® Un progetto GlaxoSmithKline Perché, quando, come e cosa narrare e leggere ad alta voce con i bambini in età prescolare Nuova edizione Un progetto GlaxoSmithKline Perché, quando, come e cosa narrare e leggere ad alta voce con i bambini in età prescolare INDICE Presentazione 2 Narrare e leggere ad alta voce con i bambini in età prescolare Perché I fondamenti culturali del Progetto “Leggere per Crescere” SILVIA VEGETTI FINZI Narrare e leggere ad alta voce nella scuola 3 30 Narrare e leggere ad alta voce con i bambini 14 Narrare e leggere ad alta voce con i bambini in età prescolare in ospedale 34 La fantasia contro il male 37 Narrare e leggere ad alta voce con i bambini Quando 18 Quanto ci dedichiamo ai nostri bambini 23 disabili 38 Non ci sono bambini poco intelligenti 40 Narrare e leggere ad alta voce con i bambini in età prescolare Narrare e leggere ad alta voce con i bambini in età prescolare Come dell’infanzia 24 Narrare e leggere ad alta voce al nido 26 Le prime letture segnano tutta la vita 28 Cosa 42 Criteri-guida nella scelta delle pubblicazioni per bambini 46 I primi 5 anni dello sviluppo del Progetto “Leggere per Crescere” 2002-2006 48 Presentazione Q uesta pubblicazione accoglie sinteticamente le esperienze e le riflessioni maturate nel corso dei primi cinque anni durante i quali il Progetto “Leggere per Crescere” è stato sviluppato in Italia, con i risultati ricordati alle pagine 48-49. Nel contesto del Programma di impegno sociale di GlaxoSmithKline denominato “Salute & Società”, il Progetto “Leggere per Crescere” viene impostato nel 2001, con la finalità di diffondere la pratica del raccontare e del leggere ad alta voce presso le famiglie con bambini in età prescolare, pratica ancora largamente disattesa in ogni parte del Paese, a ogni livello socioeconomico e culturale. Il razionale sottostante al Progetto “Leggere per Crescere” è basato su un dato di fatto tanto intuitivo, riscontrabile nella comune esperienza, quanto ampiamente documentato da numerosi studi scientifici: la narrazione e la lettura ad alta voce ai e con i bambini nei primi cinque anni di vita favoriscono lo sviluppo del linguaggio, arricchiscono la memoria, stimolano la fantasia, promuovono le capacità cognitive, rendono più intensi e stretti i rapporti affettivi fra chi legge e chi ascolta; infine, e non è certamente il risultato meno importante, accrescono le capacità genitoriali e quelle professionali di quanti si occupano dell’educazione, della salute e del benessere dei bambini. Fin dall’inizio dello sviluppo del Progetto “Leggere per Crescere” emersero e si imposero altre esigenze, rispetto alla sensibilizzazione delle famiglie alla pratica quotidiana della narrazione e della lettura ad alta voce. In particolare, si presentò con pressante evidenza la domanda di soddisfare bisogni particolari di bambini malati, di bambini appartenenti a famiglie migranti, di bambini disabili. Domanda che non è rimasta inevasa, per cui il Progetto “Leggere per Crescere” venne ben presto diversificato lungo tre nuove principali direttive: il bambino in ospedale, il bambino disabile, il bambino di lingua e cultura diverse. Dalla somma delle esperienze maturate nel corso di cinque anni si è pervenuti alla conclusione, implicita in ogni pagina di questa pubblicazione, secondo cui la promozione della narrazione e della lettura ad alta voce in età prescolare non è solo utile, ma necessaria, di interesse nazionale, livello questo che richiede l’impegno congiunto di un’ampia rete di capacità decisionali istituzionali e la concorde collaborazione di quanti, e non sono pochi neppure in Italia, lavorano per migliorare le condizioni di sviluppo psicoaffettivo, intellettuale e morale di quelli che saranno il futuro del Paese. In questo spirito è stato pensato e viene sviluppato il Progetto “Leggere per Crescere” 2 di cui è testimonianza questo volumetto. 1 Capitolo Narrare e leggere ad alta voce con i bambini in età prescolare U Perché Un comune obiettivo delle persone che a vario titolo sono responsabili della salute, del benessere, dell’armonico sviluppo psichico dei bambini nei primi anni della loro vita è quello di promuovere una genitorialità consapevole e competente, presupposto di ogni adeguata prestazione genitoriale, dal momento che è in famiglia che il bambino trascorre la maggior parte della sua esistenza, anche quando viene affidato agli asili nido e alle scuole dell’infanzia. Gli ambiti entro i quali consapevolezza e competenza genitoriale possono essere stimolati sono numerosi e tutti rilevanti: dall’alimentazione all’igiene personale e ambientale, dalla protezione fisica al rispetto delle differenze individuali1. Su tutti, sembra tuttavia legittimo attribuire una particolare importanza a quell’ambito in cui viene contemplato l’insieme delle attività psichiche e designato genericamente con il termine “mente”, nell’assunto che lo sviluppo mentale rappresenti la condizione fondamentale che imprime all’esistenza la sua maggiore qualità. Il termine “sviluppo mentale” comprende molti fenomeni, tutti influenzabili dalle esperienze che il bambino sperimenta ancora prima di nascere2 e che hanno un ruolo fondamentale nel configurare il cervello e le sue prestazioni, secondo gradualità che vanno di pari passo con le fasi di maturazione cerebrale. Facilitatori e conduttori delle possibilità di sperimentare da parte dei bambini sono gli adulti, in primo luogo genitori, che possono intervenire su molti aspetti dello sviluppo mentale, fra i quali si impone quello del linguaggio in quanto esso non è soltanto il mezzo con cui gli esseri umani comunicano fra loro, ma è anche e soprattutto lo strumento mediante il quale l’uomo elabora, rappresenta simbolicamente ed esprime la realtà propria e quella che lo circonda. La ricchezza e la povertà del linguaggio segnano il destino individuale e sociale di una persona. In una ben nota ricerca americana3, ma indicativa anche per altre realtà nazionali, è stato stimato che bambini, seguiti da quando avevano 7-8 mesi di vita, in quattro anni avevano in media “sperimentato”: 45 milioni di parole quelli appartenenti a famiglie di professionisti, 26 milioni quelli di famiglie di lavoratori e 13 milioni quelli di famiglie che vivevano di sussidi. Esaminati a 9-10 anni, la capacità di parlare rifletteva ancora le differenze esperenziali dei primi anni di vita. Questo significa che le traiettorie dello sviluppo del linguaggio rimangono differenti negli anni a seconda delle esperienze godute nei primi anni di vita nelle diverse condizioni socioeconomiche delle famiglie. Lo svantaggio linguistico eventualmente presente nei primi anni di vita, prima ancora di accedere alla scuola dell’infanzia, si trascina anche nella scuola primaria e oltre, in quanto l’insegnamento è sostanziato da parole e la comprensione di nuove parole è condizionata dal vocabolario che un bambino già possiede4. La centralità del linguaggio e del suo sviluppo nell’esistenza di ogni persona sono sostenuti da numerose componenti, per ognuna delle quali sono disponibili convincenti evidenze scientifiche che ne dimostrano l’importanza. In estrema sintesi, si possono ricordare i seguenti fattori, collegabili al ruolo del linguaggio e della funzione che la narrazione e la lettura ad alta voce possono avere nel favorire la crescita, in senso lato, del bambino: l’apprendimento, l’attaccamento, l’autonomia, la creatività, l’emotività, il linguaggio, la memoria, la moralità, la socializzazione, lo sviluppo mentale5. L’apprendimento Un’efficace argomentazione, per sostenere la validità dei rapporti verbali nella stimolazione delle capacità di apprendere nel bambino, è offerta dalle ricerche sulla struttura del cervello e il suo sviluppo. Alla nascita è già presente la maggior parte delle cellule che costituiscono il sistema nervoso, i neuroni, ma scarse sono le connessioni fra loro; queste tuttavia vanno massicciamente moltiplicandosi nei primi anni di vita al ritmo di molti milioni al secondo. La formazione di una tale enor- 3 Capitolo 1 me rete di connessioni è stimolata dalle esperienze affrontate dal bambino, dall’azione dell’ambiente in cui egli cresce. È stato stimato che il cervello di un bambino è due volte più attivo di quello di un adulto, contando, a tre anni, su un numero di connessioni dell’ordine di 15.000 per ogni cellula nervosa cerebrale e si calcola che il cervello ne conti oltre 100 miliardi. Ma soltanto le connessioni che vengono stimolate e che “lavorano” permangono nel tempo; le altre vengono per così dire “potate”. Un dato esemplare di questo processo è rappresentato dal fatto che la parte del cervello che controlla il linguaggio è risultata più sviluppata nelle persone con un livello di istruzione maggiore rispetto a quelle con un’istruzione minore. Questo significa che le capacità di apprendimento sono suscettibili di espansione ben oltre alle naturali risorse biologiche, quanto più il bambino può crescere in un ambiente stimolante, sostenuto dagli adulti che si occupano di lui, impegnati a favorirne, anche regolandoli, i tentativi di apprendere dall’esperienza. ta, spesso presentano uno sviluppo psicoaffettivo carente, talvolta anche dal punto di vista fisico. Per quanto i rapporti di attaccamento si instaurino in modo istintivo, non è inutile ricordare che i comportamenti che maggiormente possono contribuire a promuoverli (oltre alle essenziali misure che garantiscono in modo adeguato nutrizione e condizioni di igiene personale e ambientale) sono: il “contatto” visivo, il sorriso, le carezze, la disponibilità a rispondere alle richieste del bambino, la condivisione dei giochi, il parlare e il “leggere insieme”. Per queste ultime prestazioni, si può ricordare che ormai da anni è disponibile un’ampia documentazione scientifica in base alla quale è possibile affermare che il rapporto di attaccamento è correlato alla frequenza con cui al bambino si narra e si legge ad alta voce, così come al consolidarsi della sensazione di sicurezza, di comfort e di benessere7,8. L’autonomia Il ruolo di guida degli adulti, e dei genitori in primo luogo, presenta una gamma molto ampia di possibili azioni, ma ad alcune viene massimamente attribuita un’importanza fondamentale per l’ampliamento delle capacità di apprendimento: quelle rivolte allo sviluppo del linguaggio. Di qui l’esortazione: parlate, parlate, parlate al bambino, allenate la sua attenzione e la sua memoria, incitatelo a superare le esperienze emotivamente negative, e ancora, soprattutto, parlategli6. L’attaccamento Un elemento di grande efficacia nel migliorare nei bambini i processi di attaccamento è rappresentato dalla narrazione e dalla lettura ad alta voce. Fra le molte ricerche condotte su questo terreno, si possono ricordare quelle che hanno dimostrato che l’attaccamento madre-bambino è correlato alla frequenza con cui in famiglia si legge ai bambini7,8. 4 Quanto sia importante il rapporto di attaccamento fra genitori (madre soprattutto) e bambino lo si può far rilevare ponendo in evidenza il fatto che esso rappresenta uno dei più importanti fattori di sviluppo soprattutto perché costituisce una base fondamentale per l’acquisizione del senso di sicurezza, ingrediente di grande importanza nella costruzione delle relazioni con il mondo. Si può anche far notare che i bambini deprivati di un adeguato rapporto di attaccamento, specialmente fra i 3 e i 15 mesi di vi- La ricerca di una propria autonomia comincia a caratterizzare i comportamenti del bambino intorno ai tre-quattro anni, opponendosi a regole e restrizioni stabilite dai genitori o da altre persone che si occupano di lui (educatrici, insegnanti, baby-sitter ecc.). È il tempo dei “no” e dei capricci, espressioni di una non ancora maturata capacità di controllare le proprie emozioni e i propri sentimenti. La ricerca dell’autonomia è tuttavia connotata da sentimenti ambivalenti (per esempio, desiderio di affermare il proprio Io nei confronti dei genitori e nello stesso tempo timore di essere da loro abbandonato), causa di confusione e di ansia che vengono il più delle volte espresse come capricci. La ricerca dell’autonomia va pertanto compresa, ma anche educata, prevalentemente ricorrendo al rapporto verbale, al dialogo, che deve essere chiaro, preciso e onesto, tenendo ben conto che la capacità del bambino di comprendere il significato delle parole è più sviluppato di quella di esprimere verbalmente le proprie idee, emozioni e sentimenti. Ma assai importante è anche tener conto che l’azione educativa è tanto più efficace quanto meno parole e discorsi (sul bene e il male, sul giusto e l’ingiusto, sul conveniente e lo sconveniente) sono astratti. Meglio affidare gli insegnamenti a racconti di storie, vere o immaginarie, nelle quali il bambino possa riconoscersi e comprendere i confini entro i quali la propria autonomia può trovare libera espressione. I racconti, le fiabe, le favole sono infatti veicoli che rispondono perfettamen- Narrare e leggere ad alta voce con i bambini in età prescolare te alla necessità di far comprendere al bambino la differenza fra una buona e una cattiva azione, tra una persona buona e una cattiva, tra un comportamento accettabile e uno non tollerabile. Un personaggio un po’ discolo, che non ubbidisce, che si caccia nei guai, che alla fine ha bisogno che qualcuno lo salvi, da un punto di vista educativo, della comprensione dei limiti, è certamente più efficace (e più divertente) di qualsiasi astratta predica moraleggiante. La creatività Perché L’equilibrio tra creatività e regole (confronto con la realtà) è un elemento piuttosto critico da tenere sotto controllo; infatti, se è vero che le potenzialità creative trovano un terreno fertile per attuarsi in contesti non eccessivamente regolamentati, è anche vero che non è utile consentire che il bambino, nell’abbandono, oscilli oltre misura tra fantasia e realtà. Il mondo del bambino è pieno di fantasia nella quale trova protezione per i suoi sogni e i suoi desideri. Per questo è importante usare molta prudenza quando si entra nell’immaginario di un bambino, imponendo principi di realtà che possono mandare in frantumi il suo privatissimo mondo fantastico. Molti genitori non attribuiscono alla creatività dei loro bambini l’attenzione che merita (in quanto espressione di idee e sentimenti propri e di esplorazio- È necessaria molta sensibilità e spirito di osservazione per ne e rappresentazione della realtà che li circonda) e per cogliere il momento in cui il bambino è pronto per accetconseguenza poco o non abbastanza fanno per incorag- tare la differenza fra ciò che egli crede e quello che è vero, reale. Indicativamente, i giarla e sostenerla. I bambisogni e i desideri devono coni sono naturalmente creaminciare a lasciare il passo altivi. Essi vedono il mondo lcuni autori9 hanno avanzato la tesi seconla realtà verso i cinque anni, con occhi freschi, e ogni codo la quale il bambino può essere considenel senso che sogni e desisa per loro è nuova e la usarato alla stregua di un ricercatore che, formulate deri dovrebbero a poco a pono in un modo del tutto orideterminate ipotesi su questo o su quell’aspetto co diventare aspirazioni e ginale, mediante processi della realtà, procede poi sperimentalmente a vesperanze per il futuro. Nel immaginativi fantastici, irrarificarle, affinandole o scartandole successivamenfrattempo, il contributo più zionali, inconsapevoli, carichi te in base ai risultati ottenuti. Un “fastidioso” utile al potenziamento della di affettività. Procedendo bambino di due anni che, nonostante severi diviecreatività, dell’immaginazionella crescita, il bambino ti, insiste nel tentativo di toccare una presa di corne e della fantasia del bamsviluppa la capacità di conrente, guardando provocatoriamente la mamma bino è fondato sull’incoragfrontare le proprie immagiche lo sgrida, in realtà starebbe conducendo un giamento e sul rispetto delnazioni e fantasie con la reimportante esperimento psicologico per individuala sua autonomia. E sull’amaltà che alla fine viene perre il limite oltre il quale non può spingere la propliamento degli orizzonti cepita consapevolmente, pria azione vietata, utilizzando la genitrice come verso i quali egli sia incoragpresupposto per adattarvisi. materiale di indagine. giato a spingere la propria immaginazione e la propria Nel bambino, la creatività fantasia. viene espressa essenzialmente attraverso il gioco che può dispiegarsi in vari modi: disegnando, ritagliando, manipolando materiale pla- La narrazione e la lettura ad alta voce rappresentano un stico, parlando, danzando, suonando e così via, a secon- ingrediente di grande efficacia per lo sviluppo dell’immada delle condizioni e delle risorse messe a sua disposizio- ginazione infantile. Infatti, ampliamento degli orizzonti ne. Gli adulti, i genitori in particolare, possono fare mol- e incoraggiamento al creare trovano il principale fondato per potenziare la creatività dei bambini. Innanzitutto, mento nel rapporto verbale. Questo, tuttavia, non deve rispettando il loro bisogno di “ascoltare” il proprio mon- consistere nel fornire specifiche istruzioni su “come far do interiore, evitando quindi di intromettersi eccessiva- meglio” bensì, soprattutto, nello stimolare un dialogo sui mente nei loro momenti di ricercato isolamento, di rispet- significati che il bambino attribuisce ai prodotti della protare anche le loro apparenti “pigrizie”, senza tuttavia tra- pria creatività, tenendo conto che i bambini non sono tanscurare le esigenze di una disciplina necessaria perché la to interessati a quello che le cose sono nella realtà, ma a quello che essi “pensano” esse siano. creatività non trascenda dall’originalità all’arbitrarietà. A 5 Capitolo 1 L’emotività Molto spesso «gli adulti paiono guardare da una considerevole altezza sia i dolori sia le gioie dei bambini. L’infanzia e l’età adulta sono due condizioni umane nettamente distinte. Dal punto di vista superiore dell’adulto, le emozioni del bambino non paiono essere serie. Esse, dopo tutto, non vertono intorno a nulla di molto importante. L’adulto ha di solito un atteggiamento di distacco di fronte alle “disgrazie” del bambino»10. Nonostante siano passati quasi cinquant’anni da queste considerazioni e la comprensione del bambino e delle sue esigenze siano in questi decenni notevolmente migliorate, ancora persiste una gran parte di genitori che non hanno sufficiente cura delle emozioni e dei sentimenti dei loro bambini e poco si impegnano a svilupparne il controllo; mentre nell’accudimento dei bambini è di fondamentale importanza saper cogliere, interpretare le loro emozioni, condividendole, guidandole, addolcendole, sviluppando la capacità di controllarne gli impulsi, ripararne le frustrazioni, motivarli, prepararli agli alti e ai bassi che inevitabilmente dovranno affrontare nel corso della loro vita. Si tratta in sostanza di diventare, soprattutto i genitori, quello che John Gottman14 ha definito “allenatori di emozioni”, il cui compito è di insegnare ai piccoli le strategie per affrontare le difficoltà emotive della vita, ma anche per meglio apprezzare l’apporto gratificante delle esperienze suscitatrici di sentimenti positivi. Numerose ricerche, nonché le esperienze quotidianamente osservabili, hanno dimostrato che i bambini che hanno potuto fruire di un “allenamento” attento alle loro emozioni, crescono fisicamente e psicologicamente meglio, maturano più equilibrati processi di socializzazione e conseguono più rilevanti successi scolastici rispetto ai bambini che, pur accuditi in modo soddisfacente da un punto di vista fisico, sono trascurati da quello emotivo. Il bambino in preda a forti emozioni (paura, ansia, gelosia, ira, partecipazione affettiva al dolore altrui o alla gioia ecc.) ha bisogno di essere aiutato a controllarle, per sviluppare una equilibrata emotività specialmente in quelli che, a questo fine, sono considerati gli anni cruciali, i primi cinque. 6 I professionisti che si occupano dell’infanzia (pediatri, educatrici, insegnanti) possono fare molto in questo senso. La capacità nel bambino di sviluppare un controllo delle proprie emozioni è fondata essenzialmente sulla possibilità di poter contare sul calore e sull’approvazione dei genitori o delle persone che si prendono cura di lui e su tre elementi che possono contribuire a svilupparla11. Innanzitut- to, l’esempio: i bambini imparano a regolare le loro emozioni, osservando le reazioni emotive delle persone che più direttamente sono a contatto con loro. In secondo luogo, i comportamenti, soprattutto dei genitori, di fronte alle reazioni emotive dei bambini: atteggiamenti punitivi sono controproducenti rispetto al fine di sviluppare le loro capacità di controllo. Risultati positivi possono invece essere ottenuti contenendo affettuosamente le loro reazioni emotive e soprattutto aiutandoli a identificare, a dare un nome alle loro reazioni, guidandoli nel contempo a controllarle. Infine, di importanza determinante è il clima emotivo all’interno della famiglia: un’atmosfera permanentemente o frequentemente conflittuale, di rancore, di intolleranza contribuisce negativamente all’equilibrio emotivo dei bambini che la subiscono, soprattutto perché, in famiglie caratterizzate da un alto livello di conflittualità, è ben difficile che essi possano fruire degli elementi fondanti la loro fiducia nel mondo e in se stessi, primo fra tutti quello di essere rispettati come esseri umani. Un contributo assai efficace allo sviluppo della capacità, da parte del bambino, di comprendere e controllare le proprie emozioni è offerto dalle narrazioni e dalla lettura ad alta voce. Infatti, ninnananne, filastrocche, rime, racconti, illustrazioni, condivise in un caldo rapporto ravvicinato, testimoniano al bambino che ascolta che si è vicini a lui, che si partecipa alle sue emozioni, consentendogli di riconoscerle e di portarle al di fuori di sé, passo importante per assaporarle se positive, superarle se negative. Il linguaggio Uno dei principali comportamenti, capace di incidere in modo rilevante nello sviluppo del linguaggio è rappresentato dalla pratica sistematica della narrazione e della lettura ad alta voce nell’ambito della famiglia (e naturalmente negli asili nido e nelle scuole dell’infanzia), specialmente nei primi tre anni di vita. Nel considerare lo sviluppo del linguaggio è opportuno tener conto che l’acquisizione di questa facoltà può variare anche notevolmente da bambino a bambino per cui è di limitata validità paragonare i progressi compiuti da un soggetto rispetto ad altri della sua età; inoltre è da ricordare che lo sviluppo del linguaggio in alcuni bambini avviene in modo uniformemente continuo, in altri, per così dire, a scatti. Infine, come tutti sanno, le bambine imparano a parlare prima dei maschi. Premesso tutto questo, si può ben comprendere come possano essere soltanto indicative le indicazioni relative alle tappe che contras- Narrare e leggere ad alta voce con i bambini in età prescolare segnano la comparsa e lo sviluppo della capacità di parlare (e di ascoltare) dei bambini. Un calendario di massima può essere proposto (vedi sotto e a pagina 20), da cui si possono dedurre alcune indicazioni su quello che gli adulti, e in particolare i genitori, possono fare per favorirli. Dalla nascita ai cinque mesi circa il bambino viene di solito efficacemente stimolato con ninnananne, filastrocche o altre manifestazioni vocali, comprese le molte parole vezzeggiative che ogni mamma spende mentre lo accudisce. Dai sei mesi all’anno di età possono essere utilizzate, e “raccontate”, pubblicazioni con immagini, di dimensioni tali da poter essere manipolate dal bambino e portate alla bocca. Da un anno a un anno e mezzo, il bambino va intrattenuto parlandogli intenzionalmente, recitandogli ninnananne, filastrocche, rime almeno per 10-15 minuti ogni giorno o quanto meno tre volte alla settimana. Le pubblicazioni consigliate in questa età sono quelle con immagini di bambini impegnati nelle loro attività quotidiane (dormire, mangiare, giocare ecc.) e dotate di brevi testi in rima e con semplici storie facilmente prevedibili. Generalmente, le bambine usano un linguaggio moderato. Con altri bambini sono impegnate soprattutto a mediare, raggiungere un compromesso sul quale basare il gioco di gruppo e stabilire un più stretto rapporto di amicizia, ricorrendo spesso a ragionamenti per convincere ra- Perché zionalmente i compagni di gioco. Il bambino invece tende a utilizzare il linguaggio per diventare il centro dell’attenzione, spesso lasciando poco spazio all’espressione verbale dei compagni. La tendenza è quindi verso il monologo anziché il dialogo, verso la formulazione di ordini piuttosto che la ricerca del consenso. A prescindere dalle differenze, intorno ai 5 anni i bambini tendono a parlare incessantemente, disponendo di oltre 2.000 parole, utilizzando forme verbali degli adulti, partecipando a conversazioni reali o impostandole di continuo con compagni o personaggi immaginari. La tendenza, specialmente nei maschi, è di fare molte domande, soprattutto per ottenere dall’adulto (la mamma, il papà o altri) un dialogo. In questo periodo, soprattutto intorno ai 4 anni, il bambino è felice di inventare parole buffe che fanno ridere i grandi e di usare spesso anche parole un po’ sconvenienti, prevalentemente riferite alle funzioni fisiologiche. Verso i 5 anni l’interesse verso il mondo reale si fa più autentico e il flusso continuo delle domande risponde a un vero bisogno di conoscere. A questa età, il linguaggio del bambino può considerarsi sostanzialmente completo. Nel periodo compreso fra i 18 e i 23 mesi di età il bambino di solito dimostra piacere ad essere intrattenuto raccontando o leggendo ad alta voce piccole brevi storie, progressivamente articolate, con un inizio e una fine, ripe- Già nella prima settimana di vita, generalmente il bambino distingue la voce della mamma da quella di un’altra donna; quella del padre da quella di un altro uomo a due settimane dalla nascita. Nel 1° mese, il bambino emette vagiti e gridolini, mentre verso i 2-3 mesi cominciano i primi vocalizzi: prima vengono articolate la a e la e, successivamente le altre vocali. Le prime consonanti gutturali (gh, ch) compaiono verso i 4 mesi, con i primi balbettii-gorgoglii, mentre le prime consonanti labiali e dentali (p, b, d, t) compaiono a 6 mesi. Dopo i 9 mesi, il bambino tenta di imitare le parole che sente: le prime significanti (ma-ma, pa-pa) vengono pronunciate di solito intorno ai 12-13 mesi. A 18 mesi il bambino ha in genere un vocabolario di circa 10-20 parole significanti, mentre può imitarne altre, dando avvio a una vera e propria esplosione del linguaggio. Subito dopo i 18 mesi il bambino comincia a formulare le prime frasi di tre parole, comprendenti il verbo. A 2 anni il bambino ha già un vocabolario di 200-400 parole. A 3 anni il suo vocabolario arriva a 900 parole, usa il plurale, può ripetere tre numeri, usa correttamente i pronomi io, tu ecc., è capace di formulare frasi costruite con articoli, congiunzioni, avverbi in successione corretta. A 5 anni il linguaggio sarà completo. 