Settimanale Nuova serie - Anno XXXIX - N. 10 - 12 marzo 2015 Fondato il 15 dicembre 1969 Viva l’8 Marzo! Proletarie, impugnate la bandiera dell’emancipazione femminile, dell’antimperialismo e del socialismo di Monica Martenghi Firenze, 8 Marzo 1984. La compagna Monica Martenghi, Responsabile della Commissione per il lavoro femminile del CC del PMLI, interviene all’affollata iniziativa organizzata dal Comitato donne dell’Isolotto per presentare i risultati di un’inchiesta nel quartiere e le rivendicazioni che ne erano scaturite. Alle sue spalle un pannello che spiega le origini della Giornata internazionale delle donne (foto Il Bolscevico) PAG. 2 5 Marzo 1953 – 2015. 62° Anniversario della scomparsa del grande Maestro del proletariato internazionale Stalin su Stalin Noi abbiamo il dovere di appoggiare i movimenti antimperialisti anche se alla loro testa ci fossero degli anti marxisti-leninisti di Giovanni Scuderi PAG. 9 PAG. 8 Manifestazione sindacale nazionale USB Con la responsabilità civile dei magistrati Renzi punisce i giudici 10mila a Milano contro Jobs Act, precarietà, come voleva la P2 razzismo e Expo Mattarella mette in riga i magistrati Grave iniziativa Che impantana i lavoratori nel capitalismo Landini coinvolge la Fiom nella “coalizione sociale” riformista Il leader dei metalmeccanici di sinistra attacca Renzi ma non chiede di cacciarlo via Il socialismo è l’unica proposta PAG. 6 valida per i lavoratori 200 milioni di soldi pubblici ai gestori privati Aeroporti toscani, il “cerchio magico” di Renzi regista della fusione tra Pisa e Firenze L’ANM: “Una sentenza contro l’indipendenza dei magistrati” PAG. 4 Nel combattivo corteo presenti lavoratori, tra cui molti precari, disoccupati, migranti, movimenti sociali, senza casa. Una sindacalista dell’USB elogia il compagno ottantunenne Lorenzo Santoro che teneva alta la bandiera del Partito Molti manifestanti approvano i cartelli del PMLI PAG. 12 A Roma sotto il controllo opprimente e provocatorio delle “forze dell’ordine” Grande corteo popolare contro la Lega razzista e fascista In Italia 10 milioni di poveri Due milioni e mezzo di giovani non studiano e non lavorano PAG. 5 Documento dell’Organizzazione di Caltagirone (Catania) del PMLI Il PD mette in soffitta l’“incandidabilità” Il plurinquisito De Luca Lottiamo uniti contro vince le primarie PD l’amministrazione Il boss di Salerno: “Sono l’azionista di riferimento di Renzi” il vicepresidente della commissione antimafia: “forti di “centrorischi di infiltrazioni nelle votazioni” PAG. 13 destra” del Il fedelissimo del premier Carrai alla guida Opporsi con la forza al progetto antipopolare della nuova società. Il Comune di Pisa si sindaco Bonanno piega a governo e regione No alla costruzione della centrale a e le istituzioni Contrarietà dei comitati della piana e biomasse nel comune di Forlimpopoli borghesi! dell’universita’ di firenze PAG. 11 PAG. 8 Il comune si oppone a parole, la provincia di Forlì-Cesena prende tempo e la regione se ne lava le mani PAG. 12 50mila tra movimenti, centri sociali, Anpi, sindacati, lavoratori, disoccupati, migranti, studenti. Tre giorni di contestazioni. Le donne in prima fila. Alla vigilia della manifestazione Alfano manda la polizia a caricare i manifestanti a Piazza del Popolo: due feriti e quattro fermi Né Renzi né Salvini PAG. 12 Iniziative del PMLI antigovernative e a sostegno dei lavoratori Banchini a Modena e a Borgo S. Lorenzo. Volantinaggio a Catania PAGG. 8 e 10 2 il bolscevico / 8 Marzo N. 10 - 12 marzo 2015 Viva l’8 Marzo! Proletarie, impugnate la bandiera dell’emancipazione femminile, dell’antimperialismo e del socialismo In occasione della celebrazione della storica e fondamentale giornata internazionale delle donne, l’8 Marzo, il PMLI rivolge un accorato appello a tutte le proletarie, specie a quelle più avanzate, coscienti e informate, a fermarsi a riflettere sull’importanza e l’urgenza di impugnare con forza, entusiasmo e fiducia la bandiera dell’emancipazione femminile, dell’antimperialismo e del socialismo. Il primo passo è formarsi una coscienza politica e di classe della realtà nazionale e internazionale in cui viviamo, una coscienza indipendente e libera dalla propaganda governativa e borghese dominante. Renzi reincarna Mussolini e Berlusconi È ormai passato un anno da quando Renzi si è insediato a Palazzo Chigi e, al di là delle sue pompose parole, i fatti hanno dimostrato ampiamente che egli non è l’uomo del “cambiamento” ma la reincarnazione moderna e tecnologica di Mussolini e Berlusconi; che le sue controriforme elettorali, istituzionali e costituzionali, concordate con il delinquente di Arcore, sono golpiste, antidemocratiche e piduiste; che la liberalizzazione dei contratti a termine e dell’apprendistato, le “riforme” della legislazione sul lavoro (il famigerato Job acts), della pubblica amministrazione, della scuola, la legge di stabilità e lo “Sblocca-Italia”, il “patto per la salute”, le liberalizzazioni e le privatizzazioni, l’emarginazione dei sindacati sono un crimine contro le lavoratrici e i lavoratori, i giovani, i pensionati e tutto il nostro popolo; senza contare il coinvolgimento dell’Italia nella guerra in Iraq e nei conflitti in Ucraina e in Libia e la sua smania, condivisa anche dal neopresidente della Repubblica, Sergio Mattarella, di “dare un posto al sole” all’Italia nel Mediterraneo e nel mondo. Ne è un segnale preoccupante l’esercitazione della Marina italiana davanti le coste libiche. Con tutto ciò oltre a colpire duramente le condizioni di vita e di lavoro delle masse, l’ambiente e il territorio, a mettere a serio rischio l’incolumità del nostro popolo, il governo del Berlusconi democristiano Renzi ha distrutto lo Stato di diritto borghese, il diritto borghese del lavoro e i residui della Costituzione borghese e antifascista del ’48. Proprio ciò che si proponeva la P2 di Gelli, Craxi e Berlusconi nel “piano di rinascita democratica” e nello “Schema R”. Le donne prime vittime della politica del governo A farne le spese maggiori sono le masse femminili. La disoccupazione femminile tocca ormai la cifra record del 14,5%. Senza contare le donne che ormai il lavoro non lo cercano nemmeno più pur avendone un disperato bisogno. Il 48,2% delle ragazze fra i 15 e i 24 anni sono disoccupate. Il 61,6% nel Mezzogiorno. Milioni di donne languono nella precarietà più assoluta, e si riaffacciano prepotentemente forme di vero e proprio schiavismo come il caporalato nelle campagne, che non colpisce solo le donne migranti ma anche le italiane. Gli stipendi delle lavoratrici sono ancora decisamente inferiori a quelli maschili. Le pensionate riscuotono in media il 30% in meno dei loro colleghi uomini. Più del 50% delle pensionate vive con una pensione inferiore ai 1.000 euro. Le statistiche ufficiali ci dicono che la povertà assoluta, che riguarda ormai almeno una famiglia su quattro, colpisce soprattutto le donne. Si aggiunga poi l’aumento dell’età pensionabile, i drastici tagli alla sanità pubblica e ai servizi pubblici in generale che comportano un maggiore carico sulle donne del lavoro domestico e familiare e si avrà un quadro di vero e proprio arretramento delle condizioni di vita e di lavoro delle masse femminili, una loro verticale perdita di indipendenza economica, familiare e maritale. Una condizione economica e sociale che alimenta da sempre la cultura patriarcale, antifemminile, familista e oscurantista. La stessa cultura che sta alla base del femminicidio e della catena di inaudite violenze fisiche, morali e sessuali sulle donne, specie in famiglia, a cui stiamo assistendo. In questo quadro non ci stupisce che siano tornate d’attualità le proposte per riaprire in varie forme le “case chiuse”, come i “quartieri a luci rosse”, una vera e propria legalizzazione della prostituzione, ossia un sotteso assenso alla schiavitù delle donne e alla mercificazione del loro corpo. Lottare contro l’imperialismo Nel mondo domina l’imperialismo. La legge della ricerca del massimo profitto, in patria come all’estero, spinge inesorabilmente l’imperialismo al dominio economico mondiale e quindi alla guerra imperialista. L’imperialismo, in spregio al diritto internazionale, spadroneggia e minaccia di intervenire a destra e a manca arrogandosi il diritto di gendarme del mondo, con o senza la “foglia di fico” del mandato ONU. Le sue guerre non portano mai né libertà, né giustizia, né pace. Come dimostrano le guerre di aggressione imperialiste che si sono succedute in questi anni in Serbia, in Afghanistan, in Iraq, in Libia. Esse alimentano solo il giusto odio e la ribellione dei popoli oppressi. Da anni è in atto una guerra tra gli islamici antimperialisti e l’imperialismo che saccheggia e domina, o cerca di dominare con le armi i loro paesi. L’Ufficio politico del PMLI nel fondamentale Documento sull’attentato a Parigi del 7 gennaio scorso, ha chiarito che tutte le responsabilità ricadono sugli imperialisti francesi e occidentali e che la contraddizione principale è tra l’imperialismo ed i popoli oppressi e che tutti i popoli hanno diritto all’autodeterminazione e all’indipendenza e a risolvere da sé le loro contraddizioni interne. Ora l’imperialismo è concentrato contro lo Stato islamico che ostacola i suoi piani e interessi. Dobbiamo impugnare quindi con forza la bandiera dell’antimperialismo, per la libertà dei popoli, per l’indipendenza e la sovrani- di Monica Martenghi* La compagna Monica Martenghi, Responsabile della Commissione per il lavoro femminile del CC del PMLI allo sciopero generale regionale indetto dalla CGIL a Firenze il 2 luglio 2010 (foto Il Bolscevico) tà dei Paesi. Battiamoci in primo luogo contro l’Unione europea imperialista e contro il governo Renzi che si è schierato ormai in prima linea sul fronte dell’interventismo militare imperialista. L’Italia deve uscire dall’Unione europea e dalla Nato, chiudere tutte le basi Usa e Nato che sono nel nostro Paese, ritirare i suoi soldati da tutti i Paesi in cui sono attualmente presenti, rinunciare a ogni intervento armato all’estero, anche col casco dell’Onu e aprire le frontiere ai migranti. Dobbiamo imporre al governo Renzi di ritirare l’Italia dai conflitti in Ucraina, Iraq, Afghanistan, Siria e Libia. Solo così è possibile impedire che il popolo italiano diventi carne da cannone per gli interessi del capitalismo e della classe dominante borghese. Spazzare via il governo Renzi Renzi sta davvero cambiando l’Italia, ma da destra completando la seconda repubblica neofascista, presidenzialista e federalista ormai imperante e gettando il nostro popolo in nuove avventure militari imperialiste. Va spazzato via al più presto. Altrimenti rimarrà in carica venti anni come Mussolini e Berlusconi. E deve essere la piazza a cacciarlo via attraverso la lotta di classe e di massa. Urge lo sciopero generale di 8 ore con manifestazione nazionale sotto Palazzo Chigi. Riempiamo le piazze al grido di lavoro. Rivendichiamo un lavoro stabile, a tempo pieno, a salario intero e sindacalmente tutelato per le donne, l’effettiva parità salariale, una fitta rete di servizi sociali e assistenziali pubblici a cominciare dagli asili nido su tutto il territorio nazionale, specie nel Mezzogiorno. Il lavoro, da una parte, e la socializzazione del lavoro domestico, dall’altra, sono sempre state e restano le due leve principali per la conquista di una reale parità fra i sessi e dell’emancipazione delle donne, che potrà realizzarsi pienamente solo nel socialismo. Rivendichiamo una scuola e una università pubbliche, gratuite e governate dalle studentesse e dagli studenti, una sanità pubblica e totalmente gratuita per tutti. Parallelamente battiamoci contro il familismo e l’oscurantismo imperanti, il femminicidio, l’omofobia e difendiamo i diritti civili acquisiti e conquistiamone dei nuovi come i pari diritti per le coppie di fatto e omosessuali sui quali Renzi si è rimangiato ogni promessa. Diamo un colpo ai partiti della destra e della “sinistra” borghese e in particolare alla megalomania e alle fregole ducesche di Renzi punendo le sue ambizioni elettorali alle prossime elezioni regionali e comunali con una valanga di voti astensionisti (diserzione delle urne, scheda nulla o bianca) perché le regioni e i comuni siano governati dal popolo e al servizio del popolo. Lavoriamo per creare le istituzioni rappresentative delle masse fautrici del socialismo. Consideriamo l’astensionismo come un voto dato al PMLI e al socilaismo. Ci vuole il socialismo La nostra società è divisa in classi, con profonde disuguaglianze economiche, sociali, territoriali e di sesso. Perdurando il capitalismo nessun governo né della destra né della “sinistra” borghese riuscirà mai a capovolgere questa situazione a vantaggio delle masse femminili, lavoratrici, giovanili e popolari. L’Italia ha avuto ormai numerosi governi di “centro-sinistra”, la socialdemocrazia ha dominato per anni in Europa e tutti conoscono le grandi illusioni sparse dai revisionisti e dai trotzkisti, che oggi magari si spacciano per autentici comunisti, quando Zapatero conquistò il governo spagnolo e Lula quello brasiliano. La stessa cosa è successa oggi col governo greco di Tsipras il quale solo dopo poche settimane si sta già calando le brache di fronte all’Unione europea imperialista rimangiandosi tutto quello che aveva promesso in campagna elettorale. I fatti e la storia dimostrano che solo il socialismo può cambiare davvero l’Italia, dare il potere al proletariato e realizzare l’emancipazione femminile. Per questo occorre lottare contro il capitalismo e i suoi governi, per il socialismo. Le proletarie avanzate e coscienti devono imparare a guardare oltre i confini del capitalismo e aiutare la loro intera classe a fare altrettanto. Il proletariato nel suo complesso, deve comprendere che la conquista del potere politico è la madre di tutte le questioni. Comprendere che col potere politico il proletariato ha tutto, senza potere politico, il proletariato non ha nulla. Una consapevolezza che può e deve essere riacquistata per far sì che il proletariato da classe in sé torni ad essere una classe per sé, in grado di contrapporre una propria cultura, una propria concezione del mondo e una propria coscienza politica a quella della classe dominante borghese, recuperando quel terreno perso a causa del grande imbroglio operato dal PCI revisionista e dai partiti falsi comunisti suoi eredi. Come ha brillantemente sintetizzato il compagno Giovanni Scuderi, in un colloquio con la Responsabile della Commissione centrale femminile il 7 settembre scorso, “Il potere politico spetta di diritto al proletariato che produce l’intera ricchezza del Paese ed è l’unica classe capace di sradicare lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo e le cause economiche che generano le classi, le guerre imperialistiche, le ingiustizie sociali, la disoccupazione, la miseria, il razzismo e la disparità territoriale e di sesso; capace anche di sradicare la cultura e la moralità borghesi fondate sull’individualismo, l’egoismo, l’arrivismo, l’arricchimento personale, il predominio dell’uomo sulla donna, la sopraffazione del più forte sul più debole, la corruzione. Questo diritto il proletariato lo deve rivendicare con forza e imporlo con la rivoluzione armata quando avrà creato le condizioni per estromettere dal potere l’ultima classe sfruttatrice e oppressiva della storia, la borghesia, che sbarra la strada dell’emancipazione del proletariato e di tutta l’umanità. Ma non ce la potrà mai fare se Forlì, 8 Marzo 1999. La compagna Martenghi durante il dibattito organizzato dalla Cellula “Stalin” di Forlì del PMLI, di cui era l’oratrice (foto Il Bolscevico) non acquisisce la sua propria cultura, il marxismo-leninismo-pensiero di Mao, e non dà tutta la sua forza materiale e intellettuale al suo Partito, il PMLI”. La presa di coscienza che solo il socialismo può cambiare l’Italia e dare il potere politico al proletariato è il passaggio determinante affinché tutto cambi ideologicamente, politicamente e organizzativamente nel proletariato italiano e nell’intera sinistra sociale, e quindi nel rapporto delle masse rivoluzionarie col PMLI. Per realizzare questo obiettivo strategico il PMLI conta in primo luogo sulle operaie e gli operai, ma anche sulle ragazze e i ragazzi rivoluzionari e sugli intellettuali che intendono mettersi a disposizione della causa del socialismo. Buon 8 Marzo Il PMLI è fermamente impegnato a far vivere ogni anno il vero spirito dell’8 Marzo. Quello spirito di classe che animò le nostre antenate marxiste-leniniste che alla seconda conferenza delle donne socialiste del 1910 decisero di istituire, su proposta delle marxiste-leniniste russe ed europee ispirate da Lenin, la Giornata internazionale delle donne in ricordo delle 129 operai della Cotton di New York bruciate vive nella fabbrica in cui il padrone le aveva rinchiuse per rappresaglia e perché dilagasse nel mondo intero la lotta per la parità uomo-donna in tutti i campi e i diritti specifici delle donne. Buon 8 Marzo a tutte le masse femminili sfruttate e oppresse in Italia e nel mondo! Buon 8 Marzo a tutte le lavoratrici comprese le precarie, le pensionate, le disoccupate, le casalinghe e le studentesse del popolo! Buon 8 Marzo a voi care militanti e simpatizzanti del Partito. Alle più anziane ed esperte di militanza, che da una vita date tutte voi stesse alla causa del PMLI, del proletariato e del socialismo. Alle ultime giovanissime compagne che hanno portato la loro freschezza e il loro entusiasmo e che, stando alla scuola del Partito, impareranno gradualmente a far bene la lotta di classe e a diventare delle giovani alfiere rosse della lotta per l’emancipazione femminile e il socialismo. Viva l’8 Marzo! Avanti con forza e fiducia verso l’Italia unita, rossa e socialista! Coi Maestri e il PMLI vinceremo! * Responsabile della Commissione per il lavoro femminile del CC del PMLI interni / il bolscevico 3 N. 10 - 12 marzo 2015 Mimosa! di Nerina “Lucia” Paoletti Qui di seguito pubblichiamo una riflessione di Nerina “Lucia” Paoletti dal titolo “Mimosa” in data 17 febbraio 1974, scritto su uno dei suoi quadernetti. Deceduta il 6 aprile 2006, Lucia è una dei primi quattro pionieri del PMLI e cofondatrice del Partito. Mimosa! Dolce simbolo del fiore della Primavera, e simbolo anche delle compagne in lotta. Quando io vedo questo fiore, non so, mi si irraggia tutto dentro di me, ed il suo profumo acuto e delicato mi immette più fiducia, perché non solo è Primavera ma anche perché nuovi mesi di lotta e di vittorie incombono su noi; da vere comuniste dobbiamo sapere capire ed organizzare le masse femminili perché esse sole sono il frutto sano del nostro laborioso lavoro, la loro capacità di capire la necessità impellente di cambiare la società è lo sbocco ed il contenuto della vera Primavera e di tante tante Primavere che insieme ad esse, le masse, sapremo vedere germogliare e fiorire come quella mimosa, e assaporarne i frutti che da essa nascono; delle comuniste! Lucia 17/2/1974 Firenze, 18 gennaio 1983. La compagna “Lucia” Nerina Paoletti partecipa combattiva, con la mimosa appuntata sul petto accanto all’adesivo del PMLI, alla manifestazione in occasione dello sciopero contro il governo Fanfani. In tasca teneva in evidenza “Il Bolscevico” (foto Il Bolscevico) La mimosa dipinta dalla compagna Lucia per realizzare dei manifesti per l’8 Marzo. L’originale fu donato alla compagna Monica Martenghi, è esposto