Lavorare nei call-center in Calabria
(Nella e Francesca autori)
INDICE
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Premessa
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Breve evoluzione storica dei call-center
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Normativa di riferimento
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La logica distorta nell’apertura dei call-center al sud
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I dottori della comunicazione!!!
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I discount della parola
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I rischi del mestiere ….
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Conclusioni
PREMESSA
Un argomento di grande attualità e portata sociale è quello a cui si rivolge la
nostra attenzione. L’incremento oltremodo del numero di lavoratori dei call-center
è un fenomeno che coinvolge direttamente diverse problematiche sociali e
culturali del nostro Paese, con particolare attenzione per il Sud Italia.
Attorno al “magico mondo della comunicazione” ruotano termini come flessibilità,
precarietà, alienazione, insoddisfazione dei singoli lavoratori che si combinano
con temi politici di portata nazionale (quali agevolazioni finanziarie, sindacati e
circolari ministeriali).
Un fenomeno più che mai in espansione che, se inizialmente interessava le fasce
di età più giovani, oggi, riguarda la generalità di lavoratori che vive la realtà della
flessibilità-precarietà. Infatti, l’immagine del precario è una figura prismatica, cioè
con tanti volti, tanti aspetti e stili di vita differenti, un’ immagine difficilmente
riconducibile ad un tipo del quale poter delineare gli aspetti salienti.
Il meridione è una delle zone maggiormente interessate dalla diffusione del
fenomeno anche perché forte è stata la spinta delle politiche locali e nazionali per
l’insediamento di strutture che avrebbero dovuto migliorare la difficile situazione
occupazionale del Sud.
La politica dei contratti di localizzazione ha, infatti, favorito l’espansione di
organismi produttivi nuovi, promuovendo gli investimenti di capitali al Sud da
parte di imprenditori del Nord ed esteri, il che oltre a permettere di sfruttare i
fondi messi a disposizione a livello regionale, ha favorito l’ approvvigionamento di
risorse umane qualificate a basso costo.
Il call-center rappresenta uno dei più potenti strumenti di marketing nelle mani
degli imprenditori, che, oltre a sfruttare le potenzialità di un’attività che mette le
imprese in relazione diretta con i consumatori, hanno il vantaggio di poter
attingere ad un ampio bacino di giovani menti che, viste le difficoltà nel trovare
un impiego adatto alle reali capacità tecnico-culturali acquisite, accettano di
svolgere attività sottoqualificanti e mal retribuite come l’operatore call-center.
Tali lavoratori vivono lo spettro del lavoro routinario, del lavoro che deve allenare
la mente a ragionare nell’ottica dei clienti, che deve istruire ad adoperare certi
termini piuttosto che altri e che deve temprare al facile e falso sorriso. La
situazione occupazionale odierna non consente di scegliere perché tutto è
accettabile purché contribuisca ad incrementare il reddito, anche se si tratta di un
salario minimo, di un contratto poco tutelato a livello sindacale, se non sono
rispettate le norme igienico - sanitarie all’interno delle strutture lavorative. Queste
condizioni contribuiscono ad aumentare l’instabilità, il malcontento e lo stress di
tutti quelli che vivono tale realtà.
Proprio per questi svariati motivi il call-center rappresenta la sintesi perfetta per
descrivere i disagi socio-lavorativi che l’odierno operaio è costretto ad affrontare
per far capo alle proprie esigenze di vita.
Se durante l’evoluzione fordista l’immagine che meglio poteva rappresentare il
disagio del lavoratore era quella della fabbrica, nella fase post-fordista, in cui
sempre maggiore importanza ha assunto la fidelizzazione del cliente con una
pronta risposta alle sue eterogenee esigenze, è il call-center la fabbrica del nuovo
millennio in cui sorrisi, gentilezze e cortesie sono solo i tasselli di una singolare
catena di montaggio.
BREVE EVOLUZIONE STORICA DEI CALL-CENTER
Era il 1968 quando negli USA si andava affermando l’idea del call-center che da lì
a qualche decennio sarebbe diventato una delle più importanti variabili delle
politiche di marketing e la punta dell’icerberg di un cambiamento vorticoso.
L’idea non si deve ad un geniale esperto di marketing, ma al pragmatismo di un
giudice federale che obbligò la Ford ad istituire un numero telefonico gratuito per
rispondere ai reclami relativi ad un particolare modello di automobile immesso sul
mercato.
La società fu allora costretta a ricercare una soluzione che le permettesse di dare
una risposta a tutti i clienti senza caricarsi di un onere, per i costi telefonici,
eccessivamente alto.
Grazie ad un accordo con la compagnia telefonica AT&T, la casa automobilistica
qualche mese dopo attivò il primo numero verde della storia contrassegnato dal
prefisso 800 che poi è diventato il prefisso mondiale di tutti i numeri verdi.
Il successo dell’iniziativa fu immediato e da li a qualche anno sarebbe sfuggito di
mano al suo inventore.
