LE LOTTE DEI LAVORATORI IN URSS Aspetti sconosciuti del movimento operaio nell’ex Unione Sovietica dal periodo staliniano all’epoca di Brežnev Introduzione I conflitti politici tra l’occidente ed i paesi del Patto di Varsavia, in primis l’Unione Sovietica, hanno determinato una situazione per cui le strutture sociali e politiche dei due sistemi sono diventati degli stereotipi nell’ “immaginario collettivo”. In generale nei paesi capitalisti occidentali si aveva (e si ha tutt’ora) una immagine dell’ex Unione Sovietica simile a quella rappresentata dal “Grande Fratello” nel romanzo di Orwell. Il cosiddetto totalitarismo sovietico veniva utilizzato dai governi occidentali come una sorta di spauracchio per i loro lavoratori ma allo stesso tempo costituiva un aspetto esaltante per il regime staliniano e per i suoi epigoni occidentali comprese le “masse popolari” che li seguivano come buoi al macello. Eppure nel Paese della Grande Menzogna1, in tutte le fasi che lo hanno caratterizzato, si sono verificate agitazioni, scioperi e rivolte di massa che stanno a dimostrare le difficoltà in cui vivevano i lavoratori sovietici “liberi” e coatti nelle fabbriche, nei campi e nelle colonie. Ormai il sistema sovietico è crollato miseramente quando il 7 Febbraio del 1990 il Comitato Centrale del Partito Comunista ha rassegnato definitivamente le dimissioni dal potere, senza che vi fosse stato alcun tipo di insurrezione, e alla fine del 1991 la struttura del paese si è dissolta miseramente come un castello di carte, ma è importante che una esperienza come quella non costituisca più una prospettiva per un futuro movimento operaio che inevitabilmente dovrà sorgere visto lo stato comatoso dell’economia moderna. In passato sono stati pubblicati numerosi saggi sulla storia dell’URSS2 secondo i più disparati punti di vista ma l’obiettivo di questa ricerca sta nel ripercorrere un viaggio nel passato con gli occhi dell’operaio sovietico, anonimo e indaffarato a sbarcare il lunario, che era praticamente all’oscuro delle battaglie politiche interne ai Comitati Centrali e delle varie “correnti” con leader impegnati a dirigere delle minoranze3 . Per questo motivo sono stati solo toccati alcuni periodi “cruciali” come 1 Ci si riferisce al libro di ANTE CILIGA, Nel paese della grande menzogna. URSS 1926-1935, prima edizione integrale a cura di Paolo Sensini, Jaca Book, Milano, 2007 nel quale l’autore afferma che:”La vita reale nell’URSS, le condizioni sociali che vi regnano provano che in questo paese è l’evoluzione inversa che ha trionfato, evoluzione che tende a consolidare la società sulla base di una nuova e tremenda oppressione e di una forma di sfruttamento rinnovata… Sicchè non esiste in nessun altro luogo al mondo contraddizione così flagrante tra la teoria ufficiale e la realtà sociale, tra le parole e gli atti. Ma l’ideologia ufficiale è la sola ammessa nell’URSS, per cui la vita politica e sociale è compenetrata dalla menzogna a un grado inaudito”. 2 Oltre all’ormai noto volume di LEV TROTZKY La rivoluzione tradita, Milano, AC Editoriale, 2000, utile per i neofiti, mi limiterò a citare i testi più importanti con un approccio critico come E. H. CARR, Le origini della pianificazione sovietica, 1926-1929: t. I, Agricoltura e industria (in collaborazione con R. W. Davies), trad. it., Einaudi, Torino, 1972 t. II, Lavoro, commercio, finanza (in collaborazione con R. W. Davies), trad. it., Einaudi, Torino, 1974 - t. III, Il partito e lo Stato, trad. it. Einaudi, Torino, 1978 - t. IV, L'Unione Sovietica, il Komintern e il mondo capitalistico, trad. it., Einaudi, Torino, 1978 - t. V, I partiti comunisti nel mondo capitalistico, trad. it., Einaudi, Torino, 1980. LUXEMBURG R. La rivoluzione russa. Un esame critico - la tragedia russa, Massari, Bolsena 2004 SERGE VICTOR Da Lenin a Stalin. 1917-1937.. cronaca di una rivoluzione tradita. Trad. di Sirio Di Giuliomaria. Roma, 1973, La Nuova Sinistra-Savelli SCHAPIRO LEONARD Storia del Partito comunista sovietico [traduzione a cura di Renato Gorgoni] Milano Schwarz, 1963. BORDIGA AMADEO. Russia e rivoluzione nella teoria marxista. Pref. di Giorgio Galli. Milano, 1975, Ed. Il Formichiere, CONQUEST R Il grande terrore. Gli anni in cui lo stalinismo sterminò milioni di persone, Rizzoli, Milano 1999 MOSHE LEWIN Economia e politica nella società sovietica : il dibattito economico nell'URSS da Bucharin alle riforme degli anni sessanta Roma Editori Riuniti, 1977. JACQUES SAPIR Il caos russo. Disordine economico, conflitti politici, decomposizione militare Asterios 1997. 3 Su queste tendenze e battaglie interne esiste una bibliografia infinita. LEONARD SCHAPIRO, Storia del Partito Comunista Sovietico Schwarz 1963; ALESSANDRA KOLLONTAI L'Opposizione operaia in Russia in "L'opposizione operaia da Kronstandt a Danzica (1921-1971) Ed Azione Comune Milano; BONGIOVANNI BRUNO "L'antistalinismo di sinistra e la natura sociale dell'URSS" Feltrinelli Milano 1975; JEAN BARROT La sinistra comunista in Germania La Salamandra, Milano 1981; M. BRINTON I bolscevichi e il controllo operaio Jaka Book Milano 1976; SINIGAGLIA 1 quello della guerra civile, ad opera di eserciti rivali totalmente distaccati dalla massa di diseredati che viveva in un clima allucinante, le carestie, come quella che ha colpito l’Ucraina nel 1932-334 e le vicende relative alla Seconda Guerra Mondiale5 che in seguito all’occupazione nazista hanno fatto vivere alla popolazione russa drammi che l’hanno segnata pesantemente. In Italia risultano pressoché sconosciuti i movimenti, le lotte e le agitazioni dei lavoratori russi in un periodo in cui l’Unione Sovietica veniva considerata da chiunque in condizioni di totale “pace sociale” sia dai critici del sistema “comunista” sia dai marxisti che militavano nelle formazioni più o meno ufficiali della sinistra parlamentare ed extraparlamentare. Persino le tendenze più critiche del sistema sovietico non erano a conoscenza di reazioni radicali da parte di quella classe operaia che “aveva preso il potere nel 1917” e si limitavano ad analizzare la società “comunista” come se fosse regolata dalle polemiche interne al partito bolscevico e dalle scelte di “politica economica” operate dallo stato. In realtà i sommovimenti sociali che hanno caratterizzato la storia “dal basso” dell’operaio sovietico avevano configurazioni particolari e molto diverse ma tutti esprimevano una reazione alle condizioni di vita in cui si dimenavano quotidianamente i lavoratori in quella che da tutti veniva considerata la “loro patria”. E’ importante però cercare di collocare l’ “altro movimento operaio” nell’ex URRS in un quadro economico ben preciso, cosa assai difficile da fare proprio per la carenza di dati oggettivi sullo stato di una economia che tutti si sforzavano di classificare ma che pochi hanno cercato di esplorare nelle sue caratteristiche ahimè molto simili a quelle dei paesi a capitalismo classico pur presentando una organizzazione economica e sociale di sostanziale arretratezza6. Non si tratta qui di esaltare la forma a capitalismo liberista nei confronti dell’economia statalizzata (anche se è vero in parte specie se si considera il processo di distribuzione dei beni) ma di vedere semplicemente con occhio attento i modi di produzione e di riproduzione in un sistema che da molti veniva considerato superiore o addirittura ambito dai lavoratori dei paesi occidentali. Tale ideologia ha comportato sacrifici inauditi per quei militanti impegnati nella lotta politica e molti di loro hanno perso addirittura la vita per aspirare ad un sistema che li avrebbe portati definitivamente alla rovina. Piuttosto che “un enigma avvolto da un mistero” il sistema sovietico si è manifestato come una vera e propria regressione mettendo così in discussione tutte quelle tesi che vedevano nell’economia dei paesi dell’est una sorta di capitalismo di stato come ultimo passaggio ad una forma economica superiore per l’intero pianeta. Le dissidenze comuniste si sono arrovellate per decenni nell’interpretare la struttura sovietica formulando tutta una serie di posizioni e definizioni che in realtà restavano alla superficie del problema sia per la totale mancanza di informazioni ma anche perché per le loro analisi utilizzavano le categorie tipiche di una sinistra inquinata dal peso della rivoluzione di Ottobre7. In effetti l’errore fatto da tutti i marxisti è sempre stato quello di intestardirsi nell’individuare lo strato ROBERTO Mjasnikov e la rivoluzione russa Jaka Book Milano 1973; AAVV Storia della Sinistra Comunista in Russia 1918-1938 in Rivista Internazionale organo della CCI n. 2 1977. GUIDO CACCIA L’altrocomunismo nella Rivoluzione russa Quaderni di Pagine Marxiste n. V 2007. 4 ANDREA GRAZIOSI Le carestie sovietiche del 1931-33 e il Holodomor ucraino. Storica, rivista quadrimestrale, n° 30, 2004 5 Per una conoscenza approfondita si consiglia BARBER JOHN e MARK HARRISON The Soviet Defence-Industry Complex from Stalin to Khrushchev Macmillan 2000. Boffa G. Storia dell'Unione Sovietica, parte II, Mondadori, 1979. RIGBY T H Il partito comunista sovietico 1917-76 Feltrinelli Milano 1977 6 GERSCHENKRON ALEXANDER Il problema storico dell'arretratezza economica. Torino, Einaudi, 1965 7 Per un esame delle teorie critiche sul sistema sovietico vedi BRUNO BONGIOVANNI, L'antistalinismo di sinistra e la natura sociale dell'URSS, Feltrinelli, Milano, 1975, MARCEL VAN DER LINDEN Western Marxism and the Soviet Union: A Survey of Critical Theories and Debates Since 1917 Haymarket Books April 2009 o l’articolo Il Marxismo occidentale e l’Unione Sovietica Il dibattito 1917-2006 in “Un Omaggio a Paul Mattick” H.H. TICKTIN Towards a political economy of the USSR' Critique No. 1, 1973 pp . 20-41 ; (1976) `The contradictions of Soviet society and Professor Bettelheim', Critique No. 6, pp . 17-45 ; (1978) `The class structure of the USSR and the elite', Critique No . 9, pp . 37-61 . ROSEMBERG A. Storia del bolscevismo Sansoni 1969. JEAN BARROT Communisme et question russe, Société encyclopédique française et Éditions de la Tête de Feuilles, Paris, 1972, BENVENUTI FRANCESCO, SILVIO PONS Il sistema di potere dello stalinismo Partito e Stato in URSS (1933-1953) F. Angeli 1988. ARTURO PEREGALLI Stalinismo Graphos Ed Genova 1994 con un'ottima bibliografia finale 2 sociale che in Unione Sovietica si appropriava del plusvalore prodotto mentre l’attenzione andava rivolta, come ci insegna Karl Marx, principalmente verso i rapporti di produzione. In generale il modo di produzione capitalistico si basa su un aumento incessante di pluslavoro che garantisce un plusvalore sempre crescente. Ora, i meccanismi che si possono generare perché tale pluslavoro venga realizzato, in condizioni di un processo produttivo senza innovazione tecnologica, sono sostanzialmente due: prolungando la giornata lavorativa oppure, avendo a disposizione forza lavoro in eccesso, moltiplicandola. In Unione Sovietica, una volta avviata l’accumulazione e rimanendo pressoché immutato il processo produttivo, si è ottenuto pluslavoro inizialmente con il prolungamento dell’orario di lavoro e in seguito con la costrizione ossia spostando, od obbligando, forza lavoro all’interno dei vari settori produttivi. Tutto ciò è noto a coloro che hanno studiato la dinamica della forza lavoro negli ex paesi socialisti ma pochissimi si sono addentrati nell’analizzare empiricamente la dinamica dell’economia sovietica e l’organizzazione della produzione nella patria del socialismo, indagini che ci possono permettere di collocare con una logica diversa le reazioni operaie nei vari periodi e così di liquidare, spero una volta per tutte, il mito del “socialismo in un paese solo”. 3 I Rapporti di produzione capitalisti in URSS La storia di ogni società sinora esistita è la storia di lotte di classi.[...] in una parola oppressori e oppressi sono sempre stati in contrasto fra di loro, hanno sostenuto un lotta ininterrotta, a volte nascosta, a volte palese: una lotta che finì sempre o con una trasformazione rivoluzionaria di tutta la società o con la rovina comune delle classi in lotta. Karl Marx. Plusvalore e Pianificazione La semplice eliminazione giuridica dei rapporti di proprietà si è rivelata totalmente ininfluente sul processo che ha portato alla accumulazione capitalista in Unione Sovietica, allo stesso tempo il termine marxiano “libera associazione dei produttori”, citato da Marx nella Critica al Programma di Gotha, non è mai stato utilizzato dal marxismo russo e non appartiene nemmeno al vocabolario del leninismo in quanto il concetto di associazione presuppone l’autoorganizzazione e non il controllo del partito sulle attività e sulla struttura sociale. Come sottolinea P.Chattopadhyay in un suo articolo, citando Marx,8: “Sappiamo che il capitale è «la separazione del lavoratore dalle condizioni della produzione». D’altra parte la proprietà (quasi) unica dei mezzi di produzione «che forma un solo capitale nazionale», come l’avrebbe chiamato Marx, lontano dall’aver eliminato la separazione funzionale tra le unità di produzione sovietiche ha piuttosto facilitato tra queste ultime gli scambi dei prodotti del lavoro che prendono la forma di valore e pertanto ha creato le condizioni essenziali della «concorrenza di capitali» nel senso di Marx”. L’arretratezza dell’economia russa, prima e dopo la rivoluzione del 1917, richiedeva quindi uno sviluppo rapido nonostante il paese si trovasse in una condizione piuttosto tragica. Infatti, come conferma Girsh Khanin,: “A partire dalla I Guerra Mondiale la popolazione ha continuato a subire pesanti perdite paragonabili a poche altre nella storia. Le stime parlano di 60 -70 milioni di persone (più del 40% della popolazione russa prima della rivoluzione) e furono colpiti più duramente gli strati più attivi e creativi”9, di conseguenza i lavoratori russi dovevano essere coinvolti a qualsiasi costo per poter avviare un processo di sviluppo fondato su una accumulazione primitiva a costo di stravolgere quelle che erano le aspirazioni operaie della fase rivoluzionaria. A tale proposito è indicativo quanto afferma Simon Pirani10 sul ruolo assunto dai manager comunisti negli anni venti: “I manager comunisti, che prendono via via il predominio immediatamente dopo la guerra civile, costituivano già uno degli strati attraverso i quali l’elite di Partito riusciva a mediare con la classe operaia. Gli storici, inclusi E.H. Carr e Diane Koenker11, hanno rilevato la rapida crescita di questi manager, i loro obiettivi fondamentali finalizzati ai metodi per far aumentare la produzione e la produttività, la facilità con la quale sono scivolati verso comportamenti anti-operai e l’opposizione provocata nei membri del Partito che consideravano la loro condotta come antisocialista”. Ciò sta ad indicare, indipendentemente dalle scelte politiche del partito12, che l’economia sovietica per poter sopperire ai gravissimi ritardi nello sviluppo rispetto 8 PARESH CHATTOPADHYAY La dinamica dell’economia sovietica alla luce dell’analisi marxiana dell’accumulazione di capitale in Plusvalore n 9 1991. Vedi inoltre NEIL C. FERNANDEZ Capitalism and class struggle in the USSR.: a Marxist theory Ashgate 1997. 9 G.I. KHANIN Lo sviluppo economico degli anni ottanta nell’Unione Sovietica in Appendice 10 SIMON PIRANI L’Elite di Partito, i dirigenti delle Industrie e le cellule: i primi stadi della formazione della classe dirigente sovietica a Mosca 1922-23 in “Un Omaggio a Paul Mattick” e in The Russian Revolution in Retreat, 192024: Soviet Workers and the New Communist Elite Routledge 2008. 11 E. H. CARR La morte di Lenin (l'interregno 1923-1924) 1° volume Einaudi Editore 1965; DIANE KOENKER Factory Tales Narrative of Industrial Relations in the Transition to NEP Russian Review 55 n 3 1996 12 Le scelte “politiche” venivano realizzate dal Sovnarkom (Consiglio dei commissari del popolo), istituito nel Novembre 1917 e presieduto da Lenin, attraverso la gestione amministrativa di tutti gli affari di stato. Una sua appendice era il Soviet Supremo dell'Economia Nazionale o Vesenkha , istituito nel dicembre 1917 e presieduto da Valerian Osinski, con il compito di controllare ed organizzare l’industria sovietica dopo le nazionalizzazioni. Esso era 4 alle economie occidentali doveva avviare un processo di accumulazione basato prevalentemente sull’aumento della produttività del lavoro. Di conseguenza, vista l’impossibilità di introdurre in breve tempo tecniche moderne in un processo produttivo arretrato e in condizioni di grave crisi economica, come quella del 1921-23, una crescita rapida doveva essere realizzata attraverso il progressivo utilizzo della forza lavoro disponibile. Nel 1926 venne quindi avviata la strategia dell’espansione basata sulla trasformazione in una vera e propria classe operaia dell’80% dei lavoratori russi allora occupati in un settore agricolo ancora primitivo; così i contadini, oltre a fornire i beni di sussistenza alla popolazione operaia già esistente, dovevano trasformarsi allo stesso tempo in salariati dell’industria sovietica. A tale proposito nel 1921 venne fondato il GOSPLAN13 con il compito di governare tale obiettivo e nel periodo che va dal 1929 al 1932 furono avviate riforme economiche che tendevano a reintrodurre l’uso del denaro sia come forma di sostegno, grazie alla riforma fiscale e del credito avviate nel 1930, sia come mezzo di scambio contro le materie prime. Ogni azienda divenne un ente indipendente, formalmente essa si trovava in piena autonomia finanziaria, possedeva dei fondi realizzati come percentuale sui profitti ricavati e poteva ottenere dei prestiti esclusivamente dalla Banca Statale (Gosbank) che andavano restituiti con gli interessi. Naturalmente ogni entità economica “sostenuta” doveva effettuare i pagamenti deducendoli dagli utili di bilancio e gli importi derivati dal saldo disponibile “in eccesso” rispetto alle esigenze dell’impresa non potevano superare il 10 %. Non c’è niente da fare, le categorie del denaro e del profitto sono “invarianti” nell’economia in quanto presenti in ogni forma di capitalismo. Tale trasformazione economica venne soprattutto realizzata, come è noto, attraverso la “collettivizzazione (forzata)” delle terre che passarono dall’1,7% del 1928 al 93% del 1937, mentre la produzione cerealicola raddoppiava tra il 1928 ed il 1931. Tra il 1926 e il 1939 24 milioni di contadini andarono ad ingrossare la popolazione operaia delle grandi città che nel giro di pochissimi anni passò dal 17% al 33% grazie al famoso “reclutamento organizzato dei lavoratori”. Inoltre con l’introduzione della “concorrenza socialista” venivano stimolati i lavoratori affinché realizzassero pienamente i compiti assegnati nel processo di produzione trasformandola, come afferma Shapir14, in un sostituto della “rivoluzione”. Il sistema Sovietico A fronte di un macchinario accresciuto e con una disponibilità di mano d’opera in eccesso, l’occupazione tra il 1928 ed il 1932 era più che raddoppiata passando dagli 11,4 ai 24,2 milioni, fino a raggiungere i 31 milioni nel 1940. “Un elevato saggio di accumulazione non può che mantenersi se non mediante il prolungamento del lavoro sociale, con una intensità del lavoro più alta accompagnata da una severa disciplina imposta ai lavoratori”15. Così nel 1929 venne introdotta suddiviso in due dipartimenti: uno per la finanza e la pianificazione ed un secondo, istituito nel 1926, che si occupava del settore industriale e i cui direttori erano noti come glavki (glavnye upravlenija). “I glavki avevano i loro organi subordinati a quartier generali o centri provinciali ‘ciò rappresentava chiaramente un passo ulteriore verso il controllo centralizzato di ogni branca dell’industria in tutto il paese da parte del suo glavk o centro a Mosca sotto l’autorità suprema della Vesenkha’… Era indiscutibile che il burocrate sovietico di questi primi anni era di solito un ex membro della intellighenzia borghese o della classe impiegatizia e portava con se molte delle tradizioni della vecchia burocrazia russa” MAURICE BRINTON 17-21 I Bolscevichi e il Contollo Operaio Jaca Book 1974. La Vesenkha venne eliminata nel 1932 anche per i numerosi episodi di corruzione dei glavki ma venne ristabilita nel 1957 da Nikita Chruščёv (vedi nota 68). 13 Il GOSPLAN (Commissione Statale di Pianificazione Generale) era una emanazione diretta del Partito Comunista Sovietico, fondato nel 1921, con il compito, a partire dal 1928, di governare l’economia attraverso dei Piani Quinquennali coordinando i 60 Ministeri governativi che a loro volta dovevamo stimolare la produzione attraverso la supervisione delle imprese e delle industrie rispettando le quote stabilite dal Piano. Tra il 1921 ed il 1923 venne presieduto da Gleb Kržižanovskij affiancato da Georgy (Yury) Leonidovich Piatakov, vicino a Trotsky, e condannato a morte nel 1937. A partire dal Febbraio 1931 il Gosplan venne subordinato al Sovnarkom. 14 JACQUES SAPIR Il caos russo. Disordine economico, conflitti politici, decomposizione militare Asterios 1997 15 PARESH CHATTOPADHYAY cit. 5 la settimana lavorativa continua (nepreryvka) con uno sfruttamento della forza lavoro distribuito nell’arco delle 24 ore ed una intensificazione dei ritmi basata sulla “emulazione socialista” che aveva fatto dello stakhanovismo16 (il lavoro a cottimo impregnato di ideologia socialista) 17 la sua dottrina, rivelatasi poi un fallimento18. Nelle fabbriche i ritmi di lavoro erano aumentati costantemente mentre i salari erano sempre insufficienti, è allora che fanno la comparsa gli udarniki, ossia "i lavoratori d'assalto", i cui risultati, ben remunerati, venivano presi come riferimento relativamente alle quote di produzione da raggiungere. Non bisogna poi tralasciare che i dati sulla giornata lavorativa non tengono conto dell’aumento costante delle ore di straordinario obbligatorie, spesso non pagate. Il movimento stackanovista in realtà incentivò molto gli accordi tra i direttori e gli operai per evitare le pressioni sui ritmi e sull’intensificazione del lavoro, che nessuno voleva, in quanto i risultati eccezionali conseguiti dagli stackanovisti mettevano in discussione le capacità manageriali dei direttori di impresa che potevano essere accusati di “sabotaggio”. L’ansia di “successo” degli stackanovisti portò anche a gravi squilibri nella produzione, ad un deterioramento della qualità delle merci, spesso seriamente difettose, mise a dura prova il macchinario, che si fermava in conseguenza della rottura dei suoi componenti, fece aumentare le fermate e gli incidenti ed impedì ulteriori incrementi nella innovazione tecnologica. A tale proposito è indicativo quanto accadde alle miniere di Kemerovo, nel bacino carbonifero del Kunzbas, dove morirono nel settembre del 1936 dieci minatori e quindici rimasero feriti in seguito alla esplosione avvenuta in un braccio della miniera causata dal grisou. A quel tempo nel complesso minerario incidenti di questo genere erano frequenti e veniva riscontrato anche dagli organi di stampa ufficiali nei quali veniva riferito che nelle miniere sovietiche erano utilizzati equipaggiamenti piuttosto modesti, venivano violate regolarmente le norme di sicurezza ed i minatori erano pressati perché aumentassero oltremodo la produttività. Per il grave incidente alla miniera di Kemerovo nel mese di Novembre ebbe luogo a Novosibirsk il processo contro 9 ingegneri e tecnici, definiti controrivoluzionari trotzkisti ed agenti fascisti, accusati di sabotaggio e di terrorismo contro il Governo Sovietico. L’atto di accusa venne poi allargato a Georgy Piatakov19 membro del C.C. del partito e ad altri dieci oppositori, per aver diretto tali azioni terroristiche. Il governo sovietico faceva così ricadere sugli oppositori le responsabilità di ogni disfunzione del sistema “socialista”20. Inoltre il lavoro a cottimo stakhanovista generò all’interno della classe operaia sovietica differenziazioni salariali tra un livello inferiore tipico di quei lavoratori che rispettavano bene o male le vecchie norme ed un livello superiore costituito da coloro che praticando il cottimo progressivo riuscivano ad ottenere paghe più elevate in conseguenza di un monte salari complessivo stabilito dal Piano21. 16 Ci si riferisce al famoso minatore Aleksei Stackanov che nel 1935 aveva stabilito nel bacino carbonifero del Donbass il record di carbone estratto in un turno di lavoro. Notizia riportata sulla Pravda del 5 settembre 1935. Molti osservatori ritengono che il mito di Stackanov venne creato ad arte dal Governo ed il suo record sarebbe avvolto da numerosi dubbi sulla sua realizzabilità. 17 In realtà il sistema del cottimo era stato avviato già nel 1925 come riferisce FRANCESCO BENVENUTI Stalinismo e Stachanovismo (settembre dicembre 1935) in Problemi del Socialismo n 17 1980 ora disponibile sul web. FRANCESCO BENVENUTI Fuoco sui sabotatori! Stachanovismo e organizzazione industriale in Urss 1934-1938", Levi, Roma, 1988 18 DONALD FILTZER Soviet Workers and Stalinist Industrialisation Pluto Press, London, 1986 19 Georgy (Yury) Leonidovich Pyatakov (1890–1937) fu un bolscevico della prima ora ed uno dei leader della Rivoluzione d’Ottobre nella città di Kiev. Fece parte della opposizione di sinistra interna al partito bolscevico, legata a Bucharin, che nel 1918 si batteva contro il trattato di pace con la Germania. Per le sue conoscenze in economia nel 1922 divenne un dirigente del Gosplan e nel 1923 membro a pieno titolo del Comitato Centrale del Partito Comunista dove si legò alla opposizione di sinistra vicina a Trotzky e per questo venne espulso dal partito nel 1927 ma venne reintegrato da Stalin nel 1929 per le sue competenze relative alla pianificazione e posto a capo della Gosbank. Nel 1936 venne arrestato con Karl Radek, condannato a morte e fucilato a seguito delle Grandi Purghe, nel 1937. 20 Vedi inoltre Nouvelle d’URSS supplemento a Que Faire? Janvier 1937 disponibile nel sito La Bataille Socialiste. 21 Francesco Benvenuti Stalinismo e Stakanovismo 6 Alexej Grigorevich Stakhanov Esisteva inoltre una piaga: i responsabili politici ammassavano di nascosto materiali e attrezzature necessari alle imprese così i complessi industriali entravano in concorrenza tra loro per la disponibilità di tali risorse ed erano costretti alla continua ricerca di quei beni che tra l’altro scarseggiavano in tutta l'Unione Sovietica. Questa carenza favorì la nascita degli "spacciatori" (Tolkachi) che, attraverso la corruzione, riuscivano a garantire alle imprese l’approvvigionamento22, ma quando la mancanza dei pezzi di ricambio divenne cronica, molte aziende furono costrette a dotarsi di un "proprio" impianto per la loro produzione che, in eccedenza, poteva assicurare ai direttori un profitto supplementare sul mercato sommerso con altre imprese (blat)23. Ulteriori guadagni per i dirigenti di partito, della GPU24 e per i direttori delle Kombinat25 venivano garantiti dall’affitto di intere aree di terreno annesse al complesso industriale che i contadini potevano coltivare in proprio producendo beni alimentari disponibili per il mercato nero con l’impresa stessa e sul territorio. Occorre poi sottolineare, con Donald Filtzer26, che la carenza di input necessari alla produzione e per di più di qualità scadente, trasporti piuttosto arretrati e l’insufficienza degli impianti industriali hanno caratterizzato non poco una crescita più che altro esaltata dagli stalinisti al governo e dai loro seguaci in occidente. Il mito della “pianificazione socialista” andrebbe quindi totalmente rivisto in quanto era un modo di produzione pieno di strozzature, che limitavano la realizzazione degli obiettivi e provocavano, sin dalle fasi iniziali, continue crisi, accresciute da un comportamento operaio caratterizzato frequentemente dalla estraneità27, se non di malcontento (volynka)28, e dalla 22 ALASTAIR MCAULEY Development Strategy, Welfare Regime and Poverty Reduction in the Former Soviet Union paper 2008 disponibile sul web. Tale pratica veniva tranquillamente tollerata dalle autorità per snellire le attività produttive. 23 Questo fenomeno veniva definito comunemente col termine di blat. Nell’Ottobre-Novembre 1922 venne inscenato un processo-spettacolo nella più grande cittadina tessile della Regione di Mosca, Orekhovo-Zuevo, a carico dei dirigenti del complesso tessile e dei commercianti che avevano tentato di frodare l’impresa. Vennero comminate tredici sentenze di morte tanto che per definire la corruzione dei dirigenti locali venne coniato il termine (Orekhovozuevismo). (orekhovozuevshchina). SIMON PIRANI op.cit. 24 GPU Gosudarstvennoe Političeskoe Upravlenie Direzione Politica di Stato. 25 Il Kombinat era un agglomerato di imprese organizzate in modo tale che gli output di una siano gli input di altre. Tutte le imprese venivano rifornite da una centrale elettrica e allo stesso tempo costituivano con i loro quadri e direttori un `blocco' socio-economico che provvedeva a difendere il loro posto nel sistema. Questi `blocchi' si confrontavano gli uni contro gli altri a tutti i livelli; nei `negoziati ' (vere e proprie `contrattazioni ') fra i ministeri e i dipartimenti del Gosplan o nei rapporti quotidiani con le imprese di altri kombinat. 