nella Sede centrale del PMLI e de “Il Bolscevico” A Roma sotto il controllo opprimente e provocatorio delle “forze dell’ordine” Grande corteo popolare contro la Lega razzista e fascista 50mila tra movimenti, centri sociali, Anpi, sindacati, lavoratori, disoccupati, migranti, studenti. Tre giorni di contestazioni. Le donne in prima fila. Alla viglia della manifestazione Alfano manda la polizia a caricare i manifestanti a Piazza del Popolo: due feriti e quattro fermi Né Renzi né Salvini Una grande, tenace e vittoriosa prova di massa quella che ha visto la Roma antifascista mobilitarsi per una tregiorni di contestazioni al segretario nazionale della Lega, Matteo Salvini, che, con la melma fascista che lo accompagna, aveva scelto proprio la Capitale per il comizio del 28 febbraio. Nella giornata culmine in ben 50mila hanno marciato contro la concessione di Piazza del Popolo, storica piazza antifascista, per l’iniziativa di estrema destra e per dire a Salvini “Roma non ti vuole”. Certo è stata una delle più partecipate e prolungate contestazioni di massa con caratterizzazione antifascista, antirazzista, antileghista ed antigovernativa degli ultimi anni. E ciò nonostante l’allarmismo, la militarizzazione della città e la criminalizzazione del movimento, costruite ad arte dal governo Renzi e dallo stesso Salvini e rilanciata dai media di regime. Ben 4mila erano gli agenti e 80 equipaggi dei reparti “prevenzione crimine” della polizia e dei carabinieri che hanno effettuato controlli ai caselli autostradali, alle stazioni ferroviarie, nelle metropolitane, nelle vie consolari, mentre gli elicotteri sorvolavano il centro storico e le strade erano bloccate dalle camionette della polizia per impedire sin dal 27 ogni possibile accesso, persino ai residenti, alle zone limitrofe a Piazza del Popolo. L’imponente schieramento è stato messo in campo per “proteggere”, parole dell’occupante del Viminale, il “sacro diritto a manifestare” di Salvini, “importante pezzo della democrazia italiana”. Parole minacciose che si sono immediatamente rivelate nel loro reale significato: il governo Renzi ha garantito militarmente al nuovo leader della destra fascista Salvini di propagandare la violenza fascista e razzista contro i migranti le masse lavoratrici e popolari e ha tentato di zittire, manganellandoli, gasan- doli, sgomberandoli con la forza gli antifascisti romani. Quanto è successo è il migliore esempio di cosa intenda il governo Renzi per “democrazia”: dare spazio politico solo a chi è d’accordo con il massacro delle masse popolari. E per queste ultime è l’ennesima dimostrazione che non possono coesistere nella stessa “democrazia” il diritto delle masse e quello dei fascisti. Le contestazioni e la manifestazione Ma Renzi e Alfano non sono riusciti nel loro intento di impedire la contestazione a Salvini, è arrivata di massa e talmente forte che il fascioleghista veniva ricoperto di una valanga di insulti popolari. Già il 25 febbraio, presentatosi in Campidoglio per la conferenza stampa, ha trovato la piazza presidiata da diverse lavoratrici. Sgomberate queste a forza dalla polizia, molto è sfuggito alla violenta censura di regime, tanto che persino diversi passanti per caso avevano iniziato a contestarlo. Le giovani precarie, sfuggite al controllo delle “forze dell’ordine” e tornate in piazza con dei cartelli “Né con Renzi, né con Salvini”, gli hanno urlato: “Razzista, fascista, vattene via da Roma!”. L’arrogante risposta della corte del leghista alle giovani in piazza è stata “tornate nel pollaio”. Un plauso a queste coraggiose ragazze che hanno inchiodato alle sue responsabilità Salvini e il governo Renzi. La mobilitazione delle masse antifasciste romane è continuata il 27 febbraio. E anche questa volta in prima fila le donne. Nella mattinata decine di attiviste e attivisti dei movimenti romani hanno occupato la basilica di Santa Maria del Popolo, proprio nella piazza in cui il giorno dopo il fascioleghista avrebbe tenuto il comizio. Raggiunta la cupola, hanno srotolando gli striscioni con su Roma, 28 febbraio 2015. Lo striscione di apertura della grande manifestazione contro i razzisti e fascisti della Lega e CasaPound (foto Il Bolscevico) scritto “Mai con Salvini, Mai con Renzi, Respingiamoli”, riferendosi alla criminale politica dei respingimenti che ha provocato migliaia di migranti morti nel Canale di Sicilia. Le donne hanno dato luogo ad un sit-in dentro la navata, mentre la Guardia di Finanza le trascinava a forza fuori dalla basilica. Si contano due feriti, portati via con le autoambulanze. Tre attivisti sono stati fermati durante lo sgombero. Nel pomeriggio un migliaio di manifestanti si sono dati appuntamento nei pressi di Piazza del Popolo, lanciando slogan contro Salvini, Renzi, la Lega, il razzismo il PD ed agitando dei piccoli gommoni, ancora a simbolizzare le politiche criminali della Lega, del governo Renzi e dell’UE contro i migranti. L’obbiettivo era di occupare simbolicamente la storica Piazza degli antifascisti per tentare di impedire l’adunata dei leghisti, degli accoliti della Meloni e dei neonazisti di Casapound. Le “forze dell’ordine” hanno caricato i manifestanti, che si sono difesi usando i canotti. Nel- la battaglia i celerini hanno più volte sgomberato la piazza con l’uso dei manganelli e dei lacrimogeni. Il più grande appuntamento di massa è stato quello del pomeriggio di sabato 28, quando il corteo #MaiconSalvini, partito alle 15 da piazza Vittorio dietro un grande striscione contro Salvini, Renzi e l’austerità, è sfilato lungo il centro storico, percorrendo via Merulana, via Cavour e via dei Fori Imperiali. La manifestazione doveva concludersi a Campo de’ Fiori, ma era talmente imponente che la piazza non avrebbe potuto contenerla e quindi si è conclusa al Colosseo, tra gli applausi dei romani e dei turisti presenti. Cinquantamila, secondo alcune stime, ma certamente non meno di trentacinquemila manifestanti, richiamati dalla Capitale e da tutto il Lazio dalla coraggiosa battaglia degli antifascisti romani contro l’arrogante e violenta repressione ordinata dal governo, che hanno scandito parole d’ordine qualificate in senso antigovernativo, antileghi- sta, antinazifascista e antirazzista, che hanno detto “NO” all’unisono alle politiche di massacro sociale del governo Renzi e invitato Salvini e l suo codazzo fascista a sgomberare da Roma, che hanno dato alla manifestazione un forte carattere popolare e di massa. Tra i cartelli “mai con Renzi, mai con Salvini. Con i lavoratori e le lavoratrici per difendere i posti di lavoro e crearne altri” e tra gli striscioni “Mai con Renzi, mai con Salvini, respingiamoli. Odio la Lega”. Moltissime le bandiere rosse, presenti sindacati, ANPI, i movimenti per il diritto all’abitare, i collettivi studenteschi. I giovani i prima fila reggevano dei canotti con varie scritte “Roma vi respinge” “Basta CIE”. Tra le parole d’ordine “Contro PD e fascioleghismo”. Una lezione di lotta di massa e di democrazia popolare che è stata un sonoro ceffone in faccia a Renzi, Alfano, Salvini, ai neofascisti di Fratelli d’Italia, al PD e a Casapound, ai quotidiani di regime. Una lezione di cui è bene che le istituzioni borghesi tengano conto abbassando quella spocchia antipopolare che le contraddistingue. Le masse non le si può imbavagliare e ingannare a lungo. Con quella manifestazione hanno detto che l’antifascismo è vivo, vigile e combattivo e che non sono disposte a bersi altri inganni, come il tentativo di pompare e imporre Salvini come presunto oppositore del governo Renzi. Identificato l’inganno è necessario concentrare gli sforzi a combattere Renzi, il principale regista della politica borghese, per fare piazza pulita insieme a lui di tutta la melma fascista, razzista, mafiosa che lo circonda e lo appoggia. Renzi va spazzato via senza indugio e con la massima determinazione, conducendo contro di esso una dura opposizione di classe e di massa nelle fabbriche, in tutti i luoghi di lavoro, nelle scuole e nelle università, nelle piazze, nelle organizzazioni di massa, specie sindacali e studentesche. 4 il bolscevico / interni N. 10 - 12 marzo 2015 Con la responsabilità civile dei magistrati Renzi punisce i giudici come voleva la P2 Mattarella mette in riga i magistrati L’ANM: “Una sentenza contro l’indipendenza dei magistrati” La legge sulla responsabilità civile dei magistrati, già invocata nel piano della P2 e inseguita invano per vent’anni da Berlusconi, si è realizzata grazie al suo successore Matteo Renzi: il 24 febbraio la Camera ha approvato infatti senza alcuna modifica il testo del ministro della Giustizia Orlando, così come era uscito lo scorso 19 novembre dal Senato, respingendo tutti gli emendamenti presentati. Un testo che col pretesto di estendere al diritto europeo la legge Vassalli che regolava finora la responsabilità civile dei giudici, introduce alcune modifiche studiate apposta per mettere la mordacchia ai magistrati e consegnare in mano a imputati “eccellenti”, politici corrotti e mafiosi una micidiale arma di ricatto e di intimidazione, capace di far sentire addirittura preventivamente i suoi effetti sui magistrati inquirenti e giudicanti. Non a caso il berlusconiano Enrico Costa - oggi viceministro della Giustizia in forza al partito di Alfano - ha dichiarato trionfante che è stato raggiunto “un traguardo storico, io dico il coronamento di anni di battaglie del centrodestra italiano”. In piena sintonia, del resto, con il “giovane turco” della sinistra PD e suo superiore Andrea Orlando, che lo ha definito “un passaggio storico”, col quale “la giustizia sarà meno ingiusta e i cittadini più tutelati”. Ma più di tutti è stato lo stesso Renzi ad attribuirsi il merito di questa “riforma” storica della P2 e della destra, pubblicando sul web la sua foto mentre la controfirmava, alla maniera di Mussolini, e scrivendo su Twitter che si tratta di “una firma attesa da 28 anni”. Scordandosi di aggiungere che 20 di questi portano il marchio del suo precursore e maestro Berlusconi, al quale l’ha servita gratis su un piatto d’argento. Un altro frutto velenoso del patto del Nazareno Si tratta di un altro punto realizzato di quel patto del Nazareno già dato per morto, ma che continua come si vede a produrre tutti i suoi nefasti effetti sotto il segno della P2. Ma c’è anche da dire che a reggere il sacco a Renzi e Berlusconi è stato tutto il parlamento nero, visto che la legge è stata approvata col voto compatto di tutta la maggioranza, compresa la sinistra del PD, alla quale questa legge piace perché anch’essa ha da tutelare i propri politici inquisiti. E non solo con l’astensione scontata di Forza Italia, della Lega e dei fascisti di FdI (perché la chiedevano ancor più punitiva contro i magistrati, e quindi dovevano fingersi “scontenti”), ma anche con l’astensione inqualificabile e vergognosa di SEL dell’inquisito Vendola, nonché dei trasfughi del Movimento 5 stelle passati al servizio di Renzi. Solo i deputati del M5S hanno votato contro, accusando la legge di volere l’“intimidazione dei magistrati”; ma va precisato che al Senato avevano votato anche loro lo stesso testo poi ripudiato alla Camera, giustificandosi allora con queste parole del senatore Giarrusso: “Non sarà una legge perfetta, ma sicuramente non è una porcata ed è grazie a noi. Noi non abbiamo trovato un muro questa volta, M5S c’è e non si tira indietro davanti alle proprie responsabilità”. Il fatto stesso che questa legge sia stata approvata ancor prima delle nuove leggi sulla corruzione e sul falso in bilancio, promesse già da un anno da Renzi e Orlando e che invece continuano ad essere rimandate di mese in mese nella sconcia trattativa al ribasso tra PD e NCD, la dice lunga sul significato politico e gli obiettivi reazionari di questa operazione. “Ma quale rivoluzione, quale passaggio storico - ha denunciato infatti il presidente dell’Associazione nazionale magistrati (Anm) Rodolfo Sabelli - è una rivoluzione contro la giustizia, contro l’indipendenza dei magistrati, che contiene profili di incostituzionalità ed è un segnale negativo per il presidio della legalità”. Anche perché a fronte di “una corruzione dilagante, la politica che non riesce a varare una riforma dei reati di corruzione e della prescrizione, approva invece Appello per 4 missioni che ad agosto 2015 porteranno il sostegno alla causa palestinese Il diritto al ritorno del popolo di Palestina Dal Forum Palestina riceviamo e volentieri pubblichiamo in estratti. Siamo donne e uomini che ritengono che il diritto al ritorno sia un punto irremovibile e centrale per il futuro del popolo di Palestina. Nessun risarcimento potrà mai ripagare le sofferenze e le privazioni di decenni di diaspora, ma il riconoscimento di questo diritto è l’unico modo per dare una soluzione all’occupazione delle terre palestinesi. Crediamo perciò che si debba ricordare a noi e al mondo che l’occupazione ha generato un esodo forzato del popolo di Palestina e che oggi ci sono palestinesi in Libano, come in Giordania, Siria, Iraq e altri Paesi – non ultimo il nostro Occidente - ma che ci sono palestinesi rifugiati nella stessa Palestina. Partendo da queste considerazioni stiamo organizzando per il prossimo mese di agosto una iniziativa internazionale per portare contemporaneamente quattro missioni a Gaza, Cisgiordania, Libano e Giordania. L’obiettivo è la riaffermazione del diritto al ritorno. L’ebraicizzazione di Israele – punta più alta del programma neocoloniale del sionismo – esclude il diritto al ritorno dei non ebrei, e dunque dei palestinesi nati in quelle stesse terre e dei loro discendenti. La nostra presenza in quei paesi vuole denunciare questo trattamento intollerabile e razzista. Una missione che metta al centro la questione dei diritti dei rifugiati, tutti i loro diritti. Il tema del diritto al ritorno per il popolo di Palestina, ignorato da troppi, dentro e fuori il mondo arabo-mediorientale, non può essere eluso o messo da parte in nome di altre e pretestuose compatibilità. Le quattro delegazioni ricorderanno le vittime delle stragi e porteranno ai palestinesi la solidarietà politica e il sostegno umano. Per realizzare questo progetto lanciamo da oggi una sottoscrizione nazionale, dando così continuità al positivo lavoro messo in campo da anni dal Forum Palestina e dal Comitato per non dimenticare Sabra e Chatila e prosegui- to nel dicembre 2013 / gennaio 2014 a Gaza dalla delegazione “Tutti a Gaza 2013”. Siamo quindi pronti per raccogliere le vostre adesioni per formare le quattro delegazioni. Vogliamo che l’iniziativa che ci accingiamo a prendere, in collaborazione con i nostri amici palestinesi, con i quali da anni lavoriamo insieme nel Comitato internazionale Per non dimenticare Sabra e Chatila e con il quotidiano libanese Assafir, sia un momento, centrale, di un percorso che deve prevedere iniziative su tutto il territorio italiano da svolgersi prima e dopo il mese di agosto con al centro “il diritto al ritorno”. Il nostro invito è rivolto a quanti in questi anni hanno lavorato a fianco del popolo palestinese, combattendo l’occupazione e condannando il sionismo. Siamo senza equilibrismi dalla parte dei diritti dei palestinesi, “senza se e senza ma..”, ma nello stesso tempo respingiamo qualsiasi approccio antisemita e razzista. La pregiudiziale antifascista e anticoloniale è pertanto per noi centrale. una legge contro i magistrati”. “Il significato delle legge è persino peggiore degli effetti che essa avrà”, ha aggiunto il magistrato, sottolineando il paradosso che “il pericolo è l’inversione di ruolo: chi è chiamato a giudicare diventerà il soggetto sottoposto a giudizio da parte di chi dovrebbe essere giudicato”. “Preoccupa il segnale culturale e politico, come se il problema della giustizia italiana fossero i giudici, non la mafia e la corruzione”, ha commentato a sua volta il segretario di Magistratura democratica e consigliere della Direzione nazionale antimafia, Anna Canepa. Un regalo a imputati “eccellenti”, politici corrotti e mafiosi Insomma, è una legge che si preoccupa di ostacolare in tutti i modi le guardie, piuttosto che punire i ladri. E lo si capisce subito dalla prima delle norme approvate, che recepisce al cento per cento una richiesta da sempre cavalcata dalla destra: l’abolizione totale del filtro di ammissibilità, finora previsto dalla legge Vassalli, per le cause di responsabilità civile intentate da condannati e perdenti causa per sentenze ritenute ingiuste dovute a dolo o colpa grave del magistrato. Ciò che permetteva di escludere le cause manifestamente infondate, pretestuose e temerarie, ora è stato completamente rimosso, per cui qualunque condannato e soccombente avrà tre anni di tempo per intentare causa allo Stato presso la presidenza del Consiglio. La quale ha l’obbligo di rivalersi entro due anni sul magistrato, se questi è condannato “per diniego di giustizia o per dolo o negligenza grave”. L’entità della rivalsa sale da un terzo a mezzo stipendio annuale, oppure è totale se vi è dolo. E non solo è stato abolito il filtro di ammissibilità - abolizione fra l’altro incompatibile con una sentenza della Corte costituzionale che aveva già sancito l’obbligatorietà di un filtro per le cause di responsabilità civile - ma sono stati allargati i confini della colpa grave, che ora potrà essere invocata dai condannati anche per “violazione manifesta della legge e del diritto comunitario” e in caso di “travisamento del fatto o delle prove”. Formulazioni volutamente indefinite e fumose, che spalancano praterie agli imputati ben dotati di mezzi economici e di avvocati Azzeccagarbugli per ribaltare sentenze e ricusare giudici “sgraditi”. Inoltre la colpa grave potrà essere invocata anche per l’emissione di un provvedimento cautelare personale o reale al di fuori dei casi consentiti dalla leg- ge o senza motivazione: una manna per i politici e manager corrotti, i mafiosi, i bancarottieri, i super evasori fiscali, ecc., che potranno impugnare questo strumento ogni volta che vorranno per ricusare il proprio magistrato, che una volta chiamato in causa civilmente dall’inquisito dovrà lasciare l’inchiesta a causa della sua doppia veste di pubblico ministero e di accusato. Ma quello che è ancora più grave è che tutte queste norme, ancor prima che imputati ricchi, potenti, corrotti e mafiosi possano decidere di avvalersene, faranno sì che pm e giudici saranno soggetti a una sorta di intimidazione preventiva, sapendo in partenza che con questa legge un’inchiesta o una sentenza di condanna potrebbe portarli facilmente sul banco degli imputati. Quindi saranno portati a giudicare con timore reverenziale e con manica larga gli imputati “eccellenti”, mentre non avranno gli stessi scrupoli nei confronti dei poveracci, perdendo così la loro indipendenza e autonomia di giudizio e finendo per usare due pesi e due misure: si torna ad una “giustizia di classe, timorosa di chi è più forte, meno attenta ai diritti dei deboli”, denuncia infatti Magistratura democratica. Inoltre, con l’abolizione del filtro di ammissibilità, definita non a caso dal viceministro Costa “il fiore all’occhiello del disegno di legge”, i magistrati paventano un’ondata di migliaia di ricorsi che finiranno per intasare ulteriormente i tribunali già al collasso per mancanza di personale e di risorse, allungando i già insostenibili tempi della giustizia e mandando al macero ancora più processi per prescrizione. I magistrati prevedono anche un’impennata