Negli settanta i clienti cominciarono a rivolgersi ai call-center non soltanto per i
reclami ma per i più svariati motivi e con l’aumento dei prodotti, dei servizi gestiti
e il maggiore flusso di chiamate, i clienti dovevano attendere a lungo in linea e la
qualità delle risposte diventava sempre più bassa con un servizio sempre meno
efficiente.
Fu così che negli anni ottanta venne introdotta l’automatic call distribution (ACD)
che permise di ridurre le code delle chiamate in entrata aumentando al tempo
stesso la qualità delle informazioni fornite.
Negli anni novanta, la Computer Telephony ha permesso uno scambio interattivo
tra cliente ed operatore facendo assumere un peso sempre maggiore a questa
attività.
Oggi con il termine call-center si intende un’organizzazione che svolge, all’interno
di aziende o enti o all’esterno degli stessi, servizi specializzati di interazione
utilizzando
sofisticati
apparati
informatici,
dedicati
al
settore
delle
telecomunicazioni, tramite i quali è in grado di gestire i contatti tra aziende o un
Ente con i suoi clienti.
La potenzialità di un call-center è decisamente ampia, infatti, l’azienda che decide
di avvalersene può prefiggersi diverse categorie di obiettivi:
1. di marketing/vendita: per migliorare la propria immagine, per stimolare i
rapporti commerciali e per supportare nuove campagne di vendita;
2 strategici: per diminuire i costi di distribuzione, per aumentare la
redditività aziendale per accedere a nuovi mercati, etc.
3 organizzativi: per offrire una migliore customer care, per migliorare
l’efficienza organizzativa e per portare flessibilità all’organizzazione.
4
tecnologici: per rispondere e conformarsi agli standard di mercato, per
integrarsi con i sistemi esistenti, etc.
I benefici che le aziende traggono da questo tipo di attività sono molteplici tra i
quali spiccano sicuramente per importanza l’aumento del fatturato e degli utili, lo
sviluppo dei servizi offerti ai clienti, la fidelizzazione del cliente, un vantaggio sulla
concorrenza e l’ampliamento del mercato.
Sulla base dei differenti modelli organizzativi del lavoro è inoltre possibile
distinguere tra call-center in house, quando questo è interno all’azienda, e
outsourcing, quando il servizio di call-center è svolto all’esterno.
Quest’ultima forma risulta essere particolarmente in espansione tra le aziende di
grandi dimensioni che delocalizzano nei paesi a bassi salari tale attività con
riduzione dei costi di impianto e gestionali, ottimizzazione delle risorse umane e
tecnologiche, maggiore qualificazione del personale assunto.
Si pensi che gli USA stanno spostando in massa i call-center in India, Cina ed est
Europa con uno sfruttamento sempre maggiore delle risorse umane di questi
paesi.
Ma va sottolineato come questo sfruttamento non riguarda soltanto paesi in via di
sviluppo ma spesso riguarda anche realtà ampiamente sviluppate come ad
esempio la nostra.
Si pensi che in Italia sono circa 400mila i lavoratori impiegati nei call-center, in
larga parte donne, sui 4 milioni di precari.
Un fenomeno che ha trovato una progressiva legalizzazione ultimato con la legge
Biagi, ma iniziato con il Pacchetto Treu.
NORMATIVA DI RIFERIMENTO (CIRCOLARE 1/2004)
Con la circolare n. 1/2004, il Ministero del lavoro e della previdenza sociale ha
cercato di fornire un valido strumento di supporto agli organi di vigilanza con
specifico riferimento ai contratti a progetto e a quelli di collaborazione coordinate
e continuative.
Infatti lo stesso Ministero ha inteso fornire specifiche istruzione per l’utilizzo di
questi contratti ponendo particolare attenzione al settore call-center.
Occorre innanzitutto evidenziare che con la presente circolare si forniscono
indicazioni di carattere operativo rivolto al solo personale ispettivo del Ministero
del lavoro e della previdenza sociale e degli Istituti Previdenziali, al fine di
uniformare il più possibile il criterio di valutazione del fenomeno in esame.
In un tale contesto va innanzitutto precisato che, in base al d. lgs. n.276 del 2003,
i presupposti per la stipulazione di un contratto di lavoro a progetto devono in
generale essere individuati con riferimento:
 ai criteri di individuazione e specificazione del progetto programma di
lavoro;
 ai requisiti essenziali che devono connotare l’autonomia del collaboratore
nella gestione dei tempi di lavoro;
 alle modalità di coordinamento consentite tra il committente ed il
lavoratore.
Pertanto, sulla base dei presenti criteri, le collaborazioni coordinate e continuative
devono essere riconducibili a uno o più progetti specifici o programmi di lavoro o
fasi di esso determinate dal committente che, pur potendo essere connessi
all’attività
principale
od
accessoria
dell’impresa,
non
possono
coincidere
totalmente con la stessa o ad essa sovrapporsi.
