definizione ironica di “Revoca delle Revoche”, è ritenuto dai giudici del
TAR peraltro fondato su errati presupposti, quale lo studio infondato
dell’ISS, preso al balzo da Crocetta per tentare di tirarsi fuori da una
situazione per lui scottante.
Crocetta deve andarsene perché ha tentato di sostenere fandonie sulla salubrità del MUOS
e perché con il suo atteggiamento opportunista, culminato nel
tradimento, con cui ha tentato di
immolare la salute e la sicurezza delle masse popolari siciliane
sull’altare dei guerrafondai e imperialisti del governo Letta-Berlusconi e degli USA di Obama, non
ha difeso le masse popolari siciliane, arrecando oggettivamente un
enorme danno alla Sicilia.
Viva le iniziative
dell’8 Marzo e la
manifestazione
nazionale del 4 aprile
Il PMLI saluta con entusiasmo
militante la storica vittoria del mo-
Niscemi (Caltanissetta), 9 agosto 2013. Manifestazione nazionale contro il
MUOS. Il PMLI schierato davanti alla base Usa prima dell’occupazione (foto
Il Bolscevico)
vimento No MUOS, le donne di
Niscemi in testa, alle quali consegniamo simbolicamente un mazzo
di mimose per il prossimo 8 Marzo di lotta a Niscemi, al quale il
PMLI parteciperà.
I lavori del MUOS devono essere considerati completamente
abusivi in quanto iniziati e proseguiti in assenza di autorizzazioni valide. Tutto va abbattuto,
dunque. Ma, considerato l’atteggiamento di illegalità e arroganza
in cui si sono mosse le istituzioni
borghesi italiane e i militari statunitensi, non sarà semplice arrivare
a questo obbiettivo finale. È prevedibile che la sentenza del TAR
sia oggetto di appello da parte delle istituzioni borghesi.
Renzi, infatti, è favorevole al
MUOS e a una politica guerrafondaia basata su micidiali armi e sistemi militari d’aggressione e rapina ai danni dei popoli.
La lotta contro il MUOS deve
prendere inoltre coscienza di essere all’interno del movimento di
opposizione al governo Renzi oggettivamente la punta di massa più
avanzata della lotta contro i progetti di aggressione imperialista ai
popoli del Mediterraneo.
Per questo il movimento ha
il dovere di dire a chiare lettere “NO” ai progetti di guerra alla
Libia agitati in questi ultimi giorni dal governo Renzi, che rischiano di buttare la Sicilia nell’inferno
della guerra imperialista e vanificare anni di lotta contro il MUOS.
“NO”, dunque, a qualsiasi ipotesi interventista di Italia, UE o
ONU, criticando la politica estera imperialista e guerrafondaia del
governo Renzi, la partecipazione
alla NATO, ai patti militari imperialisti tra l’Italia e gli USA, che
comportano l’aumento della spesa militare, l’acquisto di nuovi e
sempre più micidiali armamenti,
l’imposizione alla Sicilia del ruolo di portaerei nel Mediterraneo, la
crescente povertà e insicurezza del
territorio italiano.
Allora il prossimo 8 Marzo di
lotta a Niscemi e durante la manifestazione nazionale del 4 aprile
chiediamo non solo le dimissioni
del traditore Crocetta, ma urliamo anche “Spazziamo via il governo Renzi”! Siano soprattutto le
donne e i giovani a scandire chiaro e forte “Non vogliamo la guerra alla Libia!”, “Non vogliamo il
MUOS! Non vogliamo Sigonella!
Via Renzi, via Crocetta!”.
6 il bolscevico / interni
N. 10 - 12 marzo 2015
Grave iniziativa che impantana i lavoratori nel capitalismo
Landini coinvolge
la Fiom nella “coalizione
sociale” riformista
Il leader dei metalmeccanici di sinistra attacca Renzi ma non chiede di cacciarlo via
Il socialismo è l’unica proposta valida per i lavoratori
Prosegue la marcia di avvicinamento alla formazione della “coalizione sociale”, un nuovo
soggetto riformista che ha l’ambizione di raccogliere e riunire un
ampio arco di forze e soggetti che
attualmente non hanno un collegamento forte tra di loro. Un progetto che non si è ancora modellato in maniera definitiva ma che
comunque sta mostrando quali sono i suoi tratti fondamentali. Sembra irreversibile anche la
scelta di Maurizio Landini di portare la Fiom dentro tale progetto
e questa, dal nostro punto di vista, non è certo una buona notizia.
Il segretario nazionale dei metalmeccanici della Cgil lo ha ribadito all’Assemblea nazionale della
Fiom svoltasi a Cervia nei giorni
27 e 28 febbraio, non solo e non
tanto nella sua relazione di apertura, ma sopratutto nelle interviste e nelle dichiarazioni rilasciate
a margine dei lavori.
Un progetto che
viene da lontano
Un disegno che è in gestazione
oramai da anni e che finora ha visto protagonisti sopratutto Landini e Rodotà, ma anche una schiera
di personaggi “minori” e poco conosciuti. Come abbiamo scritto in
un recente articolo è almeno dal
2010 che si tenta in tutti modi di
dar vita a un “contenitore” che riesca a raccogliere tutti coloro che
si sentono di sinistra e ora sono
orfani dei vecchi partiti di quella
che veniva definita “sinistra radicale”, ma anche quanti hanno
votato momentaneamente 5 Stelle, e sono alla ricerca di qualcosa
e qualcuno che in qualche modo
li rappresenti in parlamento e sopratutto si opponga seriamente alle politiche di questi ultimi
anni portate avanti sia dai governi
di “centro-destra” come da quelli di “centro-sinistra”, i quali non
hanno fatto altro che attaccare pesantemente le condizioni economiche e sociali dei lavoratori, dei
pensionati, dei giovani e dei ceti
popolari.
In particolare i promotori si
ponevano, e si pongono tutt’ora,
l’obiettivo di rappresentare politicamente anche coloro che non
aderiscono più a nessun partito
della sinistra parlamentare oppure
hanno scelto l’astensionismo ma
continuano a impegnarsi in comitati, organizzazioni e associazioni spesso locali o che agiscono su temi specifici, cercando di
unificare le lotte e di trovare un
comune denominatore nella battaglia contro le politiche liberiste
dei governi ma anche un unico
soggetto che li tenga insieme sul
piano organizzativo. Un progetto
che su alcune parti è condivisibile, in particolare sull’esigenza di
rispondere uniti all’attacco ai diritti e alle condizioni dei lavoratori e delle masse popolari amplificato dall’attuale crisi capitalistica.
Peccato che questi progetti sono
del tutto interni e compatibili con
l’attuale sistema economico capitalistico.
Si possono collegare a questo
tentativo il lancio di “Uniti contro la crisi” nel 2010. Vi aderirono tanti “vecchi arnesi” trotzkisti,
movimentisti come Luca Casarini
ma anche esponenti sindacali operaisti come Cremaschi e Rinaldini
(Fiom) ma non si sviluppò quella
rete in tutta Italia come volevano i
loro promotori e alla fine diventò
sopratutto uno strumento da utilizzare in funzione elettorale, in
particolare dal partito di Vendola. Quello che rimane è un sito
web o poco più. Un altro tentativo, per certi versi ancor più collocato a destra, è stato quello dei
comitati per la difesa della Costituzione dove spiccavano i giuristi
borghesi Stefano Rodotà e Gustavo Zagrebelsky, oltre allo stesso
Landini, arroccati appunto sulla
difesa della costituzione borghese
del ’48 oramai fatti a pezzi.
Landini ci tira dentro
la Fiom
Landini, presente in entrambi
i tentativi, torna ancora una volta
su questo progetto, anche se dice
che non è sua intenzione mettersi
a capo di un nuovo partito poli-
tico e quasi sicuramente la “coalizione sociale” non sarà un partito nel senso stretto della parola.
Può anche darsi che non voglia
personalmente esserne il leader e
aspiri più a diventare il capo della
Cgil dopo la Camusso, avendo in
questo modo maggiori possibilità di coinvolgere tutta la Cgil nella costituenda “coalizione sociale”. Quello che ci interessa è dove
porta questo progetto, sopratutto
alla luce del coinvolgimento della
Fiom, ovvero del maggiore sindacato di categoria con forte connotazione operaia d’Italia.
Noi marxisti-leninisti la giudichiamo una grave iniziativa
che mira a coinvolgere i lavoratori nel capitalismo, certamente
non a organizzarli per combatterlo. Con una grossa differenza,
perché non è la stessa cosa se a
sostenere e promuovere questa
coalizione ci sono Rodotà o Zegreblesky, oppure c’è Landini. Se
guardiamo ai due giuristi, questi
sono oramai ben connotati politicamente: vecchi borghesi democratici e antifascisti riconducibili
all’area liberal-socialista e radicale, entrambi accademici, ex presidente della Corte costituzionale
l’uno e garante della privacy l’altro. Insomma personaggi non di
secondo piano ma che non sono
assolutamente in grado di portare a questo progetto di “coalizione sociale” un sostegno di massa
da parte dei lavoratori, dei precari
e dei giovani.
Tutt’altro discorso per Landini
che rispetto agli altri due ha sicuramente maggior seguito in generale e in particolare tra i lavoratori. Non soltanto per la sua storia
personale (non è certo un rivoluzionario) ma sopratutto per il fatto
di essere segretario generale della Fiom e per il ruolo che questo
sindacato ha svolto nella vertenza Pomigliano, contro il modello
Marchionne, in difesa dell’articolo 18, anche in contrasto con il resto della Cgil e con la Camusso,
anche se poi in parte si è rimangiato quelle battaglie e con la segretaria generale della Cgil è stata
fatta pace e per ora regna tra i due
una buona intesa.
Critiche, ma anche
analogie con Renzi
Direttrice responsabile: MONICA MARTENGHI
e-mail [email protected]
sito Internet http://www.pmli.it
Redazione centrale: via A. del Pollaiolo, 172/a - 50142 Firenze - Tel. e fax 055.5123164
Iscritto al n. 2142 del Registro della stampa del Tribunale di Firenze. Iscritto come giornale
murale al n. 2820 del Registro della stampa del Tribunale di Firenze
Editore: PMLI
chiuso il 4/3/2015
ISSN: 0392-3886
ore 16,00
Nell’Assemblea nazionale della Fiom e sui giornali Landini ha
attaccato ripetutamente Renzi. Ha
dichiarato che il il suo governo sta
realizzando il programma di Confindustria e i dettami della BCE,
ha dato la libertà di licenziare ai
padroni, vuole cancellare i sindacati e lo stesso diritto dei lavoratori di potersi difendere, fino a
dire che rappresenta un “pericolo per la democrazia”. Ma se tutte queste cose sono vere perché
Landini lo definisce “fenomeno”
e “genio” fiorentino anziché nuovo Berlusconi, fascista e piduista? Perché non richiama tutti alla
mobilitazione per spazzar via il
governo Renzi? Il PMLI, assieme
a pochi altri, lo sta denunciando e
smascherando fin dal suo insediamento a Palazzo Chigi, Landini
invece per un certo periodo lo ha
pure accreditato come valido interlocutore. Meglio tardi che mai.
Ma anche adesso che sembra
aver cambiato idea su di lui, dipinge ancora Renzi come un politico che ha sbagliato strada, che
poteva scegliere una politica diversa e non un politicante scelto
proprio per fare gli interessi della
borghesia e portare avanti quella
politica antioperaia e antisindacale che stanno sperimentando sulla
propria pelle i lavoratori e le masse popolari. Del resto Marchionne è stato esplicito: “c’è necessità di togliere i rottami dai binari,
Renzi lo abbiamo messo là per
questa ragione”.
A ben vedere però ci sono
pure delle cose che li accomunano. Entrambi vogliono “cambiare
verso” all’Italia e si riempiono la
bocca con le parole “modernità”
e “rinnovamento della politica”.
Renzi con l’intenzione di decretare la fine della lotta di classe e
mettere sullo stesso piano operai
e padroni, sfruttati e sfruttatori,
il secondo per chiudere definitivamente ogni legame con la lunga e gloriosa storia del movimento operaio, con le sue lotte e con
le rivoluzioni che hanno segnato
il ’900. Entrambi per arrivare alla
stessa conclusione, uno da destra
e uno da “sinistra”: ovvero che il
socialismo non deve rappresentare più l’orizzonte e la società per
cui devono lottare la classe operaia e i lavoratori.
Nel pantano del
capitalismo
Quella di Landini è quindi una
grave responsabilità perché impantana la classe operaia in un
discorso tutto interno al capitalismo, dentro una “coalizione sociale” dove il sindacato e i lavoratori abbiano un peso numerico
importante ma politicamente con
un ruolo subalterno alla borghesia, seppur quella nella variante di
sinistra, facciano da forza d’urto
ma rinunciando alla loro autonomia e alla loro società, il socialismo. Un rovesciamento completo della filosofia e della strategia
marxista-leninista che mette al
centro la classe operaia e le asse-
gna il ruolo di classe generale destinata a succedere alla borghesia
al potere, a por fine una volta per
tutte a ogni forma di sfruttamento
dell’uomo sull’uomo e a emancipare l’intera umanità, assieme ai
suoi alleati ma con un ruolo decisamente dirigente.
Ma da chi dovrebbe essere
composta questa “coalizione sociale” e quali sono i principi e la
filosofia che la ispirano? Una forma organizzativa non di partito, un
contenitore di forze che dovrebbero mantenere la loro autonomia
e continuare ad operare ciascuna
con i propri metodi e a perseguire
i propri scopi ma legati assieme
per avere maggior peso politico.
Quindi si va, oltre alla Fiom, da
Libera di don Ciotti a Emergency di Gino Strada, dal movimento
che ha sostenuto i referendum sui
beni comuni ai NOTav, con l’intento di attrarre grandi associazioni già strutturate come l’Arci e
l’intera Cgil. Insomma organizzazioni che portano avanti battaglie
anche importanti, ma tutte interne al sistema economico e sociale del capitalismo. Per non parlare
delle singole “personalità”: si va
dai rappresentanti della minoranza PD, inconcludenti e attaccati
alla poltrona come Civati e Fassina fino al’ex sceriffo di Bologna
ed ex PD Cofferati, che sta creando una associazione ad hoc per
aderire alla coalizione.