26 DONALD FILTZER op.cit. 27 DONALD FILTZER Labor Discipline, the Use of Work Time, and the decline of the Soviet System, 1928-1991 disponibile sul web. 28 Nelle fabbriche veniva usato spesso tra gli operai il termine volynka per esortare ad “andare piano” come forma di protesta contro l’autoritarismo . JONATHAN AVES, Workers Against Lenin I.B.Tauris, 1996. 7 inadeguatezza del management d’impresa che il più delle volte non riusciva a rispettare il piano. Spesso venivano poi riprodotte a livello locale le carenze ed i limiti della direzione centrale, cosa che metteva in gravi condizioni i direttori per le insufficienze nella distribuzione degli input spingendoli a sottostimare regolarmente la capacità produttiva delle loro imprese e a sovrastimare le necessità degli input stessi. Infatti l’inefficienza del sistema dei glavki nel riportare ed organizzare le direttive economiche del Soviet Supremo dell'Economia Nazionale, spesso caotiche e caratterizzate dalla totale misconoscenza dei problemi29, obbligava le imprese ad organizzarsi a livello locale per procurarsi con ogni mezzo materie prime o semilavorati che i glavki non riuscivano a garantire. Silvana Malle riporta che “la conseguenza più evidente…era che non veniva assicurata l’allocazione delle risorse provenienti dal centro e la distribuzione dell’output a seconda delle priorità… i materiali venivano consegnati alle fabbriche in proporzioni arbitrarie ed in alcuni casi venivano accumulati in eccesso mentre in altri vi era carenza, Inoltre la lungaggine delle procedure necessarie per ottenere i prodotti ne fece aumentare la scarsità in certi periodi. L’inefficienza delle strutture centralizzate creò seri problemi alle attività economiche locali 30. Secondo i rapporti ufficiali però “in alcune fabbriche la produzione raddoppiò o triplicò nei primi mesi del 1918 e molti di questi rapporti accreditano apertamente tali successi al comitato di fabbrica“31. Significativo il fatto che di fronte a tale disordine l’Armata Rossa aveva commissionato a particolari fabbriche la produzione di equipaggiamenti scavalcando il sistema glavk obbligando così i bolscevichi a garantire all’esercito approvvigionamenti adeguati a fronte di una disorganizzazione ed una miseria generalizzati32. Per sopperire al caos della “pianificazione” venne stimolata una continua domanda di forza lavoro che, con l’esaurirsi dell’esercito industriale di riserva sin dai primi anni 30, portò, come abbiamo visto, alla “collettivizzazione forzata”. Vladimir Sirotin33 rileva poi che nel 1934 si assiste anche ad un certo indebolimento delle leve di comando centrale sull’economia sovietica. Infatti con l’aumento della differenziazione sociale e con l’inasprimento della repressione vennero concessi alcuni diritti agli imprenditori favorendo la profittabilità affinchè lo stato potesse ricavarne dei benefici attraverso la tassazione. Con la metà degli anni 30 venne fatto poi uno sforzo "per organizzare la produzione e lo scambio tra le imprese di Stato sui principi di un'economia competitiva, sulla base di interessi personali e della redditività”34, anche se nel decennio successivo le leve di comando sull’economia tornarono nelle mani dello Stato. Nel 1928 l’industria sovietica era prevalentemente concentrata nelle regioni europee ma dal 1933 assistiamo al progressivo spostamento degli investimenti verso le nuove aree di sviluppo del Caucaso e degli Urali. Infatti la centralizzazione pianificata aveva favorito, ai fini di un controllo più efficace, la tendenza verso la realizzazione di grandi centri industriali disseminati per il paese e molti al di là degli Urali dove veniva usata anche la forza lavoro proveniente dalla deportazione concentrazionaria. Nella tabella 1 riportiamo la composizione di classe in termini percentuali relativa alla popolazione in Unione Sovietica in vari anni35: 29 WILLIAM G. ROSENBERG, Russian Labour and Bolshevik Power, Slavic Review Vol. 44, No. 2. (Summer, 1985) disponibile nel sito lib.com. 30 SILVANA MALLE, The Economic Organisation of War Communism, 1918-1921 Cambridge University Press 2002 31 CARMEN SIRIANNI, Workers' Control and Socialist Democracy Verso 1987. 32 SILVANA MALLE op.cit. In tal modo si ponevano le basi per la nascita di un Complesso Militare Industriale. 33 VLADIMIR SIROTIN Alcuni fatti poco conosciuti della Storia dell'economia sovietica disponibile in russo sul web. 34 VLADIMIR SIROTIN op. cit. 35 GEOFFREY A. HOSKING The first socialist society: a history of the Soviet Union from within Harvard University Press 1992. 8 Tabella 1 1913 1924 1928 1939 1959 1970 1979 1987 Operai Contadini individuali Contadini nelle Collettività Impiegati Borghesia e Latifondisti 14,6 10,4 12,4 33,7 50,2 56,4 60,0 61,8 66,7 75,4 74,9 2,6 0,3 - 1,3 2,9 47,2 31,4 20,5 14,9 12,0 2,4 4,4 5,2 16,5 18,1 22,1 25,1 26,2 16,3 8,5 4,6 - Fonte: Naselenie SSSR, Moskow: Politizdat, 1980, pag 143. Narodnoe Khozyaistvo SSSR za 70 let, Moskow: Finansy i Statistika, 1987, pag 12. Vennero anche stabilite norme ferree sulla disciplina del lavoro volte alla militarizzazione degli operai, e sostenute dai sindacati ufficiali, attraverso sanzioni penali contro l’assenteismo e le soluzioni delle controversie direttamente sul posto di lavoro, con la spada di Damocle dell’accusa di sabotaggio anti-socialista che gravava sugli operai, ricattabili anche creando difficoltà nell’avere o mantenere l’assegnazione dell’alloggio aziendale. Nel dicembre del 1938 venne poi introdotto il libretto di lavoro, una vera e propria schedatura che impediva ad ogni lavoratore di operare una libera scelta sulla sua occupazione, utilizzabile come documentazione a disposizione della direzione per ogni tipo di sanzione. A partire dal dicembre 1932 per potersi spostare all’interno dell’Unione Sovietica era necessario il passaporto e le difficoltà nell’ottenere il visto obbligavano gli operai a rimanere nello stesso posto di lavoro; alcune città, come Mosca, Leningrado, Kiev, Odessa, Minsk, Kharkov, Rostov, Vladivostok, vennero addirittura dichiarate “chiuse”. La disciplina nelle fabbriche veniva garantita inizialmente dai direttori che potevano tranquillamente comminare misure disciplinari: dalla semplice “reprimenda” al trasferimento a mansioni sottopagate fino al licenziamento. Il sindacato aziendale, che nel 1934 era passato direttamente alle dipendenze del Ministero dell’Economia, poteva poi istituire, all’occorrenza, una sorta di “tribunale dei compagni” che arrivava ad isolare gli elementi più “indesiderati” attraverso una pubblica “condanna”, secondo lo stile del “centralismo democratico”, ed invitare la direzione ad applicare i provvedimenti che le competevano. Tra il 1938 ed il 1940 vennero poi introdotti per decreto dei provvedimenti che contemplavano persino la deportazione nei confronti dell’operaio che arrivava ripetutamente in ritardo di 20 minuti o che risultava ubriaco sul posto di lavoro. Secondo John Barber e Mark Harrison a partire dal 1940 ogni anno venivano perseguitati in media un milione di lavoratori accusati di assenteismo e 200 mila per aver abbandonato illegalmente il posto di lavoro ma vennero poi amnistiati nel 194436 Negli anni 50 venne istituita in ogni fabbrica la cosiddetta Pervoi otdel (Prima Sezione), legata direttamente al KGB37, con il compito di segnalare ogni “operaio ideologicamente indesiderabile” o che avesse partecipato ad attività “dissidenti” anche senza alcuna violazione delle leggi. Tutte queste misure adottate dal Governo Centrale dovevano sopperire alle carenze di produttività spesso determinate come abbiamo visto da una sorta di “accordo” tra la direzione della fabbrica e gli operai che, in una condizione di “pieno impiego”, lavoravano male, autoriducendosi i ritmi o 36 JOHN BARBER; MARK HARRISON, The Soviet Home Front, 1941-1945: A Social and Economic History of the USSR in World War II (London, 1991). Social and Economic History of the USSR in World War II (London, 199 37 KGB Komitet Gosudarstvennoj Bezopasnosti Comitato per la Sicurezza dello Stato, attivo dal 1953. 9 interrompendo le attività con ogni scusa possibile, e spesso si assentavano dal lavoro.38 Nel solo 1940 dei 3,3 milioni di casi giudicati dal Tribunale del Popolo, che riguardavano gli operai, 2,1 milioni vennero sentenziati per scarso rendimento o per abbandono ingiustificato del posto di lavoro con la condanna a sei mesi di lavoro coatto a salario ridotto del 25%, mentre 322 mila furono i lavoratori mandati in carcere dai due ai quattro mesi. Nel 1949 vennero giudicati per “comportamento criminale” quasi quattro milioni di operai 39. L’accumulazione socialista Nel 1928, come riferisce Robert C Allen40, l’Unione Sovietica aveva uno stock di capitale fisso piuttosto modesto, ma col primo piano quinquennale (1928-1932) gli investimenti in capitale fisso passarono dall’8% del 1928 al 20% con la metà degli anni 30, grazie anche alle importazioni, e continuarono a crescere fino alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale41. In definitiva risulta evidente una poderosa accumulazione di capitale nel corso dei primi tre piani quinquennali nonostante le svalutazioni subite dal rublo in tutto il periodo. 38 ADRIAN KARATNYCKY/ ALEXANDER MOTYL/ ADOLPH STURMTHAL Worker's Rights, East and West: A Comparative Study of Trade Union and Workers Rights in Western Democracies and Eastern Europe Transaction Pub 1980. 39 ANDREI SOKOLOV “Forced Labor in Soviet Industry: The End of the 1930s to the Mid-1950s” in PAUL R. GREGORY AND VALERY LAZAREV, editors, The Economics of Forced Labor: The Soviet Gulag Stanford, CA: Hoover Institution Press, 2003. 40 ROBERT C. ALLEN The Rise and Decline of the Soviet Economy The Canadian Journal of Economics / Revue canadienne d'Economique, Vol. 34, No. 4. Nov. 2001. 41 Tra il 1926-27 ed 1931 l’importazione di macchinari e beni per l’industria crebbero del 243%. PARESH CHATTOPADHYAY The Marxian Concepì of Capital and the Soviet Experience Praeger Publisher 1994 disponibile sul web. 10 Nella tabella 2 possiamo osservare che gli incrementi percentuali relativi alla produzione di mezzi di produzione in URSS dal 1928 al 1973 mostrano aumenti considerevoli tra il 1928 ed il 1940 ma sempre più modesti a partire dagli anni 60 comunque decisamente superiori alla produzione di beni di consumo. Tabella 2 Incrementi percentuali nella produzione di capitale fisso rispetto alla produzione totale 1928 1940 1960 1970 1973 35.1 % 61.2 % 72.5 % 73.4 % 74.0 % Narodnoe Khoziastvo SSSR, 1922-1972, 1972, p.130; CMEA, Statistical Ezhegodnik, 1974 p 71. Occorre però far notare che secondo i criteri con cui venivano selezionati in Unione Sovietica i dati statistici i valori relativi ai “mezzi di produzione” comprendevano anche alcuni beni di consumo, come le auto, dando luogo ad una sovrastima42. Secondo i dati presentati da Chattopadhyay a partire dalla metà degli anni 60 gli investimenti fissi nella produzione subirono un andamento declinante rappresentato dalla Tabella 3, mentre le stime di Khanin riportano un aumento medio degli investimenti tra il 1961 ed il 1985 pari all’1,59%. Tabella 3 Saggi medi di crescita degli investimenti nel settore della produzione (1961-1985) in % 1961-65 1966-70 1971-75 1976-80 1981-85 6,2 % 7,5 % 7,0 % 3.4 % 3,6 % Dai dati riportati in PARESH.CHATTOPADHYAY cit Per quanto riguarda le innovazioni tecnologiche nel processo produttivo occorre premettere che nella fase tra il 1928 ed il 1932 gli investimenti lordi, come abbiamo visto, raddoppiarono43 per poi diminuire l’anno successivo mentre nel 1935 e nel 1940 tornarono ad aumentare anche perché l’URSS importò mezzi di produzione dai paesi occidentali esportando in questi le materie prime. Ma in realtà solo un quarto delle industrie sovietiche beneficiarono di tali innovazioni, i restanti tre quarti utilizzavano macchinari piuttosto arretrati sopravvissuti alla devastazione del periodo della guerra civile o di qualità scadente prodotti all’interno. Nonostante ciò assistiamo ad una crescita veramente imponente nella produzione di risorse naturali come riporta la seguente tabella 4 Tabella 4 Crescita della produzione delle risorse naturali 1928-1940 Elettricità (milioni di Kwh) 1928 5,0 !932 13,5 42 1937 36,2 1940 48,3 Sul problema dei criteri organizzativi per le rilevazioni statistiche nell’ex Unione Sovietica e le distorsioni causate da una pressante ingerenza “politica” è interessante MARTINE MESPOULET Statistique et révolution en Russie. Un compromis impossible (1880-1930). Rennes, Presses Universitaires de Rennes, 2001 (Vedi nota 79). 43 Nel 1932 l’Unione Sovietica acquistò il 90% dei macchinari esportati dall’Inghilterra. La maggior parte del macchinario industriale proveniva dall’Europa e in quell’anno vennero importate macchine utensili per 338 milioni di rubli che rappresentavano il 78% di tutte le macchine utensili installate. 11 Carbone (milioni di tonn) Petrolio (milioni di tonn) Gas (milioni di tonn) Minerali di ferro (idem) 3,3 11,6 0,3 6,1 6,2 21,4 1,0 12,1 14,5 28,3 2,2 27,8 14,9 31,1 3,2 29,9 Fonte Narkhoz 1922-1972 pp 136 presente in Chattopadhyay (cit.) Risorse che venivano sfruttate nelle nuove 1500 Kombinat progettate nel primo piano quinquennale, come gli impianti chimici di Dneprogres, l’altoforno di Magnitogorsk,44 il più grande d’Europa costruito grazie al contributo di Arthur G. McKee e della Company of Cleveland, quello di Oural-Kuznetsk45, edificato grazie alla supervisione della americana Freyn Company, e di Zaporozhye in Ucraina, il complesso minerario del Kunbass, le fabbriche di automobili di Mosca46, di Gorky47, quelle di macchinari pesanti degli Urali e di Kramatorsk, quelle di trattori a Kharkov, Stalingrado e Cheliabinsk e l’impianto di macchinari agricoli di Rostov. In tali complessi giganteschi veniva sfruttata una classe operaia che passò dai 2,5 milioni del 1927 agli 8 milioni nel 1932, ai 10,1 del 1937 per raggiungere gli 11 milioni nel 1940 e in molte di queste kombinat lavoravano ingegneri e dirigenti americani o tedeschi48 come John Calder a Magnitogorsk e a Cheliabinsk49. Nonostante tutto ciò non si assiste ad un aumento rilevante della produttività contrariamente a quanto viene sostenuto comunemente; ad esempio la capacità produttiva del complesso mastodontico di Magnitogorsk era al 45% senza sottovalutare che il 25% della mano d’opera era stata trasferita a forza ed il 15% degli operai erano deportati provenienti dai Gulag50. Ferruccio Gambino, riferendosi agli esperimenti relativi all’applicazione del lavoro parcellizzato in Unione Sovietica per incrementare la produttività nei primi due piani quinquennali, afferma che “alla catena di montaggio dello stabilimento automobilistico di Gorky, grazie anche all'apporto dei tecnici della Ford, si mantenne un livello di produttività di circa il 50% inferiore a quello delle fabbriche statunitensi della Ford”51. La ripresa seguita alla II Guerra Mondiale è stata sostanzialmente determinata dalla “ricostruzione”, come in altri paesi occidentali, visto che dopo la Polonia l’Unione Sovietica è stata la nazione più devastata dal conflitto con la distruzione di 35 mila impianti industriali, 98 mila fattorie collettive, 6 milioni di edifici, tra i quali 40 mila ospedali ed il 40% delle abitazioni delle città, inoltre venne distrutto quasi il 40% delle linee ferroviarie. Nel 1945 il settore minerario e metallurgico era stato ridotto al 40% rispetto ai livelli del 1940 mentre la produzione di beni alimentari era al 60%. La ripresa dell’economia, come vedremo, durò fino al 1960 ma senza sostanziali benefici per la classe lavoratrice e molti osservatori la paragonano ad uno sviluppo tipico dei paesi del terzo mondo: l’Unione Sovietica continuava a fatica la trasformazione da paese prevalentemente agricolo ad una forma economica “più moderna”. 52 44 J.SHAPIR L’industrialisation en Union Sovietique Comunications, vol 42. N° 1 ; 1985 JEAN-PAUL DEPRETTO Les Ouvriers en URSS, 1928-1941 Publications de la Sorbonne, Institut d'études slaves, Paris 1997. STEPHEN KOTKIN Magnetic Mountain: Stalinism as a Civilization, University of California Press, 1995. 46 Nel 1930 venne fondata a Mosca la "KIM" (ovvero l'attuale AZLK-Moskvitch; la sigla AZLK sta per "Avtomobilny Zavod imeni Leninskogo Komsomola", in italiano "Fabbrica Automobili della Gioventù Leninista" 47 Con la GAZ (Gorkovsky Avtomobilny Zavod, (Fabbrica Automobili di Gorkyi) fondata nei primi anni '30 che era la seconda fabbrica russa in termini di produzione, 48 Nel 1931 venivano utilizzati in unione Sovietica 2000 “specialisti” nel settore estrattivo del carbone, dei quali l’80% erano tedeschi, che nel 1932 erano saliti a 6800 di cui 1700 erano americani. 49 Per il suo lavoro John Calder ricevette l’Ordine di Lenin. 50 Gulag è l’acronimo di Glavnoe Upravlenie Lagerei (Amministrazione Centrale dei Campi). 51 FERRUCCIO GAMBINO Critica del fordismo della scuola regolazionista, in Eugenia Parise (a cura di), Stato Nazionale, lavoro e moneta, Napoli, Liguori, 1997, pp. 215-240. La Ford produsse nel 1932 il Modello B e ne venne realizzata una versione su licenza in URSS alla Gaz. 52 ROBERT C. ALLEN Farm to Factory:A Reinterpretation of the Soviet Industrial Revolution Princeton University Press 2003. 45 12 L’edificazione del complesso di Magnitogorsk I Salari dell’operaio sovietico Da una indagine effettuata nel 1924 risultava che 80 mila dirigenti statali ammettevano di percepire un reddito nettamente superiore al tetto di cinque volte il salario operaio imposto dal governo nel 1920, 15 mila dichiararono di ricevere 15 volte il minimo stabilito e 1500 addirittura 30 volte53. Nel 1927 le entrate medie dei due milioni e mezzo di operai delle industrie e delle miniere corrispondevano a 62,2 rubli mensili, mentre il salario medio dei lavoratori era di 65,3 rubli, una condizione migliore rispetto al quinquennio precedente ma non molto dissimile dalle entrate del periodo antecedente la rivoluzione. Il livello dei salari non seguiva le cifre positive dello sviluppo, infatti in tutto il periodo cha va dalla fine degli anni 20 alla metà degli anni 50 i salari reali diminuirono. Agli inizi degli anni 30, con la fase della industrializzazione, i salari subirono un declino del 30-40%, ad esempio nel 1937 i salari reali, inclusi i benefit dello stato sociale, erano pari al 60-80% di quelli del 192854 e con una 53 SIMON PIRANI Notes from a Revolution Dying Against the Current n° 134, May-June 2008. A Mosca nel 1937 il salario degli operai variava dagli 80 ai 400 vecchi rubli mentre funzionari, cattedratici ed artisti percepivano dai 1500 ai 10.000 rubli mensili e certi appartenenti alla elite arrivavano a guadagnare mensilmente dai 20 ai 30 mila rubli. Sul salario occorre precisare che vi erano un numero considerevole di deduzioni come la trattenuta fissa che andava dallo 0,7 al 3,3 % per entrate superiori a 150 rubli, l’imposta detta “culturale” per teatri, biblioteche 54 13 trattenuta complessiva che raggiungeva il 30% destinata allo Stato Sociale ma del quale non è mai esistito un budget ufficiale eccetto quello pubblicato sulla Izviestia del 9 Luglio 1935 che era pari a sei miliardi di rubli mentre il prelievo operato sui salari quell’anno ammontava a dodici miliardi di rubli.55 Con il periodo bellico assistiamo ad un crollo dei redditi spaventoso infatti, come si nota dalla successiva tabella 7, alla fine della Guerra il livello delle retribuzioni (1948) era nettamente inferiore a quello del 194056, mentre con la ripresa del 1950 non erano più elevati del 1928; tra l’altro, secondo le stime di Khanin, tra il 1928 ed il 1934 l’inflazione media era aumentata del 18,5% rispetto all’8,8% delle stime ufficiali. Khanin inoltre suggerisce un ulteriore 8,9% di inflazione “occulta”, infatti i prezzi venivano stabiliti dall’alto ma tra le diverse imprese collegate tra loro esisteva una sorta di mercato orizzontale. L’aumento del costo della vita, i due terzi del salario era destinato all’acquisto di beni alimentari, favorì l’ingresso delle donne nel processo produttivo per poter integrare il reddito familiare, così la forza lavoro femminile, che nel 1928-32 costituiva il 27% della popolazione lavorativa, nel 1940 salì al 39%. Victor Serge 57 riporta che la struttura militare sovietica venne ristrutturata nel 1935 sulla base dei nuovi privilegi riemersi nella società, infatti i salari potevano variare dai 70 rubli mensili di una operaia ai 1000-10.000 rubli per gli alti funzionari di partito e per gli spetsy58 fino ad arrivare ai milioni di rubli percepiti dai pittori, poeti e romanzieri che si trastullavano al culmine di questa piramide spaventosa. Il collaboratore di un Istituto scientifico prendeva dai 300 ai 400 rubli mensili ma poteva lavorare in due o tre istituti raggiungendo così i 1200 rubli. Un giornalista riusciva a portare a casa 250 rubli ma se collaborava ad altre pubblicazioni poteva triplicare il suo reddito mensile. Il direttore di una fabbrica poteva percepire dai 500 ai 1500 rubli ma riusciva a garantirsi un premio per aver raggiunto gli obiettivi del piano (senza contare le entrate “nascoste”). Ufficialmente, il direttore della società che aveva superato il piano del 10%, poteva aggiudicarsi, a seconda dello stipendio, fino al 70% dei premi. Inoltre Serge aggiunge che “I funzionari di partito ed i leader comunisti potevano ricevere in dono vestiti di ottima fattura, il partito garantiva poi alloggi nei migliori quartieri costruiti appositamente per loro e ricevevano gratis, o a prezzi irrisori, benefit per le stazioni balneari del Caucaso e della Crimea”59. Simon Pirani, rifacendosi ad un rapporto ufficiale del partito, riporta che nel 1923 Aleksei Gurevich, dirigente nazionale del sindacato metallurgici, percepiva un’entrata pari a 12 volte il minimo salariale ed il comunista ungherese Bela Kun, in esilio a Mosca, aveva salario a dir poco vergognoso pari a 25 volte il minimo60. In Unione Sovietica i livelli salariali tra gli operai comuni nel 1923 erano distinti in base alla anzianità, ma tutte le categorie lavorative erano distribuite su 17 livelli. Comunque esistevano sostanzialmente solo due fasce retributive base: quella più bassa percepita dagli operai occupati nelle imprese più “tradizionali”, ossia i lavoratori manuali e non specializzati e quella degli ingegneri e tecnici delle stesse imprese61. Vi erano poi differenziali salariali tra i lavoratori dei piccoli centri e delle campagne rispetto a quelli delle grandi città (un operaio moscovita percepiva un salario 35 volte superiore a quello di un operaio di un piccolo centro) e delle grandi kombinat ecc dallo 0,8 al 2%, la quota sindacale (l’iscrizione era obbligatoria) dallo 0,93 al 2,8%, il “prestito” allo stato (teoricamente libero ma praticamente obbligatorio) del 10%, la quota destinata a Società ed opere diverse (di fatto obbligatoria) pari all’1% del salario. A queste imposte dirette bisogna aggiungere le imposte indirette sul tabacco, l’alcool ecc. 55 M. YVON Ce qu’est devenue la Révolution Russe La Révolution Proletarienne 1936. disponibile sul sito la Bataille Socialiste. 56 JANET G. CHAPMAN Real Wages in Soviet Russia since 1928 Cambridge-Mass: Harvard University Press 1963. 57 VICTOR SERGE Russia twenty years after Humanities Press, New Jersey 1996. 58 Molte fabbriche erano nelle mani degli spetsy (Specialisti) ossia dei vecchi direttori che le dirigevano prima della rivoluzione vedi SIMON PIRANI op.cit. Inoltre dal censimento del 1926 si rileva che il numero di amministratori statali, i direttori e gli spetsy ammontavano a 500 mila a fronte di una popolazione lavorativa di 86,2 milioni. 59 VICTOR SERGE op.cit. 60 SIMON PIRANI L’Elite di Partito, i dirigenti delle Industrie e le cellule: i primi stadi della formazione della classe dirigente sovietica a Mosca 1922-23. 61 ABRAM BERGSON The structure of soviet wages: a study in socialist economics Harvard economic studies Volume 76 Harvard University Press, 1944. Disponibile sul web. 14 fulcro della realizzazione del Piano. I contadini occupati nelle aziende collettive ricevevano il salario, o il corrispettivo in beni, solo dopo il raccolto e dopo il saldo dei finanziamenti ricevuti dalla cooperativa agricola, ciò giustifica lo spostamento massiccio dei lavoratori agricoli dai Kolkoz ai Sovkoz62 dove ricevevano un salario fisso simile a quello degli operai delle kombinat che negli anni 70 oscillava tra i 70 e gli 85 rubli mensili. Non andava meglio per gli impiegati negli uffici che percepivano un salario molto vicino a quello degli operai, ma naturalmente erano molti i lavoratori che ambivano a questo tipo di occupazione per le migliori condizioni di lavoro. Nel 1933 il governo sovietico emanò un decreto che regolava le norme sul salario e sulla produzione secondo le quali lo stipendio di un operaio veniva determinato dalla quantità e qualità della produzione richiesta senza alcuna garanzia di un salario minimo che venne introdotto solo nel 1957 e corrispondeva a 30 rubli mensili, ma in seguito aumentò gradatamente. Sulla base dei dati ufficiali e da quelli provenienti dai circoli dissidenti, come abbiamo visto, risulta che il salario medio di un operaio delle industrie russe precedentemente il Primo Conflitto Mondiale era pari a 60-70 rubli mensili. Mac Auley, utilizzando i dati ufficiali degli analisti sovietici, riporta che nel 1956 le entrate medie dei lavoratori sovietici ammontavano a 62,2 rubli (nuovi) e nel 1958 veniva rilevato che la soglia minima di povertà era determinata da una entrata mensile di 30 rubli che veniva percepita dal 32% dei lavoratori statali non agricoli63. Alla metà degli anni 60 il reddito operaio era di 120-140 rubli (il doppio) ma i prezzi erano cresciuti rispetto a quel periodo di 5 o 6 volte il che implica un salario reale due o tre volte più basso rispetto al periodo che precede la rivoluzione.. Le giornate di lavoro, nonostante l’introduzione della settimana di cinque giorni, risultavano maggiori (252) del periodo zarista in quanto le festività vennero ridotte ad otto rispetto alle numerose feste religiose che riducevano il numero di giornate di lavoro a 237 e di conseguenza la settimana lavorativa era di quattro giorni e mezzo. Se dividiamo il salario medio di 150 rubli sovietici e i 70 rubli zaristi per il numero di giornate lavorative mensili (21 gg in URSS e 19,75 nella Russia zarista) otteniamo un salario giornaliero di 7,14 rubli per l’URSS e 3,54 rubli per la Russia mantenendo però costanti i prezzi delle derrate alimentari fondamentali. Per fare un raffronto possiamo notare che nel 1955 la settimana lavorativa nelle industrie sovietiche era di 47,8 ore ed i giorni di ferie erano 18,5. Secondo M. Holubenko64 nel 1967 è stato rilevato che il 20% degli operai “meglio pagati” nelle industrie delle costruzioni, si trovavano al di sotto della soglia di povertà ed il 60% di quelli impiegati nei settori industriali “meglio pagati” del tessile ed alimentare erano classificabili anch’essi al di sotto di tale soglia corrispondente a 50 rubli mensili. In un articolo apparso nell’Agosto 1974 sul Zhurnalist l’economista sovietico V. Perevedentsev dichiarava espressamente che nel 1973 il salario di 135 rubli riportato dai rapporti ufficiali era in realtà di 126 rubli (9 rubli venivano trattenuti per “garantire i livelli di vita”) mettendo in evidenza sia le discrepanze tra i dati ufficiali relativi al salario sia le condizioni difficili in cui si dimenava il lavoratore sovietico in un periodo in cui si decantavano le riforme. Se si ridimensionano i dati ufficiali si scopre che due quinti degli operai e delle famiglie negli anni 70 vivevano in condizioni di povertà65 mentre dilagava la corruzione legalizzata, la kremlyovka, tra l’elite dei politici, i direttori delle imprese e degli uffici statali66, una sorta di cleptocrazia che durerà fino al crollo dell’89. Per avere un’idea della stratificazione sociale in Unione Sovietica Atkinson e Micklewright 62 I Kolchoz erano le fattorie collettivizzate sottoforma di cooperative mentre i Sovchoz erano le aziende agricole sovietiche alle dirette dipendenze dello stato. 63 ALASTAIR MCAULEY Development Strategy, Welfare Regime and Poverty Reduction in the Former Soviet Union 2008 paper disponibile sul web. 64 M. HOLUBENKO The Soviet Working Class: Discontent and Oppression, Critique n 4, 1975. 65 MERVYN MATTHEWS Poverty in the Soviet Union: the life-styles of the underprivileged in recent years Cambridge University Press, 1986. 66 KONSTANTIN M SIMIS USSR: The Corrupt Society in ERIK P. HOFFMANN, ROBBIN FREDERICK LAIRD “The Soviet Polity in the Modern Era” Aldine Transaction, 1984. 