La finalità di tale disposizione è quella di delimitare l’utilizzo del lavoro coordinato
e continuativo a quelle sole prestazioni che siano genuinamente autonome perchè
riconducibili alla realizzazione di un progetto, un programma o una fase di esso,
gestite dal lavoratore in funzione del risultato.
Il progetto o programma di lavoro deve essere individuato con riferimento ad una
specifica campagna la cui durata costituisce il termine necessario di riferimento
per la durata stessa del contratto di lavoro a progetto.
Riconducibili a queste caratteristiche sono proprio le campagne out-bound
nell’ambito dei call-center, in cui il compito assegnato al collaboratore e quello di
rendersi attivo nel contattare, per un arco di tempo determinato, l’utenza di un
prodotto o di un servizio riconducibile ad un singolo committente.
L’operatore può in questo caso prefigurare il contenuto della sua prestazione sulla
base del risultato individuato dalle parti nel contratto.
Caso contrario si verifica nella fase in-bound della stessa attività, in cui
l’operatore non gestisce la propria attività e non ha alcuna possibilità di
pianificarla giacché la stessa consiste nel rispondere alle chiamate dell’utenza
limitandosi a mettere a disposizione del datore di lavoro le proprie energie
psicofisiche per un dato periodo di tempo.
Nell’ambito d questo progetto o programma di lavoro così definito al collaboratore
non può essere richiesta un’attività diversa da quella specificata nel contratto.
Va inoltre specificato che l’art. 61 del d. lgs. 276/03 dispone che il progetto
programma venga gestito autonomamente dal collaboratore in funzione del
risultato e indipendentemente dal tempo impiegato per l’esecuzione dell’attività
lavorativa.
Ciò implica che il collaboratore non può essere soggetto ad alcun vincolo di orario
anche se, all’interno di fasce orarie prestabilite.
Di conseguenza deve poter decidere nel rispetto delle forme definite di
coordinamento, anche temporale, della prestazione:
 se eseguire la prestazione ed in quali giorni;
 a che ore iniziare a che ora terminare la prestazione giornaliera;
 se e per quanto termine sospendere la prestazione giornaliera.
Con ciò ne consegue che l’assenza non deve mai essere giustificata e la presenza
non può mai essere imposta.
Dunque caratteri di legittimità che a cui ben si dovrebbero adeguare i caratteri del
lavoro di tipo out-bound.
Proprio a questo aspetto a fatto riferimento la circolare n. 17 del16/6/2006 che
definisce i tipi di impiego consentiti con la collaborazioni a progetto quelle di outbound, tipicamente svolte da operatori impegnati in campagne promozionali
limitate nel tempo per le quali essi hanno la possibilità di predeterminare il
contenuto, l’intensità e le modalità della loro prestazione lavorativa.
Diversamente la circolare riscontra nell’attività di inbound l’impossibilità della
predeterminazione
delle
modalità
di
lavoro,
potendo
l’operatore
soltanto
rispondere alle chiamate fornendo assistenza ai clienti.
La circolare chiarisce a questo proposito che tali modalità devono essere
associate al lavoro subordinato riconducibili a determinati tipi contrattuali.
Nello specifico è stato chiarito che il rapporto di lavoro degli operatori che
svolgono attività in modalità inbound non può essere configurata come
collaborazione a progetto.
Non è stata però chiarita la posizione degli operatori che operano in attività di
outbound, che pur svolgendo attività di vero e proprio lavoro a progetto si
troveranno in presenza di picchi di chiamate da parte dei clienti in una sorta di
inbound mascherato.
A questo punto, vista la situazione, sarebbe auspicabile, oltre che una maggiore
tutela legislativa che vada a coinvolgere le varie figure di operatore, una azione
sindacale coordinata a livello internazionale per valutare le modalità in cui la
diffusione globale dei call-center possa avvenire senza una corsa al ribasso per
quello che riguarda gli stipendi e le condizioni lavorative.
Bisognerebbe arrivare alla stesura di standard di accettabilità riguardo a sicurezza
e tutela sociale dettati da organismi internazionali come l’ILO (International Labor
Office).
Ciò contribuirebbe a migliorare la situazione, non tanto dal punto di vista della
soddisfazione personale, ma almeno porterebbe il nuovo lavoratore ad affrontare
l’era della flessibilità con qualche sicurezza in più di quella che ha ora.
LA LOGICA DISTORTA NELL’APERTURA DEI CALL-CENTER AL SUD.
La realtà dei call-center è un fenomeno in forte espansione particolarmente nelle
aree meridionali dove maggior impiego trovano i capitali di imprenditori
settentrionali o esteri che finiscono con il controllare ampie quote del mercato.
Questa tendenza, che apparentemente non ha una logica, trova una spiegazione
più che plausibile nella diffusione dei cosiddetti “Contratti di localizzazione”.
Il contratto di localizzazione è lo strumento, istituito con delibera CIPE n°16/0315,
che offre agli investitori esteri una serie di facilitazioni di natura finanziaria,
amministrativa
e
procedurale,
volte
ad
agevolare
l’insediamento
ed
il
radicamento di investimenti produttivi nel Mezzogiorno.