Se poi guardiamo quali sono le
linee guida di questa nuova aggregazione, la bussola che dovrebbe
orientare la sua azione, esce riconfermato appieno il nostro giudizio già espresso alcuni numeri fa
su il Bolscevico. La Costituzione
repubblicana e borghese, oramai
distrutta da destra, e una politica economica di tipo keynesiano,
fautrice di un capitalismo con
massicci interventi statali. Questo
“nuovo e moderno” soggetto politico si richiama fortemente anche
alle Società di Mutuo Soccorso di
mazziniana memoria e al “mutualismo” di Proudhon, il liberal-socialista francese che teorizzava un
utopico “socialismo di mercato”.
Insomma, pur di negare il marxismo-leninismo-pensiero di Mao ci
si rifà a teorie sette-ottocentesche,
caratteristiche di un periodo in cui
la nascente classe operaia lottava
per migliorare le proprie condizioni materiali ma non aveva ancora
acquisito la coscienza di essere la
nuova classe con la missione di
abbattere il capitalismo e instaurare il socialismo, e doveva ancora fare esperienza per maturare la
convinzione che per fare ciò serve
un partito rivoluzionario fondato
sul marxismo-leninismo.
Il socialismo è l’unica
alternativa valida
Il PMLI pensa invece che non
si debbano in alcun modo revisionare, né tanto meno rimuovere le esperienze del proletariato
internazionale passate che hanno dimostrato in maniera inequivocabile che applicando il marxismo-leninismo alle condizioni
del singolo Paese e del periodo
storico, si può arrivare concretamente all’abbattimento del capitalismo e a una società socialista.
La via dell’Ottobre è quella vincente e quella del riformismo perdente, la rivoluzione proletaria e
il socialismo sono l’unica alternativa valida per i lavoratori, l’unica
maniera per conquistare il potere
politico da parte del proletariato
che rappresenta la madre di tutte le questioni e senza il quale la
classe operaia non ha niente.
Il capitalismo, anche nelle sue
forme più avanzate, non potrà
mai assicurare uguaglianza e democrazia per tutti. Lenin a questo
riguardo disse: “Parlare di democrazia pura, di democrazia
in generale, di uguaglianza, libertà, universalità, mentre gli
operai e tutti i lavoratori vengono affamati, spogliati, condotti
alla rovina e all’esaurimento
non solo dalla schiavitù salariata capitalistica, mentre i capitalisti e gli speculatori continuano
a detenere la “proprietà” estorta e l’apparato “già pronto” del
potere statale, significa prendersi gioco dei lavoratori e degli sfruttati”.
Ritornando a Landini, dal palco di Cervia ha lanciato i prossimi appuntamenti della Fiom, che
culmineranno con una grossa manifestazione a Roma il 28 di marzo, definita “la primavera della
coalizione sociale”, che dovrebbe sancirne la nascita, mentre ha
lanciato un appello per partecipare in massa alla manifestazione del 25 Aprile a Milano in occasione della celebrazione del
70° Anniversario della Liberazione dal nazifascismo affinché
assuma una connotazione nazionale. Iniziative a cui senz’altro
parteciperà anche il PMLI, tenendo alte le bandiere della lotta per
spazzar via il governo del nuovo
Berlusconi Renzi, dell’anticapitalismo, dell’antifascismo e del socialismo. Tutto ciò però non c’impedisce di riconfermare la nostra
netta contrapposizione al progetto di “coalizione sociale” riformista di Landini, in particolare al
suo tentativo di coinvolgervi la
Fiom e d’impantanare i lavoratori
nel capitalismo.
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2 il bolscevico / documento dell’UP del PMLI
N. 3 - 22 gennaio 2015
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Stampato in proprio
PARTITO MARXISTA-LENINISTA ITALIANO
8 il bolscevico / PMLI
N. 10 - 12 marzo 2015
Noi abbiamo il dovere di appoggiare i
movimenti antimperialisti anche se alla loro
testa ci fossero degli anti marxisti-leninisti
di Giovanni Scuderi
Da sempre il PMLI, mosso
dagli alti sentimenti internazionalisti proletari, è a fianco dei
popoli in lotta, che aiuta con
grande generosità. Dobbiamo
fare di più, nonostante le nostre scarse forze, i pochi mezzi
che disponiamo e i nostri compiti interni.
Dobbiamo afferrare fino in
fondo il concetto che tutte le
cause giuste dei popoli ci riguardano direttamente, e che
la nostra rivoluzione non può
trionfare se non avanzano la rivoluzione e la lotta antimperialista su scala mondiale.
Nel sostegno e nell’aiuto ai
popoli in lotta non dobbiamo
guardare tanto a chi guida il
movimento ma la direzione in
cui si muove tale movimento.
Se esso va nella direzione giusta, se cioè indebolisce e toglie
spazio a una delle due superpotenze (allora esisteva il socialimperialismo sovietico, ndr) o
a tutte e due e all’imperialismo
in generale, se porta alla liberazione nazionale e all’indipendenza dei Paesi, noi abbiamo il
dovere di appoggiarlo risolutamente e senza riserva. Persino
se alla sua testa vi fossero degli
anti marxisti-leninisti.
Oggi che sono scomparse
per colpa dei revisionisti le fortezze storiche del socialismo e
la borghesia ha inghiottito quasi
tutti i partiti un tempo marxistileninisti è più che mai attuale
attenersi a quel prezioso insegnamento che Stalin nel 1924
trasmetteva a tutti i marxisti-le-
ninisti del mondo.
Egli, trattando dei movimenti di liberazione nazionale, ha sottolineato che “nelle
condizioni dell’oppressione
imperialistica, il carattere rivoluzionario del movimento
nazionale non implica affatto obbligatoriamente l’esistenza di elementi proletari
nel movimento, l’esistenza di
un programma rivoluzionario o repubblicano del movimento, l’esistenza di una base
democratica del movimento.
La lotta dell’emiro afghano
per l’indipendenza dell’Afghanistan è oggettivamente
una lotta rivoluzionaria, malgrado il carattere monarchico delle concezioni dell’emiro
e dei suoi seguaci, poiché essa
Manifestazione a sostegno dell’IS in Giordania
indebolisce, disgrega, scalza l’imperialismo... La lotta dei mercanti e degli intellettuali borghesi egiziani per
l’indipendenza dell’Egitto è,
per le stesse ragioni, una lot-
Documento dell’Organizzazione di Caltagirone (Catania) del PMLI
Lottiamo uniti contro l’amministrazione
di “centro-destra” del sindaco Bonanno
e le istituzioni borghesi!
L’amministrazione comunale
di Caltagirone, come tutte le altre istituzioni borghesi, calpesta
il diritto delle masse popolari e
lavoratrici di avere un lavoro stabile o anche solo di averlo. Trovare un impiego a Caltagirone,
soprattutto per i giovani e le donne, è quasi impossibile. Secondo
gli ultimi dati statistici risalenti al 2013 il tasso di disoccupazione sarebbe del 18% e questo
numero è tuttora in crescita. Peraltro, il tasso di disoccupazione reale dev’essere notevolmente maggiore, considerato il fatto
che molti disoccupati, soprattutto giovani, hanno rinunciato ad
iscriversi alle liste dell’ex-collocamento. Preoccupante anche la
diffusione del lavoro nero che,
secondo alcune organizzazioni
impegnate nel sociale, potrebbe
essere pari al 15% della popola-
zione in età da lavoro.
La prima conseguenza è quella dell’emigrazione giovanile:
cresce il numero di giovani che si
spostano nella speranza di trovare “opportunità” emigrando verso
il Nord Italia o all’estero. Questa
situazione è del tutto inaccettabile poiché non viene data nessuna
garanzia alle masse lavoratrici,
impiegate per lo più nel campo
della ceramica e dell’agricoltura.
ATTIVITA’
DI PROPAGANDA
DEL PMLI
per l’8 Marzo
➥ MILANO
Piazza Costantino dalle 10,30
● Sabato 7 marzo
➥ FIRENZE
Mercato Piazza Isolotto dalle 9
● Sabato 7 marzo
➥ PONTASSIEVE (Firenze)
Piazza V. Emanuele II dalle 10,30
● Sabato 7 marzo
➥ MODENA
Portico Via Emilia Centro tra
via Scudari e Piazza Ova
dalle 15 alle 18
● Venerdì 6 marzo
● Sabato 14 marzo
● Domenica 5 aprile
● Sabato 11 aprile
● Venerdì 17 aprile
● Giovedì 23 aprile
Non ancora valutabile, ad esempio, quanto la persistente crisi del
settore edile, agricolo e artigianale abbia spinto verso la disoccupazione e l’emigrazione i giovani calatini, sempre più spesso
vittime del precariato, del lavoro stagionale e senza tutela nelle campagne, di contratti di sfruttamento selvaggio nei servizi e
nell’amministrazione.
Le scelte dell’amministrazione comunale, guidata da Bonanno, eletto a capo di una lista di
“centro-destra”, non hanno fatto altro che aggravare la situazione e colpire, oltre ai lavoratori, gli studenti non opponendosi,
anzi favorendole, a proposte di
“dimensionamento” scolastico.
L’amministrazione ha sempre gestito la questione scolastica con
molta superficialità lasciando le
scuole in balia dei propri problemi economici, non interessandosi
a fondo del gravissimo problema
della dispersione scolastica nel
nostro Comune. In questi anni le
scelte di Bonanno, tra cui quella
di dichiarare il dissesto, sono state spesso contestate dalle masse
che hanno in più occasioni chiesto le sue dimissioni. Continuando a seguire la strada fino ad oggi
percorsa dalla politica borghese,
i reali problemi dei disoccupati,
dei lavoratori e degli studenti non
verranno mai risolti, dunque non
resta che lottare contro l’amministrazione di “centro-destra” della
nostra città e contro tutte le altre
istituzioni borghesi sfruttatrici.
Partito marxista-leninista
italiano
Organizzazione di Caltagirone
(Catania)
2 marzo 2015
ta oggettivamente rivoluzionaria, quantunque i capi del
movimento nazionale egiziano siano borghesi per origine e appartenenza sociale e
quantunque essi siano contro
il socialismo” (Stalin, “Principi del Leninismo”, aprile-maggio 1924).
Il piccolo borghese ultrasinistro non può certo capire tali indicazioni ideologiche, politiche
e tattiche di Stalin perché egli
sogna un movimento di liberazione nazionale “puro” e “tutto proletario” che non esiste e
non potrebbe esistere nella realtà. Ma noi marxisti-leninisti
abbiamo certamente imparato
la lezione di Stalin e la stiamo
mettendo in pratica.
(Giovanni Scuderi, Rapporto del​
l’Ufficio politico del PMLI “Il socialismo è l’avvenire della classe
operaia e dei lavoratori italiani”,
3° Congresso nazionale del Partito
marxista-leninista italiano, Firenze
Distribuito il volantino sulla denuncia dei
mali che affliggono il capoluogo etneo
Militante diffusione
dei marxistileninisti nella zona
industriale di Catania
Serrati e interessanti colloqui con gli operai
‡‡Dal corrispondente della
Cellula “Stalin” della
provincia di Catania
Mercoledì 25 febbraio i
compagni della Cellula “Stalin” della provincia di Catania
del PMLI hanno effettuato un
volantinaggio nella zona industriale del capoluogo etneo. In
particolare, la diffusione si è
concentrata presso la STMicroelectronics N.V., azienda
italo-francese specializzata
nella produzione di componenti elettronici a semiconduttore.
Nonostante le condizioni
atmosferiche avverse, i compagni hanno diffuso l’importante volantino “Catania, città
afflitta dalla disoccupazione,
dal precariato e dall’emarginazione” e tenuto diversi colloqui con gli operai a fine turno
e con quelli che si accingevano
ad entrare in fabbrica. Questi,
si sono incentrati circa le pessime condizioni delle masse
popolari siciliane e, in particolare, il bassissimo tasso di occupazione di cui la provincia
di Catania è testimone. Territorio sul quale permane l’assenza del governo regionale e il
“generico” e defilato interesse
del governo nazionale del Berlusconi democristiano Renzi.
I compagni hanno anche
effettuato un’affissione di manifesti e articoli, in formato A3, tratti dagli ultimi numeri de “Il Bolscevico”, nei
pressi della ST e della Micron
Catania, 25 febbraio 2015. Il volantinaggio del PMLI davanti ai
cancelli della STMicrolelectronics (foto il bolscevico)
Technology, azienda elettronica statunitense specializzata anch’essa nella produzione
di vari tipi di semiconduttori e
detentrice di un altissimo patrimonio di brevetti altamente
specialistici. La Micron versa
in condizioni critiche: è stata
dismessa dall’attuale proprietà, i dipendenti sono – ancora
per poco – in cassa integrazione, mentre non si registrano
seri interessamenti da parte di
nuovi acquirenti. I vertici sindacali, da parte loro, oltre a essere in ritardo storico riguardo
alle lotte, continuano a non difendere gli interessi dei lavoratori, per primo il loro diritto
alla piena occupazione, preferendo affidarsi e accordarsi
con i partiti di regime.
Stalin su Stalin
5 Marzo 1953 – 2015. 62° Anniversario della scomparsa del grande Maestro del proletariato internazionale
Concludiamo la pubblicazione di alcune citazioni del grande Maestro del proletariato internazionale
Stalin nel 62° anniversario della sua scomparsa. La
prima parte è apparsa sul numero 9/2015.