7 Capitolo 1 tute più e più volte per il piacere del piccolo che apprezza e pretende sentirsele raccontare. Dai 2 ai 3 anni, è importante assecondare le capacità e le preferenze che egli matura in questo periodo in quanto: ❥ ❥ ❥ ❥ ❥ ❥ ha imparato a maneggiare le pagine di carta; ha imparato a sfogliare i libri avanti e indietro per trovare le immagini preferite; recita intere frasi e talvolta intere storie; coordina i testi con le immagini; protesta quando l’adulto dice una parola sbagliata in una storia conosciuta; si “legge” i libri che gli sono familiari. Dai 3 ai 4 anni, il piccolo dimostra di preferire le pubblicazioni che raccontano storie riguardanti bambini che gli assomigliano e che vivono come lui, ma anche quelle dedicate a luoghi e modi di vivere diversi da quelli che gli sono familiari, pubblicazioni con testi semplici che possono essere memorizzati, pubblicazioni che riguardano i numeri, l’alfabeto, le parole. Dai 4 ai 5 anni, matura rapidamente la capacità di capire e di prestare attenzione, di cogliere il senso delle storie che gli vengono raccontate per cui si possono proporre libri che aprono sul mondo pur mantenendo saldo il legame con le sue esperienze quotidiane; è spiccato il piacere di sentire storie e fiabe in cui vi è una sorta di viaggio iniziatico del protagonista con prove da superare, sconfitta del cattivo, vittoria del buono ecc.; è notevole il senso del comico e quindi apprezzati sono i racconti buffi e divertenti. Oltre i 5 anni, i genitori vanno incitati a continuare a contribuire allo sviluppo del linguaggio (e più in generale, a quello intellettivo) del loro bambino: continuando a leggere ad alta voce ogni giorno, tenendo conto che a questa età può ascoltare storie lunghe; introducendo nuove parole in un contesto significativo per i suoi interessi; conversando con lui, dandogli il tempo di rispondere a suo agio; evitando di completare le frasi sostituendosi a lui; incoraggiando l’uso di matite e pennarelli per disegnare e scrivere. 8 tutamente ad alta voce un passaggio di una data storia nell’ultimo trimestre di gravidanza, il neonato dimostrerà di riconoscere il suono di questo specifico passaggio per 33 ore dopo la nascita. Questa evidenza dimostra che la capacità di memoria è attiva anche prima della nascita15. I bambini presentano un vistoso sviluppo della memoria fra gli 8 e i 12 mesi; una memoria di durata relativamente breve, mentre la memoria a lungo termine (settimane, mesi, anni) si affermerebbe a 17-21 mesi18. La memoria La memoria è uno dei cardini della personalità di ogni essere umano, le cui fondamenta vengono gettate ancor prima di nascere. Infatti, è stato sperimentalmente verificato che quando una mamma legge ripe- Se si considera, almeno in parte, il modellamento della rete delle cellule nervose che costituiscono il cervello come la conseguenza di processi continui e diversi di apprendimento, la mente può essere interpretata come la struttura in cui viene conservata la memoria di tutto quanto è entrato nel campo dell’esperienza, materiale e immateriale, di ogni individuo. Di fatto, si può dire che ogni essere umano è la sua propria memoria, in continuo arricchimento lungo tutto l’arco della vita. Una memoria soltanto in parte cosciente; in parte, forse in gran parte, fuori dalla coscienza: la memoria del proprio corpo, la memoria sottostante alle proprie ansie, la memoria che guida gli atti automatici quotidiani, la memoria che innesca passioni, emozioni e sentimenti che colorano la vita psichica di ognuno. Ecco dunque l’importanza del raccontare e del leggere ad alta voce fin dalla prima infanzia: attraverso queste modalità si trasferiscono elementi che allargano la memoria, espandendo l’esperienza del bambino e le sue possibilità di rapportarsi al mondo esterno. Occorre mettere in particolare evidenza la differenza che intercorre tra la memorizzazione delle esperienze trasmesse da una voce che racconta o legge al bambino in modo diretto e personalizzato, conferendo alle parole connotazioni ricche di affetti e di sentimenti percepibili come doni esclusivi, dalle esperienze mutuabili, per esempio, dalla televisione che non può mai essere uno strumento sostitutivo di altre presenze comunicanti e, in primo luogo, specialmente per i bambini piccoli, sostitutivo dei genitori (vedi pagina 45). La televisione, infatti, pur potendo ampliare le conoscenze del piccolo utente e offrire stimoli alla sua fantasia, non consente tuttavia una reale interazione fra ciò che lo schermo propone e chi la guarda. L’enorme quantità di immagini e di suoni, la loro frammentazione e soprattutto la velocità con cui vengono proposti non contribuiscono a una vera espansione creativa e ordinata della memoria e quindi della mente dei piccoli spettatori; inoltre nel rapporto con la televisione, la coscienza dell’utente viene pilotata da un po- Narrare e leggere ad alta voce con i bambini in età prescolare tere esterno che (attraverso programmi necessariamente spersonalizzati, in quanto quasi sempre prodotti per essere utilizzabili in qualsiasi tempo e luogo e per qualsiasi pubblico) finisce per plasmarla secondo modelli stereotipati che annullano l’individualità della persona: individualità che si esprime anche nella capacità di conservare le tracce (i ricordi) delle esperienze passate veramente proprie e di servirsene per costruire il rapporto con il mondo e gli eventi futuri. Nel considerare la memoria e il suo sviluppo nel bambino ricorrendo anche alla narrazione e alla lettura ad alta voce, due sono i suggerimenti utili per ottenere risultati migliori: ■ preferire tempi brevi, ma sessioni di racconto o di lettura frequenti; ■ creare un contesto, in termini di spazio e di atmosfera, possibilmente consueto, in modo da favorire l’attenzione dei piccoli ascoltatori. Soprattutto è importante considerare che la narrazione e la lettura hanno come effetto di porre la mente del bambino sotto l’influenza di quello che viene detto, rappresentato, mostrato e che questa “influenza” diventa in qualche misura memoria, elemento attivo nella formazione del Sé. Di qui la delicatezza necessaria nella scelta delle cose da raccontare e leggere e nei modi di farlo. Perché La moralità Nella prospettiva che il senso morale abbia una rilevante componente innata (vedi riquadro), assume un particolare interesse il contributo che la narrazione e la lettura ad alta voce possono dare alla maturazione di una coscienza morale nel bambino, alla formazione di una guida interiore alla condotta individuale informata al bene, all’altruismo, al rispetto del prossimo, traguardo che comunque diviene completa acquisizione consapevole soltanto dopo l’età evolutiva. Il problema e le opportunità di intervento, che implicano responsabilità genitoriali e degli educatori, vanno considerate tenendo conto degli stadi dello sviluppo del bambino. Nel primo anno di vita, il bambino associa il “bene” e il “male” alle sensazioni di piacere e di disagio. In questo periodo, che certi comportamenti sono “buoni” e “cattivi” il bambino lo impara dai comportamenti di chi lo accudisce: carezze, sorrisi, toni di voce, manipolazioni gentili o brusche sono tutti elementi che influiscono sulle sue percezioni. A 2 anni, il bambino comincia a comprendere che alcuni suoi comportamenti suscitano approvazione o disap- A quanto pare, siamo portatori di tendenze innate alla valutazione dei comportamenti secondo criteri di giusto e d’ingiusto. Il dibattito su questo tema è oggi molto vivace e si basa su una massa crescente di dati scientifici. Secondo alcuni studiosi, la specie umana sarebbe addirittura dotata di un innato senso morale: ossia, come propone il biologo Marc Hauser, di un’unica, universale grammatica morale assai più dipendente dal nostro DNA che dall’educazione (Hauser MD, Moral Minds. How Nature Designed Our Universal Sense of Right and Wrong, Harper Collins, New York, 2006). Non tutti concordano, ma va comunque crescendo fra gli studiosi un buon livello di consenso sull’ipotesi che il comportamento morale e la formulazione delle regole etiche dipendano meno di quanto si credesse da ragionamenti o da induzioni culturali e di più, invece, da fattori inconsci legati alla vita emozionale e a predisposizioni ereditarie. Riassumendo, è possibile che veniamo al mondo con inclinazioni non solo all’autoaffermazione, alla competizione e all’aggressione ma anche alla cooperazione, all’altruismo e alla sensibilità verso gli altri. Tutte queste inclinazioni non sono generiche ma, al contrario, sembrano rispondere a una serie di strutture della mente, a moduli emozionali e comportamentali, a un ventaglio non illimitato di schemi di azione. Le nostre modalità di risposta agli eventi, variamente contemperate fra loro e in ciascun individuo bilanciate in modo diverso, risultano, come si dice in termini tecnici, fondamentalmente adattative. Ovvero, sia le disposizioni innate a cooperare (e magari a essere capaci di carità e abnegazione) sia le disposizioni a competere (e magari a essere capaci di aggressività e violenza) si sono autoselezionate nei millenni per assicurarci la massima probabilità di sopravvivere e soprattutto, in una logica darwiniana, la massima possibilità di allevare figli che sopravvivano a loro volta fino all’età feconda.12 9 Capitolo 1 provazione apprendendo così quali i suoi genitori e/o i suoi educatori considerano “giusti” o “ingiusti”. Le norme morali cominciano a diventare significanti per il bambino, come è dimostrato dalle sue reazioni emotive, quando combina qualche marachella o si abbandona a qualche azione trasgressiva. Ma a questa età, due anni-due anni e mezzo, il bambino non è ancora capace di un appropriato autocontrollo per cui non è in grado di conformare le conoscenze acquisite a definite norme comportamentali. È questo il periodo in cui alcune nozioni di buono e cattivo, di comportamenti che devono o non devono essere praticati, possono essere accolti in racconti con impliciti contenuti morali. A 3-4 anni, sulla base di una maggiore maturazione cognitiva, il bambino scopre l’opportunità di creare uno scudo protettivo dei propri interessi che possono essere in contrasto con quelli dei genitori o di chi si occupa di lui13. Da questo momento nella mente del bambino si sviluppano due immagini, una privata di se stesso e una creata per uso esterno. Quando si verificano situazioni in cui i suoi interessi confliggono con quelli degli altri, il bambino può trasgredire e privilegiare i propri (a meno che non prevalga il timore di essere rimproverato o punito) e mostrare di se stesso l’immagine per uso esterno “coprendo” quella privata. La separazione fra immagine privata e immagine pubblica crea nel bambino uno spazio di fondamentale importanza nello sviluppo morale: quello della libera scelta fra bene e male, possibilità che sarà consapevolmente avviata a completamento dopo il sesto-settimo anno di vita, per maturazione cognitiva e, forse ancor più, per una identificazione emotiva con una propria immagine morale di se stesso. Perché questa identificazione emotiva possa realizzarsi meglio, è necessario che le persone che si prendono cura del bambino stabiliscano con lui un rapporto ricco di fiducia accordata e di amore, nel rispetto dei suoi interessi e della sua autostima, senza tuttavia trascurare di porre ragionevoli limiti alle sue richieste e ai suoi comportamenti. 10 Senza essere eccessivamente rigidi o opprimenti nell’imporre una disciplina, i genitori o chi per essi possono dimostrare la loro disapprovazione verso comportamenti trasgressivi, evitando tuttavia sorveglianze eccessive o mortificanti smascherature di trasgressioni di lieve entità. Se il bambino può fruire di tali rapporti, in lui si rafforzerà la fiducia e l’amore verso gli adulti che lo allevano e tale rafforzamento contribuirà a migliorare anche la sua autoim- magine morale. Nella formazione della coscienza morale, della consapevolezza del bene e del male, fondamentale è la funzione educativa basata sul ragionamento, mentre il sistema delle punizioni non dà frutti duraturi e può essere addirittura controproducente. In questa ottica, è opportuno ricordare che nello sviluppo morale del bambino ha molta importanza il meccanismo del “modellamento”. Il bambino adegua il proprio comportamento ai modelli che lo circondano; di qui l’ovvia responsabilità di genitori e di educatori. Centrale naturalmente è la funzione della famiglia: senza moralità di questa, è difficile conseguire un equilibrato sviluppo morale nel bambino, il cui “sentimento morale” comincia a definirsi a 4-5 anni in cui la comparsa del senso di colpa è la dimostrazione che le regole morali sono state comprese e acquisite ed esprime la coscienza di averle infrante. Nell’opera di formazione morale del bambino, messaggi importanti possono essere affidati alla narrazione e alla lettura ad alta voce purché racconti e letture siano scelti secondo criteri che tengano conto di chi è il bambino oggi e non considerarlo, come nel passato, un soggetto prevalentemente passivo al quale si dovevano impartire lezioni istruttive e moraleggianti, ricorrendo a materiali esplicitamente pedagogici, al fine di farne un buon bambino rispettoso delle regole del vivere civile, premessa per ottenere un adulto disposto ad adeguarsi alla mentalità, alle opinioni, ai modi di vita prevalenti (o autoritariamente imposti) nella società in cui avrebbe condotto la sua esistenza. In molta parte della moderna letteratura per l’infanzia, una vasta gamma di valori sono rappresentati in modo implicito, intrecciati cioè in modo inapparente alle storie, alle parole, alle illustrazioni, per cui si può dire che si fa sempre più letteratura e sempre meno pedagogia. Il bambino che ascolta costruirà una propria visione del mondo in cui le componenti valoriali (relative agli affetti, all’onestà, all’amicizia, al rispetto dell’ambiente, al senso della morte ecc.) entreranno quasi inavvertitamente, trasportate sotto traccia dai contenuti espliciti dei racconti, delle storie, delle fiabe. La socializzazione Il conseguimento nel bambino della capacità di vivere nel mondo, di rapportarsi agli altri, è frutto di un lungo processo di maturazione in cui, in psicologia sociale, si suole distinguere schematicamente tre fasi: la prima è caratterizzata dal rapporto con la madre, Narrare e leggere ad alta voce con i bambini in età prescolare Perché fonte principale del soddisfacimento dei bisogni fondamen- divisi in cui è possibile riconoscere preferenze, gelosie ecc. tali e pertanto generatrice di sicurezza affettiva; la secon- In questi anni l’amicizia diventa lo spazio psicoaffettivo da fase contempla un’estensione relazionale alla figura pa- in cui il bambino ricerca e condivide la sua vita interiore terna, base di avvio del rapporto con l’altro in cui si verifi- (pensieri, sentimenti, emozioni) e in cui mette alla prova ca sia un ampliamento dell’autonomia sia l’insorgere del la reale possibilità di essere amato, di essere considerato senso di dipendenza derivato dal ruolo autoritario e nor- anche al di fuori della famiglia e su tale considerazione mativo del padre; la terza fase è contrassegnata dalla re- costruire e/o rafforzare la propria autostima. lazione di gruppo che si realizza prevalentemente nell’ambito del gioco e, in età prescolare, dall’esperienza dell’asi- Questa età ha una forte connotazione “altruistica” e perlo nido e della scuola dell’infanzia. Strutture queste ultime tanto costituisce un cruciale passaggio di emancipaziodi fondamentale importanza nelle società avanzate con- ne del bambino dall’egocentrismo della prima infanzia, maturandolo verso la capatemporanee, per il processo cità di comprendere gli altri di socializzazione del bambie quindi di vivere nel monno, in quanto, rispetto al pasel passato, nei piccoli centri abitati ma ando. È questo anche il periosato, egli ha spesso minori che nelle grandi città, l’iniziazione alla vido in cui maggiormente le occasioni di sperimentare reta sociale era estremamente facilitata dalla possifigure genitoriali dovrebbelazioni con altri soggetti, albilità di frequentare spazi animati dalla variegata ro impegnarsi nel favorire il tri bambini e altri adulti al di vita di tutti i giorni, in cui piccoli e adulti, gioco processo di socializzazione fuori della stretta cerchia fae lavoro si intrecciavano con notevole assiduità. del bambino, sia ampliando miliare, oggi spesso ridotta Oggi non è più così: la quotidianità è densa di tele sue possibilità di frequenper la diminuita convivenza muti pericoli e i bambini sono sempre meno libetare compagni della sua età di fratelli e nonni. ri di scorrazzare per gli spazi materiali, psicologianche al di fuori dell’asilo nici e morali del mondo che li circonda. Gli spazi lodo e della scuola dell’infanOltre gli anni dell’asilo nido ro riservati, al di fuori degli asili e della scuola, sozia, sia consentendogli di e della scuola dell’infanzia, no quelli vuoti per buona parte del giorno della partecipare alla vita degli un importante fattore di sopresenza della madre e del padre, popolati di steadulti non familiari, in mocializzazione è rappresentareotipe immagini televisive, mentre i bambini hando da abituarlo a riconosceto dalla scuola primaria, pasno bisogno di esperienze concrete, di avere relare concretamente l’esistensaggio cruciale attraverso il zioni con veri esseri umani. Ecco perché strutture za di una realtà al di fuori quale il bambino viene avviacome gli asili nido e le scuole dell’infanzia hanno degli abituali rapporti con i to lungo un percorso in cui incrementato la loro importanza nello sviluppo psigenitori e i fratelli. Infatti «è orari, programmi da esauricosociale del bambino essendo diventate se non gli nella famiglia, nel rapporto re, gerarchie da rispettare unici, certamente gli spazi principali in cui il bamcon i genitori, che il bambiecc. la connotano non più bino può realizzare una vita in cui soddisfare le prono costruisce quella base sicome uno spazio per giocaprie naturali esigenze di socializzazione. cura da cui scaturisce la stire, bensì sostanzialmente ma di sé e la fiducia nelle come un luogo di “lavoro” proprie capacità. Ma è nel in cui il bambino sperimenta per la prima volta il giudizio sul suo operato, metten- confronto con i coetanei che questa fiducia trova una vera conferma sociale»16. dolo nella condizione di assumersi delle responsabilità. N Nell’età prescolare, il terreno su cui si realizza il processo di socializzazione è rappresentato essenzialmente dal gioco e dalla ricerca del soddisfacimento di un fondamentale bisogno del bambino: quello di stabilire rapporti di amicizia con i propri simili. Questo bisogno può essere rilevato fin dai primi anni, quando il bambino, soprattutto verso i 3-4 anni, comincia a passare dal gioco solitario, anche se in presenza di altri bambini, ai giochi con- Importante è che non si perdano i collegamenti fra i due mondi, fra quello della famiglia e quello delle amicizie. La narrazione e la lettura ad alta voce possono costituire un mezzo efficace per mantenerli, attraverso la condivisione di valori fra cui l’amicizia, la tolleranza, la pazienza verso gli altri, il superamento del naturale egocentrismo dei bambini e la disattenzione degli adulti; valori che trovano implicita ospitalità in numerose pubblicazioni (i cosiddetti “li- 11 Capitolo 1 bri dell’amicizia”) che possono costituire il tramite comunicativo per mantenere un rapporto costruttivo fra figure genitoriali e bambini anche nel percorso che questi ultimi devono compiere per raggiungere in autonomia la capacità di entrare nel mondo e di farne parte. Lo sviluppo mentale «Il vocabolo “mente”, per quanto raramente usato nell’ambito della psicologia scientifica, è insostituibile come termine colloquiale. La locuzione “la mente” viene comunemente impiegata nel designare, insieme al sinonimo “la vita mentale”, tutto ciò che si presenta come elaborazione interiore. Questa terminologia, ossia “la mente”, “la psiche”, “l’animo umano” (è difficile percepire differenze significative fra queste locuzioni), si trova ad indicare un insieme di funzioni attinenti alla sfera cognitiva, come pensieri, sogni, ricordi, rappresentazioni»12. Intesa in questo senso, la mente può essere considerata sulla base della struttura che la esprime (il cervello), sottolineandone la caratteristica principalmente legata al fenomeno del suo sviluppo: la dinamicità anatomica e funzionale, la sua capacità di un continuo rimodellamento, sotto l’influenza dei fattori ambientali. Infatti, si può ricordare ancora una volta che la continua rimodellazione del cervello è in gran parte dovuta al fatto che nello sviluppo vengono favorite le strutture nervose che funzionano di più, a svantaggio di quelle che funzionano di meno o niente del tutto. Questa possibilità di rimodellamento del cervello è definita “plasticità cerebrale”. La plasticità cerebrale è una proprietà che perdura per tutta l’esistenza; tuttavia l’impianto generale del cervello si modella soprattutto nel primo anno di vita, per conseguire lo sviluppo maggiore negli anni successivi, fino ai vent’anni, per declinare, come capacità di rimodellamento, gradualmente con l’avanzare dell’età. Di qui l’importanza capitale delle esperienze di vita nel periodo che va dalla primissima infanzia fino alla fine dell’adolescenza. 