Esso è gestito da Sviluppo Italia in collaborazione con il Ministero dello Sviluppo
Economico (MISE), il quale provvede alla gestione dei fondi, stanziati con delibere
CIPE.Sviluppo Italia dovrebbe valutare le iniziative ed assistere le aziende in tutte
le fasi della procedura.
Il contratto di localizzazione combina due strumenti previsti dalla normativa
italiana in materia di sostegno pubblico all’economia:
-
Il Contratto di programma, attraverso il quale vengono erogate le
agevolazioni
finanziarie
sull’investimento
industriale;
i
massimali
di
agevolazione variano in base all'area geografica ed alle dimensioni
dell'impresa, in linea con le normative europee.
-
L'Accordo di programma quadro, che rende esecutivo il contratto di
programma in esso inserito; inoltre nell’accordo la Regione interessata può
assumere l’impegno a realizzare infrastrutture materiali eventualmente
necessarie e/o cofinanziare programmi di ricerca o formazione.
Le agevolazioni finanziarie che è possibile ottenere consistono in contributi
all’investimento, il cui ammontare massimo è stabilito secondo quanto previsto
dalla mappa provvisoria degli aiuti comunitari.
Le spese ammissibili vanno dallo studio e progettazione, ai terreni e fabbricati,
fino ai software e ai brevetti relativi a nuove tecnologie e processi di produzione;
per le grandi imprese.
Dei vari settori merceologici che hanno la possibilità di usufruire di detti
finanziamenti sono proprio i call-center che più facilmente ne fanno ricorso.
Si può portare come esempio un articolo del 4 aprile 2005, riferito all’apertura di
un nuovo call-center al Sud, precisamente a Taranto, della società SR
Teleperformance. Questa società, già presente a Roma, secondo quanto
dichiarato alla stampa dalla stessa, avrebbe comunicato la sua candidatura per
l’ammissione al Contratto di Localizzazione, con un progetto di investimento
ammontante a circa 3 milioni di Euro e con l'assunzione di 1.000 operatori. La
sede di Taranto doveva lavorare con grandi aziende italiane ed estere fornendo
servizi di assistenza clienti e tele-marketing nonché servizi innovativi ad alto
contenuto tecnologico che avrebbero permesso alle aziende clienti di usufruire
delle piattaforme informatiche e dell'assistenza specialistica necessaria per la
gestione della relazione con i loro clienti. In sole 24 ore dall’annuncio
dell’investimento la SR Teleperformance aveva già ricevuto circa 800 curricola, a
conferma del fatto che la location suggerita ed individuata da Sviluppo Italia,
risultava assolutamente competitiva, per la grande disponibilità di risorse umane
presenti sul territorio. Numerose altre aziende del tipo in questione hanno
adottato questa politica di localizzazione, al fine di usufruire oltre che dei
finanziamenti messi a disposizione per uno sviluppo “apparente” del territorio, di
numerosa
manodopera
altamente qualificata
e
disposta
a ricoprire
ruoli
minoritari, pur di avere un posto di lavoro. Quindi questo tipo di sviluppo, che
sembra possa in qualche modo ridurre i forti tassi di disoccupazione sui territori
“svantaggiati, in realtà non migliora questa condizione di disagio. Infatti il giovane
che si trova ad operare in questi particolari ambiti lavorativi lo fa con lo spirito di
chi, non avendo altro da fare, preferisce guadagnare qualcosa piuttosto che stare
in giro senza far niente ed è forse anche questo che contribuisce ad aumentare il
disagio in quei soggetti che dopo tanti sacrifici si vedono costretti tra una cuffia e
un monitor di computer.
Numerose altre aziende del tipo in questione hanno adottato questa politica
di localizzazione, al fine di usufruire oltre che dei finanziamenti messi a
disposizione per uno sviluppo “apparente” del territorio, di numerosa
manodopera altamente qualificata e disposta a ricoprire ruoli minoritari, pur
di avere un posto di lavoro.Nella tabella sottostante sono stati riportati i
call-center presenti in Calabria, suddivisi per provincia di appartenenza e
numero di dipendenti impiegati per i diversi tipi di contratti.