di ricorsi alla Corte di giustizia europea, sia da parte di imputati potenti, sia da parte degli stessi magistrati, nel dubbio di essere accusati di violazione dell’interpretazione del diritto comunitario, con conseguente rallentamento sia della giustizia europea che nazionale. La logica punitiva, fascista e piduista, della legge Uno scenario, questo, minimizzato da Orlando, che pure è stato costretto a “promettere” al parlamento e ai magistrati che tra sei mesi la legge potrà essere sottoposta a un “tagliando” (sic) se tale scenario dovesse avverarsi. Con ciò ha ammesso implicitamente di aver voluto approvare in tutti i modi e a scatola chiusa, col pretesto dell’imminente multa milionaria europea in scadenza, una legge riconosciuta affetta in partenza da gravi anomalie e vizi costituziona- li, capaci di portare a conseguenze disastrose per il funzionamento della macchina della giustizia, ma impegnandosi “sulla parola” a cambiarla a posteriori se le cose si metteranno effettivamente male: una cosa ridicola, mai udita nella storia del parlamento della Repubblica! Per cancellare il filtro il governo e la destra hanno accampato la scusa che la legge Vassalli ha prodotto in tutti questi anni solo sei o sette condanne di magistrati, ossia “troppo poche”. Ma ciò può anche essere interpretato semplicemente col fatto che la stragrande maggioranza delle cause intestate erano infondate o pretestuose. E comunque, ammesso che il filtro sia stato troppo severo e le sentenze “troppo poche”, che razza di soluzione è abolirlo del tutto, invece che semmai aggiornarlo? Evidentemente il pensiero di chi ha voluto a tutti i costi questa legge è che la maggior parte delle sentenze della magistratura sono ingiuste o affette da gravi colpe e meritano pertanto migliaia di cause risarcitorie. Che a ben vedere è la stessa logica punitiva dei “magistrati metastasi del Paese” da sempre proclamata da Berlusconi. E la stessa logica che li accusa di essere una “casta di intoccabili” proclamata dal Berlusconi democristiano Renzi, che per dimostrarlo ha voluto demagogicamente tagliar loro le ferie. Ancor più grave che questa stessa logica fascista e piduista sia stata sposata automaticamente anche dal nuovo inquilino del Quirinale, il democristiano Mattarella, che lo stesso giorno in cui veniva approvata la legge, parlando alla scuola dei magistrati a Firenze, li ha severamente rampognati e messi in riga, esattamente come faceva il rinnegato Napolitano, sentenziando che il loro compito deve essere “né di protagonista assoluto nel processo né di burocratico amministratore di giustizia”: zitti e mosca, insomma, e pedalare in silenzio e a capo chino. Il senso politico di questo doppio attacco a tenaglia alla magistratura è ben sintetizzato dalle parole del segretario dell’Anm Maurizio Carbone, che, pure alla vigilia dell’approvazione della legge, nel timore che fosse giudicato una difesa corporativa e di “casta”, si era speso insieme al presidente Sabelli per far rientrare la minaccia di sciopero di protesta delle toghe in rivolta: “Ribadiamo la nostra contrarietà, il segnale è pessimo: la politica si compatta per dare una lezione, un messaggio che i problemi della giustizia siamo noi magistrati”. “Con questa legge sciagurata e punitiva Palazzo Chigi ci caccia le dita negli occhi, è una legge contro i magistrati”, gli ha fatto eco il giudice milanese Enrico Consolandi. interni / il bolscevico 5 N. 10 - 12 marzo 2015 In Italia 10 milioni di poveri Due milioni e mezzo di giovani non studiano e non lavorano Le masse popolari sprofondano sempre più giù nella voragine della crisi. I dati della dimensione del disastro sono contenuti nel rapporto Istat “Noi Italia. 100 statistiche per capire il Paese in cui viviamo”, relativo al 2013. Il “disagio economico” riguarda il 23,4% delle famiglie italiane, dato che si traduce in oltre 10 milioni di persone, il 16,5% dei residenti, in condizioni di povertà relativa, le quali cioè hanno una capacità d’acquisto inferiore alla media nazionale della spesa necessaria ad acquistare beni e servizi. Sotto la soglia di povertà assoluta, rappresentata dal valore monetario, a prezzi correnti, del paniere di beni e servizi considerati essenziali per ciascuna famiglia ad avere standard di vita accettabile, c’è invece il 7,9% dei nuclei. Il dato si traduce in circa 6 milioni di residenti in Italia in povertà assoluta. Notevole la crescita rispetto ai 4,8 milioni registrati l’anno precedente. Il Mezzogiorno, come sempre, ha una situazione particolarmente svantaggiata. Qui è oltre il 25% delle famiglie in stato di povertà assoluta. In concreto i 10 milioni di famiglie povere non possono sostenere spese impreviste, accumulano arretrati nei pagamenti di bollette, affitti e mutui. Il dato della povertà è strettamente connesso all’assenza di lavoro. Tra i 20 e i 64 anni lavorano meno di sei persone su dieci. Non solo, nel 2013, il tasso di occupazione per questa fascia d’età è in calo rispetto all’anno precedente. Parallelamente, aumenta di 1,5 punti percentuali il tasso di disoc- Roma, febbraio 2014. Un’anziana cerca del cibo fra gli scarti del mercato cupazione che arriva al 12,2 per cento, raggiungendo il livello più elevato dal 1977, l’anno di partenza delle serie storiche ricostruite. Dato impressionante è quello del tasso di disoccupazione ufficiale che al Sud si attesta al 19,7%, più del doppio del Centro-Nord che fa registrare il 9,1%. Non solo, la disoccupazione al Sud aumenta in dodici mesi di ben 2,5 punti percentuali e la tendenza è quella ad aumentare ulteriormente. Il tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni) arriva nel 2013 al 51,6% era 46,9% l’anno precedente. Una percentuale abnorme, ancor di più se la si considera alla luce dei due milioni e mezzo di giovani che non studiano né lavorano, pari al 26% degli under 30. Certo, sono numeri e percentuali precedenti all’occupazione di Palazzo Chigi da parte del nuovo Berlusconi. È assolto, dunque, Renzi? Per niente, anzi è proprio lui che aumenta e aggrava le cause profonde del disastro sociale ed economico. È lui che continua le politiche di Berlusconi, Monti, Letta. È Renzi a spingere alle estreme conseguenze le politiche di precarizzazione del lavoro, privatizzazione dei servizi pubblici e depauperamento delle risorse delle masse popolari. Ne consegue che, se si vuole bloccare la tendenza all’impoverimento e all’aumento della disoccupazione in Italia, nel Berlusconi democristiano non va riposta alcuna fiducia ed egli va spazzato via subito, insieme a tutte le controriforme economiche e sociali, al Jobs Act, con la liberalizzazione dei contratti a termine e dell’apprendistato, che penalizza soprattutto i giovani e aumenta il precariato, alla “buona scuola”, alla privatizzazione dei servizi, ai tagli ai lavoratori statali, al blocco totale del turn over e degli stipendi, ai tagli alla spesa pubblica che si riverseranno sulla sanità, sui servizi sociali e sui trasporti. Accolto il ricorso presentato dal movimento No MUOS contro l’impianto Usa di Niscemi Il Tar boccia il Muos: “Pericoloso per la salute” Crocetta deve dimettersi Dal nostro corrispondente della Sicilia Vittoria del movimento No MUOS siciliano, in testa il comitato di Niscemi, il paese in provincia di Caltanissetta cui è stato imposto di ospitare l’impianto di guerra statunitense, che ottiene una storica sentenza dal TAR di Palermo. Dopo anni di battaglie e a pochissimi giorni dalle ultime denunce, emesse il 5 febbraio contro cinque attivisti niscemesi, la sentenza annulla tutti gli atti dei governi nazionale e regionale in merito alle concessioni di costruzione agli statunitensi. Non è semplice seguire il valzer di autorizzazioni, annullamenti, ricorsi e controricorsi che si sono susseguiti nel corso degli ultimi 6 anni e non è interessante in questa sede tale ricostruzione. L’elemento politico essenziale, dopo quello principale della vittoria del movimento, è lo smascheramento del modo di operare delle istituzioni borghesi nazionali e regionali, che hanno agito in un quadro di illegalità e abuso di autorità, tra approssimazioni criminali sulla salute dei cittadini, omissioni ingiustificate, coperture, favori e rimpalli di ogni genere da un lato all’altro della penisola e dell’isola, pur di garantire agli imperialisti statunitensi di insediarsi a Niscemi e di salvaguardare, attraverso i loro interessi, anche quelli dei guerrafondai italiani. Uno schiaffo ai governi nazionali LettaBerlusconi e Renzi Il governo Crocetta, PD, aveva nel marzo 2013 ritirato le concessioni agli statunitensi. Poco dopo CALENDARIO DELLE MANIFESTAZIONI E DEGLI SCIOPERI MARZO - Sciopero dei lavoratori 6 FILT-CGIL/FIT-CISL/UILT-UIL del settore portuale nazionali degli studenti contro la 12 UdS - Manifestazioni “Buona scuola” di Renzi del personale delle ferrovie 14-15 USB, CAT - Sciopero FSI, NTV, TRENORD ANIES - Sciopero dei precari della scuola 17 UILT-UIL/ANPAV - Sciopero del personale del 20 UNICA,trasporto aereo ENAV e Alitalia, Techno sky era tornato codardamente sui propri passi, annullando l’annullamento e meritandosi da parte del movimento il titolo di primo quaquaraqua di Sicilia. Il governatore era probabilmente pressato dal ministero della Difesa del governo Letta-Berlusconi, guidato allora da Mario Mauro, FI, PDL, SC, e adesso nel PPI, sottosegretario dell’attuale guerrafondaia ministra Roberta Pinotti, PD. Il governo Letta-Berlusconi infatti aveva fatto ricorso contro l’annullamento inoltrato dal governo Crocetta ai militari americani. Con la sua sentenza, il Tar ha annullato il ricorso del ministero della Difesa, rivelando come nel suo primo atto il governatore siciliano avesse ben operato, dal momento che tutte le perizie scientifiche e tecniche dimostravano come l’impianto fosse rischioso per la salute e per il traffico aereo degli aeroporti di Comiso, provincia di Ragusa, Sigonella, provincia di Catania, e di quello del capoluogo etneo. Preoccupante poi il comportamento del governo Letta-Berlusconi che ha operato assolutamente infischiandosene della salute e della sicurezza delle masse popolari siciliane. Viene infatti bollato come infondato lo studio condotto dall’Istituto superiore della sanità, ISS, su indicazione del governo Letta-Berlusconi stesso, nei pressi dell’impianto. L’ISS incredibilmente, o forse no considerata la volontà del governo nazionale, disse che non si registravano dispersioni di campi elettromagnetici e che quindi non ci sarebbe stato rischio per la popolazione. Per i giudici, invece, lo “studio dell’ISS costituisce un documento non condiviso da tutti i professionisti che hanno composto il gruppo di lavoro” e, peraltro “non condiviso proprio dai componenti designati dalla regione siciliana, Mario Palermo e Massimo Zucchetti”. Fuori legge anche i tentativi delle istituzioni borghesi di fare discendere ulteriori autorizzazioni paesaggistiche dal renziano “Decreto del Fare”, il quale non ha efficacia nel caso del MUOS, in quanto i lavori erano stati interrotti prima dell’entrata in vigore del provvedimento ed erano sin dall’inizio senza valida autorizzazione. E uno schiaffo al codardo Crocetta Dalla sentenza emerge un comportamento della giunta Crocetta, peraltro protrattosi nel tempo, scorretto e ingiustificato. Il TAR ha dichiarato che la famigerata revoca operata dalla Regione Siciliana nel marzo 2013, era un “annullamento in autotutela” con effetto definitivo. Quindi il ridicolo dietrofront con cui Crocetta tentava di concedere nuovamente le autorizzazioni agli Usa il 24 luglio 2013 non ha alcun valore giuridico. Quest’atto, passato alla storia del movimento con la definizione ironica di “Revoca delle Revoche”, è ritenuto dai giudici del TAR peraltro fondato su errati presupposti, quale lo studio infondato dell’ISS, preso al balzo da Crocetta per tentare di tirarsi fuori da una situazione per lui scottante. Crocetta deve andarsene perché ha tentato di sostenere fandonie sulla salubrità del MUOS e perché con il suo atteggiamento opportunista, culminato nel tradimento, con cui ha tentato di immolare la salute e la sicurezza delle masse popolari siciliane sull’altare dei guerrafondai e imperialisti del governo Letta-Berlusconi e degli USA di Obama, non ha difeso le masse popolari siciliane, arrecando oggettivamente un enorme danno alla Sicilia. Viva le iniziative dell’8 Marzo e la manifestazione nazionale del 4 aprile Il PMLI saluta con entusiasmo militante la storica vittoria del mo- Niscemi (Caltanissetta), 9 agosto 2013. Manifestazione nazionale contro il MUOS. Il PMLI schierato davanti alla base Usa prima dell’occupazione (foto Il Bolscevico) vimento No MUOS, le donne di Niscemi in testa, alle quali consegniamo simbolicamente un mazzo di mimose per il prossimo 8 Marzo di lotta a Niscemi, al quale il PMLI parteciperà. I lavori del MUOS devono essere considerati completamente abusivi in quanto iniziati e proseguiti in assenza di autorizzazioni valide. Tutto va abbattuto, dunque. Ma, considerato l’atteggiamento di illegalità e arroganza in cui si sono mosse le istituzioni borghesi italiane e i militari statunitensi, non sarà semplice arrivare a questo obbiettivo finale. È prevedibile che la sentenza del TAR sia oggetto di appello da parte delle istituzioni borghesi. Renzi, infatti, è favorevole al MUOS e a una politica guerrafondaia basata su micidiali armi e sistemi militari d’aggressione e rapina ai danni dei popoli. La lotta contro il MUOS deve prendere inoltre coscienza di essere all’interno del movimento di opposizione al governo Renzi oggettivamente la punta di massa più avanzata della lotta contro i progetti di aggressione imperialista ai popoli del Mediterraneo. Per questo il movimento ha il dovere di dire a chiare lettere “NO” ai progetti di guerra alla Libia agitati in questi ultimi giorni dal governo Renzi, che rischiano di buttare la Sicilia nell’inferno della guerra imperialista e vanificare anni di lotta contro il MUOS. “NO”, dunque, a qualsiasi ipotesi interventista di Italia, UE o ONU, criticando la politica estera imperialista e guerrafondaia del governo Renzi, la partecipazione alla NATO, ai patti militari imperialisti tra l’Italia e gli USA, che comportano l’aumento della spesa militare, l’acquisto di nuovi e sempre più micidiali armamenti, l’imposizione alla Sicilia del ruolo di portaerei nel Mediterraneo, la crescente povertà e insicurezza del territorio italiano. Allora il prossimo 8 Marzo di lotta a Niscemi e durante la manifestazione nazionale del 4 aprile chiediamo non solo le dimissioni del traditore Crocetta, ma urliamo anche “Spazziamo via il governo Renzi”! Siano soprattutto le donne e i giovani a scandire chiaro e forte “Non vogliamo la guerra alla Libia!”, “Non vogliamo il MUOS! Non vogliamo Sigonella! Via Renzi, via Crocetta!”. 6 il bolscevico / interni N. 10 - 12 marzo 2015 Grave iniziativa che impantana i lavoratori nel capitalismo Landini coinvolge la Fiom nella “coalizione sociale” riformista Il leader dei metalmeccanici di sinistra attacca Renzi ma non chiede di cacciarlo via Il socialismo è l’unica proposta valida per i lavoratori Prosegue la marcia di avvicinamento alla formazione della “coalizione sociale”, un nuovo soggetto riformista che ha l’ambizione di raccogliere e riunire un ampio arco di forze e soggetti che attualmente non hanno un collegamento forte tra di loro. Un progetto che non si è ancora modellato in maniera definitiva ma che comunque sta mostrando quali sono i suoi tratti fondamentali. Sembra irreversibile anche la scelta di Maurizio Landini di portare la Fiom dentro tale progetto e questa, dal nostro punto di vista, non è certo una buona notizia. Il segretario nazionale dei metalmeccanici della Cgil lo ha ribadito all’Assemblea nazionale della Fiom svoltasi a Cervia nei giorni 27 e 28 febbraio, non solo e non tanto nella sua relazione di apertura, ma sopratutto nelle interviste e nelle dichiarazioni rilasciate a margine dei lavori. Un progetto che viene da lontano Un disegno che è in gestazione oramai da anni e che finora ha visto protagonisti sopratutto Landini e Rodotà, ma anche una schiera di personaggi “minori” e poco conosciuti. Come abbiamo scritto in un recente articolo è almeno dal 2010 che si tenta in tutti modi di dar vita a un “contenitore” che riesca a raccogliere tutti coloro che si sentono di sinistra e ora sono orfani dei vecchi partiti di quella che veniva definita “sinistra radicale”, ma anche quanti hanno votato momentaneamente 5 Stelle, e sono alla ricerca di qualcosa e qualcuno che in qualche modo li rappresenti in parlamento e sopratutto si opponga seriamente alle politiche di questi ultimi anni portate avanti sia dai governi di “centro-destra” come da quelli di “centro-sinistra”, i quali non hanno fatto altro che attaccare pesantemente le condizioni economiche e sociali dei lavoratori, dei pensionati, dei giovani e dei ceti popolari. In particolare i promotori si ponevano, e si pongono tutt’ora, l’obiettivo di rappresentare politicamente anche coloro che non aderiscono più a nessun partito della sinistra parlamentare oppure hanno scelto l’astensionismo ma continuano a impegnarsi in comitati, organizzazioni e associazioni spesso locali o che agiscono su temi specifici, cercando di unificare le lotte e di trovare un comune denominatore nella battaglia contro le politiche liberiste dei governi ma anche un unico soggetto che li tenga insieme sul piano organizzativo. Un progetto che su alcune parti è condivisibile, in particolare sull’esigenza di rispondere uniti all’attacco ai diritti e alle condizioni dei lavoratori e delle masse popolari amplificato dall’attuale crisi capitalistica. Peccato che questi progetti sono del tutto interni e compatibili con l’attuale sistema economico capitalistico. Si possono collegare a questo tentativo il lancio di “Uniti contro la crisi” nel 2010. Vi aderirono tanti “vecchi arnesi” trotzkisti, movimentisti come Luca Casarini ma anche esponenti sindacali operaisti come Cremaschi e Rinaldini (Fiom) ma non si sviluppò quella rete in tutta Italia come volevano i loro promotori e alla fine diventò sopratutto uno strumento da utilizzare in funzione elettorale, in particolare dal partito di Vendola. Quello che rimane è un sito web o poco più. Un altro tentativo, per certi versi ancor più collocato a destra, è stato quello dei comitati per la difesa della Costituzione dove spiccavano i giuristi borghesi Stefano Rodotà e Gustavo Zagrebelsky, oltre allo stesso Landini, arroccati appunto sulla difesa della costituzione borghese del ’48 oramai fatti a pezzi. Landini ci tira dentro la Fiom Landini, presente in entrambi i tentativi, torna ancora una volta su questo progetto, anche se dice che non è sua intenzione mettersi a capo di un nuovo partito poli- tico e quasi sicuramente la “coalizione sociale” non sarà un partito nel senso stretto della parola. Può anche darsi che non voglia personalmente esserne il leader e aspiri più a diventare il capo della Cgil dopo la Camusso, avendo in questo modo maggiori possibilità di coinvolgere tutta la Cgil nella costituenda “coalizione sociale”. Quello che ci interessa è dove porta questo progetto, sopratutto alla luce del coinvolgimento della Fiom, ovvero del maggiore sindacato di categoria con forte connotazione operaia d’Italia. Noi marxisti-leninisti la giudichiamo una grave iniziativa che mira a coinvolgere i lavoratori nel capitalismo, certamente non a organizzarli per combatterlo. Con una grossa