12 Le ricerche condotte sui terreni della biologia dello sviluppo e delle neuroscienze hanno consentito di distinguere due principali meccanismi nello sviluppo delle strutture cerebrali: uno indipendente da influenze esterne, sostanzialmente espressione del patrimonio genetico di ogni individuo che guida la “costruzione” dell’intelaiatura, l’hardware, come direbbero gli informatici; l’altro meccanismo, fortemente influenzato dai fattori ambientali, rappresenterebbe il software, in continuo evolversi e svilupparsi in funzione anche della ricchezza delle esperienze. Di fatto la ricchezza del cervello comincia ben prima di nascere, tanto che già alla 24-25esima settimana di gravidanza l’essere concepito è in grado di sentire odori, percepire sapori, ascoltare suoni, avvertire stimolazioni tattili, di cominciare, verso la 30esima settimana, a memorizzare. Il bambino nasce già capace di apprendere; i successivi 3-5 anni saranno particolarmente importanti per lo sviluppo del suo cervello, sarà cruciale quello che di positivo o di negativo (soprattutto in senso emotivo) verrà fatto o non fatto nell’accudirlo. In questa ottica, si impone la domanda: che cosa possono fare quanti si occupano dei bambini nei primi anni della loro vita, per favorirne lo sviluppo mentale? Se si potesse esaurire in una ricetta quanto le ricerche scientifiche vanno scoprendo per dare una risposta esauriente a tale domanda (senza tralasciare l’esperienza e il buon senso di generazioni e generazioni di genitori, nonni e quanti altri accompagnano i bambini nella loro crescita), si potrebbe cominciare con gli ingredienti fondamentali: ■ amore I bambini trascurati non sviluppano appieno il loro cervello; ■ parole Le figure genitoriali che parlano ai loro bambini fin dalla nascita (di tutto: del latte che c’è, del colore delle carote, del tempo che fa, del papà che ritarda, di tutte le cose che si condividono con il bambino) contribuiranno a sviluppare i loro centri della parola e con lo sviluppo del linguaggio la capacità di dare un nome alle cose, premessa per conoscerle meglio e meglio rapportarsi alla realtà; ■ musica L’ascolto della musica, specialmente se classica, stimolerà nel bambino le stesse aree cerebrali utilizzate nel ragionamento e nel calcolo; ■ gioco gioco gioco Il gioco è fondamentale per lo sviluppo mentale e non solo, ma anche per quello affettivo e rende il bambino più creativo, più capace di attenzione, più curioso, meno teso, più socievole, più sicuro di sé; ■ leggere leggere leggere Una crescente massa di ricerche scientifiche dimostra sempre più che una delle principali cose che possono essere fatte per stimolare lo sviluppo mentale è leggere ad alta voce ai bambini tutti i giorni, o almeno tre volte alla settimana, sia pure soltanto per 10-15 minuti complessivamente. La breve sintesi sulle ragioni per cui la narrazione e la lettura ad alta voce dovrebbe essere incentivata in ogni famiglia con bambini in età prescolare e oltre, fin dove pos- Narrare e leggere ad alta voce con i bambini in età prescolare Perché lungo un percorso armonisibile, non può tuttavia esseco senza forzature, che in re conclusa se non mettenella costruzione e nel consolidamento del generale prende avvio con la do in guardia su tre frequenlegame affettivo fra bambini e quanti si ocscuola primaria. ti errori da evitare. cupano di loro, nell’ambito delle famiglie e delle coUn terzo errore è quello di Un primo errore è quello di munità, un fattore importante è rappresentato dai considerare la narrazione e considerare e soprattutto comportamenti degli adulti che contribuiscono ad la lettura ad alta voce non promuovere la narrazione e ampliare progressivamente e a delineare con presolo mezzi di rilevante imla lettura ad alta voce come cisione lo spazio psicologico di libero movimento portanza, ma addirittura strumenti per accelerare i del bambino. Per esemplificare, amplia lo spazio psiunici, per creare e sosteneprocessi di maturazione dei cologico di libero movimento l’adulto che solleva re un profondo e duraturo piccoli ascoltatori, senza teil bambino tra le braccia o gli permette di salire su legame affettivo tra genitoner conto che, nello svilupuna sedia, dandogli la possibilità di vedere che cori e figli. In realtà, il bambipo del bambino, non è solsa sta sul tavolo o fuori dalla finestra, fornendogli no instaura un legame affettanto importante “sapere”, l’opportunità di esplorare uno spazio per lui fino tivo profondo e duraturo ma soprattutto “capire”, e ad allora fisicamente inaccessibile, di soddisfare e con gli adulti che lo aiutano oggi i bambini, oggetto di nel contempo stimolare la sua curiosità. Un concomplessivamente a cresceuna vasta e pressante gamtributo all’ampliamento è dato dall’adulto che inre, che “crescono” assieme ma di stimolazioni esterne, segna al bambino ad andare in triciclo, a guardaa lui, contribuendo a costruisanno o rischiano di sapere re con il cannocchiale, a costruire un castello con re, arricchire e allargare il molto di più di quanto sono le carte o con la sabbia, che gli spiega che cos’è l’arsuo spazio psicologico. in grado di capire. Di qui cobaleno, che gli spiega perché il pancino gli fa maQuindi, quando ci si impel’opportunità e l’impegno di le dopo aver bevuto la bibita ghiacciata… In tali gna a sensibilizzare i genitomettere in guardia sopratmodi il bambino amplia il suo spazio perché scori o quanti a vario titolo si tutto i genitori contro ogni pre di saper fare tante cose e soprattutto scopre che occupano di bambini piccoeventuale propensione a c’è qualcuno che è disposto a insegnarli tante coli, è opportuno non presenstrumentalizzare il racconta17 se, ritenendolo capace di farle. tare il raccontare e il leggere e il leggere ad alta voce re ad alta voce come possiper forzare lo sviluppo cobilità uniche, ma solo come gnitivo, emotivo e sentiuna delle molte strategie possibili per aiutare il bambino mentale dei propri bambini. Un secondo errore, in un certo senso corollario del pri- a crescere. In questa ottica, il raccontare e il leggere ad mo, è quello di perseguire, mediante la narrazione e la alta voce diventano dei tasselli certamente importanti, ma lettura ad alta voce, l’obiettivo di anticipare nei bambini tanto più in quanto più vengono inserti nelle vicende della capacità di leggere, alla quale si deve invece arrivare la vita quotidiana. N 1 2 3 4 5 6 7 A titolo esemplificativo può essere segnalato: Brazelton T.B., Greenspan S.I., “I bisogni irrinunciabili del bambini. Ciò che un bambino deve avere per crescere e imparare”, Raffaello Cortina Editore, 2001. Kase B.F. 2000, in Internet: Read-Aloud before birth (consultata 2007). Hart B, Risley T.R., “The Early Catastrophe. The 30 Milion Work Gap by Age 3”, American Educator, Spring 2003. Trelease J., “The Read-Aloud Handbook”, Penguin Books, 2007. 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La mancanza di un’adeguata comunicazione verbale adulti-bambini degrada l’educazione umana a livello dell’addestramento animale. 14 I l Progetto “Leggere per Crescere” coglie una grave carenza sociale e risponde a un bisogno fondamentale del bambino: quello di intrattenere con i propri familiari un’interazione verbale attenta, regolare e costante. Da una ricerca condotta nell’ambito del Progetto risulta, infatti, che alla maggior parte dei bambini in età prescolare manca un’adeguata comunicazione attraverso la lettura e il racconto con gli adulti e che, paradossalmente, i genitori che più hanno studiato sono quelli che trovano meno tempo per conversare e leggere insieme ai propri figli1. Per tutti vi è, evidentemente, un problema di tempo. Spesso i genitori lavorano entrambi e le ore da trascorrere insieme con i figli risultano sempre troppo poche. Le incombenze quotidiane sono così pressanti da invadere ogni spazio di libertà e di autonomia per cui si preferisce spesso collocare i bambini dinnanzi alla televisione per “tenerli buoni”. Il piccolo schermo, che giunge ad occuparli in media tre ore al giorno, viene così a costituire la prima agenzia edu- cativa del nostro Paese, prima in ordine di precocità oltre che di quantità. Il rapporto con la televisione Senza dilungarci nell’ennesima recriminazione sui programmi televisivi, basta dire che essi possono essere dannosi se non vengono limitati, selezionati e affiancati da scelte alternative come leggere un libro, ascoltare musica, giocare o semplicemente fantasticare2. Un cartone animato di buona fattura alimenta la fantasia, ma trasmette un cibo predigerito, un messaggio concluso; la narrazione orale invece suggerisce ma non satura, lascia all’ascoltatore il compito di rappresentare il contesto, di mettere in scena la situazione, di scegliere gli attori. L’inizio di ogni storia, “c’era una volta…”, schiude il sipario del teatro interiore e annuncia l’inizio di uno spettacolo di cui suggerisce la trama. Ma affida poi a ognuno la regia degli eventi e la possibilità di scegliere con quale personaggio identificarsi. In una società dove la maggior parte dei bambini sono teledipendenti, la proposta di spegnere il tubo catodico per raccontare una storia o leggere un libro risulta, nella sua semplicità, rivoluzionaria. Come denuncia la grande psicoanalista francese Françoise Dolto, si parla molto dei bambini ma poco con i bambini. Ma noi siamo “esseri di parola” e la mancanza di adeguata comunicazione verbale degrada l’educazione umana a livello dell’addestramento animale. Ma che cosa significa “comunicazione adeguata”? Che coinvolga davvero una o più persone, che le loro menti funzionino all’unisono e le loro parole inviino non solo contenuti ma anche emozioni condivise. La comunicazione faccia a faccia impegna infatti i processi affettivi oltre che cognitivi, e le emozioni, anche quelle negative, mobilitano l’attenzione e sollecitano la reazione di chi ascolta. Quando una storia è una storia Ci si può chiedere quando una comunicazione merita la qualifica di “storia”. Secondo una studiosa americana, un testo non può essere con- “Leggere per Crescere” siderato “storia” se non individua almeno un ambiente e un episodio; inoltre, una buona storia deve possedere un finale e le storie che presentano un finale preceduto dal superamento di ostacoli sono da ritenere migliori delle altre3. Le narrazioni orientano l’agire dell’uomo, trasmettono i modelli della vita sociale, con i relativi aspetti di reciproca interdipendenza4. Come tali sono coestese alla storia dell’umanità. La cultura occidentale, per quanto riguarda la sua discendenza dall’antica Grecia, inizia con i racconti epici della guerra di Troia, gesta che, prima di essere raccolte e tramandare nei testi ben noti dell’Iliade e dell’Odissea, sono circolate per molti anni, in forma orale e rapsodica, lungo le coste dell’Egeo e del Mediterraneo. E ad Atene, nell’età classica, l’educazione dei bambini iniziava con l’ascolto e la lettura dei testi omerici che rappresentano, in tal senso, l’abbecedario della nostra civiltà. Nell’interazione tra chi narra e chi ascolta si produce un legame sociale che va al di là della parola-corpo che connette il bambino alla madre, alla loro immediata comprensione. La parola simbolica prende infatti il posto della cosa, la sostituisce, la evoca in modo indiretto, mediato, metaforico. Ma perché questo avvenga sono necessari dei processi preparatori, che si costituisca quello che è stato definito lo “spazio transizionale”, una dimensione intermedia tra il bambino e la madre, tra il “me” il “non me”. Quando l’adulto gioca con il bambino al “cut-bau”, all’apparire e disparire del suo volto, sta inconsapevolmente approntando lo spazio mentale della narrazione condivisa. Una situazione che chiede molto ai suoi protagonisti. L’adulto che narra deve infatti essere capace di immedesimarsi nel bambino, di raggiungerlo empaticamente là dove si trova secondo il suo stadio evolutivo e la sua condizione personale. Dal canto suo il bambino può ascoltare e intendere soltanto se ha raggiunto un livello di sicurezza tale da affidarsi all’altro, da abbandonare momentaneamente il controllo della realtà esterna per inoltrarsi in quella fantastica, che condivide con il narratore. L’invito “vieni che ti racconto una storia” presuppone che il più grande prenda per mano il più piccolo, che lo guidi, come Virgilio con Dante, nella selva oscura dell’immaginario. Ogni racconto infatti, anche il più semplice, ha radici lunghe che, calandosi nell’inconscio, evocano fantasmi non sempre coscienti. Pensiamo, ad esempio, a Cappuccetto Rosso, dove alla vicenda esplicita si sottende un richiamo al rischio che il bambino incontri adulti malintenzionati e situazioni pericolose. Raffigurare eventi così inquietanti attraverso il lupo, nel bosco, aiuta ad allontanarli, a renderli ipotetici, a relativizzarli. Tanto più che il narratore assicura, con la sua familiare presenza, che il mondo rimane prevalentemente buono e che la maggior parte delle persone, anche se non tutte, meritano di essere accolte con fiducia. Ogni bambino comprende poi solo ciò che è in grado di assimilare, lasciando cadere nel vuoto gli elementi del racconto che il suo apparato psichico non può ancora elaborare. Quando la mente è invasa da pensieri caotici e da 15 Lettura emozioni inelaborate non c'è posto per nuovi contenuti e le porte della mente si chiudono difensivamente. Per cui la disponibilità all’ascolto deve essere sostenuta da un’adeguata condizione ambientale e psichica. Ascoltare una storia comporta infatti il prenderla dentro di sé, il farle posto tra altre immagini, in un archivio che si costituisce a mano a mano che sopraggiunge il materiale da sistemare. I pensieri e l’apparato per pensare si formano e crescono insieme. In certi momenti le emozioni possono travalicare gli argini che dovrebbero contenerle e il bambino spezza allora il filo del racconto con domande, osservazioni, divagazioni che hanno, tra l’altro, lo scopo di prender tempo rispetto a un possibile ingorgo emotivo. Altre volte invece lascia repentinamente l’immobilità dell’ascolto per agire attivamente, mimeticamente, l’azione che lo turba. Il linguaggio crea il mondo 16 Nel racconto delle storie, il filo rosso della comunicazione è costituito dal suono della voce narrante, dal rapporto bocca-orecchie che congiunge chi parla a chi ascolta. È vero che il bambino diviene da ascoltatore anch’esso narratore, che impara a mano a mano a “fare storie” ma in un primo tempo prevale l’assimilazione, l’incorporazio- ne di parole, di sequenze, di strutture grammaticali e sintattiche. Il linguaggio non solo ordina il mondo ma lo crea, lo fa esistere e persistere al di là della caducità o della transitorietà delle sensazioni. Chi narra detiene il filo del discorso e può pertanto selezionare, sottolineare, glissare, scandire le pause, tornare indietro, anticipare gli eventi, pronunciare battute ironiche, “fare le facce”, in base alle impressioni che gli inviano i suoi interlocutori. I bambini guardano l’adulto che racconta e insieme, con gli occhi interiori, si inoltrano nello spazio virtuale del racconto. Quanto più la situazione è tesa tanto più conviene arrivare sino in fondo, portare a liberazione le emozioni e, su richiesta, ripetere una o più volte la storia finché non viene completamente assimilata. Dopo un po’ i bambini capiscono che c’è sempre un lieto fine, una giustizia che mette le cose a posto, ripara i danni, punisce i cattivi e premia i buoni. La garanzia di una conclusione positiva rende tollerabile l’attesa, sopportabile l’ansia, e permette di lasciarsi andare all’onda della fantasia. Attraverso le storie, gli stati affettivi del bambino, spesso indistinti, confusi, prendono forma, si rendono visibili, comprensibili, condivisibili. La paura, ad esempio, fa parte del patrimonio emoti- vo di tutti gli animali e i cuccioli umani la sperimentano ancor prima di incontrare un pericolo. Ma finché essa rimane fluttuante il bambino avrà paura di tutto e di tutti. Solo quando quella tensione negativa si sarà connessa a dei simboli (figure e parole) il bambino sarà in grado di circoscriverla, tollerarla e controllarla. Anche se il bambino, perché piccolo o perché disabile, non comprende i contenuti del messaggio è tuttavia in grado, attraverso la musica della parole, di cogliere le emozioni che esso veicola. La maggior parte delle psicoterapie infantili considera ormai la narrazione come il modo privilegiato per dar figura ai fantasmi dell’inconscio e, attraverso la parola, renderli comunicabili e modificabili5. L’attrazione del libro Alla narrazione si accosta poi, senza necessariamente sostituirla, la lettura di un libro insieme. Il libro, prima di essere un testo, è per il bambino un oggetto attraente. La sua curiosità è attivata dalla consistenza materica (i primi libri sono anche giocattoli che inviano sensazioni tattili, olfattive, sonore) e dalle figure che lo illustrano. Le figure possono servire perché il bambino consideri la lettura non come una tecnica da apprendere perché lo deve ma un’esperienza da affrontare perché gli schiude un mondo nuovo, uno scenario meraviglioso. Penso, in questo momento, a un libretto della mia infanzia dove due bambini guardavano un buco nero entro cui si intravedeva la sagoma di non so che cosa. Quell’enigma mi ha spinta a imparare quasi da sola, utilizzando i libri scolastici di mia madre maestra, a leggere e scrivere a quattro anni. Così ho saltato la fase dell’apprendimento puramente tecnico, fine a se stesso, con cui spesso si mortifica il desiderio infantile di apprendere. Mi è rimasto solo ciò che Roland Barthes chiama “il piacere del testo”. Un piacere sorretto dal desiderio, non tanto di possedere, quanto di cercare. Ma prima di giungere alla sublime solitudine della lettura in proprio, il bambino chiede “Mi leggi?”, una domanda così carica di promesse e di memoria che non può essere disattesa. Noi apparteniamo alle tre religioni del Libro: l’ebraica, la cristiana e l’islamica, che affidano a un testo sacro la parola di Dio. Nella fondamentale regola monastica di S. Benedetto, il Prologo inizia con queste parole: “Ascolta, o figlio, l’insegnamento del Maestro e piega l’orecchio del tuo cuore”. Riattivare la tradizione della lettura orale del libro, dei libri, significa, così come per la narrazione, iscrivere i bambini nella genealogia della nostra cultura, farli sentire partecipi del lungo cammino dell’umanità. Questo vale per tutti i bambini, compresi quelli che si trovano in difficoltà per una patologia intensiva o per una carenza strutturale. I primi soffrono spesso, soprattutto durante i ricoveri ospedalieri prolungati, di un deficit di comunicazione. Le manipolazioni del corpo tendono a sostituire le comunicazioni verbali, impoverite dalla mancanza di esperienze piacevoli. In quei frangenti la lettura di un libro stabilisce una comunicazione non strumentale, libera, disinteressata. Il bambino che ascolta una storia è aiutato a evadere dalle strettoie dell’istituzione clinica e dalle ossessionanti scadenze della cura. La fantasia mette le ali e vola alto trasportando i piccoli in un mondo incantato dove è possibile essere felici nonostante le inibizioni e le sofferenze dell’organismo malato. Estendere poi la pratica della lettura ai soggetti con disabilità intellettive serve a superare un’iniqua discriminazione e ad attivare nuovi percorsi di conoscenza e di cura. Soprattutto quando si attuano le tre fasi che promuovono la fruizione del testo: narrazione, ascolto della lettura effettuata da altri, lettura in proprio. Sappiamo da molte ricerche che esse producono una sinergia virtuosa che incrementa le capacità del letto- re: la sua competenza, le sue motivazioni6. Infine, in una società multiculturale come la nostra, le varie forme di comunicazione verbale, nella lingua di provenienza e di residenza, costituiscono un fondamentale veicolo di integrazione senza omologazione, rispettosa delle specificità e delle differenze. Questo è l’ampio e necessario scenario in cui è immerso il Progetto “Leggere per Crescere”. 1 2 3 4 5 6 Olivieri D., La famiglia racconta. Indagine socioculturale sulle famiglie della Provincia di Verona con bambini in età prescolare, GlaxoSmithKline, 2005. Oliverio Ferraris A., TV per un figlio, Laterza, Bari, 1995. Stein N. L., “The development of children storytelling skill”, in: Frankling e Barten (a cura di), Child language: a book of readings, Oxford University Press, New York, 1996. Bruner J. S., La cultura dell’educazione, Feltrinelli, Milano, 1996. Tra molte esperienze di narratologia applicate all’infanzia si possono segnalare quelle svolte dall’Istituto Ricerche di Gruppo di Lugano (Marcoli F., Il pensiero affettivo, Red Edizioni, Como, 1997); quelle di Antonino Ferro, La psicoanalisi come letteratura e terapia, Raffaello Cortina Editore, Milano, 1999, e di Dina Vallino Macciò, Raccontami una storia, Borla, Roma, 1998). Bondioli A. (a cura di), Lupus in fabula: per una pedagogia del narrare infantile, Edizioni Junior, Bergamo, 2004. 17 Capitolo 2 Narrare e leggere ad alta voce con i bambini in età prescolare L Quando LE DOMANDE CHE inevitabilmente vengono poste, da quanti si sono convinti dell’utilità della narrazione e della lettura ad alta voce per lo sviluppo del bambino, sono di solito due: quando è possibile e opportuno cominciare e quando smettere. In generale, alla prima domanda si risponde: a circa sei mesi di vita del bambino. Le ragioni sono numerose: a sei mesi il bambino dimostra già di ascoltare la voce della mamma, distingue i colori, si accentua la capacità di distinguere la differenza fra le espressioni del viso della mamma o di chi lo accudisce (tristi, allegre ecc.) e di rispondere con proprie espressioni conformi. A cinque-sei mesi si può riconoscere nel bambino una certa capacità di concentrarsi, di esaminare gli oggetti alla sua portata, di volgersi verso i suoni provenienti da fonti che non vede, di attrarre l’attenzione muovendo le braccia e le gambe, di ricordare, sia pure per pochi minuti, gli oggetti che lo interessano. A sei mesi il bambino comincia a imitare i suoni e a pronunciare “ma-ma”, “pa-pa”. Per queste condizioni favorenti, vi è accordo nel considerare i sei mesi un’età giusta per cominciare ad intrattenere il bambino con narrazioni e letture ad alta voce. Nella realtà, si comincia ben prima, fin dal primo giorno dopo la nascita del bambino, quando la mamma lo prende in braccio per la prima volta e lo vezzeggia con tenere parole d’amore, abituandolo al suono rassicurante della propria voce. In sostanza, si potrebbe dire che, salvo il convenzionale confine dei sei mesi, non è mai troppo presto per cominciare, così come è bene sottolineare che non è mai troppo tardi per farlo. Infatti, se è vero che l’impianto generale del cervello si modella soprattutto nel primo anno di vita, è altrettanto vero che lo sviluppo maggiore si realizza prevalentemente nei successivi tre anni e fino ai 7-10 e oltre, fino ai venti, per declinare gradualmente, come capacità plastica di rimodellamento cerebrale, con l’avanzare verso la maturità. 