N
DIP TEMPO
RAGIONE SOCIALE
INDETERM
INTERINALI
1 CALL CENTER NET
1 INFOCONTACT SPA
30
1 NATURMED
2
1 PHON MEDIA/MULTI VOICE SRL
LAP
SUBORD
COMUNE
TD
20
ISCA SULLO IONIO
CZ
75
LAMEZIA TERME
CZ
11
LAMEZIA TERME
CZ
CATANZARO
CZ
CATANZARO
CZ
LAMEZIA TERME
CZ
1300
1 TELECONTACT CENTER SPA
476
1 TELESELL SRL
26
PROV
120
60
1 TELESERVICE
50
25 CATANZARO LIDO
CZ
1 TELIC-DATEL-VOICE-SRL
730
SETTINGIANO
CZ
1 TELIC-DATEL-VOICE-SRL
1481
CROTONE
CZ
1 VARANO COMUNICATION
37
TOT
534
120
BORGIA
3764
25
CZ
4443
2 CALL&CALL ESPERIA SRL
2
130
ROSE
SAN GIOVANNI IN
CS
2 E.T.TELECOMUNICAZIONI SRL
12
34
FIORE
CS
10
20
INTOUCH-GRUPPO EUROP
2 ASSISTANCE
70
RENDE
2 ITALIA PUBLINET
30
MARANO M
CS
2 LOGICALL ITALIA-SRL
2
RENDE
CS
5
RENDE
MONTALTO
CS
2 T.I.&S.A.S. (DI TIESI MARCO)
TELIC DATEL VOICE (GRUPPO
1
2 ABRAMO)
139
TOT
25
0
3 CALL&CALL LOKROI
3 COLLOQUIA MULTIMEDIA SPA
5
3 DIGITAL WORLD SRL
11
UFFUGO
360
70
CS
455
350
LOCRI
RC
100
REGGIO CALABRIA
RC
REGGIO CALABRIA
RC
3 EASY CONTACT CENTER SRL
7
36
REGGIO CALABRIA
RC
3 GIARY GROUP SUD SRL
56
100
SIDERNO
RC
30
CONDOFURI
RC
25
CONDOFURI
RC
3 IASMOS SRL
MAGICALL SRL % MAGICALL
3 G.M.B.H.
6
TOT
TOTALE CALABRIA
85
0
641
644
120
4765
0
95
726
5624
Come si può notare in totale i call-center calabresi impiegano 5.624
lavoratori, di cui la prevalenza, ossia 4.765 unità, impiegati con contratto a
progetto, con una forte concentrazione nell’ambito del catanzarese. I
lavoratori a tempo determinato sono circa il 10% dei lavoratori totali,
mentre il rimanente sono assunti con altri tipi di contratti atipici (tempo
determinato, interinali).
Quindi questo tipo di sviluppo, che sembra possa in qualche modo ridurre i
forti tassi di disoccupazione sui territori “svantaggiati, in realtà non migliora
questa condizione di disagio.
Infatti il giovane che si trova ad operare in questi particolari ambiti
lavorativi lo fa con lo spirito di chi, non avendo altro da fare, preferisce
guadagnare qualcosa piuttosto che stare in giro senza far niente ed è forse
anche questo che contribuisce ad aumentare il disagio in quei soggetti che
dopo tanti sacrifici si vedono costretti tra una cuffia e un monitor di
computer.
Di seguito si riporta la distribuzione geografica dei call-center, suddivisi tra
le province di Catanzaro, Cosenza e Reggio Calabria. Si può notare che la
maggiore concentrazione si ha nella provincia di Catanzaro, in cui sono
presenti 10 strutture che impiegano ben 4.443 persone. Nella provincia di
Cosenza i call-center presenti sono 7, con una maggiore concentrazione
nella zona di Rende, in cui giustamente c’è la maggiore presenza di forza
lavoro qualificata, costituita da studenti e neo-laureati. Anche nella
provincia di Reggio Calabria le strutture presenti sono 7 ed impiegano più di
700 persone.
I DOTTORI DELLA COMUNICAZIONE!!!
Dalla ricerca effettuata personalmente nel mese di dicembre 2007, sulle
condizioni di lavoro nei call-center in Calabria, è emerso un quadro
complesso, che rispecchia molte delle attuali contraddizioni del mondo del
lavoro, in cui flessibilità e precarietà sono diventati elementi strutturali,
così come la varietà dei contratti adoperati.
Innanzitutto, si è notata una crescita notevole dei call-center in fase di
start-up e conseguentemente, del personale da essi impiegato presso la
propria struttura.
Considerando i dati tratti dai questionari utilizzati nella fase di rilevazione,
dalle interviste effettuate e dall’esperienza diretta di chi ha lavorato in
queste nuove fabbriche post-fordista della comunicazione, possono essere
delineati i caratteri prevalenti del lavoratore tipo di un call-center:
 Donne (il 94% del campione analizzato);
 Nubili;
 Con un elevato titolo di studio, la laurea (52,78%).
Ulteriori tratti distintivi sono:
 Il possesso di una solida preparazione di base in informatica e in
inglese, che viene testata con delle prove sul campo;
 Adeguata preparazione nell’ambito della cultura generale, dato che si
devono superare test di logica e psico-attitudinali;
 Se è possibile, avere delle raccomandazioni, anche in questo settore
che non
sembra
di particolare
interesse, ma che
comunque è
un’occupazione a cui si ambisce vista la carenza di altri tipi di lavoro.