15 riportano che nel 1985 il coefficiente di Gini67 relativo alla distribuzione delle entrate pro-capite era pari a 0.26 mentre nel Regno Unito nello stesso anno era 0.368. Bergson ha rilevato che per quanto concerne le entrate “ vi è una notevole somiglianza tra l’Unione Sovietica ed i Paesi occidentali”69 Infine, come sottolinea Konstantin M Simis, tra i lavoratori era diffuso il cosiddetto “lavoro nero”, shabashnichetsvo, praticato da una massa enorme di operai che al termine di turni, ma spesso anche durante l’orario di lavoro ed utilizzando i macchinari della fabbrica, si trasformavano in meccanici, muratori, idraulici, per sopperire alle gravi carenze delle imprese statali di manutenzione, o in commercianti illegali di qualsiasi merce70. Il Consumo Socialista Durante la fase della NEP 71 (1921-1928) la nuova società russa, liberatasi dallo zarismo e dalle penurie della fase “rivoluzionaria”, tendeva sempre più verso una società “socialista” dedita al consumo che si manifestava apertamente nella città di Mosca con l’apertura sulla Piazza Rossa dei 67 Il Coefficiente di Gini misura la diseguaglianza di una distribuzione. È spesso usato per misurare la diseguaglianza nella distribuzione del reddito o anche della ricchezza. È un numero compreso tra 0 ed 1. Valori bassi del coefficiente indicano una distribuzione più uguale, con il valore 0 che corrisponde all'uguaglianza perfetta mentre il valore 1 rappresenta la massima disuguaglianza (ossia un individuo che possiede tutta la ricchezza). 68 ATKINSON, A.B. AND MICKLEWRIGHT, J.. Economic Transformation in Eastern Europe and the Distribution of Income. Cambridge: Cambridge University Press. 1992. 69 ABRAM BERGSON Income InequalityUnder Soviet Socialism Journal of Economic Literature 22, n 3. September 1984. 70 MIKE HAYNES in The USSR and the Crisis (International Socialism, May 1976) riferisce che negli anni 70 alla Zhiguli ed alle officine di manutenzione vi era una notevole carenza dei pezzi di ricambio per cui si era sviluppato un mercato nero di tali ricambi a livello di massa e gli interventi di manutenzione erano totalmente in nero. 71 La Nuova Politica Economica, istituita nel 1921 dal X Congresso del Partito Comunista, doveva momentaneamente favorire la ripresa economica in Unione Sovietica dopo la fase della Guerra Civile attraverso un parziale ripristino della proprietà privata, della concorrenza tra le imprese, statali e non, e del libero mercato. 16 famosi magazzini GUM72 attraverso i quali si intendeva avviare una “lotta rivoluzionaria” contro le imprese di distribuzione privata, perchè venissero socializzati i consumi alla classe operaia e per stabilire norme efficaci sulla vendita, l’acquisto ed il consumo di beni secondo uno “stile socialista”. I magazzini statali, nel frattempo sorti anche in altre grandi città, dovevano quindi svolgere un ruolo “politico”, nel bel mezzo di una ripresa della concorrenza capitalista in una economia mista, in quanto avevano la funzione di stimolare il cittadino sovietico a valorizzare il ruolo dello stato anche nella distribuzione dei beni. Inoltre la guerra ai piccoli commercianti doveva realizzarsi attraverso la differenza dei prezzi in quanto questi ultimi erano inclini, come sempre, ad aumentarli considerevolmente. Infine nei grandi magazzini venivano esposti manifesti e cartelli che inneggiavano ai traguardi conseguiti sulla strada del socialismo con lo scopo di “educare ed informare la classe operaia”. I magazzini Gum sulla Piazza Rossa Nelle aree più decentrate e nelle regioni rurali fiorirono invece le Cooperative di Distribuzione statali anch’esse finalizzate ad una razionalizzazione della distribuzione e ad una “corretta acquisizione dei beni e per favorire una educazione di massa verso un consumo moderno, dignitoso ed efficiente”. I grandi magazzini statali delle grandi città erano visitati da una folla enorme di lavoratori ma col tempo divennero sempre più meta del nuovo strato di privilegiati e dei turisti in grado di poter acquistare le merci esposte in bella vista, ma dai prezzi piuttosto elevati rispetto al salario medio di quel periodo. In una prima fase in alcuni magazzini statali vennero proposte delle linee di credito per l’acquisto di una serie di beni di consumo per quei lavoratori che percepivano un salario inferiore ai 70 rubli mensili. L’ammontare di tale credito al consumo non doveva superare la metà della retribuzione e l’acquisto prevedeva il versamento di un acconto pari al 10% del totale della spesa. Il debito doveva essere estinto entro cinque mesi ma per le merci di primaria necessità il termine poteva essere derogato; resta il fatto che ben pochi lavoratori riuscivano ad estinguere il debito con le gravi conseguenze che ciò comportava. Il livello dei consumi dopo la caduta del periodo 1929-33 riprese a salire, ma i dati ufficiali forniti dai vari istituti confermerebbero una crescita inferiore al periodo della NEP, fenomeno che è durato fino alla vigilia della II Guerra Mondiale. Un nuovo rilancio è rilevabile solo cinque anni dopo il razionamento introdotto nel 194773, ma occorre sottolineare anche l’estremo divario dei livelli di consumo tra le città (specie quelle europee come Mosca e Leningrado) e le zone rurali caratterizzate da livelli salariali decisamente inferiori. Ad esempio la quota dei consumi relativa alla città di Mosca tra il 1933 ed il 1952-55 era aumentata in maniera significativa comprendendo una varietà di beni irraggiungibili dal resto dell’Unione. Inoltre va precisato che nel decennio successivo alla guerra alcuni strati “privilegiati”, come gli scrittori più famosi, i ballerini e l’elite, che costituivano 72 Gosudarstvennyi Universal'nyi Magazin ossia il Magazzino Universale di Stato. I Magazzini Gum vennero creati dal Sovnarkom (Consiglio dei commissari del popolo, una sorta di Consiglio dei ministri) nel Dicembre 1921. Dopo una fase iniziale molto promettente, le vendite in seguito declinarono fino al 1924, anno nel quale entrarono nei magazzini solo 1 milione di rubli contro i 5 milioni pianificati. Dopo qualche anno di sopravvivenza i magazzini GUM chiusero i battenti nel 1931 per essere riaperti nel 1953. HILTON MARJORIE L. Retailing the revolution: the State Department Store (GUM) and Soviet society in the 1920s. Journal of Social History June 22, 2004. 73 JULIE HESSLER The Birth of a Consumer Society: Consumption and Class in the USSR, 1917-1953” University of Oregon 2002. 17 la nomenklatura, hanno visto aumentare considerevolmente i loro consumi di “lusso”grazie al gap salariale. Bisogna poi aggiungere che più della metà del denaro destinato all’acquisto di un bene di consumo veniva prelevato dallo stato sottoforma di tassazioni e che i differenziali dei prezzi al dettaglio fecero aumentare la propensione al consumo dei prodotti base, come il pane, un bene a buon mercato, che, secondo le autorità governative, “rappresentava la soddisfazione delle necessità primarie a costi minimi per lo stato”, e non si devono sottovalutare le periodiche svalutazioni del rublo che vedremo in seguito. Secondo i dati riportati da Mervyn Matthew74 alla metà degli anni sessanta in una famiglia di quattro persone con una entrata di 51,4 rubli (in seguito alla svalutazione del 1961 il nuovo rublo valeva 10 dei vecchi) , il 56% era destinato al mantenimento del livello di vita secondo il paniere di quel periodo, una percentuale simile a quella dei paesi in via di sviluppo. Un samizdat75 del 1979 (Women and Russia: An Almanack to Women about Women) riportava che negli anni 60 il livello salariale medio delle donne era pari alla metà di quello dei lavoratori maschi che svolgevano la stessa mansione, cosa che evidenzia chiaramente la struttura patriarcale della famiglia sovietica forse più conservatrice rispetto ai paesi occidentali (si pensi ai paesi scandinavi). Nella tabella 5 riportiamo alcuni dati sul “livello di vita” nell’Unione Sovietica tra il 1965 ed il 1978. Tabella 5 Salario mensile Numero di medici Famiglie con un apparecchio televisivo Famiglie con un frigorifero Spazio vitale pro capite (aree urbane) Consumo pro capite di carne e affini Consumo pro capite di vegetali Consumo pro capite di patate Consumo pro capite di pane e farine 1965 96.5 rubli 554,000 24 % 11 % 10 m2 41 Kg 72 Kg 142 Kg 156 Kg 1978 159.9 rubli 929,000 82 % 78 % 12.7 m2 57 Kg 90 Kg 120 Kg 140 Kg (Fonte: The Guardian, 17/8/81. Riportato in F. Halliday, The Making of the Second Cold War, p.139.) La produzione di beni di consumo continuò a declinare sin dal 1928 come si nota dalla seguente tabella 6 che riporta i dati percentuali rispetto alla produzione totale. Tabella 6 Produzione di beni di consumo sul totale 1928 1940 1960 1970 1973 64.9 % 38.8 % 27.5 % 26.6 % 26.0 % Narodnoe Khoziastvo SSSR, 1922-1972, 1972, p.130; CMEA, Statistical Ezhegodnik, 1974 p 71 74 MERVYN MATTHEW Class And Society In Soviet Russia Allen Lane 1972. Samizdat vuol dire "edito in proprio", e indica la produzione spontanea di pubblicazioni illegali che esplose in Unione Sovietica tra la fine degli anni '50 e i primi anni 60’. Per maggiori informazioni vedi FERDINAND JOSEPH MARIA FELDBRUGGE Samizdat and political dissent in the Soviet Union BRILL, 1975. 75 18 Il livello dei consumi era cresciuto del 10% nel periodo 1928-37 ma tali aumenti comprendevano anche lo sviluppo dei servizi pubblici (sanità, scuola, ecc) garantiti dal governo, allo stesso tempo tra il 1928 ed il 1940 il consumo per operaio ha subito un declino del 27%, un valore che mostra chiaramente una propensione al consumo esclusivamente a favore degli strati privilegiati. Nel periodo successivo alla guerra i salari tornarono ai livelli del 1940 solo nel 1949 per cui i consumi in questa fase erano piuttosto modesti. Dei 247 miliardi di rubli stanziati nel piano quinquennale del 1946-50, 163 miliardi erano destinati all’industria pesante, 53 miliardi allo sviluppo dei trasporti e delle comunicazioni e 25 miliardi alla produzione di beni di consumo. Philip Hanson 76 riporta che le condizioni di vita nel 1945 erano decisamente miserevoli e negli anni 50, nonostante le gravi perdite umane subite durante la guerra, la crescita dei consumi è stata piuttosto modesta raggiungendo un livello di poco superiore a quello del 1940. Nella tabella 7 riportiamo in rubli i dati relativi alle entrate ed ai consumi del periodo 1937-55 (1937= 100) secondo le stime di Jasny77 e Chapman78: Tabella 7 1940 1944 1948 1950 1952 1955 Entrate reali pro-capite a prezzi 1927-28 Jasny Consumo pro-capite a prezzi 1937 Chapman 86 74 97 113 135 96 66 114 159 I dati della Chapman riguardano esclusivamente gli operai ed i lavoratori nelle grandi città industriali, comunque l’incremento dei consumi a partire dagli anni 50 è dovuto anche all’ingresso delle donne sul mercato del lavoro. Nella tabella 8 si può notare come l’incremento percentuale dei consumi nel periodo 1966-78 vada comunque diminuendo considerevolmente, infatti il tasso di inflazione nel periodo 1969-76 era del 13-16%. Tabella 8 1966-70 1971-75 1976-78 5% 2.9 % 2.1 % (Fonte: The Guardian, 17/8/81. Riportato in F. Halliday, The Making of the Second Cold War) Ma se analizziamo il dato relativo al consumo di beni alimentari scopriamo un declino sconcertante degli incrementi come si nota in tabella 9. Tabella 9 1966-70 1971-75 1976-78 4.2 % 1.7 % 0.6 % (Fonte: The Guardian, 17/8/81. Riportato in F. Halliday, The Making of the Second Cold War) 76 PHILIP HANSON The rise and fall of the Soviet economy: an economic history of the USSR from 1945. Pearson Education, 2003. 77 NAUM JASNY Soviet industrialization, 1928-1952 The University of Chicago Press, 1961. 78 JANET G. CHAPMAN Real Wages in Soviet Russia since 1928 Harvard University Press, 1963. 19 Per avere un’idea dei prezzi di alcuni generi alimentari possiamo raffrontare il costo del pane che nel 1976 era di 18 Kopeki79 al chilo mentre nel 1913 era pari a 6,5 “vecchi” Kopeki,80 lo zucchero 90 Kopeki al chilo (nel 1913 ci volevano 30 Kop) mentre un chilo di burro costava 3,6 rubli contro 1 rublo del 1913. Un chilo di carne costava 2,5 rubli nel 1976 mentre nel 1913 solo 40 kopeki. Igor Birman81 sottolinea che i consumi in Unione Sovietica nel 1981 erano un quinto di quello degli Stati Uniti tenendo conto anche delle preferenze nell’acquisto espresse nei due paesi messe a confronto. Inoltre occorre considerare anche il diverso metodo utilizzato per determinare i prezzi non dimenticando la sostanziale differenza di qualità; ma se teniamo conto solo dei beni di primaria necessità, come gli alimenti, beni durevoli, i servizi, l’educazione scolastica e la sanità allora i livelli di consumo dell’ex URSS, nel decennio che precede il crollo, possono essere paragonati a quelli della Colombia e del Brasile. La disponibilità di beni per il consumo di lusso era appannaggio dello strato di privilegiati (nomenklatura) che comprendeva oltre ai funzionari governativi, del KGB e del Complesso Militare, anche i dirigenti e gli intellettuali. Per i lavoratori dei grandi complessi industriali veniva invece stabilito un elenco dei beni disponibili, a richiesta, una settimana prima che giungessero alle Cooperative di distribuzione previa ordinazione ma, quando arrivavano, il più delle volte i prodotti richiesti erano di qualità scadente o erano di tipo diverso82. La grande menzogna della disoccupazione Un altro mito da sfatare è che nella Russia di Stalin non esistesse la disoccupazione, infatti molti osservatori autorevoli ritengono che questo fattore abbia comunque seguito un andamento analogo a quello osservato nei paesi occidentali. Negli anni 20, nonostante le stime ufficiali relative al tasso di disoccupazione in Unione Sovietica fossero estremamente approssimative, si assiste ad aumento dei disoccupati che nel 1924 ammontavano ad 1.340.00083 e solo nel settore industriale di Mosca venne stimato nel 1925 un tasso di disoccupazione pari al 25%. Dal censimento del 1926 si rileva che i disoccupati scesero ad 1 milione, ma dati più reali, ottenuti recentemente dai documenti ufficiali, riportano un numero pari a 1,4 milioni, il 14% della popolazione lavorativa, mentre nel 1913 i disoccupati erano 500 mila84. Non esistono dati sul tasso di disoccupazione per gli anni successivi, sia per la “scelta” operata dalle autorità sovietiche, che utilizzavano la macchina della propaganda per condizionare la realtà dei fatti con una rilevazione dei dati accompagnata da interpretazioni piuttosto arbitrarie, sia per le misure intraprese nell’ambito della distribuzione del lavoro “dall’alto” che possono portare a distorsioni nella rilevazione quantitativa.85; comunque si è rilevato recentemente che nel 1927 i disoccupati ammontavano a due milioni. Nei primi anni 30 il turnover della forza-lavoro era estremamente elevato anche per effetto della migrazione dalle campagne di nuovi operai, alla continua ricerca di un miglioramento salariale, che vagavano continuamente da una fabbrica all’altra. Nel 1931 un operaio in media cambiava lavoro ogni sei-sette mesi, nel settore delle costruzioni e nelle miniere la permanenza media di un lavoratore andava dai quattro ai sei mesi. Per questo motivo nel 1932 vennero introdotte delle disposizioni che imponevano la rigidità sul posto di lavoro, così con il 1936 la situazione venne “stabilizzata” in quanto un operaio doveva resistere in una miniera almeno 14 mesi mentre nelle costruzioni il turnover rimase molto elevato 79 Un rublo equivaleva a 100 kopeki. Nel 1937 a Mosca un Kg di pane costava 1,70 vecchi rubli, lo zucchero 4,70 al Kg e un Kg di burro 16 rubli. 81 I. BIRMAN Personal Consumption in the USSR and the USA, St. Martin's Press New York, 1989. 82 KATHERINE BLISS EATON Daily life in the Soviet Union Greenwood Press 2004. 83 CHARLES BETTELHEIM Le lotte di classe in URSS 1917/1923, Milano, Etas Libri, 1975. In cui viene sottolineato che i dati ufficiali venivano “purgati” escludendo coloro che erano in cerca di prima occupazione, i disoccupati negli ultimi tre anni ecc. Per cui al dato ufficiale andrebbero sommate altre 848 mila persone. 84 ROBERT WILLIAM DAVIES, MARK HARRISON, S. G. WHEATCROFT The Economic Transformation of the Soviet Union: 1913-1945. Cambridge University Press, 1994. 85 J. PORKET Work, Employment and Unemployment in the Soviet Union, St. Martin's Press, New York, 1989. Vedi inoltre D. LANE Labour and employment in the USSR, Wheatsteaf Books, Brighton 1986. 80 20 nel decennio con un cambiamento medio di due posti di lavoro all’anno86. Nella seconda metà degli anni 30 per controllare ed impedire i flussi migratori verso le città, che potevano essere invase da una massa di “indesiderati”, la OGPU ricevette ordine da Jagoda87 di “condurre sistematiche operazioni di pulizia nei mercati e nelle stazioni delle città” e coloro che non erano in possesso dei documenti dovevano immediatamente subire la deportazione nei Campi di Lavoro. Tali disposizioni durarono sino all’epoca di Chruščёv 88, così con l’eliminazione delle norme staliniane nel 1958 riprenderà vigore la mobilità della forza lavoro, fenomeno che si rivelerà come una delle piaghe del sistema sovietico negli anni 60-70, infatti la perdita di ore di lavoro dovuta a tale fenomeno era molto più elevata di quella conseguente agli scioperi che avvenivano nello stesso periodo negli USA. Secondo Nikolaï Dragosch, fondatore del movimento di Unificazione Democratica in URSS, nella fabbrica dove lavorava, che contava 560 lavoratori, più di 500 lasciarono il lavoro nel 1973. In generale secondo i dati per il 1987 del Narkhoz, se si esclude la migrazione dei lavoratori delle fattorie collettive, quasi un quinto della forza lavoro in Unione Sovietica cambiava annualmente il posto di lavoro e nella maggior parte dei casi in conseguenza del salario e delle condizioni lavorative. Durante il primo piano quinquennale, come abbiamo visto, ai lavoratori non fu permesso alcun cambiamento di occupazione. Chiunque chiedesse un lavoro diverso veniva inviato nei cantieri di costruzione “socialista” situati nelle regioni più remote del paese così il governo abolì ufficialmente la disoccupazione e con essa il pagamento del sussidio, condannando milioni di persone alla miseria ed alla fame. Così per realizzare l’obiettivo della “lotta alla disoccupazione” venne fatta “sparire” la forza lavoro in eccesso nelle regioni più popolose avviandola verso i campi e le colonie di lavoro, e a partire dal 1928 il governo centrale “favorì” la “migrazione” di 700 mila russi dalle regioni europee verso il Turkestan, la penisola della Kamchatka, l’isola di Sakhalin nel Pacifico settentrionale, la Bashkiria nei monti Urali e le regioni del Buryat-Mongolia, in ogni caso un numero ancora insufficiente per poter inneggiare al “pieno impiego”. Secondo i documenti recentemente consultabili, i direttori dei Gulag segnalavano alle autorità centrali le esigenze di mano d’opera che subito venivano “soddisfatte”. Nel periodo Chruščёviano 89, tra il 1953 ed il 1965, vennero rimosse tutte le legislazioni finalizzate al controllo della classe operaia tra le quali l’inamovibilità dal posto di lavoro, favorendo l’aumento del turnover che nel periodo crebbe del 19-22% l’anno, i lavoratori sovietici potevano inoltre essere licenziati infatti il 34% perdeva annualmente il posto di lavoro. Tra il 1959 ed il 1960 il termine trudoustroistvo appariva sempre più di frequente sugli organi di stampa e stava ad indicare “l’assistenza del governo e degli organi sociali destinata a diverse categorie di cittadini perché ricevessero in breve tempo e senza indugio un lavoro adeguato”, ossia una forma di “diritto al lavoro”. Questa tendenza sarà determinate nel favorire il trasferimento di forza lavoro in eccesso dalle grandi città alle regioni orientali. Centinaia di migliaia di giovani in cerca di occupazione vennero così spinti verso le “Terre Vergini” dell’est che assorbirono anche moltissimi lavoratori “incentivati”. Questa massa di migranti si ritrovò a vivere in condizioni insopportabili tali da provocare, come vedremo in seguito, vere e proprie rivolte di massa. Secondo alcuni osservatori nel 1960 la disoccupazione ammontava a 3 o 4 86 DONALD FILTZER Soviet Workers and Stalinist Industrialisation . Genrich Grigor'evič Jagoda fu membro della Ceka, della GPU e poi capo del Commissariato del Popolo degli Affari Interni (NKVD) dal 1934 al 1936. In seguito fu sostituito da Nikolaj Ivanovič Ežov che dette il via ai processi delle Grandi Purghe. Jagoda venne a sua volta condannato durante i processi di Mosca e fucilato nel 1938. 88 Nikita Chruščëv emerso dalla lotta per il potere alla morte di Stalin divenne capo del partito e al XX° Congresso del PCUS del 25 febbraio 1956 fece un intervento durissimo denunciando il culto della personalità di Stalin ed i crimini commessi dal partito sotto la sua dirigenza. Divenuto premier avviò le “riforme” del 1958 e nel 1961 appoggiò la costruzione del muro di Berlino. Divenne famoso per la questione dei “missili” di Cuba nel 1962 e lo scontro con gli Stati Uniti durante l’amministrazione Kennedy. Il 15 Ottobre 1964 si dimise dalla massima carica e si ritirò a vita privata fino alla morte nel 1971. 89 FILTZER, DONALD Soviet Workers and De-Stalinization: The Consolidation of the Modern System of Soviet Production Relations, 1953–1964. Cambridge, UK: Cambridge University Press. 1992. 87 21 milioni pari al 2-3% della forza lavoro attiva, a questi vanno sommati i giovani in attesa di lavoro, gli stagionali, i contadini kolkoziani e i lavoratori dei Sovkoz che dopo i raccolti erano in attesa di essere inseriti temporaneamente nelle industrie locali. Nei dati ufficiali inoltre non venivano inseriti i lavoratori a tempo parziale, così se per queste figure sommiamo un 1% della popolazione sovietica raggiungiamo un ammontare di disoccupati pari a quello della recessione nella Germania Ovest del 1966-67 o a quello degli Stati Uniti dopo la Seconda Guerra Mondiale. Nel decennio 1965-75 durante la “Riforma Kosigyn” in tutte le maggiori città del paese vennero riesumati gli Uffici di Disoccupazione che avviavano ancora una volta i lavoratori in cerca di lavoro nella Russia settentrionale ed in estremo oriente. Agli inizi degli anni 70 i campi di lavoro e le « colonie di pionieri » della Siberia divennero ancora una volta la valvola di sfogo per tamponare l’esplosione della disoccupazione e l’esodo dalle campagne. Con il Piano quinquennale del 1971-75, per effetto delle “razionalizzazioni”, ben 20 milioni di operai persero il posto di lavoro, a questi si debbono sommare 10 milioni di stagionali tanto che nel 1976, come riporta Porket90, l’esercito industriale di riserva ammontava al 10-15% della forza lavoro mentre nel 1980 altri osservatori hanno rilevato un tasso di disoccupazione del 15-20%. Crisi ripetute ovvero una politica economica fatta di illusioni Le crisi sono sempre solo delle temporanee e violente soluzioni delle contraddizioni esistenti, violente eruzioni che ristabiliscono momentaneamente l’equilibrio turbato. Karl Marx Dopo il crollo dell’Unione Sovietica la disponibilità di dati, seppur modesti, e i numerosi studi prodotti negli ultimi decenni91 hanno permesso di mettere definitivamente in discussione il mito di una crescita indefinita in un paese dove si stava costruendo il “socialismo” sostenuta da una continua sovrastima dei dati. I metodi utilizzati per ricalcolare il PIL sovietico sono piuttosto complessi e il raffronto dei tassi di crescita con quelli dei paesi occidentali presenta serie difficoltà in quanto la nozione di “prezzi comparabili”, come viene utilizzata negli annuari sovietici, non tiene conto, come rileva Marc Harrison92, dell’ ”inflazione nascosta” determinata dalla sostituzione di vecchi prodotti con quelli nuovi. Oltre a tener conto della qualità scadente per certi beni di consumo occorre prendere in considerazione i prezzi applicati dalle imprese che erano diversi da quelli stabiliti dal Goskomcen (Agenzia Statale dei Prezzi). Infatti, come rileva Walter Daum93, poiché alle imprese sovietiche veniva impedito di aumentare i prezzi, esse operavano delle lievi modifiche ai loro prodotti distribuendoli poi come nuovi a prezzi maggiori. Poiché i manager sovietici operavano in un “mercato favorevole alle vendite” e venivano ricompensati quando queste crescevano, si determinavano le condizioni che incentivavano l’aumento dei prezzi. Comunque i metodi adottati dai vari osservatori, anche grazie ai lavori di Robert J. Gordon sui criteri di misurazione dei prezzi relativi ai beni durevoli negli USA94, hanno permesso di ottenere attualmente delle cifre significative. Girsh Itsikovich Khanin95 è uno degli studiosi più attenti dell’economia russa che, utilizzando criteri corretti, ha cercato di valutare empiricamente l’andamento economico del suo paese rilevando che nell’URSS la crescita di lungo periodo (1928-1987) è stata mediamente di 6,9 volte mentre i dati 90 J. PORKET cit. Possiamo citare tra i tanti quello di VLADIMIR KONTOROVICH Economic System and the Valuation of National Income Department of Economics, Haverford College, Haverford 1988-89 che contiene una bibliografia abbastanza completa sugli studi prodotti relativi alla economia sovietica. 92 MARK HARRISON Soviet Economic Growth since 1928: The Altervantive Statistics of G.I. Khanin Europe-Asia Studies vol 45; N 1. 1993. Il testo di Harrison è interessante in quanto mette a confronto i criteri di rilevazione statistici sia ufficiali sia di altri studiosi. Inoltre è presente una parte interessante sui metodi di rilevazione dei prezzi. 93 WALTER DAUM The Life and Death of Stalinism Socialist Voice Pub Co (April 1990) ora disponibile sul web. 94 GORDON ROBERT J. The Measurement of Durable Goods Prices. Chicago, IL, and London: National Bureau of Economic Research, 1990. 95 A cui fa riferimento MARK HARRISON cit. 91 22 ufficiali riportano 89,5 volte. In particolare un certo sviluppo si è verificato, secondo Khanin, prevalentemente nel periodo tra il 1928 ed il 194096 al quale seguono incrementi piuttosto “normali”, specie dopo il 1960, mentre dai primi anni 70 assistiamo ad un vero e proprio ristagno dell’economia. Sempre secondo Khanin nei piani quinquennali che precedettero la guerra (dal 1929 al 1938) la crescita economica annuale fu in realtà del 3,2% contro i dati ufficiali che riportavano un 14% annuale. L’economista russo ha verificato addirittura un declino del 20% durante il primo piano del 1928-1932 confermato da Boris Kagarlitsky il quale, analizzando la documentazione degli Archivi economici del Governo Russo (e i vecchi Archivi economici del Popolo), ha scoperto che la Grande Depressione ha avuto pesanti conseguenze per l’intera fase della industrializzazione sovietica basata sulla esportazione di grano per poter importare dai paesi occidentali la tecnologia necessaria allo sviluppo97. Maurice Dobb rilevava infatti che le importazioni sovietiche venivano comunque limitate dai prezzi piuttosto bassi delle derrate alimentari scambiate sul mercato mondiale in quel periodo cosa che ha esercitato un certo freno al processo di industrializzazione iniziale, in quanto, mentre i prezzi delle materie prime esportate crollavano, si mantenevano costanti quelli dei beni importati98. Il Grafico 1 riporta l’andamento percentuale della crescita in Unione Sovietica 1928-1987 ricavato dai dati, presenti nella tabella 1 del saggio di Harrison, secondo il TsSU99 e Khanin. 96 Secondo Khanin la crescita economica nei piani quinquennali che precedettero la guerra (dal 1929 al 1938) fu solo di 1,5 volte. 97 BORIS KAGARLITSKY Russia and the global revolution 2006 in www.countdownnet.info. Le considerazioni fatte da Kagarlitsky sono in netto contrasto con la vulgata comune secondo la quale la Grande Depressione non avrebbe avuto alcuna influenza sull’economia sovietica. 98 MAURICE DOBB Sviluppo economico e pianificazione, Roma, Editori Riuniti [1960], 1963. 