MARZO 2015 LA PRESENZA DEL LUPO IN LIGURIA : APPROCCIO INTEGRATO PER LA GESTIONE DEI CONFLITTI Edoardo Velli Regione Liguria Parco Naturale Regionale dell’Antola Dipartimento di Scienze dell’Ambiente e della Terra (D.S.T.A.), Università di Pavia Laboratorio di Genetica, Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (I.S.P.R.A.) Co-Finanziato con Fondi POR 2007-2013 nell’ambito del progetto “Il Lupo in Liguria” 1 Regione Liguria Parco Naturale Regionale dell’Antola Dipartimento di Scienze della Terra e dell’Ambiente – Università degli Studi di Pavia Laboratorio di Genetica - Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale LA PRESENZA DEL LUPO IN LIGURIA : APPROCCIO INTEGRATO PER LA GESTIONE DEI CONFLITTI Olio su tela di Emilia Salvini MARZO 2015 2 A CURA DI ALBERTO MERIGGI1 PIETRO MILANESI2 LAURA SCHENONE2 DÉSIRÉE SIGNORELLI2 MATTEO SERAFINI2 ELISA TORRETTA1 FELICE PUOPOLO2 ROMOLO CANIGLIA3 ELENA FABBRI 3 ETTORE RANDI 3 1 DIPARTIMENTO DI SCIENZE DELLA TERRA E DELL’AMBIENTE (DI.S.T.A.) UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PAVIA 2 PARCO NATURALE REGIONALE DELL’ANTOLA 3 LABORATORIO DI GENETICA ISTITUTO SUPERIORE PER LA PROTEZIONE E LA RICERCA AMBIENTALE (I.S.P.R.A.) 3 INDICE PREMESSA 5 PARTE I – DISTRIBUZIONE ECONSISTENZA DELLA POPOLAZIONE 6 PARTE II – SVILUPPO DI MODELLI PREDITTIVI DELLA PRESENZA DEL LUPO 38 PARTE III – LUPO E ZOOTECNIA 54 PARTE IV – SPERIMENTAZIONE DI METODI PREVENTIVI ANTI-PREDATORI 88 PARTE V – INFORMAZIONE E COMUNICAZIONE 117 DISCUSSIONE E CONCLUSIONI 124 OPERE CITATE 133 APPENDICE 142 4 PREMESSA Il presente report riguarda i risultati della settima fase del monitoraggio del progetto regionale “Il Lupo in Liguria”. I dati recenti, raccolti nel periodo luglio 2013–dicembre 2014 nell’intero territorio regionale, hanno permesso di ottenere nuove informazioni su diversi aspetti relativi all’ecologia del lupo, nonché sulla dinamica di popolazione. Il comportamento estremamente elusivo del predatore, la bassa densità della sua popolazione e la capacità dei singoli animali di compiere lunghi spostamenti in tempi molto brevi, rendono la sua osservazione diretta ed il suo studio in natura estremamente complesso. Al fine di ottenere risultati attendibili e confrontabili con quelli raccolti durante le precedenti fasi del progetto e per individuare eventuali zone di recente o recentissima espansione dell’areale, lo schema di campionamento adottato nelle precedenti fasi del progetto non è stato modificato. Inoltre, come per gli anni precedenti, è stata data particolare attenzione al reperimento di campioni biologici freschi, utili per le analisi genetiche; queste hanno permesso di discriminare i campioni appartenenti a lupi e cani, di determinare i singoli individui, i loro spostamenti, la consistenza numerica della popolazione. In sintesi, questo rapporto contiene le seguenti informazioni sulla popolazione di lupo presente in Liguria: 1) Distribuzione attuale e consistenza della popolazione; 2) Sviluppo e verifica dell’efficacia di modelli predittivi della presenza della specie; 3) Rapporto lupo-zootecnia e verifica del rischio di predazione a carico del bestiame; 4) Sperimentazione di metodi preventivi anti-predatori; 5) Attività di divulgazione. 5 PARTE I DISTRIBUZIONE E CONSISTENZA DELLA POPOLAZIONE foto di D. Signorelli 6 METODI DISEGNO DI CAMPIONAMENTO Anche nell’ultimo periodo di campionamento è stato utilizzato lo stesso schema di monitoraggio, usato negli anni precedenti; il disegno di campionamento ha seguito il metodo Tessellation Stratified Sampling (TSS; Barabesi e Franceschi, 2011). Questo metodo permette una migliore distribuzione dei campioni casuali e, di conseguenza, una loro maggiore rappresentatività anche con numerosità ridotte (Barabesi e Fattorini, 2013). La regione è stata suddivisa in 60 celle di 100 km2 (unità di campionamento, UC), con una griglia a maglie spaziate di 10 km di lato. In ogni cella della griglia è stato selezionato casualmente almeno un transetto, coincidente con uno dei sentieri presenti; è stata così individuata una rete di 64 percorsi rappresentativa delle principali esposizioni, fasce altitudinali, classi di pendenza e dei differenti ambienti presenti nel territorio della regione. I transetti selezionati hanno avuto una lunghezza variabile compresa tra 2 e 10 km, per una lunghezza totale di 289 km (Fig. 1.1). Fig. 1.1 Mappa della regione Liguria cui è stata sovrapposta la griglia a maglie spaziate di 10 km e lo schema dei transetti previsti dal monitoraggio 7 Il numero massimo di transetti è stato individuato per la provincia di Genova (N=20) e quello minimo per la provincia di La Spezia (N=10); in provincia di Genova i transetti hanno avuto la lunghezza media maggiore, mentre quella minima è risultata per la provincia di La Spezia (Tab. 1.1). Tab. 1.1 Statistiche descrittive della lunghezza dei transetti selezionati in ogni provincia della Liguria Provincia N° transetti Min. Max. Media DS Totale Genova 20 2854,36 10408,44 4860,26 1781,44 97205,30 Imperia 16 2258,37 8684,07 4266,94 1549,40 68271,01 La Spezia 10 3521,05 4809,03 4032,05 369,06 40320,51 Savona 18 2831,93 8975,90 4545,32 1811,20 81815,68 Regione 64 2258,37 10408,44 4493,95 1588,60 287612,49 L’altitudine dei transetti selezionati è risultata compresa tra un minimo di 150 m s.l.m. a Savona ed un massimo di 2050 m s.l.m. a Imperia. L’escursione altimetrica maggiore è stata registrata per la provincia di Imperia e quella minore per la provincia di La Spezia (Tab. 1.2). Tab. 1.2 Altitudine minima e massima (m s.l.m.) ed escursione altimetrica dei transetti selezionati in ogni provincia della Liguria Provincia Altitudine min. (m s.l.m.) Altitudine Max.(m s.l.m.) Escursione (m) Genova 350 1700 1350 Imperia 450 2050 1600 La Spezia 350 1400 1050 Savona 150 1250 1100 Regione 150 2050 1900 8 Nel periodo compreso tra giugno 2013 e dicembre 2014, ciascun transetto è stato percorso una volta per stagione. Per ogni transetto sono stati riportati su apposite schede tutti i segni di presenza del lupo. In particolare, per il lupo sono stati presi in considerazione avvistamenti diretti, impronte, resti di predazioni e feci (raccolte per le successive analisi del DNA e della dieta), mentre per le specie preda e per i competitori sono stati considerati avvistamenti diretti, vocalizzazioni, impronte, segni di alimentazione, siti di marcatura e feci. Per ogni segno di presenza sono stati rilevati posizione, altitudine e ambiente di ritrovamento. Per il lupo, oltre ai segni di presenza rinvenuti lungo i transetti, sono state raccolte e registrate anche le segnalazioni di terzi, verificate e ritenute attendibili. Oltre ai transetti, sono stati individuati 30 punti di marcatura per la raccolta di escrementi freschi da destinare alle analisi genetiche. Analogamente ai transetti, è Genova la provincia con il maggior numero di punti di marcatura (N=13), seguita da Imperia, Savona (entrambe con N=7) e La Spezia (N=3). ANALISI GENETICHE La raccolta delle feci di lupo è molto utile per lo svolgimento delle analisi genetiche non invasive. L’utilizzo delle tecniche non invasive viene, infatti, applicato allo studio di specie elusive, come i grandi carnivori (lupo, lince, orso), perché consente di studiare le specie senza catturarle e quindi senza creare danno o stress agli animali. Ogni genotipo può essere campionato più di una volta, il che equivale all’osservazione ripetuta dei singoli individui. Da questi dati è possibile ottenere una stima numerica della popolazione e informazioni di dinamica di popolazione, come l’identificazione e localizzazione dei nuclei familiari, stime di turnover e di dispersione degli individui, e verificare fenomeni d’ibridazione con cani. Il materiale genetico può essere estratto anche da peli, urina, sangue e campioni di tessuto ricavati dalle carcasse degli animali. Utilizzando metodi di genetica molecolare è possibile estrarre e analizzare il DNA delle cellule di sfaldamento dell’epitelio intestinale che sono contenute nelle feci. Attraverso l’uso di appropriati marcatori molecolari, le analisi di laboratorio consentono di ricostruire il profilo genetico unico per ogni individuo. I campioni raccolti devono essere mantenuti in etanolo al 95%, al fine di garantire una corretta disidratazione del materiale organico e interrompere i processi degradativi del materiale genetico; 9 inoltre la conservazione richiede temperature inferiori a – 20°C. Durante la fase di laboratorio il DNA, dopo essere stato isolato dal campione biologico, viene sottoposto a ripetute PCR (Polymerase Chain Reaction) allo scopo di ampliare regioni prescelte, che permettono quindi l’identificazione della specie, del sesso dell’animale e dei singoli individui (Fig. 1.2). In particolare, per identificare i genotipi individuali dei campioni di lupo sono stati utilizzati 6 loci microsatellite: CPH2, CPH8, FH2004, FH2088, FH2096, FH2137, mentre per identificare eventuali ibridi cane x lupo sono stati utilizzati altri sei loci microsatellite: FH2079, CPH4, CPH5, CPH12, C09.250, C20.253. La determinazione dei genotipi individuali avviene tramite un protocollo di controllo degli errori di tipizzazione che prevede da 4 ad 8 repliche di ogni analisi in ogni campione non-invasivo. Dalla combinazione degli alleli osservati a ogni locus per ogni campione si ottiene un genotipo multilocus. Se due o più campioni hanno lo stesso genotipo multilocus si assume che appartengano allo stesso individuo, con una probabilità di identità PIO (probabilità che due individui diversi abbiano per caso lo stesso genotipo multilocus) che può essere stimata mediante opportuni software. I loci utilizzati hanno un alto livello di polimorfismo e consentono di identificare i genotipi individuali con una probabilità d’identità minore di 0,001. Pertanto ogni individuo è caratterizzato in maniera univoca. Per determinare il sesso in campioni non-invasivi si utilizzano sequenze di DNA che sono presenti solo sui cromosomi sessuali. Nel caso del lupo, viene analizzato il gene ZFX/ZFY che ha sequenze diverse sui due cromosomi; utilizzando opportuni enzimi di restrizione è possibile distinguere i due sessi. Dal genotipo multilocus è possibile distinguere se un campione fecale appartiene a un lupo italiano (Canis lupus) o ad un cane (Canis familiaris) poiché le frequenze alleliche dei loci studiati hanno una distribuzione differente e diagnostica in lupi e cani. Dal genotipo multilocus è possibile evidenziare anche l'eventuale presenza d’ibridi lupo x cane. L'affidabilità dei genotipi ottenuti viene controllata utilizzando il programma RELIOTYPE che, sulla base delle frequenze alleliche e del numero di repliche effettuate, stima la probabilità che un genotipo sia correttamente determinato, ed eventualmente suggerisce il numero di repliche che sono ancora necessarie, e in quali loci, per ottenere un grado di affidabilità superiore al 95%. La stima delle probabilità d’identità tra individui con il set di loci microsatelliti utilizzato è stata ottenuta mediante il programma GIMLET. Le localizzazioni spazio-temporali dei ricampionamenti consentono di identificare gli individui stabili e quelli in fase di dispersione, cioè quei giovani lupi che lasciano le aree in cui sono nati per 10 andare alla ricerca di nuovi territori dove riprodursi. I genotipi dei lupi stabili, di cui è stato riconosciuto il sesso, sono i più probabili candidati per l’identificazione delle coppie dominanti e territoriali che si riproducono (individui α), e che, assieme ai cuccioli dell’anno, costituiscono i branchi. E’ stato utilizzato il software PARENTE per identificare le coppie di genitori e i figli. Tutte le analisi genetiche sono state effettuate presso il Laboratorio di Genetica dell’I.S.P.R.A. di Ozzano dell’Emilia (BO). Nel presente documento sono stati stimati i territori dei branchi basandosi sulle relazioni parentali descritte nella precedente relazione scientifica (Meriggi et al., 2012). Fig. 1.2 Sintesi del processo di analisi genetica 11 FOTO-TRAPPOLAGGIO Il trappolaggio video-fotografico è una tecnica che consiste nel posizionamento di dispositivi fotografici (trappole video-fotografiche, TVF) di piccole-medie dimensioni, alimentati a batteria. Si tratta di sistemi di rilevamento non invasivi, che non implicano la cattura o manipolazione dell’animale, né provocano particolari alterazioni del loro comportamento (Long et al., 2008; Gerber et al., 2012). Alle TVF è associato un sensore di movimento e/o un sensore di temperatura, che innescano lo strumento al passaggio di un corpo con temperatura diversa da quella dello sfondo (Rovero et al. 2013). Inoltre, le TVF sono in grado di registrare sia foto che video anche in condizioni di assenza di luce, grazie alla presenza di led a infrarossi (foto e video sono a colori di giorno e in bianco e nero di notte). In base agli obiettivi dello studio è possibile programmare le TVF in modo da definire il tipo di registrazione (foto, video oppure foto e video), l’ora di funzionamento, la sensibilità del sensore di rilevamento, la durata delle riprese e l’intervallo tra una registrazione e l’altra. I dati vengono quindi archiviati in formato digitale in schede di memoria situate all’interno dello strumento. Sono disponibili diversi modelli di TVF, con specifiche tecniche differenti (e.g. ampiezza dell’angolo e distanza di rilevamento, numero di led a infrarossi, presenza di flash, invio dati tramite mms, ecc.), applicabili allo studio di numerose specie di vertebrati terrestri e in ogni condizione di terreno e clima (Karanth e Nichols, 1998; O’Brien et al. 2003; Silveira et al. 2003, O’Connel e Bailey 2011). La scelta del modello di dispositivo e del disegno di campionamento va valutato in funzione degli obiettivi dello studio e delle risorse a disposizione. L’uso più frequente delle TVF è quello di documentare la presenza di una o più specie all’interno di un’area di studio (Kays et al., 2009). Con l’impiego delle TVF possono essere determinati i ritmi d’attività e il comportamento animale (Ross et al., 2013), è possibile elaborare modelli spaziali di occupazione (O’Connell e Bailey, 2011); è inoltre possibile stimare l’abbondanza e la densità di specie identificabili individualmente (MacKenzie e Nicols, 2004). Infine, questa tecnica ha costi relativamente bassi e non richiede particolari competenze tecniche da parte degli operatori (Silveira et al., 2003). Per queste ragioni la tecnica del foto- e video-trappolaggio risulta un valido strumento per il monitoraggio di specie particolarmente elusive, come i grandi carnivori, presenti a basse densità e difficili da monitorare mediante osservazione diretta (Meek et al., 2012). 