Centinaia
di
giovani
gestione
di
telefonate
competenza,
non
menti
che,
richiedono
eccellenti,
per
tutta
vengono
quanto
le
impiegate
meritino
conoscenze
così,
nella
professionalità
che
tali
e
individui
possiedono. Laureati, in possesso di master e specializzazioni, con sogni e
progetti di vita, competenze artistiche e letterarie, confluiscono nella
grande voragine del lavoro “standardizzato”, in cui non c’è spazio per la
creatività ma si vive una sorta di modello prefissato, con schemi precisi da
rispettare ed alienazione totale della propria individualità. Resta inespressa
ogni capacità che va oltre la routine, provocando in chi vive la situazione un
enorme conflitto interiore.
I dottori della comunicazione devono imparare il nuovo linguaggio verbale,
pensando prima al fine che si vuole raggiungere e poi a quel che si deve
dire.
Generalmente inizia tutto con un corso sulla comunicazione durante il quale
insegnano come mettersi in relazione con gli altri ed entrare subito in
empatia.
“Empatia” , termine che indica l’esistenza di un rapporto confidenziale con
l’altro, in modo che l’interlocutore si senta a suo agio, si crei un clima
familiare e risponda alle domande che gli si pongono.
Dopodichè si passa a studiare l’aspetto tecnico del lavoro che può essere
una intervista, la vendita di un prodotto o la gestione del servizio clienti di
cui l’azienda si occupa.
Tra chiamate chiuse in faccia di gente stufa di ricevere telefonate e lunghe
chiacchierate con clienti che amano dare spiegazioni su ogni domanda, si
trascorrono
le
giornate
di
lavoro.
I
lavoratori
sono
costantemente
monitorati, i team leader ascoltano le telefonate e valutano le performance
di ognuno, dispensando consigli per migliorare. Nella maggior parte dei casi
si vive in un clima familiare, i responsabili cercano sempre di motivare a
lavorare meglio, ponendo obiettivi giornalieri.
Bisogna imparare ad ascoltare il cliente e a parlare nel modo in cui parla
l’altra persona per facilitare la comunicazione e renderla più efficiente ed
efficace.
La gestione delle telefonate, risulta sempre diversa perché la clientela è
molto eterogenea. Si passa dal professionista, sempre impegnato, ma
preciso e diretto, a chi, come ad esempio le persone anziane, tende a
raccontare tutto ciò che gli è successo nel corso della vita e, spesso, non
comprende le domande che gli si pongono.
Una particolarità di questo lavoro è data dalla condizione psicologica che si
vive sul posto di lavoro, perché, se si riesce a lavorare bene, si gode di una
motivazione maggiore, il morale si mantiene elevato e si lavora meglio. Al
contrario, se le telefonate vanno male, i clienti chiudono il telefono in faccia
in modo “poco ortodosso”, la condizione psicologica generale diventa
negativa e non si riesce a creare la tanto sospirata empatia. Dunque anche
se per il lavoro in sé c’è un forte disinteresse, riuscire negli obiettivi
assegnati porta un senso di benessere generale e di estrema positività.
Procedendo con la ricerca si è andati ad indagare sui pro e i contro dei
contratti utilizzati, rigorosamente appartenenti alla categoria degli atipici
(co.co.pro., contratti a termine). Tali contratti sono stati regolamentati al
fine di migliorare sia la condizione dei lavoratori, per l’estrema flessibilità
che li contraddistingue, sia quella delle imprese, che dovrebbero utilizzarli
per favorire l’inserimento in azienda. Tali condizioni non si verificano in
quanto i contratti atipici vengono mal adoperati dagli imprenditori che li
utilizzano a proprio vantaggio, impiegando una maggiore quantità di risorse
umane solo quando se ne ha la necessità, riducendo in questo modo i tempi
di impiego e la conseguente remunerazione dei lavoratori. Gli intervistati
hanno espresso parere negativo anche per quel che riguarda la tutela
sindacale, ritenuta scarsa o addirittura assente.
Complessivamente si è delineato un quadro abbastanza negativo della
situazione oggetto di ricerca ponendoci di fronte ad un interrogativo:
perché “scegliere” questo tipo di lavoro se i disagi si fanno sentire in
maniera esponenziale, le condizioni lavorative non sono delle migliori, il
grado di soddisfazione è minimo e non esiste una prospettiva futura?
Come già detto i lavoratori dei call-center sono per lo più insoddisfatti
perchè non realizzano le loro aspirazioni e i loro sogni, tuttavia si vedono
costretti a compiere una scelta forzata dovuta a fattori economici ed
esistenziali. Il lavoro nei call-center è divenuto ormai molto diffuso e
l’operatore call-center è una delle figure più ricercate a livello nazionale,
dunque sembra essere per molti il lavoro alternativa, il lavoro di cui
accontentarsi in assenza di altro anche se non rispondente alla proprie
aspirazioni.
Il lavoro è molto importante per un individuo, è caratterizzante per la sua
vita, non solo per il reddito, bensì per una questione di soddisfazione e
realizzazione personale. Questi elementi non potrebbero trovare attuazione
attraverso un lavoro che ti costringe, giornalmente, a vivere dietro una
maschera di estrema cortesia, numerosi sorrisi e costante pazienza,
necessari a gestire le innumerevoli telefonate che si ricevono nel contesto
lavorativo di forte precarietà ed alienazione.