differenza, perché non è la stessa cosa se a sostenere e promuovere questa coalizione ci sono Rodotà o Zegreblesky, oppure c’è Landini. Se guardiamo ai due giuristi, questi sono oramai ben connotati politicamente: vecchi borghesi democratici e antifascisti riconducibili all’area liberal-socialista e radicale, entrambi accademici, ex presidente della Corte costituzionale l’uno e garante della privacy l’altro. Insomma personaggi non di secondo piano ma che non sono assolutamente in grado di portare a questo progetto di “coalizione sociale” un sostegno di massa da parte dei lavoratori, dei precari e dei giovani. Tutt’altro discorso per Landini che rispetto agli altri due ha sicuramente maggior seguito in generale e in particolare tra i lavoratori. Non soltanto per la sua storia personale (non è certo un rivoluzionario) ma sopratutto per il fatto di essere segretario generale della Fiom e per il ruolo che questo sindacato ha svolto nella vertenza Pomigliano, contro il modello Marchionne, in difesa dell’articolo 18, anche in contrasto con il resto della Cgil e con la Camusso, anche se poi in parte si è rimangiato quelle battaglie e con la segretaria generale della Cgil è stata fatta pace e per ora regna tra i due una buona intesa. Critiche, ma anche analogie con Renzi Direttrice responsabile: MONICA MARTENGHI e-mail [email protected] sito Internet http://www.pmli.it Redazione centrale: via A. del Pollaiolo, 172/a - 50142 Firenze - Tel. e fax 055.5123164 Iscritto al n. 2142 del Registro della stampa del Tribunale di Firenze. Iscritto come giornale murale al n. 2820 del Registro della stampa del Tribunale di Firenze Editore: PMLI chiuso il 4/3/2015 ISSN: 0392-3886 ore 16,00 Nell’Assemblea nazionale della Fiom e sui giornali Landini ha attaccato ripetutamente Renzi. Ha dichiarato che il il suo governo sta realizzando il programma di Confindustria e i dettami della BCE, ha dato la libertà di licenziare ai padroni, vuole cancellare i sindacati e lo stesso diritto dei lavoratori di potersi difendere, fino a dire che rappresenta un “pericolo per la democrazia”. Ma se tutte queste cose sono vere perché Landini lo definisce “fenomeno” e “genio” fiorentino anziché nuovo Berlusconi, fascista e piduista? Perché non richiama tutti alla mobilitazione per spazzar via il governo Renzi? Il PMLI, assieme a pochi altri, lo sta denunciando e smascherando fin dal suo insediamento a Palazzo Chigi, Landini invece per un certo periodo lo ha pure accreditato come valido interlocutore. Meglio tardi che mai. Ma anche adesso che sembra aver cambiato idea su di lui, dipinge ancora Renzi come un politico che ha sbagliato strada, che poteva scegliere una politica diversa e non un politicante scelto proprio per fare gli interessi della borghesia e portare avanti quella politica antioperaia e antisindacale che stanno sperimentando sulla propria pelle i lavoratori e le masse popolari. Del resto Marchionne è stato esplicito: “c’è necessità di togliere i rottami dai binari, Renzi lo abbiamo messo là per questa ragione”. A ben vedere però ci sono pure delle cose che li accomunano. Entrambi vogliono “cambiare verso” all’Italia e si riempiono la bocca con le parole “modernità” e “rinnovamento della politica”. Renzi con l’intenzione di decretare la fine della lotta di classe e mettere sullo stesso piano operai e padroni, sfruttati e sfruttatori, il secondo per chiudere definitivamente ogni legame con la lunga e gloriosa storia del movimento operaio, con le sue lotte e con le rivoluzioni che hanno segnato il ’900. Entrambi per arrivare alla stessa conclusione, uno da destra e uno da “sinistra”: ovvero che il socialismo non deve rappresentare più l’orizzonte e la società per cui devono lottare la classe operaia e i lavoratori. Nel pantano del capitalismo Quella di Landini è quindi una grave responsabilità perché impantana la classe operaia in un discorso tutto interno al capitalismo, dentro una “coalizione sociale” dove il sindacato e i lavoratori abbiano un peso numerico importante ma politicamente con un ruolo subalterno alla borghesia, seppur quella nella variante di sinistra, facciano da forza d’urto ma rinunciando alla loro autonomia e alla loro società, il socialismo. Un rovesciamento completo della filosofia e della strategia marxista-leninista che mette al centro la classe operaia e le asse- gna il ruolo di classe generale destinata a succedere alla borghesia al potere, a por fine una volta per tutte a ogni forma di sfruttamento dell’uomo sull’uomo e a emancipare l’intera umanità, assieme ai suoi alleati ma con un ruolo decisamente dirigente. Ma da chi dovrebbe essere composta questa “coalizione sociale” e quali sono i principi e la filosofia che la ispirano? Una forma organizzativa non di partito, un contenitore di forze che dovrebbero mantenere la loro autonomia e continuare ad operare ciascuna con i propri metodi e a perseguire i propri scopi ma legati assieme per avere maggior peso politico. Quindi si va, oltre alla Fiom, da Libera di don Ciotti a Emergency di Gino Strada, dal movimento che ha sostenuto i referendum sui beni comuni ai NOTav, con l’intento di attrarre grandi associazioni già strutturate come l’Arci e l’intera Cgil. Insomma organizzazioni che portano avanti battaglie anche importanti, ma tutte interne al sistema economico e sociale del capitalismo. Per non parlare delle singole “personalità”: si va dai rappresentanti della minoranza PD, inconcludenti e attaccati alla poltrona come Civati e Fassina fino al’ex sceriffo di Bologna ed ex PD Cofferati, che sta creando una associazione ad hoc per aderire alla coalizione. Se poi guardiamo quali sono le linee guida di questa nuova aggregazione, la bussola che dovrebbe orientare la sua azione, esce riconfermato appieno il nostro giudizio già espresso alcuni numeri fa su il Bolscevico. La Costituzione repubblicana e borghese, oramai distrutta da destra, e una politica economica di tipo keynesiano, fautrice di un capitalismo con massicci interventi statali. Questo “nuovo e moderno” soggetto politico si richiama fortemente anche alle Società di Mutuo Soccorso di mazziniana memoria e al “mutualismo” di Proudhon, il liberal-socialista francese che teorizzava un utopico “socialismo di mercato”. Insomma, pur di negare il marxismo-leninismo-pensiero di Mao ci si rifà a teorie sette-ottocentesche, caratteristiche di un periodo in cui la nascente classe operaia lottava per migliorare le proprie condizioni materiali ma non aveva ancora acquisito la coscienza di essere la nuova classe con la missione di abbattere il capitalismo e instaurare il socialismo, e doveva ancora fare esperienza per maturare la convinzione che per fare ciò serve un partito rivoluzionario fondato sul marxismo-leninismo. Il socialismo è l’unica alternativa valida Il PMLI pensa invece che non si debbano in alcun modo revisionare, né tanto meno rimuovere le esperienze del proletariato internazionale passate che hanno dimostrato in maniera inequivocabile che applicando il marxismo-leninismo alle condizioni del singolo Paese e del periodo storico, si può arrivare concretamente all’abbattimento del capitalismo e a una società socialista. La via dell’Ottobre è quella vincente e quella del riformismo perdente, la rivoluzione proletaria e il socialismo sono l’unica alternativa valida per i lavoratori, l’unica maniera per conquistare il potere politico da parte del proletariato che rappresenta la madre di tutte le questioni e senza il quale la classe operaia non ha niente. Il capitalismo, anche nelle sue forme più avanzate, non potrà mai assicurare uguaglianza e democrazia per tutti. Lenin a questo riguardo disse: “Parlare di democrazia pura, di democrazia in generale, di uguaglianza, libertà, universalità, mentre gli operai e tutti i lavoratori vengono affamati, spogliati, condotti alla rovina e all’esaurimento non solo dalla schiavitù salariata capitalistica, mentre i capitalisti e gli speculatori continuano a detenere la “proprietà” estorta e l’apparato “già pronto” del potere statale, significa prendersi gioco dei lavoratori e degli sfruttati”. Ritornando a Landini, dal palco di Cervia ha lanciato i prossimi appuntamenti della Fiom, che culmineranno con una grossa manifestazione a Roma il 28 di marzo, definita “la primavera della coalizione sociale”, che dovrebbe sancirne la nascita, mentre ha lanciato un appello per partecipare in massa alla manifestazione del 25 Aprile a Milano in occasione della celebrazione del 70° Anniversario della Liberazione dal nazifascismo affinché assuma una connotazione nazionale. Iniziative a cui senz’altro parteciperà anche il PMLI, tenendo alte le bandiere della lotta per spazzar via il governo del nuovo Berlusconi Renzi, dell’anticapitalismo, dell’antifascismo e del socialismo. Tutto ciò però non c’impedisce di riconfermare la nostra netta contrapposizione al progetto di “coalizione sociale” riformista di Landini, in particolare al suo tentativo di coinvolgervi la Fiom e d’impantanare i lavoratori nel capitalismo. a n u e r e v a Per ” a l o u c s a n o u b “ 2 il bolscevico / documento dell’UP del PMLI N. 3 - 22 gennaio 2015 a s s e e h c e r r o c c o a t a n r e v o g sia e s s e t n e d u t s e l l a d i t n e d u t s i l e dag Sede centrale: Via Antonio del Pollaiolo, 172a - 50142 FIRENZE Tel. e fax 055.5123164 e-mail: [email protected] www.pmli.it Stampato in proprio PARTITO MARXISTA-LENINISTA ITALIANO 8 il bolscevico / PMLI N. 10 - 12 marzo 2015 Noi abbiamo il dovere di appoggiare i movimenti antimperialisti anche se alla loro testa ci fossero degli anti marxisti-leninisti di Giovanni Scuderi Da sempre il PMLI, mosso dagli alti sentimenti internazionalisti proletari, è a fianco dei popoli in lotta, che aiuta con grande generosità. Dobbiamo fare di più, nonostante le nostre scarse forze, i pochi mezzi che disponiamo e i nostri compiti interni. Dobbiamo afferrare fino in fondo il concetto che tutte le cause giuste dei popoli ci riguardano direttamente, e che la nostra rivoluzione non può trionfare se non avanzano la rivoluzione e la lotta antimperialista su scala mondiale. Nel sostegno e nell’aiuto ai popoli in lotta non dobbiamo guardare tanto a chi guida il movimento ma la direzione in cui si muove tale movimento. Se esso va nella direzione giusta, se cioè indebolisce e toglie spazio a una delle due superpotenze (allora esisteva il socialimperialismo sovietico, ndr) o a tutte e due e all’imperialismo in generale, se porta alla liberazione nazionale e all’indipendenza dei Paesi, noi abbiamo il dovere di appoggiarlo risolutamente e senza riserva. Persino se alla sua testa vi fossero degli anti marxisti-leninisti. Oggi che sono scomparse per colpa dei revisionisti le fortezze storiche del socialismo e la borghesia ha inghiottito quasi tutti i partiti un tempo marxistileninisti è più che mai attuale attenersi a quel prezioso insegnamento che Stalin nel 1924 trasmetteva a tutti i marxisti-le- ninisti del mondo. Egli, trattando dei movimenti di liberazione nazionale, ha sottolineato che “nelle condizioni dell’oppressione imperialistica, il carattere rivoluzionario del movimento nazionale non implica affatto obbligatoriamente l’esistenza di elementi proletari nel movimento, l’esistenza di un programma rivoluzionario o repubblicano del movimento, l’esistenza di una base democratica del movimento. La lotta dell’emiro afghano per l’indipendenza dell’Afghanistan è oggettivamente una lotta rivoluzionaria, malgrado il carattere monarchico delle concezioni dell’emiro e dei suoi seguaci, poiché essa Manifestazione a sostegno dell’IS in Giordania indebolisce, disgrega, scalza l’imperialismo... La lotta dei mercanti e degli intellettuali borghesi egiziani per l’indipendenza dell’Egitto è, per le stesse ragioni, una lot- Documento dell’Organizzazione di Caltagirone (Catania) del PMLI Lottiamo uniti contro l’amministrazione di “centro-destra” del sindaco Bonanno e le istituzioni borghesi! L’amministrazione comunale di Caltagirone, come tutte le altre istituzioni borghesi, calpesta il diritto delle masse popolari e lavoratrici di avere un lavoro stabile o anche solo di averlo. Trovare un impiego a Caltagirone, soprattutto per i giovani e le donne, è quasi impossibile. Secondo gli ultimi dati statistici risalenti al 2013 il tasso di disoccupazione sarebbe del 18% e questo numero è tuttora in crescita. Peraltro, il tasso di disoccupazione reale dev’essere notevolmente maggiore, considerato il fatto che molti disoccupati, soprattutto giovani, hanno rinunciato ad iscriversi alle liste dell’ex-collocamento. Preoccupante anche la diffusione del lavoro nero che, secondo alcune organizzazioni impegnate nel sociale, potrebbe essere pari al 15% della popola- zione in età da lavoro. La prima conseguenza è quella dell’emigrazione giovanile: cresce il numero di giovani che si spostano nella speranza di trovare “opportunità” emigrando verso il Nord Italia o all’estero. Questa situazione è del tutto inaccettabile poiché non viene data nessuna garanzia alle masse lavoratrici, impiegate per lo più nel campo della ceramica e dell’agricoltura. ATTIVITA’ DI PROPAGANDA DEL PMLI per l’8 Marzo ➥ MILANO Piazza Costantino dalle 10,30 ● Sabato 7 marzo ➥ FIRENZE Mercato Piazza Isolotto dalle 9 ● Sabato 7 marzo ➥ PONTASSIEVE (Firenze) Piazza V. Emanuele II dalle 10,30 ● Sabato 7 marzo ➥ MODENA Portico Via Emilia Centro tra via Scudari e Piazza Ova dalle 15 alle 18 ● Venerdì 6 marzo ● Sabato 14 marzo ● Domenica 5 aprile ● Sabato 11 aprile ● Venerdì 17 aprile ● Giovedì 23 aprile Non ancora valutabile, ad esempio, quanto la persistente crisi del settore edile, agricolo e artigianale abbia spinto verso la disoccupazione e l’emigrazione i giovani calatini, sempre più spesso vittime del precariato, del lavoro stagionale e senza tutela nelle campagne, di contratti di sfruttamento selvaggio nei servizi e nell’amministrazione. Le scelte dell’amministrazione comunale, guidata da Bonanno, eletto a capo di una lista di “centro-destra”, non hanno fatto altro che aggravare la situazione e colpire, oltre ai lavoratori, gli studenti non opponendosi, anzi favorendole, a proposte di “dimensionamento” scolastico. L’amministrazione ha sempre gestito la questione scolastica con molta superficialità lasciando le scuole in balia dei propri problemi economici, non interessandosi a fondo del gravissimo problema della dispersione scolastica nel nostro Comune. In questi anni le scelte di Bonanno, tra cui quella di dichiarare il dissesto, sono state spesso contestate dalle masse che hanno in più occasioni chiesto le sue dimissioni. Continuando a seguire la strada fino ad oggi percorsa dalla politica borghese, i reali problemi dei disoccupati, dei lavoratori e degli studenti non verranno mai risolti, dunque non resta che lottare contro l’amministrazione di “centro-destra” della nostra città e contro tutte le altre istituzioni borghesi sfruttatrici. Partito marxista-leninista italiano Organizzazione di Caltagirone (Catania) 2 marzo 2015 ta oggettivamente rivoluzionaria, quantunque i capi del movimento nazionale egiziano siano borghesi per origine e appartenenza sociale e quantunque essi siano contro il socialismo” (Stalin, “Principi del Leninismo”, aprile-maggio 1924). Il piccolo borghese ultrasinistro non può certo capire tali indicazioni ideologiche, politiche e tattiche di Stalin perché egli sogna un movimento di liberazione nazionale “puro” e “tutto proletario” che non esiste e non potrebbe esistere nella realtà. Ma noi marxisti-leninisti abbiamo certamente imparato la lezione di Stalin e la stiamo mettendo in pratica. (Giovanni Scuderi, Rapporto del l’Ufficio politico del PMLI “Il socialismo è l’avvenire della classe operaia e dei lavoratori italiani”, 3° Congresso nazionale del Partito marxista-leninista italiano, Firenze Distribuito il volantino sulla denuncia dei mali che affliggono il capoluogo etneo Militante diffusione dei marxistileninisti nella zona industriale di Catania Serrati e interessanti colloqui con gli operai Dal corrispondente della Cellula “Stalin” della provincia di Catania Mercoledì 25 febbraio i compagni della Cellula “Stalin” della provincia di Catania del PMLI hanno effettuato un volantinaggio nella zona industriale del capoluogo etneo. In particolare, la diffusione si è concentrata presso la STMicroelectronics N.V., azienda italo-francese specializzata nella produzione di componenti elettronici a semiconduttore. Nonostante le condizioni atmosferiche avverse, i compagni hanno diffuso l’importante volantino “Catania, città afflitta dalla disoccupazione, dal precariato e dall’emarginazione” e tenuto diversi colloqui con gli operai a fine turno e con quelli che si accingevano ad entrare in fabbrica. Questi, si sono incentrati circa le pessime condizioni delle masse popolari siciliane e, in particolare, il bassissimo tasso di occupazione di cui la provincia di Catania è testimone. Territorio sul quale permane l’assenza del governo regionale e il “generico” e defilato interesse del governo nazionale del Berlusconi democristiano Renzi. I compagni hanno anche effettuato un’affissione di manifesti e articoli, in formato A3, tratti dagli ultimi numeri de “Il Bolscevico”, nei pressi della ST e della Micron Catania, 25 febbraio 2015. Il volantinaggio del PMLI davanti ai cancelli della STMicrolelectronics (foto il bolscevico) Technology, azienda elettronica statunitense specializzata anch’essa nella produzione di vari tipi di semiconduttori e detentrice di un altissimo patrimonio di brevetti altamente specialistici. La Micron versa in condizioni critiche: è stata dismessa dall’attuale proprietà, i dipendenti sono – ancora per poco – in cassa integrazione, mentre non si registrano seri interessamenti da parte di nuovi acquirenti. I vertici sindacali, da parte loro, oltre a essere in ritardo storico riguardo alle lotte, continuano a non difendere gli interessi dei lavoratori, per primo il loro diritto alla piena occupazione, preferendo affidarsi e accordarsi con i partiti di regime. Stalin su Stalin 5 Marzo 1953 – 2015. 