99 Tsentralnoe Statisticheskoe Upravlenie (TsSU) era la Direzione Centrale di Statistica dell’Unione Sovietica sorta nel 1918 (il primo direttore fu Pavel Ilich Popov) e sciolta al 1985. A partire da quell’anno fino al 1998 la Direzione Centrale di Statistica venne sostituita dal Goskomstat. Come riferisce G Khanin: “Dopo le catastrofi economiche verificatesi nel periodo del “comunismo di guerra”, durante il quale dominavano statistiche inattendibili, il potere sovietico riorganizzò l’Ufficio Centrale di Statistica dell’URSS (U.C. S.) sia al centro che alla periferia del paese epurando tutti i funzionari delle statistiche che praticamente erano oppositori politici in quanto tutti menscevichi. Questo cambiamento fece della statistica economica sovietica una delle migliori al mondo sia per quantità di dati forniti sia per qualità grazie alla loro attendibilità. Nel 1927 le statistiche relative alla produzione venivano prodotte con difficoltà per cui l’Ufficio Centrale di Statistica, di sua iniziativa, cercò di trovare il modo di risolvere il problema ma non ci riuscì. Prima che si verificasse il passaggio dalla NEP all’economia pianificata l’UCS venne ristrutturato con l’eliminazione dei principali statistici sovietici di quel periodo sostituiti da giovani, politicamente allineati perché sostenessero ed appoggiassero il potere centrale e quello periferico, che immediatamente fecero abbassare la qualità dei dati a livelli così modesti che era impossibile credere a qualsiasi stima calcolata e persino molti parametri naturali ponevano seri dubbi sulla loro attendibilità. La verità venne a galla verso il 1932 quando invece dello sviluppo economico promesso dai piani quinquennali e delle condizioni di benessere per la popolazione dell’URSS, milioni di persone soffrivano la fame e l’economia era in enorme difficoltà. Apparve evidente che le statistiche e la realtà di ogni giorno erano troppo diverse e gli organi dirigenti passarono al contrattacco. Risultò conveniente cambiare coloro che gestivano il sistema statistico sovietico ed a capo dell’UCS fu messo Nicolaj Osinski, uno dei maggiori economisti dell’URSS ed eterno oppositore del partito bolscevico, che pur non essendo uno statistico per formazione e specializzazione era in grado di capire bene quali fossero le necessità per una normale rilevazione statistica e cominciò subito dichiarando guerra al vecchio metodo a favore di dati veritieri. Fu grazie a lui che venne frenato il continuo afflusso di statistiche errate anche se non riuscì ad eliminarlo completamente. Lo zelo mostrato da Osinski nel sistemare le procedure produsse dei buoni risultati e dopo pochi anni, con il superamento della crisi che gravava sull’economia sovietica, il suo contributo non fu più necessario e persino temuto per cui gli venne revocato questo incarico e dopo pochi anni (1938) venne fucilato per le sue vecchie attività di oppositore. I governi sovietici, dopo aver fornito un flusso decennale di statistiche macroeconomiche travisate, continuarono a comportarsi allo stesso modo fino a quando le condizioni economiche non furono nuovamente critiche alla fine degli anni 80. In tali condizioni si levò un’ondata di critiche al sistema statistico da parte degli economisti sovietici (tra i quali l’autore di questo intervento), di quelli occidentali e delle organizzazioni economiche internazionali. Per qualche tempo l’UCS respinse tali critiche, ma la realtà si impose ed alla fine del 1989 fu posto a dirigere l’UCS Vadim Kirichenko, anch’egli non esperto di statistica ma grande economista, che riconobbe, assieme a tutti i dirigenti dell’UCS, come valide le critiche alle rilevazioni statistiche dell’Unione Sovietica. Con l’arrivo di Kirichenko iniziò una vera e propria “perestrojka” dell’attività di questo organismo nel favorire le condizioni per fornire statistiche 23 GRAFICO 1 Crescita delle entrate nazionali in Unione Sovietica dal 1928 al 1987: stime alternative (cambiamento % per anno) 16,0 TsSU Khanin 14,0 tassi di crescita 12,0 10,0 8,0 6,0 4,0 2,0 -8 7 19 85 -8 5 19 80 -8 0 19 75 -7 5 19 70 -7 0 19 65 -6 5 19 60 -6 0 19 50 -5 0 40 19 19 28 -4 0 0,0 periodi Fonte: MARK HARRISON Soviet Economic Growth Since 1928: The Alternative Statistics of G.I. Khanin Europe-Asia Studies vol 45 n° 1; 1993 Come si nota poi dal Grafico 2, nella fase di accumulazione tra il 1928 ed il 1940 lo stock di capitale fisso è aumentato dell’5,3 % l’anno mentre la produttività, contrariamente ai dati ufficiali, declinava del 2% garantendo un incremento della produzione per operaio solo dell’1,3% l’anno mentre i dati ufficiali riportano aumenti dell’11,9%. Per evitare il crollo economico le autorità sovietiche avviarono la confisca dei prodotti agricoli non per garantire le necessità primarie al proletariato delle città, che era tornato agli incubi della fame patita nel periodo della guerra civile, ma per utilizzarle nella esportazione sul mercato estero a prezzi minimi. Infatti il primo piano quinquennale, completato nel 1933, venne realizzato con una spesa di 1,5 miliardi di rubli ottenuti dalla esportazione di oro e di grano per pagare i macchinari importati e l’intervento degli esperti occidentali. Nel terzo piano quinquennale, che va dal 1938 al 1941, si registra poi una stagnazione per cui la crescita nell’era staliniana sarebbe concentrata solo nel periodo 1933-1937. In generale si può affermare con Khanin che l’espansione economica relativa ai primi cinque piani quinquennali, che precedono la Seconda Guerra Mondiale, sia di 1,5 volte (come si nota dal grafico 1) contrariamente ai dati esaltanti del TsSU. Parallelamente, nello stesso periodo, assistiamo ad una inflazione rampante che addirittura è pari al doppio di quella riportata dalle statistiche ufficiali. attendibili”. G . KHANIN Perchè siano disponibili dati autentici: le statistiche dell’economia russa, attività e politica economica 2005 (Traduzione a cura dell’Autore). 24 Con la fine dell’incubo della guerra, negli anni 50, si osserva, come risulta dal grafico, una vera crescita economica, pari al 7,2% l’anno, dovuta logicamente alla ricostruzione e con una inflazione che oscillava tra l’1,6 ed il 2,6% l’anno, ma da quel periodo fino agli anni 80 i dati reali mostrano un ritardo ininterrotto rispetto a quelli delle economie occidentali, mentre le cifre ufficiali evidenzierebbero una lieve crescita dovuta, secondo la vulgata degli economisti sovietici, alle riforme introdotte da Kosygin100 che vedremo in seguito. I dati relativi all’andamento del PIL procapite poi ci mostrano che una percentuale decisamente bassa veniva destinata al consumo interno101. Rispetto al capitale fisso tra il 1928 ed il 1987 Khanin ha calcolato una crescita media inferiore al 4% l’anno, notevolmente differente dal 7,2% annuale riportato dal TsSU. Nel Grafico 2 seguente, ottenuto dalla tabella 3 del saggio di Harrison, viene rappresentato l’andamento relativo alla crescita degli input, della produttività, del capitale fisso e di altri fattori suddiviso negli intervalli compresi tra il 1936 e il 1987, secondo i dati ufficiali del TsSU e di Khanin, nel quale si notano chiaramente le discordanze relative alle singole voci analizzate. GRAFICO 2 Input e produttività nell'Unione Sovietica (variazioni % annuali) 14,0 stock di capitale fisso TsSU produttività TsSu produzione per operaio TsSU intensità dei materiali TsSU stock di capitale fisso Khanin produttività Khanin produzione per operaio Khanin intensità dei materiali Khanin 12,0 tassi di crescita 10,0 8,0 6,0 4,0 2,0 -4,0 -8 7 19 85 -8 5 19 80 -8 0 19 75 -7 5 19 70 -7 0 19 65 -6 5 19 60 -6 0 19 50 -5 0 40 19 28 19 -2,0 -4 0 0,0 periodi Secondo i dati riportati da Harrison la composizione dello stock di capitale fisso è passata dal 16% del 1928 al 47 % del 1941 con numerose oscillazioni durante il periodo. Tra 1928 ed il 1932 gli investimenti lordi (a prezzi costanti del 1937) raddoppiarono, quindi fecero un passo indietro per poi riprendere nel 1934 con un aumento registrato nel 1936 pari a quattro volte il valore del 1928. L’anno successivo crollarono nuovamente e si mantennero a livelli piuttosto bassi fino allo scoppio 100 Aleksej Nikolaevič Kosygin, membro del Politburo nel 1960, ha ricoperto la carica di Premier dell’Unione Sovietica dal 1964 al 1980, dopo la destituzione di Chruščёv, in quella che inizialmente fu una troika con Leonid Breznev come segretario generale e Anastas Mikoyan, poi Nikolaj Podgornyj, presidente del Presidium del Soviet Supremo (il nuovo nome dato al Politburo).Venne rimosso dalla sua carica nel 1980 e morì poche settimane dopo. 101 V. SELYUNIN E G. KHANIN, 'Lukavaya tsifra' (La furbizia dei dati). Novyi mir, 1987 No. 2, 25 della guerra. Khanin mostra poi un declino degli incrementi relativi allo stock di capitale fisso a partire dalla fine degli anni 50 che è continuato fino al crollo del sistema sovietico. Un dato molto interessante è quello relativo al grado di obsolescenza del capitale fisso nell’industria riferito da Chattopadhyay102 che dimostra l’assenza nell’economia sovietica di una “metamorfosi continua” relativa al processo di produzione a causa del “bassissimo saggio di sostituzione del capitale fisso”. I dati sul tasso di sostituzione, nell’arco dei periodi riportati nella tabella 10 sottostante (Narkhoz 1970), sono calcolati come percentuale del valore iniziale dello stock di capitale fisso103. Tabella 10 1965 2,1 % 1970 1,8 % 1975 1,6 % 1980 1,4 % 1984 1,3 % 1985 1,4 % Risulta evidente un progressivo deterioramento dei macchinari dovuto all’età ed all’usura così la quota di capitale fisso con meno di cinque anni rispetto all’insieme delle industrie è diminuita solo dell’ 11% tra il 1974 ed il 1985. La quota di equipaggiamenti vecchi di 20 anni è passata dall’8% al 14% tra il 1970 ed il 1979. Occorre poi aggiungere che tra il 1961 ed il 1985 si è verificato un continuo declino medio nel grado di utilizzo della capacità produttiva in molti settori dell’economia sovietica104. Di conseguenza si assiste ad una sorta di stagnazione continua dell’intensità della produzione rappresentata nella Tabella 11 nella quale vengono riportate le variazioni percentuali relative alla intensità della produzione materiale nel periodo 1951 -1990.105 Tabella 11 1951-55 -0,3 1956-60 0,0 1961-65 0,0 1966-70 -0,4 1971-75 0,6 1976-80 -0,1 1981-85 0,0 1986-90 0,6 Dopo la morte di Stalin vi furono diversi tentativi per riformare l’economia sovietica: prima Berija106 e poi Malenkov107 cercarono di ripristinare qualche forma di mercato senza risultati tangibili. Nel 1957, in piena era Chruščёv , venne avanzata la proposta di creare 150 Consigli Economici Regionali (sovnarkhozy) che sostituissero i ministeri competenti affinché venisse reintrodotta una sorta di economia di mercato, ma tale “riforma” non provocò alcun cambiamento sostanziale rispetto al periodo precedente, così fino alla fine degli anni 60 le risorse naturali continuarono ad essere utilizzate sia per coprire i costi dell’accumulazione sia per le esportazioni. 102 PARESH CHATTOPADHYAY La dinamica dell’economia sovietica alla luce dell’analisi marxiana dell’accumulazione di capitale in Plusvalore n 9 1991 pag 21. 103 Riportato da Chattopadhyay art. cit. 104 PARESH CHATTOPADHYAY cit. tabella 8 pag 23 Nel Settembre 1965 Alexiey Kosygin lamentava che nel complesso chimico di Voskresensk il grado di utilizzo della capacità produttiva fosse solo del 17 % e nella fabbrica di alluminio di Volkhov del 32 %. In pratica nei nuovi complessi industriali appena costruiti si manifestava una obsolescenza del capitale fisso molto prima che diventasse operativo. 105 PARESH CHATTOPADHYAY The Marxian Concepì of Capital and the Soviet Experience 106 Lavrentij Pavlovič Berija era un alleato di ferro di Stalin durante la scalata al potere e membro del Comitato Centrale del Partito Comunista nel 1934. Divenne il capo della polizia segreta sotto Stalin e dal 1938 al 1945 presiedeva l’NKVD. Dopo la morte del dittatore venne fisicamente liquidato durante una drammatica e misteriosa riunione del Comitato Centrale del PCUS nel 1953. Berija era famoso per le “Grandi Purghe” degli anni 30. 107 Georgij Maksimilianovič Malenkov, alleato di Stalin ma in seguito avversario di Berija, nel 1946 entrò nel Politburo e nel 1952 fu membro del Comitato Centrale. Alla morte di Stalin divenne Presidente del Consiglio e Segretario generale del PCUS ma subito dimesso a favore di Nikita Chruščёv. Venne espulso dal Partito nel 1961 e relegato nel Kazakistan a dirigere una centrale idroelettrica fino alla morte. 26 All’inizio degli anni ‘70 però l’estrazione di materie prime e di petrolio iniziarono a diminuire per effetto dell’ipersfruttamento verificatosi nel decennio precedente con il conseguente calo degli investimenti e del reddito nazionale. Ormai si era entrati in una fase di stagnazione nonostante l’illusione delle riforme Kosigyn del decennio 1965-75108, attraverso le quali il leader “riformista”, seguendo le idee di Evsei Liberman109 intendeva garantire maggiori diritti alle imprese, che sono durate fino alla fine degli anni 70. Si nota infatti nel decennio 62-73, del Grafico 1, un periodo di stagnazione determinato più che altro dall’andamento decrescente negli incrementi dell’occupazione nelle industrie parallelamente ad una produttività cresciuta anch’essa di meno. Tra il 1973 ed il 1981 la produttività risultava pari all’1,2% in media a fronte di incrementi medi del 3,1% nel periodo 1966-73 e del 3,8 % nel 1928-37. I dati sugli aumenti di produttività proposti da H.S. Levine110 sono ancora peggiori: questo studioso riporta incrementi dell’1,7% nel periodo 195058, un declino degli stessi pari allo 0,7% tra il 1958 ed il 1967 e valori addirittura negativi pari a - 0,7% per l’intervallo 1967-73. Quando Alexei Kosigyn emerse con Leonid Brežnev come uno dei protagonisti della purga di Nikita Chruščëv l’economia sovietica stava già vivendo una svolta che nelle dichiarazioni ufficiali avrebbe dovuto portarla a superare le economie occidentali attraverso un progresso tecnico e qualitativo della produzione industriale. Secondo David Granick111 l’Unione Sovietica importava una massa crescente di capitali dall’Occidente più di quanta ne riuscisse ad utilizzare negli investimenti ed un ammontare di tecnologia superiore a quella che poteva assorbire l’industria del paese. Tale tendenza però cozzava con le permanenti difficoltà relative alla produttività del lavoro che, come abbiamo visto, non cresceva adeguatamente nonostante qualche innovazione nel macchinario (Bergson112). Molti osservatori imputano il fallimento di tale rinnovamento alle tensioni interne tra i lavoratori e l’organizzazione dell’impresa, come vedremo in seguito, mentre altri lo attribuiscono alle eccessive spese militari che gravavano sull’economia del paese. In realtà secondo la tesi di Stephen Kotkin113 l’Unione Sovietica nei primi anni 70 avrebbe subito un grave tracollo che fu evitato grazie alla scoperta di ben 60 giacimenti petroliferi nella Siberia Occidentale grazie ai quali il paese si trasformò in esportatore di greggio in una fase critica come quella dello shock petrolifero del 1973. Con l’avvento nel 1964 dell’era Brežnev, ed il ripristino delle funzioni ai Ministeri del Governo centrale, si assiste ad un ritorno alla gestione dell’esistente che ha comportato un continuo peggioramento economico114. Tale declino è proseguito nel decennio successivo alla morte del nuovo leader, avvenuta nel 1982, in cui il sistema economico ha subito una lenta asfissia in quanto 108 JAQUES SAPIR Alexiei Kossiguyne et le destin de l’URSS Nouvelle Fondation 2007/2, N° 6. Per una analisi dettagliata delle riforme vedi PHILIP HANSON The rise and fall of the Soviet economy: an economic history of the USSR from 1945 Pearson Education, 2003. 109 Evsei Liberman (1897-1981) era un economista sovietico di origine ucraina che intendeva introdurre alcune caratteristiche del capitalismo all’ìnterno della teoria marxista affinché si potesse incrementare la produzione industriale. Tale processo poteva essere introdotto secondo Liberman attraverso il metodo del centralismo democratico. Le sue tesi vennero esposte in un suo articolo, divenuto famoso, apparso nel Novembre 1965 sulla Pravda dal titolo “Piano, collegamenti diretti e profittabilità” nel quale Liberman sosteneva che la redditività “socialista” sarebbe stata conseguita attraverso incrementi salariali garantiti solamente dalla vendita delle merci e non con la copertura attraverso sussidi statali di una parte della produzione. Il sistema Liberman venne applicato sperimentalmente a 400 industrie sovietiche mentre il resto dell’economia non effettuava alcuno scambio diretto. 110 H.S. LEVINE An American View of Economic Relations with the USSR, The Annal of the American Academy of Political Science, 1974, p.4. 111 DAVID GRANICK Soviet metallurgy, Soviet Metal-Fabricating and Economic Development, University of Wisconsin, Madison, Wis., 1967. 112 BERGSON ABRAM Productivity and the Social System: The USSR and the West Cambridge, MA: Harvard University Press 1978. 113 STEPHEN KOTKIN Armageddon Averted: The Soviet Collapse, 1970-2000 Oxford University Press US, 2003. 114 Uno studio molto interessante sulla organizzazione del lavoro e la legislazione relativa all’ultimo periodo che va dall’era di Brežnev fino all’epoca di Gorbachev e quello di BOB ARNOT Controlling Soviet labour: experimental change from Brezhnev to Gorbachev M.E. Sharpe, 1988. 27 tutti i proventi della rendita petrolifera vennero assorbiti dal Complesso Militare, dalle esigenze di finanziamento indirizzato ai paesi satelliti e per sostenere in parte l’impresa in Afghanistan, fino al tracollo finale del 1992 . E’ la fine di una esperienza rivelatasi fallimentare dimostrando inequivocabilmente che l’economia pianificata non è certo superiore alla forma occidentale. Nel capitalismo occidentale il declino dei tassi di crescita è caratteristico dell’andamento di lungo periodo cosa che si riflette nella tendenza alla caduta del saggio del profitto. Poiché tale caduta corrisponde al declino dell’accumulazione sembrerebbe che nell’economia sovietica tale dinamica non dovesse verificarsi. Nel sistema sovietico abbiamo però rilevato una continua obsolescenza del capitale fisso e di conseguenza le imprese, che manifestavano una produttività sempre insufficiente, venivano mantenute in vita attraverso iniezioni di capitale “fittizio”, generando un continuo indebitamento delle imprese stesse. Tale dinamica comporta automaticamente un declino del saggio del profitto dell’economia sovietica paragonabile a quello dei sistemi economici occidentali115. Possiamo citare a tale proposito le considerazioni veramente profetiche esposte nel lontano 1977 in un bollettino del gruppo parigino GLAT sulla natura della crisi sovietica:”Le contraddizioni che fanno precipitare il capitalismo in una crisi non sono privilegio esclusivo dei paesi più avanzati, o dei più sottosviluppati, del pianeta, Esse sono allo stesso modo inerenti al capitalismo di stato, come mostra l’esempio dell’URSS, centro mondiale di questo sistema, che al pari dei paesi occidentali conosce attualmente i guasti di una caduta non più tendenziale ma effettiva del saggio del profitto che risulta sostanzialmente dall’aumento del coefficiente di capitale. Ma se la crisi si sviluppa parallelamente nelle due branche del capitalismo mondiale, quella che mina il capitalismo di stato si manifesta con delle forme relative alla specificità del suo sistema di produzione. La caratteristica principale della crisi in URSS è il suo aspetto continuativo, in assenza di fenomeni ciclici più o meno periodici come quelli presenti nel capitalismo di mercato…. Ma l’assenza di crisi cicliche non impedisce al capitalismo di stato una lenta ma ineluttabile progressione verso una crisi profonda”116 Sostanzialmente, a fronte del declino della crescita economica a partire dalla fine degli anni 50, Khanin ha dimostrato che si sono verificate due ondate di distorsioni statistiche dei livelli di produzione in Unione Sovietica: una nel periodo precedente la II°G.M. per effetto dell’eccesso di ottimismo di Stalin ed un altra verso la fine degli anni 80 durante la fase di disintegrazione economica e politica della perestroika 117. Il sistema bancario in Unione Sovietica La grandezza del capitale esistente condiziona il volume del processo di produzione, e questo condiziona il volume del capitale merce e del capitale monetario, in quanto essi operano accanto al processo di produzione K. Marx La Gosbank118, la Banca Centrale dell’Unione Sovietica, venne istituita nel 1923 ed era la sola banca commerciale del paese, ma già nel 1921 erano state avviate delle operazioni finanziarie attraverso le istituzioni sorte con la NEP tra le quali la Banca Statale della Repubblica Socialista Federativa Sovietica Russa (RSFSR) che ricevette il capitale iniziale sottoforma di sovvenzioni da parte del Governo119. La Gosbank doveva sostenere, attraverso il credito ed altre operazioni finanziarie, lo sviluppo dell’industria e dell’agricoltura, la circolazione dei beni e la concentrazione 115 WALTER DAUM op. cit. cap 5. Esistono molti studi empirici sulla caduta tendenziale del saggio del profitto nelle economie occidentali, purtroppo manca una analisi empirica sulla dinamica per l’ex Unione Sovietica. 116 Lutte de Classe (Pour le Pouvoir des Travailleurs) Gennaio 1977 (Trad. dell’Autore) 117 Letteralmente “ricostruzione" introdotta da Mikhail Gorbačëv nel 1987 perché venissero avviate riforme economiche anche grazie ad una maggiore trasparenza nella vita pubblica, definita glasnost. 118 Acronimo di Go-sudarstvennyy bank ossia la Banca Statale. 119 Per una analisi relativa alla nascita ed allo sviluppo del sistema finanziario in Unione Sovietica vedi ALEXANDER BAYKOV The development of the Soviet economic system: an essay on the experience of planning in the U.S.S.R. CUP Archive, 1946, in particolare il Capitolo VI “Public Finance, Credit and Money”e SILVANA MALLE The Economic Organization of War Communism 1918-1921 Cambridge University Press 2002. 28 di valuta; doveva inoltre applicare tutte quelle misure proprie della circolazione monetaria in quanto essa aveva la responsabilità di finanziare industrie e imprese commerciali di qualsiasi tipo. La Gosbank faceva parte del Narkomfin120 (Commissariato delle Finanze del Popolo) che per coprire il deficit aveva emesso nel 1922 il nuovo rublo scambiato con 10.000 rubli in circolazione, ma il persistere del deficit rese necessaria l’anno successivo una nuova ridenominazione, così il “nuovo rublo” del 1923 valeva 100 rubli emessi l’anno precedente. Tra il 1919 ed il 1924 circolava anche il Sovznak121, una sorta di moneta temporanea che avrebbe dovuto guidare la transizione verso l’eliminazione completa del denaro nella nuova economia socialista, ma per evitare continue svalutazioni la Banca Centrale lo eliminò riesumando una vecchia moneta dell’epoca zarista: il chervonet, l’equivalente di 7,74232 grammi di oro fino pari a 10 rubli del periodo antecedente la Prima Guerra Mondiale, che, entrato in circolazione nel 1922-24, veniva usato prevalentemente per gli scambi con l’estero; al Narkomfin restava ancora il compito di emettere moneta a seconda delle esigenze. Nel marzo 1924 la riforma monetaria venne realizzata definitivamente ed il nuovo rublo, corrispondente ad un decimo di chervonet, veniva scambiato con 50.000 rubli del 1923 o addirittura con 50 miliardi di rubli del vecchio conio, di conseguenza la Russia entrò in una spirale di inflazione paragonabile a quella della Germania nello stesso periodo.122 Nessuna delle due divise monetarie sovietiche poteva essere convertita in oro. Dopo tre anni dalla sua nascita la Banca Statale poteva praticare direttamente le sue linee di credito verso tutti i settori economici secondo un modello pianificato. Le “riforme” monetarie consentirono nel 1925 di risolvere i problemi di liquidità di cui soffrivano la stessa Banca Statale ed il Narkomfin, ma nella seconda metà degli anni 20 l’accelerazione della industrializzazione ha comportato un radicale cambiamento della Gosbank in quanto le industrie di base avevano bisogno di una quantità esorbitante di investimenti in capitale e in tempi brevissimi. In tali condizioni l’industrializzazione non poteva essere garantita, come avviene comunemente, dalle risorse finanziarie interne e nemmeno attraverso prestiti dall’estero, i paesi occidentali stavano vivendo la tremenda crisi del 29-30, di conseguenza, oltre alla esportazione delle materie prime, furono necessarie nuove emissioni di moneta. La Banca Statale nel Giugno 1927, in seguito ad una stretta dei flussi di capitale a breve termine, ebbe la responsabilità di esercitare un controllo quotidiano su tutto il sistema del credito mentre il Narkomfin aveva la funzione di regolarne generalmente i movimenti, comunque la Gosbank doveva supervisionare tutte le attività creditizie rispettando le direttive governative del piano divenendo così il core di tutto il sistema finanziario dell’Unione Sovietica. Nel 1926-27, durante la fase iniziale del processo di industrializzazione forzata, sorsero seri problemi di finanziamento alle imprese in quanto le richieste avanzate risultavano chiaramente sovrastimate dai dirigenti delle kombinat. Un fenomeno del genere si verificò nella fabbrica metallurgica Kerch in Crimea la cui direzione nel 1928 aveva richiesto un finanziamento di 66 milioni di rubli aumentando di tre volte e mezza gli investimenti previsti dal piano. Ma il caso più eclatante si è verificato nella fabbrica della Gomma a Mosca il cui direttore aveva ottenuto i finanziamenti per la costruzione di un nuovo stabilimento e quando i funzionari si recarono sul luogo per verificare la fattibilità dell’opera scoprirono che la fabbrica era già stata costruita, 120 Il Narodnyi komissariat finansov faceva parte del Sovnarkom ed il primo commissario nel 1917 era Ivan SkvortsovStepanov. Nel 1922, con l’introduzione della Nep, divenne commissario Grigory Sokolnikov che, in seguito all’arresto e alla condanna durante le Grandi Purghe a dieci anni, venne assassinato in carcere. Dal 1926 -1930 divenne Commissario Nikolai Pavlovich Bryukhanov colpito anch’egli dalle Grandi Purghe del 1938 e a sua volta sostituito da Hryhoriy Fedorovych Hrynko fino al 1937. Anch’egli processato e condannato venne sostituito da Vlas Yakovlevich Chubar che fece la stessa fine. Arseny Grigoryevich Zverev fu Ministro delle Finanze fino al 1960. 121 Sovetskiye znaki si può tradurre con “gettone sovietico” forse in riferimento al ticket proposto da Marx nella sua Critica al Programma di Gotha Editori Riuniti 1976. 122 STEVE H. HANKE, LARS JONUNG Russian currency and finance: a currency board approach to reform Routledge, 1993.KORNAI JANOS The Socialist System. Oxford: Oxford University Press. 1992. NOVE ALEC The Soviet Economic System 2nd edition. London: Allen & Unwin. 1977 L'economia sovietica Edizioni di Comunità, Milano 1963. 29 svelando così le enormi risorse di cui disponeva la direzione123. In quella fase si verificarono molti casi di irregolarità finanziarie qua e là nel paese, ma fece molto scalpore quanto avvenne nel 1928 alla miniera di Shakthy, nella regione del Donbass, la cui dirigenza, legata a G. Lomov, venne processata per “deliberata attività controrivoluzionaria”, in quanto “traditori e sabotatori impegnati a distruggere il piano di ricostruzione dell’economia nazionale”, per aver richiesto finanziamenti sempre più onerosi destinati alla costruzione del nuovo impianto minerario e “spreco di capitali esteri” in quanto venne coinvolto nel finanziamento il Belgio. Molti studiosi ritengono che l’affaire Shakthy nascondeva in realtà il tentativo di rompere definitivamente con la NEP ed avviare la fase delle purghe tra i direttori senza partito diffusi in molte industrie dell’Unione Sovietica 124. Nel febbraio 1928 la Gosbank venne nuovamente riorganizzata così furono concentrati nelle sue mani molti crediti a breve termine ed assunse nel contempo il controllo di una serie di istituti di credito che erano sorti in ausilio alle esigenze dell’economia. I crediti a lungo termine vennero garantiti dalla Prombank (Banca per i Crediti a Lungo Termine dell’Industria e dell’Energia BDK) creata specificamente come società di capitali tra le istituzioni statali e le imprese, dalla Tsekombank (Servizi Centrali e Banca per le costruzioni) e in parte dalla TsSKhbank (Banca Centrale dell’Agricoltura). Vennero istituite poi nelle grandi città una serie di banche locali, come la Banca della Città di Mosca, con tutte le caratteristiche delle banche private occidentali, che ricevettero il loro capitale iniziale sottoforma di sovvenzioni, sborsate dal Ministero del Tesoro, con la funzione di garantire un credito per integrare il budget assegnato precedentemente alle industrie ed alle imprese statali. Tali banche potevano accettare depositi sia dalle imprese e dalle istituzioni statali sia da enti e cittadini privati che potevano essere utilizzati, a discrezione del depositante, per scontare le tratte, come garanzia per i prestiti sul conto corrente e quelli a lungo termine; possibilità simili ai correntisti delle comuni banche occidentali. Nell’agosto del 1928 alla Gosbank venne assegnato il compito di fare i bilanci di cassa in modo da concentrare presso di se tutte le operazioni di pagamento effettuate nell’economia socialista, infatti i salari venivano remunerati solo in contanti come tutte le operazioni di pagamento all’interno dell’Unione Sovietica125. Nel 1929 venne quindi adottato il primo Statuto della Banca Statale che le dava autorità sulla regolamentazione della circolazione monetaria e dei prestiti a breve termine secondo gli sviluppi generali del Piano. La partecipazione della Gosbank ad ogni transazione finanziaria era in realtà piuttosto virtuale in quanto nell’Unione Sovietica erano allora pochissimi i conti correnti ed esisteva una sorta di “conto corrente” delle imprese che in realtà era una “contabilità monetaria”, intesa come acconto della Gosbank, che costituiva l’unico tipo di moneta utilizzata tra loro. Quando l’output di una impresa veniva trasferito (come input) ad un'altra, la contabilità dell’output di suddetta impresa veniva accreditato sul conto della Gosbank mentre quella relativa all’ input della seconda veniva messo a debito. In tal modo i beni fluivano nel processo produttivo senza alcun scambio di denaro, se non occasionalmente. Col tempo le imprese bypassarono sempre di più la Banca Centrale e risolvevano gli scambi dei prodotti tra di loro utilizzando direttamente come forma di pagamento la “contabilità monetaria” che avrebbe dovuto essere garantita dalla Gosbank. Accanto a questa forma di contabilità esisteva il denaro contante utilizzato da una impresa per il pagamento dei salari (che veniva messo a debito presso la Gosbank) e dai cittadini per l’acquisto dei beni e che in seguito veniva trasferito alla Gosbank sottoforma di contabilità a credito per il punto di vendita statale. Ma questo sistema piuttosto arzigogolato non garantiva la realizzazione del piano in quanto eventuali carenze di un bene o qualsiasi differimento nel processo di produzione o di consumo, unitamente alla diffusione del mercato nero, crearono non poche distorsioni all’economia 123 HIROAKI KUROMIYA Stalin's industrial revolution: politics and workers, 1928-1932 Cambridge University Press, 1990. 