I“DISCOUNT” DELLA PAROLA
Come già evidenziato le tipologie contrattuali utilizzate all’interno di queste
strutture sono per lo più atipiche, a progetto, a termine, di collaborazione,
mentre
solo
per
una
minoranza
si
riscontra
un
contratto
a
tempo
indeterminato.
La tipologia di retribuzione prevalentemente usata è quella fissa ed
ammonta intorno alle 600 € mensili. Il reddito percepito può essere
considerato una “nota dolente” di tutto il sistema in questione, infatti,
indagando più in profondità, tramite le interviste dirette, si è potuti
giungere al calcolo della retribuzione finale tramite 3 modalità.
 Nel primo caso, la paga è una vera e propria combinazione di fattori,
infatti,
dipende
da
una
media
quantitativa
e
qualitativa
delle
telefonate. Bisogna tenere sempre presente un tempo ottimale di
gestione della telefonata, prendere un totale di telefonate al giorno e
tenere in considerazione che la variabilità del guadagno dipende
anche dalle ore di lavoro effettuate, per le quali è stabilito un minimo
ed un massimo .
 Nel secondo caso, si parla di retribuzione fissa, comoda per certi
aspetti, ma vincolata comunque ad un numero di ore che non può
subire modifiche. Si tratta di una retribuzione non molto elevata, ma
che alla fine permette di sostenersi economicamente.
 Nel terzo è ultimo caso la retribuzione può anche venire a mancare in
un determinato mese, perché dipende dal numero di pratiche svolte,
per cui è sancito un minimo per poter accedere ad una paga. Questo
fattore
di
ampia
variabilità
provoca
un’accentuata
tensione
nei
lavoratori e naturalmente è fonte di gravi problemi economici. È
comunque impensabile dover lavorare un mese con la prospettiva che
il reddito possa variare da 0 a 600 €.
Soprannominati “discount della parola”, i call-center non assicurano un
buon tenore di vita se le condizioni economiche applicate sono le su citate,
in quanto manca la certezza del reddito mensile. Ad eccezione dei pochi
call-center seri, che hanno proceduto a fare delle regolari assunzioni, gli
altri costringono le persone che vi lavorano a non poter fare progetti
nemmeno di breve termine, perché fino al termine del mese non si sa la
reale disponibilità economica di cui si può godere.
Queste sono le ristrette condizioni in cui viviamo noi giovani del III
millennio. Noi, “figli della società del benessere”, siamo in realtà i “padri
della crisi” che grava sul mondo intero. Lasciando un attimo da parte il caso
call-center, ogni lavoro ormai presenta delle gravi problematiche, legate
alle tipologie contrattuali utilizzate, alla retribuzione, alla routinarietà, alla
mancanza di corrispondenza col titolo di studio posseduto e con le reali
competenze dei soggetti che lavorano. Tutto ciò aggravato dall’estrema
precarietà che caratterizza i nostri tempi. E si, perché nemmeno quel lavoro
tanto “criticato” rappresenta un posto fisso per noi, da un momento all’altro
ci potremmo ritrovare senza nemmeno quello e l’attuale disagio sarebbe
aggravato dalla frustrazione del non far nulla.
I RISCHI DEL MESTIERE…
Il lavoro nei call-center che apparentemente sembra essere un’attività alquanto
tranquilla e priva di particolari rischi per la persona, in realtà nasconde numerose
insidie non facilmente ricollegabili al tipo di attività svolta se non si è
adeguatamente informati. Essi sono legati al tipo di attrezzatura utilizzata, alla
postura assunta durante la lavorazione, alla condivisione della postazione di
lavoro, ai turni di lavoro, al continuo uso della voce e soprattutto a problemi di
stress.
Innanzitutto, l’utilizzo intensivo delle attrezzature tipiche del mestiere, ossia
videoterminale, cuffie, tastiera ecc… possono portare problemi di astenopia,
accompagnati da un insieme di problemi a carico dell’apparato muscoloscheletrico rappresentati da dolore, rigidità, tremori, crampi e fatica muscolare. La
ripetitività della posizione delle mani e delle braccia e la frequenza dei movimenti
nell’utilizzo di mouse e tastiera, sono considerati importanti fenomeni di rischio
per quanto riguarda possibili patologie come il tunnel carpale o tendiniti.
Problematiche si riscontrano agli arti inferiori, dovuti alla prolungata immobilità,
che si presentano sotto forma di facile affaticabilità e crampi muscolari localizzati
particolarmente ai polpacci. Tutto ciò è ricollegabile ai tipi di postazione lavorativa
dei call-center caratterizzati da una maggiore costrittività fisica e fissità posturale
legate alla presenza di cuffie o telefoni che limitano la mobilità dell’operatore.