12 Pertanto, nell’ambito del progetto regionale “Il Lupo in Liguria”, dal 2009 in maniera occasionale e dal 2012 con sistematicità è stato affiancato l’uso delle TVF agli altri metodi di monitoraggio non invasivo del lupo (e.g. transetti lineari, snow tracking, wolf-howling, campionamento genetico non invasivo). In particolare sono state verificate le seguenti ipotesi: il metodo è efficace per verificare la presenza del lupo; il metodo permette di stimare la distribuzione e consistenza della popolazione; il metodo permette di analizzare altri parametri della popolazione come il successo riproduttivo, i ritmi d’attività e le interazioni con altre specie e con l’uomo. Per tali ragioni si è adottato uno schema di campionamento stratificato, raggruppando le UC in base alla probabilità di presenza della specie utilizzando le informazioni pregresse sulla distribuzione della specie nell’area di studio. Utilizzando le informazioni raccolte nelle precedenti fasi del progetto regionale sono state identificate tre diverse classi di UC (Meriggi et al., 2012): UC di possibile presenza di un branco o coppia di lupi (classe 1); UC di possibile presenza della specie (classe 2); UC di possibile assenza della specie (classe 3). 13 Per definire le UC di possibile presenza stabile di una coppia o di un branco sono stati usati i dati del campionamento genetico effettuato nelle precedenti fasi del progetto regionale. In particolare sono stati sovrapposti alla griglia di campionamento i territori dei branchi individuati tramite legami di parentela tra i genotipi campionati (Meriggi et al., 2012). Per definire le UC di potenziale presenza del lupo, alla griglia di campionamento è stato sovrapposto l’areale del carnivoro (stimato nelle precedenti fasi del monitoraggio tramite la raccolta di segni indiretti di presenza lungo transetti lineari standardizzati). Le restanti UC sono state classificate di possibile assenza poiché non sono mai stati rilevati segni di presenza della specie al loro interno. Lo sforzo di campionamento è quindi stato calibrato sulla base di queste classi, scegliendo arbitrariamente di campionare con più frequenza le UC di classe 1 (due o più volte durante il campionamento) rispetto a quelle di classe 2 (almeno due volte durante il programma di monitoraggio) e classe 3 (una volta durante il programma di monitoraggio) (Fig. 1.3). Fig. 1.3 Schema di campionamento e distribuzione delle stazioni di monitoraggio 14 Per la raccolta dati, sono stati impiegati due modelli di TVF: 1. MultiPIR (MHC-600A 12MP) (n=5, dal 2009 al 2012; n=10, dal 2013 al 2014), dotato di sensori laterali di preparazione che ampliano significativamente l’angolo di rilevamento e aumentano la velocità di risposta; area di rilevamento massima a 5 metri (Fig. 1.4A); 2. IR PLUS HD (n=4 dal 2014), dotato di 64 led che ampliano significativamente l’area di rilevamento, tarabile a 6 o 12 metri; possibilità di registrare l’audio (Fig. 1.4B). Fig. 1.4 Foto-trappola modello Multipir 12 (A) e IR-Plus (B) 15 Le TVF sono state alimentate da batterie esterne ricaricabili da 6V (per ridurre la possibilità di esaurimento delle batterie) e munite di maschera protettiva con lucchetto (al fine di ridurre la possibilità di furto durante le sessioni di campionamento). Per massimizzare l’angolo e l’area di rilevamento, le TVF sono state posizionate su supporti naturali (alberi o rocce) ad una altezza dal suolo compresa tra 140-200 cm (Fig. 1.5). Fig. 1.5 Esempio di TVF installata lungo sentiero Le sessioni di foto- e video-trappolaggio sono durate da un minimo di 10 a un massimo di 260 giorni, in cui più dispositivi sono stati attivi (24 ore su 24) per registrare video della durata di 30/40 secondi. Ogni 15 giorni si è provveduto a sostituire la batteria e scaricare la scheda di memoria. Per evitare di contattare due o più volte lo stesso individuo in un breve arco temporale (ovvero soprastimare la dimesnione della popolazione), è stato considerato un time-lapse di 30 minuti tra un evento di cattura e il successivo in cui compare la stessa specie. Tutte le informazioni relative al posizionamento delle TVF sono state registrate su apposite schede e georeferenziate. I video raccolti sono stati osservati singolarmente per determinare la specie, il numero, il sesso e la classe di età di ogni individuo ripreso. Inoltre, per ogni registrazione sono state registrate la data e l’ora. 16 ANALISI DEI DATI E TRATTAMENTO STATISTICO La stima della distribuzione di utilizzo è di grande importanza per la definizione degli areali occupati da singoli individui o da popolazioni. Una prima stima della distribuzione può essere eseguita considerando le celle (UC) che sono risultate positive durante l’anno di monitoraggio, cioè quelle in cui sono stati trovati segni di presenza del lupo in almeno una stagione. Un secondo approccio, molto utilizzato, è la stima della densità di probabilità, ossia l’areale di un animale è descritto in termini di modello probabilistico. La Kernel Analysis (KA), letteralmente analisi del nocciolo, consente la conversione di una distribuzione discontinua di punti (segni di presenza della specie) in una distribuzione continua, individuando dei contorni (isoplete) che definiscono aree a valori di densità differente (Fig. 1.6). Nella KA “fissa”, caso bivariato, supponendo che XI = [X1(1), X1(2)]'; X2 = [X2(1), X2(2]'; . . ., Xn= [Xn(1), Xn(2)]' sia un campione casuale di n punti indipendenti di una distribuzione sconosciuta con funzione di densità di probabilità f(x), che vogliamo stimare, lo stimatore kernel bivariato di f(x) può essere definito come: ̂( ) ∑ ( ) dove la kernel K è una funzione di densità di probabilità unimodale simmetrica bivariata, e h è il parametro di smussamento, che può essere variato dall'utente (Silverman, 1986). La stima kernel è una funzione densità di probabilità ridotta, cioè viene posta sopra ogni punto del campione e lo stimatore viene costruito sommando gli n punti. Quindi, dove c'è maggior concentrazione di punti viene stimata una probabilità più elevata di trovare l'animale in ogni punto rispetto a dove vi è una minor concentrazione. Poiché ogni kernel è una densità, la stima che ne risulta è anch’essa una funzione di probabilità di densità. Il parametro di smussamento h (ampiezza di banda) controlla la quantità di variazione di ciascun componente della stima. Utilizzando un valore basso di h, si osserva un maggior adattamento ai punti, mentre un valore più grande di h li nasconde mantenendo comunque le caratteristiche più importanti. Gli stimatori kernel fin qui considerati sono detti stimatori fissi perché i parametri di smussamento hanno un valore fisso per tutta la superficie. Quindi è necessario trovare il "miglior" valore di h. Il criterio per la scelta di un buon valore di h è 17 spesso espresso in termini di misura globale dell’errore, ovvero l'errore quadratico medio integrato (MISE) definito come : 2 ∫( ̂ – f ) MISE(h) = dove E indica il valore atteso delle osservazioni. Nel caso bivariato, l'integrazione è su tutta la superficie. Il miglior valore di h è considerato quello che minimizza l'errore quadratico medio integrato. Purtroppo, nella scelta di h alcuni calcoli teorici mostrano che per ottenere il parametro di smussamento ottimale, utilizzando questo criterio, abbiamo bisogno di conoscere la f(x) di densità di distribuzione. Dunque, h non può essere ottenuto in questo modo. Un metodo per la scelta di h è utilizzare il valore ottimale h ottenuto per un certo tipo di distribuzione, come la distribuzione normale. Una kernel fissa normale, mostra che per la distribuzione bivariata normale con matrice di varianza-covarianza il valore ottimale di h per un campione n di grandi dimensioni è: h opt = Così una stima ovvia di hopt è: ̂ opt = ̂ dove ̂ = { [̂ ( ) ̂ ( ) ]}e ̂ ( ) ̂ ( ) sono le varianze stimate di X(1) e X(2). Se queste varianze sono molto diverse può essere utile una chiusura dei dati in modo che le varianze siano uguali prima di applicare il metodo. Bowman (1985) ha dimostrato che questo metodo di stima spesso produce risultati migliori di metodi più sofisticati di stima univariata. Un metodo oggettivo per la stima di h, descritto da Silverman (1986), è quello della cross-validation dei minimi quadrati. Se viene utilizzata una kernel K fissa di densità normale bivariata, il valore di h è scelto per minimizzare: M(h)= ∑ ∑ ( ) +2 K (0) dove K* = K(2) - 2K, e K(2) è la densità bivariata normale con matrice di varianza-covarianza ( ). 18 Essendo: E [M(h)] + ∫ 2 – f )2 questo metodo fornisce una buona stima dell’errore quadratico medio integrato. Così, riducendo al minimo M(h) riduciamo anche MISE(h). Questo tipo di analisi permette di definire delle fasce concentriche, con densità d’osservazioni decrescente dal centro all’esterno; sono stati considerati in particolare il contorno più esterno racchiudente il 95% delle osservazioni (KA95), rappresentante l’areale complessivo del lupo e quello racchiudente il 50% delle osservazioni (KA50), definibile come core area, ovvero quella porzione d’areale più intensamente frequentata. Fig. 1.6 Distribuzione di densità stimata con la Kernel Analysis 19 Al fine di valutare l’efficacia delle TVF per il campionamento del lupo, per ogni stazione di monitoraggio è stato misurato lo sforzo minimo di campionamento (giorni di attivazione dei dispositivi) necessario a ottenere il primo dato di rilevamento della specie target (latency time detection; Gompper et al., 2006) e un indice relativo d’abbondanza, calcolato come la proporzione di contatti sul numero di giorni di campionamento (O’Brien et al., 2003; Kelly e Holub, 2008; Jenks et al., 2011). I valori medi di questi parametri sono stati infine confrontati tra le tre classi di UC previste dallo schema di campionamento tramite l’analisi della varianza non parametrica (test di Kruskal-Wallis). Per ogni UC è stato calcolato il numero minimo di individui presenti in base al numero più alto di individui registrato dalle TVF all’interno della stessa UC. È stato, così, possibile effettuare una stima della popolazione minima presente sul territorio ligure durante gli anni di campionamento. Le informazioni relative all’orario di registrazione sono state usate per analizzare la distribuzione del lupo nelle 24h mediante il test di Rayleigh per l’uniformità nel cerchio (Batschelet, 1981). Al fine di evidenziare un’eventuale selezione da parte del lupo per una particolare fase oraria, le osservazioni sono state raggruppate in quattro fasce orarie (alba, giorno, tramonto e notte) ed è stato calcolato l’indice di selezione di Ivlev (Jacobs, 1974): ( ( dove ) ) è la proporzione di osservazioni del lupo in una data categoria e è la proporzione disponibile nella stessa categoria. L’indice varia da -1 (non utilizzo) a +1 (selezione); valori prossimi a 0 indicano un utilizzo pari alla disponibilità. Gli intervalli fiduciali (confidence intervals, CI) relativi all’indice sono stati calcolati mediante ricampionamento casuale delle osservazioni (metodo bootstrap, 1000 repliche; Efron, 1979). I ritmi circadiani del lupo sono stati infine confrontati con quelli delle sue principali prede selvatiche (capriolo, daino e cinghiale) e con l’uomo utilizzando l’indice di similarità percentuale di Renkonen (Krebs, 1999): [∑( dove )] è la percentuale di sovrapposizione temporale tra le specie j e k, eventi nella classe temporale i della specie j, è la proporzione di è la proporzione di eventi nella classe temporale i della specie k e n è il numero totale di classi temporali. L’indice varia da 0 a 1, indicando 20 rispettivamente la non affinità e la completa similarità. La media dell’indice e i rispettivi intervalli fiduciali (CI) sono stati calcolati mediante ricampionamento casuale delle osservazioni (metodo bootstrap, 10000 repliche; Efron, 1979). 21 RISULTATI Da gennaio 2007 a dicembre 2014, sono stati raccolti complessivamente 3179 segni di presenza di lupo. Il numero massimo di segni è stato raccolto nel 2012 (N=586) e il minimo nel 2007 (N=212; Fig. 1.7). Fig. 1.7 Numero di segni di presenza del lupo in Liguria nel periodo 2007- 2014 600 500 400 300 200 100 0 2007 2008 2009 2010 22 2011 2012 2013 2014 Durante l’ultimo periodo di monitoraggio sono stati raccolti complessivamente 605 segni di presenza del predatore. La maggior parte è stata rappresentata dalle feci (64,9%), seguita da eventi di foto-trappolaggio (17,6%), da eventi di predazione (9,7%), impronte (4,9%) e dal ritorvamento di lupi morti (1,3%); avvistamenti diretti, urina e le vocalizzazioni hanno rappresentato la proporzione minore delle osservazioni (1,6%) (Fig. 1.8). Fig. 1.8 Percentuali delle categorie di segni di presenza nell’ultimo periodo di campionamento Feci Foto-trappolaggio 4.9 9.7 1.3 0.7 0.5 Predazioni 0.4 Impronte Lupi deceduti Avvistamenti diretti Urina 17.6 64.9 Ululati 23 In tutte le province liguri, la percentuale maggiore di segni di presenza del lupo è stata rappresentata da feci seguite da eventi di foto-trappolaggio, casi di predazione sul bestiame e piste di impronte (Fig. 1.9). Il numero maggiore di lupi rinvenuti morti è stato registrato in provincia di Imperia (Fig. 1.9). Fig. 1.9 Percentuali dei tipi di segni di presenza del lupo in Liguria suddivisi per provincia 100% 90% Urina 80% Ululati 70% Predazioni 60% 50% Lupi deceduti 40% Impronte 30% Foto-trappolaggio 20% Feci 10% 0% GE IM SP SV 24 Avvistamenti diretti I segni di presenza del lupo sono risultati distribuiti in modo disomogeneo nelle celle del reticolo di campionamento (UC); in particolare le densità maggiori di segni di presenza sono state registrate in provincia di Imperia, al confine con la provincia di Cuneo (Piemonte) e con la Francia e nella porzione meridionale della provincia di Genova al confine con La Spezia e Parma (EmiliaRomagna) (Fig. 1.10). Fig. 1.10 Distribuzione dei segni di presenza del lupo in Liguria; per ogni UC è indicato il numero di segni rinvenuti nell’ultimo periodo di campionamento 25 L’areale complessivo del lupo in Liguria nell’anno di monitoraggio è risultato pari a 4.084km2, mentre le aree di maggior frequentazione (core areas) hanno interessato una superficie di 2.073 km2. Come nelle precedente fase, l’areale non è risultato diviso