124 Nell’affare Shakthy vennero processati 53 ingegneri che lavoravano nel bacino carbonifero e condannati per sabotaggio perché accusati di essere al soldo delle potenze straniere. 11 vennero condannati a morte ed i restanti inviati ai campi di lavoro. 125 Non esistono dati ufficiali relativi all’ammontare della liquidità delle Banche. 30 pianificata. Per ovviare a tutto ciò venne introdotto, assieme ad una severa restrizione dell’uso della moneta, una sorta di “controllo attraverso il rublo” che avrebbe permesso di scoprire ed indagare qualsiasi malfunzionamento per poter risolvere in qualche modo il problema. Il “controllo attraverso il rublo” oltre alle severe restrizioni nell’uso della moneta e del credito nel paese impedì la dinamica del credito tra le imprese attraverso le loro contabilità per il pagamento delle merci ricevute. Infine vennero bloccati i conti correnti delle imprese presso la Banca Centrale ad eccezione del pagamento degli input specificati nel piano. Alle imprese fu praticamente vietato di utilizzare denaro contante se non per il pagamento dei salari e quello ricevuto dai centri di vendita statali doveva essere depositato presso la Gosbank ad eccezione del denaro destinato ai salari dei lavoratori del settore. In tal modo si intendeva anche favorire un controllo ferreo sui prezzi stabiliti a livello centrale. Infine il “controllo attraverso il rublo” ha consentito di controllare l’ingresso di valuta straniera nel paese in quanto tutti i beni prodotti destinati alla esportazione venivano “venduti” alla Vneshtorgbank126 che accreditava all’impresa la relativa contabilità in rubli. In seguito la Vneshtorgbank provvedeva a vendere i prodotti all’estero, ricevendo valuta estera utilizzata direttamente per pagare le importazioni, che a loro volta venivano venduti all’impresa sovietica secondo la contabilità in rubli accreditata. In tal modo le autorità, oltre a controllare il flusso di moneta estera nel paese, potevano assicurare che non circolasse “moneta forte” (come dollari americani o marchi tedeschi). Questo meccanismo del “controllo attraverso il rublo” contribuì non poco al fallimento del piano in quanto i manager delle imprese, non appena si manifestavano distorsioni nel piano, ad esempio una fornitura insufficiente di un input o un eccesso di output prodotto, provvedevano ad ovviarle utilizzando il baratto come forma di scambio cosa che ha comportato un enorme spreco di risorse umane sottratte alla produzione e determinando un ulteriore inefficienza al già precario sistema pianificato 127. In tali condizioni si svilupparono inevitabilmente una serie di pratiche semilegali o addirittura illegali, tollerate dalle autorità, come il blat, riferito ad accordi informali tra le imprese per lo scambio di beni e servizi fino alla pratica del mercato nero, e si moltiplicarono i Tolkachi ossia agenti che intervenivano affinché venissero assicurare le richieste avanzate da una azienda alle autorità del piano, spacciandole come “priorità assoluta”, che spesso truccavano i bilanci dell’impresa e falsificavano la registrazione dei prezzi e delle quantità di merci prodotte o ricevute. Così con la riforma creditizia del 1930-32, portata avanti da Georgy Piatakov, allora a capo della Gosbank, e da A M. Fushman, che faceva parte del Rabkrin128, fu totalmente eliminato il credito commerciale in seguito alla diffusione del credito all’esterno del sistema bancario. Infatti le singole imprese statali, oltre al baratto, effettuavano prestiti a vicenda anche sottoforma di cambiali contro beni e servizi e tale sistema di credito “parallelo” sfuggiva al controllo della Banca Statale. Inoltre i grandi complessi industriali ed i consorzi statali garantivano direttamente i crediti alle singole unità produttive attraverso i loro uffici eludendo così il controllo della Gosbank. Di conseguenza vennero pianificate (Promfinplan) tutte le risorse relative ai flussi monetari e del credito più in generale, eliminando tutte le “storture” che si erano sviluppate. Nel 1930 vennero bandite tutte le operazioni di acquisto in oro o in divise monetarie estere contro chevronet a cambio fisso da parte dei privati ed il tasso di cambio con le monete estere veniva stabilito dal Comitato della Banca Statale. Nel 1931 furono introdotte le cambiali che divennero l’unica forma utile per operare transazioni non liquide, inoltre ogni unità produttiva entrò in rapporto diretto con la Gosbank grazie all’apertura di un conto corrente attraverso il quale avvenivano tutte le operazioni finanziarie, anche quelle 126 La Vneshtorgbank venne fondata nel 1924 per le transazioni relative alle esportazioni ed importazioni nell’ex Unione Sovietica. 127 Per un approfondimento sulle dinamiche interne al sistema delle imprese sovietiche ed agli interventi connessi vedi DAVID SHEARER Wheeling and dealing in Soviet industry : Syndicates, trade, and political economy at the end of the 1920's Cahiers du Monde Russe n. 36, 1995 disponibile sul web. 128 Il Rabkrin, Raboche Krest'ianskoi Inspektsii RKI (Ispettorato degli Operai e dei Contadini), istituito nel 1920, aveva rimpiazzato Il Commissariato del Popolo per il Controllo dello Stato. Venne sciolto nel 1934 e le sue funzioni passarono al Sovnarkom. 31 transazioni in atto tra le singole unità produttive129. Nel mese di Giugno il capitale d’esercizio delle imprese venne suddiviso in capitale proprio e capitale prestato e lo stesso criterio venne stabilito anche per le banche di credito. Quando una fabbrica entrava in possesso di un capitale di esercizio allora era possibile stabilire l’entità del credito che poteva ricevere, così le imprese statali riuscivano ad ottenere un prestito a breve solo per finanziare in itinere i pagamenti progressivi delle riserve relative alla produzione stagionale, l’accumulazione delle scorte di materie prime e del combustibile, la produzione di materiale ausiliario, gli aumenti di capitale destinati ai progetti in via di realizzazione, la produzione di beni e prodotti finiti e le altre necessità legate alla produzione e alla circolazione delle merci (come le Cooperative di consumo o la costruzione di case ecc.). Spesso le imprese non riuscivano a realizzare il piano e quindi non potevano sanare il credito ricevuto dal piano stesso per cui la Banca Centrale, trovandosi in deficit di liquidità, ricorreva a nuova stampa di moneta con l’inevitabile inflazione che ne seguiva. Oltre a garantire i crediti, la Gosbank effettuava i pagamenti dei salari ai lavoratori statali, così nel 1932 vennero delineate definitivamente le sue funzioni e quelle delle Banche di investimento a lungo termine cui fece seguito, nel 1933, una nuova riforma per migliorarne le attività attraverso il decentramento dei bilanci a livello dipartimentale per poter rispettare il piano del credito. Questo sistema del credito una volta stabilito rimase in vigore per 55 anni senza subire sostanziali modificazioni. Quando la Russia entrò nella Seconda Guerra Mondiale scoppiò una nuova inflazione che portò alla riforma monetaria del 1947 attraverso la quale si intendeva ritirare dalla circolazione l’eccesso di moneta applicando un tasso di cambio di 10 a 1 tra il vecchio ed il nuovo rublo130, parallelamente vennero confiscati i magri risparmi della popolazione russa. Nel 1961 si verificò una nuova svalutazione e nuovamente il cambio tra la vecchia moneta e la nuova era di 10 a 1, quindi con la stagnazione economica degli anni 70 i pesanti deficit di bilancio statale venivano regolarmente coperti dalla Gosbank attraverso l’emissione di nuova moneta con la relativa creazione di inflazione che si manifestava attraverso la drammatica carenza dei beni a prezzi controllati131 e di conseguenza il risparmio ristagnava. Secondo i dati del Narkhoz, riportati da Chattopadhyay132, il credito a breve e a lungo termine concesso dalle banche alle imprese sovietiche è passato dai 64 miliardi di rubli del 1940 ai 521 miliardi del 1985 che dimostra una crescita incessante dello scambio di merci tra le imprese stesse. Negli anni 80 la Banca Statale assunse sempre più il ruolo che svolgono le Banche Centrali dei paesi occidentali e nel Luglio 1987 venne riorganizzato ancora una volta il sistema del credito attraverso la creazione di nuove banche specializzate come la Vneshekonombank, che aveva assorbito la vecchia Vneshtorgbank, la Promstroibank, la Zhilsotsbank e la Sberbank e la Banca Statale iniziò a svolgere la funzione di elaborare il piano del credito e pianificare la distribuzione di fondi e di investimenti creditizi a tutte le banche. Il Complesso Militare Industriale dell’ex URSS133 Tanto più lo scopo della guerra verrà a coincidere con il fine politico e tanto più puramente militare e meno politica sembrerà essere la guerra. Karl von Clausewitz. 129 MARC LIEBERMAN "Banking in the Former Soviet Union," in The Road to Capitalism, (David Kennet and Marc Lieberman, editors), Harcourt Brace Jovanovich, 1992. 130 STEVE H. HANKE The Case for a Russian Currency Board System paper disponibile sul web. 131 STEVE H. HANKE op. cit. 132 PARESH CHATTOPADHYAY The Marxian Concepì of Capital and the Soviet Experience disponibile sul web 133 Occorre precisare che il concetto di Complesso Militare Industriale per l’ex Unione Sovietica è ancora oggetto di dibattito in quanto, differentemente dagli Stati Uniti, le industrie destinate alla produzione militare non erano separate dall’economia nel suo complesso. Interessante lo studio di IRINA BYSTROVA The formation of the Soviet militaryindustrial complex Stanford University, Centre for International Security and Arms Control 1996. 32 Dopo la metà degli anni 30 l’economia sovietica venne condizionata dall’espansione del complesso militare (Voenno-promyshlennyy kompleks)134, infatti tra il 1928 ed il 1937 il budget statale destinato alla difesa era passato dal 2% al 6% 135 mentre l’anno seguente raggiunse il 9% del PIL; da allora è cresciuto continuamente passando dal 11,5% nel 1936 fino al 15% nel 1940. Le industrie legate al Complesso Militare erano spesso in concorrenza tra loro e con le altre imprese per l’acquisizione delle quote del Piano, ma poiché ad esse veniva destinato quasi tutto il macchinario contribuivano per i tre quarti della produzione industriale in generale. Per poter ottenere gli ordinativi dal Ministero della Difesa, e i più redditizi, ogni impresa aveva istituito un settore sempre più imponente legato alla progettazione abbinato ai centri di ricerca in ambito militare136. Si venne così a costituire una sorta di lobbyng tra il Complesso Militare e le imprese ad esso collegate grazie al quale le richieste sempre maggiori di beni collegati al Complesso potevano garantire maggiori guadagni per entrambi137. Si potrebbe affermare con Mikhail Agursky e Hannes Adomeit che “ Gli Stati Uniti hanno un Complesso Militare Industriale, l’Unione Sovietica è un Complesso Militare Industriale”138. In sostanza a partire dalla metà degli anni 30 si era consolidato un sistema produttivo separato dal resto delle attività industriali, che subirono un notevole declino, costituito da imprese legate ad un Complesso Militare che assumerà un ruolo sempre maggiore nel tempo. Di conseguenza il settore della Difesa subì le reazioni negative del governo centrale che attraverso un vero e proprio periodo di epurazioni nei confronti degli alti gradi dell’esercito, stranamente proprio alla vigilia della guerra, intendeva contrastare il ruolo sempre più preponderante dei militari nel sistema sovietico. Secondo Robert C. Tucker139 durante le purghe vennero arrestati 91 ufficiali dei 101 membri che costituivano l’Alto Comando Militare Sovietico e tra questi ne furono uccisi 80; vennero inoltre condannati a morte 3000 ufficiali della marina. 134 Il progetto di un Complesso Militare Industriale venne avviato, senza molto successo, da Mikhail Nikolayevich Tukhachevskii il famoso generale dell’Armata Rossa. Arrestato nel 1937 per presunta “attività antisovietica legata al trotzkismo ed ai nazisti” venne fucilato nel giugno dello stesso anno. Il progetto venne poi sostenuto e realizzato definitivamente, dopo la morte di Stalin, dal Generale D.F. Ustinov, ministro degli armamenti, dopo una lotta contro i dirigenti civili di Mosca legati al Ministero della Difesa. La direzione di Ustinov durò quarant’anni. MARK HARRISON Soviet industry and the Red Army under Stalin: a military-industrial complex? Cahiers du monde russe 2003/2-3 (Vol 44) . 135 Secondo Harrison i dati ufficiali vennero corretti al ribasso in vista delle negoziazioni sul disarmo di Ginevra nel febbraio 1932. 136 Vladimir Sirotin op. cit. 137 Ad esempio una richiesta sempre maggiore di beni alimentari destinati al Complesso Militare ha determinato una collusione tra l’Armata Rossa e le aziende agricole. 138 A, GURSKY, MIKHAIL- A, DOMEIT, HANNES The Soviet military-industrial complex and its internal mechanism National Security Series, 1/78. Queen’s University, Centre for International Relations, Kingston, Ontario 1978. 139 ROBERT C. TUCKER Stalin in Power: The Revolution from Above, 1928-1941 W.W. Norton & Co. 1992. 33 Immagine di Felix Dzerzhinsky ad una parata del 1936 Tra il 1940 ed il 1945, come riferisce Mark Harrison140, le spese militari aumentarono più di quattro volte a discapito di tutti gli altri settori. Nel 1940 la quota destinata alle spese per la difesa in Unione Sovietica era salita al 15% e nel 1941 raggiunse il 28%, mentre tra il 1941 ed il 1942 la percentuale del PIL destinata alle spese militari negli Stati Uniti passò dall’11 al 31%. Il Complesso Militare ha beneficiato anche del contributo fornito dai lavoratori coatti dei Gulag che divenne imponente nel periodo tra il 1947-48 in occasione dei progetti relativi allo sviluppo dell’industria legata all’energia atomica. Infatti in quel biennio la quota di investimenti, gestiti dall’MVD 141, in questi cosiddetti “impianti speciali” per la produzione di energia nucleare (legati al Complesso) rispetto al volume di capitale destinato alla costruzione degli impianti industriali, passò dal 24,6% del 1947 al 30,5% del 1948 mentre l’anno successivo fu del 21,3%.142 Negli anni 50 la quota della ricchezza destinata alle spese militari era calata al 9% e la produzione nel settore degli armamenti conobbe un deterioramento della qualità anche perché il governo centrale era strettamente legato ai manager del settore, superpagati, disponibili alla corruzione che in quel periodo cresceva a dismisura. I guadagni percepiti dai direttori erano stellari in quanto i salari dei coscritti erano più bassi rispetto a quelli dei lavoratori nei settori civili e vivevano sotto la continua minaccia di essere accusati di diserzione o di sabotaggio. Per poter effettuare la programmazione della produzione del Piano quinquennale i dirigenti del Gosplan introdussero nel quarto Piano del 1946-50 una Terza sezione nella quale venne inserita la produzione di armamenti separandola dalla Prima Sezione relativa alla produzione di mezzi di produzione, che comprendeva quella dei materiali destinati al settore militare. La Seconda sezione era quella destinata alla produzione di beni di consumo e delle riserve, ma a partire dal 1951 i 140 MARK HARRISON How Much Did The Soviets Really Spend on Defence? New Evidence From tha Close of Brezhnev Era. Department of Economics University of Warwick and Centre for Russian & East European Studies University of Birmingham 2003. 141 MVD Ministerstvo Vnutrennikh Del ossia Ministero per gli Affari Interni. 142 OLEG KHLEVNYUK “The Economy of the OGPU, NKVD and MVD of the USSR, 1930-1953” in PAUL R. GREGORY and VALERY LAZAREV, editors, The Economics of Forced Labor: The Soviet Gulag. Stanford, CA: Hoover Institution Press, 2003. 34 dirigenti del Gosplan decisero di reinserire la produzione di armamenti nella prima sezione “per ragioni di convenienza”143. Sui criteri di separazione o di integrazione della produzione militare nelle diverse sezioni del piano si ebbe uno scontro tra gli economisti accademici quali Stanislav Gustavovic Strumlin e Alexander Trakhtenberg in quanto il primo intendeva sostenere la separazione del settore militare dalla prima e seconda sezione, mentre Trakhtenberg condivideva la scelta operata nei primi anni 50 dalla direzione del piano di inserirlo nella prima. I pianificatori risolsero la questione facendo semplicemente sparire le spese militari dalle pubblicazioni specializzate144, compresi i salari percepiti dai lavoratori del settore. Comunque gli studiosi sono stati in grado, nel ventennio successivo, di risalire ai dati relativi alle spese militari utilizzando le statistiche ufficiali dell’economia nel suo complesso. Nel periodo della Grande Guerra Patriottica contro l’invasione nazista il Complesso Militare creò una serie di nuove città dove vennero concentrate le attività produttive destinate alla difesa (Naukograds) e centri di eccellenza destinati alla ricerca e sviluppo (Akademgorodok). Accanto a questi centri sorsero una serie di città “segrete”, Zakrytye Administrativno-Territorial'nye Obrazovaniia (ZATO), dove venivano prodotti beni ad alta tecnologia ed armamenti avanzati, nella maggioranza delle quali lavoravano come schiavi i deportati dei Gulag145. Nell’epoca Chruščёviana il budget della difesa, che subì delle fluttuazioni, costituiva una variabile e non il settore fondamentale dell’economia in quanto veniva destinata una quota maggiore al consumo di beni e servizi. Il settore dell’industria pesante divenne in seguito più complesso in quanto era destinato a sostenere i programmi spaziali, che richiedevano una tecnologia più sofisticata, e quelli relativi agli armamenti che avevano subito nel frattempo una trasformazione con la produzione di armi sempre più moderne. Durante la Guerra Fredda molte città, anche le maggiori, erano “chiuse” e per entrarvi occorreva il passaporto in quanto erano divenuti centri strategici sotto il totale dominio del Complesso Militare. La forza lavoro ed i tecnici ricercatori, sotto stretto controllo del KGB, utilizzava le tecnologie più avanzate nel campo delle armi nucleari, biologiche e chimiche fino alla ricerca spaziale ed erano totalmente isolate dalla comunità produttiva nazionale146. La mappa sottostante riporta i centri di produzione del Complesso Militare sovietico. 143 DMITRI STEINBERG “Estimating total Soviet military expenditures: an alternative approach based on reconstructed Soviet national accounts” in CARL G. JACOBSEN The Soviet defence enigma: estimating costs and burden Oxford University Press, 1987. 144 DMITRI STEINBERG cit. 145 BROCK, GREGORY Public Finance in the ZATO Archipelago Europe-Asia Studies, 50, 6, 1998. 146 CENTER FOR POST SOVIET STUDIES Secret and Closed Cities in the Russian Federation . 35 Negli anni 70 le spese militari erano superiori a quelle degli Stati Uniti, infatti, secondo rilevazioni operate dagli osservatori occidentali, nel 1974 ammontavano all’11-12% del PIL, rispetto all’8% degli USA,147 corrispondenti ad un terzo o ad un mezzo degli investimenti sostenuti annualmente148, cosa che determinò una pressione sugli standard di vita dei lavoratori per effetto di un declino dei consumi pari al 2,7% nel 1976. Roy Medvedev riferisce che “nei ministeri e nell’establishment militare il rapporto tra i salari più elevati e quelli più bassi era di 20 a 1 ma potevano anche raggiungere un differenziale di 30 ad 1. Se poi teniamo conto dei numerosi servizi messi a disposizione degli ufficiali a spese della collettività (buoni alimentari, cure mediche, vacanze, trasporti personali ecc.) il valore totale in termini monetari saliva ad un rapporto di 50 ad 1 e a volte di 100 a 1” 149. Nel 1980, utilizzando le metodologie occidentali per il calcolo del PIL, le spese militari erano scese al 2,8% e da allora continuarono a declinare sino al periodo reaganiano che diede un nuovo stimolo fino a farle innalzare nel 1988-89 al 16,1% (secondo Steinberg addirittura al 20%)150 del bilancio statale complessivo portando, come sostiene Paul Kennedy151, l’economia sovietica allo stremo. L’invasione dell’Afghanistan152 contribuì non poco al crollo definitivo. In sostanza come sostiene Harrison le spese militari hanno sempre costituito un freno piuttosto che uno stimolo allo sviluppo dell’economia sovietica. 147 TED GRANT Russia dalla rivoluzione alla controrivoluzione, Ac editoriale, Milano, 1998. Alcuni dissidenti riferiscono che negli anni 70 più del 40% del PIL dell’Unione Sovietica era destinato agli obiettivi militari. 149 ROY ALEKSANDROVICH MEDVEDEV: On Socialist Democracy W.W. Norton & Co Inc. 1975. 150 MARK HARRISON op.cit. e DMITRI STEINBERG cit. 151 KENNEDY PAUL The Rise and Fall of the Great Powers : Economic Change and Military Conflict from 1500 to 2000, London: Unwin 1988. 152 Le truppe sovietiche entrarono nell’Afghanistan nel Dicembre 1979 per affiancarsi alle truppe governative contro i ribelli. Dopo dieci anni l’Armata Rossa si ritirò nel Febbraio 1989 pagando questa avventura con 3.310 morti e 35.478 feriti, a volte mutilati irreparabilmente. 148 36 Il Welfare State nel socialismo realizzato Infatti questa lacerazione, questa infamia, questa schiavitù della società civile sono il fondamento naturale su cui poggia lo Stato moderno, così come la società civile della schiavitù era il fondamento naturale dello stato antico. L’esistenza dello Stato e l’esistenza della schiavitù sono inseparabili. Karl Marx Il Welfare State è stato da sempre considerato come il contributo dello Stato nel garantire beni e servizi per soddisfare i bisogni della collettività favorendo la “solidarietà”, l’attenuazione delle tensioni e più che altro l’integrazione dei lavoratori. In realtà i lavoratori dei paesi occidentali lo stato sociale se lo sono sempre profumatamente pagato, come dimostrano molti studi153, e la loro integrazione è stata realizzata nella fase di sviluppo eccezionale che ha caratterizzato il dopoguerra, più noto come Golden Age, in cui si registravano tassi di crescita eccezionali154. Contrariamente a quanto si pensi, in Unione Sovietica lo stato sociale ha assunto quasi immediatamente un ruolo subalterno allo sviluppo. Uno stato socialista dovrebbe garantire il diritto alla casa, all’educazione, ai servizi sanitari e all’assistenza di vario genere ma il regime sovietico sin dagli inizi ha utilizzato in maniera ambigua la famosa frase di Marx “Ognuno secondo le sue capacità; a ognuno secondo i suoi bisogni!”155 non solo per giustificare una differenziazione nelle attività lavorative, che portò ad una forbice salariale, ma anche il diverso contributo statale al sostegno delle diverse categorie sociali. Nella società sovietica si sono manifestate due tendenze rispetto al sostegno statale: una che spingeva perché venisse considerato come il contributo statale alle imprese che realizzassero gli obiettivi economici ed un'altra secondo la quale il sostegno statale dovesse coprire tutta la popolazione a seconda delle esigenze perché venissero superate le differenze di reddito in seguito alla diversificazione degli standard di vita all’interno della società. Il sistema sovietico, avendo concentrato inizialmente i suoi sforzi verso una accelerazione forzata dello sviluppo, interveniva riservando il welfare prevalentemente a quegli strati sociali che contribuivano maggiormente alla realizzazione degli obiettivi e in questo non si distingueva gran che dai paesi capitalisti. L’istruzione socialista Il censimento del 1926 rilevava che il 50% della popolazione era analfabeta, ma il livello di istruzione nel periodo 1926-39 crebbe considerevolmente, infatti la scolarizzazione aumentò più del 150% tanto che alla fine degli anni 30 i due terzi dei giovani in età scolare frequentava i sette anni obbligatori156. Nel 1934 il tasso di alfabetizzazione raggiunse l’87,4% e nel 1960 il governo dichiarava di aver eliminato l’analfabetismo in Unione Sovietica. 153 Contro i luoghi comuni dello stato sociale vedi ALAN FREEMAN Lo Stato sociale in Germania in Plusvalore n 12 e ALAN FREEMAN Il Welfare State in Gran Bretagna in Plusvalore n.10. Ora in www.countdownner.info. DIEGO GUERRERO Lavoro, capitale e redistribuzione del reddito da parte dello stato: l’evoluzione dell’ ’imposta netta’ in Spagna (1970-1987) in Plusvalore n 8. ANWAR SHAICK, E.AHMET TONAK Measuring the wealth of nations Cambridge University Press 1994. 154 ANDREW GLYN I costi della stabilità: le nazioni capitalistiche avanzate negli anni ottanta in Plusvalore n 12, 1995 ora in www.countdownnet.info. 155 K MARX Critica al programma di Gotha Editori Riuniti. 156 Il Narkompros (Commissariato del Popolo per l’Educazione) venne istituito nel 1917 con a capo Anatoly Vasilyevich Lunacharsky che si impegnò anche nello sviluppo della cultura in Unione Sovietica fino al 1930 quando cadde in disgrazia per aver fondato con Alexander Bogdanov il movimento artistico indipendente Proletkult. Il sistema scolastico in Unione Sovietica inizialmente era piuttosto semplificato ed era orientato. secondo le indicazioni di Lenin, ad alfabetizzare il paese. Nel 1923 venne adottato un nuovo statuto scolastico ed i curricula relativi si svilupparono secondo tre livelli di istruzione: quattro, sette e nove anni; questi ultimi corrispondenti alle scuole secondarie assai poco frequentate. Chi concludeva il settimo anno poteva accedere alle scuole tecniche ma solo gli allievi che superavano il nono anno potevano accedere all’università. Dopo la II Guerra Mondiale i bambini frequentavano la scuola a partire dai 7 anni e l’istruzione primaria durava dieci anni dei quali otto erano obbligatori. Con il decimo anno di studi si doveva 37 Il numero dei laureati passò dai 250 mila del 1928 (che corrispondeva al 70% in più rispetto al 1914) a circa un milione alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale, ossia l’1% della forza lavoro. Il sistema dell’Istruzione era organizzato al fine di ottenere figure professionali di vario genere che fossero funzionali all’industrializzazione e ai settori chiave dell’economia sovietica, ma in generale solo il 15% dei giovani studenti riuscivano ad avere accesso agli studi superiori157. Interessante è l’analisi di Sirotin158 sulla trasformazione della pedagogia nel periodo rivoluzionario, che aveva abolito l’uso delle punizioni nelle scuole, fino alle “innovazioni” introdotte tra gli anni 20 e 30 nel sistema dell’istruzione, attraverso l’azione determinata di Anton Semyonovich Makarenko159, fondate sull’antagonismo e sulla supremazia dei “migliori” rendendo la sua struttura simile a quella spartana o gesuita basate sulla gerarchia di comando. In occasione di una qualsiasi infrazione da parte di uno studente, questi veniva “processato” in una assemblea generale con l’ipocrisia del “centralismo democratico” che di fatto metteva la maggioranza contro il singolo. Nel 1935 i giovani a partire dai 12 anni potevano essere considerati ufficialmente dei “criminali” e quindi soggetti alle stesse pene degli adulti non esclusa la sentenza di morte160; vennero addirittura istituite da Makarenko le Colonie di Lavoro Correzionale e le Colonie di Lavoro Educativo, veri e propri campi di lavoro coatto, per quei giovani studenti obbligati a lavorare nei periodi di festività, che non venivano regolarmente pagati, e per coloro che rifiutavano l’autoritarismo dell’istituzione scolastica161 . In sostanza le strutture scolastiche ed universitarie erano organizzate come un apparato coercitivo di irrigimentazione caratterizzando il sistema dell’istruzione sovietico come militaristico e simile a quello dei Gulag: un sistema schiavistico. Con l’introduzione nel 1940 della legislazione sulle Riserve Statali del Lavoro in URSS gli studenti venivano obbligati a frequentare le cosiddette Colonie educative per i minori che avevano le stesse caratteristiche delle Scuole Tecniche o degli Istituti Tecnici Speciali, come vennero ribattezzate nel 1964, dove gli studenti dovevano indossare una divisa e nelle grandi città maschi e femmine studiavano in Istituti diversi. In questo tipo di scuole vennero convogliati più di 200.000 adolescenti e 150.000 furono inviati negli istituti psichiatrici, veri e propri manicomi criminali, perché si rifiutarono di frequentare tali Scuole Speciali. Nel 1937 i minori costituivano il 19% dei prigionieri della Repubblica Socialista Sovietica mentre nel 1939 erano il 15%. Nel periodo di Chruščёv, nonostante le politiche di “proletarizzazione” degli anni 60, un terzo degli scolari non riusciva a completare gli studi superiori sostenere una sorta di esame di diploma con lo scopo di orientare lo studente agli studi universitari. Esistevano poi delle Scuole Speciali destinate a studenti in difficoltà, avviati al lavoro, o a studenti particolarmente dotati che potevano accedere direttamente agli studi universitari. Le Scuole professionali invece permettevano di conseguire un diploma a livello inferiore (operaio qualificato) o superiore (ad esempio tecnico specializzato o infermiere) e per accedere ad esse occorreva un diploma di Primo grado (classe 8° o 9°) o di Secondo grado (classe 10° o 11°). La durata dell’istruzione professionale era diversa a seconda dell’indirizzo. 