Elemento caratterizzante l’attività dei call-center è costituito dall’uso delle cuffie
con
microfono
che
permettono
all’operatore
di
parlare
con
l’utente
e
contemporaneamente usare il terminale. Se l’introduzione delle cuffie ha ridotto il
rischio di disturbi alle spalle e al collo, legate all’utilizzo della cornetta e all’uso di
schiacciare la stessa tra testa e spalla, ha tuttavia accentuato i problemi relativi
ad una distorta percezione dei segnali acustici provenienti dall’esterno accentuato
particolarmente in quei soggetti con deficit uditivi di diversa natura.
L’organizzazione del lavoro a turni può comportare che la stessa postazione sia
occupata da lavoratori diversi. Una carenza di adattabilità, soprattutto del sedile
alle caratteristiche antropometriche dei singoli può comportare problemi posturali
anche rilevanti. Ulteriore problematica è quella relativa alla condivisione della
cuffia con l’eventuale rischio di trasmissione di patologie infettive tra gli addetti
che usufruiscono delle stesse attrezzature. Per ovviare a tale inconveniente
sarebbe consigliabile che ogni operatore avesse una cuffia personale, piuttosto
che la sanificazione della stessa, causa spesso di allergie e deterioramento dell’
attrezzatura.
Il lavoro a turni può determinare a lungo termine una maggiore prevalenza di
malattie a genesi psicosomatica, che si manifestano a carico dell’apparato
gastroenterico, del sistema neuropsichico e di quello cardiocircolatorio. E’
rilevante sottolineare come le turniste donne abbiano più frequentemente
irregolarità dei cicli e disturbi mestruali. Il turno notturno in particolare può
costituire una condizione di stress in quanto, attraverso la perturbazione del ciclo
sonno-veglia induce una modificazione delle condizioni psico-fisiche della persona,
che può avere effetti negativi sull’efficienza lavorativa, sullo stato di salute e sulle
condizioni di vita familiare e sociale.
La mansione del customer service richiede, inoltre, un prolungato uso della voce,
per il continuo colloquio con il cliente. Le fasi di lavoro prevedono un’alternanza di
colloquio con il cliente con attività di consultazione o di inserimento dati. Alcune
particolari situazioni ambientali possono rendere particolarmente critico l’impegno
vocale. L’uso prolungato della voce può portare a disfonia funzionale, fonastenia,
situazioni in cui lo sforzo sembra essere elemento determinante.
L’ultimo problema in cui si incorre, ma il più frequente, è dato dallo stress. La sua
peculiarità è quella di essere una reazione soggettiva aspecifica, ossia uguale di
fronte a stimoli diversi tra loro per la variabilità delle procedure e delle mansioni.
Lo stress nei luoghi di lavoro è il risultato di una serie di fattori tra cui quelli
frequentemente riscontrabili nelle attività di call-center sono:
 precarietà del lavoro e scarse possibilità di avanzamento professionale;
 numero di compiti troppo elevato per unità di tempo;
 costante controllo del lavoro svolto da parte dei supervisori;
 turni di lavoro e lavoro notturno;
 lavoro ripetitivo per molto tempo;
 scarsa consapevolezza del compito svolto;
 rumore ambientale eccessivo, che può rendere difficile la concentrazione, la
comunicazione con i colleghi oltre che interferire nei colloqui in cuffia;
 rapporti conflittuali con superiori e colleghi;
 insoddisfazione per la mancata realizzazione personale.
Manifestazioni associate a stress sono le più varie: stanchezza cronica,
affaticamento psicofisico associato ai più vari disturbi (cefalea, dolori muscolari,
ansia), patologie cutanee (eczemi, eruzioni cutanee), tachicardia, ipertensione
arteriosa e numerosi altri disturbi.
Si è notato che molti non percepiscono la natura dei rischi che corrono e che non
sono aggiornati sulle norme sulla sicurezza. Infatti, nei corsi ad hoc che le aziende
dovrebbero organizzare per i dipendenti, rilasciando quantomeno opuscoli
informativi, bisognerebbe spiegare come prevenirli adottando le giuste misure di
sicurezza. Purtroppo, nella maggior parte dei casi tali azioni non vengono
adempiute, compromettendo il buono stato di salute dei dipendenti ignari dei
rischi reali. I nostri intervistati hanno segnalato alcuni problemi ricorrenti, in
particolar modo il fattore stress, ma anche i disturbi visivi, uditivi e posturali, ma
erano completamente disinformati sulla normativa che li tutela da questo punto di
vista.
CONCLUSIONI
A questo punto ci si chiede chi sono i precari al Sud?
Purtroppo siamo noi tutti, giovani, con elevate qualifiche, conoscenze e
competenze, grandi ambizioni ed un futuro da costruire. Noi che svolgiamo
più lavori durante l’anno, di breve durata, e spesso mal pagati e sottoqualificanti, ma che comunque continuiamo ad inseguire i nostri sogni, che
non si limitano solo al lavoro ma lo eccedono.
In questo percorso ci si allena a non perdere mai la speranza di
realizzazione, accondiscendendo, a volte, anche a subire lavori e condizioni
indesiderabili, ma lasciando aperta la possibilità di “fuggire” verso attività
lavorative gratificanti.
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