Alcuni consigli di candidato
ai suoi elettori
Compagni, confesso che non avevo l’intenzione
di parlare. Ma il nostro egregio Nikita Krusciov (il
revisionista mascherato che poi l’avrebbe pugnalato alle spalle, ndr) mi ha trascinato, si può dire a
forza, in questa riunione. Fa un buon discorso, mi
ha detto. Ma di che parlare? Quale discorso precisamente? Tutto ciò che doveva esser detto prima delle
elezioni è stato detto e ridetto nei discorsi dei nostri
compagni dirigenti Kalinin, Molotov, Voroscilov,
Kaganovic e di molti altri nostri compagni che occupano posti di responsabilità. Che cosa si può aggiungere ancora a questi discorsi?
Si dice che alcune questioni delle campagne elettorale richiedono delle spiegazioni. Quali spiegazioni, su quali questioni? Tutto ciò che doveva essere
spiegato, è stato spiegato e rispiegato negli appelli, a voi noti, del partito bolscevico, della gioventù comunista, del Consiglio centrale dei sindacati
dell’URSS, della Società d’incoraggiamento alla difesa contro la guerra aerea e chimica, del Comitato
per la cultura fisica. Che cosa si può ancora aggiungere a queste spiegazioni?
Naturalmente si potrebbe fare un discorsetto su
tutto un po’ e su nulla. (Risa). Può darsi che un discorso simile avrebbe divertito il pubblico. Si dice
che vi sono specialisti per tali discorsi non solo laggiù nei paesi capitalisti, ma anche da noi, nel paese
dei Soviet. (Risa, applausi). Ma in primo luogo io
non sono uno specialista per tali discorsi. In secondo luogo, vale la pena di occuparci di cose divertenti, ora, quando noi tutti bolscevichi siamo, come si
dice, “carichi di lavoro fin sopra i capelli”? Io penso
che non ne vale la pena.
È chiaro che in tali condizioni non si può fare un
buon discorso.
Ma dal momento che sono salito alla tribuna bisogna pur che dica qualcosa. (Applausi fragorosi).
Voglio prima di tutto esprimere la mia riconoscenza (applausi) agli elettori per la fiducia che mi
hanno dimostrata. (Applausi).
È stata portata la mia candidatura a deputato e la
commissione elettorale della circoscrizione “Stalin”
della capitale sovietica l’ha registrata. È una prova
di grande fiducia, compagni. Permettetemi di esprimervi la mia profonda riconoscenza di bolscevico
per la fiducia che avete dimostrato verso il partito
bolscevico del quale sono membro e verso di me,
come rappresentante di questo partito. (Vivi applausi).
Io so che vuol dire fiducia. Essa mi impone naturalmente nuovi obblighi, obblighi maggiori e, evidentemente, una nuova responsabilità, una responsabilità maggiore. Ma noi, bolscevichi, non abbiamo
l’abitudine di rifuggire delle responsabilità. Io l’accetto volentieri. (Applausi fragorosi e prolungati).
Per parte mia voglio assicurarvi, compagni, che
voi potete affidarvi con piena fiducia al compagno Stalin. (Ovazione fragorosa prolungata. Si grida: “Noi siamo tutti col compagno Stalin!”). Potete contare che il compagno Stalin saprà compiere il
suo dovere verso il popolo (applausi), verso la classe operaia (applausi), verso i contadini (applausi),
verso gli intellettuali. (Applausi).
Voglio ancora, compagni, felicitarmi con voi per
la festa che si avvicina, per la festa di tutto il popolo in occasione del giorno delle elezioni al Soviet
Supremo dell’URSS (Vivi applausi). Le elezioni
imminenti non sono semplicemente delle elezioni,
compagni. Sono una vera festa di tutto il popolo, dei
nostri operai, dei nostri contadini, dei nostri intellettuali. (Applausi fragorosi). Nel mondo non ci sono
ancora mai state elezioni così veramente libere e veramente democratiche; mai! La storia non conosce
un altro esempio simile. (Applausi). Non si tratta del
fatto che da noi si avranno elezioni generali, eguali,
a scrutinio segreto e dirette, benché ciò abbia di per
sé stesso una grande importanza. Si tratta del fatto
che da noi le elezioni generali saranno le elezioni
le più libere e le più democratiche in confronto alle
elezioni di qualsiasi altro paese del mondo.
Le elezioni generali si fanno e hanno luogo anche in alcuni paesi capitalisti cosiddetti democratici.
Ma in quali condizioni si fanno? In un ambiente di
“... il partito è imbattibile se ha chiari gli obiettivi e non
ha paura delle difficoltà” (Stalin). Manifesto in armeno
del 1935
conflitti di classi, di ostilità di classi, in un ambiente
in cui sugli elettori viene fatta una pressione da parte
dei capitalisti, dei proprietari fondiari, dei banchieri
e degli altri pescecani del capitalismo. Tali elezioni,
anche se sono generali, eguali, a scrutinio segreto e
dirette, non si possono chiamare completamente libere e completamente democratiche.
Da noi, nel nostro paese, le elezioni avvengono
in tutt’altre condizioni. Da noi non vi sono capitalisti, non vi sono proprietari fondiari, quindi non vi è
pressione da parte delle classi possidenti sulle classi
non possidenti. Da noi le elezioni avvengono in un
ambiente di collaborazione fra operai, contadini, intellettuali; in un ambiente di fiducia reciproca; in un
ambiente, direi, di amicizia reciproca, perché da noi
non vi sono capitalisti, non vi sono proprietari fondiari, non vi è sfruttamento, e non vi è nessuno insomma che possa fa pressione sul popolo per travisare la sua volontà.
Ecco perché le nostre elezioni sono le uniche nel
mondo veramente libere e veramente democratiche.
(Vivi applausi).
Queste elezioni libere e veramente democratiche hanno potuto sorgere solo sul terreno del trionfo
dell’ordine socialista, del socialismo che da noi non
soltanto si va edificando, ma è già entrato nella vita,
nella vita quotidiana del popolo. Dieci anni fa si sarebbe potuto discutere se è possibile o no costruire il
socialismo da noi. Ora la questione non può essere
oggetto di discussione. Ora è una questione di fatti,
una questione di vita viva, di usi e di costumi che
penetra in tutta la vita del popolo. Nelle nostre fabbriche e nelle nostre officine si lavora senza capitalisti. Uomini del popolo dirigono il lavoro. Da noi ciò
si chiama socialismo nella pratica. Nei nostri campi
lavorano i lavoratori della terra, senza i proprietari
fondiari, senza i kulak. Uomini del popolo dirigono
il lavoro. Da noi ciò si chiama socialismo nella vita,
da noi ciò si chiama vita libera, socialista.
E su questa base appunto sono nate da noi elezioni nuove, veramente libere e veramente democratiche,
elezioni che non hanno esempi nella storia dell’umanità.
Dopo questo, come non felicitarmi con voi per il
giorno di festa di tutto il popolo, per il giorno delle
elezioni al Soviet Supremo dell’Unione Sovietica!
(Ovazione fragorosa di tutta la sala).
Vorrei ancora, compagni, darvi un consiglio, un
consiglio di candidato a deputato ai suoi elettori. Se
prendiamo i paesi capitalistici, esistono laggiù fra i
deputati e gli elettori delle relazioni originali, direi
persino alquanto strane. Finché dura la campagna
elettorale i deputati civettano con gli elettori, strisciano davanti ad essi, giurano loro fedeltà, promettono mari e monti. Si direbbe che vi è dipendenza
assoluta dei deputati dagli elettori. Appena finite le
elezioni e i candidati diventano deputati, le relazioni cambiano radicalmente. Invece della dipendenza
dei deputati dagli elettori si ha la loro indipendenza
completa. Durante quattro o cinque anni, cioè sino
a nuove elezioni, il deputato si sente completamente libero, indipendente dal popolo, dai suoi elettori.
Può passare da un campo all’altro, può deviare dal
giusto cammino nel cammino falso, può persino impegolarsi in macchinazioni poco pulite, può far capriole a piacimento: egli è indipendente.
Si possono ritenere normali tali relazioni? Assolutamente no, compagni. La nostra Costituzione
ha tenuto conto di questa circostanza; essa contiene
una legge in forza alla quale gli elettori hanno il diritto di richiamare prima del termine i loro deputati
se questi incominciano a barcamenarsi, se deviano
dal giusto cammino, se dimenticano la loro dipendenza dal popolo, dagli elettori.
È una legge magnifica, compagni. Il deputato
deve sapere che egli è il servitore del popolo, il suo
delegato al Soviet Supremo e che deve seguire la linea che il popolo, col suo mandato, gli ha tracciato.
Se devia dal cammino gli elettori hanno il diritto di
sbalzarlo senza cerimonie. (Risa, applausi). È una
legge magnifica. Il mio consiglio, il consiglio di un
candidato ai suoi elettori è di non dimenticarvi di
questo diritto, del diritto di richiamare i deputati prima del termine, di sorvegliarli, di controllarli e, se
salta loro il ticchio di deviare dal giusto cammino, di
sbarazzarvene e di esigere nuove elezioni. Il governo ha il dovere di indire nuove elezioni. Il mio consiglio è di ricordarvi di questa legge e di servirvene
quando occorra.
Infine ancora un consiglio di candidato ai suoi
elettori. Che cosa occorre esigere, in generale, dai
propri deputati, se prendiamo fra tutte le esigenze
possibili le più elementari?
Gli elettori, il popolo devono esigere dai propri
deputati che essi siano all’altezza dei loro compiti;
che nel loro lavoro non cadano al livello di filistei
politici; che rimangano al posto di uomini politici di
tipo leninista; che essi siano uomini politici cristallini e integri, come lo era Lenin (applausi); che essi
siano così intrepidi nella lotta e implacabili verso i
nemici del popolo come lo era Lenin (applausi); che
essi siano così saggi e lontani da ogni precipitazione, quando si presentano problemi complicati la cui
soluzione richiede la capacità di saper abbracciare
vasti orizzonti e di tener conto largamente di tutti
i vantaggi e gli svantaggi, come lo era Lenin (applausi); che essi siano così veritieri e onesti, come lo
era Lenin (applausi); che essi amino il loro popolo,
come lo amava Lenin. (Applausi).
Possiamo noi dire che tutti i candidati siano uomini politici di tal genere? Non potrei dirlo. Sotto
il sole vivono persone di ogni fatta, uomini politici di ogni fatta. Vi sono uomini sui quali non puoi
pronunciarti: sono essi buoni o cattivi, coraggiosi o
pusillanimi, tutti dediti al popolo o per i nemici del
popolo. Vi sono persone di tal fatta e uomini politici
di tal fatta. Ve ne sono anche da noi, fra i bolscevichi. Voi lo sapete, compagni, non v’è famiglia senza magagna. (Risa, applausi). A proposito di gente
di tipo indefinito, di gente che ricorda piuttosto dei
filistei politici che degli uomini politici, a proposito
di gente di un tipo indefinito, indeterminato, il grande scrittore russo Gogol ha detto con un’espressione
felice: “Gente indefinita, né così né cosà: impossibile comprendere che sono, né Bogdan in città, né
Selifan al villaggio”. (Risa, applausi). Queste persone e questi uomini politici indefiniti sono, come
bene si dice da noi fra il popolo, “della gente così
così, né carne né pesce” (risa generali, applausi),
“né un cero per la Madonna, né una forca pel diavolo”. (Risa generali, applausi).
Non potrei affermare con piena sicurezza che fra
i candidati a deputati (porgo loro, naturalmente, tutte le mie scuse) e fra i nostri uomini politici non si
trovino persone che ricordano piuttosto dei filistei
politici e che, per il loro carattere e la loro fisionomia, ricordano persone di tal fatta, delle quali il nostro popolo dice: “né un cero alla Madonna, né una
forca pel diavolo”. (Risa, applausi).
Vorrei, compagni, che voi esercitaste un’influenza sistematica sui vostri deputati, che infondeste in
loro la convinzione che devono tener presente la figura del grande Lenin e seguirne l’esempio in tutto.
(Applausi).
Il dovere degli elettori non finisce con le elezioni, ma continua durante tutta la legislatura del Soviet Supremo. Ho già parlato della legge che dà agli
elettori il diritto di richiamare i deputati prima del
termine della legislatura e se questi deviano dal giusto cammino. Il dovere e il diritto degli elettori è
dunque di controllare incessantemente i loro deputati, di infondere loro l’idea che non devono in nessun caso discendere al livello di filistei politici; gli
elettori devono infondere ai propri deputati l’idea
che essi devono essere tali, quale fu il grande Lenin. (Applausi).
Questo è, compagni, il secondo consiglio che volevo darvi, il consiglio di un candidato ai suoi elettori. (Applausi fragorosi e prolungati che si trasformano in ovazione. Tutti si alzano e rivolgono i loro
sguardi al palco del governo dov’è entrato il compagno Stalin. Risuonano acclamazioni: “Al grande
Stalin, urrà!”, “Al compagno Stalin, urrà!”,”Evviva
il compagno Stalin, urrà!”, “Evviva il primo discepolo di Lenin, candidato al Soviet dell’Unione, compagno Stalin! Urrà!”).
(Stalin, “Discorso alla Riunione elettorale della circoscrizione ‘Stalin’ di Mosca pronunciato l’11
dicembre 1937 nel Gran Teatro”. Lenin, opere scelte in due volumi, Edizioni in lingue estere, Mosca
1947, pagg. 39-43)
Bisogna dare la possibilità ai
sovietici di “lavare la testa”
ai propri dirigenti
C’è un’altra circostanza che ci spinge all’autocritica. Penso alla questione: masse e dirigenti. Negli ultimi tempi, da noi, hanno cominciato a manifestarsi strani rapporti fra i dirigenti e le masse. Da
una parte si è storicamente formato e sviluppato un
gruppo di dirigenti, la cui autorità cresce continuamente e che diventano quasi irraggiungibili per le
masse. Dall’altro lato, l’ascesa delle masse, della
classe operaia in particolare, e delle masse dei lavoratori in generale, procede con straordinaria lentezza; esse cominciano a guardare dal basso i dirigenti,
sono come accecate dallo splendore e spesso temono di criticarli.