8 In queste considerazioni è implicita la risposta anche alla seconda domanda: quando non vale più la pena di continuare a narrare e leggere ad alta voce. A parte la diffi- coltà di distogliere un bambino di 6-7 anni e oltre da altre attrazioni (televisione, videogiochi, attività ludiche di gruppo extradomestiche ecc.) vi sono documentate rilevazioni che sostengono l’opportunità di continuare la pratica della narrazione e della lettura ad alta voce ancora per tutto il periodo della scuola primaria, sia in ambito domestico sia in quello scolastico. Nel primo caso, uno dei risultati conseguibili è quello di conservare un’unità familiare di natura intellettuale; nel secondo, quello di migliorare le prestazioni cognitive del bambino. In tutti e due i casi, quello di alimentare e sostenere l’interesse e l’amore per la lettura. È chiaro che, una volta imparato a leggere, la pratica/dovere della lettura ad alta voce non è più riservata agli adulti, ma può essere vantaggiosamente estesa ai ragazzi stessi. Quanto raccontare e leggere Il quanto, la questione dei tempi più opportuni per la narrazione e la lettura ad alta voce ai bambini, oltre al quando iniziare e quando smettere, comporta due ordini di considerazioni: la capacità di attenzione dei bambini e la realistica disponibilità degli adulti. I tempi di attenzione di un bambino sono relativamente brevi, brevissimi, al di sotto dei tre anni; inoltre, per disporsi ad ascoltare, è necessaria, da parte dei bambini, una disponibilità non sempre facile da ottenere, specialmente da parte dei più grandicelli, nei quali maggiore può essere il contrasto fra interessi e attività diversi dall’ascolto, specialmente nell’ambito di stili di vita caratterizzati da stimolazioni di eccessiva intensità, quali troppe o troppo prolungate attività fisiche o una sproporzionata fruizione della televisione. Di questi due fattori è opportuno tenere conto sia per non eccedere nel pretendere un tempo di attenzione che il bambino non è in grado di dare, sia per creare situazioni ambientali di distensione che favoriscano la disponibilità interiore all’ascolto. Narrare e leggere ad alta voce con i bambini in età prescolare Quando Il bambino di oggi vive in un mondo accelerato che com- to non deve essere considerato né l’unico né il più idopromette lo sviluppo e il mantenimento delle capacità neo. Raccontare e leggere ad alta voce non deve divendi attenzione. Le abitazioni in cui vive straripano di di- tare un sonnifero. È importante far capire che il libro può spositivi elettronici la cui attivazione e funzionamento si essere letto e sfogliato anche in altri momenti del giorno. realizzano in pochi secondi, invadendo ogni spazio del- Si può dapprima iniziare a leggere come un fatto eccezionale, presentandolo al la possibilità di concentrarbambino come una bella si, di agire con tranquillità, sorpresa. Un po’ alla volta è di prestare attenzione. Ora, el quadro generale della scelta dei momenperò importante che il temle cellule del cervello, nelle ti più opportuni da dedicare al raccontapo del racconto o della letaree deputate al controllo re e al leggere ad alta voce, l’aspetto forse più imtura diventi un momento fisdell’attenzione, letteralmenportante e certamente meno facile è quello di conso nella giornata o perlomete non connettono quando vincere gli adulti che non è il tempo dei bambini no nella settimana . sono eccessivamente stiche deve essere organizzato in funzione delle esiUn accorgimento, non tropmolate, ad esempio, da cergenze dei grandi, bensì è il tempo di questi che depo impegnativo per l’adulto, ti, convulsi programmi televe essere pianificato per stare vicino ai propri picpuò essere quello della cavisivi cui i bambini sono coli, non solo per farsi ascoltare, ma anche per tena di lettura, dove il bamesposti spesso per parecchie ascoltarli e condividerne le esperienze, le emoziobino sa che ogni giorno c’è ore al giorno. ni, i sentimenti nella quotidianità della loro vita. qualcuno che gli legge un Alcune ricerche suggeriscopezzettino del suo libro (il no di considerare la capacinonno, la baby-sitter, la tà di attenzione di un bambino (in minuti primi) pari alla sua età; per cui, un bam- mamma di un compagno ecc.). L’importante è che ci sia bino di 3 anni sarebbe in grado di concentrarsi su una una ragionevole regolarità negli interventi. singola attività per circa 3 minuti. La capacità di attenzione può essere sviluppata in famiglia con un serie di accorgimenti: innanzitutto, limitando il più possibile l’espo- Dove raccontare e leggere Accanto ai quesiti sizione alla televisione e ai videogiochi; incoraggiando il che vengono posti su quando e quanto raccontare e legbambino a parlare delle proprie attività, dotandolo di gio- gere ai bambini, è abbastanza utile dedicare qualche ricattoli e favorendo giochi che richiedono un impegno ga alle condizioni ambientali in cui tali pratiche si rendomentale (puzzle, costruzioni, colorazione di figure ecc.), no più gradevoli e fruttuose. coinvolgendolo in gite istruttive: soprattutto narrandogli In ambito domestico, è suggeribile destinare spazi in cui e leggendogli ad alta voce testi di graduale, crescente com- sia possibile creare un’atmosfera che contribuisca a faplessità e lunghezza. vorire una reale disponibilità all’ascolto, quindi senza elePer quanto riguarda gli adulti, sono da prendere in con- menti distraenti, come la televisione accesa, conversasiderazione sia le oggettive difficoltà (gli impegni di lavo- zioni fra persone non impegnate nella lettura e nell’ascolro, le occupazioni domestiche, i ritmi e gli affollamenti to e così via. A creare un’atmosfera favorevole contribuinegli asili nido e nelle scuole dell’infanzia ecc.) a trovare sce certamente anche l’illuminazione dello spazio in cui i momenti più opportuni (per il bambino) da dedicare al la lettura si svolge: sufficiente per vedere bene le evenraccontare e al leggere, sia la “pigrizia” a stabilirli nel cor- tuali illustrazioni e le espressioni di chi racconta o legso della giornata. ge, ma non eccessiva per non stancare e soprattutto per non deprivare un tale momento di stretto rapporto interpersonale di un’aura che lo può rendere particolarmenQuando narrare e leggere È un luogo comune te pregnante. da superare quello secondo il quale i momenti migliori per Uno spazio relativamente circoscritto, tranquillo e moderaccontare e leggere ad alta voce siano quelli che prece- ratamente illuminato può favorire in modo apprezzabile dono il sonno, quando i bambini hanno più bisogno di un forte senso di partecipazione e di complicità fra chi rassicurazione e di tenerezze. Non viene naturalmente mes- narra e i piccoli che ascoltano, alimentando la creazione so in dubbio che questo luogo comune abbia una non tra- e la condivisione di sogni e fantasie. È anche molto redscurabile componente di verità: tuttavia questo momen- ditizio, per creare condizioni favorevoli alla narrazione e N 19 Capitolo 2 Lo sviluppo del bambino in rapporto alla capacità di ascolto 5-6 mesi A cinque mesi è riconoscibile lo sviluppo della capacità di concentrarsi: si può notare che il bambino esamina a lungo le cose alla sua portata; si volge verso i suoni provenienti da fonti che egli non vede, mentre, per attrarre l’attenzione, muove braccia e gambe. A sei mesi il bambino, per attrarre l’attenzione, emette suoni e tende le braccia per essere preso in braccio. A questo stadio dello sviluppo, il bambino ricorda gli oggetti che lo interessano e li cerca, sia pure per un tempo relativamente breve. Esprime piacere o dispiacere con risatine, pianto, agitazione e risponde con emissioni di suoni quando gli si parla. È questo il periodo per intrattenere sistematicamente il bambino con ninnananne e altri manifestazioni vocali (filastrocche ecc.). A sette mesi il bambino comincia a dimostrare un rilevante interesse per il gioco: cerca i giocattoli che sono 9-10 mesi 6-8 mesi fuori dalla sua vista, raccoglie quelli che ha lasciato cadere, dimostrando capacità di memoria. A otto mesi la memoria fa un balzo in avanti: riconosce i giochi familiari e le filastrocche più frequentemente sentite. Può girarsi e prestare attenzione quando viene chiamato per nome. L’interazione con l’adulto è piacevole e ricca: si gioca insieme (cucù) e si “conversa”: gli strilli e i mugolii sono accompagnati da espressioni mimiche del viso e da gesti. Rispondere, da parte della mamma, a queste manifestazioni favorisce la presa di coscienza che i rapporti sociali sono a due sensi. Lo sa bene quando tende le braccia per essere preso in braccio, comincia a comprendere il significato del “no” e piange quando gli si rivolge con voce adirata o di severo rimprovero. A nove mesi il bambino compie un importante passo in avanti nello sviluppo mentale: egli comincia a comprendere che le cose esistono anche se non si vedono, comincia cioè il pensiero astratto. A dieci mesi il bambino comincia a dimostrare interesse alle figure dei libri, esprime una forte esigenza di indipendenza riguardo ai movimenti, all’alimentazione e al vestiario. Comincia a imitare. A undici mesi il bambino comincia a dimostrare un certo senso dell’umorismo: gli piacciono gli scherzi e ripete 11-14 mesi azioni e comportamenti che fanno ridere. 20 A dodici mesi il bambino è capace di pronunciare 2-3 parole significative, inizia anche a comprendere domande semplici. È capace di esprimere paura, rabbia, gelosia, ansia e simpatia. È determinato a rimuovere gli ostacoli alla sua azione e comincia a sviluppare concetti di spazio e tempo (qui, là, ora, dopo ecc.). Presta attenzione a un libro o a un giocattolo per circa 2 minuti. È questo il periodo in cui è importante intrattenere il bambino parlandogli intenzionalmente, oltre che recitandogli ninnananne, filastrocche, rime, complessivamente almeno per una quindicina di minuti tutti giornii. Si possono utilizzare pubblicazioni con immagini di bambini impegnati nelle loro abituali funzioni quotidiane: mangiare, giocare, dormire; pubblicazioni della “buonanotte”; pubblicazioni con rime facili e brevi testi di semplici storie prevedibili. Narrare e leggere ad alta voce con i bambini in età prescolare Quando 3-4 anni 2-3 anni 18-24 mesi Raccontare e leggere ad alta voce ai bambini in modo proficuo comporta la necessità di tener conto delle loro reali capacità di comprendere e di partecipare, in modo da evitare il più possibile di pretendere troppo o di offrire troppo poco. Gli piace che gli si legga. • Esegue comandi semplici impartiti senza accompagnamento di gesti. • Indica parti del corpo come il naso, la pancia, gli occhi. • Comprende verbi semplici come “mangiare”, “giocare”, “dormire”. • Pronuncia correttamente la maggior parte delle vocali e le consonanti n m p specialmente all’inizio di parole brevi. • Dice 8-10 parole, magari in modo non chiaro. • Chiede i cibi per nome. • Imita i suoni degli animali. È il tempo giusto per raccontare piccole brevi storie, progressivamente articolate, con un inizio e una fine, ripetendole più e più volte per il piacere del piccolo che apprezza sentirsele riraccontare. Sono da introdurre in casa libri che offrono la possibilità di esperienze sensoriali: libri con buchi, pulsanti, ruote ecc. e testi in rima da ritmare con il corpo. A 24 mesi conosce circa 50 parole e ne usa circa 40. • Conosce alcuni concetti spaziali “dentro, fuori, sopra, sotto”. • Conosce pronomi come “io, tu, lei”. • Conosce parole descrittive come “grande, piccolo, felice”. • Parla in modo più accurato, ma ancora si inceppa nei suoni finali. • Risponde a domande semplici. • Nell’intrattenere il bambino è importante tener conto e valorizzare le capacità e le preferenze che egli matura in questo periodo: ■ ha imparato a maneggiare le pagine di carta; ■ ha imparato a sfogliare i libri avanti e indietro per trovare le immagini preferite; ■ recita intere frasi e talvolta intere brevi storie; ■ coordina i testi con le immagini; ■ protesta quando l’adulto dice una parola “sbagliata” in una storia conosciuta; ■ si “legge” i libri che gli sono familiari. L’intensa curiosità che caratterizza questo periodo dello sviluppo mentale induce il bambino a chiedere incessantemente “perché…?”. Le risposte devono essere date con calma, con parole che possano essere comprese, ma sempre precise, ricordando che egli sta imparando a ragionare e quindi è opportuno fornirgli informazioni chiare e attendibili. Poiché il processo educativo avviene prevalentemente attraverso la parola, il dialogo con il bambino deve essere impostato in modo relativamente semplice, ma soprattutto chiaro, preciso e onesto. A questo proposito, è utile sottolineare il fatto che la capacità del bambino di comprendere il significato delle parole e dei discorsi è più sviluppata di quella di esprimere con parole le proprie idee, emozioni e sentimenti. Ordina gli oggetti: giocattoli, vestitini ecc. • Distingue i colori. • È capace di descrivere l’uso degli oggetti come “forchetta”, “automobile” ecc. • Scherza con le parole, riconosce le assurdità verbali (“è un elefante o il tuo gatto”), gode a sentire espressioni in rima. • Esprime idee e sentimenti più che parlare del mondo che lo circonda. • Risponde a domande semplici. • Ripete frasi sentite. Le pubblicazioni adatte a questo periodo sono quelle che raccontano storie, pubblicazioni che riguardano piccoli bambini che assomigliano e vivono come lui, ma anche dedicate a luoghi e modi di vivere diversi da quelli conosciuti, pubblicazioni con testi semplici che possono essere memorizzati, pubblicazioni che riguardano i numeri, l’alfabeto, le parole. 21 Capitolo 2 Da 5 anni 4-5 anni Comprende concetti spaziali relativamente complessi “al di là”, “vicino a” ecc. • Comprende domande complesse. • Pronuncia le parole in modo comprensibile, con qualche errore nelle parole più complesse come “ippopotamo”. • Usa 200-300 parole diverse. • Descrive come fare che cosa (come colorare una figura ecc.). • Elenca i componenti di una categoria come animali, veicoli ecc. • Risponde ai “perché”. • Si rafforza la capacità di cogliere il senso delle storie che gli vengono raccontate, per cui si possono proporre libri che aprono sul mondo pur mantenendo saldo il legame con le sue esperienze quotidiane. • È spiccato il piacere di sentire storie e fiabe in cui vi è una sorta di viaggio iniziatico del protagonista con prove da superare, sconfitta del cattivo, vittoria del buono ecc. • È notevole il senso del comico e quindi apprezzati sonoi racconti buffi e divertenti. I bambini intorno ai 4 anni tendono a parlare incessantemente utilizzando forme verbali degli adulti, partecipando a conversazioni reali o impostandone di continuo con compagni o personaggi immaginari. Può comparire la tendenza di vantarsi, esagerare, fare un sacco di domande non tanto per soddisfare un’autentica curiosità quanto per obbligare l’adulto (la mamma, il papà o altri) a rispondere e quindi ad intrecciare una conversazione. In questo periodo, soprattutto intorno ai 4 anni, il bambino è felice di inventare parole buffe che fanno ridere i grandi, e di usare spesso anche parole un po’ sconvenienti, prevalentemente riferite alle sue funzioni fisiologiche. Verso i 5 anni l’interesse verso il mondo reale si fa più autentico e il flusso continuo delle domande risponde a un vero bisogno di conoscere. A questa età, il linguaggio del bambino può considerarsi sostanzialmente completo. È questo il periodo in cui è massimamente utile stimolare nel bambino l’interesse verso i libri, sia non perdendo occasione di leggergli e rileggergli libri adatti alla sua età (molto illustrati e fantasiosi) sia predisponendo un luogo dove egli possa tenere e consultare con facilità le pubblicazioniche sono state acquistate per lui. Capisce più di 2.000 parole. • Capisce le sequenze temporali: che cosa è accaduto prima, che cosa è accaduto poi, che cosa accadrà in futuro ecc. • Comprende le composizioni in rima. • Prende parte alle conversazioni. • Usa frasi composte e complesse. • Descrive gli oggetti. • Usa l’immaginazione per inventare storie. A questa età, il contributo allo sviluppo intellettivo e affettivo del bambino può essere proficuamente portato avanti: ■ continuando a leggere ad alta voce ogni giorno, tenendo conto che a questa età può ascoltare anche storie lunghe; ■ introducendo nuove parole in contesti significativi per i suoi interessi; ■ conversando con lui, dandogli il tempo di rispondere a suo agio; ■ evitando di completare le frasi sostituendosi a lui; ■ incoraggiando l’uso di matite e pennarelli per disegnare e “scrivere”. alla lettura, destinare sempre una stessa parte dell’abitazione a tali funzioni, un vero e proprio angolo della lettura accogliente e ricco di libri. 22 Questa possibilità, più o meno ampia nell’ambito domestico, assume connotazioni ovviamente differenti in condizioni diverse, come negli asili nido, nelle scuole dell’infanzia e nelle biblioteche pubbliche, dove è indubbiamente auspicabile che venga allestito sempre uno spazio specifico dedicato alla lettura (nelle biblioteche uno spazio per i piccoli nettamente separato dalle aree destinate agli adulti), possibilmente con ausili (seggioline, cuscini ecc.) e og- getti (libri, albi, manifesti, disegni degli stessi bambini), indispensabili o quanto meno utili per caratterizzare lo spazio destinato non solo all’ascolto, ma anche alla fruizione diretta (massimamente da incoraggiare) dei prodotti editoriali disponibili. Proprio per questa ultima opzione, i materiali editoriali devono essere disposti, nello spazio a essi dedicato, in modo che i bambini possano raggiungerli facilmente e disporne con ampio senso di libertà. Tempi e luoghi per la narrazione e la lettura ad alta voce devono naturalmente essere adeguati alle capacità di ascolto dei bambini nelle diverse tappe del loro sviluppo. Lettura Quanto ci dedichiamo ai nostri bambini? L’ introduzione in Italia del Progetto “Leggere per Crescere” è stata motivata dalla constatazione che nella famiglia italiana è ancora troppo trascurata la pratica della narrazione e della lettura ad alta voce con i bambini nei primi anni della loro vita, quando può maggiormente rappresentare un fattore fondamentale per il loro armonico sviluppo. Per valutare, almeno indicativamente, quanto tale pratica sia carente nel nostro Paese, nella fase preparatoria del Progetto “Leggere per Crescere”, GlaxoSmithKline e la Fondazione CariVerona affidarono alla Sezione di Statistica del Dipartimento Economico e Società e Istituzioni dell’Università di Verona (DESI) l’incarico di una ricerca rivolta a conoscere le caratteristiche delle famiglie con bambini in età prescolare residenti sul territoriodella Provincia di Verona e a stabilire quanto del loro tempo i genitori e gli altri parenti dedicavano realmente a intrattenere i loro bambini raccontando o leggendo ad alta voce. La ricerca1 ha dimostrato che, nonostante genitori giovani, ben istruiti e benestanti, molto insufficiente è il tempo veramente dedicato all’intrattenimento dei propri bambini con il mezzo forse più importante per creare un forte rapporto affettivo: raccontare e leggere ad alta voce almeno per qualche minuto ogni giorno. Infatti, se è emerso che più della metà dei genitori (prevalentemente le madri) canticchiano ai loro piccoli tutti i giorni (54,2%), il 18,2% lo fa soltanto 1-2 volte al me- se; ma già quando il bambino è un po’ più grandicello il tempo dedicato ogni giorno alle filastrocche scende al 25,4%; il 40,5% degli intervistati si dedica 1-2 volte al mese a questa forma di comunicazione. I comportamenti migliorano un po’ quando si considera il raccontare e il leggere ad alta voce, cui si dedicano ogni giorno il 42,8% dei genitori, ma il restante, a questo essenziale rapporto, si dedica soltanto poche volte alla settimana o al mese. 1 Olivieri D., La famiglia racconta. Indagine socio cuturale sulle famiglie della Provincia di Verona con bambini in età prescolare. GlaxoSmithKline 2005. Minuti dedicati a raccontare o leggere ai bambini nella provincia di Verona Tempo in minuti Meno di 10 minuti Da 10 a 19 minuti Da 20 a 29 minuti Da 30 a 39 minuti Da 40 a 59 minuti Almeno 60 minuti Totale Media minuti madre 7,6 39,1 16,6 28,6 4,0 4,2 100,0 22.0 Fonte D.E.S.I., Università degli Studi di Verona. % per grado di parentela padre entrambi 15,3 6,6 44,7 38,2 16,0 20,8 20,0 25,5 1,3 3,3 2,7 5,7 100,0 100,0 17.41 21.24 Totale altri 20,0 10,0 40,0 30,0 0,0 0,0 100,0 19.24 8,3 39,2 17,1 27,4 3,6 4,3 100,0 21.35 23 4 Capitolo 3 Narrare e leggere ad alta voce con i bambini in età prescolare U Come UNA FREQUENTE preoccupazione/obiezione che viene avanzata, soprattutto per giustificare il fatto che non si racconta e non si legge ai propri bambini, è che non si è capaci di farlo. È una preoccupazione/obiezione facilmente superabile, dal momento che non vi sono, in assoluto, modi giusti e modi sbagliati per raccontare e leggere ad alta voce ai e con i bambini: lo si può fare come si può, come si è capaci; l’importante è saper interessare, divertire, stimolare la fantasia e la creatività dei piccoli ascoltatori. Dalle più comuni esperienze si possono ricavare delle indicazioni assai semplici sul “come fare”, di provata efficacia e riassumibili in sei sintetici suggerimenti: ■ raccontare e leggere con naturalezza: ognuno deve essere se stesso; ■ raccontare e leggere in modo realistico, cioè come si parla normalmente; ■ usare le parole con precisione e pronunciarle con chiarezza; ■ far misurato ricorso a pause che “incornicino” e/o potenzino i contenuti; ■ adattare il racconto e la lettura alle esigenze e alle possibilità del bambino, limitando tuttavia il ricorso eccessivo ai vezzeggiamenti ed evitando di regredire al suo livello; ■ collegare con coerenza, nel racconto e nella lettura, le parole dette e le illustrazioni. Questi suggerimenti vanno considerati in un quadro di adeguata comprensione delle caratteristiche del bambino o dei bambini ai quali si racconta e si legge, comprensione che deve essere basata su un reale rispetto delle loro disponibilità e delle loro reazioni, soprattutto senza mai forzarli all’ascolto. Senza pretendere di esaurire la complessità e la varietà delle peculiarità dei bambini rispetto all’ascolto, se ne possono individuare tre tipi principali. Vi sono bambini la cui disponibilità e attenzione sono maggiori quando il racconto e la lettura sono sostenuti dalle immagini; altri, invece, sono più attratti dal suono delle parole e dal loro fluire; infine, vi sono bambini di cui si potrebbe dire che sentono con il corpo e che quindi hanno particolarmente bisogno di contatto fisico, di muoversi e agire secondo le suggestioni di quello che ascoltano. Fermo restando che raccontare e leggere ad alta voce non deve diventare una prestazione teatrale, non vi è dubbio che una maggiore attenzione è ottenibile tenendo conto non solo della disponibilità dei piccoli ascoltatori, ma anche delle loro reazioni, interagendo con le quali si contribuisce a creare uno stato d’animo, un’atmosfera emotiva che non possono non influenzare positivamente la loro attenzione. Premessa di ogni attività di narrazione e di lettura ad alta voce è che chi ascolta senta bene e chiaramente la voce narrante, cosa che non sempre accade, specialmente quando i piccoli sono numerosi e irrequieti. Quindi è necessario ricorrere a continue verifiche e sollecitazioni all’attenzione, senza tuttavia che la narrazione si spezzetti fino a rendere difficile seguirla, sia per chi ascolta sia per chi racconta o legge. Naturalmente è opportuno tenere nel dovuto conto la disattenzione dei piccoli ascoltatori, nel senso che, essendo la loro capacità di attenzione limitata, le manifestazioni di irrequietezza devono essere correttamente interpretate come un segnale che è bene che la narrazione o la lettura vengano interrotte. L’interruzione tuttavia non deve accadere bruscamente, come un segno di insofferenza o con intento punitivo, bensì con l’accortezza di sfumare in un finale provvisorio che lasci nel bambino che ascolta l’impressione che la sospensione è soltanto una pausa e che la narrazione continuerà in un secondo tempo. Un errore abbastanza frequente nel quale gli adulti incorrono è quello di considerare inutile raccontare e leggere ad alta voce a bambini che continuano a muoversi, allontanarsi, giocherellare, interpretando tali comportamenti come una mancanza di disponibilità all’ascolto, di disinteresse. In realtà, molto spesso i bambini con questi Narrare e leggere ad alta voce con i bambini in età prescolare comportamenti non sono affatto disinteressati: una verifica può dimostrare che essi rimangono comunque sempre a una distanza utile all’ascolto e che, alla fine, hanno fruito e goduto della narrazione quanto i loro compagni rimasti tranquilli. Una raccomandazione particolare è quella di non associare mai l’ascolto a una valutazione dei rendimenti cognitivi. Ascoltare deve essere semplicemente un piacere, non la premessa di un test su quanto il bambino ha imparato. Quindi, è opportuno non far seguire a un racconto o a una lettura le classiche domande: “Come si chiama il primo pinguino che la mamma accompagna a scuola?”, “Quali sono gli animali che l’orsetto segue scappando da casa?” ecc. Come Quando i personaggi sono molti e complessi, anche per il lettore più addestrato può risultare difficile “trovare” voci diverse, mantenendone tono e calore per tutta la narrazione, soprattutto quando il racconto è lungo, interrotto da pause, narrato in spazi e tempi diversi: in questi casi, si finisce per ingenerare nel piccolo ascoltatore soltanto difficoltà di attenzione e di comprensione. Quanto detto naturalmente non significa optare per una voce tediosamente sempre uguale, monotona, ma vuol dire cercare di renderla viva, attraente, specialmente attraverso variazioni naturali che esprimano la partecipazione emotiva di chi legge. È anche da considerare il rapporto fra l’adulto che racconta e legge e i bambini che ascoltano. Per l’adulto, un fatÈ anche opportuno tenere conto che una fiaba o una sto- tore di interesse in una narrazione è la varietà; mentre per ria possono aver colpito la sensibilità del bambino tanto il bambino piccolo la ripetitività è un elemento irrinunciabile. Infatti, il bambino picche gli è necessario un certo colo è un conservatore: ama tempo per “sostenerla” interisentire più volte la stessa riormente e quindi lo si din importante accorgimento riguarda le mostoria e non gradisce i camsturba quando la si vuole imdalità con le quali si associano le illustraziobiamenti. La storia si snoda mediatamente rievocare per ni alla narrazione. Va da sé che le illustrazioni vandavanti agli occhi del bamanalizzarla e discuterne. no ampiamente condivise fra chi legge e chi ascolbino non come una pellicoAltri accorgimenti sono da ta, ma è raccomandabile che il piccolo in ascolto ne la, una rappresentazione filtenere in conto per rendere prenda visione dopo che almeno una parte della narmica piatta e bidimensionail raccontare e il leggere ad razione sia stata effettuata. La ragione di questo acle della quale è semplicealta voce più attraenti, sticorgimento è sostenuta soprattutto dal fatto che mente spettatore, ma come molanti e sopportabili per i l’abitudine di passare molto tempo davanti alla teuna rappresentazione tridibambini piccoli. Se ne poslevisione diminuisce nei bambini la capacità di formensionale che lo circonda sono ricordare due di cui marsi, della realtà, immagini mentali proprie; ime in cui egli è inserito: vive uno abbastanza ovvio, l’alpoverisce in modo rilevante le loro capacità immacon la fantasia una sequentro particolarmente utile da ginative, riducendo le rappresentazioni a forme steza “reale” di situazioni in sapere. Il primo accorgireotipate e riduttive. L’ascolto, invece, fornisce un ambienti sovrapposti. Per mento consiste nel saltare fertile terreno di sviluppo della loro fantasia. cui risentire la stessa storia è senza esitazioni lungaggini e come riesplorare un percordigressioni che rallentano il so in un ambiente via via racconto, rendendolo di più difficile comprensione e/o eccessivamente lungo rispet- sempre più noto. Risentire la stessa descrizione permette to alla capacità di attenzione del bambino. Il secondo ac- al bambino di ripercorrere lo stesso viaggio lungo un percorgimento è quello di non forzare oltre misura la pro- corso che già conosce, sa che cosa sta per accadere e ciò pensione a dare voci diverse ai diversi personaggi di una lo tranquillizza e gli permette una escursione libera anche di fronte a situazioni emotivamente coinvolgenti. favola, di una storia, di un racconto. U È vero che le storie per bambini offrono la possibilità a chi legge di adattare la propria voce in modo da favorire nei piccoli una maggiore comprensione e caratterizzazione di personaggi e situazioni; ma questo è utile e possibile quando i personaggi sono (vocalmente) relativamente semplici e soprattutto quando sono poco numerosi. Se una considerazione finale può essere tratta da quanto proposto, si può dire che non vi è suggerimento veramente efficace se, da parte degli adulti, la narrazione non viene praticata costantemente con reale partecipazione, sia nell’ambito della famiglia sia in quello delle comunità in cui molti bambini passano gran parte delle loro giornate. 