157 Come riferisce McAuley, op.cit. nel periodo staliniano le spese scolastiche per l’istruzione superiore venivano sostenute anche dalla famiglia mentre a partire dagli anni 60 l’istruzione era libera ed accessibile a tutti i giovani tra i 7 ed i 17 anni, solo le spese universitarie erano a carico della famiglia ad eccezione degli studenti più “qualificati” che venivano sostenuti dallo stato e dalle imprese. 158 VLADIMIR SIROTIN Children and Adolescents in the USSR and Post-Soviet Russia Research and Analytical Supplement No. 45 November 2009. 159 Anton Semyonovich Makarenko è stato un pedagogista ed educatore sovietico. Nel 1935 assunse la vicedirezione della sezione delle colonie di lavoro ucraine che dirigeva aderendo ciecamente al marxismo-leninismo ed utilizzando i metodi del centralismo democratico di Lenin. 160 Klim Voroshilov, membro del Politburo e Ministro della Difesa, nel 1935 lanciò un allarme contro il dilagare della “delinquenza giovanile” deprecando le punizioni troppo lievi nei confronti di questi “teppisti” condannati dai tribunali a pochi anni di reclusione. Nella città di Mosca erano stati individuati “3000 adolescenti dediti ad aggressioni di ogni sorta” dichiarò Voroshilov, e proseguì affermando ” Non capisco perchè non spariamo a questi farabutti” . SHEILA FITZPATRICK Everyday Stalinism: ordinary life in extraordinary times : Soviet Russia in the 1930s Oxford University Press, 1999. 161 SARAH DAVIES Popular opinion in Stalin's Russia: terror, propaganda and dissent, 1934-1941 Cambridge University Press, 1997. OLEG V. CHLEVNJUK Stalin e la società sovietica negli anni del terrore Guerra 1996. 38 e le stime ufficiali confermano che tra questi la maggioranza era costituita dai figli degli operai. 162. I figli dell’intellighentia e degli specialisti avevano la possibilità di frequentare la scuola superiore in una proporzione maggiore di tre o quattro volte rispetto ai figli dei lavoratori manuali e con la stessa proporzione arrivavano al completamento degli studi universitari. In Unione Sovietica alla fine degli anni 60 lo strato degli specialisti era pari al 12-13% della forza lavoro ed i loro figli costituivano il 30% dei diplomati alle scuole secondarie con maggiori chance di conseguire una occupazione di più alta remunerazione. Infatti uno studio effettuato in quel periodo dimostrava che il 70% dei bambini che provenivano dallo strato degli specialisti entrava da adulti nella fascia remunerativa più elevata mentre solo un terzo dei giovani provenienti dalle famiglie operaie accedeva a mansioni “specialistiche”163. Il sistema sanitario sovietico Nel 1918 l’Unione Sovietica fu il primo paese a promettere la completa copertura sanitaria alla sua popolazione grazie alla socializzazione della Medicina. Secondo le direttive formulate da Nicolai Semashko164 il “diritto alla salute” divenne un “diritto costituzionale”. Il sistema sanitario165, regolato da Commissariato del Popolo per la Salute istituito nel 1917 e poi dal Ministero della Salute dal 1923166, doveva assicurare la salute in primo luogo alle fasce più a rischio nel processo di produzione, così, grazie ad una legislazione piuttosto avanzata, in Unione Sovietica il servizio sanitario veniva garantito nelle grandi metropoli europee ma nelle kombinat industriali, sparse nelle regioni più disparate, esisteva un assistenza medica piuttosto generica assicurata direttamente dalla direzione dell’azienda per sopperire immediatamente ai problemi di salute che potevano creare impedimenti al lavoro cosa che comportava seri limiti alla qualità dell’assistenza stessa. Nonostante l’alto numero di medici rispetto ad una unità di popolazione, non esisteva in Unione Sovietica il medico di famiglia ma qualsiasi richiesta di cure passava attraverso gli ospedali statali nei quali il ricovero era a spese del paziente e le medicine venivano pagate, pur a prezzi accessibili; le cure mediche erano poi gratuite per alcune categorie di pensionati, per i bambini al di sotto dell’anno di età e per i veterani dell’esercito. Il personale sanitario riceveva un salario pari a quello di un operaio per cui erano frequenti i pagamenti sottobanco per prestazioni particolari o per medicine difficili da trovare nelle farmacie pubbliche, rifornite in maniera insufficiente (ad esempio una confezione di antibiotici provenienti dall’estero arrivava a costare 5 rubli), per cui era diffusissimo il mercato nero anche nel settore dei farmaci 167. Spesso negli ospedali si potevano contrarre infezioni secondarie derivate dalle cattive condizioni di edifici in cui la manutenzione era insufficiente e risultavano carenti di equipaggiamenti moderni168. Ad esempio l’incidenza delle infezioni, che causavano malattie gravi come il tifo, la poliomielite, la tubercolosi, la polmonite ecc., pur essendo diminuita tra gli anni 40 e gli anni 80 restava nettamente 162 MIKE HAYNES The Soviet Working Class Today International Socialism, November 1977. ROGER DALE Education and the State: Schooling and the national interest Taylor & Francis, 1981 164 Nikolai Aleksandrovich Semashko venne nominato Commissario del Popolo per la Salute nel 1918 e ricoprì l’incarico fino al 1930. THEODORE H. TULCHINSKY, ELENA VARAVIKOVA The new public health Academic Press, 2009 165 Per uno studio più completo della struttura sanitaria nell’ex Unione Sovietica vedi MICHAEL KASER Health care in the Soviet Union and Eastern Europe Taylor & Francis 1976. 166 Tra il 1934 ed il 1936 venne nominato Commissario del Popolo per la Salute Grigory Naumovich Kaminsky. Arrestato nel 1937 fu condannato a morte l’anno successivo per “attività antisovietiche”. Nel 1946 il Commissariato venne trasformato nel Ministero della Sanità e affidato a George Miterev. 167 KONSTANTIN SIMIS The Machinery of Corruption in the Soviet Union Survey, Winter, 1977. 168 Vi erano naturalmente numerose eccezioni ma un caso assurdo è stato quello di Gorge Eliava, un microbiologo georgiano, che era andato nel 1918-21 e nel 1926-27 a Parigi presso l’Istituto Pasteur dove sviluppò le sue conoscenze sui batteriofagi e la cura delle malattie infettive con il Prof Felix D’Herelle. Nel 1923 Eliava aveva fondato a Tiblisi l’Istituto di Microbiologia dove si facevano applicazioni e ricerche molto avanzate con risultati sorprendenti tanto che D’Herelle rimase affascinato dal sistema rivoluzionario sovietico della ricerca in campo medico e decise di venire a lavorare a Tiblisi. Nel 1937 Eliava venne arrestato nel periodo delle Grandi Purghe e condannato a morte con l’accusa di spionaggio a favore della Francia. D’Herelle non tornò mai più in Unione Sovietica. 163 39 superiore a quella dei paesi occidentali. L’Unione Sovietica ha progressivamente diminuito la quota di spesa destinata alle cure sanitarie infatti, secondo alcune stime, nel 1955 veniva destinato il 9,5% del PIL alle spese mediche che scese al 7,5% nel 1977 e al 3% nel 1980169. Nel biennio che va dal 1939 al 1943 il tasso di mortalità infantile raggiunse il 250 per mille per le condizioni in cui si trovava il paese nel Secondo Conflitto Mondiale ma dopo una diminuzione nel 1945-46 si registra un nuovo picco di 125 morti per mille nati nel 1947. Dopo il 1952 il dato continua a declinare per stabilizzarsi nel 1970 in cui la mortalità infantile era del 24,7 per mille che salì al 27,3 nel 1980, mentre nello stesso intervallo negli Stati Uniti si registra il 20 per mille nel 1970 ed il 12,6 nel 1980170. Il tasso di mortalità infantile e quello relativo agli adulti è quindi aumentato in media tra il 1964 ed il 1980, con valori decisamente superiori a quelli dei paesi capitalisti, e con essi il tasso di morbilità derivato da una alimentazione inadeguata e dall’alcolismo (dati reperibili mostrano l’altissimo livello di consumo presso il percentile di popolazione occupato nei settori produttivi). Nel 1926, dopo la fase drammatica del 1914-22, le aspettative di vita in Unione Sovietica, come riportato da Vladimir M. Shkolnikov e France Meslé, era 39,3 anni per i maschi e 44,8 per le donne, mentre nello stesso anno per gli Stati Uniti si registrano rispettivamente i valori di 55,5 e 58. In seguito l’età media per i maschi è salita fino a raggiungere i 64 anni (72,1 per le donne) nel 1965. Con la metà degli anni 60 le aspettative di vita in Unione Sovietica iniziano a diminuire e nel 1978 l’età media era di 62,5 anni. Inoltre gli incidenti sul lavoro sono sempre risultati in numero superiore rispetto ai paesi industrializzati dell’occidente e non si hanno statistiche sulle morti causate da una carenza cronica di mezzi per salvaguardare una mano d’opera costretta ad accettare condizioni di lavoro disumane lavorando su macchinari che invecchiavano progressivamente. Davis e Feshbach riportano che tra gli anni 40 e la fine degli anni 70 più di un terzo degli incrementi del tasso di mortalità maschile era imputabile agli incidenti sul lavoro.171 In realtà il livello di vita in Unione Sovietica dei primi anni 30 era veramente devastante, anche in conseguenza della Grande Fame del 1932-33 che provocò la morte di più di 8 milioni di persone (di cui 5 milioni erano ucraini)172, ed ebbe serie conseguenze nei decenni successivi. La dieta alimentare è stata sempre messa a dura prova dalle carenze nella distribuzione dei beni alimentari e spesso era condizionata anche da raccolti disastrosi e per effetto di una produttività carente in un settore agricolo arretrato e funestato dal piano. I sussidi nella patria dl socialismo Il sussidio di disoccupazione in Unione Sovietica era praticamente inesistente, vista l’esaltazione del pieno impiego presso lo stato socialista, per cui i senza lavoro non avevano alcun sostegno se non l’emarginazione totale dalla società. Gli inabili, gli anziani e gli “inefficienti” spesso venivano internati nei manicomi e negli Istituti di correzione. Nel 1936 le pensioni degli operai in Unione Sovietica erano comprese tra i 25 e gli 80 (vecchi) rubli mensili mentre gli alti funzionari e gli spetsy percepivano pensioni tra i 250 e 1000 rubli senza contare i privilegi relativi agli appartamenti o alle ville per le vacanze e i buoni per l’istruzione per i 169 DIANE ROWLAND, ALEXANDRE V. TELYUKOV Soviet Health Care from Two Perspectives disponibile sul web Per ulteriori approfondimenti è utile consultare l’ottimo lavoro di VLADIMIR M. SHKOLNIKOV FRANCE MESLÉ “The Russian Epidemiological Crisis as Mirrored by Mortality Trends” in JULIE DAVANZO, GWEN FARNSWORTH Russia's Demographic ''Crisis'' disponibile sul web. Non esistono dati reperibili sulla mortalità nell’ex Unione Sovietica e solo per gli anni 60-70 si possono avere statistiche aggregate sulla mortalità provocata da problemi cardio-vascolari e dal cancro per l’intero paese dal Vestnik Statistiki o dagli annuari statistici del Narodnoye Khozyaistvo SSSR e del Naseleniye SSSR. Tra il 1974 ed il 1986 il governo sovietico non ha fornito alcun dato sulla mortalità e sulle cause di morte. Occorre attendere il 1988 per avere nuove rilevazioni rese pubbliche durante la Glasnost di Gorbachev. 171 CHRISTOPHER DAVIS, MURRAY FESHBACH, ‘Life Expectancy in the Soviet Union’, Wall Street Journal, June 20, 1978. 172 ANDREA GRAZIOSI Le carestie sovietiche del 1931-33 e il Holodomor ucraino. Storica, rivista quadrimestrale, n° 30, 2004. 170 40 loro figli, con buona pace di quanto affermava Lenin sulla Pravda il 20 Aprile 1917 “Lo stipendio dei funzionari - tutti eleggibili e revocabili in qualsiasi momento - non deve superare il salario medio di un buon operaio”. Come riferisce McAuley173, nel 1940 la quota di spesa del welfare destinato alle pensioni era solo del 6%, per raggiungere il 18% nel 1950. Dopo la riforma del 1956 la quota sale al 31% per rimanere quasi invariata fino al 1985. I pensionati in Unione Sovietica sono cresciuti dal 1960174 al 1986 passando da 5,4 milioni a 40,5 milioni e l’età di pensionamento si raggiungeva a 65 anni per gli uomini e a 55 per le donne (a parte i lavoratori dei settori usuranti che andavano in pensione anticipatamente), ma i livelli di retribuzione pensionistica erano inferiori rispetto ai paesi occidentali presentando differenziali a seconda delle mansioni lavorative175. Nel Marzo 1978, come riporta Boris Weil176, la situazione dello stato sociale era piuttosto grave, molti pensionati ricevevano un sussidio inferiore a quello istituito ufficialmente (50 rubli mensili) che veniva considerato ai limiti della povertà. Inoltre alcuni strati della popolazione non avevano alcun tipo di sostegno statale. Nel 1980 l’ammontare della pensione era in media di 64 rubli (45 nei primi anni 70) ma il 30% dei pensionati riceveva meno di 60 rubli mensili. I lavoratori manuali, non manuali e quelli agricoli delle imprese collettive percepivano un sussidio di 53,1 rubli (29 negli anni 70) mentre gli impiegati governativi ricevevano 150 rubli a fronte dei 300 destinati agli ingegneri ed ai tecnici delle fabbriche (120 negli anni 70), infatti molti continuavano a lavorare oltre i limiti anche per cinque anni ed occorre poi notare che le pensioni non erano legate all’andamento dell’inflazione. I livelli minimi di vita erano garantiti da una entrata di 75 rubli, ma dai dati ufficiali risulta che negli anni 60 coloro che si ritiravano dal lavoro vivevano in condizioni di povertà. Nei primi anni 80 un quinto della popolazione era indigente con una entrata di meno di 70 rubli mensili e bisogna aggiungere che in Unione Sovietica la percezione della pensione era strettamente legata agli anni di contribuzione per cui non esistevano le pensioni sociali o le cosiddette pensioni di anzianità. Nel 1970 più di due milioni di sovietici non ricevevano alcuna pensione ma nel 1980 si ridussero a qualche migliaio. Agli inizi del 1926 fu introdotta una legislazione sulla famiglia decisamente “conservatrice”, infatti negli anni 30 venne ripristinato il culto della famiglia e con esso il concetto di “capofamiglia”, così nel paese del “socialismo realizzato” venne promulgata nel 1936 una legge che impediva l’aborto e nel 1944 venne proibito anche il divorzio. A partire dagli anni 30 lo stato garantiva un sussidio alle donne con la nascita del terzo figlio per favorire la natalità (in un paese che soffriva la fame). Ad esempio l’ammontare del sussidio destinato alle madri single con un figlio era assolutamente insignificante mentre restavano gravi le condizioni economiche e sociali degli invalidi sul lavoro e dei lavoratori impiegati nelle fattorie collettive per non parlare dei deportati nei campi di lavoro forzato e nelle colonie. Dopo la morte di Stalin venne ripristinato l’aborto, dopo un decennio il divorzio e nel 1959 anche le madri single con figli a carico ricevettero una sorta di sussidio e con la riforma dello stato di famiglia del 1968-69 venne introdotto un certo egualitarismo. Il perenne problema degli alloggi Nelle grandi città dell’Unione Sovietica nel 1929 vivevano 29 milioni di persone177 mentre la popolazione rurale ammontava a 125,3 milioni, ma con la continua migrazione dalle campagne verso le metropoli industriali, durata un trentennio, tra la fine del 1950 e l’inizio degli anni 60 l’urbanizzazione era tale che la maggioranza dei sovietici risiedeva nei centri urbani. Dopo la 173 MCAULEY A. Economic Welfare in the Soviet Union. Poverty, Living Standards and Inequality. Univ of Wisconsin Pr; 1979. 174 Nel 1940 secondo i dati ufficiali vi erano 4 milioni di pensionati. 175 MCAULEY A. cit. 176 BORIS WEIL The Current Opposition in the Soviet Union PRAXIS International issue: 1, 1981. 177 JEAN-PAUL DEPRETTO Les ouvriers en U.R.S.S: 1928-1941 Publications de la Sorbonne 1997. Il volume contiene numerosi dati empirici sulle condizioni della classe operaia nei diversi centri industriali. 41 distruzione provocata dalla Guerra vennero costruiti nel 1950 un milione di appartamenti ma il problema della casa, nonostante la crescita notevole delle costruzioni prevista dal sesto piano quinquennale (1956-1960), resterà sempre legato allo sviluppo dei centri industriali nei quali tra l’altro permaneva una carenza cronica di alloggi visto che una parte considerevole degli abitanti viveva ancora in appartamenti “comunali” multiabitati (kommunalka) 178. Le case di proprietà statale in realtà erano i casermoni delle grandi città come Mosca o Leningrado in cui la gestione delle assegnazioni era legata al sistema burocratico oggettivamente corrotto e la manutenzione delle case veniva affidata quasi totalmente agli affittuari. In alternativa esisteva la possibilità di ottenere un alloggio attraverso la costituzione di cooperative che davano il via alla costruzione di appartamenti grazie al finanziamento statale ma che comportava rate altissime (nonostante un tasso bassissimo), pagabili per lo più dai dirigenti politici o di impresa. Attorno alle industrie nascevano vere e proprie bidonville dove alloggiavano gli operai; come a Magnitogorsk dove il 75% dei 220 mila abitanti viveva nelle baracche attorno al complesso siderurgico e così per moltissime realtà industriali disseminate sul territorio sovietico. Nei centri industriali i dirigenti, pur essendo attentissimi alle esigenze dei lavoratori non per filantropia ma per poter realizzare i risultati previsti dal Piano visto che la responsabilità ricadeva totalmente sulle loro spalle, non riuscivano a soddisfare le necessità più elementari per la mancanza di disponibilità finanziaria. Sul giornale Za Indoustrializatsion del 14 e del 21 Luglio 1934, in merito alla fabbrica di automobili di Gorki, veniva riportato che “il 22,3 % dei lavoratori, vale a dire 5.000 operai, viveva nelle baracche. Durante l’inverno l’acqua, il gelo e l’estate le cimici la fanno da padroni e come se non bastasse l’aria è resa irrespirabile dalle esalazioni delle fogne”179. Secondo David Horowitz180 i due terzi delle case costruite in Unione Sovietica nel 1935 non avevano l’acqua calda, un terzo nemmeno l’acqua corrente e nel 55% degli appartamenti non esistevano nemmeno i servizi igienici. Negli anni 30 una piccola famiglia che occupava un locale di 15 metri quadrati pagava un affitto mensile che oscillava dai 12 ai 15 rubli se il salario ammontava a 150 rubli mentre ne pagava solo 40 per un salario di 1000 rubli.181 In genere, come riportava il quotidiano Izvestia a quel tempo, una famiglia di quattro persone prima di avere una sistemazione definitiva in un appartamento doveva aspettare ben otto anni durante i quali era costretta a vivere in una stanza. Negli anni 70 quasi il 30% dei cittadini sovietici delle aree urbane viveva ancora in abitazioni condivise con altri o nei dormitori delle fabbriche e per avere l’assegnazione di un appartamento occorreva almeno un decennio e a volte anche più182. Inoltre ai milioni di lavoratori che abitavano nei comuni limitrofi alle grandi metropoli sovietiche veniva impedito per legge di spostarsi all’interno dei centri urbani. Nella patria del socialismo il problema degli alloggi non è mai stato risolto definitivamente anche dopo il crollo del sistema. Per avere una visione di insieme riportiamo nella tabella 11 le spese destinate allo Stato Sociale in Unione Sovietica dal 1940 al 1986 nella quale si nota un certo incremento a partire dagli anni 50. 178 Per avere un’idea dei problemi che sorgevano in queste “comuni” forzate vedi STEVEN E. HARRIS, “‘I Know all the Secrets of My Neighbors’: The Quest for Privacy in the Era of the Separate Apartment” in Borders of Socialism: Private Spheres of Soviet Russia, ed. Lewis H. Siegelbaum New York: Palgrave Macmillan, 2006. 179 M. YVON op..cit. 180 DAVID HOROWITZ The Politics of Bad Faith New York: The Free Press, 1998. 181 In genere venivano assegnati dai 10 ai 20 metri quadrati ad una famiglia di 2,3,4 fino a 5 persone. Sui quotidiani apparivano spesso degli annunci nei quali si richiedeva un “angolo di casa”, ossia una o due camere in comune. Avere un piccolo appartamento di due camere era un privilegio mentre erano comuni le coabitazioni in grandi camere dove dormivano 10, 20 e persino 40 persone. Come riporta M. YVON i litigi in tali condizioni di coabitazione erano all’ordine del giorno. 182 KONSTANTIN SIMISIS, op. cit., riporta che negli anni 70 per avere l’assegnazione di un appartamento occorreva pagare sottobanco 3000 rubli ad un dirigente del Comitato Distrettuale e 300 rubli ad un impiegato del Ministero delle Comunicazioni per l’installazione di una linea telefonica. 42 Tabella 11 Spese destinate allo Stato Sociale in Unione Sovietica dal 1940 al 1986 (incrementi percentuali) Totale milioni di rubli Pro capite rubli per anno Pagamenti di Welfare e assicurazione sociale Istruzione Sanità Sussidi per la casa 1940 1950 1955 1960 1965 1970 1975 1980 1986 4,6 13 16,4 27,3 41,9 63,9 90,1 117 155 24 72,8 84,4 128,5 182,5 264,4 354 441 554 0,9 5,8 7,2 13,5 14,4 22,8 34,6 45,6 65,8 2,0 1,0 0,1 4,4 2,2 0,5 5,2 3,1 0,7 7,3 5.0 1,2 13,2 6,9 2,3 18,7 10,0 3,4 25,1 12,9 4,9 31,6 17,2 6,9 39,4 20,9 9,8 Fonte: A. MCAULEY Economic Welfare in the Soviet Union University of Wisconsin Press 1979, p 262 (parzialmente ricalcolati); Narodnoe Khozyaistvo SSSR 1922-1987, pag 12., Moskow: Finansy i Statistika, 1982, pag 419; 1987 pag 435. Forza lavoro coatta: la ribellione nei Gulag Quando siamo rimproverati di crudeltà, ci stupiamo di come la gente possa dimenticare anche il marxismo più elementare”. V. I. Lenin Noi rappresentiamo il terrore organizzato e questo va detto con chiarezza Felixs Dzerzinskij Fino al 1928 i deportati nei campi di “rieducazione” garantivano una forza lavoro a basso costo che produceva beni di scarsa utilità all’interno del sistema concentrazionario, ma in seguito questo lavoro forzato venne sfruttato nelle aree destinate allo sviluppo industriale. I primi ad essere utilizzati fuori dal Gulag183 furono nel 1926 i 20 mila deportati al Campo di Solovetsky184 nella Karelia e da allora tutti i prigionieri divennero forza lavoro disponibile per realizzare gli obiettivi ambiziosi del piano. 183 Per una analisi della organizzazione all’interno del sistema concentrazionario vedi PAUL BARTON DAVID ROUSSET Le sens de notre combat. L' institution concentrationnaire en Russie 1930-1957. PLON. PARIS. 1959; GALINA MIKHAILOVNA IVANOVA, DONALD J. RALEIGH, CAROL A. FLATH Labor Camp Socialism: The Gulag in the Soviet Totalitarian System M.E. Sharpe, 2000; E. GUERCETTI Gulag. Storia e memoria Feltrinelli Editore, 2004. 184 Nel campo delle isole Solovetsky, a nord ovest della Russia nel Golfo di Onega sul Mar Bianco, vennero internati a partire dal 1921 non solo gli oppositori al bolscevismo (socialisti rivoluzionari, socialdemocratici ed anarchici) ma anche operai e contadini. Secondo le informazioni provenienti da fonti ufficiali del 1 Novembre 1920 dei 17 mila internati il gruppo più consistente era costituito da operai e contadini pari al 34% e 39% rispettivamente. Tra i 40.913 prigionieri del Dicembre 1921 quasi l’84% erano analfabeti o con bassa scolarità ossia semplici lavoratori. GEORGE LEGGETT, The Cheka: Lenin's Political Police Oxford University Press, USA 1987. Nel Dicembre 1923 i prigionieri delle Solovetsky dettero vita ad una rivolta contro le condizioni di vita nel campo che portò all’uccisione di sei deportati ed al ferimento di numerosi altri. Nel 1925 le Solovetsky vennero evacuate dalle autorità in seguito alle continue proteste e tutti i prigionieri politici vennero inviati al campo di isolamento di Verkhny-Uralsk descritto da Ante Ciliga nel suo libro. Nel 1926 le isole tornarono ad ospitare nuovamente dei prigionieri e grazie a Naftaly Aronovitch Frenkel, un ex deportato divenuto misteriosamente direttore del campo, iniziò il sistematico sfruttamento della forza lavoro coatta. Stalin accolse con entusiasmo questa iniziativa e promosse il sistema dei Gulag. ANNE APPELBAUM Gulag Che cosa resta di quella tragedia La Repubblica 10 Novembre 2006. JURIJ BRODSKIJ, Solovki. Le isole del martirio, La Casa di Matriona, 1998. 43 Deportati alle isole Solovetsky Alla metà degli anni 30 si è stimato che gli internati (zeka o zek, compagno di cella, secondo la terminologia del Gulag) nei cinque campi allora realizzati erano 662 mila, la maggior parte dei quali erano contadini, ma nel 1937 il numero dei campi di “rieducazione”salì a 35185. Tra il 1930 ed il 1931 durante la famosa “guerra ai Kulaki” vennero deportati dalle campagne 381 mila persone mentre nello stesso anno ne vennero “esiliate” 1,8 milioni. Con i deportati venivano trasferite anche le famiglie, specie quelle contadine, obbligate a costituire collettività agricole nelle nuove regioni siberiane che avevano l’obiettivo di sfamare le grandi città della Russia europea. Non si hanno delle stime ufficiali sui morti nei Gulag, ma Rummel186 riferisce che tra il 1929 ed il 1935, il periodo della collettivizzazione forzata, 1.400.000 persone morirono per effetto delle deportazioni e 3.306.000 furono i morti nei campi o durante il trasferimento. La deportazione poteva riguardare non solo i dissidenti politici, i dirigenti delle kombinat che non rispettavano il Piano o che venivano contestati dai lavoratori, dagli organismi sindacali e politici all’interno dell’impresa, ma anche gli operai stessi. Infatti quando venne introdotta con la legislazione del 1940 la settimana lavorativa di sette giorni furono imposte norme rigide sull’assenteismo e sulla disciplina e per effetto di tale decreto nel solo 1941 vennero deportati nei Gulag 23.995 operai. Secondo Robert Conquest187 i prigionieri nei campi alla fine del 1938 erano 8 milioni, più un milione di condannati a morte e 2 milioni morti di stenti nel biennio 37-38, mentre Rudolph Rummel188 riferisce che alla fine degli anni 30 i deportati nei Gulag oscillavano tra i 7 e i 15 milioni. In pratica la dekulakizzazione189 fu il pretesto per accumulare forza lavoro a costi bassissimi, un po’ come avveniva nello stesso periodo nei campi nazisti. Infatti negli anni 30 la carenza di operai venne sopperita proprio con il lavoro coatto come a Magnitogorsk o nel complesso minerario di Norilsk. Tra il 1931 ed il 1933 furono utilizzati 150 mila deportati anche per la costruzione del canale sul Mar Bianco (Canale Stalin), durante la quale ne morirono decine di migliaia, e per la costruzione della ferrovia Baikal-Amur. Nel 1940, come riportato da Harrison190, i lavoratori coatti costituivano il 3,5% della popolazione lavorativa dell’Unione Sovietica, ma allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale vi fu una netta diminuzione dei deportati in quanto molti di 185 Dall’Enciclopedia pubblicata a Mosca nel 1998 risulta che tra il 1929 ed il 1960 il sistema concentrazionario era costituito da 476 Campi di lavoro forzato. 186 RUDOLPH J. RUMMEL Stati assassini La violenza omicida dei governi Rubettino 2005. 187 ROBERT CONQUEST Il grande terrore, Milano, Mondadori, 1970. 188 RUDOLPH J. RUMMEL Stati assassini…. 189 I kulaki, secondo la terminologia russa ed ucraina, erano i contadini che erano riusciti a comprare le terre dei nobili per effetto della riforma Stolipyn del 1906. I bolscevichi li considerarono da sempre come i peggiori nemici dei contadini poveri e dopo la rivoluzione del 1917 i kulaki vennero contrastati dal partito in quanto proprietari della terra e quindi annoverabili alla classe borghese da abbattere. Negli anni 30 venne avviata la dekulakizzazione attraverso la confisca dei loro terreni per destinarli alla realizzazione delle Fattorie Collettive. Durante questa fase la gran massa dei piccoli proprietari contadini venne sterminata o deportata nei Gulag. 