Il fatto che da noi si sia formato un gruppo di dirigenti, arrivati molto in alto e che godono di grande
autorità, è naturalmente, in sé, una grande conquista
del nostro partito. È chiaro che, senza la presenza di
un tale autorevole gruppo di dirigenti, la direzione
di un grande paese sarebbe impensabile. Ma il fatto
che i dirigenti nella loro ascesa si allontanino dalle masse, e che le masse comincino a guardarli dal
basso, senza avere il coraggio di criticarli, fa sorgere il pericolo del distacco dei dirigenti dalle masse e
dell’allontanamento delle masse dai dirigenti.
Questo pericolo può condurre i dirigenti a diventare superbi e a ritenersi infallibili. E cosa ci potrebbe essere di buono nel fatto che i più alti dirigenti
diventino superbi e comincino a guardare le masse dall’alto in basso? È chiaro che questo e null’altro potrebbe condurre se non alla rovina del partito. Noi, però, vogliamo andare avanti e migliorare il
nostro lavoro, non invece rovinare il partito. E proprio per andare avanti e per migliorare le relazioni
fra le masse e i dirigenti, bisogna tenere aperta continuamente la valvola dell’autocritica, bisogna dare
la possibilità ai sovietici di “lavare la testa” ai propri
dirigenti, di criticarli per i loro errori, in modo che
i dirigenti non diventino arroganti e le masse non si
allontanino dai dirigenti.
(Stalin, “Sui lavori della Sessione plenaria comune d’aprile del Comitato Centrale e della Commissione Centrale di Controllo”, Discorso alla riunione dell’attivo dell’Organizzazione di Mosca del
PC(b) dell’URSS, 13 aprile 1928, Opere complete
Edizioni Nuova Unità, vol. 11, pagg. 31-32)
Compagni! Nei congressi si parla di solito di
conquiste. Non c’è dubbio che ci siano conquiste.
Queste conquiste non sono da poco, naturalmente e
non c’è motivo di nasconderle. ma, compagni, negli
ultimi tempi qui si è cominciato a parlare troppo, talvolta fino alla nausea, di conquiste e perciò passa la
voglia di ripetere cose già dette. Permettetemi dunque di rompere con la normale procedura e di dirvi
qualche parola non sulle nostre conquiste, ma sulle
nostre debolezze e sui nostri compiti in relazione a
queste debolezze.
Penso qui ai compiti, compagni, che si riferiscono alla nostra edificazione interna.
Questi compiti riguardano tre questioni: la questione della linea del nostro lavoro politico, la questione dell’elevamento dell’attività delle masse
popolari in generale e della classe operaia in particolare, come anche della lotta contro il burocratismo, e infine la questione della formazione di nuovi
quadri per la nostra edificazione economica.
(Stalin, “Discorso al VII Congresso dell’Unione
della gioventù comunista leninista dell’URSS”, 16
maggio 1928, Opere complete Edizioni Nuova Unità, vol. 11, pag. 54)
10 il bolscevico / PMLI
N. 10 - 12 marzo 2015
Iniziata con successo la propaganda 2015 tramite banchini
Il PMLI grande centro
di interesse tra le masse
popolari modenesi
Interesse per il materiale del Partito. Contestato il Consiglio comunale
di Modena per le intimidazioni al PMLI
Commemorato in modo militante il 167° Anniversario
de “Il Manifesto del Partito Comunista”
‡‡Dal corrispondente
dell’Organizzazione
di Modena del PMLI
È iniziata con successo la propaganda 2015 del PMLI a Modena:
nelle giornate di domenica 22 e sabato 28 febbraio l’Organizzazione
modenese è scesa in piazza con il
rosso banchino, migliorato anche
nell’estetica, per commemorare
in maniera militante il 167° anniversario dalla pubblicazione de “Il
Manifesto del Partito Comunista”
di Marx ed Engels, avvenuta nel
febbraio 1848. I compagni modenesi hanno autoprodotto il volantino per l’occasione “Il Manifesto
di Marx ed Engels - Grande faro
per i fautori del socialismo di tutto
il mondo – Un’opera fondamentale per trasformare il mondo e se
stessi”, pubblicato sul n. 9 de “Il
Bolscevico”, il quale ha riscontrato
molto interesse, come l’ha avuto il
materiale sul banchino.
Con generoso contributo alcuni
modenesi hanno preso “Il Manifesto del Partito Comunista”, prima
opera fondamentale marxista-leninista, “L’origine della famiglia, della
proprietà privata e dello Stato” di
Engels e “Viva la Grande Rivolta
del Sessantotto”, a dimostrazione che c’è una grande voglia e un
grande interesse per una corretta e
giusta visione di classe che solo il
PMLI è in grado di fornire alle masse popolari le quali, hanno fortemente denunciato l’abbandono da
parte dei partiti pseudocomunisti
dell’ideologia marxista-leninista.
Sono state fortemente criticate la
vittoria scandalosa di Tsipras in
Grecia con l’appoggio della de-
stra e la formazione di Podemos
in Spagna; tutti segnali che hanno
fatto comprendere che le masse
popolari sono stanche di queste
pagliacciate filo-borghesi e che per
spazzare via il governo del Berlusconi democristiano Renzi ci vuole
un vero partito rivoluzionario.
Le giornate di propaganda sono
servite, inoltre, per appoggiare il
Comitato popolare locale STOPTTIP, anche qui l’Organizzazione ha
prodotto un volantino “Fermiamo il
TTIP – Trattato segreto tra USA e
UE che favorisce le multinazionali
e penalizza i lavoratori”, pubblicato sul n.8 de “Il Bolscevico”, per
spiegare alle masse popolari le
gravità di questo “mostro” in difesa
del sistema capitalista; molti non
sapevano neanche cosa fosse ma
grazie alla preparazione ideologica
dei compagni è stata fatta luce.
Nonostante i continui attacchi
della borghesia reazionaria modenese, i compagni non si sono fatti
spaventare e hanno ottenuto il permesso per l’occupazione di suolo
pubblico, sempre lì sotto al portico del Comune di Modena e hanno continuato a diffondere il tanto
“odiato” e “condannato” volantino
“Il potere politico spetta di diritto al
proletariato”. Questa volta, sul retro, è stato stampato il comunicato
stampa “La destra e la ‘sinistra’
borghese del consiglio comunale di
Modena si oppongono alla presa di
potere del proletariato”, pubblicato
sul n.7 de “Il Bolscevico”, ignorato
dai mass-media borghesi ma, con
la presenza attiva dei marxisti-leninisti, ha ottenuto i suoi buoni frutti.
In molti si sono fermati a leggere il
Dal 1977 il PMLI si
batte fino ala morte
per l’Italia unita,
rossa e socialista
Non si può non essere orgogliosi di quanto scrive il nostro
Segretario generale, compagno
Giovanni Scuderi, nell’opuscolo
n. 14, dal titolo “Avanti con forza
e fiducia verso l’Italia unita, rossa
e socialista”: “Noi siamo gli eredi e i continuatori in Italia di una
storia grande, gloriosa e ricca di
insegnamenti, quella di Marx, Engels, Lenin, Stalin e Mao, del movimento comunista internazionale, degli Stati socialisti, in primo
luogo dell’Urss di Lenin e Stalin e
della Repubblica popolare cinese
di Mao”.
Certamente non si può che
essere schifati dal governo e dai
rappresentanti della dittatura della borghesia al potere, da questo
parlamento italiano neofascista.
Il 10 febbraio, la prima giornata
della maratona in aula, che nelle
intenzioni del governo, avrebbe
dovuto vedere il primo sì della
Camera sulle “riforme” costituzionali è iniziata tra le tensioni e si
è conclusa con una bagarre che
ha visto lanci di poderosi volumi
verso il tavolo della presidenza,
espulsioni dall’aula e sospensioni
della seduta.
La rottura del “patto del Nazareno” “non può non avere conseguenze sul piano parlamentare”
aveva detto in apertura dei lavori
il forzista Francesco Paolo Sisto
annunciando le proprie dimissioni
da relatore del ddl sulle ‘riforme’.
Faremo di tutto per rallentarle
– afferma da parte sua Renato
Brunetta – sarebbe oggi pura irresponsabilità concorrere ad una
direttrice autoritaria”.
La mangiatoia, il porcile parlamentare borghese è in fermento,
dopo lo sgambetto del fasciodemocristiano Renzi all’ex neoduce Berlusconi, mentre il popolo
italiano vede il nuovo padrone di
questo regime neofascista che
sta attuando passo passo il “piano di rinascita democratica” della
P2 di Licio Gelli. Renzi come un
neoRenzo dei “Promessi sposi”
di manzoniana memoria, tiene i
suoi polli per le zampe a testa in
giù, mentre si beccano a vicenda,
e mentre il parlamento neofascista va, direzione mai cambiata
dal 1945, con barra dritta nella
continuità della dittatura della
borghesia.
Noi del PMLI fin dal lontano
1977 abbiamo un’unica direzione, un’unica volontà, lottiamo e
lotteremo fino alla morte per l’Italia unita, rossa e socialista!
Coi Maestri e il PMLI vinceremo!
Da un rapporto interno dell’Organizzazione di Civitavecchia (Roma)
del PMLI
Il banchino dell’Organizzazione di Modena ha destato interesse tra le masse.
Sulla destra, davanti al banchino il compagno Antonio Leparulo diffonde il volantino che commemora il “Manifesto del Partito Comunista”
Il Responsabile del PMLI per l’Emilia-Romagna, Denis Branzanti (al centro)
ha visitato il banchino. Alla destra della foto Antonio Leparulo
comunicato, addirittura sono tornati al banchino per chiedere ulteriori spiegazioni e, sta di fatto, che
le masse popolari danno ragione
alle tesi del PMLI e al nostro comunicato stampa, condannando e criticando tutto il Consiglio comunale
che innanzitutto non si sta preoccupando dei problemi reali della
popolazione e che, invece, tenta in
ogni modo di negare totalmente la
libertà di espressione, come hanno
affermato gli stessi modenesi: “a
dei ragazzi onesti, veri e coraggiosi
che si oppongono a questo gover-
Una giusta risposta
marxista-leninista sul
terrorismo
Particolarmente
importante quanto si trova nella risposta
ai compagni Enrico e Franco da
parte de “Il Bolscevico” numero
8. Giusta quanto opportuna la distinzione tra un “terrorismo individualista”, avulso dalle masse e
un “terrorismo che ha l’appoggio
delle masse”, come quello dell’IS,
di cui non condividiamo i metodi
verso persone incolpevoli, ma di
cui non si può dire che agiscano se
no fascista”.
Ringraziamo infine per le telefonate, il compagno Dario Granito a
nome della Commissione centrale
di organizzazione e per la graditissima visita a sorpresa il compagno
Denis Branzanti, Responsabile del
PMLI per l’Emilia-Romagna, e la
compagna Giada.
Tutto per il PMLI, il proletariato e
il socialismo!
Spazziamo via il governo del
Berlusconi democristiano Renzi!
Coi Maestri e il PMLI vinceremo!
non per legittima difesa. Terrorismo
individualista e piccolo borghese
è quello anarchico, nichilista e dei
socialrivoluzionari russi (sempre
impegnati contro il bolscevismo
e la rivoluzione proletaria, si noti),
del populismo russo ottocentesco,
ecc., ma quello dell’IS, con tutto
quanto detto sopra è altra cosa,
non si può non riconoscerlo.
Quanto alla religione, essa,
come afferma Marx (“Critica alla
filosofia hegeliana del diritto pubblico”, 1843), certo è “l’oppio del
popolo”, ma si legga anche quanto
Marx scrive subito prima: “La religione è il sospiro della creatura op-
Durante un’interrogazione in un liceo
della provincia di Reggio Calabria
Un coraggioso e
combattivo studente
marxista-leninista
illustra la linea del PMLI
sullo Stato islamico
Appoggiare l’IS antimperialista
non significa sposarlo in toto
‡‡Dal corrispondente
dell’Organizzazione di
Taurianova del PMLI
Lunedì 2 marzo, in una classe del Liceo Scientifico Michele
Guerrisi di Cittanova, provincia
di Reggio Calabria, è avvenuta un’accesa discussione sullo
Stato Islamico (IS) partendo dal
tema della “globalizzazione” e
della terziarizzazione.
Interrogato era uno studente
marxista-leninista che con un
coraggio proletario, usando l’indagine e l’interpretazione marxiste-leniniste, ha deciso di non
soffermarsi a quelle considerazioni di matrice borghese che
faceva il libro scolastico e dunque ha espresso il suo pensiero
sulla “globalizzazione”. La situazione è rimasta calma, finché il
coraggioso studente ha deciso
di prendere in riferimento ai problemi della “globalizzazione”, ciò
che sta facendo lo Stato Islamico. Egli ha affermato di sostenere l’IS, senza peli sulla lingua,
come organizzazione che si batte per l’indipendenza nazionale
e contro la schiavitù economica
dei Paesi imperialistici.
A quel punto si è accesa la
discussione con la professoressa che riteneva una cosa da folli
sostenere l’IS. La professoressa
lo ha invitato, con greve ironia,
a arruolarsi nell’IS, visto che lo
sostiene. Il compagno, come fecero ai tempi Marx ed Engels nel
“Manifesto”, ha illustrato il suo
pensiero marxista-leninista, affermando che bisogna sostenere l’indipendenza dei popoli e la
loro autodeterminazione, in perfetta linea col pensiero di Lenin
sull’imperialismo. Ha illustrato
come l’IS usa la religione come
un mezzo per riunire le masse
arabe a insorgere contro i crociati occidentali, spiegando che
siamo continuamente bombardati dalla propaganda borghese
che vuole esaltare i “valori” dello
stile di vita occidentale e “pacifico”, di fronte alle barbarie di una
società islamica araba.