25 6 Capitolo 4 Narrare e leggere ad alta voce L al nido LA NARRAZIONE e la lettura ad alta voce nell’ambito degli asili nido sono attività largamente diffuse con molte varianti nei modi, nei tempi, negli atteggiamenti con cui vengono praticate. Pertanto, ogni considerazione sulle modalità più efficaci per realizzarle non può essere che schematica e in larga parte scontata per gli addetti ai lavori, ma non inutile per quanti sono coinvolti nell’esperienza del nido, come accade principalmente per i genitori. Infatti, la lettura all’asilo nido, soprattutto per quanto riguarda la possibilità che i bambini la percepiscano come un’esperienza piacevole e desiderabile, è tanto più proficua quanto più le famiglie ne vengano non solo informate, ma direttamente coinvolte, in modo che i piccoli la possano vivere in continuità, tra la vita nell’asilo e quella fra le mura domestiche. In molti asili nido, la narrazione e la lettura ad alta voce è un evento occasionale, dipendente dalle decisioni delle educatrici disponibili a sostenerlo; in altri, invece, si preferisce impostarle in modo programmato, nei tempi e nei modi. Questa seconda opzione è spesso preferita in quanto comporta il vantaggio di disporre, e di registrare con sistematicità, importanti elementi di riferimento sia per valutare gli effetti delle sedute di lettura sui bambini sia per affinare le prestazioni delle narratrici/lettrici. Fermo restando che i bambini possano accedere ai libri disponibili ogniqualvolta lo desiderino, le sedute di lettura programmata possono essere dell’ordine di 2-3 volte alla settimana. Gli intervali, nella settimana, fra una seduta e l’altra consentono di evitare che i tempi dedicati alla lettura diventino tediosa routine per essere invece eventi desiderati e attesi. L’attività di lettura, specialmente se programmata, è fortemente favorita dalla disponibilità di uno spazio, un angolo del nido, specificamente dedicato a questa funzione: tranquillo, luminoso, dotato di cuscini e tappeti, spoglio di elementi distraenti (giocattoli ecc.), ma invece ampiamente dotato di scaffaletti pieni di libri ad altezza di bambino e di espositori da questi facilmente raggiungibili. Il corredo dei mezzi utili, nell’ambito dell’esperienza di lettura negli asili nido, può fruttuosamente essere ampliato mediante l’introduzione di apparecchiature multimediali (proiettori, videocassette, CD ecc.) purché il loro uso sia complementare e non sostitutivo delle prestazioni dirette delle educatrici. La conduzione di una seduta di lettura ad alta voce, sia individuale sia di gruppo, rappresenta un impegno piuttosto complesso. «Dal momento in cui vengono introdotte le prime storie, il compito dell’adulto non è più solo quello di raccontare, illustrare, descrivere le immagini, ma anche quello di leggere, una lettura che deve essere da subito corretta, deve, cioè, usare le parole del testo senza storpiature, modifiche, integrazioni e aiutare i bambini a seguire il racconto percorrendo le immagini da sinistra a destra e dall’alto al basso. Man mano che il bambino cresce e matura è possibile passare a storie e racconti più lunghi e complessi, vere e proprie favole. Queste vengono lette più volte per intero e animate dalle variazioni di tono di voce dell’educatrice che, in sintonia con i sentimenti suggeriti di volta in volta dalla trama, dà vivacità ai vari momenti del racconto; interiorizzata la storia, saranno poi i bambini a raccontarla ad alta voce a se stessi e agli altri, sfogliando il libro»1. Tutto tenendo conto delle capacità di attenzione e di ascolto-comprensione del o dei bambini; richieste eccessive conducono spesso ad esperienze fallimentari. Un compito non facile spetta ancora all’educatrice: la valutazione dei risultati ottenuti a mano a mano che le esperienze di lettura ad alta voce si sviluppano nel tempo. Nei bambini fino a un anno e mezzo circa è importante considerare i cambiamenti di comportamento nei confronti dei libri e della lettura che dovrebbero consistere nell’insorgere e consolidarsi di un interesse nuovo per le pubblicazioni, utilizzate come oggetti di gioco autonomo, e nella richiesta spontanea di “farsi leggere”. Nei più grandicelli, i risultati possono essere valutati in termini di uno sviluppo della capacità di una lettura corretta delle immagi- Narrare e leggere ad alta voce al nido fine molto utilmente. La finalità ultima, o per lo meno una fra le più considerate importanti, è quella di pervenire, da parte del bambino, alla capacità di costruire un senso dalle parole che gli vengono dette e dalle immagini che gli vengono proposte, secondo le sue reali e graduali possibilità di capirle: dalla definizione degli oggetti alla precisazione delle loro caratteristiche e poi delle loro funzioni; quindi dal collegamento di quanto si dice e si mostra alle esperienze dirette del bambino fino a raggiungere, verso i 3 anni (quando è in grado di comprendere storie anche lunghe, riraccontarle, coordienendo ben conto che ogni schematizzazionare immagini e racconto, ne finisce per essere incompleta e spesso suconcepire azioni passate e fuperficiale, si può dire che in ogni modalità di letture, afferrare il significato di tura – narrativa, dialogata, mista – gli elementi che numero ecc.) una compiuta maggiormente possono rendere il raccontare e il possibilità di interscambio leggere un momento fondamentale di crescita del fra adulto e bambino. bambino consistono nel: ■ cercare il significato di ciò che si racconta o si legge assieme al bambino, mettendosi sul suo stesDopo la narrazione o so piano; la lettura Infine, va ricor■ scoprire assieme al bambino non solo il piacedata che l’esperienza della re della narrazione e della lettura, ma anche il fanarrazione e della lettura nelscino della parola, dell’espressione letteraria e dell’asilo nido non si esaurisce in le illustrazioni; se stessa, ma solitamente ali■ contribuire a costruire nel bambino sentimenmenta una successiva gamma ti di autostima, fiducia, sicurezza, interesse sociadi attività che contribuiscono le soprattutto mediante manifestazioni di apprezin modo rilevante alla crescizamento, di incoraggiamento e di ridimensionata del bambino, anche, se mento di eventuali insuccessi di comprensione e di non soprattutto, in termini di realizzazione. abilità al fare, al capire e al ni e di coglierne i particolari, oltre a dimostrare di avere imparato parole nuove apprese dall’ascolto delle letture e di cogliere il senso delle situazioni che vi sono descritte. Infine, un significativo elemento di valutazione dei risultati conseguiti è rappresentato dall’acquisita capacità del bambino di riproporre una storia ascoltata dimostrando – intorno ai 3 anni – di essere in grado di capire e ricordare gli avvenimenti principali di un racconto nella loro successione temporale2. La modalità narrativa e dialogica Le pos- T sibilità di leggere un libro, nella fascia di età in cui i bambini sono accolti al nido, sono sostanzialmente due: secondo una modalità narrativa e secondo una modalità dialogata. La semplice narrazione, spesso affidata alla memoria o all’invenzione, se condotta con genuina partecipazione, stabilisce tra educatrice e bambino(i) un più immediato rapporto interpersonale e quindi una maggiore propensione all’ascolto; inoltre conferisce una maggiore fluidità al racconto, anche perché generalmente le parole che vengono usate sono sia in un numero più ridotto sia più semplici, tendendo la narratrice ad adattare il suo dire alle reali capacità di ascolto e soprattutto di comprensione del suo uditorio. La narrazione dialogata, che di solito avviene sotto forma di vera e propria lettura di un testo, presenta il vantaggio, oltre quello di coinvolgere maggiormente i piccoli ascoltatori mediante la sollecitazione di domande e di risposte, di proporre un più ricco e più preciso bagaglio linguistico, tanto più quanto più al bambino viene consentito di esprimere liberamente interrogativi ed emozioni. Nella pratica quotidiana, le due modalità di lettura vengono per lo più combinate fra loro, spontaneamente e alla creare. «Quanto raccolto nella visitazione del libro costituisce la “miniera” da cui trarre idee e materiali per altre esperienze: quella della realizzazione, della messa in opera della storia con la sua ricostruzione sul piano concreto della manualità e della fisicità, attraverso attività di collage con materiali diversi (conchiglie, sabbia, pesciolini di carta, sassolini…), attraverso giochi d’acqua ed esperienze con il colore, i personaggi di pasta dolce, le manipolazioni della carta…»2. Le attività successive, in gran parte derivate dalla narrazione e dalla lettura perché la loro efficacia venga espansa e rafforzata, dovrebbero essere continuate in ambito familiare, così da garantire una continuità fra il vissuto nell’asilo nido e quello fra le mura domestiche. 1 2 Taroni S., “Leggere al nido”, in Mi leggi un libro?, International Club di Como, Comune di Como, 1993. Checchi F, “Arcobaleno nell’asilo nido”, in Catarsi E. (a cura di), Lettura e narrazione nell’asilo nido, Edizioni Junior, 2001. 27 Lettura Le prime letture segnano tutta Q uando ci si pone la domanda: nella formazione della personalità dell’adulto, qual è il ruolo dei racconti e delle letture ad alta voce ascoltati da bambini?, è quasi d’obbligo citare un passo, spesso ricordato, di una nota studiosa di letteratura per l’infanzia, Ellen Handler Spitz che ha scritto: “Se chiudo gli occhi e mi concentro, sento ancora adesso la voce di mia madre quando ero piccola e ogni sera mi leggeva qualcosa prima di addormentarmi, albi illustrati o poesie. … avvilupandomi in un’atmosfera sonora fatta d’intimità e calore. In quelle ore serali, noi due ci espandevamo e crescevamo insieme”1. Il passato è sempre presente 28 Il ricordo dunque non cessa di permeare la vita dell’adulto, che è certamente diverso dal bambino che è stato o immagina di essere stato, ma in cui il passato continua a lavorare influenzando la sua evoluzione psichica, il suo essere nel mondo. Questo punto di vista è implicitamente contemplato nella definizione di personalità che l’Orga- nizzazione Mondiale della Sanità ha proposto nel 1994: “una modalità strutturata di pensiero, sentimento e comportamento che caratterizza il tipo di adattamento e lo stile di vita di un soggetto e che risulta da fattori costituzionali, dello sviluppo e dell’esperienza sociale”. Approfondendo questa definizione secondo l’indirizzo di alcuni studiosi, la personalità è il risultato di una risposta alle esperienze che si affrontano principalmente nei primi sei anni di vita. Nell’ambito delle indagini sulla natura dei rapporti interpersonali, i più autorevoli esponenti che li hanno studiati dal punto di vista psicoanalitico sono giunti alla conclusione che, nella formazione della personalità, il contesto sociale e culturale è fondamentale, ponendo l’accento sulla importanza delle prime relazioni del bambino con le figure genitoriali. Le relazioni con i genitori che si vengono a stabilire in un complesso intreccio di modalità, principalmente sostenute dalle esigenze di accudimento e di educazione, trovano nel rapporto verbale un rilevante rafforzamento ed effetti di grande importanza per lo sviluppo del bambino, anche nella prospettiva di quello che sarà da adulto. La narrazione e la lettura ad alta voce nei primi anni di vita possono dare un contributo alla formazione della personalità tanto più rilevante in quanto rappresentano almeno potenzialmente anche dei momenti di armonizzazione nei contesti familiari soprattutto in quelli meno stabili in numero crescente nella società contemporanea. La continuità nelle famiglie instabili Ha scritto la sociologa Chiara Saraceno: «La rottura e reversibilità dei rapporti di coppia scompiglia i confini delle famiglie, con i figli che transitano da una famiglia all’altra e appartengono a più di una famiglia per cui spesso, mentre vengono meno i rapporti diretti di sangue, emergono e si impongono forti quelli elettivi: “padri” e “madri” acquisiti assumono responsabilità genitoriali verso i figli di una compagna e nonni e zii acquisiti che “adottano” i figli della nuova compagna o del figlio/a. L’allungamento della vita, la vita poi, favorisce l’intreccio fra generazioni per cui, se da una parte i rapporti di coppia si sono indeboliti, il rafforzamento di quelli intergenerazionali rafforza la famiglia che rigenera, in ultima istanza, la sua forza simbolica e aggregante, rappresentando un richiamo rilevante verso il riconoscimento legalizzato delle coppie di fatto, omosessuali o meno. Senza sottovalutare un altro elemento di trasformazione della famiglia rappresentato dalla possibilità che questa diventi un luogo di apprendimento della convivenza multiculturale piuttosto che di integrazione dello straniero nella nostra storia passata»2. Le possibilità stabilizzanti delle letture condivise In questa complessa, variabile e spesso precaria condizione di molte famiglie, in cui oggi centinaia di migliaia di bambini si trovano a vivere, si impostano le personalità degli adulti di domani, segnate, nel bene o nel male, dalle esperienze dei primi anni: fra le quali sarà importante annoverare il ricordo di una voce che, leggendo e raccon- tando, avrà condiviso e compreso meglio gioie, dolori, speranze e ansie dei piccoli ascoltatori che non sono più “quelli di una volta” e che pertanto, per formarsi, hanno bisogno di aiuti che tengano conto di ciò che sono oggi, di che cosa sia opportuno raccontare loro per prepararli realisticamente a essere gli adulti di domani. E le risorse non mancano. Infatti i cambiamenti intervenuti nella realtà e nella concezione della figura del bambino dei nostri tempi sono stati e sono ampiamente e correttamente interpretati dai più validi autori per l’infanzia sia nel modo di scrivere sia nelle tematiche trattate. Una caratteristica della moderna letteratura per l’infanzia è quella di consentire al bambino che ascolta di costruire una propria visione del mondo in cui le componenti valoriali (relative agli affetti, all’onestà, all’amicizia, al rispetto dell’ambiente, al senso della morte ecc.) trasportate in modo implicito nei contenuti espliciti dei racconti, delle storie, delle fiabe, rimarranno nei fondamenti della sua futura personalità di adulto. Una seconda caratteristica della moderna letteratura per l’infanzia, che può segnare l’esistenza, è rappresentata dall’ampliamento tematico cui è andata incontro, dall’ecologia alla sessualità, dalla guerra alle scienze e alla tecnologia, nell’opportunità/necessità di aderire all’allargamento delle esperienze della vita quotidiana da parte del bambino di oggi e prepararlo a quelle di domani. 1 Handler Spitz E., Libri con le figure, Mondadori, 2001. 2. Saraceno C., “Famiglia, quel che resta di un mondo”, La Repubblica Venerdì 16.09.2005. 29 0 Capitolo 5 Narrare e leggere ad alta voce nella scuola N dell’infanzia NELLA PERCEZIONE di molte famiglie la scuola dell’infanzia resta ancora un luogo in cui semplicemente i bambini vengono accolti per un certo numero di ore al giorno, custoditi e assistiti nei loro bisogni più elementari: alimentazione e igiene personale, socializzazione e intrattenimento ludico. In realtà tutto così non è. «La scuola italiana è riconoscibile – pur nelle sue diverse articolazioni – per alcuni tratti inconfondibili: ■ l’inclusività e cioè l’apertura a tutti i bambini qualunque sia il loro livello di sviluppo, la loro provenienza e le eventuali disabilità; ■ l’approccio olistico basato su un’idea di bambino attivo, competente, dotato di molte intelligenze e molti linguaggi che interagisce con altri bambini, adulti e artefatti culturali in un ambiente culturalmente situato; ■ l’integrazione tra cura e apprendimento; ■ la partecipazione delle famiglie; ■ il gioco; ■ la progettazione dello spazio e la sua cura dal punto di vista della funzionalità, dell’accoglienza e dell’estetica quale testimonianza del valore dell’infanzia; ■ la documentazione come pratica educativa, riflessiva e di valutazione costruttiva e come strumento affinché anche il bambino possa trovare eco alle sue tracce e ripercorrere il proprio cammino»1. In questa visione della scuola dell’infanzia, la pratica della narrazione e della lettura ad alta voce rappresenta un’opportunità fondamentale per conseguire l’obiettivo essenziale della formazione-educazione del bambino: svilupparne l’identità, l’autonomia, le competenze rispondendo a quelle che sono definite “le esigenze non materiali dell’infanzia”: il bisogno di affettività, di sicurezza, di conoscenza, di capacità e possibilità di esprimersi, di rappresentare i propri sentimenti e le proprie emozioni. Lo spazio disponibile, i materiali in dotazione, il numero dei bambini, la loro età, la loro eterogeneità sociocultu- rale, l’esperienza delle insegnanti e altri fattori ancora, generali e localmente specifici, condizionano l’esercizio della narrazione e della lettura ad alta voce nell’ambito della scuola dell’infanzia. Le cui caratteristiche peculiari (rispetto a quanto, per esempio, si può fare in famiglia o in saltuarie occasioni di lettura a gruppi di bambini radunati in biblioteca o in un oratorio) sono di essere una consuetudine programmata e intenzionalmente indirizzata non solo ad intrattenere, ma principalmente ad educare i bambini. Dei quali, ai nostri giorni, è opportuno tener conto una riscontrata diminuzione della capacità di ascolto prolungato, abituati ormai come sono, fin da piccolissimi, alla televisione, mezzo che letteralmente consuma nello spazio di istanti intere storie e un gran numero di velocissime parole, spesso accavallate fra loro, in un susseguirsi incalzante di immagini. La preparazione delle letture Altra cosa deve essere ed è l’esperienza fruibile nella scuola, dove primeggia l’interesse di conferire vita, realtà, senso, significato a quanto si narra e si legge in un processo di intima interazione fra l’insegnante narratrice/lettrice e i piccoli ascoltatori. In tale interazione, per renderla possibile e viva, un elemento ovviamente importante è rappresentato dall’abilità con cui l’insegnante narra o legge. Abilità da non pretendere a livello di attrici o attori professionali, ma tale da assicurare un ritmo sufficientemente vivacizzante all’espressione verbale, pause utili a dare calore, a consentire la comprensione delle trame, di distinguere i personaggi, i loro caratteri, i loro comportamenti. Tale abilità è certamente frutto dell’esperienza, ma anche, da parte dell’insegnante, di una attenta preparazione sul singolo racconto o testo, di una vera e propria esplorazione preliminare del materiale che si vuole esporre, anzi condividere con i propri allievi, per adeguarvi la voce e la gestualità, ricordando che non si comunica soltanto mediante la parola, ma anche con le espressioni del corpo, lo sguardo, il contatto fisico. Il problema di farsi capire, di favorire la comprensione di Narrare e leggere ad alta voce nella scuola dell’infanzia un racconto o di un testo letto, può indurre spesso a cer- gio più complesso, le trame relativamente più complicacare di ridurre le difficoltà in termini sia di evitamento di pa- te, e quindi la necessità di una maggiore attenzione, è role ritenute troppo difficili sia di formulazione verbale sem- preferenzialmente riservata ai bambini più grandicelli teplificata. Sono due possibilità perseguibili, senza tuttavia tra- nendo conto che la lettura di un testo può comportare scurare il fatto che anche i bambini sono capaci di dedur- il prevalere di un rapporto unidirezionale lettrice-ascoltare dal contesto il significato di parole nuove o difficili, che tori e una drastica riduzione o addirittura una eliminazione dell’interazione fra chi essi capiscono molte più paascolta e chi legge. role di quante non ne usino abitualmente ed infine che bambini desiderano poter trovare nelle letture una semplificazione eccessitutta la vasta gamma dei sentimenti complesva, la banalizzazione della La rilettura Il ricorso alsi: le gelosie, le ansietà, le collere, la melanconia, proposta narrativa verbale fila rilettura, parziale o integraanche gli impulsi di violenza e di aggressività innisce frequentemente per le, di un racconto o di un teconfessati, che talvolta provano nei confronti dei annoiare e quindi di interfesto in genere è riconosciuto loro genitori o degli altri, come pure la gioia, l’alrire con la disponibilità a un come un fattore educativo legria, la contentezza. È importante che siano preascolto attento e partecipe. molto importante nell’età dei senti gli aspetti problematici della vita (come ha bambini da scuola dell’infanscritto Bruno Bettelheim) in quanto il bambino, Anche nell’ambito delle zia. Forse non tanto, come identificandosi di volta in volta nei diversi persoscuole dell’infanzia si presennelle età da asilo nido, per un naggi, manipola concetti, pensieri, emozioni, senta il problema della scelta delbisogno di rassicurazione, timenti, al fine di riflettere su se stesso. Mentre si le narrazioni e delle letture derivabile dal percorrere più confronta nella lettura con sentimenti ed aspetti auche naturalmente deve essevolte itinerari inquietanti fino tentici e veri della vita, può quindi trovare conferre guidata da una realistica ad impadronirsene e quinma delle emozioni che lo turbano, in modo da saconsiderazione delle carattedi svuotarne l’ansiogenità, pere se ciò che sente è valido. Trovare nei libri di ristiche dei bambini di oggi , quanto piuttosto per il piacenarrativa la descrizione di sentimenti veri e