in sub-areali ma continuo, a partire dalla parte nord-occidentale della provincia di La Spezia fino alle Alpi imperiesi. L’areale interessa anche le province di Parma e Piacenza (Emilia-Romagna) a est e le province di Alessandria e Cuneo (Piemonte) fino alle Alpi francesi (Fig. 1.11). Le aree di maggior frequentazione sono risultate tre: una, che si estende anche in provincia di Parma e Piacenza, di 999 km2 situata tra le province di Genova e di La Spezia, una tra le province di Savona e Genova (90 km2) ed infine un’altra core area di 984 km2, che si estende fino alla provincia di Cuneo e alla Francia, tra la provincia di Imperia e, marginalmente, quella di Savona (Fig. 1.11). Fig. 1.11 Areale complessivo e core areas del lupo in Liguria 26 Dal 2007 al 2014 sono stati raccolti 471 campioni biologici utili alle analisi genetiche. Di questi campioni, 207 (43,9%) sono risultati appartenenti a 88 lupi distinti (36 femmine e 49 maschi; sexratio F/M = 0,73; per 3 individui non è stato possibile identificare il sesso). Il numero massimo di ricampionamenti (N=14) si è registrato per un solo individuo mentre il 54,5% degli individui (N=48) è stato campionato una sola volta (Fig. 1.12). Fig. 1.12 Genotipi identificati in Liguria tra il 2007 e il 2014 27 Il numero medio di individui geneticamente identificati ogni anno è risultato pari a 16,4 , con un massimo di 22 lupi nel 2012 ed un minimo di 6 nel 2007 (Fig. 1.13). Fig. 1.13 Genotipi identificati annualmente in Liguria tra il 2007 e il 2014 25 20 15 10 5 0 2007 2008 2009 2010 28 2011 2012 2013 2014 Complessivamente dal 2008 al 2014 sono stati rilevati 21 lupi morti (Fig. 1.14A). La principale cause di morte dei lupi in Liguria è risultata il bracconaggio (57%; con armi da fuoco o avvelenamento), seguita da incidenti (14%) e in minor parte da malattie (9%); nel 20 % dei casi non è stato possibile risalire alla causa di morte (Fig. 1.14B). Fig. 1.14A Numero di lupi morti in Liguria tra il 2008 e il 2014 Fig. 1.14B Cause di morte dei lupi in Liguria tra il 2008 e il 2014 29 Le analisi genetiche hanno permesso d’individuare sull’intero territorio regionale la presenza di 5 branchi stabili, in cui la riproduzione è stata verificata mediante analisi delle parentele tra gli individui (Meriggi et al., 2012); un sesto branco è stato individuato ma senza rapporti di parentela tra gli individui campionati. Un branco si trova in provincia di Imperia (KA95 = 744 km2; KA50 =234 km2) al confine con la Francia, la Provincia di Cuneo (Piemonte) e con il branco che occupa la porzione meridionale della provincia di Savona (KA95 = 555 km2; KA50 = 201 km2). Un terzo branco occupa un territorio (KA95 = 149 km2; KA50 = 40 km2) che ricade parzialmente nel Parco Regionale del Beigua (tra Genova e Savona), mentre un altro branco si trova nel Parco Regionale dell’Antola (KA95 = 406 km2; KA50 = 101 km2), al confine con la Provincia di Alessandria (Piemonte) e Piacenza (Emilia-Romagna). Il quinto branco si trova in provincia di La Spezia (KA95 = 114 km2; KA50 = 38 km2) al confine con la Provincia di Parma (Emilia-Romagna) e MassaCarrara (Toscana) e il sesto, nel quale non sono risultati rapporti di parentela tra gli individui, occupa un territorio che ricade nel Parco Regionale dell’Aveto (KA95 = 128 km2; KA50 = 34 km2) (Fig. 1.15). Fig. 1.15 Localizzazione dei branchi presenti in Liguria (in blu gli areali dei branchi, in rosso le core-area) 0 30 Da dicembre 2009 a dicembre 2014 sono state eseguite 41 sessioni di foto- e video-trappolaggio in 176 stazioni di monitoraggio all’interno del territorio regionale, per un totale di 3601 giorni di campionamento (media per anno=720.2, ES=250.8) e registrando complessivamente 5159 eventi distinti (Tab. 1.3). Il 60% delle stazioni è ricaduto nelle UC di classe 1 (n=104; aree di possibile presenza stabile di un branco o di una coppia), il 29% nelle UC di classe 2 (n=52; aree di presenza del lupo) e il restante 11% nelle UC di classe 3 (n=20; aree di possibile assenza della specie). Tab. 1.3 Sforzo di campionamento suddiviso per anno e per provincia Provincia Anno Sessioni Stazioni Giorni Eventi La Spezia 2012 1 1 60 5 2013 3 12 171 270 2014 4 10 100 130 Totale 8 23 331 405 2009 2 2 207 19 2010 1 1 18 8 2012 4 4 30 12 2013 6 31 493 544 2014 4 19 197 556 Totale 17 57 945 1139 2012 1 6 176 395 2013 4 15 295 620 2014 8 31 487 1340 Totale 13 52 958 2355 2012 10 16 899 247 2013 1 10 205 198 2014 6 18 263 815 Totale 17 44 1367 1260 Totale 41* 176 3601 5159 Genova Savona Imperia Regione *Il numero totale è più basso rispetto alla somma per ogni provincia in quanto ci sono state sessioni contemporanee in più province. 31 Durante l’attività di monitoraggio sono state contattate 17 specie diverse di mammiferi presenti sul territorio regionale; 15 delle quali presenti regolarmente in Liguria e 2 solo marginalmente (il cervo Cervus elaphus e la genetta comune Genetta genetta). Gli animali domestici hanno rappresentato il 6% del totale, mentre gli animali selvatici il 37%, con una leggera predominanza dei mesocarnivori (18%), rispetto agli ungulati (11%), mentre il restante 57% dei contatti ha riguardato il passaggio di esseri umani. Il lupo invece è comparso nel 5% delle osservazioni (Fig. 1.16). Fig. 1.16 Distribuzione delle osservazioni per specie 30% 25% 20% 15% 10% 5% DOMESTICI Vulpes vulpes Sus scrofa Rupicapra rupicapra Meles meles Martes spp Marmota marmota Lepus europeus Genetta genetta Dama dama Canis lupus Cervus elaphus Capreolus capreolus Felis catus Equus caballus Capra hircus Canis lupus familiaris Bos taurus 0% SELVATICI Lo sforzo di campionamento medio (numero di giorni necessari a ottenere il primo video della specie target) nelle UC di classe 1 è stato di 5.86 (ES=0.83), 4.69 (es=0.79) nelle UC di classe 2 e infine 8 (ES=2.86) nelle UC di classe 3. L’Analisi della Varianza non parametrica non ha evidenziato differenze significative tra le tre classi di UC (test di Kruskal-Wallis: 1.74; g.l.=2; P=0.418). Il successo medio di foto- e video-trappolaggio (numero di eventi su giorni di campionamento) è risultato pari a 0.07 (ES=0.01) sia nelle UC di possibile presenza stabile sia nelle UC di possibile presenza (ES=0.02) e solo 0.02 (ES=0.01) nelle UC di possibile assenza. L’Analisi 32 della Varianza non parametrica ha mostrato differenze statisticamente significative tra le tre classi di UC rispetto al successo di trappolaggio (test di Kruskal-Wallis: 6.17; g.l.=2; P=0.046), ed in particolare tra le classi 1 e 3 (P=0. 028). Il 36% del territorio regionale è risultato positivo alla presenza del lupo, per una superficie complessiva di 1936.13 km2. Il numero minimo di individui presenti durante il periodo di monitoraggio è stato pari a 59 (Fig. 1.17). Fig. 1.17 Distribuzione dei contatti della specie lupo tramite TVF, classificati in base al numero minimo di individui osservati contemporaneamente 33 Complessivamente sono stati registrati 235 “contatti” di lupo in 70 stazioni; il 71% delle quali (N=50) situate in UC di classe 1 (possibile presenza stabile), il 23% (N=16) in UC di classe 2 (possibile presenza) e il 6% (N=4) in UC di classe 3 (possibile assenza). Il 45% degli eventi è stato raccolto durante la stagione estiva, il 32% durante la primavera, il 12% in autunno e l’11% durante l’inverno. Il 46% delle osservazioni ha riguardato individui singoli, soprattutto in primavera e inizio estate, il 30% dei contatti coppie, nelle fasi finali dell’inverno e primavera, mentre il restante 24% gruppi maggiori di due individui concentrati in tarda estate e autunno; il numero maggiore di individui (N=7) è registrato in provincia di Genova. I dati raccolti hanno mostrato complessivamente una struttura di popolazione composta maggiormente da adulti (73%) rispetto a sub-adulti (14%) e giovani (13%) (Fig. 1.18). Inoltre, la presenza di giovani ha permesso di verificare l’avvenuta riproduzione in provincia di Imperia e Genova. Fig 1.18 Frequenza contatti suddivisi per classe età, tipo di raggruppamento e stagione 70 GIOVANI 60 SUB-ADULTI ADULTI 50 40 30 20 10 PRIMAVERA ESTATE AUTUNNO 34 INVERNO GRUPPO COPPIA SINGOLO GRUPPO COPPIA SINGOLO GRUPPO COPPIA SINGOLO GRUPPO COPPIA SINGOLO 0 Il numero di individui contattati è risultato pari a 342; dei quali 89 di sesso maschile, 62 di sesso femminile mentre per 191 individui non è stato possibile riconoscerne il sesso. Complessivamente, il rapporto sessi (RS=F/M) per il lupo è stato di 0.70, significativamente sbilanciato a favore dei maschi rispetto al rapporto paritario (2=4.82; g.l.=1; P=0.028) (Tab. 1.4). Tab. 1.4 Rapporto sessi stimato mediante monitoraggio tramite TVF (significatività test χ2) ANNO MASCHI FEMMINE SEX RATIO Sig. 2009-2011 15 11 0,73 0,432 2012 38 21 0,55 0,026 2013 20 26 1,30 0,376 2014 16 4 0,25 0,007 TOT 89 62 0,70 0,028 35 L’analisi condotta sulla distribuzione delle osservazioni del lupo (N= 235) nelle 24 ore evidenzia uno scostamento significativo dall’uniformità (test di Rayleigh; Z= 0,45; P< 0,001) (Fig. 1.19A). I contatti si distribuiscono in maniera unimodale, con un picco d’attività tra le 20.00 e le 06.00 (Fig. 1.19B). Fig. 1.19 Frequenze relative dei contatti di lupo durante le 24 ore (in rosso) e curva di densità (linea nera) (A); Densità dei contatti di lupo nelle 24 ore (B) L’indice di selezione di Ivlev relativo alla fascia oraria ha mostrato come il lupo, complessivamente, sottoutilizzi moderatamente le ore del giorno più illuminate rispetto a quelle crepuscolari e notturne dove l’utilizzo è risultato pari alla disponibilità (Fig. 1.20). Fig. 1.20 Indice di selezione di Ivlev per la fascia oraria e intervalli fiduciali 36 Confrontando le frequenze dei contatti nelle fasce orarie tra lupo e uomo(Fig. 1.21A), l’indice di similarità percentuale di Renkonen è risultato notevolmente più basso (30.3%; IF inf=24.7%; IF sup=36.1%) rispetto a quello calcolato usando i contatti delle potenziali prede presenti sul territorio. In particolare è stata riscontrata una più alta percentuale di similarità con i ritmi circadiani del cinghiale (89%; IF inf=81.7%; IF sup=96.3%) rispetto a quelli del capriolo (60%; IF inf=61.3%; IF sup=68.5%) e daino (68%; IF inf=57.8%; IF sup=78.5%) (Fig. 1.21B). Fig. 1.21 Distribuzione contatti della specie lupo e uomo durante le 24 ore (A); Distribuzione contatti della specie lupo e delle sue principali prede selvatiche (B) Ulteriori informazioni relative ai risultati dell’ultimo anno di monitoraggio mediante fototrappolaggio, co-finanziato dal Servizio Politiche della Montagna e della Fauna Selvatica della Regione Liguria, condotte con la collaborazione dai Dottori Elisa Torretta e Felice Puopolo, sono disponibili in appendice (pagina 142). 37 Dal rilevamento mediante TVF, il numero minimo di individui è risultato più del doppio rispetto a quello derivante dal monitoraggio genetico (Tab. 1.5), nello stesso periodo di monitoraggio (20092014). Tuttavia, il rapporto sessi è risultato simile. Tab. 1.5 Rapporto sessi stimato mediante monitoraggio genetico e tramite TVF nel periodo 2009-2014 (significatività test χ2) Periodo 2009-2014 MASCHI FEMMINE SEX RATIO Genetica 42 30 0,71 TVF 89 62 0,70 38 PARTE II SVILUPPO DI MODELLI PREDITTIVI DELLA PRESENZA DEL LUPO foto di P. Milanesi 39 METODI L’utilizzo di modelli predittivi è auspicabile ai fini della conservazione per identificare i fattori che influenzano la presenza della specie e prevedere espansioni o contrazioni degli areali; inoltre i modelli predittivi permettono di individuare le aree più idonee e quelle più critiche per la conservazione della specie (Massolo e Meriggi, 1998, 2007; Corsi et al., 1999). Le celle percorse dai transetti sono state classificate come UC di presenza (codice 1) se positive in almeno una stagione di monitoraggio, e come UC di assenza (codice 0) se non sono mai stati trovati segni di presenza del lupo; tutte le celle non attraversate da transetti non sono state classificate e sono state considerate come UC di controllo. All’interno di ogni UC sono state misurate le proporzioni 12 variabili ambientali ovvero 9 variabili dell’uso del suolo (corsi d’acqua e bacini idrici, boschi di conifere, boschi di latifoglie, boschi misti, aree coltivate, aree incolte e cespuglieti, prati e pascoli, formazioni rocciose e aree urbanizzate) e 3 variabili topografiche corrispondenti ad altitudine (m s.l.m.), pendenza (gradi) e assolazione (kw/km2). Per evitare l’effetto negativo di variabile tra loro correlate è stato calcolato il fattore di inflazione della varianza (variance inflation factor, VIF) per ciascuna variabile; valori maggiori di 3 indicano correlazione tra le variabili (Zuur et al., 2010). Le UC di presenza sono state confrontate con altrettante UC di controllo, scelte in modo casuale tra tutte le UC della griglia. In questo modo è stato evitato il problema delle “false assenze”, vale a dire considerare il lupo assente da una porzione di territorio dove in realtà la specie è presente, ma non è stata trovata per problemi di contattabilità e di sforzo di campionamento (Moilanen, 2002; Tyre et al., 2003; Gu e Swihart, 2004; MacKenzie, 2005). I modelli predittivi della distribuzione potenziale del lupo nel territorio regionale sono stati ottenuti mediante dieci diversi metodi: 1. Modelli lineari generalizzati (generalized linear models, GLM; McCullagh e Nelder, 1989); 2. Regressioni ad alberi potenziati (boosted regression trees, BRT; Friedman et al., 2001); 3. Analisi di classificazione ad alberi (classification tree analysis, CTA; Breiman et al., 1984); 4. Reti neurali artificiali (artificial neural networks, ANN; Ripley, 2007); 5. Modello bioclimatico (BIOCLIM; Busby, 1991); 40 6. Modelli additivi generalizzati (generalized additve models, GAM; Hastie e Tibshirani, 1990); 7. Analisi discriminante flessibile (flexible discriminant analysis, FDA; Hastie et al., 1994); 8. Regrssione adattabile multivariata (multivariate adaptive regression splines, MARS; Friedman et al., 1991); 9. Foreste casuali (random forests, RF; Breiman, 2001); 10. Algoritmo della Massima Entropia (MAXENT; Phillips et al., 2006). I metodi sopracitati possono fornire risultati molto diversi e quindi rendere difficile l’identificazione del metodo migliore per definire la distribuzione potenziale del lupo. Per tale ragione è stato sviluppato un’ulteriore approccio che media le differenze e l’incertezza dovuta ai singoli metodi ensample forecasting (EF; Jones-Ferrand et al., 2011). La validazione dei modelli è stata effettuata tramite l’uso di curve ROC (Receiver Operating Characteristics) e dell’indice di Boyce (Boyce et al. 2002) con il metodo k-fold cross validation, ovvero utilizzando alternativamente il 50% dei segni di presenza del lupo per sviluppare i modelli ed il restante 50% per validarne i risultati. La curva ROC permette di valutare lo scostamento del modello ottenuto da uno che classifica i casi casualmente (Massolo e Meriggi, 2007), mettendo in relazione la sensibilità del modello (proporzione di casi positivi classificati correttamente) con il complementare della sua specificità (proporzione di casi negativi classificati correttamente). I valori variano tra 0 (classificazione peggiore di un modello casuale) e 1 (classificazione perfetta), mentre valori prossimi a 0,5 indicano una classificazione simile a quella di un modello casuale. L’indice di Boyce, particolarmente efficace in modelli sviluppati con dati di sola presenza, consiste in un’analisi di correlazione non parametrica tra la frequenza dei casi positivi reali (numero di UC di presenza) e le probabilità previste dai modelli, suddivise in 10 classi di probabilità di 0,1 ciascuna; il numero di UC in cui è presente il lupo dovrebbe aumentare all’aumentare del rango della classe previsto dal modello (Boyce et al., 2002). Il coefficiente di correlazione varia tra -1 (classificazione peggiore di un modello casuale) e 1 (classificazione perfetta), mentre valori prossimi a 0 indicano una classificazione simile a quella di un modello casuale. 