62° Anniversario della scomparsa del grande Maestro del proletariato internazionale Concludiamo la pubblicazione di alcune citazioni del grande Maestro del proletariato internazionale Stalin nel 62° anniversario della sua scomparsa. La prima parte è apparsa sul numero 9/2015. Alcuni consigli di candidato ai suoi elettori Compagni, confesso che non avevo l’intenzione di parlare. Ma il nostro egregio Nikita Krusciov (il revisionista mascherato che poi l’avrebbe pugnalato alle spalle, ndr) mi ha trascinato, si può dire a forza, in questa riunione. Fa un buon discorso, mi ha detto. Ma di che parlare? Quale discorso precisamente? Tutto ciò che doveva esser detto prima delle elezioni è stato detto e ridetto nei discorsi dei nostri compagni dirigenti Kalinin, Molotov, Voroscilov, Kaganovic e di molti altri nostri compagni che occupano posti di responsabilità. Che cosa si può aggiungere ancora a questi discorsi? Si dice che alcune questioni delle campagne elettorale richiedono delle spiegazioni. Quali spiegazioni, su quali questioni? Tutto ciò che doveva essere spiegato, è stato spiegato e rispiegato negli appelli, a voi noti, del partito bolscevico, della gioventù comunista, del Consiglio centrale dei sindacati dell’URSS, della Società d’incoraggiamento alla difesa contro la guerra aerea e chimica, del Comitato per la cultura fisica. Che cosa si può ancora aggiungere a queste spiegazioni? Naturalmente si potrebbe fare un discorsetto su tutto un po’ e su nulla. (Risa). Può darsi che un discorso simile avrebbe divertito il pubblico. Si dice che vi sono specialisti per tali discorsi non solo laggiù nei paesi capitalisti, ma anche da noi, nel paese dei Soviet. (Risa, applausi). Ma in primo luogo io non sono uno specialista per tali discorsi. In secondo luogo, vale la pena di occuparci di cose divertenti, ora, quando noi tutti bolscevichi siamo, come si dice, “carichi di lavoro fin sopra i capelli”? Io penso che non ne vale la pena. È chiaro che in tali condizioni non si può fare un buon discorso. Ma dal momento che sono salito alla tribuna bisogna pur che dica qualcosa. (Applausi fragorosi). Voglio prima di tutto esprimere la mia riconoscenza (applausi) agli elettori per la fiducia che mi hanno dimostrata. (Applausi). È stata portata la mia candidatura a deputato e la commissione elettorale della circoscrizione “Stalin” della capitale sovietica l’ha registrata. È una prova di grande fiducia, compagni. Permettetemi di esprimervi la mia profonda riconoscenza di bolscevico per la fiducia che avete dimostrato verso il partito bolscevico del quale sono membro e verso di me, come rappresentante di questo partito. (Vivi applausi). Io so che vuol dire fiducia. Essa mi impone naturalmente nuovi obblighi, obblighi maggiori e, evidentemente, una nuova responsabilità, una responsabilità maggiore. Ma noi, bolscevichi, non abbiamo l’abitudine di rifuggire delle responsabilità. Io l’accetto volentieri. (Applausi fragorosi e prolungati). Per parte mia voglio assicurarvi, compagni, che voi potete affidarvi con piena fiducia al compagno Stalin. (Ovazione fragorosa prolungata. Si grida: “Noi siamo tutti col compagno Stalin!”). Potete contare che il compagno Stalin saprà compiere il suo dovere verso il popolo (applausi), verso la classe operaia (applausi), verso i contadini (applausi), verso gli intellettuali. (Applausi). Voglio ancora, compagni, felicitarmi con voi per la festa che si avvicina, per la festa di tutto il popolo in occasione del giorno delle elezioni al Soviet Supremo dell’URSS (Vivi applausi). Le elezioni imminenti non sono semplicemente delle elezioni, compagni. Sono una vera festa di tutto il popolo, dei nostri operai, dei nostri contadini, dei nostri intellettuali. (Applausi fragorosi). Nel mondo non ci sono ancora mai state elezioni così veramente libere e veramente democratiche; mai! La storia non conosce un altro esempio simile. (Applausi). Non si tratta del fatto che da noi si avranno elezioni generali, eguali, a scrutinio segreto e dirette, benché ciò abbia di per sé stesso una grande importanza. Si tratta del fatto che da noi le elezioni generali saranno le elezioni le più libere e le più democratiche in confronto alle elezioni di qualsiasi altro paese del mondo. Le elezioni generali si fanno e hanno luogo anche in alcuni paesi capitalisti cosiddetti democratici. Ma in quali condizioni si fanno? In un ambiente di “... il partito è imbattibile se ha chiari gli obiettivi e non ha paura delle difficoltà” (Stalin). Manifesto in armeno del 1935 conflitti di classi, di ostilità di classi, in un ambiente in cui sugli elettori viene fatta una pressione da parte dei capitalisti, dei proprietari fondiari, dei banchieri e degli altri pescecani del capitalismo. Tali elezioni, anche se sono generali, eguali, a scrutinio segreto e dirette, non si possono chiamare completamente libere e completamente democratiche. Da noi, nel nostro paese, le elezioni avvengono in tutt’altre condizioni. Da noi non vi sono capitalisti, non vi sono proprietari fondiari, quindi non vi è pressione da parte delle classi possidenti sulle classi non possidenti. Da noi le elezioni avvengono in un ambiente di collaborazione fra operai, contadini, intellettuali; in un ambiente di fiducia reciproca; in un ambiente, direi, di amicizia reciproca, perché da noi non vi sono capitalisti, non vi sono proprietari fondiari, non vi è sfruttamento, e non vi è nessuno insomma che possa fa pressione sul popolo per travisare la sua volontà. Ecco perché le nostre elezioni sono le uniche nel mondo veramente libere e veramente democratiche. (Vivi applausi). Queste elezioni libere e veramente democratiche hanno potuto sorgere solo sul terreno del trionfo dell’ordine socialista, del socialismo che da noi non soltanto si va edificando, ma è già entrato nella vita, nella vita quotidiana del popolo. Dieci anni fa si sarebbe potuto discutere se è possibile o no costruire il socialismo da noi. Ora la questione non può essere oggetto di discussione. Ora è una questione di fatti, una questione di vita viva, di usi e di costumi che penetra in tutta la vita del popolo. Nelle nostre fabbriche e nelle nostre officine si lavora senza capitalisti. Uomini del popolo dirigono il lavoro. Da noi ciò si chiama socialismo nella pratica. Nei nostri campi lavorano i lavoratori della terra, senza i proprietari fondiari, senza i kulak. Uomini del popolo dirigono il lavoro. Da noi ciò si chiama socialismo nella vita, da noi ciò si chiama vita libera, socialista. E su questa base appunto sono nate da noi elezioni nuove, veramente libere e veramente democratiche, elezioni che non hanno esempi nella storia dell’umanità. Dopo questo, come non felicitarmi con voi per il giorno di festa di tutto il popolo, per il giorno delle elezioni al Soviet Supremo dell’Unione Sovietica! (Ovazione fragorosa di tutta la sala). Vorrei ancora, compagni, darvi un consiglio, un consiglio di candidato a deputato ai suoi elettori. Se prendiamo i paesi capitalistici, esistono laggiù fra i deputati e gli elettori delle relazioni originali, direi persino alquanto strane. Finché dura la campagna elettorale i deputati civettano con gli elettori, strisciano davanti ad essi, giurano loro fedeltà, promettono mari e monti. Si direbbe che vi è dipendenza assoluta dei deputati dagli elettori. Appena finite le elezioni e i candidati diventano deputati, le relazioni cambiano radicalmente. Invece della dipendenza dei deputati dagli elettori si ha la loro indipendenza completa. Durante quattro o cinque anni, cioè sino a nuove elezioni, il deputato si sente completamente libero, indipendente dal popolo, dai suoi elettori. Può passare da un campo all’altro, può deviare dal giusto cammino nel cammino falso, può persino impegolarsi in macchinazioni poco pulite, può far capriole a piacimento: egli è indipendente. Si possono ritenere normali tali relazioni? Assolutamente no, compagni. La nostra Costituzione ha tenuto conto di questa circostanza; essa contiene una legge in forza alla quale gli elettori hanno il diritto di richiamare prima del termine i loro deputati se questi incominciano a barcamenarsi, se deviano dal giusto cammino, se dimenticano la loro dipendenza dal popolo, dagli elettori. È una legge magnifica, compagni. Il deputato deve sapere che egli è il servitore del popolo, il suo delegato al Soviet Supremo e che deve seguire la linea che il popolo, col suo mandato, gli ha tracciato. Se devia dal cammino gli elettori hanno il diritto di sbalzarlo senza cerimonie. (Risa, applausi). È una legge magnifica. Il mio consiglio, il consiglio di un candidato ai suoi elettori è di non dimenticarvi di questo diritto, del diritto di richiamare i deputati prima del termine, di sorvegliarli, di controllarli e, se salta loro il ticchio di deviare dal giusto cammino, di sbarazzarvene e di esigere nuove elezioni. Il governo ha il dovere di indire nuove elezioni. Il mio consiglio è di ricordarvi di questa legge e di servirvene quando occorra. Infine ancora un consiglio di candidato ai suoi elettori. Che cosa occorre esigere, in generale, dai propri deputati, se prendiamo fra tutte le esigenze possibili le più elementari? Gli elettori, il popolo devono esigere dai propri deputati che essi siano all’altezza dei loro compiti; che nel loro lavoro non cadano al livello di filistei politici; che rimangano al posto di uomini politici di tipo leninista; che essi siano uomini politici cristallini e integri, come lo era Lenin (applausi); che essi siano così intrepidi nella lotta e implacabili verso i nemici del popolo come lo era Lenin (applausi); che essi siano così saggi e lontani da ogni precipitazione, quando si presentano problemi complicati la cui soluzione richiede la capacità di saper abbracciare vasti orizzonti e di tener conto largamente di tutti i vantaggi e gli svantaggi, come lo era Lenin (applausi); che essi siano così veritieri e onesti, come lo era Lenin (applausi); che essi amino il loro popolo, come lo amava Lenin. (Applausi). Possiamo noi dire che tutti i candidati siano uomini politici di tal genere? Non potrei dirlo. Sotto il sole vivono persone di ogni fatta, uomini politici di ogni fatta. Vi sono uomini sui quali non puoi pronunciarti: sono essi buoni o cattivi, coraggiosi o pusillanimi, tutti dediti al popolo o per i nemici del popolo. Vi sono persone di tal fatta e uomini politici di tal fatta. Ve ne sono anche da noi, fra i bolscevichi. Voi lo sapete, compagni, non v’è famiglia senza magagna. (Risa, applausi). A proposito di gente di tipo indefinito, di gente che ricorda piuttosto dei filistei politici che degli uomini politici, a proposito di gente di un tipo indefinito, indeterminato, il grande scrittore russo Gogol ha detto con un’espressione felice: “Gente indefinita, né così né cosà: impossibile comprendere che sono, né Bogdan in città, né Selifan al villaggio”. (Risa, applausi). Queste persone e questi uomini politici indefiniti sono, come bene si dice da noi fra il popolo, “della gente così così, né carne né pesce” (risa generali, applausi), “né un cero per la Madonna, né una forca pel diavolo”. (Risa generali, applausi). Non potrei affermare con piena sicurezza che fra i candidati a deputati (porgo loro, naturalmente, tutte le mie scuse) e fra i nostri uomini politici non si trovino persone che ricordano piuttosto dei filistei politici e che, per il loro carattere e la loro fisionomia, ricordano persone di tal fatta, delle quali il nostro popolo dice: “né un cero alla Madonna, né una forca pel diavolo”. (Risa, applausi). Vorrei, compagni, che voi esercitaste un’influenza sistematica sui vostri deputati, che infondeste in loro la convinzione che devono tener presente la figura del grande Lenin e seguirne l’esempio in tutto. (Applausi). Il dovere degli elettori non finisce con le elezioni, ma continua durante tutta la legislatura del Soviet Supremo. Ho già parlato della legge che dà agli elettori il diritto di richiamare i deputati prima del termine della legislatura e se questi deviano dal giusto cammino. Il dovere e il diritto degli elettori è dunque di controllare incessantemente i loro deputati, di infondere loro l’idea che non devono in nessun caso discendere al livello di filistei politici; gli elettori devono infondere ai propri deputati l’idea che essi devono essere tali, quale fu il grande Lenin. (Applausi). Questo è, compagni, il secondo consiglio che volevo darvi, il consiglio di un candidato ai suoi elettori. (Applausi fragorosi e prolungati che si trasformano in ovazione. Tutti si alzano e rivolgono i loro sguardi al palco del governo dov’è entrato il compagno Stalin. Risuonano acclamazioni: “Al grande Stalin, urrà!”, “Al compagno Stalin, urrà!”,”Evviva il compagno Stalin, urrà!”, “Evviva il primo discepolo di Lenin, candidato al Soviet dell’Unione, compagno Stalin! Urrà!”). (Stalin, “Discorso alla Riunione elettorale della circoscrizione ‘Stalin’ di Mosca pronunciato l’11 dicembre 1937 nel Gran Teatro”. Lenin, opere scelte in due volumi, Edizioni in lingue estere, Mosca 1947, pagg. 39-43) Bisogna dare la possibilità ai sovietici di “lavare la testa” ai propri dirigenti C’è un’altra circostanza che ci spinge all’autocritica. Penso alla questione: masse e dirigenti. Negli ultimi tempi, da noi, hanno cominciato a manifestarsi strani rapporti fra i dirigenti e le masse. Da una parte si è storicamente formato e sviluppato un gruppo di dirigenti, la cui autorità cresce continuamente e che diventano quasi irraggiungibili per le masse. Dall’altro lato, l’ascesa delle masse, della classe operaia in particolare, e delle masse dei lavoratori in generale, procede con straordinaria lentezza; esse cominciano a guardare dal basso i dirigenti, sono come accecate dallo splendore e spesso temono di criticarli. Il fatto che da noi si sia formato un gruppo di dirigenti, arrivati molto in alto e che godono di grande autorità, è naturalmente, in sé, una grande conquista del nostro partito. È chiaro che, senza la presenza di un tale autorevole gruppo di dirigenti, la direzione di un grande paese sarebbe impensabile. Ma il fatto che i dirigenti nella loro ascesa si allontanino dalle masse, e che le masse comincino a guardarli dal basso, senza avere il coraggio di criticarli, fa sorgere il pericolo del distacco dei dirigenti dalle masse e dell’allontanamento delle masse dai dirigenti. Questo pericolo può condurre i dirigenti a diventare superbi e a ritenersi infallibili. E cosa ci potrebbe essere di buono nel fatto che i più alti dirigenti diventino superbi e comincino a guardare le masse dall’alto in basso? È chiaro che questo e null’altro potrebbe condurre se non alla rovina del partito. Noi, però, vogliamo andare avanti e migliorare il nostro lavoro, non invece rovinare il partito. E proprio per andare avanti e per migliorare le relazioni fra le masse e i dirigenti, bisogna tenere aperta continuamente la valvola dell’autocritica, bisogna dare la possibilità ai sovietici di “lavare la testa” ai propri dirigenti, di criticarli per i loro errori, in modo che i dirigenti non diventino arroganti e le masse non si allontanino dai dirigenti. (Stalin, “Sui lavori della Sessione plenaria comune d’aprile del Comitato Centrale e della Commissione Centrale di Controllo”, Discorso alla riunione dell’attivo dell’Organizzazione di Mosca del PC(b) dell’URSS, 13 aprile 1928, Opere complete Edizioni Nuova Unità, vol. 11, pagg. 31-32) Compagni! Nei congressi si parla di solito di conquiste. Non c’è dubbio che ci siano conquiste. Queste conquiste non sono da poco, naturalmente e non c’è motivo di nasconderle. ma, compagni, negli ultimi tempi qui si è cominciato a parlare troppo, talvolta fino alla nausea, di conquiste e perciò passa la voglia di ripetere cose già dette. Permettetemi dunque di rompere con la normale procedura e di dirvi qualche parola non sulle nostre conquiste, ma sulle nostre debolezze e sui nostri compiti in relazione a queste debolezze. Penso qui ai compiti, compagni, che si riferiscono alla nostra edificazione interna. Questi compiti riguardano tre questioni: la questione della linea del nostro lavoro politico, la questione dell’elevamento dell’attività delle masse popolari in generale e della classe operaia in particolare, come anche della lotta contro il burocratismo, e infine la questione della formazione di nuovi quadri per la nostra edificazione economica. (Stalin, “Discorso al VII Congresso dell’Unione della gioventù comunista leninista dell’URSS”, 16 maggio 1928, Opere complete Edizioni Nuova Unità, vol. 11, pag. 54) 10 il bolscevico / PMLI N. 10 - 12 marzo 2015 Iniziata con successo la propaganda 2015 tramite banchini Il PMLI grande centro di interesse tra le masse popolari modenesi Interesse per il materiale del Partito. Contestato il Consiglio comunale di Modena per le intimidazioni al PMLI Commemorato in modo militante il 167° Anniversario de “Il Manifesto del Partito Comunista” Dal corrispondente dell’Organizzazione di Modena del PMLI È iniziata con successo la propaganda 2015 del PMLI a Modena: nelle giornate di domenica 22 e sabato 28 febbraio l’Organizzazione modenese è scesa in piazza con il rosso banchino, migliorato anche nell’estetica, per commemorare in maniera militante il 167° anniversario dalla pubblicazione de “Il Manifesto del Partito Comunista” di Marx ed Engels, avvenuta nel febbraio 1848. I compagni modenesi hanno autoprodotto il volantino per l’occasione “Il Manifesto di Marx ed Engels - Grande faro per i fautori del socialismo di tutto il mondo – Un’opera fondamentale per trasformare il mondo e se stessi”, pubblicato sul n. 9 de “Il Bolscevico”, il quale ha riscontrato molto interesse, come l’ha avuto il materiale sul banchino. Con generoso contributo alcuni modenesi hanno preso “Il Manifesto del Partito Comunista”, prima opera fondamentale marxista-leninista, “L’origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato” di Engels e “Viva la Grande Rivolta del Sessantotto”, a dimostrazione che c’è una grande voglia e un grande interesse per una corretta e giusta visione di classe che solo il PMLI è in grado di fornire alle masse popolari le quali, hanno fortemente denunciato l’abbandono da parte dei partiti pseudocomunisti dell’ideologia marxista-leninista. Sono state fortemente criticate la vittoria scandalosa di Tsipras in Grecia con l’appoggio della de- stra e la formazione di Podemos in Spagna; tutti segnali che hanno fatto comprendere che le masse popolari sono stanche di queste pagliacciate filo-borghesi e che per spazzare via il governo del Berlusconi democristiano Renzi ci vuole un vero partito rivoluzionario. Le giornate di propaganda sono servite, inoltre, per appoggiare il Comitato popolare locale STOPTTIP, anche qui l’Organizzazione ha prodotto un volantino “Fermiamo il TTIP – Trattato segreto tra USA e UE che favorisce le multinazionali e penalizza i lavoratori”, pubblicato sul n.8 de “Il Bolscevico”, per spiegare alle masse popolari le gravità di questo “mostro” in difesa del sistema capitalista; molti non sapevano neanche cosa fosse ma grazie alla preparazione ideologica dei compagni è stata fatta luce. Nonostante i continui attacchi della borghesia reazionaria modenese, i compagni non si sono fatti spaventare e hanno ottenuto il permesso per l’occupazione di suolo pubblico, sempre lì sotto al portico del Comune di Modena e hanno continuato a diffondere il tanto “odiato” e “condannato” volantino “Il potere politico spetta di diritto al proletariato”. Questa volta, sul retro, è stato stampato il comunicato stampa “La destra e la ‘sinistra’ borghese del consiglio comunale di Modena si oppongono alla presa di potere del proletariato”, pubblicato sul n.7 de “Il Bolscevico”, ignorato dai mass-media borghesi ma, con la presenza attiva dei marxisti-leninisti, ha ottenuto i suoi buoni frutti. In molti si sono fermati a leggere il Dal 1977 il PMLI si batte fino ala morte per l’Italia unita, rossa e socialista Non si può non essere orgogliosi di quanto scrive il nostro Segretario generale, compagno Giovanni Scuderi, nell’opuscolo n. 14, dal titolo “Avanti con forza e fiducia verso l’Italia unita, rossa e socialista”: “Noi siamo gli eredi e i continuatori in Italia di una storia grande, gloriosa e ricca di insegnamenti, quella di Marx, Engels, Lenin, Stalin e Mao, del movimento comunista internazionale, degli Stati socialisti, in primo luogo dell’Urss di Lenin e Stalin e della Repubblica popolare cinese di Mao”. Certamente non si può che essere schifati dal governo e dai rappresentanti della dittatura della borghesia al potere, da questo parlamento italiano neofascista. Il 10 febbraio, la prima giornata della maratona in aula, che nelle intenzioni del governo, avrebbe dovuto vedere il primo sì della Camera sulle “riforme” costituzionali è iniziata tra le tensioni e si è conclusa con una bagarre che ha visto lanci di poderosi volumi verso il