reali obiettivamente complicata re di risperimentare piaceri ed non significa, comunque, presentare agli alunni deldalla varietà dei soggetti soemozioni suscitati dal primo la scuola materna storie scritte in modo eccessivalitamente presenti in ogni incontro con storie, fiabe e mente crudo e veritiero, senza alcun barlume di speambiente scolastico e delle così via. La tendenza a richieranza. Né tanto meno significa proporre racconti loro aspettative implicite di dere la rinarrazione e la riletche assomiglino di più a semplici descrizioni di avcui tener conto. tura va naturalmente incoragvenimenti consueti e quotidiani (una gita in camgiata, anzi stimolata al fine di pagna, una visita al luna park ecc.), nei quali si adopromuovere l’interesse del pera in prevalenza un linguaggio abbastanza piatUna questione correlabile albambino verso l’esplorazione to e banale. In entrambi i casi non si tratterebbe l’obiettivo di coinvolgere il di rappresentazioni, che a una di quelle “forme d’arte” di cui, come aveva già detbambino nelle esperienze di prima lettura possono non esto Bettelheim, il bambino ha invece estremo bisonarrazione e di lettura ad alsere state comprese in tutti i gno per autorealizzarsi e per alimentare il suo imta voce, è rappresentato loro significati o dettagli narmaginario. In questo senso si avanza l’istanza deldalla scelta fra la semplice rativamente rilevanti. la complessità come elemento che necessariamenoralità e la lettura ad alta vote deve essere presente nei libri per bambini sia a ce. Naturalmente, l’una e La narrazione e la lettura ad livello di contenuti sia a livello linguistico2. l’altra sono abitualmente alta voce, e la eventuale ripraticate nelle scuole dell’inlettura, nell’ambito della fanzia. Il racconto orale è scuola dell’infanzia sono ovgeneralmente dedicato ai bambini più piccoli soprattut- viamente importanti per sé, ma assumono una rilevanza to perché, per l’uso del semplice linguaggio quotidiano educativa anche per le attività successive, generalmente e della più immediata mediazione gestuale, risulta mag- impostate o impostabili lungo due direttive: un lavoro di giormente efficace nel suscitare interesse, attenzione e par- approfondimento di quanto è stato narrato o letto optecipazione. La lettura ad alta voce invece, per il linguag- pure l’apertura, non direttamente legata a quanto nar- I 31 Capitolo 5 rato o letto, a tutta una gamma di operatività, da parte dei bambini, orientata a sviluppare le loro capacità cognitive, la creatività, l’abilità manuale, il complesso insomma delle doti la cui valorizzazione è la finalità ultima dei processi educativi in questa fascia di età. Le attività successive alla narrazione e alla lettura ad alta voce, possono essere animate dalle insegnanti nell’osservanza di due principi: la centralità del gioco e il rispetto di quello che, richiamandosi a Daniel Pennac, deve essere considerato un diritto di tutti e quindi anche dei bambini: il diritto, dopo aver ascoltato, di restare in silenzio e non disponibili ad alcuna attività, liberi di pensare con i propri mezzi a quello che si è sentito, di elaborare nell’intimo le proprie emozioni e i propri sentimenti. La cruciale rilevanza della scuola dell’infanzia rispetto alla famiglia per l’educazione del bambino viene confermata dalle attività che seguono le narrazioni e le letture ad alta voce. Infatti, anche nelle famiglie in cui la narrazione e la lettura ad alta voce sono una consuetudine, non frequentemente vi è il tempo per organizzare intorno al bambino, in modo intenzionale e programmato, attività finalizzate e idonee a valorizzarne la pratica come invece avviene nella scuola dell’infanzia, con tanta maggiore efficacia in quanto sostenute dalle competenze e dall’esperienza delle insegnanti, nonché dalla disponibilità in termini di tempo, di materiali e di attrezzature di cui in varia, ma ormai non trascurabile misura, fruiscono tutte le scuole dell’infanzia. La questione della multiculturalità Anche sotto il particolare aspetto della narrazione e della lettura, la multiculturalità pone problemi almeno di due ordini principali: l’atteggiamento degli adulti e la scelta delle pubblicazioni. 32 Il primo problema consiste nell’incomprensione dei modi di pensare e di essere di bambini sospesi fra una cultura familiare tradizionale, spesso assai diversa da quella dominante nella comunità di accoglienza, e quest’ultima. Tale diffusa incomprensione comporta tre rischi: da una parte, il rifiuto di accettare convinzioni lontane dalle proprie e quindi l’emarginazione delle persone che ne sono portatrici; dall’altra, la pressione culturale e sociale su di loro perché abbandonino le proprie credenze ed eventualmente adottino le nuove; e una terza possibilità, quella di rimanere senza nulla, privati di identità e della precipua caratteristica dell’essere umano che è quella di appartenere a una cultura, in cui vive, pensa, viene pensato e accettato per quello che è nei pensieri, nelle credenze, nei sentimenti, nei comportamenti. Queste possibilità, accolte nel termine generale di “trauma migratorio”, spesso non sono evidenti e considerate a livello di bambini, di cui alla fine si finisce per trascurarne la sofferenza e la difficoltà di integrazione. Il trauma migratorio non è un fenomeno che interessa soltanto gli immigrati e i loro figli, ma anche le società, le persone che li accolgono. Una integrazione incompiuta, nel senso che le esigenze di convivenza non trovano un ponte che colleghi costruttivamente mondi effettivamente diversi, danneggia il tessuto sociale perché genera disagio in chi non viene accettato e in chi si sente colpito nei propri valori e nelle proprie abitudini di vita, con l’aggravante della reciproca consapevolezza di non poter fare a meno gli uni degli altri. Nella condizione di fare almeno di necessità virtù, ci si deve fare una ragione del fatto che se da una parte gli immigrati non possono pensare di potersi adattare alle diverse realtà restando, nel profondo, abbarbicati in modo esclusivo alla loro cultura di origine; dall’altra, e ancor più, le società di accoglienza non possono, non hanno interesse, a pretendere che gli immigrati rinuncino alle proprie radici. In questo senso, particolarmente significativa è la constatazione che i bambini imparano meglio la lingua dell’ambiente che li accoglie quando possiedono bene quella originaria. La lingua di origine ha contribuito a strutturare un apparato neuropsichico nel quale è assimilata, in modo esplicito o implicito, la cultura di quel mondo; la seconda lingua contribuisce alla costruzione di un nuovo apparato, in coesistenza con il precedente, capace di comprensioni e rappresentazioni aderenti alla nuova realtà. Prendere coscienza di questa possibilità può rappresentare un primo e importante passo verso la comprensione della sofferenza psichica che spesso pesa sulle persone immigrate da Paesi lontani e sui loro bambini, pur nati in Italia (le cosiddette seconde generazioni), la cui vulnerabilità dipende strettamente dal disagio dei loro genitori, specialmente delle madri, sulle quali grava il triplice svantaggio della diversa cultura, di essere donna e di vivere generalmente in condizioni economicamente difficili. In questo quadro emerge l’importanza del ruolo della scuola dell’infanzia nei processi di integrazione che interessano in primo luogo e direttamente i bambini che vi sono accol- Narrare e leggere ad alta voce nella scuola ti e in secondo luogo, ma non secondariamente, anche le loro famiglie. In tali processi di integrazione, la narrazione e la lettura possono rappresentare ausili di grande importanza, sollevando, fra altri, il secondo ordine di problemi cui si è fatto cenno: la scelta delle narrazioni e delle letture da condividere con soggetti di diverse culture originarie. dell’infanzia pregiudizi. Tuttavia, qualche elemento per scelte che valorizzino persone e gruppi maggiormente esposti a rappresentazioni nocive alla loro immagine, è pur sempre possibile fornirlo, sotto forma di domande cui si può rispondere con relativa facilità: ■ i personaggi rappresentati sono descritti come indiviLe narrazioni e le letture contribuiscono alla maturazione dui o come caricature? nel bambino della capacità di esplorare e di interpretare il ■ le rappresentazioni dei libri includono specifiche, simondo, i caratteri e le vicende umane primariamente at- gnificative e corrette informazioni relative ai loro valori cultraverso gli occhi, le esperienze, i giudizi e i pregiudizi di turali? chi racconta e di chi scrive e illustra i libri a lui destinati. Di ■ dei personaggi rappresentati, chi detiene il potere e qui la necessità innanzitutto di scegliere narrazioni e pub- che uso ne fa? blicazioni, specialmente se illustrate, nelle quali i “diversi” ■ quali sono le conseguenze di determinati comportasiano rappresentati senza deformazioni, spesso involonta- menti, quali ricevono ricompensa, quali riprovazione? ■ quali sono i “modi di dirie e senza intenzionalità di re” (eventualmente da evinuocere, talvolta invece fruttare) per creare l’immagine to di ignoranza o malevolenella scelta delle narrazioni e delle letture delle persone appartenenti a za razziale. adatte ai bambini, vale la pena di tener congruppi particolari? to di un fatto rilevante e cioè che un racconto, una ■ chi ha scritto la storia? Un esempio, soltanto appalettura, una illustrazione sono nello stesso tempo uno Chi l’ha illustrata? Appartenrentemente innocuo, di dispecchio, nel quale il bambino si guarda e si ricogono oppure no al gruppo di storsione spesso al limite delnosce sulla base di quanto ascolta e quanto gli viecui si occupano? Quali sono la caricatura, è la frequente ne mostrato, ma anche una finestra attraverso la quale loro competenze? Quali rappresentazione degli “inle egli vede il mondo e le persone che lo popolano: sono le competenze che afdiani” d’America (la popolase ciò che percepisce è vero e autentico (o si è fatto fermano di possedere? zione originaria del continenil possibile perché lo sia), egli avrà maggiori possi■ quali voci vengono ascolte) invariabilmente messi in bilità di costruire dentro di sé una visione delle cotate? Quali mancano? scena, nelle pubblicazioni e se, della loro varietà, delle loro diversità in larga mi■ che cosa si dice o si illunei film, con vistosi copricasura sgombra di pregiudizi, presupposto di una quastra relativamente alle razze, pi piumati, pantaloni di pelle lità imprescindibile della convivenza: la tolleranza, alla classe sociale, all’identiscamosciata, armati e aggresforte antiveleno contro ogni forma di razzismo cotà sessuale, all’età, alla resisivi, a cavallo, perennemente sì frequentemente presente in ogni società. stenza ad accettare le cose impegnati in minacciose scor- N rerie oppure dediti al fumo e all’alcol in accampamenti di rudimentali tende. Rappresentazione a dir poco folcloristica che ben poco ha a che fare con gli odierni cittadini di una società, come quella americana, ampiamente multietnica e della quale anche gli “indiani” fanno parte, sia pure con molti e non secondari problemi di emarginazione. come stanno? La scelta di materiale, destinato ai bambini, rispettoso delle diversità, non è impresa facile: occorre tempo per setacciare cataloghi e librerie specializzate; è difficile districarsi nelle spesso ingannevoli proposte di una pressante pubblicità; ancor meno agevole è prescindere dai propri Naturalmente, e nonostante tutti i suggerimenti, non si può sperare di trovare la narrazione o il libro “multiculturale” perfetto, per la semplice ragione che nessuno, nel raccontare, nello scrivere o nell’illustrare può prescindere dal proprio modo di pensare e di giudicare; tuttavia, quello che si deve pretendere è che un po’ di luce sia fatta là dove più facilmente si annidano pregiudizi, stereotipi, disinformazioni. Tanto più dannosi nella formazione del bambino quanto più sono involontariamente, ma pervasivamente, infiltrati in quanto viene trasmesso alla mente e alla sensibilità in maturazione. 1 2 Mantovani S., “Riannodare i figli”, in Bambini, Edizioni Junior, settembre 2007. Blezza Picherle S., Leggere nella scuola materna, Editrice La Scuola, 1996. 33 4 Capitolo 6 Narrare e leggere ad alta voce con i bambini U in ospedale UNO DEI PRIMI e più noti progetti di introduzione della narrazione e della lettura ad alta voce in ambiente ospedaliero pediatrico (e nella pediatria in generale) è stato avviato all’inizio degli anni 90 a Boston, negli Stati Uniti, con la denominazione “Reach Out and Read” (ROR)1. L’obiettivo principale dell’operazione era ed è quella di sensibilizzare, in occasione delle visite mediche e di eventuali ricoveri, i genitori dei bambini a praticare sistematicamente la lettura ad alta voce almeno per una quindicina di minuti possibilmente ogni giorno. Inizialmente lo scopo del Progetto era quello di combattere l’analfabetismo (dieci anni dopo ROR si era diffuso in più di 1.000 Centri in 50 Stati degli USA), ma successivamente venne attribuita una fondamentale importanza alla lettura ad alta voce per la crescita del rapporto affettivo all’interno delle famiglie e al miglioramento della conoscenza del bambino e dei suoi problemi nell’ambito dell’attività medica. In ambiente ospedaliero, la narrazione e la lettura si sono rivelate una fonte di tranquillizzazione durante procedure diagnostiche o terapeutiche dolorose e, nel caso di malattie croniche, generatrici di speranze nel futuro. In Italia, e in particolare nell’ambito del Progetto “Leggere per Crescere”, la pratica della narrazione e della lettura ad alta voce è stata promossa, quasi come una specializzazione, a vantaggio del bambino malato in generale e di quello ospedalizzato in particolare, non solo con obiettivi di generico intrattenimento dei piccoli ricoverati, ma anche di contributo al ricupero della loro salute, nella convinzione, largamente condivisa, che la lettura ad alta voce abbia «un potenziale valore terapeutico nei confronti dei pazienti pediatrici in quanto dà ai bambini l’opportunità di proiettare se stessi nelle situazioni divertenti e spiritose rappresentate dai personaggi delle letture loro proposte»2, contribuendo a normalizzare l’ambiente ospedaliero, effetto che di per se stesso può avere un rilevante valore terapeutico. Il bambino malato, specialmente se ricoverato in un am- biente ospedaliero, va incontro a una maggiore necessità di attenzione e di amore verso il proprio corpo e la propria mente sofferente. In generale questa aumentata richiesta di cure e di dimostrazione di affetti viene espressa in due modi diversi. Alcuni bambini che nella vita normale hanno un buon rapporto con la realtà circostante (i genitori, i fratelli, gli amici, la scuola, i giochi), una volta malati si distaccano da tutto: ritirano tutto il loro interesse per ciò che è fuori di se stessi per investirlo nel proprio corpo, divenuto criticamente bisognoso a causa della malattia. Altri bambini, invece, quando si ammalano si rivelano incapaci di dedicare al proprio corpo malato quell’investimento psichico e affettivo supplementare che la malattia richiede. Tale supplemento di amore e di attenzione essi lo attendono da chi li assiste. I bambini malati del primo tipo, appaiono privi di pretese; quelli di secondo tipo ne sono pieni. In tutti e due i casi comunque si realizza una compromissione dei rapporti normali con la realtà, anche perché per il bambino malato non c’è differenza tra le sofferenze causate dalla malattia in sé e quelle che gli sono procurate per curarla. Come ha scritto Anna Freud, la grande analista infantile, «incapace di capire, indifeso e passivo, il bambino è esposto a subire entrambi i tipi di esperienza. Non di rado, sono le sofferenze del secondo tipo quelle che hanno il maggiore significato affettivo nel determinare conseguenze posteriori o il danno psichico del bambino nel periodo di malattia»3. Parallelamente a queste considerazioni sugli effetti della malattia sul bambino, è opportuno porre l’attenzione a un problema rilevante, soprattutto nei ricoveri ospedalieri. Per intuibili ragioni, l’organizzazione dell’assistenza ospedaliera è spesso impostata in modo da razionalizzare e rendere più efficienti le prestazioni medico-sanitarie, alimentando una visione e un agire adultocentrici e talvolta addirittura egocentrici da parte degli operatori e degli stessi familiari. La conseguenza è che la traumatica esperienza di malattia in età pediatrica incontra rile- Narrare e leggere ad alta voce con i bambini in ospedale In questo quadro, risulta evivanti difficoltà, a livello psidente la necessità di confecologico ed emotivo, ad esI presupposti di ogni efficace programma di narrire un certo livello di professere realmente ascoltata e razione e di letture ad alta voce in ospedale possionalità ai narratori e lettocompresa, per cui i vissuti sono essere di tre ordini: ri, per lo più volontari. Infatdel bambino malato non in■ definizione dei bisogni dei bambini ricoverati ti, l’efficacia ricreativa e tefrequentemente sono percenella loro specifica situazione in termini di età, parapeutica di una sistematipiti in modo inadeguato, e tologie, assistenza, presenza di familiari ecc.; ca e continua pratica della ciò può non essere privo di ■ valutazione della reale disponibilità delle risornarrazione e lettura ad alta conseguenze. Specialmente se umane (medici, personale infermieristico, volonvoce è risultata, fin dalle prinel caso di malattie gravi, i tari, assistenti sociali) a partecipare secondo regome sperimentazioni, dipenbambini, anche guariti, rienle stabilite; dente dall’organizzazione trando nella vita normale, ■ valutazioni delle condizioni ambientali e logidi un razionale programma possono portarsi dietro prostiche in cui le esperienze di lettura ad alta voce dooperativo, con regole e problemi che compromettono vrebbero essere sviluppate (spazi, disponibilità di cedure ben definite e valuanche per lungo tempo la libri e materiali di “cartoleria”, orari, interferenze tabili. Senza un programma qualità della loro vita. con le esigenze diagnostiche e terapeutiche ecc.), rivincolante e controllato-vaQueste tematiche sono nacordando che circa il 30% dei ricoveri pediatrici lutato, ogni esperienza finituralmente ben presenti a avviene ancora in reparti per adulti. sce per esaurirsi in prestaquanti si occupano di bamL’enumerazione di questi presupposti sottintende zioni episodiche di scarso bini in regime di assistenza alcune difficoltà non sottostimabili, fra le quali beneficio per i bambini ricoospedaliera e molto si fa, nei quella di introdurre e far accettare una pratica severati, con irrilevante ricadureparti pediatrici, per mancondo criteri vincolanti e quella di garantire la conta culturale e di comportatenere in un “normale” raptinuità nel tempo di prestazioni offerte generalmenmenti sugli operatori e sui porto con la realtà i piccoli te a titolo gratuito da parte di volontari. familiari dei piccoli. ricoverati. Per esempio, faIn un programma organizzacendo in modo che il bamto si possono prevedere tre bino, nei limiti imposti dalla malattia, rimanga tuttavia attivo e partecipe alla sua stadi: la pianificazione, la realizzazione e la valutazione. nuova, temporanea condizione di vita, coinvolgendolo, chiedendone la collaborazione, nelle pratiche diagnostiche e terapeutiche, alle quali può essere indotto a sotto- La pianificazione La pianificazione comprende: porsi, come se fossero giochi. Oppure, inserendo program- ■ la formazione degli operatori impegnati nella realizzami di attività quotidiane in modo da evitare che il bamzione del programma, nel suo controllo e nella sua vabino ricoverato soffra della monotonia del tempo che in lutazione; ospedale sembra non passare mai. ■ la scelta e l’acquisto delle pubblicazioni e del materiaFra queste possibilità, rientra in primo piano la continuile di contorno (pennarelli, plastiline ecc.) secondo le tà dell’esperienza scolastica (o dell’asilo nido e della scuoindicazioni fornite da esperti; la dell’infanzia per i più piccoli), legame forte con il mon- ■ l’eventuale strutturazione di spazi dedicati; do della normalità, sostenuto generalmente da operatri- ■ la definizione dei calendari secondo i quali realizzare ci ed operatori molto motivati e capaci di grandi sensibile esperienze di lettura ad alta voce e le attività che le lità empatiche nei confronti dei bambini. possono precedere e seguire; È in questo contesto che trova la sua validità la proposta ■ la definizione dei criteri secondo i quali raccogliere gli di introdurre negli ospedali, con regolarità, un tempo deelementi utili alla valutazione del programma e l’apdicato alla lettura ad alta voce con tre obiettivi: prontamento della relativa modulistica. ■ intrattenere i bambini, divertendoli e interessandoli; ■ attraverso le emozioni suscitate dalle lettura, rafforzare i legami psicoaffettivi fra chi ascolta e chi legge; La realizzazione La realizzazione deve consistere: ■ cogliere, attraverso le manifestazioni partecipative dei ■ nella selezione dei bambini che prendono parte al probambini, le loro esigenze le loro aspettative. gramma, secondo criteri di opportunità e di possibili- I 35 Capitolo 6 tà prevalentemente stabiliti dal personale sanitario e di assistenza psicologica; ■ nell’ottenimento del consenso informato da parte dei bambini dopo opportuna opera di informazione e di sensibilizzazione. L’ottenimento del consenso informato deve essere esteso ai genitori dei bambini selezionati; ■ nelle sedute di lettura ad alta voce, della durata complessiva di circa mezz’ora-tre quarti d’ora (variabile a seconda dell’età dei bambini, della loro capacità/volontà di attenzione e del loro interesse/desiderio), divise in una fase preparatoria di introduzione generale, una di lettura vera e una finale durante la quale l’operatore/operatrice discute con i bambini e raccoglie le loro impressioni e valutazioni su quanto è stato loro letto o raccontato. Può seguire un tempo dedicato ad attività ludiche più o meno legate a quanto ascoltato se i bambini sono interessati, tenendo tuttavia conto che i bambini ammalati sono particolarmente affaticabili. La discussione con i bambini, base per la raccolta degli elementi di giudizio, deve essere condotta secondo lineeguida standardizzate concordate nell’ambito della formazione degli operatori. La valutazione La valutazione dell’efficacia della lettura ad alta voce secondo il programma delineato viene basata su due ordini di informazioni: ■ gli indici di gradimento formulate dai bambini e raccolti dall’operatore immediatamente dopo la sessione di lettura. Il gradimento può essere espresso dai bambini (e fissato dall’operatore) su una scala da 1 a 5. Da “non mi è piaciuto/interessato per niente” a “mi è piaciuto/interessato moltissimo”; ■ le richieste di ripetere le letture fatte; ■ le richieste di partecipare alle successive sedute di lettura ad alta voce programmate. Il secondo ordine di informazioni dovrebbe essere raccolto, discusso e il più possibile quantificato da parte degli operatori in concerto, in riunioni successive alle sedute di lettura ad alta voce, al fine di valutare l’adeguatezza del programma nei vari stadi della sua realizzazione e mettere eventualmente in atto gli opportuni o possibili miglioramenti. Le informazioni più utili da raccogliere sono parse, e prevalentemente qui utilizzate, quelle enumerate nella fonte citata2, ma che possono essere ulteriormente estese o ridotte a seconda delle specifiche situazioni in cui le esperienze di lettura ad alta voce in ambiente ospedaliero pediatrico vengono intraprese. Tali informazioni riguardano: ■ l’aderenza metodologica e tecnica delle sessioni alle linee-guida del programma, gli eventuali discostamenti effettuati per scelta dell’operatore o resi necessari da cause oggettive; ■ l’adeguatezza e la disponibilità del materiale, editoriale e non, utilizzato per le sessioni di lettura ad alta voce e le successive attività; ■ il livello di collaborazione fra gli operatori impegnati nelle sessioni e il personale sanitario; ■ l’accettabilità da parte dei bambini dei modi, dei tempi e delle sequenze delle sessioni di lettura ad alta voce codificati nel programma; ■ la praticabilità e l’effettiva fruizione da parte dei bambini delle attività successive alle sessioni di lettura ad alta voce; ■ l’insorgenza di eventi o la generazione di effetti non previsti dal programma. L’esigenza di produrre una documentabile valutazione dell’efficienza e dell’efficacia di un sistematico e continuo programma di lettura ad alta voce in un ambiente specifico quale è un reparto pediatrico, pur nella sostanziale semplicità delle informazioni significative da rilevare ed elaborare, comporta un impegno e un rigore di chiara natura scientifica che, a monte di ogni azione, devono essere seriamente condivisi da tutte le parti in causa soprattutto per evitare dispersioni e sciupio di risorse umane ed economiche. 