Lo studente ha continuato
nell’affermare che bisogna lasciare stare in pace i popoli, di
qualunque orientamento ide-
pressa, è l’anima di un mondo senza cuore, lo spirito di un mondo che
è lo spirito di una condizione senza
spirito”. Abbastanza eloquente: il
necessario “salto” per superare la
condizione di oppressione del proletariato, il suo diventare “classe
per sé” presuppone l’eliminazione
della religione e soprattutto delle
sue pratiche devozionali e cultuali,
del miracolismo, ma tali pratiche e
tale miracolismo sono tipiche delle
realtà più arretrate, nelle quali il potere capitalista opprime anche servendosi delle sovrastrutture ideologiche. È la condizione delle masse
oppresse non solo islamiche ma
anche cristiane, ebraiche, induiste,
buddiste ecc.
È compito dei marxisti-leninisti
sconfiggere quest’ideologia (falsa
coscienza del mondo per Marx) religiosa, come fece Lenin nella Russia
rivoluzionaria, come fece Stalin e
come fece Mao, ma, come giustamente ricorda la citata risposta ai
due compagni, a livello tattico delle scelte “altre” sono necessarie, a
ologico siano, perché devono
essere liberi dal capitalismo e
dall’imperialismo. I crociati americani hanno portato, con il loro
intervento armato, distruzione su
vasta scala, installazioni di lobby
capitaliste sul territorio e guerre
civili tra sciiti e sunniti, anziché
portare la democrazia. Inoltre,
ha accusato il tristemente famoso giornale francese “Charlie
Hebdo”, di istigare e insultare i
popoli islamici.
La professoressa ha replicato
che non è giusto rispondere con
una strage ad una satira. Il compagno ha ribattuto dicendo che
è da anni che con azioni terroristiche fisiche e mediatiche, l’occidente provoca i musulmani, e
di conseguenza loro rispondono
con atti di terrorismo nei paesi
occidentali. A quel punto il compagno veniva additato come uno
che accetta la barbarie dell’IS.
Ma da buon marxista-leninista
ha risposto che la società e i metodi dell’IS sono assolutamente inaccettabili, la loro non è di
certo una lotta per il socialismo,
ma piuttosto si rifanno al sistema
feudale e oscurantista del medioevo. Dobbiamo sostenere l’IS
in quanto protagonista della lotta
all’imperialismo e non per la sua
ideologia, il modello di società e
certi metodi di lotta.
Il giovane marxista-leninista
ha concluso ponendo il seguente aut aut: “O l’oriente nelle mani
degli imperialisti, o l’oriente unito
e indipendente”. Il compagno è
stato accusato di non essere coerente nel sostenere l’IS e, insieme, nel ripudiarne la concezione
religiosa e sociale.
È ammirevole come questo giovane compagno abbia
illustrato egregiamente il pensiero del PMLI e del marxismoleninismo-pensiero di Mao sulla
questione. Ciò dovrebbe farci
capire come l’Italia imperialista
dei crociati Matterella, Renzi,
Gentiloni e Pinotti cerca di inculcare nella testa delle masse
la concezione borghese e islamobofica sull’IS. Ma noi ci opponiamo e ci opporremo sempre all’imperialismo e lotteremo
per l’indipendenza, la libertà dei
popoli e il socialismo!
seconda del momento storico: così
l’alleanza, tattica appunto e non
strategica, di Stalin con la chiesa
ortodossa contro il nazismo.
Eugen Galasso
L’articolo sul Jobs Act utile
per il lavoro sindacale
Care compagne e cari compagni del PMLI,
grazie per documento sulla controriforma del lavoro. Mi sarà utile
per il lavoro sindacale in fabbrica.
Un caro saluto rosso. Coi Maestri e il PMLI vinceremo!
Andrea, operaio del Mugello
(Firenze)
Valido il documento sulla
nuova botta renziana
Grazie compagni,
il vostro articolo sulla nuova
botta renziana rappresentato dal
Jobs Act è molto utile.
Ciao.
Nicola Spinosi – Firenze
toscana / il bolscevico 11
N. 10 - 12 marzo 2015
200 milioni di soldi pubblici ai gestori privati
Aeroporti toscani, il “cerchio magico”
di Renzi regista della
fusione tra Pisa e Firenze
Il fedelissimo del premier Carrai
alla guida della nuova società.
Il Comune di Pisa si piega a
governo e regione
Contrarietà dei comitati della piana e dell’universita’ di firenze
‡‡Dal nostro corrispondente
della Toscana
Pochi giorni fa, il 10 di febbraio, al primo piano dell’aeroporto
di Pisa si è realizzata la fusione tra
gli aeroporti di Pisa (Sat) e Firenze (Adf) ed è nata la società unica
Toscana Aeroporti. C’era già il via
libera dell’assemblea dei soci di
Adf, società del “Vespucci” di Peretola, che in assemblea ha approvato l’operazione in poco più di
mezz’ora senza alcun problema.
A Pisa invece la proposta di fusione del “Galilei” avanzata da Corporation America, prima azionista dei due gruppi, è passata con il
99,96% del capitale rappresentato
nell’assemblea dei soci Sat. Contrari il comitato dei piccoli azionisti e le associazioni cittadine.
Si parla di fusione per incorporazione di Adf in Sat, con attribuzione al consiglio di amministrazione della società pisana di
una delega per aumentare il capitale sociale che renda effettiva la
fusione stessa. Per questo saranno emesse nuove azioni da offrire
in cambio agli azionisti di Adf. Il
rapporto di cambio è stato fissato
nella misura di 0,9687 azioni ordinarie Sat per ogni azione ordinaria Adf. Tale rapporto implica un
valore economico di Sat superiore
di circa il 13% rispetto al valore
di Adf. La società unica Toscana
Aeroporti Spa, quotata in borsa e
con sede a Firenze, dovrà raggiungere l’obiettivo dei 12 milioni di
passeggeri complessivi al 2029,
traguardo che porterebbe il polo
Galilei-Vespucci al terzo posto in
Italia dietro Roma e Milano.
Chi gestisce Adf e Sat
E’ interessante capire quali sono le società interessate e chi
c’è al loro comando.
Iniziamo dalla promotrice
dell’operazione, la società argentina Corporation America, che è
divenuta socia di maggioranza degli scali di Firenze e Pisa e che fa
capo alla famiglia di Eduardo Eurnekian. La società è una holding
attiva in settori chiave delle infrastrutture e dell’energia, fra i quali gli aeroporti. Eurnekian a metà
degli anni Duemila in Italia è balzato agli onori delle cronache per
il crac della compagnia aerea Volare di cui era socio di riferimento. Successivamente ha lasciato
perdere gli aerei dedicandosi alle
infrastrutture aeroportuali e divenendo azionista di maggioranza
di ben 56 scali nel mondo in particolare nel Sud America. Al momento ha in mano il 53% di Sat e
il 48,9% di Adf e dopo la fusione,
sta per diventare prima socia del
nuovo gruppo di gestione associata, Toscana Aeroporti Spa. Con
il via libera all’integrazione, tutti
gli altri soci di Eunerkian relativamente allo scalo fiorentino hanno
salutato con gioia questo passaggio: si comincia dalla Cassa di risparmio di Firenze, socio di Adf al
13%, passando per la famiglia Panerai col suo 11,7%, la Regione
Toscana di Enrico Rossi col 5%, il
Comune di Firenze col 2,18% che
fino a poco più di un anno fa era
guidato da Renzi e adesso amministrato da uno dei sodali storici
del premier, Dario Nardella.
Sotto la torre pendente invece,
il primo effetto politico della fusione tra i due scali è il restringimento della maggioranza di “centrosinistra” al Comune di Pisa. SEL
abbandona la coalizione seguendo
la strada intrapresa dall’ormai ex
assessore alla cultura, Dario Danti, dimessosi dalla giunta dopo il
voto. Fino a dicembre l’operazione è stata apertamente contestata
anche da molti esponenti del PD
ma poi, in Consiglio comunale
l’11 dicembre scorso, anche Danti
come gli altri, ha approvato il percorso di verifiche e garanzie sul
progetto di fusione SAT-AdF, presentato dall’azionista di controllo
delle due società che il sindaco Filippeschi ha gestito fino all’ultima
seduta del Consiglio comunale del
5 febbraio.
I finanziamenti
pubblici
Per tutta l’operazione, una valanga di soldi pubblici. Filippeschi
(PD) ha affermato che i soldi arriveranno ricorrendo ai fondi dello
“Sblocca Italia” per l’importo promesso da Renzi di almeno una cinquantina di milioni di euro a patto
che il nuovo Vespucci sia pronto nel 2017 per l’annunciato G8.
Ma per i faraonici lavori del nuovo Vespucci ne occorrono molti di
più. La Corporation America alla
vigilia del voto di delibera, segnalò che la fusione fra le due società
sarebbe stata la soluzione migliore
a condizione però che il governo
avesse garantito non 50, ma 150
milioni sui 336 previsti per i lavori, e così è stato. A Pisa quindi, per
far passare l’ordine del giorno di
fronte al quale è dovuto puntualmente arrivare il soccorso di Forza
Italia, Filippeschi e la sua giunta
composta da PD, SEL, PSI ed ex
montiani ha fatto filtrare la notizia che i 100 milioni che mancano
arriveranno da altri provvedimenti governativi ad hoc. A conferma
della questione, attraverso un comunicato stampa emesso l’8 febbraio, Adf ha annunciato di aver
ricevuto dal ministero dei Trasporti guidato da Maurizio Lupi, una
lettera in cui si impegna a “porre in essere ogni azione utile per
sostenere l’attuazione degli interventi infrastrutturali programmati
da Aeroporto di Firenze fino a un
massimo di 150 milioni di euro”
nonché a firmare e inviare immediatamente “al ministero dell’Economia il decreto per l’intervento
pubblico di 50 milioni promesso
dal premier per l’adeguamento infrastrutturale dell’aeroporto di Peretola per la realizzazione, oltre
che del nuovo terminal passeggeri, anche di una nuova pista di volo
di 2.400 metri”. Valanga di soldi
pubblici ad un soggetto privato e
conseguente svendita di un servizio strategico a costi irrisori.
Renzi ha lavorato per
i suoi amici privati
Ancora una volta la lunga
mano del governo del nuovo Berlusconi Renzi ha lavorato a favore dei privati e della speculazione,
utilizzando soldi pubblici, garantendo poltrone chiave a suoi amici
e finanziatori. Vedi Marco Carrai,
suo fidato consigliere e probabile
futuro presidente Adf o l’altro renziano doc, Roberto Naldi che ha
lavorato per concretizzare l’Opa
sugli aeroporti di Pisa e Peretola
favorendo Eurnekian e presidente
per l’Italia di Corporation America nonché promotore delle ricche
cene di finanziamento a beneficio
del PD e di Renzi. Naldi opportunisticamente si compiace di aver
trovato l’accordo anche col sindaco Filippeschi affermando che è
stato “approvato un progetto di eccellenza. Grazie al presidente Rossi ed a tutti i soci. Con il sindaco
di Pisa ci sono state legittime differenze di vedute, ma negli ultimi
mesi ci ha stimolato ad aggiustare il tiro. Pisa avrà un grandissimo
sviluppo, vedrete passaggi concreti negli investimenti programmati,
anche al di là delle previsioni”.
Anche il governatore toscano,
Enrico Rossi del PD, può brindare
ad un progetto di cui è stato incalzante protagonista. Viste le vicende col gruppo SEL di Pisa, non si
fa sfuggire l’occasione per sottolineare la vicinanza di quel partito
alle mire del PD: “Oggi è un gran
giorno per la Toscana - commenta
- e naturalmente non mancano le
polemiche. Faccio presente che gli
interventi pubblici ci sono dovunque sugli aeroporti. Se penso agli
aeroporti della Puglia, non posso
che ammirare l’azione del presidente Vendola, che riesce a trasferire ogni anno 15 milioni ai vettori. Per non dire che l’aeroporto di
Bari è stato finanziato con i fondi europei e altri interventi con i
fondi Fas”. Peccato però che Rossi si dimentichi di precisare che
il consiglio della Regione Toscana aveva già disposto che le opere
fossero a carico del privato e non
provenienti dalle casse pubbliche.
Ci troviamo di fronte ad una regia ben orchestrata a tutti i livelli
istituzionali, che mostra una volta
di più la spregiudicatezza di Renzi nel collocare i propri uomini
ovunque, come faceva Berlusconi
di cui il capo del governo sta ricalcando le orme in tutto e per tutto,
circondandosi di un vero e proprio
clan che si dedica con disinvoltura allo sperpero di denaro pubblico e all’accentramento di potere e
controllo.
Le reazioni, la
posizione del PMLI
La quasi totalità dei lavori a
seguito della fusione, come detto, riguarderanno lo scalo fiorentino. “È una brutta storia questa
dell’aeroporto Vespucci, che va
dalla svendita di un bene pubblico a un soggetto privato a prezzo
vile; alla devastazione di un territorio che perde le ultime vestigia
dell’ambiente naturale circostanti; alla realizzazione di un’opera
in cui non si sa nulla delle conseguenze di ciò che si va a realizzare; e al conseguente tradimento da
parte degli enti pubblici dei propri
compiti e soprattutto della tutela
dell’interesse pubblico preminente perché costituzionalmente protetto, ossia la salute dei cittadini”.
Il Partito marxista-leninista
italiano non può che condividere
a pieno la posizione espressa dai
Comitati della Piana fiorentina
poiché è intollerabile che si utilizzino centinaia di milioni di fondi
pubblici in un progetto che andrà
a esclusivo beneficio dei privati
che gestiranno gli scali. L’opera
sarà sostanzialmente inutile e costosissima per la collettività anche
perché al momento è già lo scalo
di Pisa, a poche decine di chilometri da Firenze, che gestisce quel
tipo di aerei e di rotte impossibili
su Peretola. Qual è dunque la logica, se non quella speculativa, di
voler espandere un aeroporto che
per evidenti vincoli territoriali non
potrà assumere le caratteristiche
né le funzioni di un “grande aeroporto” e che quindi non potrà mai
costituire uno scalo esaustivo per
certe necessità di Firenze ma che,
al contrario, distoglierà enormi
fondi e risorse che potrebbero essere impiegate affinché si realizzi
un collegamento rapido e funzionale fra l’area fiorentina e gli aeroporti esistenti e capaci di erogare
certi servizi internazionali. I lavori di ammodernamento dei collegamenti avrebbero un costo infinitamente inferiore di quelli previsti
oggi per Peretola.