41 RISULTATI Le variabili ambientali considerate per predire la presenza del lupo sul territorio regionale sono risultate tutte con valori di VIF inferiori a 3 (Tab. 2.1) e pertanto sono state tutte considerate nelle analisi successive. Tab. 2.1 Valori del fattore di inflazione della varianza (VIF) nelle varibili ambientali considerate Variabile VIF Corsi d’acqua e bacini idrici 1,01 Boschi di conifere 1,06 Boschi di latifoglie 1,26 Boschi misti 1,18 Aree coltivate 1,43 Aree incolte e cespuglieti 1,15 Prati e pascoli 1,13 Formazioni rocciose 1,02 Aree urbanizzate 1,82 Altitudine 2,43 Pendenza 2,85 Assolazione 2,83 42 Il modello lineare generalizzato (GLM), ha classificato il 51,01% della superficie regionale idonea alla presenza del lupo (Fig. 2.1A e B). Fig. 2.1 A. Probabilità di presenza del lupo secondo il modello lineare generalizzato B. Aree di potenziale presenza del lupo secondo il modello lineare generalizzato 43 Il modello di regressione ad alberi potenziati (BRT), ha classificato il 43,16% della superficie regionale idonea alla presenza del lupo (Fig. 2.2A e B). Fig. 2.2 A. Probabilità di presenza del lupo secondo il modello di regressione ad alberi potenziati B. Aree di potenziale presenza del lupo secondo il modello regressione ad alberi potenziati 44 L’analisi di classificazione ad albero (CTA), ha classificato il 48,22% della superficie regionale idonea alla presenza del lupo (Fig. 2.3A e B). Fig. 2.3 A. Probabilità di presenza del lupo secondo l’analisi di classificazione ad albero B. Aree di potenziale presenza del lupo secondo i l’analisi di classificazione ad albero 45 Il modello di reti neurali artificiali (ANN), ha classificato il 45,46% della superficie regionale idonea alla presenza del lupo (Fig. 2.4A e B). Fig. 2.4 A. Probabilità di presenza del lupo secondo il modello di reti neurali artificiali B. Aree di potenziale presenza del lupo secondo il modello di reti neurali artificiali 46 Il modello di bioclimatico (BIOCLIM), ha classificato il 37,99% della superficie regionale idonea alla presenza del lupo (Fig. 2.5A e B). Fig. 2.5 A. Probabilità di presenza del lupo secondo il modello bioclimatico B. Aree di potenziale presenza del lupo secondo il modello bioclimatico 47 Il modello addtivo generalizzato (GAM) ha classificato il 49,88% della superficie regionale idonea alla presenza del lupo (Fig. 2.6A e B). Fig. 2.6 A. Probabilità di presenza del lupo secondo il modello additivo generalizzato B. Aree di potenziale presenza del lupo secondo il modello additivo generalizzato 48 L’analisi discriminante flessibile (FDA) ha classificato il 49,52% della superficie regionale idonea alla presenza del lupo (Fig. 2.7A e B). Fig. 2.7 A. Probabilità di presenza del lupo secondo l’analisi discriminante flessibile B. Aree di potenziale presenza del lupo secondo l’analisi discriminante flessibile 49 La regressione multivariata adattativa (MARS) ha classificato il 50,14% della superficie regionale idonea alla presenza del lupo (Fig. 2.8A e B). Fig. 2.8 A. Probabilità di presenza del lupo secondo la regressione multivariata adattativa B. Aree di potenziale presenza del lupo secondo la regressione multivariata adattativa 50 L’analisi delle foreste casuali (RF) ha classificato il 47,47% della superficie regionale idonea alla presenza del lupo (Fig. 2.9A e B). Fig. 2.9 A. Probabilità di presenza del lupo secondo l’analisi delle foreste casuali B. Aree di potenziale presenza del lupo secondo l’analisi delle foreste casuali 51 L’algoritmo della massima entropia (MAXENT) ha classificato il 29,26% della superficie regionale idonea alla presenza del lupo (Fig. 2.10A e B). Fig. 2.10 A. Probabilità di presenza del lupo secondo l’algoritmo della massima entropia B. Aree di potenziale presenza del lupo secondo l’algoritmo della massima entropia 52 Considerando tutti i modelli insieme (EF), la superficie regionale idonea al lupo è risultata il 45,34% (Fig. 2.11A e B). Fig. 2.11 A. Probabilità di presenza del lupo secondo la media dei dieci modelli B. Aree di potenziale presenza del lupo secondo la media dei dieci modelli 53 Considerando tutti i segni di presenza del lupo raccolti è stato possibile verificare l’efficacia predittiva dei 10 modelli e di quello risultante dalla loro media. Tutti i metodi di validazione sono risultati significativamente differenti da modelli casuali (Tab. 2.2) ma RF ha raggiunto il valore più alto di curva ROC (Tab. 2.2). RF, insieme a BRT, CTA, GAM, MARS e MAXENT, ha registrato anche il valore massimo dell’indice di Boyce (Tab. 2.2). Tab. 2.2 Risultati della cross-validation effettuata sui modelli predittivi della presenza del lupo Modello ROC ± d.s. Rho ± d.s. GLM 0,929***± 0,061 0,976***± 0,016 BRT 0,948***± 0,013 0,998***± 0,001 CTA 0,955***± 0,045 0,998***± 0,001 ANN 0,942***± 0,002 0,988***± 0,006 0,748*± 0,061 0,801***± 0,102 GAM 0,937***± 0,008 0,998***± 0,001 FDA 0,931***± 0,054 0,997***± 0,001 MARS 0,932***± 0,014 0,998***± 0,001 RF 0,998***± 0,003 0,998***± 0,001 MAXENT 0,901***± 0,074 0,998***± 0,001 EF 0,953***± 0,041 0,988***± 0,009 BIOCLIM * <0,05; *** <0,0001. 54 PARTE III LUPO E ZOOTECNIA foto di F. Puopolo 55 METODI Per una corretta elaborazione dei dati sull’interazione lupo-zootecnia è stata posta maggiore attenzione sugli allevamenti che effettuano stagioni di alpeggio o utilizzano il pascolo brado o semibrado regolarmente. Come nella precedente fase del progetto, dall’iniziale censimento degli allevamenti in Liguria, realizzato dalle associazioni provinciali degli allevatori, è stata effettuata e aggiornata un’indagine più approfondita mediante sopraluoghi diretti. Sono state, quindi, individuate le aree di pascolo e di alpeggio della regione. Le aree di pascolo e le relative aziende, sono state classificate, anche secondo altri importanti fattori, quali: periodo di alpeggio; specie allevate; presenza di vitelli al pascolo sotto i 60 giorni di età; grado di sorveglianza (assenza di ricovero notturno o non sorvegliato, ricovero notturno e presenza di cani da guardia, recinto antintrusione e/o dissuasori sonori). Per valutare l’impatto della predazione da parte del lupo sulla zootecnia sono stati utilizzati i dati relativi alle predazioni ufficialmente denunciate dal 2002 al 2013 e forniti dalle rispettive Amministrazioni provinciali. In questo modo è stato possibile registrare per ogni anno: il numero di allevamenti che hanno subito predazioni; il numero di eventi di predazione o attacchi; il numero di capi predati, in totale, e per ogni evento di predazione; l’entità dei rimborsi in euro erogati dalle amministrazioni provinciali. Tutti i dati raccolti durante il campionamento e i sopraluoghi alle predazioni sono stati in seguito digitalizzati e georeferenziati, cioè identificati da una coppia di coordinate cartesiane X, Y nel sistema di riferimento U.T.M., tramite il software ARCGIS 10.0, che ha permesso la realizzazione di un database utilizzato per le successive analisi, condotte grazie ai software open-source R 3.1.2 (http://cran.r-project.org/). 56 Per valutare l’impatto della predazione da parte del lupo sulla zootecnia sono stati utilizzati, come base di partenza, i dati della Banca Dati Nazionale (bovini e ovi-caprini). Gli allevamenti sono stati classificati per: Provincia; Specie allevata (bovini e ovi-caprini); Orientamento produttivo per gli ovi-caprini (carne, latte, lana, misto, autoconsumo); Orientamento produttivo e tipologia produttiva per i bovini (carne: ingrasso, linea vacca-vitello, non definito; latte; misto); Modalità (all’aperto, stabulato, sconosciuta). Inoltre, per ogni allevamento è stato fornito il numero di capi allevati. Per valutare l’esistenza di eventuali differenze significative nella dimensione media degli allevamenti e delle aree di pascolo tra le province è stata utilizzata l’Analisi Multifattoriale della Varianza (MANOVA). Per verificare differenze tra le province nella frequenza dei diversi tipi di allevamento è stato utilizzato il G test (analisi per tavole di contingenza mediante il Rapporto di Verosimiglianza, con test esatto di permutazione). I dati delle predazioni sono stati forniti principalmente dagli assessorati competenti delle quattro province liguri. Sono stati considerati il numero di eventi per zona, anno e specie, il numero di capi predati per evento, il numero di capi predati per zona, anno e specie e l’importo dei rimborsi. Il test G utilizzato in precedenza è stato applicato per verificare le differenze nella frequenza degli eventi di predazione e dei capi predati tra province, specie allevate e anni. E’ stata effettuata un’analisi di regressione con stima di curve, per verificare eventuali andamenti significativi negli anni, del numero di eventi e del numero di capi predati per evento, per zona e l’importo dei rimborsi erogati. Questa analisi di regressione ha permesso d’identificare il modello al quale meglio si adattavano i dati considerati. Per analizzare i fattori ambientali (e non) che influiscono sulla probabilità di predazione, sono state misurate 21 variabili riguardanti le aree di pascolo utilizzate dagli allevamenti: È stato attribuito un codice binario (0/1) a ciascun pascolo: con 1 sono stati indicati i pascoli all’interno dei quali si era verificato almeno un caso di predazione, con 0 tutti gli altri. In questo 57 modo sono stati rilevati 82 pascoli con predazioni i quali sono stati confrontati con altrettanti pascoli, scelti in modo casuale tra quelli dove non era stata accertata la presenza di predazione. Sono stati poi formulati modelli predittivi della probabilità di predazione da parte di lupo nell’area di studio, attraverso modelli lineari generalizzati (GLM), logistici binari con multi-model inferenceei modelli ottenuti sono stati confrontati con il criterio di Akaike (1973) corretto (AICc), considerando solo i modelli con ΔAICc<2 (Anderson e Burnham, 2002). Come nella Parte II del presente documento, i modelli ottenuti sono stati validati mediante curva ROC e indice di Boyce. 58 RISULTATI Dall’analisi dei dati relativi al censimento degli allevamenti di bovini e ovi-caprini effettuato in Liguria nell’ultimo anno di campionamento, si rileva che gli allevamenti di ovi-caprini sono molto più numerosi rispetto a quelli di bovini (n=3126 e n=1294, rispettivamente). La distribuzione degli allevamenti nelle diverse province non è omogeneo, gli allevamenti di bovini sono molto più numerosi in provincia di Genova e La Spezia mentre gli allevamenti di ovi-caprini sono maggiormente presenti in provincia di Genova e Savona. Ad Imperia è presente una minore concentrazione di entrambe le tipologie di allevamento (Fig. 3.1). Fig. 3.1 Numero di allevamenti di bestiame nelle province liguri 1200 Bovini Ovicaprini 1000 800 600 400 200 0 GE IM SP 59 SV In linea con quanto riscontrato negli anni precedenti anche nel 2013, per gli allevamenti bovini, è stata osservata una maggiore concentrazione in pochi comuni, soprattutto in provincia di Genova e in alcuni comuni della provincia di La Spezia (Fig. 3.2). Gli allevamenti di ovi-caprini sono risultati ditribuiti maggiormente nella porzione orientale della provincia di Savona, in pochi comuni della provincia di Genova e nella fascia montuosa della provincia di La Spezia (Fig. 3.3). Fig. 3.2 Distribuzione per comune degli allevamenti bovini in Liguria Fig. 3.3 Distribuzione per comune degli allevamenti ovi-caprini inLiguria 60 Il numero medio di capi bovini presenti negli allevamenti è risultato 10,95 (min=1, max=641) senza variazioni significative tra le province (F=2,119; gl=3; P=0,096). Per gli allevamenti di ovicaprini il numero medio è di 8,10 (min=1, max=985) con differenze significative tra le province (F=7,362; gl=3; P<0,0001). Il test di Bonferroni ha infatti messo in evidenza differenze significative per gli ovicaprini tra la provincia di Imperia e tutte le altre(con Genova P<0,0001, con Spezia P=0,001, con Savona P=0,003). Analizzando entrambe le tipologie complessivamente sono risultate differenze significative tra province (F=8,052; P<0,0001) tra specie allevate (F=12,441; P<0,0001); anche l’interazione tra i due fattori è risultata statisticamente significativa (F=2,276; P<0,034). La provincia con gli allevamenti di maggiori dimensioni è risultata Imperia, sia per i bovini che per gli ovicaprini (Fig. 3.4). Fig. 3.4 Variazione della dimensione degli allevamenti nelle province liguri 61 Analizzando l’orientamento produttivo in tutte le province gli allevamenti che producono carne risultano i più numerosi, circa l’80% del totale. In particolare nelle province di Savona e La Spezia questa tipologia si avvicina al 90% del totale e il restante 10% riguarda la produzione di latte. A Genova e Imperia si affianca alle tipologie precedenti anche una piccola percentuale di allevamenti che adottano un orientamento misto. La tipologia produttiva relativa alla linea vacca-vitello, risulta adottata maggiormente nella provincia di La Spezia (65% del