36 1 2 Needlman R., Zuckerman B., “Fight Illiteracy: Prescribe a Book”, Contemporary Pediatrics 1992; 9 (2): 41. Lenn C., Kelly M., “Designing and Evalua- tion a Read-Aloud Program for Hospitalized Children as Recreation Partecipation: a Bibliotherapy Approach”, UW-L Journal of Undergraduated Research VII, 2004. 3 Freud A., “L’influsso della malattia fisica sulla vita psichica del bambino”, in Opere, Volume primo, Boringhieri, 1978. Lettura La fantasia contro il male N ell’esperienza di malattia grave in un bambino, può sembrare di poco conto dedicare attenzione e spazio, al racconto, alla lettura e – più globalmente – al gioco e a tutte le esperienze creative di fantasia che bambini e ragazzi malati possono mettere in atto, che possono desiderare o rifuggire, da soli o in presenza degli adulti. Occorre tuttavia distinguere fra fantasia e fantasticherie. La fantasia è la capacità di creare immagini reali o anche immaginarie, ma sempre legate al proprio mondo interiore e alla realtà esterna. La fantasia rappresenta il tentativo che il bambino (ma anche l’adulto) fa per affrontare la realtà del suo mondo interiore, costituito dalle sue esperienze fisiche, istintuali, dai piaceri e dai dolori che ha sperimentato, dal suo essere in contatto con il proprio corpo. Le fantasticherie sono invece il tentativo di sfuggire a questo confronto, attraverso un creare onnipotentemente una realtà, frutto di una psiche che non deside- ra essere consapevole di se stessa, ma che piuttosto cerca di nutrirsi di oggetti ed esperienze pensate, cioè tenute sotto un assoluto dominio intellettualistico. Viene immediato qui osservare quanto sia grande la vicinanza tra le fantasticherie e quei giochi, disegni e racconti fatti per “pensare ad altro”, per non pensare alla malattia, per potersi “distrarre”. Fare “per distrarsi” non è dunque un obiettivo da raggiungere, ma il segno di una fragilità e di una difficoltà: quella di tenere integrate le proprie esperienze personali, fisiche e emotive. Con le fantasticherie si cerca di essere “fuori dal proprio corpo”, per tenere il più lontana possibile l’esperienza di un’angoscia interna depressiva, così da bloccare anche la percezione del lutto per una vita in parte modificata dalla malattia. Al contrario, la possibilità di ritrovarsi, nelle fantasie, in una situazione in cui – senza escludersi – possono invece coesistere il “dentro” e il “fuori”, il corporeo e lo psichico, il soggettivo e l’oggettivo crea le premes- se perché l’esperienza di malattia sia rappresentabile, cioè pensabile e vivibile psicologicamente. In questo senso, si può pensare a una prima funzione del narrare e del leggere come meccanismo grazie al quale ciò che è traumatico viene ripercorso e rivissuto, come per il bisogno che le cose – nel loro ripetersi – possano finalmente trovare una qualche soluzione e aggiustamento. I giochi e i racconti fanno riemergere quanto di “non digerito”, di non rielaborato c'è nella storia emotiva del bambino: in primo luogo, proprio quella malattia importante che, in quanto traumatica, si pone come esperienza non integrata. Raccontare e leggere ad alta voce, che è un modo quasi illimitato di giocare, oltre a contribuire a rinsaldare profondi legami affettivi generatori di fiducia, apre gli ampi spazi della fantasia nei quali i piccoli possono “diluire” le loro esperienze di malattia e pervenire alla loro assimilazione e al loro superamento o quanto meno a un tollerabile adattamento. 37 8 Capitolo 7 Narrare e leggere ad alta voce con i bambini I disabili IN OGNI EDIZIONE del suo diffusissimo manuale sulla lettura ad alta voce, Jim Trelease1 ricorda sempre il caso di una bambina i cui genitori cominciarono a leggerle fin da quando aveva quattro mesi. A nove mesi, la bambina si dimostrava già capace di riconoscere certi libri e a indicarli ai genitori come i suoi preferiti. A cinque anni aveva imparato a leggere da sola e sempre a questa età gli psicologi stabilirono che la sua intelligenza era al di sopra della media e che era socialmente ben adattata. Il caso sarebbe banalmente normale se non fosse che la bambina in questione, per un’anomalia genetica, era nata con malformazioni alla milza, ai reni, alla cavità orale, con dolori muscolari che le impedivano di dormire per più di due ore di seguito per notte e, fino a tre anni, di tenere in mano qualsiasi cosa, oltre a non vederci bene al di là della punta delle dita. volte a far fronte ai bisogni speciali dei bambini disabili, purchè gli interventi vengano inseriti in programmi definiti con la collaborazione di specialisti (pediatri, neuropsichiatri infantili, pedagogisti ecc.) che abbiano identificato la natura del deficit, all’origine della disabilità, le possibilità, i mezzi e le modalità per ridurne gli effetti negativi. Questo suggestivo aneddoto non è certamente sufficiente a documentare che la pratica della narrazione e della lettura ad alta voce può essere uno strumento di una certa validità per rispondere, magari soltanto in piccola parte, ai bisogni di quelli che vengono definiti “bambini con bisogni speciali” o, più comunemente, disabili. In realtà, una crescente letteratura scientifica testimonia positivamente tale possibilità1. Ponendo tuttavia una serie di problemi che rendono necessarie alcune precisazioni. Innanzitutto quella di distinguere fra narrazioni e letture con bambini senza bisogni speciali, attivate prevalentemente a fini di intrattenimento (senza naturalmente sottovalutane gli impliciti effetti sullo sviluppo e l’educazione), e specifiche azioni finalizzate a colmare il divario fra ciò che un bambino disabile è e ciò che potrebbe essere. In questo secondo caso, le buone intenzioni non bastano e la non professionalità espone al rischio di procedere ad interventi la cui finalità è per lo più circoscritta al sostegno dei processi di socializzazione e all’accettazione dell’handicap, senza adeguato impegno ad intervenire sulla specifica disabilità per superarla o ridurne gli effetti2. In tal senso, la narrazione e la lettura ad alta voce possono avere una parte nel compleso delle azioni ri- In realtà, quanto più un bambino ha difficoltà di apprendimento tanto più ricaverà vantaggi se si andrà incontro alle sue “speciali” necessità anche mediante il ricorso alla lettura ad alta voce, superando lo stereotipo che chi non ascolta o non riesce a leggere è perché non è intelligente. È un dato di fatto, sostenuto da un gran numero di ricerche, che la lettura ha, “pure in soggetti apparentemente inintelligenti, un valore moltiplicatore della funzionalità intellettiva globale… tanto da considerare per loro la lettura una “medicina” altrettanto importante di quelle che si comprano in farmacia”3. Capita troppo spesso che, di fronte a un bambino con difficoltà di apprendimento, molti finiscano per pensare a un bambino poco intelligente. Possono essere bambini che hanno difficoltà di linguaggio e, in età scolare, un difficile rapporto con la lettura, per cui facilmente si cade nella trappola di considerare il bambino che non legge un soggetto incapace a farlo perché non sufficientemente dotato e per il quale è quindi inutile impegnare del tempo a leggergli. Se l’intervento educativo è adeguato, è possibile sviluppare le capacità di comprendere e successivamente di leggere soprattutto in quei bambini le cui difficoltà di apprendimento sono prevalentemente dovute a un’esistenza condotta in un ambiente materialmente e culturalmente sfavorevole, potendo conseguire risultati rilevanti anche in soggetti con limitazioni causate da deficit neurofunzionali. Le difficoltà di apprendimento, come altre disabilità che possono colpire un bambino, non possono (e quindi non Narrare e leggere ad alta voce con i bambini disabili devono, come spesso accade) essere considerate senza essere più interdisciplinarmente gestito e monitorato, terimedio, se non dopo esaustiva esplorazione di ogni sin- nendo conto del fatto che nel sistema scolastico italiano golo caso e la messa in opera di tutte le risorse riabilita- la cultura della disabilità ha radici profonde e diffuse. Vative che continuamente vengono arricchite da uno stuo- le infatti ricordare che per legge fin dal 1977 tutti i porlo di ricercatori di tutto il mondo e dalla crescente espe- tatori di handicap hanno il diritto di accedere a tutte le scuole della Repubblica per tutto l’orario scolastico, comrienza degli operatori che se ne avvalgono. La precocità degli accertamenti diagnostici, la tempestività presi gli asili nido e le scuole dell’infanzia. e l’adeguatezza degli interventi volti al ricupero da una con- Un aspetto, nell’ambito della disabilità, che rende l’asilo nidizione di disabilità intellettiva rappresentano naturalmen- do e la scuola dell’infanzia luoghi preferenziali per lo svite un problema che spesso può essere anche molto com- luppo di adeguati programmi di ricupero dei bambini con plesso, affrontabile in modo produttivo soltanto se si veri- bisogni speciali, è rappresentato dalla possibilità che hanno educatrici e insegnanti di fica un concorso di prestazioinquadrarli anche in rapporni che possono essere erogato alle condizioni familiari dei te con competenza prevalenl tempo è ormai maturo per farsi compiutamenpiccoli. Queste sono spesso temente dai professionisti te carico dei bambini “diversamente abili”, priproblematiche per la freche si occupano di bambini e ma di tutto cessando di considerarli soggetti fuori quente destabilizzazione del del loro sviluppo (pediatri, dalla norma (soggetti emarginabili perché handicapnucleo familiare o, al contraeducatrici, insegnanti); ma, pati), bensì componenti della società con delle nerio, per il suo irrigidimento, per quanto riguarda la lettucessità particolari cui dedicare specifiche attenziol’iperprotettività dei genitori e ra ad alta voce, con l’insostini diagnostiche, terapeutiche e riabilitative, minimizil frequente conseguente tuibile partecipazione della fazando così gli effetti dello svantaggio e massimizmaggior isolamento del bammiglia. zando le possibilità di ricupero, puntando sullo svibino disabile. In particolare, è opportuno luppo di tutte le potenzialità spesso non sufficienSul versante della famiglia, raccomandare ai genitori temente riconosciute e valorizzate. per quanto riguarda l’attivacon bambini con difficoltà di Importante è riconoscere per tempo l’eventuale dizione di attività narrative e di apprendimento, o con altre sabilità e intervenire tempestivamente con mezzi e lettura ad alta voce, è molforme di disabilità, di manmetodi specifici. “Purtroppo, sono ancora molti coto importante che siano tenersi in stretto contatto loro che, o per convinzione o per scarsità di inforconcertate con gli specialisti con le educatrici e le insemazioni sulla potenzialità dello sviluppo umano che si occupano dedl bamgnanti delle scuole dell’in(quando poi non ci siano dei veri e propri pregiubino disabile. Anche se non fanzia, incoraggiandoli sodizi), ritengono non sia possibile (o di scarso valoè frequente incontrare speprattutto a far conto sulle re) che anche un bambino affetto da handicap incifiche competenze in meriprestazioni degli asili nido tellettivo debba essere educato alla lettura e quindi to, non vi è dubbio che concui ancora troppo poco vennon si considerano remunerativi gli sforzi necessasigli utili sul perché, il quangono affidati i bambini in ri per conseguire i risultati pur possibili. do, il come e il cosa leggere generale, quelli disabili in e raccontare possono semparticolare, mentre queste pre derivare da professionistrutture hanno un ruolo fondamentale nel ricupero dei soggetti disabili, soprat- sti che conoscono e gestiscono la disabilità in questione. tutto per quanto riguarda la loro integrazione sociale. In questa ottica, il problema dei bambini disabili si pone Un suggerimento, se non proprio una regola, può essenaturalmente nell’ambito della famiglia innanzitutto, ma re dato in generale: evitare di sovraccaricare il bambino anche, per l’età 0-5 anni, negli asili nido e nelle scuole del- e non avere mai troppa fretta nel ricercare risultati che l’infanzia, sedi in cui probabilmente (auspicabilmente) può dimostrino l’efficacia delle misure intraprese. I 39 1 Trelease J., “What About Reading Aloud to Children with ‘Special Needs?’”, in TJ, The Read-Aloud Handbook, Penguin Book, 2007. 2 Larocca F., Lascioli A., Modesti M., Mortaro E., Peretti M., Sangalli A. L., Anch’io so leggere, Risultati di una ricerca per insegnare a leggere ai bambini con disabilità intellettive, GlaxoSmithKline, 2006. Lettura Anch’io so leggere Bambini incapaci di riconoscere la più semplice parola scritta sono bambini irricuperabili alla lettura? Una ricerca, promossa da GlaxoSmithKline è stata realizzata da studiosi della Cattedra di Didattica e Pedagogia speciale dell’Università di Verona, ha una volta di più dimostrato che la risposta può essere No.1 40 P er un bambino con handicap intellettivo una storia, i suoi personaggi, la trama del racconto, la lettura appassionata del genitore non sono condizioni sufficienti perché si inneschi il meccanismo dell’“amore” per la lettura. Per riuscire a indurre non solo l’“amore” per la lettura, ma anche la capacità di soddisfarlo occorre effettuare due passaggi: 1. individuare nelle strutture nervose quali lesioni e a quali livelli sono responsabili del o dei deficit dei procedimenti di apprendimento della lettura; 2. scoprire e stimolare percorsi alternativi che, saltati i blocchi con opportuni interventi educativi, consentano quei processi di apprendimento che conducono alla capacità di leggere. Nella ricerca “Anch’io so leggere” sono stati presi in considerazione i processi nervosi relativi ai deficit della visione e dell’udito. La ricerca è stata condotta su 15 bambini da 3 a 14 anni. Sono stati scelti alcuni libri dedicati al livello più basso di età e le immagini più nitide, chiare, e con una trama semplice: Biancaneve, Cenerentola, Il compleanno, Il li- bro della giungla, La Grande Orsa (1), La Grande Orsa (2), La bestia, Le avventure della Signora Oca. Di ogni storia sono state individuate le immagini più belle e significative, è stato tolto lo sfondo ed è stata fatta al computer una rielaborazione ulteriormente semplificatrice. Non sempre immagini troppo ricche di stimoli risultano essere funzionali al lavoro educativo. A ogni immagine è stato associato il testo della fiaba corrispondente, semplificato e/o modificato a seconda della necessità di rendere il testo il più possibile coerente con la fiaba e l’immagine presentata al bambino. Le immagini della storia sono state stampate su fogli di cartoncino bianco semirigido di 30 cm per 30 cm. Le immagini occupano tutta la parte centrale del foglio e lasciano una cornice bianca. Il disegno centrale su sfondo bianco serve per garantire una visione a “bersaglio”. Sul retro di ogni cartoncino è stato riportato il testo della storia stampata in un carattere piuttosto grosso. I cartoncini restano sciolti. Il primo obiettivo è di crea- re attenzione visiva e uditiva contemporaneamente. Nel bambino disabile, infatti, spesso non è presente questa duplice abilità. Si evidenziano così comportamenti come: il bambino guarda ma non ascolta, oppure ascolta ma non guarda. Questo comportamento è da attribuirsi alla difficoltà a integrare contemporaneamente le informazioni dei due canali, visivo e uditivo. Perché la corteccia cerebrale veda le immagini e ne colga il significato a livello uditivo occorre che le informazioni passino alla corteccia cerebrale dal canale dell’udito e da quello della vista contemporaneamente. Il bambino prima di leggere una lettera deve riconoscerne l’immagine e coglierne i particolari; per poterla riconoscere deve saperla anche ascoltare. Sentire serve a individuare gli elementi, a dare un nome alle cose, a categorizzare. Procedere a una etichettatura con cui a ogni cosa viene dato un nome, sia all’immagine nel suo insieme che ai tanti suoi particolari. Questo processo avviene attraverso la sincronizzazione tra visione e udito. Ai bambini della ricerca venivano mostrati i cartoncini a una distanza di circa 35-50 cm, in posizione frontale, e contemporaneamente veniva letta la frase posta sul retro. Questo lavoro sulla lettura permette al bambino di concentrarsi sull’immagine, catturando tutta la sua attenzione, e lo facilita nell’ascolto della frase. La scarsa attenzione viene così superata in quanto lo stimolo è breve: se lo stimolo è più breve dei tempi di attenzione, il cambio da un’immagine all’altra attira nuova attenzione verso le successive immagini. Il bambino memorizza l’immagine e contemporaneamente ne ascolta il contenuto. Nella sperimentazione si è scelto di impostare la ricerca sulla ripetizione delle storie per 15 giorni per due volte al giorno secondo uno standard comune. Le storie vengono presentate sempre velocemente e la lettura effettuata con tono calmo e tranquillo. La comparsa in sequenza delle immagini nuove deve essere rapida e improvvisa davanti agli occhi del bambino. La verifica avviene chiedendo al bambino di completa- re la frase dietro l’immagine. Ad esempio, si mostra al bambino un’immagine già presentata e gli si chiede: “La signora oca va al…”. E il bambino deve rispondere verbalizzando: “Mercato”. Questo primo livello di verifica conferma solo la memorizzazione a livello uditivo e visivo. La verifica della comprensione comporta prove più complesse, non più di completamento della frase stimolo, ma di verifica della capacità di risolvere problemi; ad esempio “Che cosa utilizza la signora oca per superare il fiume?”. I bambini che hanno in memoria le immagini e che hanno associato a queste il testo con modalità di memoria uditiva e visiva combinata sono risultati essere in grado di rispondere sia a domande di completamento che di comprensione. Le verifiche hanno dimostrato che il bambino con handicap intellettivo ha buone capacità di memoria che vanno però potenziate tramite l’informazione e l’esercizio uditivo; si è potuto constatare che esiste una stretta interdipendenza tra ascolto e parola. La qualità del lin- guaggio dipende dunque dalla qualità e quantità delle informazioni memorizzate a livello uditivo. In un secondo tempo, la ricerca ha avuto come obiettivo quello di far capire al bambino che cosa significhi leggere un testo. Il bambino ascolta il genitore leggere e riesce a prestare attenzione a quello che ascolta e contemporaneamente guardare le lettere. I risultati. Senza entrare nei particolari di ogni bambino che ha partecipato all’esperimento, si può dire che complessivamente tutti hanno percorso con successo il difficile cammino verso il riconoscimento e l’identificazione delle parole e quindi verso la lettura funzionale, sviluppando la capacità di collegare gli stimoli visivi e la memoria uditiva. Nel proseguimento della sperimentazione, l’obiettivo è di conseguire e stabilizzare la capacità di leggere come una funzione normale e desiderata. 1. Larocca F., Lascioli A., Modesti M., Mortaro E., Peretti M., Sangalli A.L., “Anch’io so leggere. Risultati di una ricerca per insegnare a leggere a bambini con disabilità intellettiva”, GlaxoSmithKline 2006. 41 Capitolo 8 Narrare e leggere ad alta voce con i bambini in età prescolare O Cosa OGNI IMPEGNO DEDICATO alla narrazione e alla lettura ad alta voce è abbastanza complicato dal problema della scelta di cosa raccontare o leggere, traendolo dal materiale pubblicato o dalla tradizione orale , tenendo opportuno conto dell’età del bambino, districandosi in un mercato sempre più affollato di proposte, spesso non precisamente ottimali. Di fatto, una guida codificata secondo criteri definitivi non è possibile; tuttavia, per quanto possa apparire generica e ovvia, una regola si impone: quella di partire dal bambino, prima di tutto inteso in senso generale e poi considerandolo nella specificità del singolo piccolo utente quale dovrebbero conoscerlo i suoi genitori, il suo pediatra, le sue educatrici e le sue insegnanti. In generale, si può dire innanzitutto che il bambino di oggi (un oggi che ormai copre diversi decenni) è ben diverso da quello rappresentato nell’Ottocento, alla nascita della letteratura per l’infanzia, secondo un modello che ha sostanzialmente resistito fino agli anni Sessanta del Novecento: un soggetto prevalentemente passivo al quale si dovevano impartire lezioni istruttive e moraleggianti, ricorrendo a materiali esplicitamente pedagogici, al fine di farne un buon bambino rispettoso delle regole del vivere civile, premessa per ottenere un adulto disposto ad adeguarsi alla mentalità, alle opinioni, ai modi di vita prevalenti (o autoritariamente imposti) nella società in cui avrebbe condotto la sua esistenza. I cambiamenti socioeconomici e culturali intervenuti tumultuosamente a partire soprattutto dalla fine della Seconda guerra mondiale, hanno comportato la crisi definitiva di quel modello ottocentesco di bambino, al quale è subentrata una figura ben diversa: il bambino oggi è da considerare, anche nei primi anni di vita, un soggetto attivo, competente, capace di emozioni e sentimenti complessi, dotato di una sua propria logica e di un inconscio che può essere terreno di grandi conflitti. 