Inoltre, non possiamo che ritenere questa un’opera dannosa
dal punto di vista ambientale per
la piana fiorentina già satura di
infrastrutture e sotto minaccia di
un nuovo impianto di incenerimento rifiuti nonché di un nuovo
e anch’esso sostanzialmente inutile stadio. A questo proposito la
sezione provinciale di Isde Italia i
cui medici per l’ambiente, facendo riferimento a studi nazionali ed
internazionali, “esprimono grande
preoccupazione” sulle conseguenze del potenziamento di Peretola
mettendo in guardia dai possibili effetti negativi causati dall’inquinamento da trasporto aereo e
denunciando rischi di “malattie
cardiovascolari, respiratorie, tumorali, disturbi neuro-comportamen-
tali, disturbi dell’apprendimento e
dell’attenzione nei bambini e un
conseguente peggioramento della qualità della vita per compromissione della qualità del sonno a
causa delle operazioni aeroportuali svolte nelle ore notturne”. E aggiungono: “l’attuazione di questo
progetto aeroportuale provocherebbe anche un rischio idrogeologico, per la deviazione del Fosso
Reale (un corso d’acqua di circa 6
km, che attraversa i comuni di Sesto Fiorentino e Campi Bisenzio e
raccoglie le acque di numerosi canali della Piana), danneggiando
inoltre l’oasi Wwf di Focognano
e vanificando il parco della Piana
fiorentina”. In conclusione “l’ampliamento dell’aeroporto Vespucci di Firenze non è coerente con il
nuovo Piano nazionale e regionale
della prevenzione 2014-2018, che
si prefigge l’obbiettivo di ridurre
il carico di malattia e le esposizioni ambientali potenzialmente dannose per la salute”.
Oltre ai Comitati e a quattro
ricorsi ai giudici amministrativi ancora in essere e che possono
stravolgere i piani di regione e governo, si oppongono anche gli studenti del Polo Scientifico di Sesto
Fiorentino e lo stesso ateneo della
città del Giglio che si dicono preoccupati per l’impatto ambientale e per il pericolo che correranno
gli studenti, collocati in strutture a
soli 200 metri dalle piste dell’aeroporto e i gravi rischi che correranno chi vive, studia e lavora
nella Piana. Pesanti conseguenze
dunque, che si aggiungono al fatto che l’ampliamento dello scalo
di Peretola limiterà lo spazio fisico di sviluppo della “Cittadella dei
numeri primi”.
Firenze
In piazza contro la “riforma”
regionale della sanità
Contestati i tagli previsti da Rossi
e la formazione di tre mega ASL
‡‡Redazione di Firenze
Nel pomeriggio di sabato 21
febbraio il centro di Firenze è stato attraversato da un vivace corteo organizzato dal Coordinamento toscano per il diritto alla salute
contro la “riforma” della sanità regionale attualmente in discussione in Consiglio regionale. Particolarmente bersagliato il progetto di
Enrico Rossi, governatore e unico
candidato PD alle elezioni regionali di primavera, di accorpare le
ASL in tre mega strutture e per i
continui tagli.
Il Coordinamento ha convocato
la manifestazione con un articolato documento di denuncia pubblicato in estratti su “Il Bolscevico”
scorso.
12 il bolscevico / cronache locali
N. 10 - 12 marzo 2015
Manifestazione sindacale nazionale USB
10mila a Milano contro Jobs
Act, precarietA’, razzismo e Expo
Nel combattivo corteo presenti lavoratori, tra cui molti precari, disoccupati, migranti, movimenti sociali, senza casa.
Una sindacalista dell’USB elogia il compagno ottantunenne Lorenzo Santoro che teneva alta la bandiera del Partito
Molti manifestanti approvano i cartelli del PMLI
‡‡Redazione di Milano
Sabato 28 febbraio, alla vigilia
dell’entrata in vigore dei decreti
attuativi del famigerato Jobs Act,
oltre 10mila manifestanti provenienti da tutt’Italia sono scesi in
piazza a Milano sotto le bandiere dell’Unione Sindacale di Base
(USB) per esprimere un deciso
e combattivo NO alla libertà di
licenziare, al precariato ed alla
cancellazione dell’art. 18, portati
alle estreme conseguenze dal governo del Berlusconi democristiano Renzi per il quale si rivendica,
come scritto su uno striscione, il
“licenziamento per giusta causa”. La manifestazione nazionale
dell’USB di Milano ha anche voluto unirsi idealmente con quella
antifascista ed antirazzista in contemporaneo svolgimento a Roma
contro l’invasione della Capitale,
con una becera adunata xenofoba e razzista, delle camicie verdi
fascioleghiste di Salvini e delle
camicie nere degli squadristi nazifascisti di Casapound.
Aperto da uno striscione con
su scritto “Contro i ladri dei diritti”,
il combattivo corteo si è snodato
da largo Cairoli, percorrendo le
vie del centro storico, fino ad arrivare in piazza San Babila, dove si
sono svolti i comizi finali.
Tanti i lavoratori sia del pubblico impiego che del privato, dei
movimenti sociali, dei coordinamenti cittadini e regionali fianco a
fianco con i precari, i disoccupati,
i migranti e i senza casa.
Non è mancata la protesta di
molti giovani precari e disoccupati
del movimento NO EXPO contro
il “modello occupazionale” neofascista di EXPO 2015 (partorito nel
2013 dal trio di regime Letta-Maroni-Pisapia con l’avallo compiacente dei vertici collaborazionisti
di CGIL, CISL e UIL) che tra l’altro
prevede lo scandaloso utilizzo di
migliaia di giovani sfruttati a gratis in cambio di benefici illusori
(come “fare curriculum”, “acquisire
esperienza”, “conoscere persone
utili a sistemarvi”, e tante altre simili inconsistenti promesse).
Rumorosamente combattiva la
nutrita delegazione dei migranti
africani (molti dei quali rifugiati e i
richiedenti asilo) che hanno rivendicato “lavoro per tutti” ed uguali
diritti con gli italiani, oltre che l’abolizione della legge schiavista,
xenofoba e neofascista BossiFini e l’apertura delle frontiere
per permettere di cercare una vita
migliore ai migranti che fuggono
dalle disperate condizioni di fame
e di guerra generate da quello
stesso imperialismo che chiude le
frontiere dell’Europa e che genera
così le immani stragi nel Mediterraneo tragicamente note.
‡‡Dal nostro
Milano, 28 febbraio 2015. La manifestazione organizzata da USB contro il Jobs
Act, precarietà e razzismo. Sulla destra il manifesto del PMLI contro il governo
Renzi (foto Il Bolscevico)
I marxisti-leninisti sono sfilati
con le rosse bandiere del PMLI e
un cartello con su affissi i nostri
manifesti che invitano a spazzare
via il governo del Berlusconi democristiano Renzi, e quello per
lo sciopero generale di 8 ore con
le nostre rivendicazioni inerenti il diritto al lavoro, e nei corpetti
mostravano la riproduzione del
manifesto “Contro il Jobs Act e la
legge di stabilità e per la difesa
dell’Art. 18. Per vincere spazziamo via il governo del Berlusconi
democristiano Renzi” che come
le altre insegne, fotografatissime,
ha attirato l’attenzione e suscitato
la manifesta approvazione di molti
manifestanti.
Una lavoratrice affiancandosi
ai nostri compagni ha detto: “mi
sento a casa sotto le vostre ban-
diere con la falce-martello”, un’altra lavoratrice sindacalista dell’USB rivolgendosi al nostro giovane
compagno ottantunenne Lorenzo
Santoro della provincia di Bergamo si è complimentata per la sua
determinazione: “tieni alta questa
bandiera, compagno, ti fa onore!”.
A centinaia i volantini diffusi
riportanti l’articolo “Viva la lotta di
classe” e la citazione del compagno Scuderi dal titolo “Il potere politico spetta di diritto al proletariato”.
Diffuse anche copie de “Il Bolscevico” n.46 e del numero speciale
sulla commemorazione di Mao
svoltasi lo scorso settembre a Firenze riportante il testo integrale
del discorso pronunciato dal compagno Loris Sottoscritti, a nome
del CC del PMLI, dal titolo “Mao e
la missione del proletariato”.
Milano, 28 febbraio 2015. Sulla sinistra il giovane compagno ottantunenne
Lorenzo Santoro (foto Il Bolscevico)
A contribuire a consolidare
ulteriormente il legame dei manifestanti con la delegazione del
PMLI hanno indubbiamente contribuito il lancio degli slogan per
il sostegno della lotta di classe
e dell’obbiettivo strategico del
potere politico alla classe operaia e quindi per la conquista del
socialismo contro il capitalismo,
per l’abbattimento del regime neofascista e il suo governo Renzi
e contro le sue politiche occupazionali di precarizzazione contrattuale e salariale, per rivendicare
che il lavoro sia né flessibile né
precario, bensì stabile e a pari
salario, per l’affossamento del
Jobs Act e per il ristabilimento e
l’estensione dello Statuto dei Lavoratori ed il ripristino originario
del suo Articolo 18.
Iniziativa di lotta dei Comitati per la difesa della salute e l’ambiente
“Flash-event” a Napoli per dire No alla
costruzione dell’inceneritore a Giugliano
presente la cellula “vesuvio rosso” del PMLI
‡‡Dal corrispondente della
Cellula “Vesuvio Rosso” di
Napoli
Domenica 1 marzo attivisti dei
Comitati per la difesa della salute e l’ambiente dell’area di Giugliano in Campania hanno svolto
una manifestazione, in via Toledo
dinanzi alla fermata della Metropolitana, a Napoli, per dire un
forte No alla costruzione dell’inceneritore sul territorio giuglianese,
finalizzato a bruciare sia gli oltre
sei milioni di balle di rifiuti stoccate nel sito di Taverna del Re che
in quello di Masseria Lo Spesso,
più quelle depositate in tutta la
Campania.
In prima fila decine di giovani
donne dei “Comitati di lotta di Giugliano contro l’inceneritore” vestite
di nero, colore del lutto, con bambolotti tra le mani, rappresentanti
i bimbi morti per tumore nell’area
e quelli che potrebbero morire in
caso di costruzione del criminale
inceneritore. La singolare quanto
importante protesta di grande impatto emotivo che ha richiamato
l’attenzione di centinaia di passanti con la forma del flash-event
ha visto la diffusione di volantini
nei quali campeggiava materiale
illustrativo sui danni causati dall’incenerimento, ribadendo con forza
alle masse presenti in piazza che
il criminale inceneritore non dovrà
essere “realizzato né domani né
mai. Né a Giugliano né altrove”.
Napoli, 1 marzo 2015. Un momento
del flash-event contro la costruzione
dell’inceneritore a Giugliano
All’iniziativa ha partecipato
attivamente la Cellula Vesuvio
Rosso” di Napoli del PMLI che
ha portato il sostegno politico dei
marxisti-leninisti alla protesta, rimanendo al fianco dei Comitati in
lotta per tutta la mattinata.
Continua la lotta dei lavoratori
dell’“Auchan” di Triggiano
Cellula “Rivoluzione
d’Ottobre” di Bari
Non demorde la lotta dei lavoratori del supermarket “Auchan” di
Triggiano (Bari) che, in segno di
protesta contro l’accordo concluso
presso il municipio del paese omonimo, hanno deciso mercoledì 18
febbraio di occupare una parte della
strada che conduce all’ipermercato
“Bariblu” dove sino a poco tempo fa
era presente il punto vendita.
I termini dell’accordo sono quantomeno negativi, visto che è prevista
la possibilità di derogare all’art. 2112
No alla costruzione
della centrale a
biomasse nel comune
di Forlimpopoli
Il comune si oppone a parole, la
provincia di Forlì-Cesena prende
tempo e la regione se ne lava le mani
Provincia di Bari
‡‡Dal corrispondente della
Opporsi con forza al progetto
antipopolare
Bloccato l’accesso all’ipermercato
del Codice civile che prevede, fra
le tante cose, il mantenimento dei
diritti dei lavoratori in caso di trasferimento d’azienda. Inoltre “Auchan”,
che chiuderà a fine mese, deve
ancora cedere il ramo d’azienda a
“Tricenter” (proprietaria dell’ipermercato “Bariblu”) in modo tale da
poter smistare i lavoratori presso le
imprese subentranti “Ipersimply” e
“Expert”. Nell’ambito della lotta per il
mantenimento dei posti e dei diritti
conseguiti, si è realizzata una vera
e propria spaccatura fra chi è pronto
ad accettare che sia eluso l’articolo
2112, cioè Filcams-Cgil assieme a
Fisascat-Cisl, e chi invece si oppone ovvero la Uil-Tucs che ha organizzato il blocco stradale.
Il segretario provinciale della UilTucs Marco Dell’Anna ha dichiarato:
“Siamo di nuovo in una fase di stallo
di questa vertenza. Abbiamo chiesto a ‘Auchan’ e ‘Tricenter’ di avviare le corrette procedure per il passaggio dei lavoratori alle aziende
subentranti ma in questo momento
c’è una forte responsabilità di ‘Tri-
center’... sta continuando a defilarsi
dalla corretta procedura legislativa.
In questo Paese le normative vanno applicate per difendere tutele e
diritti dei lavoratori”.
È paradossale il fatto che, a
seguito dell’ennesima crisi che
colpisce un colosso capitalista dei
supermarket, debbano essere i
lavoratori a pagarne i danni: non
solo rischiando il posto ma anche
il destino di essere assunti con
qualifiche inferiori rispetto a quelle
maturate in anni e anni di lavoro e
fatica. L’ingiustizia del capitalismo
non ha limiti.
corrispondente
dell’Emilia-Romagna
Nel 2008 la mobilitazione
degli abitanti della frazione di
San Pietro ai Prati, nel comune
di Forlimpopoli (Forlì-Cesena), che raccolsero oltre mille
firme, impedì la costruzione di
un biodigestore da 999Kw.