190 M. HARRISON Soviet Economic Growth since 1928 Europe-Asia Studies, Volume 45, Issue 1; 1993. 44 loro furono inviati al fronte per costituire i “battaglioni penali”191, infatti per sfuggire al regime duro dei campi numerosi furono i volontari tra i prigionieri, mentre tra quelli rimasti il tasso di mortalità fu elevatissimo: tra il 1941 ed 1945 ne morirono più di un milione. Alla fine della guerra la deportazione verso i campi di lavoro, oltre ad interessare i militari tedeschi e giapponesi, venne applicata all’80% degli ex prigionieri di guerra sovietici liberati dai campi di concentramento nazisti, la maggioranza dei quali venne obbligata ad un “lavoro riabilitativo” di 1520 anni. Tra il 1945 ed il 1947 il numero dei campi di lavoro nell’ex Unione Sovietica era salito a 125, mentre secondo Edwin Bacon192 erano 131, ma ad essi andrebbero associate 475 “colonie” e 667 campi non annoverabili nella categoria classica del sistema del Gulag, mentre M.B. Smirnov193 elenca 476 campi di lavoro attivi tra il 1923 ed il 1960. Secondo Bacon tra il 1934 ed il 1952 il numero di prigionieri dei Gulag e nelle “colonie” superava i 18 milioni. Nel 1951 Stepan Mamulov194 propose di riorganizzare il sistema concentrazionario trasformando i deportati in esiliati, così da limitare la spesa di 8 miliardi di rubli l’anno, mantenendo nei campi solamente i criminali più pericolosi, ma questo progetto venne immediatamente accantonato in quanto il sistema del lavoro coatto avrebbe perso il controllo di 1,8 milioni di prigionieri che avrebbero ricevuto un salario, pur inferiore a quello degli operai sovietici, direttamente dai ministeri. Tra il 1946 ed il 1950 i lavoratori coatti costituivano più del 18% della popolazione lavorativa dell’Unione Sovietica ripartita nei vari i settori produttivi secondo la Figura 3. Figura 3 Lavoro nel Gulag , investimenti e produzione come percentuale del totale dell’economia 1940 e 1951 120 100 80 1940 1951 60 40 Platino Diamanti Rame Oro Chromo Cobalto Stagno Nickel Investimenti nelle costruzioni Investimenti totali Costruzioni 0 Forza lavoro 20 Fonte: Forza lavoro nei gulag Tabella 1.2. in PAUL R. GREGORY AND VALERY LAZAREV, editors, The Economics of Forced Labor: The Soviet Gulag Stanford, CA: Hoover Institution Press, 2003 Il lavoro totale, incluso quello delle costruzioni, da Warren Eason, “Labor Force,” Economic Trends in the Soviet Union, ed. Abram Bergson e Simon Kuznets (Cambridge: Harvard University Press, 1963), 77, 82. Il lavoro nelle 191 Il “reclutamento forzato” veniva garantito dallo SMERSH (Morte alle Spie) creato nel 1943 dall’Armata Rossa e diretto da Viktor Semyonovich Abakumov. Nel 1946 lo SMERSH venne assorbito all’interno del Commissariato del Popolo delle Forze Armate. 192 EDWIN BACON The Gulag at War: Stalin’s Forced Labour System in the Light of the Archives New York University Press, 1994. OLEG V. CHLEVNJUK, Storia del Gulag Einaudi 2006. 193 M. B SMIRNOV, S. P SIGACEV, D.V SKAPOV Il sistema dei luoghi di reclusione in Unione Sovietica 1929-1960 in “Il sistema dei lager in URSS” A cura di Marcello Flores e Francesca Gori MAZZOTTA. MILANO. 1999. 194 Stepan Solomonovich Mamulov era deputato e a capo del sistema dei Gulag per il Ministero degli Interni. Venne arrestato nel 1953, condannato a 15 anni di reclusione e, ironia della sorte, deportato in Siberia in occasione della depurazione di Beria ma la sua proposta venne applicata in occasione della amnistia dello stesso anno. 45 costruzioni dei Gulag è stato calcolato come il 75% del totale. I dati sugli investimenti nei Gulag provengono dal GARF 9414-1-28, 9414-1-1312, 9414-1-188. I dati sugli investimenti globali provengono da Richard Moorsteen e Raymond Powell, The Soviet Capital Stock, 1928–1962 (Homewood, Ill.: Richard D. Irwin, 1966), 391. Le quote di produzione dei minerali da G. M. Ivanova, Gulag v sisteme totalitarnogo gosudarstva (Moscow, 1997), p. 97. Si può notare che a fronte di una massa di forza lavoro coatta piuttosto limitata, che cresce del 2% nel decennio 40-51, gli investimenti totali nel sistema concentrazionario aumentarono del 6-10% e quelli relativi alle costruzioni del 20% nel 1951; ma ciò che salta subito agli occhi è la crescita poderosa del 100% relativa alla produzione di diamanti e di metalli preziosi come il platino e l’oro. La produttività del lavoro forzato rispetto a quella dei settori civili era inferiore del 50-60% e per incrementarla il Consiglio dei Ministri nel 1948 garantì ai prigionieri un salario ma corrispondente al 30% di quello percepito dagli operai “liberi” dello stesso settore. Nonostante ciò nel 1953 l’amministrazione dei Campi lamentava carenze di produttività che portarono al mancato realizzo del piano. Si era costituita una vera e propria lobby separata rappresentata dalla struttura direttiva dei Gulag, in mano alla MVD, che spesso si scontrava con i ministeri centrali in merito alle richieste di forza lavoro coatta per la realizzazione delle opere previste dal Piano. Esistono documentazioni che riportano le condanne subite dagli amministratori, che non effettuavano i pagamenti dei salari ai deportati, accusati apertamente di corruzione e spesso i direttori dei Gulag per poter ottenere ulteriori fondi dal Governo centrale esageravano il contributo fornito dal lavoro coatto nei progetti civili. Molti osservatori hanno rilevato che la vita media di un recluso destinato al lavoro forzato era di due anni. Una volta terminata la commessa di lavoro, durante la quale un deportato poteva alimentarsi e percepire un salario anche se misero, i lavoratori coatti rientravano nel Gulag e qui vivevano in condizioni ancora peggiori con razioni di cibo ai limiti dell’inedia che li portavano inesorabilmente alla morte195. La denominazione dei capi sovietici era legata alla posizione geografica; ad esempio il Berlag era un campo sulla costa e ne esisteva uno di tipo “speciale” a Kolima196 . Il Gorlag era invece un campo di montagna come quello del complesso di Norilsk mentre il Pechalang era un campo in zona sabbiosa, ne è un esempio quello di Karaganda nel Kazakhstan. Un tipico esempio di Rechlag (campo di fiume), era quello di Vorkuta nella Repubblica di Komi mentre lo Steplag era un campo nella steppa, come quello di Karaganda mentre l’Ozerlag (campo sul lago) era quello di Irkutsk sul lago Baikal ecc. Kolima 195 VAN DER LINDEN, M. “Forced Labour and Non-Capitalist Industrialization: The Case of Stalinism (c. 1929-c. 1956),” in BRASS. T. AND M. VAN DER LINDEN (eds.) Free and Unfree Labour. The Debate Continues Berne, 1997. 196 ROBERT CONQUEST. Kolyma: the Arctic death camps. London: Macmillan, 1978 JANUSZ BARDACH, KATHLEEN GLESON, L’uomo del Gulag. Kolyma I ricordi di un sopravvissuto Il Saggiatore 2001 e VARLAM TICHONOVIČ ŜALAMOV I racconti di Kolyma, trad. it., Einaudi, Torino 1999. RICHARD PIPES, Il regime bolscevico. Dal Terrore rosso alla morte di Lenin Mondadori, Milano 2000. 46 Nel 1948 Stalin diede all’MVD istruzioni segrete affinché venisse creata una nuova categoria di campi “speciali”, definiti Spetlag, destinati ai prigionieri politici “controrivoluzionari” e caratterizzati da un regime particolarmente restrittivo. Tali campi dovevano essere costruiti nelle vicinanze dei vecchi Gulag ma i prigionieri dovevano essere separati ed isolati rispetto agli altri deportati. Questi Gulag avevano inoltre una amministrazione speciale, che doveva obbedire ciecamente alle direttive di Mosca, e una propria milizia speciale (l’MGB197). Così i prigionieri politici disseminati nei diversi campi vennero spostati verso questi Gulag speciali situati in regioni dal clima insopportabile e senza alcun tipo di servizio dove i deportati dovevano lavorare in condizioni impossibili. Uno di questi era il Kamyshlag nella regione di Kemerovo, istituito nel 1951, in cui vennero inviati “segretamente” molti “indesiderati”. Non si hanno notizie precise sul numero e la tipologia delle rivolte scoppiate nei campi di lavoro ma molti osservatori hanno poi confermato i racconti di Solgenitsin e di Sacharov secondo i quali già nel 1947 in alcuni di essi si verificarono tentativi di fuga o di aperta rivolta, ma più recentemente si hanno informazioni anche sulle sollevazioni dei lavoratori nelle “colonie speciali”198 (spetsposelki) come quella di Pargib, nella Siberia occidentale, nel Luglio-Agosto 1931. Il 29 Luglio, 200 rivoltosi armati di fucili e di mazze assaltarono l’ufficio del comandante per appropriarsi delle armi. Nello scontro morirono tre internati ed un ufficiale sovietico. Il giorno dopo una massa di 350 deportati presero il controllo di alcuni settori del campo e marciarono verso il Quartier Generale di Pargib ma vennero respinti dalla OGPU. Molti prigionieri rientrarono nei loro campi ma un gruppo di essi capeggiati da un certo Morev continuarono a resistere ma alla fine ne vennero uccisi 79. I deportati però riuscirono ad impossessarsi di 63 fucili che risultarono utili in più occasioni. La rivolta paralizzò per una settimana gli organismi locali del partito.199 197 MGB Ministerstvo Gosudarstvennoj Bezopasnost ossia Ministero per la Sicurezza dello Stato con a capo Viktor Semënovič Abakumov noto per essere un ufficiale brutale, disposto a torturare i prigionieri con le proprie mani. 198 Le “colonie speciali” erano dei villaggi costruiti per i lavoratori coatti e le loro famiglie nelle località solitamente impervie e inaccessibili dove erano destinati per l’edificazione di qualche infrastruttura o complesso industriale. La OGPU “affittava” alle imprese i lavoratori speciali quando venivano richiesti pretendendo una percentuale sui salari che nell’autunno del 1931 ammontava al 15% e a partire dal 1932 al 5%. JEAN-PAUL DEPRETTO Un Gran Chantier du Premier Plan Quinquennal Soviétique : Kuznetsktroï Genèses 39, juin 2000. 199 LYNNE VIOLA The unknown gulag: the lost world of Stalin's special settlements Oxford University Press, 2007. 47 Belbaltlag 1932. Costruzione del Canale Stalin Nello stesso anno avvenne l’insurrezione del Kunbass e di Vorkuta200 nel 1936, nuovamente nel 1939 e nel 1942 durante il secondo conflitto mondiale. Nel 1947 si verificarono una serie di rivolte nei campi della Siberia settentrionale. A Jeleznodorjny numerosi soldati russi internati dai nazisti e in seguito inviati in questo Gulag costituirono il Movimento Democratico della Russia del Nord, di chiara matrice antistaliniana, che organizzò una rivolta in cui primeggiava lo slogan “Tutto il potere ai Soviet” allargatasi poi ai campi di Promyshleny, Severny, Gornieki, Vorkuta. Inizialmente vittoriosa, questa rivolta di massa venne repressa con le armi e gli attivisti processati e condannati a pene severe201. Quella che passerà alla leggenda sarà la rivolta nel campo Ust-Usa nel complesso di Vorkuta iniziata con la ribellione di qualche centinaio di prigionieri e dalla sollevazione dei deportati alla sezione"Lesoreid" capeggiata da alcuni ex membri dell’armata rossa rientrati dai Lager tedeschi, M. Reyutin, I. Zverev, M. Dunaev A. Makeev, e di altri prigionieri che stavano lavorando alla costruzione della ferrovia. Gli insorti disarmarono le guardie e mossero in massa verso la città di Vorkuta con l’obiettivo di liberare tutti i detenuti presenti nel carcere arrestati in seguito alle rivolte precedenti; una volta conquistata la città il corteo si diresse verso Leningrado. I rivoltosi riuniti in una armata, che ricorda quella degli schiavi guidati da Spartaco, sostennero una battaglia nella tundra con i miliziani dell’MVD (L’ex NKVD prima del 1946)202 che durò diversi 200 Il campo di Vorkuta è stato fondato nel 1931 per sfruttare i giacimenti di carbone. I prigionieri vi venivano trasferiti a bordo di slitte dalla città di Arcangelo sul mar Bianco ma alla fine degli anni 30 venne costruita una ferrovia dagli stessi internati. A Vorkuta erano presenti dozzine di nazionalità diverse con una popolazione concentrazionaria pari a 200.000 persone. CRAVERI MARTA. The Strikes in the Norilsk and Vorkuta Camps and their Role in the Breakdown of the Stalinist Forced Labour System; TOM BRASS AND MARCEL VAN DER LINDEN, (eds). Free and Unfree Labour: The Debate Continues. Berne: Peter Lang, 1997. 363. 201 Dissenso Est-Ovest Gennaio 1979. 202 L’NKVD (Narodnyj Komissariat Vnutrennich Del) Commissariato del Popolo degli Affari Interni che governava la Milizia dei Lavoratori e dei Contadini, aveva sostituito la vecchia polizia dopo la rivoluzione. Dal 1922 al 1934 una sezione del NKVD era la famosa polizia politica, la tristemente nota GPU Gosudarstvennoe Političeskoe Upravlenie Direzione Politica di Stato. La GPU nel 1923 divenne l’OGPU, Direttorato Statale Politico Unificato, sotto il Consiglio 48 giorni prima di essere sopraffatti. Vennero tutti massacrati nei pressi della città anche per l’intervento dei carri armati e degli aerei militari che bombardarono il corteo. Non è noto se A. Makeev sia caduto nella rappresaglia o sia stato condannato a morte. Analoga sollevazione con lo stesso esito avvenne nel 1949 al Berlag di Kolima, una regione della Siberia orientale203 e al Berlag di Nizhni Aturyakh, mentre al Minlag di Inta, nella regione di Komi, vi fu uno sciopero di dieci giorni e a Suchan, nei pressi di Vladivostock, i prigionieri politici si unirono ai criminali comuni in una rivolta che portò ad una evasione di massa. Anne Applebaum204 riferisce di alcuni episodi verificatisi in seguito come una fuga di prigionieri armati al Kraslag di Krasnojarsk nel marzo 1951, uno sciopero della fame di massa al Ukhtizhemlag e al Ekibastuzlag di Karaganda, dove alla fine di quell’anno avvenne una delle prime rivolte di massa come riferisce Solgenitsin nel suo “Arcipelago Gulag”205. Nel 1952 al Pescanlag del Kazakistan i deportati che lavoravano nelle miniere di carbone fecero uno sciopero della fame e del lavoro durato cinque giorni. In seguito gli agitatori vennero arrestati e, secondo le testimonianze dei prigionieri, avrebbero subito delle torture. I lavoratori tornati dalle miniere assalirono la prigione del campo per liberare i compagni arrestati ma i militari li mitragliarono provocando 12 morti cosa che portò allo sciopero di tre mila internati e in seguito molti di loro vennero pestati e trasferiti in campi a regime più duro. Deportati nel gulag dei Commissari del Popolo dell'URSS, sciolta nel 1934. Nel 1941 venne costituito l’NKGB Commissariato del Popolo per la Sicurezza dello Stato e nello stesso anno l’NKVD fu rinominato MVD Ministerstvo Vnutrennich Del ossia Ministero per gli Affari Interni mentre l’NKGB, con a capo dal 1943 al 1946 Vsevolod Merkulov, venne trasformato nell’MGB Ministerstvo Gosudarstvennoj Bezopasnost ossia Ministero per la Sicurezza dello Stato con funzioni di polizia segreta che nel 1953 verrà fuso con l’MVD. Nel 1954 dall’ MVD venne scorporato da Lavrenti Berija un servizio di sicurezza denominato KGB Komitet Gosudarstvennoj Bezopasnosti (Comitato per la Sicurezza dello Stato) che sarà attivo fino al 1991. Nel 1960 MVD venne disciolto e le sue funzioni trasferite al Ministerstvo Ochrany Obscesvennogo Porjadka (Ministero della Difesa dell’Ordine Pubblico) MOOP. 203 MARTA CRAVERI Resistenza nel Gulag: un capitolo inedito della destalinizzazione in Unione Sovietica Rubbettino Editore srl, 2003 pag 189. 204 ANNE APPLEBAUM Gulag. Storia dei campi di concentramento sovietici Mondatori 2005. 205 Arnoldo Mondadori Editore 1974. 49 Sempre nel 1952 venne organizzata una rivolta armata al Minlag, nella Repubblica di Komi ad est degli Urali206, nella quale ebbe un certo rilievo l’ucraino P.K. Vasilevs’kij. Durante l’agitazione sorsero dei comitati con rappresentanti di tutte le nazionalità, ma la polizia arrestò 31 rivoltosi, dei quali in seguito ne vennero fucilati 12. Nel settembre vi furono disordini all’ Ozerlag di Irkutsk in Siberia, mentre a Pskov, al confine con l’Estonia, alcuni detenuti libertari spagnoli, deportati per la loro opposizione allo stalinismo, erano alla testa dello sciopero. Il sistema di Vorkuta era costituito da una serie di campi sorti attorno alla città e sparsi nella regione tra i quali possiamo ricordare lo Steplag, il Peschanlag, il Luglag ed il Kamyshlag a “regime speciale”. Un altro campo di questo tipo era il Karlag, famoso anche come Karlag 246, poiché a partire dal 1951 era destinato esclusivamente ad accogliere i prigionieri politici, in cui vivevano circa 30.000 deportati, di cui il 40% erano donne. I prigionieri nel 1952 si opposero vigorosamente alle condizioni di lavoro e di vita disumane nel campo così incrociarono le braccia e crearono dei Comitati di Sciopero. La lotta terminò ai primi di Giugno con l’avvio di trattative che garantirono alla fine una riduzione della giornata lavorativa, il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro, la possibilità di ricevere pacchi e lettere, la liberazione delle donne, dei malati, dei vecchi e dei prigionieri politici rinchiusi nelle celle di isolamento. Ma fu nel 1953, dopo la morte di Stalin, che si verificarono le sommosse più imponenti. Il complesso concentrazionario di Norilsk207, istituito nel 1936, era situato al di là del circolo polare nel territorio di Krasnojarsk nella Siberia settentrionale sulle rive del fiume Yenisey. Norilsk, più noto come Norillag, era uno dei siti più ricchi al mondo di minerali e garantiva l’approvvigionamento di materie prime per molta dell’industria sovietica e del complesso militare e per questo veniva considerato il Gulag più importante per l’economia sovietica. Nel 1940 a Norilsk vi erano 12 campi in cui vivevano 27 mila prigionieri, praticamente in condizioni di schiavitù, che lavoravano utilizzando strumenti piuttosto antiquati. Infatti per bonificare il terreno ghiacciato della regione, col fine di coltivare qualcosa di commestibile, avevano a disposizione arnesi definiti dalla direzione stessa del campo “antidiluviani”. Questa situazione aveva provocato delle proteste nell’immediato dopoguerra ma persistendo condizioni di vita e di lavoro insopportabili fu inevitabile lo scoppio di una rivolta nel maggio 1953. I 30 mila deportati del complesso metallurgico scioperarono per 69 giorni, senza alcuna iniziativa violenta, chiedendo la giornata lavorativa di 9 ore anziché 12. Questa agitazione venne giudicata dal Ministero degli Interni come una “Ribellione anti-sovietica e controrivoluzionaria organizzata dai Banderoviti”208. All’interno del campo esistevano due tipi di prigionieri: i suki, costituiti per lo più da criminali comuni sempre pronti a collaborare con la direzione, ed i blatnye209 che rifiutavano ogni tipo di rapporto con l’autorità e questi due gruppi frequentemente si scontravano apertamente all’interno del campo anche in maniera violenta La rivolta maturò dopo uno sciopero contro l’introduzione di due ore di straordinario non pagate e per l’uccisione di due scioperanti, così venne costituito un comitato di sciopero, formato da rappresentanti di tutte le nazionalità, per avviare le trattative con la direzione. Nel mese di Agosto tutti i lavoratori del complesso si sentirono rappresentati dai membri del 206 EKATERINA SHEPELEVA-BOUVARD Thése de Doctorat Culture et Propagande au Goulag Soviétique 1929-1953 Le cas de la République des Komi 2007 disponibile sul web. 207 WILLIAM D. PEDERSON, Norilsk Uprising of 1953 in Modern Encyclopedia of Russian and Soviet History (Gulf Breeze, Florida: Academic International Press, 1976) Vol. 25. 208 In riferimento a Stepan Bandera che nel 1932 riunificò tutte le tendenze nazionaliste in un movimento anti-sovietico che combatteva per l’indipendenza dell’Ucraina. Venne arrestato e condannato all’ergastolo nel 1936. Durante la II Guerra Mondiale, dopo una iniziale collaborazione coi tedeschi, organizzò la guerriglia degli ucraini contro i nazisti e venne deportato in Germania nel 1944. Alla fine della guerra nel 1946 cercò di riorganizzare le fila del nazionalismo ucraino e continuò a combattere per l’indipendenza. Venne ucciso nell’ottobre 1959 a Monaco di Baviera da un agente del KGB. 209 Traducibile come “malavitosi”. Interessante il libro di MIKAÏL DIOMINE Le blatnoï Laffront 1975. 50 comitato che ottenne di incontrare una commissione governativa capeggiata da Kuznetsov210. All’inizio delle trattative la delegazione governativa dichiarò immediatamente l’illegalità dello sciopero ed in un incontro successivo più che negoziare i membri del comitato dovettero subire un vero e proprio processo politico, ma in seguito all’arresto di Berija211, il 10 luglio, la delegazione rientrò nella capitale. Agli inizi di Agosto il governo centrale decise di reprimere lo sciopero, che nel frattempo era proseguito, facendo intervenire la polizia antisommossa dell’MVD che provocò la morte di 78 scioperanti ed il ferimento di 150 (alcuni riportano 400 morti) e i membri attivi del comitato vennero trasferiti in campi a regime più duro. In seguito alla repressione alcuni deportati istituirono una sorta di Comitato di Autodifesa permanente contro le violenze dell’MVD , già attivo in maniera embrionale dal 1947, impegnato ad organizzare i picchetti e la propaganda in tutte le sezioni. Nei mesi successivi si verificarono altre rivolte, sempre represse nel sangue, ma che costrinsero la direzione a pagare un salario “adeguato” al lavoro pesante dei deportati, ad aprire nel campo uno spaccio di generi alimentari e ai prigionieri fu consentito di scrivere una lettera al mese212. Tra la fine di Aprile e nel Maggio 1953 scoppiò una rivolta nel Gulag di Karaganda, nel Kazakhstan, la più vasta dopo quelle del 1947 e del 1951, che è rimasta nella memoria dei russi. La regione di Karaganda è ricca di miniere di carbone e faceva parte del grande kombinat carbonifero di Kuznets. I prigionieri che lavoravano nelle miniere scesero in sciopero per le condizioni di vita divenute insopportabili urlando “Libertà o morte” ma la reazione delle guardie fu tremenda causando l’uccisione di numerosi internati. Non si hanno notizie precise sui fatti accaduti ma molte testimonianze riportano di massacri di massa operati dalle truppe antisommossa. I disordini nel sistema concentrazionario di Karaganda si sono poi estesi a Mordovia, 500 km a sud di Mosca, a Norilsk e a Vorkuta in seguito al trasferimento degli agitatori in quel campo. Erik Kulavig nel suo libro Dissent in the years of Khrushchev : nine stories about disobedient Russians riporta una sommossa avvenuta nel 1953 tra i deportati del Campo di Lavoro e delle Riforme di Kargapolskii nella regione di Kurgan negli Urali per le continue ingiustizie e le numerose uccisioni degli internati. Ma la rivolta che creò seri problemi al Kremlino fu quella del Luglio 1953213, capeggiata da Igor Dobroshtan, che scoppiò poco tempo dopo i disordini di Berlino Est e la morte di Stalin. Sette mila prigionieri di Vorkuta214 entrarono in sciopero sull’onda delle agitazioni operaie della Germania Orientale215. I deportati si organizzarono al di là delle nazionalità e delle opinioni politiche e per molti di loro era la prima volta che partecipavano ad uno sciopero; alla fine del mese tutte le cinquanta miniere del complesso erano ferme. A Vorkuta esisteva una organizzazione clandestina strutturata su tre livelli: politico, informativo, formato da invalidi ed intellettuali col compito di diffondere un bollettino con notizie provenienti da giornali e riviste che arrivavano al campo, e 210 Vasily Vasilyevich Kuznetsov nel 1944 era diventato presidente del Consiglio Centrale dei Sindacati di tutta l’Unione e nel 1952 membro del Comitato Centrale del Partito Comunista, poi membro del Presidium nel 1952-53 211 Vedi nota 105. Tra il 1936 ed il 1938 venne nominato Commissario del Popolo agli Interni Nikolaj Ivanovič Ežov che avviò una fase di dura repressione all’interno dei Campi con gravi conseguenze nell’utilizzo razionale della forza lavoro coatta. Venne sostituito da Berija. 212 Per una cronaca dettagliata degli scioperi a Vorkuta e a Norilsk vedi ANDREA GRAZIOSI I grandi scioperi del 1953 nei campi sovietici nelle testimonianze di alcuni protagonisti in Quaderni Piacentini. Nuova Serie n 8 (1983). 213 J. SHOLMER La greve de Vorkuta Amiot-Dumont Parigi 1954. WILLIAM D. PEDERSON Norilsk Uprising of 1953 Modern Encyclopedia of Russian and Soviet History Gulf Breeze, Florida: Academic International Press, 1976 Vol. 25. 52. JOHN NOBLE I Was a Slave in Soviet Russia New York: The Devin-Adair Co., 1966. 214 A Vorkuta erano scoppiate delle rivolte nel 1937 e nuovamente nel 1939 e nel 1947 dove fu necessario l’intervento degli aerei per bombardare i rivoltosi. 215 CAJO BRENDEL La Comune di Berlino L’insurrezione operaia nella Germania dell’Est – giugno 1953. La lotta di classe contro il bolscevismo in “Un omaggio a Paul Mattick”. BENNO SAREL La classe operaia nella Germania Est Einaudi, Torino 1959, ora in DANILO MONTALDI Bisogna sognare Scritti 1952-1975 Colibri, 1994. Secondo numerose testimonianze pare che i prigionieri fossero venuti a conoscenza dei moti di Berlino e della morte di Stalin attraverso degli apparecchi radiofonici costruiti da essi stessi. 51 militare, quest’ultimo costituito da ex appartenenti alla Armata Rossa 216. In realtà nel campo i prigionieri si sentivano dei lavoratori salariati “obbligati” per cui erano frequenti le vertenze sul lavoro, rispetto agli scontri politici, tra deportati e direzione217 e fu questa la condizione che favorì la dichiarazione di sciopero. Inoltre i prigionieri erano venuti a conoscenza della rivolta di Berlino e con la crisi del regime staliniano erano convinti che fosse vicina una liberazione generalizzata. Nel mese di luglio una massa di 18.000 prigionieri dei vari campi si rifiutò di scendere nelle miniere di carbone e venne immediatamente eletto un comitato di sciopero che dichiarò alla polizia del campo di averne preso possesso pretendendo un incontro con i dirigenti di Mosca. La delegazione governativa, con a capo il generale Derevianko218, arrivò immediatamente a Vorkuta ma i colloqui con il Comitato ebbero un esito fallimentare nonostante le promesse di pasti migliori e condizioni di lavoro più umane. Nella prima settimana si verificò una situazione di stallo con gli scioperanti da una parte e le guardie del campo mobilitate in permanenza dall’altra. Il 31 Luglio la direzione ordinò arresti di massa tra i detenuti con l’accusa di “sabotaggio” causando la reazione violenta degli scioperanti, ormai diventati 500 mila, che eressero barricate. Visto l’atteggiamento piuttosto disponibile di alcune guardie nei confronti dei manifestanti, il 1 Agosto la direzione ordinò alle truppe speciali di aprire il fuoco sulla folla provocando 66 morti e centinaia di feriti. Gli arrestati vennero messi in isolamento senza subire altre punizioni, ma da allora le condizioni dei deportati furono migliorate, specie quelle dei prigionieri politici. Vorkuta Nel giugno 1954 avvenne la rivolta allo Steplag di Kengir, nel Kazakistan, in seguito alla uccisione di un gruppo di prigionieri ed all’arresto di altri per le proteste contro le condizioni bestiali in cui vivevano gli internati nelle miniere di Dzezhkazgan e la pratica continuativa della violenza sui detenuti da parte delle guardie. Nello scontro vennero coinvolti tutti i reclusi che arrivarono ad impadronirsi del campo per quaranta giorni durante i quali vennero organizzate direttamente tutte le attività fino a creare una vera e propria Comune. I rivoltosi elessero dei delegati per le trattative con la direzione e tra questi il capitano dell’Armata Rossa Kapiton Kuznecov, figura piuttosto ambigua, che condusse personalmente i negoziati, ma molto più attivi erano elementi come Engel’s Ivanovich Slucenkov e Gersa Iosifovich Keller. Col tempo l’autogestione nel Campo arrivò a produrre una serie di organismi: un comitato per l’agitazione e la propaganda, capeggiato da una 216 Secondo quanto riporta Paolo Casciola riferendosi a BRIGITTE GERLAND La mia vita nei campi di lavoro sovietici (1946-1953), «Quaderni Pietro Tresso», n. 45, gennaio-febbraio 2004, nel campo di Vorkuta esisteva un gruppo di “studenti leninisti”, i cui componenti vennero arrestati a Mosca nel 1948-49, che ebbe un ruolo cruciale nella organizzazione della rivolta. 217 vedi ANDREA GRAZIOSI op cit. 218 Il generale Kozma N. Derevianko era divenuto una delle figure di spicco del regime staliniano dopo aver firmato la resa del Giappone alla fine della II Guerra Mondiale. 