tavolo della presidenza, espulsioni dall’aula e sospensioni della seduta. La rottura del “patto del Nazareno” “non può non avere conseguenze sul piano parlamentare” aveva detto in apertura dei lavori il forzista Francesco Paolo Sisto annunciando le proprie dimissioni da relatore del ddl sulle ‘riforme’. Faremo di tutto per rallentarle – afferma da parte sua Renato Brunetta – sarebbe oggi pura irresponsabilità concorrere ad una direttrice autoritaria”. La mangiatoia, il porcile parlamentare borghese è in fermento, dopo lo sgambetto del fasciodemocristiano Renzi all’ex neoduce Berlusconi, mentre il popolo italiano vede il nuovo padrone di questo regime neofascista che sta attuando passo passo il “piano di rinascita democratica” della P2 di Licio Gelli. Renzi come un neoRenzo dei “Promessi sposi” di manzoniana memoria, tiene i suoi polli per le zampe a testa in giù, mentre si beccano a vicenda, e mentre il parlamento neofascista va, direzione mai cambiata dal 1945, con barra dritta nella continuità della dittatura della borghesia. Noi del PMLI fin dal lontano 1977 abbiamo un’unica direzione, un’unica volontà, lottiamo e lotteremo fino alla morte per l’Italia unita, rossa e socialista! Coi Maestri e il PMLI vinceremo! Da un rapporto interno dell’Organizzazione di Civitavecchia (Roma) del PMLI Il banchino dell’Organizzazione di Modena ha destato interesse tra le masse. Sulla destra, davanti al banchino il compagno Antonio Leparulo diffonde il volantino che commemora il “Manifesto del Partito Comunista” Il Responsabile del PMLI per l’Emilia-Romagna, Denis Branzanti (al centro) ha visitato il banchino. Alla destra della foto Antonio Leparulo comunicato, addirittura sono tornati al banchino per chiedere ulteriori spiegazioni e, sta di fatto, che le masse popolari danno ragione alle tesi del PMLI e al nostro comunicato stampa, condannando e criticando tutto il Consiglio comunale che innanzitutto non si sta preoccupando dei problemi reali della popolazione e che, invece, tenta in ogni modo di negare totalmente la libertà di espressione, come hanno affermato gli stessi modenesi: “a dei ragazzi onesti, veri e coraggiosi che si oppongono a questo gover- Una giusta risposta marxista-leninista sul terrorismo Particolarmente importante quanto si trova nella risposta ai compagni Enrico e Franco da parte de “Il Bolscevico” numero 8. Giusta quanto opportuna la distinzione tra un “terrorismo individualista”, avulso dalle masse e un “terrorismo che ha l’appoggio delle masse”, come quello dell’IS, di cui non condividiamo i metodi verso persone incolpevoli, ma di cui non si può dire che agiscano se no fascista”. Ringraziamo infine per le telefonate, il compagno Dario Granito a nome della Commissione centrale di organizzazione e per la graditissima visita a sorpresa il compagno Denis Branzanti, Responsabile del PMLI per l’Emilia-Romagna, e la compagna Giada. Tutto per il PMLI, il proletariato e il socialismo! Spazziamo via il governo del Berlusconi democristiano Renzi! Coi Maestri e il PMLI vinceremo! non per legittima difesa. Terrorismo individualista e piccolo borghese è quello anarchico, nichilista e dei socialrivoluzionari russi (sempre impegnati contro il bolscevismo e la rivoluzione proletaria, si noti), del populismo russo ottocentesco, ecc., ma quello dell’IS, con tutto quanto detto sopra è altra cosa, non si può non riconoscerlo. Quanto alla religione, essa, come afferma Marx (“Critica alla filosofia hegeliana del diritto pubblico”, 1843), certo è “l’oppio del popolo”, ma si legga anche quanto Marx scrive subito prima: “La religione è il sospiro della creatura op- Durante un’interrogazione in un liceo della provincia di Reggio Calabria Un coraggioso e combattivo studente marxista-leninista illustra la linea del PMLI sullo Stato islamico Appoggiare l’IS antimperialista non significa sposarlo in toto Dal corrispondente dell’Organizzazione di Taurianova del PMLI Lunedì 2 marzo, in una classe del Liceo Scientifico Michele Guerrisi di Cittanova, provincia di Reggio Calabria, è avvenuta un’accesa discussione sullo Stato Islamico (IS) partendo dal tema della “globalizzazione” e della terziarizzazione. Interrogato era uno studente marxista-leninista che con un coraggio proletario, usando l’indagine e l’interpretazione marxiste-leniniste, ha deciso di non soffermarsi a quelle considerazioni di matrice borghese che faceva il libro scolastico e dunque ha espresso il suo pensiero sulla “globalizzazione”. La situazione è rimasta calma, finché il coraggioso studente ha deciso di prendere in riferimento ai problemi della “globalizzazione”, ciò che sta facendo lo Stato Islamico. Egli ha affermato di sostenere l’IS, senza peli sulla lingua, come organizzazione che si batte per l’indipendenza nazionale e contro la schiavitù economica dei Paesi imperialistici. A quel punto si è accesa la discussione con la professoressa che riteneva una cosa da folli sostenere l’IS. La professoressa lo ha invitato, con greve ironia, a arruolarsi nell’IS, visto che lo sostiene. Il compagno, come fecero ai tempi Marx ed Engels nel “Manifesto”, ha illustrato il suo pensiero marxista-leninista, affermando che bisogna sostenere l’indipendenza dei popoli e la loro autodeterminazione, in perfetta linea col pensiero di Lenin sull’imperialismo. Ha illustrato come l’IS usa la religione come un mezzo per riunire le masse arabe a insorgere contro i crociati occidentali, spiegando che siamo continuamente bombardati dalla propaganda borghese che vuole esaltare i “valori” dello stile di vita occidentale e “pacifico”, di fronte alle barbarie di una società islamica araba. Lo studente ha continuato nell’affermare che bisogna lasciare stare in pace i popoli, di qualunque orientamento ide- pressa, è l’anima di un mondo senza cuore, lo spirito di un mondo che è lo spirito di una condizione senza spirito”. Abbastanza eloquente: il necessario “salto” per superare la condizione di oppressione del proletariato, il suo diventare “classe per sé” presuppone l’eliminazione della religione e soprattutto delle sue pratiche devozionali e cultuali, del miracolismo, ma tali pratiche e tale miracolismo sono tipiche delle realtà più arretrate, nelle quali il potere capitalista opprime anche servendosi delle sovrastrutture ideologiche. È la condizione delle masse oppresse non solo islamiche ma anche cristiane, ebraiche, induiste, buddiste ecc. È compito dei marxisti-leninisti sconfiggere quest’ideologia (falsa coscienza del mondo per Marx) religiosa, come fece Lenin nella Russia rivoluzionaria, come fece Stalin e come fece Mao, ma, come giustamente ricorda la citata risposta ai due compagni, a livello tattico delle scelte “altre” sono necessarie, a ologico siano, perché devono essere liberi dal capitalismo e dall’imperialismo. I crociati americani hanno portato, con il loro intervento armato, distruzione su vasta scala, installazioni di lobby capitaliste sul territorio e guerre civili tra sciiti e sunniti, anziché portare la democrazia. Inoltre, ha accusato il tristemente famoso giornale francese “Charlie Hebdo”, di istigare e insultare i popoli islamici. La professoressa ha replicato che non è giusto rispondere con una strage ad una satira. Il compagno ha ribattuto dicendo che è da anni che con azioni terroristiche fisiche e mediatiche, l’occidente provoca i musulmani, e di conseguenza loro rispondono con atti di terrorismo nei paesi occidentali. A quel punto il compagno veniva additato come uno che accetta la barbarie dell’IS. Ma da buon marxista-leninista ha risposto che la società e i metodi dell’IS sono assolutamente inaccettabili, la loro non è di certo una lotta per il socialismo, ma piuttosto si rifanno al sistema feudale e oscurantista del medioevo. Dobbiamo sostenere l’IS in quanto protagonista della lotta all’imperialismo e non per la sua ideologia, il modello di società e certi metodi di lotta. Il giovane marxista-leninista ha concluso ponendo il seguente aut aut: “O l’oriente nelle mani degli imperialisti, o l’oriente unito e indipendente”. Il compagno è stato accusato di non essere coerente nel sostenere l’IS e, insieme, nel ripudiarne la concezione religiosa e sociale. È ammirevole come questo giovane compagno abbia illustrato egregiamente il pensiero del PMLI e del marxismoleninismo-pensiero di Mao sulla questione. Ciò dovrebbe farci capire come l’Italia imperialista dei crociati Matterella, Renzi, Gentiloni e Pinotti cerca di inculcare nella testa delle masse la concezione borghese e islamobofica sull’IS. Ma noi ci opponiamo e ci opporremo sempre all’imperialismo e lotteremo per l’indipendenza, la libertà dei popoli e il socialismo! seconda del momento storico: così l’alleanza, tattica appunto e non strategica, di Stalin con la chiesa ortodossa contro il nazismo. Eugen Galasso L’articolo sul Jobs Act utile per il lavoro sindacale Care compagne e cari compagni del PMLI, grazie per documento sulla controriforma del lavoro. Mi sarà utile per il lavoro sindacale in fabbrica. Un caro saluto rosso. Coi Maestri e il PMLI vinceremo! Andrea, operaio del Mugello (Firenze) Valido il documento sulla nuova botta renziana Grazie compagni, il vostro articolo sulla nuova botta renziana rappresentato dal Jobs Act è molto utile. Ciao. Nicola Spinosi – Firenze toscana / il bolscevico 11 N. 10 - 12 marzo 2015 200 milioni di soldi pubblici ai gestori privati Aeroporti toscani, il “cerchio magico” di Renzi regista della fusione tra Pisa e Firenze Il fedelissimo del premier Carrai alla guida della nuova società. Il Comune di Pisa si piega a governo e regione Contrarietà dei comitati della piana e dell’universita’ di firenze Dal nostro corrispondente della Toscana Pochi giorni fa, il 10 di febbraio, al primo piano dell’aeroporto di Pisa si è realizzata la fusione tra gli aeroporti di Pisa (Sat) e Firenze (Adf) ed è nata la società unica Toscana Aeroporti. C’era già il via libera dell’assemblea dei soci di Adf, società del “Vespucci” di Peretola, che in assemblea ha approvato l’operazione in poco più di mezz’ora senza alcun problema. A Pisa invece la proposta di fusione del “Galilei” avanzata da Corporation America, prima azionista dei due gruppi, è passata con il 99,96% del capitale rappresentato nell’assemblea dei soci Sat. Contrari il comitato dei piccoli azionisti e le associazioni cittadine. Si parla di fusione per incorporazione di Adf in Sat, con attribuzione al consiglio di amministrazione della società pisana di una delega per aumentare il capitale sociale che renda effettiva la fusione stessa. Per questo saranno emesse nuove azioni da offrire in cambio agli azionisti di Adf. Il rapporto di cambio è stato fissato nella misura di 0,9687 azioni ordinarie Sat per ogni azione ordinaria Adf. Tale rapporto implica un valore economico di Sat superiore di circa il 13% rispetto al valore di Adf. La società unica Toscana Aeroporti Spa, quotata in borsa e con sede a Firenze, dovrà raggiungere l’obiettivo dei 12 milioni di passeggeri complessivi al 2029, traguardo che porterebbe il polo Galilei-Vespucci al terzo posto in Italia dietro Roma e Milano. Chi gestisce Adf e Sat E’ interessante capire quali sono le società interessate e chi c’è al loro comando. Iniziamo dalla promotrice dell’operazione, la società argentina Corporation America, che è divenuta socia di maggioranza degli scali di Firenze e Pisa e che fa capo alla famiglia di Eduardo Eurnekian. La società è una holding attiva in settori chiave delle infrastrutture e dell’energia, fra i quali gli aeroporti. Eurnekian a metà degli anni Duemila in Italia è balzato agli onori delle cronache per il crac della compagnia aerea Volare di cui era socio di riferimento. Successivamente ha lasciato perdere gli aerei dedicandosi alle infrastrutture aeroportuali e divenendo azionista di maggioranza di ben 56 scali nel mondo in particolare nel Sud America. Al momento ha in mano il 53% di Sat e il 48,9% di Adf e dopo la fusione, sta per diventare prima socia del nuovo gruppo di gestione associata, Toscana Aeroporti Spa. Con il via libera all’integrazione, tutti gli altri soci di Eunerkian relativamente allo scalo fiorentino hanno salutato con gioia questo passaggio: si comincia dalla Cassa di risparmio di Firenze, socio di Adf al 13%, passando per la famiglia Panerai col suo 11,7%, la Regione Toscana di Enrico Rossi col 5%, il Comune di Firenze col 2,18% che fino a poco più di un anno fa era guidato da Renzi e adesso amministrato da uno dei sodali storici del premier, Dario Nardella. Sotto la torre pendente invece, il primo effetto politico della fusione tra i due scali è il restringimento della maggioranza di “centrosinistra” al Comune di Pisa. SEL abbandona la coalizione seguendo la strada intrapresa dall’ormai ex assessore alla cultura, Dario Danti, dimessosi dalla giunta dopo il voto. Fino a dicembre l’operazione è stata apertamente contestata anche da molti esponenti del PD ma poi, in Consiglio comunale l’11 dicembre scorso, anche Danti come gli altri, ha approvato il percorso di verifiche e garanzie sul progetto di fusione SAT-AdF, presentato dall’azionista di controllo delle due società che il sindaco Filippeschi ha gestito fino all’ultima seduta del Consiglio comunale del 5 febbraio. I finanziamenti pubblici Per tutta l’operazione, una valanga di soldi pubblici. Filippeschi (PD) ha affermato che i soldi arriveranno ricorrendo ai fondi dello “Sblocca Italia” per l’importo promesso da Renzi di almeno una cinquantina di milioni di euro a patto che il nuovo Vespucci sia pronto nel 2017 per l’annunciato G8. Ma per i faraonici lavori del nuovo Vespucci ne occorrono molti di più. La Corporation America alla vigilia del voto di delibera, segnalò che la fusione fra le due società sarebbe stata la soluzione migliore a condizione però che il governo avesse garantito non 50, ma 150 milioni sui 336 previsti per i lavori, e così è stato. A Pisa quindi, per far passare l’ordine del giorno di fronte al quale è dovuto puntualmente arrivare il soccorso di Forza Italia, Filippeschi e la sua giunta composta da PD, SEL, PSI ed ex montiani ha fatto filtrare la notizia che i 100 milioni che mancano arriveranno da altri provvedimenti governativi ad hoc. A conferma della questione, attraverso un comunicato stampa emesso l’8 febbraio, Adf ha annunciato di aver ricevuto dal ministero dei Trasporti guidato da Maurizio Lupi, una lettera in cui si impegna a “porre in essere ogni azione utile per sostenere l’attuazione degli interventi infrastrutturali programmati da Aeroporto di Firenze fino a un massimo di 150 milioni di euro” nonché a firmare e inviare immediatamente “al ministero dell’Economia il decreto per l’intervento pubblico di 50 milioni promesso dal premier per l’adeguamento infrastrutturale dell’aeroporto di Peretola per la realizzazione, oltre che del nuovo terminal passeggeri, anche di una nuova pista di volo di 2.400 metri”. Valanga di soldi pubblici ad un soggetto privato e conseguente svendita di un servizio strategico a costi irrisori. Renzi ha lavorato per i suoi amici privati Ancora una volta la lunga mano del governo del nuovo Berlusconi Renzi ha lavorato a favore dei privati e della speculazione, utilizzando soldi pubblici, garantendo poltrone chiave a suoi amici e finanziatori. Vedi Marco Carrai, suo fidato consigliere e probabile futuro presidente Adf o l’altro renziano doc, Roberto Naldi che ha lavorato per concretizzare l’Opa sugli aeroporti di Pisa e Peretola favorendo Eurnekian e presidente per l’Italia di Corporation America nonché promotore delle ricche cene di finanziamento a beneficio del PD e di Renzi. Naldi opportunisticamente si compiace di aver trovato l’accordo anche col sindaco Filippeschi affermando che è stato “approvato un progetto di eccellenza. Grazie al presidente Rossi ed a tutti i soci. Con il sindaco di Pisa ci sono state legittime differenze di vedute, ma negli ultimi mesi ci ha stimolato ad aggiustare il tiro. Pisa avrà un grandissimo sviluppo, vedrete passaggi concreti negli investimenti programmati, anche al di là delle previsioni”. Anche il governatore toscano, Enrico Rossi del PD, può brindare ad un progetto di cui è stato incalzante protagonista. Viste le vicende col gruppo SEL di Pisa, non si fa sfuggire l’occasione per sottolineare la vicinanza di quel partito alle mire del PD: “Oggi è un gran giorno per la Toscana - commenta - e naturalmente non mancano le polemiche. Faccio presente che gli interventi pubblici ci sono dovunque sugli aeroporti. Se penso agli aeroporti della Puglia, non posso che ammirare l’azione del presidente Vendola, che riesce a trasferire ogni anno 15 milioni ai vettori. Per non dire che l’aeroporto di Bari è stato finanziato con i fondi europei e altri interventi con i fondi Fas”. Peccato però che Rossi si dimentichi di precisare che il consiglio della Regione Toscana aveva già disposto che le opere fossero a carico del privato e non provenienti dalle casse pubbliche. Ci troviamo di fronte ad una regia ben orchestrata a tutti i livelli istituzionali, che mostra una volta di più la spregiudicatezza di Renzi nel collocare i propri uomini ovunque, come faceva Berlusconi di cui il capo del governo sta ricalcando le orme in tutto e per tutto, circondandosi di un vero e proprio clan che si dedica con disinvoltura allo sperpero di denaro pubblico e all’accentramento di potere e controllo. Le reazioni, la posizione del PMLI La quasi totalità dei lavori a seguito della fusione, come detto, riguarderanno lo scalo fiorentino. “È una brutta storia questa dell’aeroporto Vespucci, che va dalla svendita di un bene pubblico a un soggetto privato a prezzo vile; alla devastazione di un territorio che perde le ultime vestigia dell’ambiente naturale circostanti; alla realizzazione di un’opera in cui non si sa nulla delle conseguenze di ciò che si va a realizzare; e al conseguente tradimento da parte degli enti pubblici dei propri compiti e soprattutto della tutela dell’interesse pubblico preminente perché costituzionalmente protetto, ossia la salute dei cittadini”. Il Partito marxista-leninista italiano non può che condividere a pieno la posizione espressa dai Comitati della Piana fiorentina poiché è intollerabile che si utilizzino centinaia di milioni di fondi pubblici in un progetto che andrà a esclusivo beneficio dei privati che gestiranno gli scali. L’opera sarà sostanzialmente inutile e costosissima per la collettività anche perché al momento è già lo scalo di Pisa, a poche decine di chilometri da Firenze, che gestisce quel tipo di aerei e di rotte impossibili su Peretola. Qual è dunque la logica, se non quella speculativa, di voler espandere un aeroporto che per evidenti vincoli territoriali non potrà assumere le caratteristiche né le funzioni di un “grande aeroporto” e che quindi non potrà mai costituire uno scalo esaustivo per certe necessità di Firenze ma che, al contrario, distoglierà enormi fondi e risorse che potrebbero essere impiegate affinché si realizzi un collegamento rapido e funzionale fra l’area fiorentina e gli aeroporti esistenti e capaci di erogare certi servizi internazionali. I lavori di ammodernamento dei collegamenti avrebbero un costo infinitamente inferiore di quelli previsti oggi per Peretola. Inoltre, non possiamo che ritenere questa un’opera dannosa dal punto di vista ambientale per la piana fiorentina già satura di infrastrutture e sotto minaccia di un nuovo impianto di incenerimento rifiuti nonché di un nuovo e anch’esso sostanzialmente inutile stadio. A questo proposito la sezione provinciale di Isde Italia i cui medici per l’ambiente, facendo riferimento a studi nazionali ed internazionali, “esprimono grande preoccupazione” sulle conseguenze del potenziamento di Peretola mettendo in guardia dai possibili effetti negativi causati dall’inquinamento da trasporto aereo e denunciando rischi di “malattie cardiovascolari, respiratorie, tumorali, disturbi neuro-comportamen- tali, disturbi dell’apprendimento e dell’attenzione nei bambini e un conseguente peggioramento della qualità della vita per compromissione della qualità del sonno a causa delle operazioni aeroportuali svolte nelle ore notturne”. E aggiungono: “l’attuazione di questo progetto aeroportuale provocherebbe anche un rischio idrogeologico, per la deviazione del Fosso Reale (un corso d’acqua di circa 6 km, che attraversa i comuni di Sesto Fiorentino e Campi Bisenzio e raccoglie le acque di numerosi canali della Piana), danneggiando inoltre l’oasi Wwf di Focognano e vanificando il parco della Piana fiorentina”. In conclusione “l’ampliamento dell’aeroporto Vespucci di Firenze non è coerente con il nuovo Piano nazionale e regionale della prevenzione 2014-2018, che si prefigge l’obbiettivo di ridurre il carico di malattia e le esposizioni ambientali potenzialmente dannose per la salute”. Oltre ai Comitati e a quattro ricorsi ai giudici amministrativi ancora in essere e che possono stravolgere i piani di regione e governo, si oppongono anche gli studenti del Polo Scientifico di Sesto Fiorentino e lo stesso ateneo della città del Giglio che si dicono preoccupati per l’impatto ambientale e per il pericolo che correranno gli studenti, collocati in strutture a soli 200 metri dalle piste dell’aeroporto e i gravi rischi che correranno chi vive, studia e lavora nella Piana. Pesanti conseguenze dunque, che si aggiungono al fatto che l’ampliamento dello scalo di Peretola limiterà lo spazio fisico di sviluppo della “Cittadella dei numeri primi”. Firenze In piazza contro la “riforma” regionale della sanità Contestati i tagli previsti da Rossi e la formazione di tre mega ASL Redazione di Firenze Nel pomeriggio di sabato 21 febbraio il centro di Firenze è stato attraversato da un vivace corteo organizzato dal Coordinamento toscano per il diritto alla salute contro la “riforma” della sanità regionale attualmente in discussione in Consiglio regionale. Particolarmente bersagliato il progetto di Enrico Rossi, governatore e unico candidato PD alle elezioni regionali di primavera, di accorpare le ASL in tre mega strutture e per i continui tagli. Il Coordinamento ha convocato la manifestazione con un articolato documento di denuncia pubblicato in estratti su “Il Bolscevico” scorso. 