Servizio Fitosanitario Regionale Nematodi a cisti della patata Globodera pallida e Globodera rostochiensis I nematodi cisticoli fanno parte del genere Globodera ed attaccano principalmente le solanacee coltivate come patata, pomodoro, melanzana e tabacco ma anche altre piante spontanee del genere Solanum e dei generi Antirrhinum, Atropa, Datura, ecc. I nematodi cisticoli, Globodera rostochiensis e Globodera pallida, sono fra i principali parassiti della patata nelle regioni temperate e fredde, mentre Globodera tabacum tabacum attacca esclusivamente le coltivazioni di tabacco Globodera rostochiensis, ospite di tuberi di patata e del terreno aderenti ad essi, si è diffusa dal Sud-America in tutto il mondo ed in Europa è presente dalla metà del XIX secolo; si è diffusa soprattutto nella zona sud-orientale, potendo tollerare temperature fino a 25°C. Globodera pallida, originaria anch’essa del Sud-America ed in particolare del Perù, fu identificata per la prima volta nel 1973 in Scozia. E’ maggiormente diffusa nell’area nord-centro-occidentale dell’Europa, in quanto si adatta meglio a temperature comprese tra 10-17°C; è generalmente meno comune di Globodera rostochiensis ed è assente in alcuni Paesi. In Italia le due specie sono particolarmente diffuse nelle aree di maggiore coltivazione delle solanacee (Abruzzo, Campania, Sicila, Puglia, Emilia Romagna), dove provocano notevoli riduzioni di produzione e difficoltà nella coltivazione di patate da seme. Nel Lazio le due specie sono state ritrovate di recente (2010), ma non è dato da sapere a quando risale l’epoca della loro introduzione. Significativo è il fatto che la presenza dei nematodi cisticoli è stata determinata su campioni di terreno prelevati casualmente in appezzamenti coltivati a patata, ma che in nessun caso, nella regione, sono stati rinvenuti sintomi di presenza ne, tantomeno, danni e cali di produzione. Globodera tabacum tabacum è particolarmente diffusa negli USA ed è stato ritrovata anche su coltivazioni di tabacco in Bulgaria ed Argentina; in Italia è stata rinvenuta in Campania su coltivazioni di tabacco in pieno campo e la sua introduzione nel nostro Paese sembra essere correlata con l’importazione di partite contaminate di semi di tabacco dagli Stati dell’Est del Nord America. BIOLOGIA Le specie presentano un accentuato dimorfismo tra il maschio adulto (vermiforme e libero nel terreno) e la femmina (di forma globosa e sedentaria). La peculiare caratteristica di questo genere è proprio il corpo della femmina che, a maturità, si trasforma in una “cisti”, ossia in una sorta di involucro con cuticola ispessita contenente uova e larve (in media 500 per cisti). Le larve che escono dall’uovo sono vermiformi e, attratte dagli essudati radicali, raggiungono il terreno attraverso una qualsiasi apertura della cisti e attaccano le radici, provocando importanti sconvolgimenti della struttura interna delle piante ospiti. Cisti di Globodera rostochiensis libera uova all’esterno (foto invasive.org) A maturità il corpo della femmina si immobilizza, diviene globiforme e imbrunisce; prima di imbrunire le cisti di Globodera rostochiensis assumono un colore giallo oro (da cui il nome “Nematode dorato della patata”), mentre quelle di Globodera pallida conservano a lungo un colore bianco. Il corpo del maschio rimane vermiforme. Il ciclo biologico si compie in 4-6 settimane ed anche in assenza di solanacee ospiti le cisti sopravvivono e quindi rimangono infettive per parecchi anni. Compiono 1-2 generazioni annue e la temperatura ottimale di adattamento è compresa tra i 18 e i 22°C. Cisti di Globedera pallida su radici di patata (foto invasive.org) Cisti di Globedera rostochiensis su radici di patata (foto invasive.org) Globodera pallida e Globodera rostochiensis si comportano da endoparassiti sedentari degli organi ipogei, cioè penetrano all’interno dei tessuti vegetali delle radici e permangono stabilmente nella pianta ospite; persistono nel terreno per 5-6 anni. Le cisti di Globodera pallida e Globodera rostochiensis si diffondono per mezzo del terreno presente sui tuberi di patata o attraverso materiale di riproduzione (piante da vivaio, bulbi) coltivato nel