totale) e Savona (58%). In provincia di Genova e in quella di Imperia la linea vacca-vitello viene adottata in misura minore, entrambe intorno al 30% (Fig. 3.5). Fig. 3.5 Orientamento produttivo e tipologia produttiva di allevamenti bovini nelle province 100% MISTO 90% LATTE 80% CARNE (NON DEFINITO) 70% CARNE (INGRASSO) 60% CARNE (LINEA VACCA-VITELLO) 50% 40% 30% 20% 10% 0% GE IM SP 62 SV La modalità di conduzione degli allevamenti bovini non è omogenea nelle quattro province. Ad Imperia risulta condotto all’aperto il 73% degli allevamenti, mentre a Savona, gli allevamenti risultano tutti stabulati (29%). Nella provincia di Genova la maggior parte degli allevanmenti è stabulata (46%) e in misura minore all’aperto (6%). Analogamente anche in provincia di La Spezia gli allevamenti risultano per il 40% stabulati e per il 20% all’aperto. Sul totale dei dati regionali circa il 43% degli allevamenti risulta sconosciuta (Fig. 3.6). Fig. 3.6 Modalità di conduzione di allevamenti bovini negli allevamenti liguri 100% SCONOSCIUTO 90% STABULATO 80% APERTO 70% 60% 50% 40% 30% 20% 10% 0% GE IM SP 63 SV Negli allevamenti di ovi-caprini la tipologia produttiva più utilizzata risulta quella per autoconsumo nelle province di Imperia (65%), La Spezia (45%) e Savona(68%). A Genova invece risultano più numerosi gli allevamenti che adottano la tipologia mista. Gli allevamenti da carne sono presenti con percentuali minori alle precedenti a Genova (23%), La Spezia e Savona circa il 30%. In tutta la regione infine gli allevamenti da lana e latte sono scarsamente rappresentati (Fig. 3.7). Fig. 3.7 Orientamento produttivo allevamenti ovi-caprini nelle province liguri 100% CARNE 90% LANA 80% 70% LATTE 60% MISTO 50% AUTOCONSUMO 40% 30% 20% 10% 0% GE IM SP SV 64 La modalità di conduzione degli allevamenti di ovi-caprini nelle province di Imperia e La Spezia è rappresenatata per oltre il 90% da allevamenti all’aperto. A Genova gli allevamenti con conduzione stabulata aumentano fino al 38% del totale e a Savona infine risultano in maggioranza con circa il 78% (Fig. 3.8). Fig. 3.8 Modalità di conduzione allevamenti ovi-caprini nelle province liguri 100% SCONOSCIUTO 90% STABULATO 80% APERTO 70% 60% 50% 40% 30% 20% 10% 0% GE IM SP 65 SV In tutto il territorio regionale sono state individuate in totale 303 aree di pascolo, di cui 113 utilizzate da bovini, 88 da ovi-caprini, 65 da entrambe le specie e di 37 non abbiamo informazioni. Le province col maggior numero di aree di pascolo sono risultate Genova, La Spezia e Imperia mentre a Savona sono stati censiti meno pascoli (Figg. 3.9 e 3.10). Fig. 3.9 Distribuzione aree di pascolo in Liguria Fig. 3.10 Ripartizione delle aree di pascolo nelle province liguri SV = 46 SP = 90 GE = 82 IM = 85 66 Utilizzando l’Analisi Multifattoriale della Varianza (metodo GLM) e il test di Bonferroni, sono state rilevate differenze significative nella dimensione media dei pascoli tra la provincia di Genova e quella di La Spezia (P<0,0001), tra Genova e Savona (P=0,028) e tra Imperia e La Spezia (P=0,016). Non risultano invece differenze significative nell’ampiezza dei pascoli considerando le sole specie allevate e l’effetto dell’interazione tra i due fattori (Fig. 3.11). Fig. 3.11 Variazioni della superficie media (ha) dei pascoli in relazione alla provincia ed alla specie allevata 67 Analizzando i dati relativi alle predazioni sul bestiame dal 2002 al 2013 emergono dati importanti. Dall’ultimo anno si sono aggiunti dati relativi a predazioni avvenute in provincia di Savona che si sommano a quelli delle altre province già registrati negli anni precedenti. Il numero totale di eventi nei 12 anni considerati è 349. Nell’ultimo anno le predazioni (n=54) sono avvenute in tutte le province e i dati sono stati raggruppati in 6 diverse aree corrispondenti, in provincia di Genova, al territorio circostante il Monte Antola e l’omonimo parco regionale, al territorio della Val d’Aveto e il territorio del Parco Regionale del Beigua. Le restanti zone ricadono nel territorio dell’intera provincia di Imperia, di La Spezia e di Savona. L’andamento delle predazioni è stato significativamente differente (χ2=273,483; gl=55; P<0,0001) tra le diverse zone. In particolare, nella zona dell’Antola, è stato osservato un progressivo aumento degli eventi di predazione dal 2004 al 2007 ed una costante dimunizione dal 2010 in poi; nella zona dell’Aveto non si registra una tendenza ben definita ma fluttuazioni annuali; in provincia di Imperia, si registra una tendenza all’aumento dal 2008 in poi. Per il Beigua si registra una dimunzione dal 2011 in poi mentre per la provincia di La Spezia si registra un leggero aumento rispetto all’anno precedente (Fig. 3.12). Fig. 3.12 Andamento degli eventi di predazione 30 n° Eventi Antola n° Eventi Beigua n° Eventi Aveto n° Eventi La Spezia 25 20 15 10 5 0 68 n° Eventi Imperia n° Eventi Savona Il numero di capi predati di bestiame ufficialmente denunciati, nel periodo consiederato (20022013) è di 808. Nel 2013 sono stati predati 167 capi. Confrontando le diverse zone della regione sono state registrate differenze significative nel numero di capi predati (χ2=684,368; gl=55; P<0,0001). Nella zona dell’Antola si registra una progressiva diminuzione dal 2010 ad oggi; nella zona dell’Aveto non è risultata una tendenza definita ma marcate oscillazioni da un’anno all’altro. Nell’area del Beigua, a dispetto del numero di eventi in diminuzione, è aumentato il numero di capi predati nell’ultimo anno. In provincia di Imperia c’è un aumento progressivo dei capi predati. Per la provincia di La Spezia anche se ci sono solo pochi dati si registra un aumento dei capi predati nel 2013 mentre per Savona non è possibile descrivere un’andamento degli eventi essendo il 2013 il primo anno in cui si registrano delle predazioni denunciate ufficialmente (Fig. 3.13). Fig. 3.13 Andamento dei capi di bestiame predati 70 n° Capi Antola n° Capi Aveto n° Capi Imperia n° Capi Beigua n° Capi La Spezia n° Capi Savona 60 50 40 30 20 10 0 69 Nelle province di La Spezia e Savona le percentuali di specie predate sono simili, vengono predate soprattutto pecore e in misura minore capre. Nella provincia di Imperia si aggiungono oltre alle specie predate in precedenza anche i bovini. Nella zona dell’Aveto la specie più predata risulta essere la capra seguita dalla pecora e infine, nella zona dell’Antola, vengono predati soprattutto bovini e con percentuali minori anche pecore e capre. Sono state registrate differenze significative sia nel numero di eventi di predazione (χ2=148,881; gl=15; P<0,0001) che nel numero dei capi predati (χ2=296,497; gl=15; P<0,0001) nelle diverse zone (Fig. 3.14). Fig. 3.14 Numero di eventi di predazione e capi predati per le diverse specie di bestiame (anni cumulati) 70 I dati riguardanti la zona dell’Antola e dell’Aveto dimostrano che le predazioni si registrano durante tutto l’anno anche se si riducono sensibilmente nei mesi invernali. Dai mesi di aprile e maggio, si ha un primo incremento che culmina con il massimo degli eventi e dei capi predati nel mese di settembre nell’Antola e di ottobre nell’Aveto. In provincia di Imperia le prime predazioni si registrano nel mese di marzo e il maggior numero di eventi e di capi predati si registra a settembre. Per la zona del Beigua, La Spezia e Savona gli eventi vengono registrati in modo discontinuo dal mese di marzo a quello di novembre. Nelle tre zone il numero dei capi predati è massimo nei mesi di marzo, agosto e in quella di La Spezia anche a novembre. È doveroso infine tenere in considerazione che i dati relativi alla provincia di Savona si riferiscono solo ad un anno e quella di La Spezia e Beigua agli ultimi due e tre anni, rispettivamente. Per le zone dell’Antola, dell’Aveto e di Imperia i dati sono più consistenti e riferiti ad un maggior numero di anni (Fig. 3.15). Fig. 3.15 Andamento mensile degli eventi di predazione e del numero dei capi predati per zona (anni cumulati) 71 Gli eventi di predazione nel corso dell’anno, riferiti alle diverse specie, non sono omogenei. I bovini vengono predati maggiormente all’inizio della stagione di pascolo con un picco nel mese di giugno anche se le predazioni vengono registrate in modo continuo da marzo a dicembre. Gli ovi-caprini invece vengono predati durante tutto l’anno. Un primo aumento degli eventi si registra all’inizio della primavera tra marzo e maggio per poi incrementare sia nel numero di eventi che di capi predati fino a settembre (culmine delle predazioni su ovini e caprini). Gli equini vengono predati durante tutto l’anno in modo discontinuo, con numeri molto bassi (Fig. 3.16). Fig. 3.16 Andamento mensile degli eventi di predazione e numero di capi predati per specie (anni cumulati) 72 L’Analis iMultifattoriale dellaVarianza effettuata sul numero di capi predati negli anni, riferiti alle diverse specie e alle diverse zone ha messo in evidenza differenze significative tra le specie predate (F=3,329; g.l.=3; P=0,02), tra le sei diverse zone (F=10,656; g.l.=5; P<0,0001) e anchel’interazione tra le zone e gli anni (F=2,844; g.l.=18; P<0,0001) è risultata significativa. Non è risultata invece una differenza rilevabile tra gli anni (F=3,329; g.l.=11; P=0,067) (Tab. 3.1). Tab. 3.1 Differenze significative delle predazioni tra anni, zone e specie predate Fattori Zone Confronti La Spezia - Antola P < 0,0001 Zone La Spezia - Aveto < 0,0001 Zone La Spezia - Beigua < 0,0001 Zone La Spezia - Savona < 0,0001 Zone La Spezia - Imperia < 0,0001 Zone Antola – Aveto 0,019 Zone Imperia – Antola 0,023 Specie Bovini – Ovini <0,0001 Specie Bovini-Caprini <0,0001 Considerando invece gli stessi dati ma con gli anni cumulati, l’Analisi Multifattoriale della Varianza ha evidenziato differenze significative tra le zone (F=11,148; g.l.=5; P<0,0001), tra le specie (F=4,946; g.l.=3; P=0,002) mentre l’interazione tra specie e zona non è risultata significativa (F=0,914; g.l.=9; P=0,513) (Tab. 3.2). Tab. 3.2 Differenze significative delle predazioni tra zone e specie predate Fattori Zone Zone Zone Zone Zone Zone Specie Specie Confronti Antola -Aveto La Spezia - Antola La Spezia - Aveto La Spezia - Beigua La Spezia - Imperia La Spezia - Savona Vacca– Pecora Vacca– Capra 73 P 0,028 < 0,0001 < 0,0001 < 0,0001 < 0,0001 < 0,0001 <0,0001 <0,0001 Dall’analisi di regressione con stima di curve, è stato evidenziato un andamento degli eventi di 2 predazione totale negli anni di tipo lineare in aumento (F=27,813; g.l.=1; P<0,0001; R =0,736; y=3,899 x + 3,742; Fig. 3.17). Fig. 3.17 Andamento degli eventi totali di predazione 74 Lo stesso andamento di tipo lineare si riscontra analizzando il numero di capi predati 2 complessivamente (F=26,750; g.l.=1; P<0,0001; R =0,728; y=10,524 x – 1,076; Fig. 3.18). Fig. 3.18 Andamento dei capi predati totali 75 Per la provincia di Savona, di La Spezia e la zona del Beigua non è stato possibile effettuata l’analisi in quanto i dati si riferiscono rispettivante solo ad uno, due e tre anni in cui le predazioni sono state regolarmante segnalate. Nella zona della Val d’Aveto non è stato possibile stimare un andamento significativo né per gli eventi di predazione (F=0,294; g.l.=1; P=0,599) né per i capi predati (F=0,010; g.l.=1; P=0,753). Nell’Antola si registra, un andamento degli eventi di predazione di tipo quadratico, con una marcata 2 2 tendenza alla diminuzione (F=14,521; g.l=2; P=0,002; R =0,763; y=11,104x -0,777x-17,773; Fig. 3.19). Fig. 3. 19 Andamento eventi di predazione nella zona del Monte Antola 76 Anche il numero di capi predati in questa zona segue un andamento di tipo quadratico, che mostra 2 un fenomeno in diminuzione (F=7,249; g.l.=2; P=0,013; R2=0,617; y=17,413x -1,195x-27,773; Fig. 3.20). Fig. 3.20 Andamento capi predati nell’area del Monte Antola 77 Per il territorio imperiese si è osservato un andamento degli eventi di predazione di tipo lineare, con una marcata tendenza all’aumento (F=30,058; g.l.=1; P<0,0001; R2=0,750; y=1,783x -5,591; Fig. 3.21). Fig. 3.21 Andamento eventi di predazione nella provincia di Imperia 78 Analizzando il numero di capi predati in provincia di Imperia si registra un andamento lineare simile a quello degli eventi con una marcata tendenza all’aumento (F=46,971 ; g.l.=1; P<0,0001; R2=0,824; y=4,615 x –14,333; Fig. 3.22). Fig. 3.22 Andamento numero capi predati in provincia di Imperia 79 Nel corso del 2013 i rimborsi erogati a favore degli allevatori che hanno subito danni al bestiame causati dal lupo ha riguardato, per la prima volta, tutte le province della regione. Per la provincia di Savona questo è il primo anno in cui vengono erogati i rimborsi, per quella di La Spezia è il secondo mentre nella provincia di Genova i fondi vengono erogati già dal 2002 e in provincia di Imperia dal 2004 .L’analisi di regressione con stima di curve, effettuata sui rimborsi complessivi erogati negli anni, ha mostrato un andamento di tipo quadratico, con una marcata tendenza alla 2 diminuzione (F=8,696; g.l.