12 il bolscevico / cronache locali N. 10 - 12 marzo 2015 Manifestazione sindacale nazionale USB 10mila a Milano contro Jobs Act, precarietA’, razzismo e Expo Nel combattivo corteo presenti lavoratori, tra cui molti precari, disoccupati, migranti, movimenti sociali, senza casa. Una sindacalista dell’USB elogia il compagno ottantunenne Lorenzo Santoro che teneva alta la bandiera del Partito Molti manifestanti approvano i cartelli del PMLI Redazione di Milano Sabato 28 febbraio, alla vigilia dell’entrata in vigore dei decreti attuativi del famigerato Jobs Act, oltre 10mila manifestanti provenienti da tutt’Italia sono scesi in piazza a Milano sotto le bandiere dell’Unione Sindacale di Base (USB) per esprimere un deciso e combattivo NO alla libertà di licenziare, al precariato ed alla cancellazione dell’art. 18, portati alle estreme conseguenze dal governo del Berlusconi democristiano Renzi per il quale si rivendica, come scritto su uno striscione, il “licenziamento per giusta causa”. La manifestazione nazionale dell’USB di Milano ha anche voluto unirsi idealmente con quella antifascista ed antirazzista in contemporaneo svolgimento a Roma contro l’invasione della Capitale, con una becera adunata xenofoba e razzista, delle camicie verdi fascioleghiste di Salvini e delle camicie nere degli squadristi nazifascisti di Casapound. Aperto da uno striscione con su scritto “Contro i ladri dei diritti”, il combattivo corteo si è snodato da largo Cairoli, percorrendo le vie del centro storico, fino ad arrivare in piazza San Babila, dove si sono svolti i comizi finali. Tanti i lavoratori sia del pubblico impiego che del privato, dei movimenti sociali, dei coordinamenti cittadini e regionali fianco a fianco con i precari, i disoccupati, i migranti e i senza casa. Non è mancata la protesta di molti giovani precari e disoccupati del movimento NO EXPO contro il “modello occupazionale” neofascista di EXPO 2015 (partorito nel 2013 dal trio di regime Letta-Maroni-Pisapia con l’avallo compiacente dei vertici collaborazionisti di CGIL, CISL e UIL) che tra l’altro prevede lo scandaloso utilizzo di migliaia di giovani sfruttati a gratis in cambio di benefici illusori (come “fare curriculum”, “acquisire esperienza”, “conoscere persone utili a sistemarvi”, e tante altre simili inconsistenti promesse). Rumorosamente combattiva la nutrita delegazione dei migranti africani (molti dei quali rifugiati e i richiedenti asilo) che hanno rivendicato “lavoro per tutti” ed uguali diritti con gli italiani, oltre che l’abolizione della legge schiavista, xenofoba e neofascista BossiFini e l’apertura delle frontiere per permettere di cercare una vita migliore ai migranti che fuggono dalle disperate condizioni di fame e di guerra generate da quello stesso imperialismo che chiude le frontiere dell’Europa e che genera così le immani stragi nel Mediterraneo tragicamente note. Dal nostro Milano, 28 febbraio 2015. La manifestazione organizzata da USB contro il Jobs Act, precarietà e razzismo. Sulla destra il manifesto del PMLI contro il governo Renzi (foto Il Bolscevico) I marxisti-leninisti sono sfilati con le rosse bandiere del PMLI e un cartello con su affissi i nostri manifesti che invitano a spazzare via il governo del Berlusconi democristiano Renzi, e quello per lo sciopero generale di 8 ore con le nostre rivendicazioni inerenti il diritto al lavoro, e nei corpetti mostravano la riproduzione del manifesto “Contro il Jobs Act e la legge di stabilità e per la difesa dell’Art. 18. Per vincere spazziamo via il governo del Berlusconi democristiano Renzi” che come le altre insegne, fotografatissime, ha attirato l’attenzione e suscitato la manifesta approvazione di molti manifestanti. Una lavoratrice affiancandosi ai nostri compagni ha detto: “mi sento a casa sotto le vostre ban- diere con la falce-martello”, un’altra lavoratrice sindacalista dell’USB rivolgendosi al nostro giovane compagno ottantunenne Lorenzo Santoro della provincia di Bergamo si è complimentata per la sua determinazione: “tieni alta questa bandiera, compagno, ti fa onore!”. A centinaia i volantini diffusi riportanti l’articolo “Viva la lotta di classe” e la citazione del compagno Scuderi dal titolo “Il potere politico spetta di diritto al proletariato”. Diffuse anche copie de “Il Bolscevico” n.46 e del numero speciale sulla commemorazione di Mao svoltasi lo scorso settembre a Firenze riportante il testo integrale del discorso pronunciato dal compagno Loris Sottoscritti, a nome del CC del PMLI, dal titolo “Mao e la missione del proletariato”. Milano, 28 febbraio 2015. Sulla sinistra il giovane compagno ottantunenne Lorenzo Santoro (foto Il Bolscevico) A contribuire a consolidare ulteriormente il legame dei manifestanti con la delegazione del PMLI hanno indubbiamente contribuito il lancio degli slogan per il sostegno della lotta di classe e dell’obbiettivo strategico del potere politico alla classe operaia e quindi per la conquista del socialismo contro il capitalismo, per l’abbattimento del regime neofascista e il suo governo Renzi e contro le sue politiche occupazionali di precarizzazione contrattuale e salariale, per rivendicare che il lavoro sia né flessibile né precario, bensì stabile e a pari salario, per l’affossamento del Jobs Act e per il ristabilimento e l’estensione dello Statuto dei Lavoratori ed il ripristino originario del suo Articolo 18. Iniziativa di lotta dei Comitati per la difesa della salute e l’ambiente “Flash-event” a Napoli per dire No alla costruzione dell’inceneritore a Giugliano presente la cellula “vesuvio rosso” del PMLI Dal corrispondente della Cellula “Vesuvio Rosso” di Napoli Domenica 1 marzo attivisti dei Comitati per la difesa della salute e l’ambiente dell’area di Giugliano in Campania hanno svolto una manifestazione, in via Toledo dinanzi alla fermata della Metropolitana, a Napoli, per dire un forte No alla costruzione dell’inceneritore sul territorio giuglianese, finalizzato a bruciare sia gli oltre sei milioni di balle di rifiuti stoccate nel sito di Taverna del Re che in quello di Masseria Lo Spesso, più quelle depositate in tutta la Campania. In prima fila decine di giovani donne dei “Comitati di lotta di Giugliano contro l’inceneritore” vestite di nero, colore del lutto, con bambolotti tra le mani, rappresentanti i bimbi morti per tumore nell’area e quelli che potrebbero morire in caso di costruzione del criminale inceneritore. La singolare quanto importante protesta di grande impatto emotivo che ha richiamato l’attenzione di centinaia di passanti con la forma del flash-event ha visto la diffusione di volantini nei quali campeggiava materiale illustrativo sui danni causati dall’incenerimento, ribadendo con forza alle masse presenti in piazza che il criminale inceneritore non dovrà essere “realizzato né domani né mai. Né a Giugliano né altrove”. Napoli, 1 marzo 2015. Un momento del flash-event contro la costruzione dell’inceneritore a Giugliano All’iniziativa ha partecipato attivamente la Cellula Vesuvio Rosso” di Napoli del PMLI che ha portato il sostegno politico dei marxisti-leninisti alla protesta, rimanendo al fianco dei Comitati in lotta per tutta la mattinata. Continua la lotta dei lavoratori dell’“Auchan” di Triggiano Cellula “Rivoluzione d’Ottobre” di Bari Non demorde la lotta dei lavoratori del supermarket “Auchan” di Triggiano (Bari) che, in segno di protesta contro l’accordo concluso presso il municipio del paese omonimo, hanno deciso mercoledì 18 febbraio di occupare una parte della strada che conduce all’ipermercato “Bariblu” dove sino a poco tempo fa era presente il punto vendita. I termini dell’accordo sono quantomeno negativi, visto che è prevista la possibilità di derogare all’art. 2112 No alla costruzione della centrale a biomasse nel comune di Forlimpopoli Il comune si oppone a parole, la provincia di Forlì-Cesena prende tempo e la regione se ne lava le mani Provincia di Bari Dal corrispondente della Opporsi con forza al progetto antipopolare Bloccato l’accesso all’ipermercato del Codice civile che prevede, fra le tante cose, il mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento d’azienda. Inoltre “Auchan”, che chiuderà a fine mese, deve ancora cedere il ramo d’azienda a “Tricenter” (proprietaria dell’ipermercato “Bariblu”) in modo tale da poter smistare i lavoratori presso le imprese subentranti “Ipersimply” e “Expert”. Nell’ambito della lotta per il mantenimento dei posti e dei diritti conseguiti, si è realizzata una vera e propria spaccatura fra chi è pronto ad accettare che sia eluso l’articolo 2112, cioè Filcams-Cgil assieme a Fisascat-Cisl, e chi invece si oppone ovvero la Uil-Tucs che ha organizzato il blocco stradale. Il segretario provinciale della UilTucs Marco Dell’Anna ha dichiarato: “Siamo di nuovo in una fase di stallo di questa vertenza. Abbiamo chiesto a ‘Auchan’ e ‘Tricenter’ di avviare le corrette procedure per il passaggio dei lavoratori alle aziende subentranti ma in questo momento c’è una forte responsabilità di ‘Tri- center’... sta continuando a defilarsi dalla corretta procedura legislativa. In questo Paese le normative vanno applicate per difendere tutele e diritti dei lavoratori”. È paradossale il fatto che, a seguito dell’ennesima crisi che colpisce un colosso capitalista dei supermarket, debbano essere i lavoratori a pagarne i danni: non solo rischiando il posto ma anche il destino di essere assunti con qualifiche inferiori rispetto a quelle maturate in anni e anni di lavoro e fatica. L’ingiustizia del capitalismo non ha limiti. corrispondente dell’Emilia-Romagna Nel 2008 la mobilitazione degli abitanti della frazione di San Pietro ai Prati, nel comune di Forlimpopoli (Forlì-Cesena), che raccolsero oltre mille firme, impedì la costruzione di un biodigestore da 999Kw. Nel 2013 fu ancora la popolazione a costringere l’allora sindaco Paolo Zoffoli (PD) ad impegnarsi e ad assicurare che anche il nuovo progetto non sarebbe passato. Ora tocca ancora alle masse popolari battersi per impedire l’ennesimo tentativo della “Società Agricola R.L. SuvE- consegnate al presidente della provincia di Forlì-Cesena (e sindaco di Forlì) Davide Drei (PD) e 2.418 firme di soli residenti a Forlimpopoli consegnate al sindaco Mauro Grandini (PD). Comune e provincia, a cui spetta dare l’autorizzazione o meno, si sono detti contrari al progetto, ma solo così com’è, e intanto la Conferenza dei servizi ha chiesto alla regione Emilia-Romagna se l’impianto necessita di un’indagine sull’impatto ambientale. La risposta è arrivata, quasi tre mesi dopo, a firma di Alessandro Maria Di Stefano, responsabile del Servizio Forlimpopoli (Forlì-Cesena). Uno degli striscioni di protesta contro la costruzione della centrale a biomasse nergy” di costruire un impianto a digestione anaerobica, sempre nella stessa frazione, di 600 kw che in un anno dovrebbe bruciare 12.000 tonnellate di letame di coniglio, 4.000 tonnellate di pollina, 1.500 di scarti di macellazione, 2.000 di frutta, 1.500 di silomais e 400 di sansa di olive, per un totale annuo di 21.400 tonnellate di materiale, 60 tonnellate al giorno trasportate da almeno 4 autotreni che passano pieni e 4 che ripassano vuoti. Secondo il progetto presentato in provincia il 27 marzo dello scorso anno il digestore dovrebbe avere un diametro di 26 metri e la torcia, che entrerebbe in funzione in caso di malfunzionamento bruciando il gas, alta 10 metri. Il tutto per produrre e vendere energia elettrica. Alcuni mesi dopo, e appena si è avuta notizia del “nuovo” progetto, si è costituito un Comitato per la salvaguardia del territorio che si batte contro la realizzazione della centrale a causa dell’aumento del traffico pesante, dovuto al conferimento dei materiali per l’alimentazione della centrale, l’emissione di gas maleodoranti in talune condizioni e lo sversamento enorme di liquami in fogne non adeguate, la svalutazione immobiliare, ma soprattutto l’aumento dell’inquinamento da Co2, e la ricaduta delle diossine prodotte dall’impianto che può arrivare oltre il chilometro anche in assenza totale di vento. Il Comitato ha organizzato alcune affollate assemblee per contestare tale progetto e raccolto oltre 3 mila firme valutazione impatto e promozione sostenibilità ambientale, che ha impiegato ben 9 pagine solo per giustificare le ragioni del diniego, non alla centrale, ma alla richiesta dello screening ambientale. La SuvEnergy è una società con sede a Livorno fondata dal Gruppo Trusendi srl, società di costruttori edili che dagli anni ’90 ha deciso di speculare nel settore delle energie rinnovabili inglobando Progetto Energia srl, società proprietaria di centrali biogas a Terzigno ed Ercolano (Napoli), Elettrogas srl, che gestisce gli impianti di produzione di energia elettrica da biogas situati a Castelvolturno (Caserta) e Montecorvino Pugliano (Salerno) e la P.A.T. Watt srl, società barese che lavora nel trattamento di rifiuti civili e industriali. Tra il 2012 e il 2013 SuvEnergy e Trusendi hanno tentato di costruire a Suvereto in Val di Cornia (Livorno) una centrale a biomasse con una potenza di 17 MW che si sarebbe dovuta alimentare con gli scarti di campi di mais creati ad hoc con la riconversione di molti terreni agricoli, ma ci fu una dura opposizione popolare che costrinse la provincia a negare l’autorizzazione. Ed è quello che devono fare anche gli abitanti di Forlimpopoli e delle zone limitrofe, cioè organizzare non solo raccolte firme e assemblee, ma anche manifestazioni, cortei e quant’altro sia necessario per convincere comune, provincia e regione ad impedire la costruzione dell’ennesimo mostro inquinante. cronache locali / il bolscevico 13 N. 10 - 12 marzo 2015 Il PD mette in soffitta l’incandidabilità del sindaco di salerno Il plurinquisito De Luca vince le primarie PD Il boss di Salerno: “Sono l’azionista di riferimento di Renzi” il vicepresidente della commissione antimafia: “forti rischi di infiltrazioni nelle votazioni” Redazione di Napoli È successo di tutto alle disastrate primarie del PD in Campania per scegliere il candidato per il “centro-sinistra” da contrapporre a quello di “centro-destra”, Stefano Caldoro. Settimane infuocate dovute a trame, denunciate infiltrazioni nel voto, inganni, che si aggiungevano ai gravi fatti di Ercolano di alcune settimane prima condito da un disgustoso livore senza pari tra i candidati. Hanno partecipato al voto circa 150mila campani su cinque milioni della popolazione totale. Il nuovo Berlusconi Renzi ha partecipato attivamente nelle scelte dei candidati, cominciando dal tirare fuori il rinnegato del comunismo Gennaro Migliore, ex responsabile giovanile del PRC, poi vendoliano in Sel e oggi deputato PD. Un opportunista di destra, Migliore, che Renzi ha voluto premiare con un incontro nel quale lo ha letteralmente costretto a tirarsi fuori dalla competizione per non bruciarsi subito in cambio del sostegno del PD nazionale per candidarsi a sindaco nelle elezioni amministrative del 2016. Successivamente si autoescludeva anche il coordinatore regionale dell’Italia dei Valori, Nello Di Nardo, che denunciava apertamente il rischio infiltrazioni, riprendendo le parole del vicepresidente della commissione antimafia, Claudio Fava, che aveva gettato ombre sulla competizione elettorale PD in Campania: “le primarie in Campania rischiano di riproporre una pagina opaca per tutta la politica italiana”, aveva ribadito Fava. Al punto che il rischio paventato di un annullamento delle primarie cominciava a montare proprio per questi sospetti ma soprattutto per la situazione dell’altro candidato, l’ex neopodestà di Salerno condannato e plurinquisito Vincenzo De Luca e la sua posizione di non potersi candidare per la competizione. Altro problema risolto all’acqua di rose dal PD nazionale, in particolare dal vicesegretario ex DC Lorenzo Guerini e dal braccio destro di Renzi e sottosegretario Luca Lotti, con la motivazione che lo statuto dei neoliberali era stato stilato prima della legge Severino e, dunque, non sorgevano problemi di incandidabilità per De Luca. Situazione ulteriormente incancrenita dalla presentazione alle primarie del bassoliniano di ferro Andrea Cozzolino, sia perché alle primarie PD del 2011 per scegliere chi candidare come sindaco di Napoli, vi fu un annullamento tout court per infiltrazioni pesantissime che aveva compromesso il voto; sia perché qualche giorno prima delle votazioni Cozzolino si faceva fotografare con due giovani dirigenti vicini a Nicola Cosentino, attualmente in carcere per concorso esterno in associazione mafiosa. Una foto rimbalzata sui quotidiani nazionali e che sembrava risultare un chiaro invito ai transfughi fedeli a Cosentino di dare fiducia al candidato delfino del Bossi del Sud Bassolino per poi promettere qualche