terreno infestato. Altro veicolo di diffusione sono i macchinari e le attrezzature che hanno lavorato in terreno infestato e non sono state adeguatamente pulite. SINTOMI e DANNI Tuberi di patata infestati da nematodi a cisti (foto invasive.org) La pianta a destra evidenzia i danni causati dall’infestazione dei nematodi a cisti (foto invasive.org) Un’infestazione dei nematodi a cisti si manifesta solitamente con sintomi aspecifici: in un campo infestato si osservano delle aree in cui le piante presentano sviluppo stentato, foglie piccole ed ingiallite che possono appassire nelle ore più calde della giornata, apparato radicale ridotto e, nel caso delle patate, tuberi di piccole dimensioni. Questa sintomatologia è l’effetto di un anormale funzionamento delle cellule dell’apparato radicale causato da gravi alterazioni interne. Coltivazione di patata infestata da nematodi a cisti (foto invasive.org) Il riconoscimento dell’infestazione può essere effettuato estirpando piante sofferenti durante la fase di fioritura e verificando la presenza sulle radici di cisti giallo oro (Globodera rostochiensis) o di colore bianco (Globodera pallida). I nematodi provocano la perdita delle produzioni, la cui entità dipende dal numero di nematodi presenti nel terreno. Se il livello di popolazione è molto elevato si possono raggiungere perdite di raccolto fino all’80%; perdite così elevate si verificano in caso di monosuccessione ripetuta negli anni. In Italia, da prove effettuate su piccole parcelle, la presenza si può tollerare fino a circa 2 uova/larve per grammo di terra. PREVENZIONE e CONTROLLO L’arma più efficace per combattere tale fitofago è la prevenzione, anche se talvolta è necessario adottare interventi di lotta mirati a mantenere il livello di infestazione al di sotto della soglia di danno economico. Per prevenire attacchi alle colture di patata e alle solanacee in genere, è opportuno eseguire l’analisi nematologica del terreno prima dell’impianto e utilizzare sementi esenti da residui terrosi e certificate secondo la normativa vigente. Prima della semina, infatti, i tuberi-seme vanno lavati o spazzolati al fine di eliminare completamente i residui terrosi, potenziali portatori di cisti. Per combattere adeguatamente i nematodi a cisti è indispensabile conoscere: • la specie di nematode presente, patotipo o razza; • la carica della popolazione del nematode presente nel terreno; • la biologia, la dinamica e la gamma degli ospiti; • la relazione tra carica nel terreno e la produzione delle piante ospiti; • la disponibilità di cultivar resistenti; • l’ economicità dei diversi mezzi di lotta. La lotta può essere attuata con: a) corrette pratiche agronomiche; b) utilizzo di nematocidi; c) solarizzazione; d) impiego di varietà resistenti. a) Il principale metodo di lotta agronomica consiste nella sospensione della coltivazione delle solanacee per lunghi periodi (rotazioni lunghe di almeno 7 anni) con la sostituzione di piante non ospiti (leguminose, crucifere, liliace). b) L’estrema resistenza della cuticola delle cisti rende difficile l’intervento con mezzi chimici, in quanto impedisce la facile penetrazione dei nematocidi specifici. Inoltre, l’utilizzo di prodotti ad azione fumigante e sistemica sul terreno prima della semina, oltre ad avere un forte impatto ambientale ed a rilevarsi particolarmente costoso, non riesce ad eradicare completamente la popolazione, ma solo a ridurne il numero, con successiva rapida infestazione. c) L’incremento di temperatura del terreno di 10-15°C (solarizzazione) può essere letale per i nematodi a cisti, soprattutto per quelli liberi nel terreno; il periodo ideale per effettuare la solarizzazione è durante la stagione estiva con maggiore efficacia nelle zone più calde. d) L’impiego di varietà resistenti può contenere significativamente la popolazione del nematode anche se, in presenza di popolazioni miste, composte cioè dalle due specie (Globodera pallida e Globodera rostochiensis) o più patotipi del nematode, questa tecnica di lotta può causare fenomeni di selezione che portano alla prevalenza di specie o patotipi per i quali la pianta non è resistente e quindi aggravare la situazione.