=2; P=0,008; R =0,659; y=7116,926x2 -473,112x –5683,209; Fig. 3.23). Fig. 3.23 Andamento dei rimborsi erogati in totale 80 Le analisi effettuate mediante il calcolo dell’AICc e l’inferenza multi-modello hanno fornito 12616 modelli di regressione logistica. Il calcolo dell’AICc ha permesso di individuare i 4 modelli migliori, con ΔAICc<2. Nei 4 modelli sono risultate significative le variabili relative alla percentuale di bosco di conifere e la distanza dal segno di presenza di lupo più vicino (Tab. 3.3). Tab. 3.3 Caratteristiche dei 4 modelli predittivi migliori del rischio di predazione sul pascolo da parte del lupo in Liguria (secondo il criterio di informazione di Akaike AICc e il fattore wi) Mod. Variabili Significative – 2 Log R2 likelihoo AICc d Δ AICc wi 0 % di Area sottesa Classificazioni dalla corrette curva ROC 1 tot. (SE) Bosco I conifere; 0,099 210,204 216,4 0 0,397 75,3 84,2 79,7 0.885 (0,002) 0,106 208,962 217,2 0.86 0,258 77,5 81,2 79,3 0.891 (0,001) 0,102 209,644 217,9 1.54 0,184 79,1 79,1 79,1 0.883 (0,025) 0.101 209,898 218,1 79,4 0.881 (0,007) Distanza lupo; Bosco II conifere; Distanza lupo; Rocce; Bosco III conifere; Distanza lupo; Prato-pascoli Bosco IV conifere; Distanza lupo; Urbano; 81 1.8 0,162 77,1 81,8 La somma dei wi (Akaike weights) ha permesso di evidenziare l’importanza delle variabili riguardanti la percentuale di bosco di conifere, distanza dal segno di presenza di lupo più vicino, la percentuale di aree rocciose, prato-pascoli e centri abitati. Il valore di β è risultato positivo (anche se poco consistente) per la distanza dalle localizzazioni di lupo, per la percentuale di aree rocciose e prato pascoli. È, invece, risultato negativo l’apporto della variabile relativa alla percentuale di bosco di conifere e centri abitati (Tab. 3.4). Tab. 3.4 Inferenza multi-modello e importanza relativa delle variabili ambientali per il rischio di predazione Lim. Sup. Int. Conf. Lim. Sup. Int. Conf. 95% β 95% β 0,008 -0,033 -0,002 0,001 0,001 -0,001 0,001 0,258 0,062 0,058 -0,053 0,177 Prato-pascoli 0,184 0,008 0,011 -0,014 0,031 Urbano 0,162 -0,030 0,055 -0,139 0,079 Variabili ∑w Β β SE Bosco conifere 1 -0,018 Distanza lupo 1 Rocce 82 La cross validation ha verificato l’efficacia dei modelli nel predire la probabilità di rischio di predazione da parte del lupo: il confronto tra le probabilità previste dai modelli ed i casi di presenza reali, svolto utilizzando le correlazioni per ranghi di Spearman, effettuate tra i ranghi previsti dai modelli e i casi di presenza reale, sono risultate statisticamente significative (Tab. 3.5). Tab. 3.5 Risultati della cross validation effettuata sui 4 modelli predittivi migliori Modello e sottogruppo Rho di Spearman (± D.S.) P ModI 0,911 (± 0,02) < 0,0001 ModII 0,941 (± 0,04) < 0,0001 ModIII 0,926 (± 0,01) < 0,0001 ModIV 0,911 (±0,03) < 0,0001 Mod_medio 0,926 (±0,04) < 0,0001 83 I 4 migliori modelli predittivi del rischio di predazione sono stati utilizzati per classificare le aree di pascolo in relazione al rischio di predazione e per individuare quelle con rischio ≥ 0,5. Il primo modello ha individuato 118 pascoli (38,9%) con elevato rischio di predazione da parte del lupo (Fig. 3.25). Fig. 3.25 Rischio di predazione dei pascoli secondo il modello 1 84 Il secondo modello ha individuato 125 pascoli (41,2%) a elevato rischio di predazione da parte del lupo (Fig. 3.26). Fig. 3.26 Rischio di predazione dei pascoli secondo il modello 2 85 Il terzo modello ha individuato 120 pascoli (39,6%) a elevato rischio di predazione da parte del lupo (Fig. 3.27). Fig. 3.27 Rischio di predazione dei pascoli secondo il modello 3 86 Il quarto modello ha individuato 128 pascoli (42,2%) a elevato rischio di predazione da parte del lupo (Fig. 3.28). Fig. 3.28 Rischio di predazione dei pascoli secondo il modello 4 87 Infine è stato calcolato il rischio medio tra i 4 modelli migliori, il modello così ottenuto ha individuato 122 pascoli predisposti alla predazione da parte del lupo pari al 40,3% del totale. Le province in cui è maggiore la concentrazione di pascoli a rischio di predazione sono risultate La Spezia, Genova e Imperia (Fig. 3.29). Fig. 3.29 Rischio di predazione dei pascoli cumulando i 4 modelli 88 PARTE IV SPERIMENTAZIONE DI METODI PREVENTIVI ANTI-PREDATORI foto di F. Puopolo 89 METODI I metodi di prevenzione acquistati e messi a disposizione da enti pubblici (Regione Liguria, Provincia di Genova, Parco Regionale dell’Aveto e Parco Regionale del Beigua) o in parte autofinanziati dagli allevatori sono stati installati su 25 pascoli su tutto il territorio regionale. Sono distribuiti in tutte le province liguri, in particolare, 9 in quella di Genova, 7 ad Imperia, 4 a La Spezia e 5 a Savona sia recinti elettrificati che dissuasori audio-visivi. Inoltre, si aggiungono 8 recinti elettrificati finanziati dal Parco Regionale dell’Aveto, consegnati agli allevatori nell’autunno 2014, che entreranno in funzione nel 2015. Di seguito sono riportate le schede tecniche relative ad ogni allevamento coinvolto nella sperimentazione. Per verificare l’efficacia dei metodi di prevenzione adottati, il numero di eventi di predazione e il numero di capi predati sono stati confrontati negli anni precedenti e quelli successivi all’adozione dei metodi di prevenzione. In particolare per la frequenza degli eventi è stato usato il test della massima verosimiglianza per tabelle di contingenza e, per il numero di capi predati, il test di Wilcoxon per campioni appaiati; entrambi i test sono stati condotti con permutazione (10.000 replicazioni). Di seguito sono riportate le schede tecniche di ogni allevamento coinvolto nella sperimentazione. 90 SCHEDA: 1 • PROVINCIA: IMPERIA; • COMUNE: REZZO; • LOCALITÀ: ALPE GRANDE; • AFFITTUARIO/ PROPRIETARIO: DONATI MAURA; • SUPERFICIE: 142 ha; • SPECIE ALLEVATA: BOVINI & OVICAPRINI; • NUMERO DI CAPI: 180 BOVINI & 60 CAPRINI; • TIPO DI SPERIMENTAZIONE: N. 5 DISSUASORI SONORI FAUNISTICI E RECINZIONE ELETTRIFICATA. • ANNO DI MESSA IN POSA : 2012; 91 SCHEDA: 2 • PROVINCIA: IMPERIA; • COMUNE: MENDATICA; • LOCALITÀ: FRONTE’; • AFFITTUARIO/ PROPRIETARIO: RAVIOLO; • SUPERFICIE: 400 ha; • SPECIE ALLEVATA: BOVINI, OVINI, EQUINI; • NUMERO DI CAPI: 200 BOVINI, 150 OVINI, 25 EQUINI; • TIPO DI SPERIMENTAZIONE: N. 5 DISSUASORI SONORI FAUNISTICI E RECINZIONE ELETTRIFICATA. • ANNO DI MESSA IN POSA : 2012; 92 SCHEDA: 3 • PROVINCIA: LA SPEZIA; • COMUNE: ROCCHETTA DI VARA; • LOCALITÀ: CASONI; • AFFITTUARIO/ PROPRIETARIO: MOSCATELLI; • SUPERFICIE: 5 ha; • SPECIE ALLEVATA: BOVINI, OVINI E CAPRINI; • NUMERO DI CAPI: 30 BOVINI E 2 OVINI E 6 CAPRINI; • TIPO DI SPERIMENTAZIONE: RECINZIONE ELETTRIFICATA • ANNO DI MESSA IN POSA : 2012; 93 SCHEDA: 4 • PROVINCIA: LA SPEZIA; • COMUNE: VARESE LIGURE; • LOCALITÀ: CANAVIGGIOLO; • AFFITTUARIO/ PROPRIETARIO: PEZZI; • SUPERFICIE: 4 e 70 ha; • SPECIE ALLEVATA: OVINI E BOVINI; • NUMERO DI CAPI: 20 OVINI E 9 BOVINI; • TIPO DI SPERIMENTAZIONE: N. 9 DISSUASORI SONORI FAUNISTICI E RECINZIONE ELETTRIFICATA. • ANNO DI MESSA IN POSA : 2012; 94 SCHEDA: 5 • PROVINCIA: GENOVA; • COMUNE: CASELLA; • LOCALITÀ: SALVEGA; • AFFITTUARIO/ PROPRIETARIO: OTTONELLO; • SUPERFICIE: 4 ha; • SPECIE ALLEVATA: OVINI; • NUMERO DI CAPI: 20; • TIPO DI SPERIMENTAZIONE: RECINZIONE ELETTRIFICATA. • ANNO DI MESSA IN POSA : 2011; 95 SCHEDA: 6 • PROVINCIA: GENOVA; • COMUNE: SANTO STEFANO D’AVETO; • LOCALITÀ: AMBORZASCO; • AFFITTUARIO/ PROPRIETARIO: FOCACCI; • SUPERFICIE: 7 ha; • SPECIE ALLEVATA: BOVINI &EQUINI; • NUMERO DI CAPI: 22; • TIPO DI SPERIMENTAZIONE: RECINZIONE ELETTRIFICATA. • ANNO DI MESSA IN POSA : 2007; 96 SCHEDA: 7 • PROVINCIA: GENOVA; • COMUNE: TORRIGLIA; • LOCALITÀ: PENSA; • AFFITTUARIO/ PROPRIETARIO: CRINITI; • SUPERFICIE: 5 ha; • SPECIE ALLEVATA: BOVINI, OVINI ED EQUINI; • NUMERO DI CAPI: 11; • TIPO DI SPERIMENTAZIONE: RECINZIONE ELETTRIFICATA. • ANNO DI MESSA IN POSA : 2009; 97 SCHEDA: 8 • PROVINCIA: GENOVA; • COMUNE: FASCIA; • LOCALITÀ: CASSINGHENO; • AFFITTUARIO/ PROPRIETARIO: SPALLAROSSA; • SUPERFICIE: 10 ha; • SPECIE ALLEVATA: BOVINI E OVINI; • NUMERO DI CAPI: 53; • TIPO DI SPERIMENTAZIONE: RECINZIONE ELETTRIFICATA. • ANNO DI MESSA IN POSA : 2011; 98 SCHEDA: 9 • PROVINCIA: GENOVA; • COMUNE: BORZONASCA; • LOCALITÀ: BELPIANO; • AFFITTUARIO/ PROPRIETARIO: SBARBORO; • SUPERFICIE: 7 ha; • SPECIE ALLEVATA: OVINI E BOVINI; • NUMERO DI CAPI: 124; • TIPO DI SPERIMENTAZIONE: RECINZIONE ELETTRIFICATA. • ANNO DI MESSA IN POSA : 2011; 99 SCHEDA: 10 • PROVNCIA: SAVONA; • COMUNE: STELLA–VARAZZE; • LOCALITÀ: MONTE BEIGUA; • AFFITTUARIO/ PROPRIETARIO: USAI; • SUPERFICIE: 200 ha; • SPECIE ALLEVATA: OVINI; • NUMERO DI CAPI: 800; • TIPO DI SPERIMENTAZIONE: 2 RECINZIONI ELETTRIFICATE. • ANNO DI MESSA IN POSA : 2011; 100 SCHEDA: 11 • PROVINCIA: SAVONA; • COMUNE: STELLA; • LOCALITÀ: SANTA GIUSTINA; • AFFITTUARIO/ PROPRIETARIO: MANZONE; • SUPERFICIE: 2 ha; • SPECIE ALLEVATA: OVINI; • NUMERO DI CAPI: 30; • TIPO DI SPERIMENTAZIONE: RECINZIONE ELETTRIFICATA. • ANNO DI MESSA IN POSA : 2012; 101 SCHEDA: 12 • PROVINCIA: LA SPEZIA; • COMUNE: ZIGNAGO; • LOCALITÀ: CAPORETTO; • AFFITTUARIO/ PROPRIETARIO: MENINI; • SUPERFICIE: 2 ha; • SPECIE ALLEVATA: OVINI; • NUMERO DI CAPI: 8; • TIPO DI SPERIMENTAZIONE: DISSUASORI. • ANNO DI MESSA IN POSA : 2013; 102 SCHEDA: 13 • PROVINCIA: LA SPEZIA; • COMUNE: ZIGNAGO; • LOCALITÀ: VIGA’; • AFFITTUARIO/ PROPRIETARIO: CANALE; • SUPERFICIE: 22 ha; • SPECIE ALLEVATA: OVINI; • NUMERO DI CAPI: 40; • TIPO DI SPERIMENTAZIONE: RECINTO. • ANNO DI MESSA IN POSA : 2013; 103 SCHEDA: 14 • PROVINCIA: IMPERIA; • COMUNE: TRIORA; • LOCALITÀ: VESIGNANA; • AFFITTUARIO/ PROPRIETARIO: NEVIO; • SUPERFICIE: 55 ha; • SPECIE ALLEVATA: OVICAPRINI; • NUMERO DI CAPI: 320; • TIPO DI SPERIMENTAZIONE: RECINTO. • ANNO DI MESSA IN POSA : 2013; 104 SCHEDA: 15 • PROVINCIA: IMPERIA; • COMUNE: CARPASIO; • LOCALITÀ: CARPASINA; • AFFITTUARIO/ PROPRIETARIO: ALBERTI; • SUPERFICIE: 120 ha; • SPECIE ALLEVATA: OVICAPRINI; • NUMERO DI CAPI: 470; • TIPO DI SPERIMENTAZIONE: RECINTO. • ANNO DI MESSA IN POSA : 2013; 105 SCHEDA: 16 • PROVINCIA: IMPERIA; • COMUNE: BORGOMARO; • LOCALITÀ: SAN BERNARDO DI CONIO; • AFFITTUARIO/ PROPRIETARIO: MELA; • SUPERFICIE: 16 ha; • SPECIE ALLEVATA: BOVINI; • NUMERO DI CAPI: 80; • TIPO DI SPERIMENTAZIONE: 5 DISSUASORI. • ANNO DI MESSA IN POSA : 2013; 106 SCHEDA: 17 • PROVINCIA: IMPERIA; • COMUNE: TRIORA; • LOCALITÀ: PIN; • AFFITTUARIO/ PROPRIETARIO: IARIA; • SUPERFICIE: 16 ha; • SPECIE ALLEVATA: OVICAPRINI; • NUMERO DI CAPI: 730; • TIPO DI SPERIMENTAZIONE: RECINTO. • ANNO DI MESSA IN POSA : 2013; 107 • SCHEDA: 18 • PROVINCIA: SAVONA; • COMUNE: GIUSVALLA; • LOCALITÀ: • AFFITTUARIO/ PROPRIETARIO: TORTAROLO; • SUPERFICIE: 20 ha; • SPECIE ALLEVATA: OVINI; • NUMERO DI CAPI: 75; • TIPO DI SPERIMENTAZIONE: RECINTO (SOLO ELETTRIFICATORE) E 5 DISSUASORI. • ANNO DI MESSA IN POSA : 2013; 108 • SCHEDA: 19 • PROVINCIA: GENOVA; • COMUNE: ROSSIGLIONE; • LOCALITÀ: COLMA; • AFFITTUARIO/ PROPRIETARIO: PORCU; • SUPERFICIE: 10 ha; • SPECIE ALLEVATA: OVINI; • NUMERO DI CAPI: 300; • TIPO DI SPERIMENTAZIONE: RECINTO E 1 DISSUASORE. • ANNO DI MESSA IN POSA : 2014; 109 • SCHEDA: 20 • PROVINCIA: IMPERIA; • COMUNE: COSIO D’ARROSCIA; • LOCALITÀ: MADONNA DEI CANCELLI; • AFFITTUARIO/ PROPIETARIO: PELASSA; • SUPERFICIE: 10 ha; • SPECIE ALLEVATA: BOVINI, OVINI E CAPRINI; • NUMERO DI CAPI: 150; • TIPO DI SPERIMENTAZIONE: RECINTO; • ANNO DI MESSA IN POSA: 2014; 110 • SCHEDA: 21 • PROVINCIA: GENOVA; • COMUNE: REZZOAGLIO; • LOCALITÀ: VILLANOCE ; • AFFITTUARIO/ PROPIETARIO: FONTANA; • SUPERFICIE: 1 ha; • SPECIE ALLEVATA: OVINI; • NUMERO DI CAPI: 5; • TIPO DI SPERIMENTAZIONE: RECINTO; • ANNO DI MESSA IN POSA: 2014; 111 • SCHEDA: 22 • PROVINCIA: GENOVA; • COMUNE: SANTO STEFANO D’AVETO; • LOCALITÀ: PASCO; • AFFITTUARIO/ PROPIETARIO: MONTEVERDE; • SUPERFICIE: 1ha; • SPECIE ALLEVATA: OVINI; • NUMERO DI CAPI: 10; • TIPO DI SPERIMENTAZIONE: RECINTO; • ANNO DI MESSA IN POSA: 2014; 112 • SCHEDA: 23 • PROVINCIA: SAVONA; • COMUNE: SASSELLO; • LOCALITÀ: PIAMPALUDO; • AFFITTUARIO/ PROPIETARIO: PIOMBO; • SUPERFICIE: 6 ha; • SPECIE ALLEVATA: OVINI; • NUMERO DI CAPI: 10; • TIPO DI SPERIMENTAZIONE: DISSUASORI; • ANNO DI MESSA IN POSA: 2014; 113 • SCHEDA: 24 • PROVINCIA: SAVONA; • COMUNE: BARDINETO; • LOCALITÀ: PIAMPALUDO; • AFFITTUARIO/ PROPIETARIO: MATTIAUDA; • SUPERFICIE: 5 ha; • SPECIE ALLEVATA: BOVINI; • NUMERO DI CAPI: 10; • TIPO DI SPERIMENTAZIONE: RECINTO; • ANNO DI MESSA IN POSA: 2014; 114 • SCHEDA: 25 • PROVINCIA: GENOVA; • COMUNE: NE; • LOCALITÀ: ROCCAGRANDE; • AFFITTUARIO/ PROPIETARIO: ROLLANDO; • SUPERFICIE: 10 ha; • SPECIE ALLEVATA: OVINI; • NUMERO DI CAPI: 80; • TIPO DI SPERIMENTAZIONE: RECINTO; • ANNO DI MESSA IN POSA: 2014; 115 RISULTATI L’utilizzo degli strumenti preventivi ha diminuito significativamente i casi di predazione sul bestiame da parte del lupo sebbene in maniera non significativa dal punto di vista statistico (LR=18,90; g.l.=16; P=0,634). In 9 pascoli (53%) non sono stati registrati eventi di predazione nell’anno successivo all’adozione delle misure di prevenzione mentre in 7 pascoli (41%) si sono verificate ancora predazioni. In un pascolo risultano predazioni dopo l’adozione dei mezzi di prevenzione ma non si hanno dati ufficiali sui casi di predazione degli anni precedenti. Infatti, in questo allevamento, negli anni precedenti alla messa in posa delle misure di prevenzione, l’allevatore aveva subito danni ma non aveva mai sporto denuncia (Fig. 4.1). Fig. 4.1 Numero di eventi di predazione prima e dopo l’adozione delle misure di prevenzione 116 Analizzando il numero di capi predati, è stata registrata una diminuzione significativa da prima a dopo l’adozione delle misure di prevenzione (Test di Wilcoxon: Z=-2,855; P=0,004) (Fig. 4.2). Fig. 4.2 Numero medio di capi predati, prima e dopo l’adozione di misure di prevenzione E’ doveroso specificare che, nel periodo di sperimentazione, non sono state registrate predazioni a carico di bestiame all’interno di aree protette con strumenti antipredatori correttamente funzionanti. I casi di predazione si sono verificati soltanto in 2 episodi in cui gli strumenti di prevenzione non erano stati attivati. I restanti casi di predazione sono avvenuti a causa di un’errata gestione degli strumenti di prevenzione o in allevamenti in cui le recinzioni sono state utilizzate solo di notte e gli attacchi sono avvenuti di giorno. Anche in questa fase del Progetto, si è registato l’apprezzamento dell’iniziativa da parte degli allevatori che hanno partecipato alla sperimentazione. Tuttavia è auspicabile un maggiore controllo soprattutto nella fase di sperimentazione al fine di produrre metodi di prevenzione efficienti che siano un esempio da seguire anche per tutti gli allevatori non ancora coinvolti. Pertanto si ritiene importante e necessario che la sperimentazione prosegua e possa disporre di mezzi adeguati per aumentare il numero degli allevamenti coinvolti e per fornire stime statisticamente più robuste dell’efficacia dei diversi metodi preventivi applicati. Ulteriori informazioni relative ai risultati dell’ultimo anno di sperimentazione, co-finanziato dal Servizio Politiche della Montagna e della Fauna Selvatica della Regione Liguria, condotte con la collaborazione del Dott. Sobrero, sono disponibili in appendice 2. 