Nel 2013 fu ancora la popolazione a costringere l’allora sindaco Paolo Zoffoli (PD)
ad impegnarsi e ad assicurare
che anche il nuovo progetto
non sarebbe passato.
Ora tocca ancora alle masse popolari battersi per impedire l’ennesimo tentativo della
“Società Agricola R.L. SuvE-
consegnate al presidente della provincia di Forlì-Cesena (e
sindaco di Forlì) Davide Drei
(PD) e 2.418 firme di soli residenti a Forlimpopoli consegnate al sindaco Mauro Grandini (PD).
Comune e provincia, a cui
spetta dare l’autorizzazione o
meno, si sono detti contrari al
progetto, ma solo così com’è,
e intanto la Conferenza dei
servizi ha chiesto alla regione Emilia-Romagna se l’impianto necessita di un’indagine
sull’impatto ambientale.
La risposta è arrivata, quasi tre mesi dopo, a firma di
Alessandro Maria Di Stefano, responsabile del Servizio
Forlimpopoli (Forlì-Cesena). Uno degli striscioni di protesta contro la
costruzione della centrale a biomasse
nergy” di costruire un impianto a digestione anaerobica,
sempre nella stessa frazione, di
600 kw che in un anno dovrebbe bruciare 12.000 tonnellate di letame di coniglio, 4.000
tonnellate di pollina, 1.500 di
scarti di macellazione, 2.000 di
frutta, 1.500 di silomais e 400
di sansa di olive, per un totale annuo di 21.400 tonnellate
di materiale, 60 tonnellate al
giorno trasportate da almeno 4
autotreni che passano pieni e 4
che ripassano vuoti.
Secondo il progetto presentato in provincia il 27 marzo
dello scorso anno il digestore dovrebbe avere un diametro di 26 metri e la torcia, che
entrerebbe in funzione in caso
di malfunzionamento bruciando il gas, alta 10 metri. Il tutto
per produrre e vendere energia
elettrica.
Alcuni mesi dopo, e appena si è avuta notizia del “nuovo” progetto, si è costituito un
Comitato per la salvaguardia
del territorio che si batte contro la realizzazione della centrale a causa dell’aumento
del traffico pesante, dovuto al
conferimento dei materiali per
l’alimentazione della centrale,
l’emissione di gas maleodoranti in talune condizioni e lo
sversamento enorme di liquami in fogne non adeguate, la
svalutazione immobiliare, ma
soprattutto l’aumento dell’inquinamento da Co2, e la ricaduta delle diossine prodotte
dall’impianto che può arrivare
oltre il chilometro anche in assenza totale di vento.
Il Comitato ha organizzato alcune affollate assemblee
per contestare tale progetto
e raccolto oltre 3 mila firme
valutazione impatto e promozione sostenibilità ambientale,
che ha impiegato ben 9 pagine
solo per giustificare le ragioni
del diniego, non alla centrale,
ma alla richiesta dello screening ambientale.
La SuvEnergy è una società con sede a Livorno fondata dal Gruppo Trusendi srl,
società di costruttori edili
che dagli anni ’90 ha deciso
di speculare nel settore delle
energie rinnovabili inglobando Progetto Energia srl, società proprietaria di centrali biogas a Terzigno ed Ercolano
(Napoli), Elettrogas srl, che
gestisce gli impianti di produzione di energia elettrica da
biogas situati a Castelvolturno (Caserta) e Montecorvino
Pugliano (Salerno) e la P.A.T.
Watt srl, società barese che lavora nel trattamento di rifiuti
civili e industriali.
Tra il 2012 e il 2013 SuvEnergy e Trusendi hanno tentato di costruire a Suvereto in
Val di Cornia (Livorno) una
centrale a biomasse con una
potenza di 17 MW che si sarebbe dovuta alimentare con
gli scarti di campi di mais creati ad hoc con la riconversione
di molti terreni agricoli, ma ci
fu una dura opposizione popolare che costrinse la provincia
a negare l’autorizzazione.
Ed è quello che devono
fare anche gli abitanti di Forlimpopoli e delle zone limitrofe, cioè organizzare non solo
raccolte firme e assemblee,
ma anche manifestazioni, cortei e quant’altro sia necessario
per convincere comune, provincia e regione ad impedire
la costruzione dell’ennesimo
mostro inquinante.
cronache locali / il bolscevico 13
N. 10 - 12 marzo 2015
Il PD mette in soffitta l’incandidabilità del sindaco di salerno
Il plurinquisito De Luca
vince le primarie PD
Il boss di Salerno: “Sono l’azionista di riferimento di Renzi”
il vicepresidente della commissione antimafia:
“forti rischi di infiltrazioni nelle votazioni”
‡‡Redazione di Napoli
È successo di tutto alle disastrate primarie del PD in Campania per scegliere il candidato per il
“centro-sinistra” da contrapporre
a quello di “centro-destra”, Stefano Caldoro. Settimane infuocate dovute a trame, denunciate infiltrazioni nel voto, inganni, che si
aggiungevano ai gravi fatti di Ercolano di alcune settimane prima
condito da un disgustoso livore
senza pari tra i candidati. Hanno
partecipato al voto circa 150mila
campani su cinque milioni della
popolazione totale.
Il nuovo Berlusconi Renzi ha
partecipato attivamente nelle
scelte dei candidati, cominciando dal tirare fuori il rinnegato del
comunismo Gennaro Migliore, ex
responsabile giovanile del PRC,
poi vendoliano in Sel e oggi deputato PD. Un opportunista di destra, Migliore, che Renzi ha voluto
premiare con un incontro nel quale lo ha letteralmente costretto a
tirarsi fuori dalla competizione per
non bruciarsi subito in cambio del
sostegno del PD nazionale per
candidarsi a sindaco nelle elezioni
amministrative del 2016.
Successivamente si autoescludeva anche il coordinatore
regionale dell’Italia dei Valori,
Nello Di Nardo, che denunciava
apertamente il rischio infiltrazioni,
riprendendo le parole del vicepresidente della commissione antimafia, Claudio Fava, che aveva
gettato ombre sulla competizione
elettorale PD in Campania: “le
primarie in Campania rischiano
di riproporre una pagina opaca
per tutta la politica italiana”, aveva ribadito Fava. Al punto che il
rischio paventato di un annullamento delle primarie cominciava
a montare proprio per questi sospetti ma soprattutto per la situazione dell’altro candidato, l’ex neopodestà di Salerno condannato
e plurinquisito Vincenzo De Luca
e la sua posizione di non potersi
candidare per la competizione.
Altro problema risolto all’acqua di rose dal PD nazionale, in
particolare dal vicesegretario ex
DC Lorenzo Guerini e dal braccio
destro di Renzi e sottosegretario
Luca Lotti, con la motivazione che
lo statuto dei neoliberali era stato
stilato prima della legge Severino
e, dunque, non sorgevano problemi di incandidabilità per De Luca.
Situazione ulteriormente incancrenita dalla presentazione alle
primarie del bassoliniano di ferro
Andrea Cozzolino, sia perché alle
primarie PD del 2011 per scegliere chi candidare come sindaco
di Napoli, vi fu un annullamento
tout court per infiltrazioni pesantissime che aveva compromesso
il voto; sia perché qualche giorno
prima delle votazioni Cozzolino si
faceva fotografare con due giovani dirigenti vicini a Nicola Cosentino, attualmente in carcere per
concorso esterno in associazione
mafiosa. Una foto rimbalzata sui
quotidiani nazionali e che sembrava risultare un chiaro invito ai
transfughi fedeli a Cosentino di
dare fiducia al candidato delfino
del Bossi del Sud Bassolino per
poi promettere qualche poltrona a palazzo S.Lucia in caso di
elezione a governatore. Una foto
che veniva duramente attaccata
dall’europarlamentare PD Massimo Paolucci, vicino anch’egli
all’ex neopodestà di Napoli, che
vedeva in quella immagine l’emblema di un serio rischio infiltrazioni che era latente da diverse
settimane.
Diatribe che venivano accese
prima da Civati, della minoranza
PD, che buttava benzina sul fuoco
ponendo seri dubbi sui candidati e
sulla loro presunta “popolarità” in
Campania: “Renzi non è ambizioso, il vento del cambiamento non
ha trovato neanche la rappresentazione di una candidatura unitaria: De Luca e Cozzolino facevano
già parte del paesaggio”. E poi dal
deputato PD Guglielmo Vaccaro,
che aveva paventato una possibile
candidatura, e che invece propendeva in ultimo persino per Caldoro
dichiarandosi di autosospendersi dal PD: “Tra me e il segretario
Renzi c’è una totale identità di vedute. Ambedue sappiamo che per
la democraticità e l’integrità delle
casse pubbliche Caldoro è meglio
di De Luca e Cozzolino. Ma lui non
lo può dire, mentre io che ho qualche responsabilità in meno posso
dire anche le verità più scomode”.
In questo caos totale che spaesava la base del PD campano, a
chiudere il cerchio e a rinfoltire le
polemiche sul voto interveniva il
giornalista anticamorra Roberto
Saviano che invitava gli iscritti del
PD a non andare a votare perché
i candidati “rappresentano la vecchia politica, clientele e vent’anni
di sperperi”.
In un clima pesantissimo, dunque, si svolgevano le primarie domenica 1 marzo con la sfida tra
i bassoliniani, rappresentato da
Andrea Cozzolino, e Vincenzo De
Luca, con il terzo incomodo rappresentato dal socialista e deputato PD, Marco Di Lello. Le prime
denunce erano quelle di infiltrazioni di altri schieramenti, per lo
più di iscritti della casa del fascio,
che intervenivano influenzando il
voto - come dimostrato da alcune interviste fatte da alcuni freelance - che confermavano le denunce di Cofferati sulla presenza
dei fascisti ai seggi in Liguria.
L’atteggiamento tronfio e
borioso del vincitore, ossia l’ex
podestà decaduto di Salerno,
sia prima che dopo le votazioni,
dava già una idea di chi potesse
essere il vincitore della competizione: “Sono il principale elettore
in Campania e l’azionista di riferimento di Renzi”; e con una sfrontatezza e una arroganza senza
pari, sicuro del fatto suo: “io mi
sono mosso nell’ambito delle
regole dello statuto del partito”.
Una volta eletto nella mattinata
del 2 marzo dopo lo spoglio dei
voti, con un plebiscito nel suo
conclave di riferimento, ossia Salerno, De Luca attaccava Saviano affermando di aver sbagliato
a dire agli iscritti di “non andare
a votare: è stato un errore”. Non
retrocedeva il giornalista che rispondeva: “sia De Luca che Cozzolino rappresentano il passato,
la gestione della Campania con
NARDELLA continua ad ESPROPRIAre
FIRENZE A FAVORE DEI PRIVATI
‡‡Redazione di Firenze
Ancora una volta i luoghi pubblici di Firenze affittati dall’amministrazione comunale ai privati.
Dopo gli Uffizzi e Ponte Vecchio,
è di nuovo la volta di Palazzo Vecchio, già concesso alla Montblanc
nel luglio 2014 per 36 mila euro
e ora concesso per 140 mila euro,
il 22 e il 23 aprile prossimi alla
Luxury Conference organizzata
da Condé Nast. L’occasione è un
convegno-evento sull’evoluzione
dell’idea di lusso che vedrà la presenza di 500 top-manager che per
parteciparvi pagheranno la bellezza di 3.000 dollari a testa (2.600
euro circa).
Il neopodestà Nardella continua la strada intrapresa dal suo
amico fidato e mentore Renzi e si
è difeso dalle critiche appellandosi
al fatto che il ricavato dei 140 mila
euro saranno destinati al recupero
di un’opera d’arte e alla sistemazione di aree gioco.
Il capogruppo di Sel Tommaso
Grassi ha contestato l’affitto spiegando che quanto affermato da
Nardella non è nei fatti possibile
in quanto le opere annunciate non
possono essere finanziate da fondi
ordinari, che nel bilancio finiscono nella voce “parte corrente”. La
vera destinazione dell’entrata per
l’affitto di Palazzo Vecchio serve
probabilmente in realtà a coprire
i buchi di bilancio. Grassi ha anche contestato l’enorme differenza tra quanto “guadagna” il comune rispetto all’incasso del privato
che si aggira intorno ai 1,5 milioni circa.
Noi marxisti-leninisti condividiamo la denuncia, ma è limitativo
contestare solo l’entità delle entrate. Non si può avallare il principio
di fare più cassa comunale garantendo guadagni ai privati.
Ancora una volta affermiamo che occorre battersi contro
l’espropriazione della città, la sua
svendita e privatizzazione. Bisogna abbandonare il circolo vizioso di miliardari e privatizzatori
per una città vetrina, mentre molte delle periferie fiorentine sono
abbandonate e nel pieno degrado.
Occorre battersi perché Firenze
sia governata dal popolo e al servizio del popolo e opporsi a Nardella e alla sua giunta che utilizzano la città per gli interessi propri
di borghesi e per quelli dei grandi
capitalisti.
gli errori madornali, le ecoballe,
la speculazione. Sono gli stessi
protagonisti degli ultimi 20 anni e
siccome ultimi 20 sono stati colmi
di contraddizioni, sperperi e mala
gestione, tutto questo secondo
me, le primarie dovevano evitarlo
e invece lo hanno riproposto”.
Le primarie del PD in Campania non solo dimostrano che esse
sono espressione degli squallidi
giochi e scontri di potere tra le
diverse correnti interne neoliberali, che, con la salita al potere
di Renzi, si sono infittite al punto
da spezzare ogni legame persino
con il PCI revisionista di Berlinguer autoproclamatosi allora il
“partito dalle mani pulite” (in contrapposizione alla DC e al PSI di
Craxi). Di fatto il PD si è irreversibilmente trasformato in un partito
di punta del regime neofascista
organizzato e strutturato a immagine e somiglianza della vecchia
DC e della berlusconiana Forza
Italia, dove a spadroneggiare con
metodi mafiosi sono i capobastone delle diverse cosche correntizie con il “capo dei capi” Renzi.