2 Il mondo degli adulti che, a vari titoli professionali (pediatri, educatori ecc.), ha a che fare con i bambini, è ben consapevole di questa realtà infantile. Invece, questa con- sapevolezza molto spesso sfugge alla comune società degli adulti e delle famiglie. Infatti, permane sotto traccia, soprattutto a livello genitoriale, una percezione del bambino non dissimile da quella diffusa in passato. Fortunatamente, i cambiamenti intervenuti nella realtà e nella concezione della figura del bambino dei nostri tempi sono stati e sono ampiamente e correttamente interpretati dai più validi autori per l’infanzia sia nel modo di scrivere, sia nelle tematiche trattate. Per cui, una caratteristica fondamentale della moderna letteratura per l’infanzia è quella di essere scritta e illustrata ponendosi dalla parte del bambino, “vedendo” con i suoi occhi. Una seconda caratteristica della moderna letteratura per l’infanzia è quella (già ricordata a pagina 10) di rappresentare una vasta gamma di valori in modo implicito, intrecciati in forma inapparente alle storie, alle parole, alle illustrazioni, per cui si può dire ancora una volta che si fa sempre più letteratura e sempre meno pedagogia. In questo senso, è bene tenere in conto l’opportunità di evitare narrazioni basate su imposizioni, trascurando di riconoscere ciò che distingue il bambino dall’adulto, per cui si corre il rischio di educarlo secondo criteri lontani dall’infanzia, dalle sue pulsioni e dalle sue fantasie. Se si tiene conto di queste considerazioni, si comprende quanto non sia più accettabile la manipolazione dei prodotti della letteratura per l’infanzia per renderli funzionali a obiettivi di natura pedagogica. La manipolazione di un racconto o di un testo dovrebbe essere sempre evitata, a prescindere dagli obiettivi che possono anche sembrare del tutto legittimi (rendere una storia meno violenta, più vicina alle esperienze del bambino e così via): meglio di gran lunga è cambiare e scegliere quello che sembra più adatto. Una terza caratteristica della moderna letteratura per l’infanzia è rappresentata dall’ampliamento tematico cui è andata incontro, dall’ecologia alla sessualità, dalla guerra alle scienze e alla tecnologia, nell’opportunità/neces- Narrare e leggere ad alta voce con i bambini in età prescolare sità riconsentire al bambino di aderire per quanto possibile alle esperienze di una vita quotidiana reale. Cosa di solito è coinvolto un adulto e uno o al massimo duetre piccoli, altra cosa è quando il libro viene utilizzato per un gruppo numeroso di bambini, come può avvenire negli asili nido, nelle scuole dell’infanzia, quando si organizzano momenti di lettura nelle biblioteche pubbliche. Il criterio di partire dal bambino, per operare una scelta opportuna delle narrazioni e delle letture da proporgli, comporta la precauzione di tener conto delle sue reali possibilità di comprensione, criterio tanto ovvio quanto fre- Il problema della destinazione riguarda non soltanto i forquentemente disatteso dai genitori, spesso portati ad an- mati e la grafica delle pubblicazioni, ma anche i conteticipare, nelle loro valutazioni, lo sviluppo del loro figlio. nuti. Non si deve infatti dimenticare, per esempio, che anche i bambini più piccoli Un secondo criterio, largapossono presentare delle mente osservato da quanti difficoltà nell’esprimere pubprofessionalmente si occupablicamente le proprie emono di bambini, ma non così a scelta delle pubblicazioni più adatte ai bamzioni suscitate da un racconda non pochi genitori, è bini nelle varie età deve dunque tener conto to o da una fiaba. Racconquello di scegliere le pubblianche della loro capacità individuale di sopportatare o leggere ad alta voce cazioni in funzione dei gusti re storie che li possono turbare, evitando letture che implica in varia misura una dei bambini, ben riconoscibipossono violentare la loro sensibilità. I bambini più stimolazione di sentimenti li pur nella loro variabilità, ma grandi, capaci di leggere per proprio conto, quanche il bambino può considespesso non tenuti nella dovudo ciò che leggono supera la loro soglia di sopporrare molto privati e quindi ta considerazione. Di qui tabilità, hanno la possibilità di interrompere la letnon essere disponibile a l’opportunità di coinvolgerli tura; mentre il bambino che non sa leggere e che condividere con altri. Il bamnelle scelte e nella frequentadipende dall’adulto è indifeso di fronte a letture che bino, nell’atmosfera di intizione di librerie e biblioteche. è incapace di affrontare. Questo aspetto può essemità che si crea durante la Sulla base di questi due crire meglio controllato quando la lettura avviene fra lettura cui è interessato, teri di scelta, altri ve ne soun adulto e un bambino o pochi bambini, quando può considerarla del tutto no da osservare in quanto cioè vi è una maggiore possibilità, da parte dell’adulpersonale: un’esperienza inpossono guidare in modo to, di prestare attenzione alle reazioni, anche non tensa da condividere unicautile la ricerca e l’acquisto esplicite, del bambino e quindi di tenerne conto. mente in uno stretto rappordi pubblicazioni da leggere Questa possibilità è invece ben minore quando il to con il solo adulto narrancon i bambini: oltre al meracconto o la lettura avviene per un gruppo numete. Questa possibilità è narito delle opere, anche le roso di bambini, fra i quali può essere ignorato quel turalmente legata alla storia qualità materiali e graficosoggetto per cui ciò che si va raccontando o lego alla fiaba che viene letta, illustrative dei prodotti. gendo risulta disturbante. In questi casi, si comprenal luogo e al tempo in cui taQuest’ultimo aspetto deve de perché gli esperti, che hanno competenze in mele esperienza si svolge. Al essere naturalmente consirito, suggeriscano di dare la preferenza a letture in contrario, vi sono storie che derato anche tenendo conun certo senso più conservatrici, la cui “innocuiil bambino ama condividere to del prezzo: a risorse limità” sia stata verificata. e la scelta di queste conditate, non vi è dubbio che è ziona la possibilità di “colletpreferibile acquistare due prodotti di buona qualità, piuttosto che uno solo di qua- tivizzare” con piacere l’esperienza della lettura. lità eccellente. Tuttavia, è opportuno insistere sulla opportunità di evitare l’acquisto di pubblicazioni scaden- Una questione marginale, ma non del tutto trascurabile, ti, di cui il mercato è infiltrato in modo non trascurabi- riguarda l’opportunità di tener conto, nella scelta delle le da produttori non adeguati o addirittura scientemen- narrazioni e delle letture, che i destinatari siano bambini o bambine. In realtà, per la fascia qui considerata (0-5 ante scorretti. Un elemento importante, nella scelta del materiale narra- ni), questo non sempre è un reale problema in quanto è tivo, è quello di tener conto della destinazione d’uso di prevalentemente dalla preadolescenza in poi che cominuna pubblicazione perché una cosa è scegliere un libro la cia a verificarsi, nelle preferenze dei bambini, una diffecui fruizione avviene nell’ambito delle famiglie nel quale renziazione legata al sesso. L 43 Capitolo 1 Un’ultima considerazione riguarda la lunghezza delle let- Una trappola in cui spesso cadono gli acquirenti di libri ture. È chiaro che nell’ambito familiare, le letture posso- per bambini è quella rappresentata da prodotti editoriano essere distribuite anche in più giorni, a capitoli, in quan- li confezionati sul gusto e sulle preferenze degli adulti to vi è una continuità dei soggetti in ascolto; questa cir- allo scopo di venderli meglio e di più: ricche edizioni, con costanza può non verificarsi negli asili e nelle scuole dell’ prefazioni magari di firme illustri, promosse da una pubinfanzia per cui sembra utile suggerire di dare la prefe- blicità rivolta più agli adulti da trasformare in acquirenrenza, in queste sedi, ad esperienze di racconto e di let- ti che a far meglio comprendere le esigenze del bambitura che si esauriscono nella singola sessione, ferma re- no e guidare in tal senso le scelte di acquisto. Un errore in qualche modo opposto al primo cui si è acstando la disponibilità di riprenderle in altri momenti. cennato è quello di consideLa scelta dei racconti e delrare aprioristicamente il le letture da proporre ai “nuovo” migliore del “vecbambini non può dunque otto l’anno di vita, il materiale deve essere chio”, mentre è importante, essere codificata secondo resistente, meglio se plastificato, da maneggiaanche se più impegnativo, parametri certi, per cui è re facilmente, mettere in bocca, molto colorato, con valutare che cosa è veramenconsigliabile ai genitori congrandi immagini e poche parole. te ancora vivo nei vecchi tisultare pediatri, educatrici Nel secondo anno il libro o racconto si struttutoli della letteratura per l’indi asili nido, insegnanti, bira con brevi storie che riproducono le azioni più fanzia: spesso il senso di vecbliotecari e librai esperti in semplici della vita quotidiana. Le cose colorate di chio-superato è derivato da letteratura per l’infanzia, tutti i giorni fatte da bambini, animali, piante e ogpresentazioni editoriali povenon soltanto per avere delgetti che acquisiscono il dono della parola. Il linre o scadenti che penalizzale indicazioni guida, ma guaggio assume un ritmo e la filastrocca diventa no prodotti ancora validissisoprattutto per evitare alimportante. mi, come molte delle fiabe meno alcuni fra gli errori Dopo il secondo anno le storie possono essere più classiche. più comuni. articolate, le parole via via più numerose, le imPer quanto riguarda le fiabe, Innanzitutto, è fortemente magini meno grandi, il materiale cartonato e caril rischio che spesso gli adulraccomandabile evitare, neltaceo. Dal secondo anno tutto si evolve in modo ti corrono è quello di consila scelta di una pubblicaziomolto rapido e progressivo in parallelo alla evoderarle non più adatte per i ne per bambini, di privilegialuzione della capacità linguistica, mnemonica e riloro caratteri irrealistici, le re acriticamente i libri che petitiva. Alla fantasia si associa la curiosità e auvicende antiquate, i luoghi l’adulto ricorda di aver gramenta il desiderio della scoperta. Aumenta, da parnon corrispondenti all’attuadito “quando era piccolo”, te del bambino, anche il desiderio e la capacità di le esperienza dei bambini, quelli che sono poi diventariprodurre con segni o disegni il proprio mondo troppo contrastanti con una ti i libri della nostalgia, senfantastico. realtà quotidiana spesso vistimento che spesso confonNegli anni a seguire i soggetti maggiormente apsuta nella piattezza di una vide i ricordi con le questioni prezzati riguardano sempre più l’ambiente, il nuta familiare routinaria e nedi merito. La letteratura per cleo familiare, il ciclo vitale fino ad introdurre in gli stereotipi della televisione. l’infanzia del passato può esmodo graduale e con linguaggio appropriato l’imIn realtà, la fiaba conserva, sere rivalutata ma tenendo portanza dei valori sociali. soprattutto al di sopra dei tre conto delle esigenze e del anni, una forte attrazione careale interesse del bambino pace di generare un profondi oggi e anche delle proposte nuove dell’editoria, sempre più ricca di prodotti apprez- do coinvolgimento nel bambino. E non solo. Se l’adulto coglie veramente l’occasione di crescere con zabili. Un secondo errore è di porsi come principale obiettivo, il bambino con cui legge, la fiaba, e naturalmente non nella scelta di un libro, quello di avere in qualche modo solo questa forma di racconto, può assumere anche per un sostegno alla propria opera di educatori per cui la pub- lui un ruolo assai importante per il suo sviluppo interioblicazione deve, il più virtuosamente possibile, insegna- re. A questo proposito può essere ricordato il seguente re qualche cosa, muovere a buoni sentimenti, esaltare passo di Italo Calvino: le fiabe «… sono il catalogo dei destini che possono darsi a un uomo e a una donna, sole virtù. S 44 Narrare e leggere ad alta voce con i bambini in età prescolare prattutto per la parte di vita che appunto è il farsi di un destino: dalla nascita che sovente porta in sé un auspicio o una condanna, al distacco dalla casa, alle prove per diventare adulto e più maturo, per confermarsi come essere umano…». Un errore è tuttavia anche quello di creare percorsi di narrazione e di lettura eccessivamente tradizionali e quindi chiusi ai cambiamenti della vita e della società. Un esempio ormai critico è rappresentato dalla crescente multietnicità della società per cui non si può più ignorare, quando si raccontano storie, che esistono altre etnie, altri Paesi, altre tradizioni. Non estendere la scelta di fiabe e racconti ad altre genti, che ormai vivono alla porta accan- Cosa to, e ad altri Paesi significa restringere l’esperienza conoscitiva del bambino e, alla fine, limitarne l’apertura sulle diversità del genere umano. Infine, deve essere messa in rilievo l’importanza del raccontare attingendo non soltanto alle pubblicazioni per bambini, ma anche alla tradizione orale, valorizzando la continuazione da una generazione all’altra di elementi culturali e affettivi il cui abbandono impoverisce la famiglia e i piccoli che vi vivono, e alla fine la società tutta. In questo ambito, è anche opportuno opporsi alla tendenza di rinunciare al dialetto di cui, anzi, è opportuno valorizzare le grandi possibilità espressive senza naturalmente penalizzare l’italiano. Resistere all’invadenza della televisione La televisione è il più invadente dei mezzi di comunicazione e, se assunta in dosi massicce, dà luogo a una percezione di una realtà distorta, più concreta e coerente di quella vera, una visione semplicistica e stereotipata messa in atto per venire incontro alle esigenze più deteriori del pubblico. Lo spettatore ha la sensazione di godere della libertà di interpretazione, mentre la griglia di principi che egli crede suoi e attraverso i quali percepisce gli avvenimenti, gli sono stati sapientemente inculcati dalla televisione, causa di svuotamento della personalità. Le conseguenze sono difficoltà nelle relazioni interpersonali, mancata ricerca di aggregazione, scarso interesse per la lettura, inadeguatezza nel linguaggio e nel comportamento, difficoltà nell’organizzazione sequenziale dei fatti. La televisione può avere sui bambini i seguenti effetti: ■ identificazione Il bambino, non possedendo ancora una personalità strutturata, è alla ricerca di modelli da imitare. La televisione facilita questa dinamica offrendogli esempi di semplice identificazione che tuttavia spesso non sono portatori di valori positivi, oppure sono causa di frustrazione nel riscontrare la differenza che intercorre tra l’eccezionalità degli eroi televisivi e la normalità della propria esistenza; ■ emulazione Si parla di un vero e proprio effetto “contagio” della televisione rispetto alla produzione di comportamenti imitativi soprattutto per quanto riguarda le azioni violente; ■ inibizione della creatività La prolungata e abituale esposizione ai messaggi televisivi produce una compressione delle attività ludiche dei piccoli che va dalla tendenza a ripetere nei giochi gli schemi stereotipati visti in tv fino alla mancata capacità stessa di giocare; ■ formazione di un’identità debole La televisione ha la facoltà di modificare l’Io infantile contribuendo alla costruzione di identità deboli attraverso diversi processi: la destrutturazione, ossia la tendenza ad assumere come strutture di riferimento realtà lontane dall’esperienza del bambino; la frantumazione, cioè lo squilibrio tra affettività e razionalità indotta dall’orientamento emotivo della programmazione televisiva; l’esteriorizzazione, la separazione tra la partecipazione coinvolta e consapevole della realtà rappresentata e quella distratta della situazione reale; ■ rischio di un’adultizzazione precoce Diminuzione del ruolo pedagogico della famiglia e della scuola; ■ trasformazione del linguaggio e suo impoverimento ■ perdita del senso della realtà Il piccolo telespettatore può incontrare e/o sviluppare difficoltà nel distinguere la realtà dalla sua rappresentazione televisiva. Fonte: Rafaele Fait, La tutela dei minori sul sistema radiotelevisivo, Perugia, 2003. 45 Lettura Criteri-guida nella scelta delle pubblicazioni L a scelta del libro giusto per il proprio bambino è un compito abbastanza impegnativo: bisogna tener conto a che punto è arrivato nello sviluppo delle sue capacità di capire, non dimenticando che ogni bambino ha una propria individualità per cui, pur avendo la stessa età, il proprio figlio può essere ben diverso da quello del vicino. Questo significa che anche la scelta apparentemente semplice di un libro comporta una conoscenza della “persona” a cui lo si leggerà, dei suoi interessi, delle sue emozioni, dei suoi sentimenti. 46 Per i più piccini si possono ricordare i suggerimenti di Roberto Denti, grande esperto di libri per i bambini: «Molto prima di compiere l’anno di età, il bambino viene messo di fronte a figure semplici… che permettono di “leggere” animali o oggetti della realtà quotidiana. Quando l’adulto, indicando la figura, dice al bambino “questo è il gatto (il cane, il pulcino, il telefonino, la tazza ecc.)” oppure “guarda il gatto” per fortuna in modo corretto. Quello stampato sulla pagina, infatti, non è il gatto, ma la rappresentazione del gatto. Si inizia, così, un processo cognitivo che conduce il bambino a capire che esistono da un lato la realtà e dall’altra la trasposizione della stessa in un segno grafico. Siamo dunque di fonte a un primo approccio alla formazione del pensiero logico. Ben presto però la figura semplice (e possibilmente scontornata su fondo bianco) non è più sufficiente per catturare l’attenzione del bambino, il quale esige un’informazione più complessa: “Il gatto beve il latte”, “La pecora bruca l’erba”. Siamo così giunti a una forma primitiva di racconto. Con il passare dei mesi – approssimativamente verso i due anni – il bisogno di storie si fa più forte: attraverso l’illustrazione, il bambino affronta elementi narrativi più complessi per arrivare, ai tre anni, a seguire l’articolazione delle vicende nelle fiabe tradizionali. L’immagine qui si trasforma in tutt’altra cosa rispetto a quella inizialmente sottoposta all’attenzione del bambino: dalla semplice rappresentazione di un animale o di un oggetto reale passiamo all’illustrazione di una vicenda». A questa età i bambini sono delle vere e proprie spugne: esplorano e assimilano il mondo che li circonda con tutti i loro sensi: la vista, l’udito, il gusto, l’olfatto e ne ricavano significati che continuamente ridefiniscono e rifiniscono. Queste “spugne”, a tre-quattro anni, sono molto egocentriche: esistono solo loro e il loro pensiero è assai concreto; il solo mondo che conta è quello di cui hanno esperienza diretta. Quello che non vedono, che non sentono, che non toccano, che non assaggiano, che non odorano non esiste nella loro mente; non comprendono il senso del tempo: ieri, oggi, domani; ma per gli eventi che li riguardano in concreto, essi hanno un senso generale di quello che è stato, di quello che è, di quello che sarà. Il libro, a questa età, è un mezzo particolarmente importante per espandere le esperienze di questi bambini. Saranno libri con grandi per bambini illustrazioni in cui immagini e testo, letto dall’adulto, si rafforzano reciprocamente, consentendo al bambino di allargare le proprie esigenze mediante la visualizzazione di cose che egli non ha mai visto e, nello stesso tempo, arricchendo il proprio vocabolario. Per esempio, non sono molti i bambini che vengono portati allo zoo, ma grazie ai libri illustrati tutti quelli ai quali sono stati mostrati riconoscono e immettono nella loro immaginazione leoni, tigri, elefanti, foreste e così via. Grazie alle immagini e al testo, bimbi che vivono in città vengono a conoscenza della vita in campagna e viceversa. Ecco dunque un primo utile criterio di scelta: portare a casa e leggere libri che aprano la mente del bambino sul mondo. A tre-quattro anni i bambini ricercano una propria autonomia, una propria indipendenza, anche ribellandosi alle regole che gli adulti impongono loro. Questa ricerca va incoraggiata, naturalmente ponendo saldi paletti ai comportamenti negativi eccessivi. Libri di storie con personaggi un po’ birbanti, che si caccia- no in guai da cui vengono salvati da chi si preoccupa di loro, possono rappresentare stimolanti pubblicazioni sia per favorire lo sviluppo dell’autonomia sia per far capire i limiti che non si possono oltrepassare. La ricerca dell’indipendenza ha tuttavia un suo prezzo che nei bambini di tre-quattro anni di solito è rappresentato dall’insorgere di sensazioni e sentimenti di paura: sganciarsi dalla dipendenza infatti significa anche affrontare situazioni ignote e pertanto generatrici di ansia. Favole come “Hansel e Gretel” possono essere molto utili a rafforzare la capacità del bambino di affrontare le proprie paure in quanto vengono esteriorizzate, rappresentate magari con una certa crudezza, ma alla fine risolte dall’esito rassicurante della storia. Un’importante considerazione merita il fatto che i bambini di tre-quattro anni sanno distinguere le persone nelle loro differenze: molti ne rimangono indifferenti, altri colpiti, altri ancora afferrano che gli adulti attribuiscono alle diversità, specialmente sociali e razziali, valori che condizionano il loro comportamento. Di qui dunque l’opportunità che nella scelta delle pubblicazioni e nel modo di raccontare si eviti di introdurre, anche negli atteggiamenti, elementi discriminatori che inevitabilmente finirebbero per entrare nella mente dei piccoli ascoltatori dove rimarrebbero impressi a lungo. La costruzione di un’immagine positiva di se stessi è un problema per ogni bambino e non aiuta certamente a risolverlo proporre racconti e storie in cui vengano rappresentati personaggi contrassegnati negativamente per le loro caratteristiche di razza, di religione, di sesso. Naturalmente, non è sufficiente scegliere e leggere libri che raccontano aspetti della vita o della fantasia senza pregiudizi qualitativi sui personaggi e le situazioni: per contribuire positivamente alla crescita dei bambini è pertanto indispensabile che gli adulti che li accudiscono riconoscano e combattano gli eventuali propri pregiudizi per non istillarli nei piccoli loro affidati. 47 I PRIMI 5 ANNI DELLO SVILUPPO DEL PROGETTO “LEGGERE PER N NEL PROGETTO “LEGGERE PER CRESCERE”, si prevedeva un periodo sperimentale di un paio d’anni (20012003) limitato alla sola Provincia di Verona per poi essere gradualmente diffuso in tutto il territorio nazionale. Ma, mentre GSK promuoveva e realizzava il Progetto “Leggere per Crescere” nella Provincia di Verona, se ne cominciò subito a parlare prima nelle Province vicine come quelle di Padova, Vicenza, Rovigo per restare nel Veneto; e poi, in Liguria, in Lombardia e fino in Puglia, anticipando in modo accelerato il piano di sviluppo previsto, reso, il Progetto “Leggere per Crescere”, ancora più impegnativo dal fatto di aver ottenuto nel frattempo il patrocinio del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (MIUR) e quindi di venir riconosciuto come un progetto di valore nazionale. Lo sviluppo del Progetto è stato realizzato secondo due direttrici principali: 1. L’AGGREGAZIONE e la formazione degli operatori che direttamente si occupano dei bambini in età prescolare (pediatri, educatrici degli asili nido, insegnanti delle scuole dell’infanzia) o che hanno o possono avere un frequente rapporto con le loro famiglie e, più in generale, con l’opinione pubblica (farmacisti, bibliotecari, librai); 2. LA DIFFUSIONE presso gli operatori e le famiglie di pubblicazioni destinate a sensibilizzare gli uni e le altre sull’utilità del raccontare e del leggere ad alta voce ai bambini fin dal primo semestre di vita, sul come farlo e quali criteri osservare nella scelta dei materiali su cui basare racconti e letture. 48 A distanza di cinque anni si può tracciare un bilancio delle azioni compiute che documentano la determinazione e la perseveranza con cui lo sviluppo del Progetto “Leggere per Crescere” è stato sostenuto da GlaxoSmithKline animando la collaborazione di un grande numero di persone e di istituzioni a cui va riconosciuto il merito dei risultati conseguiti grazie alla loro straordinaria quanto disinteressata dedizione, essenziale presupposto per ulteriori impegni e traguardi. La rete delle collaborazioni 12 Regioni coinvolte: Veneto, Lombardia, Trentino Alto Adige, Liguria, Emilia Romagna, Toscana, Lazio, Marche, Abruzzo, Campania, Puglia, Sicilia 40 Ospedali coinvolti nel Progetto 9.000 400.000 67 400 3.682 Operatori (educatrici, insegnanti, pediatri, bibliotecari, volontari) Famiglie raggiunte Patrocini, di cui 2 nazionali e 5 regionali Enti collaboranti (Asl, Associazioni, Comuni, Scuole, Biblioteche) Farmacie disponibili in Italia Le attività svolte 13 Conferenze stampa 32 Incontri di presentazione del Progetto con 3.219 partecipanti 179 5 Incontri di formazione per 2.897 partecipanti Manifestazioni pubbliche con 3.150 presenze CRESCERE” 2002-2006 10 Progetti sviluppati nelle reti territoriali della Provincia di Verona cofinanziati dalla Fondazione CariVerona 15.325 Copie del volume Rita Valentini Merletti, Leggere per Crescere, ©GlaxoSmithKline, 2001 31.745 Copie del manuale “Leggere per Crescere” per le famiglie 45.000 Schede informative da inserire nei diari sanitari dei bambini in occasione dei bilanci di salute a cura dei pediatri della Regione del Veneto 12.580 Copie del manuale “Leggere per Crescere” per gli operatori 356.331 Dépliant sul Progetto “Leggere per Crescere” distribuiti nelle farmacie 150.000 Copie del periodico “Leggere per Crescere”, quadrimestrale di formazione e di aggiornamento per gli operatori e le famiglie 1.000 10.000 8.000 Dépliant realizzati in collaborazione con il Movimento Consumatori Fogli illustrativi allegati ai messaggi per le vaccinazioni inviati alle famiglie dalle 4 Ulss della Provincia di Padova Locandine “Leggere per Crescere” destinate agli ambulatori pediatrici, agli asili nido, alle scuole dell’infanzia, alle farmacie e alle biblioteche Il sito www.leggerepercrescere.it 72.060 40 Accessi nel periodo 1.3.2006 - 28.2.2007, media mensile 6.000 Richieste di materiali via e-mail, medie mensilie nel periodo 1.1.2005 - 28.2.2007 PROGETTO GlaxoSmithKline (GSK) è una multinazionale farmaceutica basata sulla ricerca presente in Italia dal 1932. Oggi nel Paese GSK comprende tutte le componenti industriali del ciclo economico aziendale: la ricerca, la produzione, il marketing e la vendita dei farmaci, dei prodotti da banco e di largo consumo. Nell’ambito delle proprie iniziative a favore della comunità, GSK sviluppa in Italia dal 2001 interventi a favore dei bambini e degli anziani con il programma di responsabilità sociale “Salute & Società”. © 2007 GlaxoSmithKline Via A. Fleming, 2 – 37135 Verona – Telefono 045 9218319 – Fax 045 9218197 – e-mail: [email protected] – sito: www.leggerepercrescere.it ■ Progetto editoriale e testi Garamond sas, Milano sas e T&T Studio sas, Milano Composizione Agata Buda ■ ■ ■ Grafica TypeDesign Redazione Luciana Bozzotti, Milano ■ Stampa CentroStampa73, Castelseprio (Va)