117 PARTE V INFORMAZIONE E COMUNICAZIONE foto di B. Arturi 118 Al fine di raggiungere e informare correttamente il pubblico, gli allevatori, i pastori e gli addetti ai lavori sulle iniziative volte a ridurre il conflitto tra le attività umane e la presenza del lupo, sono stati organizzati diversi eventi divulgativi. Nei giorni 6 e 7 dicembre 2013 è stato organizzato, dal Comune di Mendatica, con il patrocinio di Regione Liguria, Ministero del Lavoro e delle politiche Sociali, Provincia di Imperia, Associazione pro-loco Mendatica, l’evento dal titolo “Io amo il lupo”presso il Comune di Mendatica, al quale sono intervenuti esperti come il il Dott. Giovanni Diviacco (Settore Progetti e Programmi per la Tutela e Valorizzazione Ambientale, Dip. Ambiente, Regione Liguria) e il Dott. Matteo Serafini (“Il Lupo in Liguria”) che hanno illustrato attività inerenti al progetto regionale con la presentazione intitolata “Il ritorno del lupo in Liguria” (Fig. 5.1). Fig. 5.1 “Io amo il lupo” 119 Nei giorni 16 e 17 maggio 2014, è stato organizzato, dal Parco Nazionale Appennino ToscoEmiliano - Wolf Apennine Center (PNATE-WAC) e Regione Liguria, in collaborazione con Aree Protette Regione Liguria, Sistema Ligure di Educazione Ambientale e Comune di Genova, l’evento dal titolo “Il Lupo tra mito e realtà - Programma delle iniziative rivolte alle scuole – PalaLupo – presso Calata Mandraccio (Porta Siberia), Porto Antico (Genova) a cui sono intervenuti esperti come il Dott. Willy Reggioni e collaboratori (PNATE-WAC), il Dott. Antonio Federici (Parco Naturale dell’Antola), il Comm. Eraldo Minetti (Polizia Provinciale di Genova) e il Dott. Pietro Milanesi (“Il Lupo in Liguria”) (Fig. 5.2). Fig. 5.2 “Il Lupo tra mito e realtà - Programma delle iniziative rivolte alle scuole – PalaLupo” 120 Il giorno 21 maggio 2014 è stato organizzato, dall’Ambito Territoriale di Caccia Genova 2 Levante (ATC GE 2) in collaborazione con URCA e il personale del “Il lupo in Liguria”, l’incontro dal titolo: “Il lupo. Conservazione e compatibilità della specie con le pratiche zootecniche e venatorie” (Fig. 5.3). All’evento, rivolto principalmente ad allevatori, pastori, cacciatori e addetti ai lavori sulle iniziative volte a ridurre il conflitto tra le attività umane e la presenza del lupo, sono intervenuti come relatori il Dott. Luigi Marco Tiscornia (Presidente ATC Genova 2 Levante) che ha introdotto le problematiche legate alla presenza del lupo, il Dott. Pietro Milanesi (“Il Lupo in Liguria”) che ha presentato i risultati del monitoraggio del lupo nel levante della provincia di Genova e il Comm. Eraldo Minetti (Polizia Provinciale di Genova) che ha illustrato il ruolo della Provincia di Genova nella gestione del lupo. Fig. 5.3 “Il lupo. Conservazione e compatibilità della specie con le pratiche zootecniche e venatorie” 121 Il giorno 15 giugno 2014 è stato organizzato, presso il Comune di Triora, con il patrocinio e la collaborazione della Provincia di Imperia, di Regione Liguria, del Parco Alpi Liguri e del Comprensorio Alpino Imperiese, l’evnto dal titolo: “Triora e le meraviglie del suo territorio” (Fig. 5.4). All’evento, rivolto principalmente al pubblico hanno partecipato diversi esperti tecnicofaunistici. In particolare, alla “Conferenza sul Territorio”, il Dott. Matteo Serafini (“Il Lupo in Liguria”) ha parlato di aspetti relativi al monitoraggio del lupo nel territorio alpino ligure. Fig. 5.4 “Triora e le meraviglie del suo territorio” 122 Sabato 28 giugno 2014, presso l’Ecomuseo di cascina Maglioni, il Parco Naturale delle Capanne di Marcarolo ha organizzato un incontro divulgativo dal titolo “IL LUPO: biologia e gestione” (Fig. 5.5). Oltre all’intervento della relatrice dell'iniziativa, la Dott.ssa Francesca Marucco (coordinatrice tecnico-operativa del Progetto “Il Lupo in Piemonte”) sulla “Presenza del lupo in Piemonte e nel Parco Capanne di Marcarolo”, ci sono state le relazioni del Dott. Sergio Fasano “Indagine della presenza del lupo nel Parco del Beigua” e Dott. Roberto Sobrero sulla “Pevenzione dei danni da lupo in Liguria”. Con l’iniziativa è stata inaugurata la mostra fotografica “Scatti sull’Appennino tra Liguria e Piemonte : il ritorno del lupo” con foto di Nicola Rebora e Paolo Rossi e la proiezione di alcuni video di Massimo Campora e Renato Cottalasso. Fig. 5.5 “IL LUPO: biologia e gestione” 123 Inoltre, il giorno 13 dicembre 2014 è stato organizzato dal Comune di Cengio in collaborazione con la Dott.ssa Désirée Signorelli (referente dell’area in oggetto per il Progetto“Il Lupo in Liguria”) l’incontro dal titolo: “Il lupo e il nostro territorio” (Fig. 5.6). L’evento è stato presentato dall’Assessore alla Protezione Civile Boris Arturi e dal sindaco Sergio Marenco del Comune di Cengio. Sono intervenuti: il Dott. Giovanni Diviacco (Settore Progetti e Programmi per la Tutela e Valorizzazione Ambientale, Dip. Ambiente, Regione Liguria) che ha introdotto e illustrato il progetto regionale “Il Lupo in Liguria” e il Dott. Pietro Milanesi (“Il Lupo in Liguria”) che ha illustrato aspetti relativi alla biologia del lupo, il suo monitoraggio e le conoscenze attuali sulla distribuzione della specie in Liguria. Dopo la relazione del Dott. Alessandro Addeo (Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte, Liguria e Valle d'Aosta), relativa alle indagini effettuate su lupi uccisi nel territorio, il Comm. Eraldo Minetti (Polizia Provinciale di Genova) ha concluso la giornata con la presentazione dal titolo “Viaggio nel ‘mito’ di un mito”, esponendo la storia sociale del lupo, il rapporto uomo-lupo, l’immagine del predatore nei popoli e nella storia. Infine il Dott. Matteo Serafini e la Dott.ssa Elisa Torretta (“Il Lupo in Liguria”) hanno esposto un montaggio di filmati registrati nell’ambito del monitoraggio mediante foto-trappole effettuato da tutto il personale del progetto. L’evento è stato accompaganto dalla mostra di fotografia naturalistica di Andrea Biondo e Gabriele Cristiani, già collaboratori volontari del progetto regionale. Fig. 5.6 “Il lupo e il nostro territorio” 124 DISCUSSIONE E CONCLUSIONI DISTRIBUZIONE ATTUALE Il monitoraggio del lupo, così come quello degli altri grandi carnivori, necessita di un disegno di campionamento che ottimizzi la raccolta dei dati e ne garantisca la rappresentatività rispetto alla situazione ambientale e alla distribuzione degli individui della popolazione. La raccolta dei dati condotta seguendo criteri di rappresentatività, permette di ottenere risultati robusti sui diversi aspetti dell’ecologia del carnivoro quali la definizione degli areali e dei territori occupati, le loro caratteristiche ambientali e la disponibilità di prede, l’individuazione delle zone di nuova colonizzazione e, di conseguenza, le aree critiche per la conservazione della specie. Lo schema di monitoraggio utilizzato (Tessellation Stratified Sampling) consiste in un metodo di campionamento misto stratificato e casuale, che si basa su un sistema di transetti standardizzati, per la localizzazione dei segni di presenza indiretti del lupo, distribuiti in modo ottimale, così da coprire il più possibile l’area di studio. Sebbene la dimensione e il numero di celle e di transetti debbano essere calibrati, da una parte, sui movimenti e le aree vitali individuali e dei branchi e, dall’altra, sulla disponibilità di personale esperto da destinare all’attività di monitoraggio, la dimensione delle celle scelta (100 km2) può essere considerata un buon compromesso per arrivare alla completa copertura di un territorio regionale come quello ligure. Infatti, l’area vitale del lupo in Italia è stimata tra 75 e 300 km2con valori compresi tra i 120 e i 200 km2 nell’Appennino (Boitani e Ciucci, 1998; Gilio et al., 2004) e si può considerare che con un percorso di lunghezza minima di 2 km ogni 100 km2 vi siano elevate probabilità di rilevare segni di presenza della specie, se questa è presente nell’area. Inoltre, questo schema di campionamento, ripetuto nelle stagioni e negli anni, permette di individuare le nuove aree di presenza della specie e di verificare le previsioni dei modelli predittivi. Ovviamente tale validazione non sarebbe possibile con un campionamento di tipo opportunistico incentrato sulle aree dove è massima la probabilità di rinvenire segni di presenza del lupo. Il monitoraggio del lupo si basa quindi sulla raccolta di segni di presenza della specie a causa della sua scarsa contattabilità, dovuta alle abitudini notturne, alla spiccata tendenza a evitare l’uomo e alla bassa densità di popolazione, fattori che rendono molto difficile e improbabile l’osservazione diretta. Il monitoraggio basato sulla raccolta dei segni di presenza ha tuttavia alcuni limiti: 125 ad esempio, non è possibile mettere in relazione l’uso dell’habitat con i tipi di attività come avviene negli studi che utilizzano il radio-tracking (Weber e Meia, 1996). Inoltre, i risultati possono risentire della contattabilità dei segni di presenza nei diversi habitat. Nonostante ciò, il metodo presenta anche numerosi vantaggi: non implica la manipolazione o il disturbo della specie, permette di indagare aree molto vaste e di localizzare i segni trovati in maniera molto precisa, infine, se il campionamento è predisposto correttamente, il metodo permette di raccogliere dati rappresentativi di tutta la popolazione indagata e non risente della variabilità individuale come gli studi di radiotracking condotti su un campione insufficiente d’individui (Cagnacci et al., 2004). I dati raccolti durante il campionamento e le analisi effettuate, in particolare quelle spaziali, indicano che durante gli anni di monitoraggio (2007-2014), la presenza del lupo in Liguria si è stabilizzata con un aumento cospicuo dell’areale occupato. Tuttavia, le previsioni dei modelli d’idoneità ambientale, indicano che la specie potrebbe ampliare ulteriormente l’areale di presenza. Le caratteristiche ambientali (disponibilità di prede, basso disturbo antropico ed estesa copertura forestale) hanno favorito la presenza stabile del lupo sul territorio ligure. Le analisi spaziali hanno confermato la presenza di un unico areale che va dalla parte orientale a quella occidentale della regione. L’areale attuale sembra interessare anche porzioni di territorio oltre i confini della Liguria, in particolare a ovest in Francia e Piemonte, nella parte centrale in Piemonte ed Emilia-Romagna e a est in Toscana. Sono state, inoltre, individuate 3 core areas: la prima situata tra la provincia di Imperia e quella di Savona, la seconda nella zona nord-orientale della provincia di Savona al confine con quella di Genova, la terza nell’area del Parco Regionale dell’Aveto (GE) e, in modo marginale, nella provincia di La Spezia. Queste aree corrispondono probabilmente alle zone di maggior frequentazione dei branchi presenti. Le analisi dei campioni biologici freschi hanno consentito di individuare e confermare la presenza di lupi stabili sul territorio regionale. Il maggior numero di genotipi di lupo è stato identificato in 6 aree, in 5 delle quali sono stati rilevati rapporti di parentela tra gli individui che compongono i branchi. La distribuzione discontinua è probabilmente il risultato di una diversa disponibilità di prede, della frammentazione degli habitat e della persecuzione da parte dell’uomo. Queste considerazioni richiedono un monitoraggio costante dell’evoluzione dei branchi, in termini di numero, di composizione e di superficie occupata. Inoltre, la genotipizzazione dei singoli individui, 126 come finora effettuato, fornirà ulteriori dati per quanto riguarda la dinamica di popolazione ed il relativo turn-over sul territorio ligure. Quindi, il monitoraggio genetico non-invasivo è risultato estremamente efficace, oltre a determinare con certezza la specie, il sesso ed identificare il singolo individuo (altrimenti impossibile con altre tecniche) anche per misurare importanti parametri come la distribuzione, il numero minimo di lupi presenti, la struttura della popolazione e il successo riproduttivo. La tecnica del foto- e video-trappolaggio si è rilevata efficace nel verificare la presenza del lupo. Sebbene il successo di rilevazione per la specie (numero eventi/giorni campionamento) sia stato complessivamente inferiore al 10%, lo sforzo (numero di giorni di attivazione delle TVF) necessario per ottenere il primo contatto con la specie target è risultato molto contenuto (tra i 4 e gli 8 giorni). Le conoscenze preliminari sulla distribuzione del lupo in Liguria si sono dimostrate molto utili a bilanciare lo sforzo con i risultati. Le TVF si sono dimostrate adeguate anche per verificare il successo riproduttivo, grazie ai contatti con individui sub-adulti e giovani: in alcuni casi è stato possibile rilevare la presenza di femmine adulte in evidente stato di gravidanza. Tuttavia i contatti con i giovani dell’anno si sono dimostrati eventi rari e quindi non sufficienti a misurare con precisione alcuni parametri di popolazione come il tasso di natalità, mortalità infantile e fitness. Al contrario, per il 40% degli individui ripresi, è stato possibile riconoscerne il sesso (disponendo le TVF in punti di marcatura noti, e quindi determinare il sesso tramite l’osservazione del comportamento di marcatura o degli organi sessuali; Rothman e Mech., 1979) e calcolare la sex-ratio. Le TVF si sono dimostrate efficaci anche per lo studio dei ritmi di attività, mostrando il picco di attività del lupo tra il tramonto e l’alba, evitando le fasi centrali del giorno, in accordo con altri studi (Italia, Ciucci et al., 1997; in Spagna, Vilà et al., 1995; in Croazia, Kusak et al., 2005; in Finlandia, Kojola, 2002), sia in America (in Minnesota, Chavez e Gese, 2006). Inoltre, le analisi temporali tra uomo e lupo hanno mostrato come i loro ritmi circadiani siano inversamente proporzionali e la percentuale di similarità molto bassa. Al contrario, tra il lupo e le potenziali prede più abbondanti in Liguria (cinghiale, capriolo e daino; Meriggi et al., 2013) vi è una significativa similarità tra i ritmi d’attività, pari a 89% per il cinghiale, 60% per il capriolo e 68% con il daino. È quindi ipotizzabile 127 che i ritmi di attività del lupo ottimizzino il bilancio costi-benefici, riducendo il rischio di incontro con l’uomo e aumentando le probabilità di incontro con le potenziali prede (Lima e Dill, 1990). Sebbenre il costo delle TVF, l’affidabilità delle attrezzature, la possibilità di furto dei dispositivi e lo sforzo di campionamento possono risultare eccessivi per un monitoraggio su piccola scala, comparandolo ad altri metodi di campionamento, il costo è ammortizzato nel tempo e la gestione dei dispositivi può essere affidata a pochi ma esperti operatori. Infine anche la tecnica del foto- e video-trappolaggio si è dimostrata efficace nel misurare il numero minimo di lupi presenti, la struttura della popolazione, i ritmi di attività del lupo e delle sue prede e le relazioni tra il predatore e le attività antropiche. MODELLI DI VALUTAZIONE AMBIENTALE I modelli formulati per la presenza del lupo hanno mostrato complessivamente una buona efficacia predittiva, confermata dai nuovi dati raccolti. Infatti, l’ambiente