poltrona a palazzo S.Lucia in caso di elezione a governatore. Una foto che veniva duramente attaccata dall’europarlamentare PD Massimo Paolucci, vicino anch’egli all’ex neopodestà di Napoli, che vedeva in quella immagine l’emblema di un serio rischio infiltrazioni che era latente da diverse settimane. Diatribe che venivano accese prima da Civati, della minoranza PD, che buttava benzina sul fuoco ponendo seri dubbi sui candidati e sulla loro presunta “popolarità” in Campania: “Renzi non è ambizioso, il vento del cambiamento non ha trovato neanche la rappresentazione di una candidatura unitaria: De Luca e Cozzolino facevano già parte del paesaggio”. E poi dal deputato PD Guglielmo Vaccaro, che aveva paventato una possibile candidatura, e che invece propendeva in ultimo persino per Caldoro dichiarandosi di autosospendersi dal PD: “Tra me e il segretario Renzi c’è una totale identità di vedute. Ambedue sappiamo che per la democraticità e l’integrità delle casse pubbliche Caldoro è meglio di De Luca e Cozzolino. Ma lui non lo può dire, mentre io che ho qualche responsabilità in meno posso dire anche le verità più scomode”. In questo caos totale che spaesava la base del PD campano, a chiudere il cerchio e a rinfoltire le polemiche sul voto interveniva il giornalista anticamorra Roberto Saviano che invitava gli iscritti del PD a non andare a votare perché i candidati “rappresentano la vecchia politica, clientele e vent’anni di sperperi”. In un clima pesantissimo, dunque, si svolgevano le primarie domenica 1 marzo con la sfida tra i bassoliniani, rappresentato da Andrea Cozzolino, e Vincenzo De Luca, con il terzo incomodo rappresentato dal socialista e deputato PD, Marco Di Lello. Le prime denunce erano quelle di infiltrazioni di altri schieramenti, per lo più di iscritti della casa del fascio, che intervenivano influenzando il voto - come dimostrato da alcune interviste fatte da alcuni freelance - che confermavano le denunce di Cofferati sulla presenza dei fascisti ai seggi in Liguria. L’atteggiamento tronfio e borioso del vincitore, ossia l’ex podestà decaduto di Salerno, sia prima che dopo le votazioni, dava già una idea di chi potesse essere il vincitore della competizione: “Sono il principale elettore in Campania e l’azionista di riferimento di Renzi”; e con una sfrontatezza e una arroganza senza pari, sicuro del fatto suo: “io mi sono mosso nell’ambito delle regole dello statuto del partito”. Una volta eletto nella mattinata del 2 marzo dopo lo spoglio dei voti, con un plebiscito nel suo conclave di riferimento, ossia Salerno, De Luca attaccava Saviano affermando di aver sbagliato a dire agli iscritti di “non andare a votare: è stato un errore”. Non retrocedeva il giornalista che rispondeva: “sia De Luca che Cozzolino rappresentano il passato, la gestione della Campania con NARDELLA continua ad ESPROPRIAre FIRENZE A FAVORE DEI PRIVATI Redazione di Firenze Ancora una volta i luoghi pubblici di Firenze affittati dall’amministrazione comunale ai privati. Dopo gli Uffizzi e Ponte Vecchio, è di nuovo la volta di Palazzo Vecchio, già concesso alla Montblanc nel luglio 2014 per 36 mila euro e ora concesso per 140 mila euro, il 22 e il 23 aprile prossimi alla Luxury Conference organizzata da Condé Nast. L’occasione è un convegno-evento sull’evoluzione dell’idea di lusso che vedrà la presenza di 500 top-manager che per parteciparvi pagheranno la bellezza di 3.000 dollari a testa (2.600 euro circa). Il neopodestà Nardella continua la strada intrapresa dal suo amico fidato e mentore Renzi e si è difeso dalle critiche appellandosi al fatto che il ricavato dei 140 mila euro saranno destinati al recupero di un’opera d’arte e alla sistemazione di aree gioco. Il capogruppo di Sel Tommaso Grassi ha contestato l’affitto spiegando che quanto affermato da Nardella non è nei fatti possibile in quanto le opere annunciate non possono essere finanziate da fondi ordinari, che nel bilancio finiscono nella voce “parte corrente”. La vera destinazione dell’entrata per l’affitto di Palazzo Vecchio serve probabilmente in realtà a coprire i buchi di bilancio. Grassi ha anche contestato l’enorme differenza tra quanto “guadagna” il comune rispetto all’incasso del privato che si aggira intorno ai 1,5 milioni circa. Noi marxisti-leninisti condividiamo la denuncia, ma è limitativo contestare solo l’entità delle entrate. Non si può avallare il principio di fare più cassa comunale garantendo guadagni ai privati. Ancora una volta affermiamo che occorre battersi contro l’espropriazione della città, la sua svendita e privatizzazione. Bisogna abbandonare il circolo vizioso di miliardari e privatizzatori per una città vetrina, mentre molte delle periferie fiorentine sono abbandonate e nel pieno degrado. Occorre battersi perché Firenze sia governata dal popolo e al servizio del popolo e opporsi a Nardella e alla sua giunta che utilizzano la città per gli interessi propri di borghesi e per quelli dei grandi capitalisti. gli errori madornali, le ecoballe, la speculazione. Sono gli stessi protagonisti degli ultimi 20 anni e siccome ultimi 20 sono stati colmi di contraddizioni, sperperi e mala gestione, tutto questo secondo me, le primarie dovevano evitarlo e invece lo hanno riproposto”. Le primarie del PD in Campania non solo dimostrano che esse sono espressione degli squallidi giochi e scontri di potere tra le diverse correnti interne neoliberali, che, con la salita al potere di Renzi, si sono infittite al punto da spezzare ogni legame persino con il PCI revisionista di Berlinguer autoproclamatosi allora il “partito dalle mani pulite” (in contrapposizione alla DC e al PSI di Craxi). Di fatto il PD si è irreversibilmente trasformato in un partito di punta del regime neofascista organizzato e strutturato a immagine e somiglianza della vecchia DC e della berlusconiana Forza Italia, dove a spadroneggiare con metodi mafiosi sono i capobastone delle diverse cosche correntizie con il “capo dei capi” Renzi. L’unica, vera alternativa di classe a questo marcio sistema capitalista corrotto fino al midollo è il PMLI. Quello che occorre è distruggere questo sistema economico, lo Stato borghese, le sue istituzioni nazionali e locali in camicia nera e spodestare la classe dominante borghese, abolire lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, le classi, le disuguaglianze sociali e di sesso, le disparità territoriali e tra città e campagna e dare tutto il potere al proletariato. Cominciando a dare fiducia al PMLI, il Partito del socialismo. Comunicato dell’Organizzazione isolana del PMLI Un’altra morte annunciata dalle politiche scellerate e clientelari a Ischia I marxisti-leninisti dell’isola d’Ischia esprimono il loro più profondo e sincero cordoglio per la morte prematura e improvvisa di Peppe Iallonardo, nella frana di Olmitello a Barano d’Ischia e sono vicini al dolore dei suoi familiari. L’Organizzazione isola d’Ischia del PMLI denuncia che ancora una volta si tratta di una tragedia annunciata, come annunciate sono state le altre che la storia dell’isola ricorda: dei turisti sempre ai Maronti, della famiglia dell’Arenella, della ragazza nella lava di Casamicciola, del ragazzo scomparso a Sant’Angelo. I marxisti-leninisti ritengono che ad Ischia “il degrado dell’ambiente è uno degli aspetti più eloquenti di un atteggiamento di tracotanza che investe la gestione politica” con una vergognosa amministrazione borghese e capitalista che ha sempre speculato sui problemi della masse, alle quali continua ad offrire “soluzioni permissive e frutto di compromessi”. Secondo i marxisti-leninisti è necessario spezzare la spirale innescata dalle politiche scellerate di quei politicanti borghesi che per decenni, hanno ignorato le condizioni del territorio per anteporre gli interessi clientelari ed elettorali. Le inadempienze, l’irresponsabile gestione di un intero territorio, l’avida sete di potere e di profitto capitalistico, il facile arricchimento sorretto da una insopportabile “giustizia” borghese, costituiscono la struttura portante di un sistema politico e sociale fallito, che continua a fingere di non vedere situazioni anomale, assurde, sparse in tutta l’isola, dove manufatti d’ogni tipo, esercizi alberghieri, di ristorazione, abitazioni private prevalentemente di tipo speculativo, spiccano nei luoghi più pericolosi, privi di ogni tutela, sotto gli occhi di tutti e con l’avallo di chi dovrebbe impedire tanti scempi. Oggi, a tragedia avvenuta, e a testimonianza di una scontata ipocrisia, gli stessi politici piangono, esprimono cordoglio, quegli stessi che dovrebbero invece, essere chiamati a pagare personalmente, per il grave dissesto di cui sono i primi responsabili, colpevoli di aver permesso che si realizzasse, proprio in una zona impervia e di precaria stabilità, come la cava di Olmitello e tante altre dell’isola, un locale pubblico, puntualmente inserito in un’area interdetta, ma forse solo nel rispetto di una formalità che il più delle volte, poi, si rivela tragicamente fatale. Il PMLI, mentre condanna con forza tutto questo che genera disastri e lutti, chiama alla lotta per l’Italia unita, rossa e socialista e sollecita un vero censimento di situazioni analoghe a quelle in cui hanno perso la vita Peppe Iallonardo e tutte le altre vittime di questo sistema, per adottare i più opportuni provvedimenti, prima che la cronaca registri nuovi eventi luttuosi. Organizzazione isola d’Ischia del PMLI Ischia, 26 febbraio 2015 Il comunicato è apparso integralmente su “Il Dispari”, quotidiano ischitano abbinato a “Il Mattino”. Limbiate (Milano) Scippati i fondi necessari per la realizzazione della metrotramvia I SOLDI VERRANNO DIROTTATI A EXPO 2015 Dal nostro corrispondente della Lombardia Il commissario unico per Expo 2015, Giuseppe Sala, ha recentemente dichiarato che sono “assolutamente necessari” sessanta milioni di euro per l’esposizione internazionale. Le obbedienti istituzioni locali borghesi avrebbero quindi deciso che una delle fonti da cui attingere fondi sarebbe la cancellazione della già progettata metrotramvia che avrebbe dovuto collegare Milano a Limbiate, un’opera indispensabile per lavoratori e studenti e che verrebbe ora cancellata o rinviata “sine die” in quanto non necessaria a Expo, finendo quindi nel fondo revoche opere al fine di recuperare i soldi necessari. Il ministero delle infrastrutture e dei trasporti guidato da Maurizio Lupi (NCD) cerca di “far cassa” a spese delle masse lavoratrici e popolari milanesi e lombarde, che già soffrono ancora per l’inaugurazione del nuovo capolinea “Comasina” della linea 3 della metropolitana costato cento milioni di euro. Oltretutto la provincia di Monza e il comune di Varedo (Monza Brianza), che avrebbero dovuto sborsare due milioni di euro per la realizzazione della tramvia, se ne sono guardati bene dal difendere il progetto, preferendo i diktat dell’Expo. Anche la giunta regionale lombarda, guidata dal caporione nazileghista Roberto Maroni ha fatto capire di non avere alcuna intenzione di sborsare i soldi necessari alla realizzazione della metrotramvia e l’assessore “metropolitano” alle infrastutture della giunta milanese “arancione” guidata dal neopodestà Giuliano Pisapia, Franco De Angelis, gioca ipocritamente a scaricabarile dicendo che “Sono scelte romane”. Il PMLI chiede, oltre alla cancellazione dell’esposizione internazionale, che sta deturpando l’ambiente di molti comuni limitrofi a Milano con opere inutili come la “Brebemi” o la “Tem”, l’immediato ripristino del progetto di realizzo della metrotramvia Milano-Limbiate, necessaria per collegare zone periferiche con la città, stornando i fondi ora dedicati ad un evento inutile e speculativo qual è Expo. 4 Contro il Jobs Act e la legge di stabilità e per la difesa dell'art.18 il bolscevico / studenti P Stampato in proprio V R E E R E N. 45 - 19 dicembre 2014 C NI o o n n r r e e v v o o gg nii n l o l o i c i c s s u a ivvia Beerrllu ano B o i l o t l e s e i m d r m d c a a i o i z m z e z i z d a z a p n p SS e R Sede centrale: Via Antonio del Pollaiolo, 172a - 50142 FIRENZE Tel. e fax 055.5123164 e-mail: [email protected] PARTITO MARXISTA-LENINISTA ITALIANO www.pmli.it esteri / il bolscevico 15 N. 10 - 12 marzo 2015 Centomila in piazza a Mosca contro l’assassinio dell’oppositore di Putin Cartelli: “Non abbiamo paura”, e contro la guerra in Ucraina. 50 arrestati Si sono svolti il 3 marzo a Mosca i funerali di Boris Nemstov, il leader liberale dell’opposizione a Vladimir Putin, ucciso a colpi di pistola la notte del 27 febbraio sul ponte che porta alla Piazza Rossa, in uno dei luoghi più sorvegliati del paese. Migliaia di persone hanno reso omaggio alla salma esposta nella camera ardente allestita nel centro Sakharov; assenti sia il presidente Putin che il premier Dimitri Medvedev. Erano almeno centomila i manifestanti che l’1 marzo erano sfilati per le strade della capitale e fin sotto le mura del Cremlino alla marcia funebre in ricordo di Nemtsov, l’ennesimo oppositore ucciso come la giornalista Anna Politkovskaya che aveva denunciato tra l’altro l’intevento militare del Cremlino contro gli indipendentisti ceceni, sotto lo slogan “io non ho paura”. Molti manifestanti portavano un cartello nero appeso alla schiena con quattro fori di proiettili disegnati, a ricordo di come l’oppositore era stato ucciso. L’amministrazione cittadina aveva autorizzato la marcia, controllata a vista da uno schieramento di polizia che comunue arrestava oltre 50 dimostranti con l’accusa di disturbo dell’ordine pubblico. Vicepremier ai tempi della presidenza Eltsin, Boris Nemtsov da tempo era un politico di seconda fila ma restava comunque un riferimento per l’opposizione del Cremlino, con libri e documenti denunciava gli scandali del vertice russo e stava raccogliendo materiale sulla presenza militare russa in Ucraina per denunciare le responsabilità di Mosca nel conflitto, non ultimo l’invio di mercenari, volontari e soldati in aiuto al Donbass separatista. Conosceva bene la situazione ucraina, aveva partecipato alla cosiddetta “rivoluzione arancione” a Kiev nel 2004 ed è stato definito dal reaziona- rio premier ucraino Yatseniuk un “grande amico”. Negli scorsi anni era stato fra gli organizzatori delle proteste di piazza contro il ritorno di Putin al Cremlino tra il 2011 e il 2012 ed era tra gli organizzatori della marcia di protesta antigovernativa già indetta per l’1 marzo contro le ingerenze del Cremlino in Ucraina. L’opposizione a Putin aveva chiamato “Primavera” la marcia che voleva dare il via a una nuova ondata di proteste contro il governo centrale sia per la situazione di crisi che pesa sulle masse popolari che in merito alla questione ucraina, facendo leva sul malcontento popolare che cresce nel paese per i disagi economici provocati dal calo del prezzo del petrolio e dalle sanzioni imposte alla Russia dalla comunità internazionale. E alla marcia hanno chiaramente denunciato che quello di Nemtsov è un “omicidio politico”. Mosca, 2 marzo 2015. Centomila in piazza contro Putin e l’assassinio di Boris Nemtsov Tsipras sommerso dalle critiche della piazza e Firmiamo l’appello della sinistra di Syriza contro TTIP e CETA Sosteniamo STOP TTIP I sostenitori del primo ministro Alexis Tsipras sostengono che il suo governo è riuscito a raggiungere nella trattativa con l’Eurogruppo a Bruxelles un non scontato equilibrio tra le richieste dei creditori internazionali e il suo piano anti-austerity, dovendo retrocedere momentaneamente dai suoi propositi di buttare all’aria il memorandum capestro per il popolo greco sottoscritto dai suoi predecessori e accettando parte del programma precedente pur impegnandosi a affrontare quella che ha definito una “crisi umanitaria”. Un compromesso per nulla accettato dalla sinistra del suo stesso partito, Syriza, e che ha registrato le prime proteste di piazza. La prima si è svolta il 26 febbraio a Atene, nel momento in cui il Bundestag tedesco votava il via libera alla proroga di quattro mesi agli aiuti alla Grecia, promossa dall’organizzazione Antarsya (Cooperazione di sinistra anticapitalista) e appoggiata da gruppi anarchici che manifestavano contro “la nuova austerity” imposta da un esecutivo formato dalla coalizione tra Syriza e la formazione di destra di Anel che si definisce di sinistra o anti-memorandum. La manifestazione terminava con barricate e scontri con la polizia. Il 27 febbraio si svolgeva un’altra manifestazione contro l’accordo di Bruxelles organizzata dal partito revisionista Kke in Piazza Sintagma a Atene, di fronte al Parlamento. Il segretario del Kke annunciava di aver presentato un progetto di legge per “l’annullamento del memorandum” e accusava Tsipras di essersi piegato ai creditori internazionali “dimenticando in tempo record le promesse elettorali”. Chiedeva il ritiro immediato del Memorandum e delle leggi consequenziali e la rottura con l’Unione europea. Il nuovo accordo, firmato dal governo, denunciavano dal palco è un’estensione sostanziale e formale del memorandum e degli impegni presi, la continuazione di politiche impopolari dei precedenti governi guidati dalla destra di Nuova democrazia o dai socialisti del Pasok. Un accordo che comprende tutte le misure negative per i lavoratori e che, invece, aiutano il recupero di redditività capitalistica. Tutto quello contro cui ha lottato negli anni precedenti il popolo greco. Gli echi della protesta si erano fatti sentire anche alla riunione del gruppo parlamentare di Syriza del 26 febbraio, durata dieci ore e conclusasi con alcune decine di deputati sui 149 presenti che bocciavano l’accordo di Bruxelles. Una bocciatura espressa anche in un documento del responsabile della politica economica di Syriza e di altri due dirigenti del partito che criticano duramente l’operato del ministro delle finan- ze Yanis Varoufakis. L’accordo di Bruxelles, denunciava il documento, si riferisce ai “controlli da parte dei creditori internazionali e non ad uno scambio di valutazioni sull’ andamento dell’economia greca (…) accetta gli aiuti economici del precedente accordo, non fa riferimento alla ristrutturazione del debito pubblico ma parla di un programma di sostenibilità” e tutto sommato “poco ricorda ciò che Syriza prometteva prima del voto del 25 gennaio” che l’ha portata alla guida del governo di Atene. Quanto siano fallaci le promesse elettorali lo aveva confermato il 24 febbraio il ministro dell’Energia Panagiotis Lafazanis che annunciava lo stop alla privatizzazione della compagnia elettrica. L’offerta per Admie, l’operatore della rete elettrica, “non andrà avanti”, spiegava Lafazanis, “perché non sono state presentate offerte vincolati, quindi non sarà completata. Lo stesso vale per Ppc”, la società pubblica dell’elettricità. Come dire che la privatizzazione non si è fermata come promesso in campagna elettorale ma si è fermata solo perché non sono arrivate proposte valutate positivamente dal governo. Una posizione confermata dal ministro Varoufakis che assicurava: “non svenderemo i gioielli di famiglia”. Che sono comunque in vendita sul mercato per passare ai capitalisti privati. Viva l ’ PRO 8 M LET arzo! ARIE 2 il bolscevico / documento dell’UP del PMLI N. 3 - 22 gennaio 2015 IMPUGNATE LA BANDIERA DELL’EMANCIPAZIONE FEMMINILE DELL’ANTIMPERIALISMO E DEL SOCIALISMO Sede centrale: Via Antonio del Pollaiolo, 172a - 50142 FIRENZE Tel. e fax 055.5123164 e-mail: [email protected] www.pmli.it Stampato in proprio PARTITO MARXISTA-LENINISTA ITALIANO