L’unica, vera alternativa di
classe a questo marcio sistema
capitalista corrotto fino al midollo è il PMLI. Quello che occorre
è distruggere questo sistema
economico, lo Stato borghese,
le sue istituzioni nazionali e locali in camicia nera e spodestare
la classe dominante borghese,
abolire lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, le classi, le disuguaglianze sociali e di sesso, le
disparità territoriali e tra città e
campagna e dare tutto il potere al proletariato. Cominciando
a dare fiducia al PMLI, il Partito
del socialismo.
Comunicato dell’Organizzazione isolana del PMLI
Un’altra morte
annunciata dalle
politiche scellerate
e clientelari a Ischia
I marxisti-leninisti dell’isola d’Ischia esprimono il loro più
profondo e sincero cordoglio per
la morte prematura e improvvisa
di Peppe Iallonardo, nella frana
di Olmitello a Barano d’Ischia e
sono vicini al dolore dei suoi familiari.
L’Organizzazione
isola
d’Ischia del PMLI denuncia che
ancora una volta si tratta di una
tragedia annunciata, come annunciate sono state le altre che
la storia dell’isola ricorda: dei
turisti sempre ai Maronti, della famiglia dell’Arenella, della
ragazza nella lava di Casamicciola, del ragazzo scomparso a
Sant’Angelo.
I marxisti-leninisti ritengono che ad Ischia “il degrado
dell’ambiente è uno degli aspetti
più eloquenti di un atteggiamento di tracotanza che investe la gestione politica” con una vergognosa amministrazione borghese
e capitalista che ha sempre speculato sui problemi della masse, alle quali continua ad offrire
“soluzioni permissive e frutto di
compromessi”.
Secondo i marxisti-leninisti è
necessario spezzare la spirale innescata dalle politiche scellerate
di quei politicanti borghesi che
per decenni, hanno ignorato le
condizioni del territorio per anteporre gli interessi clientelari ed
elettorali.
Le inadempienze, l’irresponsabile gestione di un intero territorio, l’avida sete di potere e
di profitto capitalistico, il facile arricchimento sorretto da una
insopportabile “giustizia” borghese, costituiscono la struttura
portante di un sistema politico
e sociale fallito, che continua a
fingere di non vedere situazioni
anomale, assurde, sparse in tutta l’isola, dove manufatti d’ogni
tipo, esercizi alberghieri, di ristorazione, abitazioni private prevalentemente di tipo speculativo,
spiccano nei luoghi più pericolosi, privi di ogni tutela, sotto gli
occhi di tutti e con l’avallo di chi
dovrebbe impedire tanti scempi.
Oggi, a tragedia avvenuta, e
a testimonianza di una scontata
ipocrisia, gli stessi politici piangono, esprimono cordoglio, quegli stessi che dovrebbero invece,
essere chiamati a pagare personalmente, per il grave dissesto
di cui sono i primi responsabili, colpevoli di aver permesso
che si realizzasse, proprio in una
zona impervia e di precaria stabilità, come la cava di Olmitello
e tante altre dell’isola, un locale pubblico, puntualmente inserito in un’area interdetta, ma forse
solo nel rispetto di una formalità
che il più delle volte, poi, si rivela tragicamente fatale.
Il PMLI, mentre condanna
con forza tutto questo che genera
disastri e lutti, chiama alla lotta
per l’Italia unita, rossa e socialista e sollecita un vero censimento di situazioni analoghe a quelle
in cui hanno perso la vita Peppe
Iallonardo e tutte le altre vittime di questo sistema, per adottare i più opportuni provvedimenti, prima che la cronaca registri
nuovi eventi luttuosi.
Organizzazione isola
d’Ischia del PMLI
Ischia, 26 febbraio 2015
Il comunicato è apparso integralmente su “Il Dispari”, quotidiano ischitano abbinato a “Il
Mattino”.
Limbiate (Milano)
Scippati i fondi necessari
per la realizzazione
della metrotramvia
I SOLDI VERRANNO DIROTTATI A EXPO 2015
‡‡Dal nostro corrispondente
della Lombardia
Il commissario unico per Expo
2015, Giuseppe Sala, ha recentemente dichiarato che sono “assolutamente necessari” sessanta
milioni di euro per l’esposizione
internazionale. Le obbedienti istituzioni locali borghesi avrebbero
quindi deciso che una delle fonti
da cui attingere fondi sarebbe la
cancellazione della già progettata metrotramvia che avrebbe dovuto collegare Milano a Limbiate,
un’opera indispensabile per lavoratori e studenti e che verrebbe ora
cancellata o rinviata “sine die” in
quanto non necessaria a Expo, finendo quindi nel fondo revoche
opere al fine di recuperare i soldi
necessari.
Il ministero delle infrastrutture e dei trasporti guidato da Maurizio Lupi (NCD) cerca di “far
cassa” a spese delle masse lavoratrici e popolari milanesi e lombarde, che già soffrono ancora per
l’inaugurazione del nuovo capolinea “Comasina” della linea 3 della
metropolitana costato cento milioni di euro. Oltretutto la provincia
di Monza e il comune di Varedo
(Monza Brianza), che avrebbero dovuto sborsare due milioni
di euro per la realizzazione della
tramvia, se ne sono guardati bene
dal difendere il progetto, preferendo i diktat dell’Expo.
Anche la giunta regionale lombarda, guidata dal caporione nazileghista Roberto Maroni ha fatto
capire di non avere alcuna intenzione di sborsare i soldi necessari
alla realizzazione della metrotramvia e l’assessore “metropolitano”
alle infrastutture della giunta milanese “arancione” guidata dal neopodestà Giuliano Pisapia, Franco
De Angelis, gioca ipocritamente
a scaricabarile dicendo che “Sono
scelte romane”.
Il PMLI chiede, oltre alla cancellazione dell’esposizione internazionale, che sta deturpando
l’ambiente di molti comuni limitrofi a Milano con opere inutili come la “Brebemi” o la “Tem”,
l’immediato ripristino del progetto di realizzo della metrotramvia
Milano-Limbiate, necessaria per
collegare zone periferiche con la
città, stornando i fondi ora dedicati ad un evento inutile e speculativo qual è Expo.
4
Contro
il Jobs Act e
la legge di stabilità
e per la difesa
dell'art.18
il bolscevico / studenti
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N. 45 - 19 dicembre 2014
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PARTITO
MARXISTA-LENINISTA
ITALIANO
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esteri / il bolscevico 15
N. 10 - 12 marzo 2015
Centomila in piazza a Mosca contro
l’assassinio dell’oppositore di Putin
Cartelli: “Non abbiamo paura”, e contro la guerra in Ucraina. 50 arrestati
Si sono svolti il 3 marzo a Mosca i funerali di Boris Nemstov, il leader liberale dell’opposizione a Vladimir
Putin, ucciso a colpi di pistola
la notte del 27 febbraio sul ponte che porta alla Piazza Rossa,
in uno dei luoghi più sorvegliati del paese. Migliaia di persone hanno reso omaggio alla salma esposta nella camera ardente
allestita nel centro Sakharov; assenti sia il presidente Putin che il
premier Dimitri Medvedev.
Erano almeno centomila i
manifestanti che l’1 marzo erano
sfilati per le strade della capitale e fin sotto le mura del Cremlino alla marcia funebre in ricordo
di Nemtsov, l’ennesimo oppositore ucciso come la giornalista
Anna Politkovskaya che aveva
denunciato tra l’altro l’intevento militare del Cremlino contro
gli indipendentisti ceceni, sotto lo slogan “io non ho paura”.
Molti manifestanti portavano un
cartello nero appeso alla schiena
con quattro fori di proiettili disegnati, a ricordo di come l’oppositore era stato ucciso. L’amministrazione cittadina aveva
autorizzato la marcia, controllata a vista da uno schieramento di
polizia che comunue arrestava
oltre 50 dimostranti con l’accusa
di disturbo dell’ordine pubblico.
Vicepremier ai tempi della presidenza Eltsin, Boris
Nemtsov da tempo era un politico di seconda fila ma restava comunque un riferimento per
l’opposizione del Cremlino, con
libri e documenti denunciava gli
scandali del vertice russo e stava
raccogliendo materiale sulla presenza militare russa in Ucraina
per denunciare le responsabilità
di Mosca nel conflitto, non ultimo l’invio di mercenari, volontari e soldati in aiuto al Donbass
separatista. Conosceva bene la
situazione ucraina, aveva partecipato alla cosiddetta “rivoluzione arancione” a Kiev nel 2004
ed è stato definito dal reaziona-
rio premier ucraino Yatseniuk un
“grande amico”.
Negli scorsi anni era stato
fra gli organizzatori delle proteste di piazza contro il ritorno di
Putin al Cremlino tra il 2011 e
il 2012 ed era tra gli organizzatori della marcia di protesta antigovernativa già indetta per l’1
marzo contro le ingerenze del
Cremlino in Ucraina. L’opposizione a Putin aveva chiamato
“Primavera” la marcia che voleva dare il via a una nuova ondata di proteste contro il governo
centrale sia per la situazione di
crisi che pesa sulle masse popolari che in merito alla questione
ucraina, facendo leva sul malcontento popolare che cresce
nel paese per i disagi economici
provocati dal calo del prezzo del
petrolio e dalle sanzioni imposte
alla Russia dalla comunità internazionale. E alla marcia hanno chiaramente denunciato che
quello di Nemtsov è un “omicidio politico”.
Mosca, 2 marzo 2015. Centomila in piazza contro Putin e l’assassinio di Boris Nemtsov
Tsipras sommerso dalle
critiche della piazza e Firmiamo l’appello
della sinistra di Syriza contro TTIP e CETA
Sosteniamo STOP TTIP
I sostenitori del primo ministro
Alexis Tsipras sostengono che il
suo governo è riuscito a raggiungere nella trattativa con l’Eurogruppo a Bruxelles un non scontato equilibrio tra le richieste dei
creditori internazionali e il suo
piano anti-austerity, dovendo retrocedere momentaneamente dai
suoi propositi di buttare all’aria il
memorandum capestro per il popolo greco sottoscritto dai suoi
predecessori e accettando parte
del programma precedente pur impegnandosi a affrontare quella che
ha definito una “crisi umanitaria”.
Un compromesso per nulla accettato dalla sinistra del suo stesso
partito, Syriza, e che ha registrato
le prime proteste di piazza.
La prima si è svolta il 26 febbraio a Atene, nel momento in cui
il Bundestag tedesco votava il via
libera alla proroga di quattro mesi
agli aiuti alla Grecia, promossa
dall’organizzazione Antarsya (Cooperazione di sinistra anticapitalista) e appoggiata da gruppi anarchici che manifestavano contro
“la nuova austerity” imposta da un
esecutivo formato dalla coalizione
tra Syriza e la formazione di destra
di Anel che si definisce di sinistra
o anti-memorandum. La manifestazione terminava con barricate e
scontri con la polizia.
Il 27 febbraio si svolgeva
un’altra manifestazione contro
l’accordo di Bruxelles organizzata dal partito revisionista Kke in
Piazza Sintagma a Atene, di fronte al Parlamento. Il segretario del
Kke annunciava di aver presentato
un progetto di legge per “l’annullamento del memorandum” e accusava Tsipras di essersi piegato
ai creditori internazionali “dimenticando in tempo record le promesse elettorali”. Chiedeva il ritiro immediato del Memorandum e
delle leggi consequenziali e la rottura con l’Unione europea. Il nuovo accordo, firmato dal governo,
denunciavano dal palco è un’estensione sostanziale e formale
del memorandum e degli impegni
presi, la continuazione di politiche
impopolari dei precedenti governi
guidati dalla destra di Nuova democrazia o dai socialisti del Pasok. Un accordo che comprende
tutte le misure negative per i lavoratori e che, invece, aiutano il recupero di redditività capitalistica.
Tutto quello contro cui ha lottato negli anni precedenti il popolo
greco.
Gli echi della protesta si erano fatti sentire anche alla riunione del gruppo parlamentare di Syriza del 26 febbraio, durata dieci
ore e conclusasi con alcune decine di deputati sui 149 presenti che
bocciavano l’accordo di Bruxelles. Una bocciatura espressa anche in un documento del responsabile della politica economica di
Syriza e di altri due dirigenti del
partito che criticano duramente
l’operato del ministro delle finan-
ze Yanis Varoufakis. L’accordo
di Bruxelles, denunciava il documento, si riferisce ai “controlli da
parte dei creditori internazionali e
non ad uno scambio di valutazioni sull’ andamento dell’economia
greca (…) accetta gli aiuti economici del precedente accordo, non
fa riferimento alla ristrutturazione
del debito pubblico ma parla di un
programma di sostenibilità” e tutto sommato “poco ricorda ciò che
Syriza prometteva prima del voto
del 25 gennaio” che l’ha portata
alla guida del governo di Atene.
Quanto siano fallaci le promesse elettorali lo aveva confermato
il 24 febbraio il ministro dell’Energia Panagiotis Lafazanis che
annunciava lo stop alla privatizzazione della compagnia elettrica. L’offerta per Admie, l’operatore della rete elettrica, “non andrà
avanti”, spiegava Lafazanis, “perché non sono state presentate offerte vincolati, quindi non sarà
completata. Lo stesso vale per
Ppc”, la società pubblica dell’elettricità. Come dire che la privatizzazione non si è fermata come
promesso in campagna elettorale
ma si è fermata solo perché non
sono arrivate proposte valutate
positivamente dal governo. Una
posizione confermata dal ministro
Varoufakis che assicurava: “non
svenderemo i gioielli di famiglia”.
Che sono comunque in vendita sul
mercato per passare ai capitalisti
privati.
Viva l
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PRO
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LET arzo!
ARIE
2 il bolscevico / documento dell’UP del PMLI
N. 3 - 22 gennaio 2015
IMPUGNATE
LA BANDIERA
DELL’EMANCIPAZIONE
FEMMINILE
DELL’ANTIMPERIALISMO
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