appenninico e alpino della Liguria sono caratterizzati dalla presenza di comunità di ungulati selvatici in espansione, grazie ad immissioni per scopi venatori, reintroduzioni effettuate da vari enti e alla naturale espansione e ricolonizzazione degli areali storici e degli habitat idonei a queste specie. La notevole copertura forestale della regione e il basso disturbo antropico presente nell’entroterra ligure hanno favorito questa espansione e lo stanziamento di queste specie. Pertanto la Liguria rappresenta un territorio idoneo per l’espansione delle popolazioni di lupo. Sebbene le validazioni con i nuovi dati abbiano mostrato una maggiore efficacia predittiva del modello basato sull’analisi delle foreste casuali (RF), si ritiene importante sviluppare e aggiornare i modelli predittivi con gli 11 metodi utilizzati, per una conoscenza più dettagliata ed approfondita e per ridurre errori di classificazione dovuti all’uso di un singolo modello. Inoltre, l’aggiornamento periodico dei modelli con i nuovi dati raccolti permetterà d’incrementarne l’efficacia nel prevedere la distribuzione della specie, verificarne eventuali cambiamenti e individuarne tempestivamente le cause. IMPATTO SULLA ZOOTECNIA Le principali problematiche legate alla presenza del predatore derivano dal suo impatto sulla zootecnia. La presenza del carnivoro in una data area, infatti, può innescare conflitti con l’uomo e le sue attività economiche. L’interazione tra impatto predatorio, caratteristiche ambientali e 128 comportamento dei predatori può rendere difficile l’individuazione dei principali fattori che determinano il rischio di predazione. Dai dati relativi al censimento degli allevamenti in Liguria risulta che gli allevamenti di ovicaprini sono molto più numerosi rispetto a quelli di bovini. Analizzando in particolare le diverse province si osserva che a Genova è presente il maggior numero di allevamenti sia di bovini che di ovicaprini, seguita per i bovini dalla provincia di La Spezia, Savona e infine Imperia. Per gli ovicaprini, dopo Genova, le province con il maggior numero di capi sono Savona, La Spezia e Imperia. Gli allevamenti di bovini adottano maggiormente l’orientamento produttivo da carne in tutte le province, piccole percentuali sono relative agli allevamenti da latte e con orientamento misto soprattutto a Genova e Imperia. Il numero di allevamenti che adotta la linea vacca-vitello, più vulnerabile a predazione da parte del lupo, sono in ordine crescente in provincia di Genova con circa il 30% del totale, Imperia, La Spezia e inine Savona dove quasi il 70% di tutti gli allevamenti adotta questa tipologia produttiva. L’orientamento produttivo principale degli allevamenti di ovicaprini è misto nella provincia di Genova e da autoconsumo nelle restanti province. La maggior parte degli allevamenti ovicaprini sono condotti all’aperto nelle province di Imperia e La Spezia, toccando quasi il 90% del totale, influendo in modo deciso sul rischio di predazione. In provincia di Genova la percentuale di allevamenti condotti all’aperto si riduce intorno al 50% e infine in provincia di Savona la maggior parte sono a conduzione stabulata. A partire dal 2013 i dati forniti dalle ASL in merito ai casi di predazione, avvenuti dal 2002 al 2013, riguardano tutte le province liguri. Per Savona il 2013 rappresenta il primo anno in cui vengono verificate e rimborsate le predazioni sul patrimonio zootecnico. Per la provincia di La Spezia i dati sono stati registrati a partire dal 2012 mentre per la provincia di Imperia e Genova si hanno dati più consistenti riguardanti molti più anni. Verificando gli andamenti del numero di predazioni negli anni si osserva una netta diminuzione nella zona dell’Antola dal 2007 in poi, in diminuzione anche gli eventi nella zona del Parco del Beigua. Nell’area del Parco regionale dell’Aveto si registra un trend discontinuo negli anni, in leggero aumento nel 2013 rispetto all’anno precedente. Infine in provincia di Imperia e in quella di La Spezia si è verificato un aumento delle predazioni rispetto agli anni precedenti. Per quanto riguarda il numero di capi predati si registra un leggero aumento rispetto all’anno precedente in tutte le aree. Le predazioni sono state soprattutto a carico di vitelli nella zona del Parco dell’Antola, e una piccola parte in provincia di Imperia. Nelle restanti zone il 129 fenomeno ha interessato principalmente pecore e capre, con differenze significative negli eventi di predazione e nel numero di capi predati. Dall’analisi multifattoriale della varianza effettuata sulle predazioni ufficialmente registrate sono emerse differenze significative tra le specie predate, tra le diverse zone e l’interazione tra le zone e gli anni. Verificando l’andamento mensile degli eventi e dei capi predati si osserva che nella zona dell’Antola e dell’Aveto si registrano eventi durante tutto l’anno con due periodi più intensi a luglio e a settembre per l’Aveto e a giugno-luglio e ottobre per l’Antola. Nella provincia di Imperia si registrano eventi tra aprile e novembre con un massimo in settembre. In provincia di Savona, La Spezia e nella zona del Beigua gli eventi sono discontinui e registrati tra marzo e novembre. Nei diversi mesi dell’anno i bovini vengono predati da marzo a dicembre e maggiormente all’inizio della stagione di pascolo tra maggio e giugno, periodo in cui più spesso nascono i vitelli. Le capre e le pecore, predate durante tutto l’anno, hanno andamenti simili nei diversi mesi con un picco massimo di predazioni e capi predati nel mese di settembre. L’analisi di regressione con stima di curve, condotta per eventi di predazione e capi predati, ha evidenziato una marcata tendenza all’aumento del numero di attacchi e di animali predati, tenendo in considerazione che dall’anno in esame si sono aggiunte per la prima volta le predazioni della provincia di Savona. Considerando i rimborsi erogati dalle province liguri per danni da predazione al bestiame, l’analisi di regressione con stima di curve ha mostrato una marcata tendenza alla diminuzione. Come per i modelli predittivi della presenza del lupo, anche i migliori modelli predittivi del rischio di predazione sono stati verificati e validati con i nuovi casi di predazione avvenuti nel corso dell’ultimo anno di campionamento. L’efficacia predittiva dei modelli del rischio di predazione è stata elevata e in particolare il secondo modello è risultato quello che ha meglio previsto i casi di predazione. Questi risultati sono di primaria importanza per definire le aree di maggior criticità, ovvero quelle in cui il conflitto uomo-predatore è e sarà più elevato. Le mappe derivanti dai modelli di rischio di predazione costituiscono uno strumento applicativo che permetterà alle amministrizioni di indirizzare le risorse economiche esistenti all’acquisto di strumenti preventivi da impiegare primariamente nelle aree di pascolo con il rischio di predazione maggiore. Pertanto, al fine di tutelare le attività antropiche e la conservazione del grande carnivoro, si suggerisce di continuare ad affiancare al monitoraggio del lupo quello dei casi di predazione da parte dello stesso, nonché di verificare periodicamente le aree interessate dal pascolo e le loro caratteristiche ambientali e 130 gestionali, per l’ulteriore sviluppo, aggiornamento e validazione dei modelli relativi al rischio di predazione. PREVENZIONE Per cercare di ridurre ulteriormente i casi di predazione sul bestiame e il conflitto tra lupo e zootecnia, anche nel 2013sono stati forniti gratuitamente strumenti preventivi anti-predatori agli allevatori e pastori che hanno aderito all’iniziativa. L’efficacia di tali strumenti è stata verificata su 17 allevamenti che hanno aderito al programma fino alla data utile per verificare eventuali eventi di predazione regolamente denunciati e rimborsati nell’anno successivo l’installazione di mezzi di prevenzione. È stato confrontato il numero di eventi registrati l’anno prima e quelli avvenuti l’anno successivo all’adozione dei metodi di prevenzione; negli allevamenti con recinti elettrificati o dissuasori sonori faunistici il numero di eventi è diminuito, anche se statisticamente poco significativo, è diminuito invece significativamente il numero di capi predati. È importante ribadire che i casi accertati di predazione in questi allevamenti non sono mai avvenuti in aree protette con mezzi difensivi funzionanti e correttamente installati. Risulta comunque la pecora la specie più predata, in genere in area non protetta, seguita da capre e pochissimi eventi su vitelli. Purtroppo, dato il numero ridotto di allevamenti che hanno aderito al programma di prevenzione e che hanno installato correttamente i mezzi di prevenzione, non è stato possibile verificare l’efficacia dei diversi metodi messi in opera. I risultati ottenuti devono, quindi, essere considerati con cautela sebbene il confronto sia stato condotto sugli stessi allevamenti, prima e dopo la messa in opera dei sistemi di prevenzione. Tuttavia, per arrivare a conclusioni definitive sull’efficacia della prevenzione dovrebbe essere adottato un disegno sperimentale classico che dovrebbe prevedere un confronto tra situazioni sperimentali (con prevenzione) e di controllo (senza prevenzione) e l’inversione, nell’anno successivo, di trattamenti e controlli. Il test dovrebbe essere condotto come segue: Selezione casuale di almeno una coppia di allevamenti, tra quelli a rischio di predazione, per ogni specie allevata e per ogni metodo da sperimentare, in ognuna delle quattro province; Verifica delle caratteristiche ambientali degli allevamenti che devono essere uguali o molto simili per ogni coppia; 131 Verifica che negli anni precedenti la sperimentazione si siano verificati eventi di predazione in entrambi i membri di ogni coppia; Installazione dei metodi di prevenzione in uno dei membri di ogni coppia scelto a caso; i metodi dovrebbero essere: a) recinzioni elettrificate, b) dissuasori, c) cani da guardia del bestiame, d) sorveglianza durante il pascolo, e) ricovero notturno. Sperimentare tutte le possibili combinazioni dei diversi metodi aggiungerebbe maggior valore alle analisi; Inversione nell’anno successivo dei membri delle coppie; vale a dire che l’allevamento “trattamento” diventa “controllo” e viceversa. Per evitare risultati erronei, i metodi di prevenzione dovrebbero essere attivati all’inizio del periodo di pascolo e non a stagione avanzata. È necessario, inoltre, che venga controllata l’effettiva messa in opera degli strumenti di prevenzione e la loro efficienza per tutto il periodo di sperimentazione. Programmando la sperimentazione secondo il disegno sopra descritto sarà possibile arrivare a valutazioni conclusive e realistiche dell’efficacia di ogni metodo, anche in relazione alla specie predata. Un valore aggiunto alla sperimentazione dei metodi anti-predatori è dato dal miglioramento del rapporto tra gli allevatori e le amministrazioni competenti. Infatti, pastori e allevatori non considerano le amministrazioni (regionali e provinciali) enti che esercitano controllo solo per proteggere il lupo ma, visti i risultati ottenuti, cominciano, seppur faticosamente, a considerare possibile la convivenza pacifica con il predatore, non più visto come un avversario da eliminare, ma come un elemento dell’ambiente. Si ribadisce ulteriormente che la standardizzazione del sistema “denuncia – controllo – rimborso” da parte delle province e degli organismi competenti (A.S.L., Polizia Provinciale, Corpo Forestale dello Stato, ecc.), in termini di velocità ed efficienza, è in grado di evitare il protrarsi di ostilità con gli allevatori, evitando così fenomeni di persecuzione nei confronti della specie. Quindi è necessario che ogni caso di possibile predazione sia tempestivamente denunciato e controllato da esperti che siano in grado, dalle modalità di attacco, uccisione e consumazione delle prede, di attribuire la predazione. Perché questo avvenga è opportuno che i servizi veterinari ai quali solitamente si rivolge l’allevatore, siano sensibilizzati in modo che inoltrino la segnalazione del danno all’amministrazione competente e si possa organizzare un sopralluogo congiunto da parte di 132 veterinario, personale di vigilanza dell’amministrazione provinciale territorialmente competente e un ricercatore del Progetto “Il Lupo in Liguria” esperto in materia. Per favorire la tempestività e la verifica da parte delle diverse figure competenti sopracitate, oltre all’opuscolo divulgativo redatto nella precedente fase, sono stati promossi incontri atti a coinvolgere, informare e “formare” pastori ed allevatori sulle iniziative attivate per prevenire i danni da lupo e sul come comportarsi in caso di predazione al bestiame. Tale opuscolo rappresenta una brevissima sintesi degli strumenti di prevenzione delle predazioni che possono essere utilizzati secondo le esigenze e il contesto in cui il bestiame pascola. Infatti, non vi è una soluzione unica che si adatti a tutte le situazioni e pertanto è importante che sia verificata, dal personale addetto, la messa in posa delle strutture preventive. Pertanto gli incontri sono un mezzo per migliorare i rapporti con gli allevatori presenti sul territorio regionale, spiegando e rendendoli partecipi delle diverse fasi della sperimentazione. Per tali ragioni è opportuno proseguire con la sperimentazione e la comunicazione delle iniziative, favorendo ulteriormente lo scambio d’informazioni in merito alle diverse problematiche affrontate, ricordando che lo scopo del progetto è di favorire la coesistenza tra il lupo e le attività antropiche, obiettivo raggiungibile solo con la collaborazione di tutti gli Enti interessati dalla presenza del predatore e con una corretta informazione rivolta alle popolazioni umane residenti, agli allevatori e ai pastori. 133 OPERE CITATE AKAIKE H. (1973) Information theory as an extension of the maximum likelihood principle. 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Regionali, di Genova, di Chiavari, di La Spezia, di Savona e di Imperia; l'Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte, Liguria e Valle d'Aosta (sede di Imperia); I Corpi Forestali dello Stato e le Polizie Provinciali presenti sul territorio ligure; Le Amministrazioni Provinciali di Genova, Imperia, La Spezia e Savona; Il Museo Civico di Storia Naturale “Giacomo Doria” di Genova; Tutti i volontari e gli studenti che hanno partecipato alla raccolta dei dati. 142