52 figura di spicco come Jurji Al’fredovich Knopmus, per i servizi di ogni genere, per la gestione dei depositi di alimenti, per la sicurezza interna, viste le iniziative contrarie alla rivolta da parte di alcuni deportati, di tipo militare per organizzare l’autodifesa dei rivoltosi ed un dipartimento tecnico, costituito da ingegneri e tecnici di ogni genere che intervenivano con la loro professionalità nelle officine create dai deportati all’interno del campo. Dopo quaranta giorni nello Steplag entrarono i carri armati che misero fine alla rivolta; furono arrestati 436 prigionieri dei quali tre, Slucenkov, Keller e Knopmus , vennero fucilati e mille furono trasferiti in altri campi219. In seguito a queste rivolte, Berija , una volta succeduto a Stalin, promulgò nel 1953 una amnistia per alcune tipologie di internati ma senza concepire un piano ben organizzato, per cui furono pochi i prigionieri rimessi in libertà (alcuni storici parlano di qualche decina di migliaia), probabilmente perché i direttori dei campi fecero delle resistenze nell’applicare l’amnistia per poter mantenere i livelli di produzione imposti dal Piano. Anche dopo la morte di Stalin i prigionieri continuarono ad essere utilizzati per i lavori più pesanti e sfruttati in ogni settore della produzione, in fondo le priorità dell’economia prevalevano sulle condizioni di vita dei deportati, infatti nel 1953 il controllo dei Gulag passò dall’MVD direttamente al Ministero dell’Economia, senza che il sistema concentrazionario subisse alcun cambiamento, fino alle rivolte di Kengir ed alla nuova sollevazione di Vorkuta nel 1955 che portarono ad un certo miglioramento delle condizioni di vita. Con l’avvento dell’era Chruščëv, dopo il XX° Congresso del febbraio 1956, vennero liberati moltissimi prigionieri politici e gli ex militari dell’Armata Rossa, deportati dopo aver vissuto il dramma dei Lager tedeschi, ma una volta in libertà essi incontravano moltissime difficoltà: avevano perso tutta una serie di diritti, non riuscivano ad ottenere i permessi di residenza e la possibilità di trovare un lavoro per il regime di sospetto che aleggiava nella società sovietica e molti vennero continuamente sorvegliati e perseguitati dal KGB. Benché il sistema dei Campi avesse subito una radicale trasformazione, non vennero completamente smantellati e quelli a regime speciale furono attivi fino agli anni 60; i prigionieri politici continuarono ad essere arrestati ed utilizzati come forza lavoro ancora negli anni 80 fino alla chiusura definitiva nel 1987 dell’intero “Arcipelago Gulag”, come veniva definito da Alexander Solzenicyn, con l‘era Gorbacev. Dai dati recentemente usciti dall’archivio del KGB risulterebbe che i Gulag hanno“ospitato” circa 29.000.000 di persone di cui 13.000.000 sono i morti. Il sistema concentrazionario secondo i dati degli archivi ormai resi noti è costato più di quanto abbia prodotto ed è stato inoltre responsabile della creazione di un vasto strato di criminali professionisti Secondo gli ultimi calcoli (fonti ufficiali russe) le vittime del “comunismo” nella sola ex Unione Sovietica sarebbero state circa 75.000.000. Le lotte sconosciute dell’operaio sovietico (L’uomo di marmo) Il Capitale è lavoro morto, che, come i vampiri, riesce a vivere soltanto succhiando il lavoro vivente, e più lavoro succhia, più vive. Karl Marx Il proletariato è scomparso Lenin Solo dopo il crollo del sistema sovietico è stato possibile accedere ai documenti ufficiali redatti dal Consiglio Generale dei Sindacati220 che riportano le interruzioni del lavoro in seguito a scioperi operai nel periodo tra il 1918 ed il 1929; ma a partire dal 1930 tali informazioni spariscono di colpo dai resoconti e le poche disponibili provengono dagli archivi del KGB o dalle pubblicazioni clandestine dell’opposizione. 219 Oltre ai classici sull’Arcipelago concentrazionario si possono consultare MARTA CRAVERI op cit e ANDREA GRAZIOSI op. cit. 220 Per una analisi sulla evoluzione dei Sindacati in Russia vedi SARAH ASHWIN - SIMON CLARK Russia Trade Unions and Industrial Relations in Transition Basingstoke and New York; Palgrave 2002. 53 Sin dal 1920 erano maturate le prime dissidenze operaie nei confronti del governo specie con l’introduzione della “disciplina al lavoro”, con il decreto del Maggio 1920, che aveva ridimensionato le controversie in fabbrica risolte attraverso una trattativa con gli organismi centrali. L’atmosfera divenne poi particolarmente difficile in seguito all’ondata di isteria che vedeva spie e sabotatori in ogni fabbrica o ferrovia in agitazione tanto che il 20 maggio, come riferisce Richard Sakwa221, vennero poste sotto legge marziale ben 24 province compresi i maggiori centri industriali di Pietrogrado222 Tver223, Orel224, Rybinsk, Iaroslavl, Ivanovo-Voznesenk, Vladimir, Niz˘nij Novgorod, Samara, Poltava, Izhevsk225, Mosca, Tula226. Nel maggio 1918 a Kolpino, nei sobborghi di Pietrogrado, guardie armate, dietro ordine specifico di Zinovev, spararono contro gli operai in lotta contro la mancanza di lavoro e di generi alimentari. In seguito all’assassinio del 10 Giugno di V. Volodarskii, un dirigente bolscevico di spicco membro del Comitato Esecutivo del Soviet di Pietrogrado, si verificò una ondata di repressione che portò all’arresto degli attivisti vicini ai Socialisti Rivoluzionari tra i quali molti operai. La reazione dei lavoratori del distretto di Nevski portò alla convocazione di una Assemblea dei Delegati di Fabbrica che dichiarò una giornata di sciopero. Le truppe dell’Armata Rossa invasero il distretto imponendo la legge marziale ed impedendo qualsiasi assembramento, inoltre la fabbrica Obukhov venne definitivamente chiusa 227. Alla fabbrica Simens- Shukkert ed alla Obukhov, nel distretto di Nevski, si verificarono scontri violenti con i disoccupati che bloccavano l’entrata degli operai, mentre alla fabbrica di armi di Sestroresk vennero arrestati e malmenati numerosi scioperanti228. Il 2 Marzo 1919 alle officine Erikson, nel bel mezzo delle agitazioni di Pietrogrado, gli operai cacciarono Zinoviev con la forza mentre cercava di arringare gli scioperanti. In conseguenza dello sciopero generale di Pietrogrado i bolscevichi reagirono attraverso “la repressione militare, gli arresti di massa ed altre misure coercitive, come la chiusura delle fabbriche, l’espulsione della mano d’opera e la sospensione della distribuzione delle razioni nei confronti degli operai licenziati”. Nel 1918 a Pietrogrado a seguito delle proteste operaie contro il razionamento e l’aumento dei prezzi, si formò l’Assemblea Operaia che divenne in breve tempo la maggiore organizzazione politica della città con 200 delegati in rappresentanza di centomila operai ossia i due terzi dei lavoratori. Secondo i dati ufficiali nella provincia di Pietrogrado si verificarono quell’anno 52 scioperi cui hanno partecipato 65.625 lavoratori mentre nel 1920 furono 73 con il coinvolgimento di 85.645 lavoratori mentre secondo Aves furono 109.100 . 221 RICHARD SAKWA Soviet Communists in Power, A Study of Moscow During the Civil War, 1918-21 London, Macmillan, July 1988; New York, St Martins, 1988. 222 JONATHAN. AVES, Workers Against Lenin: labour protest and the Bolshevik dictatorship, I. B. Tauris 1996 ALEXANDER RABINOWITCH, The Bolsheviks in power: the first year of Soviet rule in Petrograd Indiana University Press, 2007. 223 L’attuale città di Kalinin a nord di Mosca dove si verificarono scioperi e marce di protesta contro l’imposizione della legge marziale. 224 Dove si verificò una vera e propria “guerra civile” 225 Nel gennaio 1920 Lenin inviò un telegramma alla direzione del partito a Izhevsk, dove era avvenuta una vera e propria rivolta operaia contro i bolscevichi, nel quale afferma: “ Sono sorpreso che… voi non stiate eliminando immediatamente gli operai in sciopero per il crimine di sabotaggio” S.M. BERK The Class Tragedy of Izhevsk; Workimg Class Opposition to Bolscevism in 1918 Russian History N.2 Vol 2 (1975). 226 Sul problema del razionamento e delle conseguenze in questo periodo vedi l’ottimo LARS T. LIH Bread and Authority in Russia, 1914-1921 University of California Press 1990. 227 ALEXANDER RABINOWITCH Op.cit. 228 WILLIAM ROSENBERG, Russian labour and Bolshevik Power 54 L’armata rossa a Pietrogrado al centro Lenin e Trotzky Alle mitiche officine Putilov di Mosca nel marzo 1919 la Ceka prese d’assalto la fabbrica arrestando 900 operai e condannandone a morte 200. Gli operai delle Putilov, riuniti in assemblea generale il 10 marzo, votarono una mozione che condannava il governo bolscevico, chiedeva libere elezioni dei soviet e dei comitati di fabbrica, l’eliminazione del razionamento alimentare ed il rilascio di quei “rivoluzionari autentici” arrestati dalla Ceka229. In tutti i centri industriali gli operai venivano sottoposti ad una intensificazione del lavoro per sostenere la guerra civile sotto la presenza minacciosa della Ceka, come alle fabbriche metallurgiche di Astrakhan, nel sud del paese, dove gli operai dichiararono uno sciopero nel marzo 1919, che si trasformò in una assemblea affollatissima, contro l’ultrarazionamento alimentare e l’aumento vertiginoso dei ritmi. I convenuti vennero dispersi dalla polizia politica, capeggiata da Sergey Mironovich Kirov230, che mitragliò i lavoratori mentre fuggivano in tutte le direzioni. Vennero uccisi due mila operai ed altrettanti vennero arrestati231. Ogni manifestazione di dissenso operaio nei mesi successivi veniva repressa con l’eliminazione sistematica degli operai più attivi232. Nelle fabbriche di armi della città di Tula nel Novembre 1919 si verificarono degli scioperi, contro il razionamento ed il lavoro alla domenica, che portarono alla applicazione della legge marziale ed 229 NICOLAS WERTH Crimes and Mass Violence of the Russian Civil Wars (1918-1921) Encyclopedia of Mass Violence disponibile on line 230 Sergey Mironovich Kirov (1886 – 1934) nel 1926 era il dirigente del Partito Bolscevico a Leningrado. Negli anni 30 divenne oppositore di Stalin. Nel 1934 Kirov venne ucciso nel suo ufficio allo Smolny da un uomo armato che si sospetta fosse un agente dell’NKVD su ordine di Stalin. In seguito all’assassinio di Kirov iniziarono le Grandi Purghe. 231 THOMAS F. REMINGTON, Building Socialism in Bolshevik Russia Univ of Pittsburgh October 1984 232 P. SILIN, "Astrakhanskie rasstrely", in Viktor Chernov, (ed), ChE-KA. Materialy po deyatel'nosti chrezvychaynykh kommissiy, Iz.TsKPSR, Berlin, 1922, pp. 248 – 255. 55 al processo sommario di 23 operai da parte della Ceka233 che in seguito vennero condannati alla deportazione234. Nel Marzo 1920, in merito all’arresto ed alla deportazione degli scioperanti, intervenne sulla Pravda N. Osinskii, allora Commissario del Popolo per l’Approvvigionamento Alimentare e già membro della opposizione del Centralismo Democratico235. Contro la repressione scioperarono nello stesso anno i 5000 operai della fabbrica di locomotive di Sormovo, nel distretto di Niz˘nij Novgorod. Gli scioperanti vennero aggrediti dall’Armata Rossa che impose il rientro in fabbrica. In seguito agli scioperi dei lavoratori delle tipografie organizzati a Mosca nel Maggio 1920, la Ceka chiuse gli impianti e deportò in massa gli scioperanti in un campo di lavoro. Nel Febbraio 1920 scoppiò una insurrezione, capeggiata da Levko Khristovoi, nella città ucraina di Poltava in seguito alle requisizioni delle razioni alimentari, deprecate persino dal Soviet locale, e per contrastare l’arruolamento coatto dei giovani imposto dall’Armata Rossa per inviarli sul fronte polacco236 Nel Luglio del 1920 a Samara la rivolta scoppiò all’interno delle truppe della Armata Rossa, per poi dilagare tra la popolazione, in seguito all’allontanamento di alcune figure di spicco, come Alexander Sapozhkov, dal comando dell’Armata Rossa durante Guerra Civile contro i Bianchi perché vicini ai socialisti rivoluzionari di sinistra. Il 14 Luglio 1920 tra i ranghi dell’Armata Rossa 4000 militari ribelli fondarono la Prima Armata Rossa della Verità, sostenuta dalla popolazione, alla quale aderirono in seguito molti bolscevichi, come Fedor Dolmatov, che disertarono dall’Esercito regolare. Lenin in un telegramma inviato al comandante del distretto di Zavolzhsky chiedeva fermamente la totale eliminazione degli insorti e Trotzky dichiarava che :” Questi colpevoli devono essere severamente puniti dalla base ai vertici” ed ordinò la fucilazione immediata per tutti quei ribelli catturati con le armi in mano. Nel mese di agosto l’Armata della Verità venne sconfitta dalle truppe regolari accorse a reprimere la rivolta, Sapozhkov venne ucciso e la sua testa inviata al Quartier Generale della Armata Rossa. Dimitri Zubarev, un vecchio eroe della rivoluzione, venne arrestato e fucilato per aver partecipato a quella che molti definiscono la Comune del Volga237 Scioperi di massa interessarono le città di Aleksandrov e le industrie metallurgiche di Briansk. Con gli operai si rivoltarono anche i soldati cui si unirono i contadini della provincia. La rivolta si estese a tal punto che il governo locale dichiarò lo stato di emergenza concedendo poteri assoluti alla Ceka per esecuzioni sommarie o presa di ostaggi secondo il Decreto del Terrore Rosso. Vennero arrestati 152 operai e furono migliaia i feriti tra i soldati ed i contadini.238. Alla fine di maggio la città ucraina di Ekaterinoslavl si trasformò in una “piccola Kronstadt” in quanto gli operai elessero un loro Comitato di Lotta, formato da quindici persone, che avanzò delle richieste molto simili a quelle dei rivoltosi del Baltico. Il 1 Giugno gli operai scesero in sciopero e si unirono ai lavoratori delle ferrovie. Gli scioperanti utilizzarono dei cartelli affissi su un treno per propagandare l’agitazione nelle città vicine mentre venivano inviati messaggi attraverso il telegrafo, occupato dagli attivisti, alle fabbriche del territorio inneggiando alla creazione di “liberi Soviet”. I dirigenti del partito locale invitarono la Ceka ad intervenire per reprimere i “controrivoluzionari”. Dopo gli arresti di massa vennero fucilati 15 operai ed i loro corpi gettati nel fiume Dniepr239. 233 Čeka oVečeka (Commissione straordinaria di tutte le Russie per combattere la controrivoluzione e il sabotaggio) è la prima polizia politica ideata da Lenin e Feliks Edmundovič Dzeržinski nel dicembre 1917 per combattere i nemici del nuovo regime russo. Nel febbraio 1922 divenne la GPU (vedi nota 202). Dzeržinski dal 1921 al 1924 ricopri anche l’incarico di Ministro delle comunicazioni e divenne capo della Vesenkha. 234 La rivolta fu talmente seria che Lenin ritenne necessario inviare il 3 Aprile un telegramma nel quale invitava Dzerzhinskii a “liquidare lo sciopero” VLADIMIR BROVKIN op.cit. 235 VLADIMIR BROVKIN Workers’ Unrest and the Bolsheviks’response Slavic Review Volume 49 Issue 3 Autumn 1990. 236 NICK HEATH The Poltava uprising against the Bolsheviks, 1920 consultabile nel sito LibCom. 237 NICK HEATH 1920: The Sapozhkov Uprising and the Army of Truth. consultabile nel sito LibCom. 238 . JONATHAN AVES Workers against Lenin: labour protest and the Bolshevik dictatorship. 239 JONATHAN AVES cit. 56 Nel 1921 le statistiche ufficiali registrano 538 scioperi con 197.022 partecipanti mentre Tony Cliff riporta che nel 1922 “i lavoratori coinvolti in conflitti di lavoro erano tre milioni e mezzo che nel 1923 scesero ad 1.592.800”240. Nel Novembre 1920 si verificò una rivolta contro la requisizione di grano (razverstka) da parte dei bolscevichi241 nella cittadina ucraina di Ostrogozh, nei pressi di Voronezh, capeggiata da Ivan Sergeevich Kolesnikov un ex comandante della Armata Rossa che aveva disertato. Alla fine del 1920 un’altra rivolta contro le requisizioni interessò la città di Veshenskaia nella regione del Don capeggiata da Iakov Efimovich Fomin. Le armate dei cosacchi Rossi di Formin vennero sconfitte dall’ esercito il 18 Marzo 1922 e nel rapporto ufficiale venne dichiarato che Formin si sarebbe “suicidato”242. Alla fabbrica automobilistica AMO (Avtomobilnoye Moskovskoye Obshchestvo) di Mosca erano attivi gruppi operai esterni al partito bolscevico, tra i quali spiccava Vladimir Petrzhek uscito dal partito, che si battevano contro la NEP e sostenevano la rivolta di Kronstadt243. In seguito la fabbrica prese il nome di ZIS (Zavod Imeni Stalina). Dopo gli scioperi degli operai a Pietrogrado nel marzo 1919, il 24 Febbraio 1921 scesero in lotta i lavoratori della fabbrica Trubochny di Pietrogrado, cui si erano aggiunti i contadini della zona. Si formò un corteo di duemila persone che venne immediatamente disperso dai militari dell’Armata 240 TONY CLIFF State Capitalism in Russia www.marxists.org/archive/cliff/works/1955/statecap/index.htm . LARS T. LIH: Bolshevik Razverstka and War Communism Slavic Review, Vol. 45, No. 4 (Winter, 1986), pp. 673-688 Published by: The American Association for the Advancement of Slavic Studies disponibile sul web. La politica delle requisizioni venne introdotta decisamente da Alexander D. Tsiurupa (1870 – 1928) Commissario del Popolo per la distribuzione degli alimenti alla riunione del Sovnarkom nel maggio 1918. Comunque le riquisizioni di grano erano state introdotte negli ultimi mesi del regime zarista da A.A. Rittikh 242 PETER HOLQUIST Making war, forging revolution: Russia’s continuum of crisis, 1914-1921 Harvard University Press, 2002 243 SIMON PIRANI The Russian revolution in retreat, 1920-24: Soviet workers and the new Communist elite Routledge, 2008. 241 57 Rossa. Il giorno successivo gli operai scesero nuovamente nelle strade coinvolgendo i lavoratori di altre fabbriche tanto che il governo costituì un Comitato di Difesa, capeggiato da Zinoviev, che proclamò la legge marziale. Di notte la città divenne un vero e proprio campo di battaglia con il conseguente arresto di migliaia di insorti. Nello stesso mese si fermarono i lavoratori delle ferrovie ad Aleksandrov , nel gennaio era scoppiata l’insurrezione di Julianikh, in Siberia. La rivolta spontanea di Ishimsk, provocata dalle requisizioni di grano effettuate dai bolscevichi, si allargò alla città di Tyumen, centro economico ed industriale degli Urali, ad Omsk fino alla città kazaka di Akmola ed alle regioni orientali di Chelyabinsk ed Ekaterinburg. I ribelli arrivarono a bloccare la ferrovia della transiberiana riuscendo ad occupare numerose città della regione (Petropavlovsk Tobolsk - dove venne stabilito il quartier generale degli insorti - Kokchetav, Voloshin, Obdorsk e Karkaralinsk) nelle quali, al grido “Per i soviet senza i comunisti”, costituirono nuovi organismi di base indipendenti che gestivano direttamente le zone liberate. La rivolta che coinvolse più di centomila uomini venne ribattezzata come la Terza Rivoluzione Russa ed il governo bolscevico inviò immediatamente numerosi distaccamenti militari e quattro armate capeggiate da Ivan Smirnov, presidente del Comitato Rivoluzionario della Siberia (Sibrevkom), V. Shorin, Comandante in capo delle Forze Armate della Repubblica della Siberia, e P. Pavlunovsky, capo della CEKA in Siberia, che riuscirono a sedare la rivolta utilizzando treni armati di cannoni che bombardarono pesantemente le aree “liberate”. Gli insorti si divisero in piccoli gruppi ed una volta dispersi nella taiga continuarono a combattere praticando la guerriglia. I bolscevichi allora reagirono con una repressione violenta fucilando in massa gli arrestati e la popolazione che li aveva sostenuti, ma la guerriglia proseguì fino al 1922244. A Saratov lo sciopero partì il 3 marzo 1921 dalle ferrovie per poi estendersi alle fabbriche metallurgiche, come la Pokrovsk, dove gli operai, dopo averle occupate, elessero dei nuovi rappresentanti per la trattativa scavalcando il sindacato. Intervenne la Ceka che sciolse con la forza la nuova commissione operaia. Venne nominato un Comitato Rivoluzionario Provvisorio che introdusse la legge marziale nella città e decretò l’arrestò di 281 operai che in seguito vennero condannati a morte245. Il 2 Marzo 1921 i lavoratori della fabbrica Bromlei a Mosca protestarono contro i continui arresti di operai ed organizzarono una assemblea generale per il giorno 25 affinchè venisse rinnovato, con una nuova elezione, il Soviet della città. La massa di operai convenuti venne dispersa con la forza. Naturalmente furono immediatamente arrestati gli elementi più attivi246. Nel frattempo il 1 marzo 1921 era scoppiata la rivolta di Kronstadt247 mentre una ondata di agitazioni investì le miniere nel distretto di Anz˘ero-Sudz˘ensk, nel Kuzbass tra il 1921 ed il 1925 per miglioramenti salariali248, contro il dispotismo dei direttori e dell’organismo locale del partito, 244 Le requisizioni dei raccolti venne organizzata in questa regione da Jacob Mayers, Zakharovich un cittadino americano rientrato in Russia nel 1917 che, ironia della sorte, era stato un militante anarchico e degli IWW. Zakharovich divenne bolscevico nel 1919 e venne fucilato a Mosca nel 1937. MIKHAIL MAGID For the soviets without communists! Anti-Bolshevik rebel movements in the Russian revolution disponibile sul web. 245 JONATHAN. AVES op.cit. 246 RICHARD SAKWA Soviet Communists in Power, A Study of Moscow During the Civil War, 1918-21 247 La sola ribellione al Governo bolscevico nota in occidente nella quale i marinai della base navale, “eroi della rivoluzione d’Ottobre”, i soldati e la popolazione furono protagonisti di una insurrezione per la realizzazione di un vero autogoverno basato sui Soviet attraverso la soppressione dei partiti. Il 7 Marzo 1921 il generale Tuchačevskij a capo dell’Armata Rossa attaccò la fortezza di Kronstadt e dopo una decina di giorni ebbe ragione degli insorti molti dei quali vennero passati per le armi. In seguito Lenin ed i principali dirigenti del partito furono obbligati a mettere fine al Comunismo di Guerra ed avviarono la NEP. PAUL AVRICH, Kronstadt 1921 Mondadori, Milano, 1971; ISRAEL GETZLER L’epopea di Kronstadt 1917-1921 Einaudi Torino 1982; IDA METT La rivolta di Kronstadt Partisan Roma 1970; JEAN-JACQUES MARIE Kronstadt 1921 Utet, Torino, 2007; ANTE CILIGA L’insurrezione di Kronstadt e il destino della Rivoluzione russa (1938) in “Un omaggio a Paul Mattick”. Pressoché ignota è Repubblica Sovietica di Naissaar, un’isola a largo di Tallinn in Estonia sorta nel dicembre 1917 ad opera di Stepan Petrichenko e dei marinai russi della fortezza che dichiararono la nascita della Repubblica Sovietica dei Soldati e Costruttori di Fortezze che si opponeva sia ai bolscevichi sia al governo tedesco. In seguito alla annessione nel 1918 dell’Estonia all’impero germanico i rivoltosi di Naissaar abbandonarono l’isola. Stepan Petrichenko si rifugiò a Kronstadt. 248 S.V. MANOSKINA Vers une chronique du mouvement ouvrier dans le district d’Anz˘ero-Sudz˘ensken 1921-1925 in Materialy k xronike obšc˘estvennogo dvis˘enija v Sibiri v. 1895-1917 gg., fasc. 2, Tomsk, 1995, p. 165-168. A.J. 58 mentre nel marzo 1921 scoppiò una rivolta nel distretto di Velsk, nella regione di Arcangelo sul mar Bianco, in sostegno ai marinai di Kronstadt. Nella primavera del 1922 si verificò una nuova ondata di scioperi nel distretto di Mosca, principalmente nelle industrie tessili, come alla fabbrica Glukhovskaia dove 5000 operai scioperarono per 5 giorni mentre i 4000 lavoratori della Voskresenskaia scesero in lotta per 6 giorni. Nel mese di maggio gli operai moscoviti reagirono in massa per le carenze nella distribuzione degli alimenti ed i dirigenti della città lamentavano che in 24 giorni si erano verificate interruzioni del lavoro in 66 grandi fabbriche, come alla Krasnopresnia dove venne organizzato un sit-in degli operai e degli ingegneri mentre il dissenso alla Bauman culminò con lo sciopero e l’occupazione degli impianti249. L’ondata di scioperi nel biennio 21-22 erano accompagnati da forme di protesta meno radicali dettate da un malcontento generalizzato in quasi tutti i distretti del paese che andavano dalle lettere indirizzate ai maggiori quotidiani del partito sino all’autoriduzione dei ritmi di lavoro (volynka). Operai che vanno al lavoro a Mosca In questo clima il 22 Giugno 1922 dalle 200 alle 300 mila persone parteciparono a Mosca ad una manifestazione indetta dalle opposizioni di sinistra per una maggiore democrazia partecipativa ANDREEV Les conflits du travail en Russie soviétique pendant le « communisme de guerre » et la N.E.P. Le Mouvement Social 2001/3 (no 196). 249 SIMON PIRANI The Russian revolution in retreat, 1920-24: Soviet workers and the new Communist elite Routledge, 2008. Nello stesso libro l’autore riporta una ondata di proteste e di scioperi organizzati dai lavoratori disabili nell’estate del 1923 in occasione della eliminazione della gratuità dei trasporti. Migliaia di lavoratori, la maggior parte dei quali aveva subito mutilazioni durante il periodo della guerra civile, si organizzarono al di fuori dei partiti e dei sindacati per rivendicare i loro diritti in particolare nella città di Mosca dove vennero assediati gli uffici statali dei servizi pubblici. Le lotte culminarono con una assemblea generale di massa del 2 Agosto dalla quale emerse non solo la richiesta della gratuità dei trasporti ma tutta una serie di rivendicazioni perché venissero garantiti benefit a favore dei lavoratori disabili che avevano eletto un loro soviet. A partire dall’8 Agosto non si hanno più notizie di questo movimento. 59 attraverso i soviet ed i sindacati250. Nella capitale vivevano allora 1 milione e 280 mila abitanti e tra il 1921 ed il 1926 si verificarono scioperi selvaggi in tutti i settori e nelle industrie tessili sorsero comitati di lotta che agivano parallelamente ai comitati di fabbrica251. Negli anni 20 si registrano scioperi per aumenti salariali nelle fabbriche ferroviarie e metallurgiche di Krasnojarsk, nelle tipografie della città di Enisejsk, in Siberia, nelle pelletterie di Novonikolaevsk (Novosibirsk) e nelle miniere di Korkino a Celjabinsk252. Poiché in quel periodo tutti i conflitti dovevano essere risolti con un accordo supervisionato dalle Camere di Conciliazione e dal Tribunale per l’Arbitraggio è stato possibile risalire agli scioperi in alcuni dipartimenti dell’Unione Sovietica e scoprire che nella sola città di Mosca nel 1923 vi furono 534 conflitti sul lavoro con 109 mila partecipanti, nel 1924 i conflitti scesero a 490 ma coinvolsero 206 mila lavoratori. I dati per l’intero paese indicano un progressivo incremento del numero delle controversie e dei lavoratori coinvolti nel corso degli anni 1921-1925253. In generale si nota che la maggior parte degli scioperi avevano caratteristiche locali ed erano legati alle particolari condizioni di lavoro, inoltre la maggioranza delle fermate riguardava piccole fabbriche e alcuni grandi centri industriali come la fabbrica di locomotive Profintern a Brjansk dove avvenne una rivolta operaia nel gennaio 1925, causata dalla diminuzione dei salari, nella quale due mila operai si ribellarono alla direzione e ad essi si unì la quasi totalità della cellula di partito presente nella fabbrica. In seguito alle mobilitazioni vennero licenziati 62 operai della fonderia così molti tornarono ai loro luoghi d’origine e gli altri ripresero il lavoro. Le agitazioni si estesero poi alla fabbrica meccanica Ljudinovo, nella stessa città, dove gli operai scioperarono per mesi a gatto selvaggio contro l’aumento dei ritmi di lavoro e nello stesso anno scoppiò uno sciopero nella città di Staraja Russa, nella regione di Novgorod che coinvolse migliaia di lavoratori. Nei complessi industriali di Mosca e di Ivanovo Voznesens si sono registrati in media 10 scioperi al mese come nei grandi centri industriali di Leningrado254 o di Niz˘nij Novgorod; in particolare alla fabbrica Krasnyj Putilovec di Leningrado nel 1926 si venne a determinare una situazione piuttosto difficile in quanto i 950 operai, dopo uno sciopero di due ore e mezza per la richiesta di aumenti salariali, danneggiarono gravemente i manufatti di rame. Nello stesso anno gli operai alle fonderie di ghisa a Kasli, nei pressi di Celiabinsk, scioperarono ben cinque volte per aumenti salariali e per i ritmi di lavoro troppo elevati e alla fermata cha va dal 4 al 7 luglio aderirono 1800 persone ossia il 92% dei lavoratori nelle tre fonderie contro il taglio salariale e l’imposizione di tabelle di rendimento insopportabili. Duri conflitti hanno preso origine anche dal ritardo nel pagamento dei salari come lo sciopero, durato dieci giorni, dei 35 mila minatori del distretto di Aleksandro-Gruševskij nel Donbass dell’ottobre 1923. Per lo stesso motivo 300 lavoratori della fabbrica Cusovoj, nei pressi di Perm, protestarono esigendo il pagamento immediato. Vennero immediatamente pagati dalla direzione per evitare lo sciopero che invece durò due settimane alla fabbrica Trud nel distretto di Murom (Vladimir) nel quale gli operai oltre a pretendere il pagamento dei salari lottarono contro l’aumento dei ritmi di lavoro. Non si hanno informazioni precise sugli scioperi di 8 e 4 giorni che nello stesso anno si verificarono alle stazioni ferroviarie di Termez e di Karši, in Asia Centrale, però le autorità fecero appello perché intervenissero le forze armate. In una fabbrica privata nel distretto 250 La manifestazione venne organizzata dal Gruppo Operaio di Gavril Ilyich Myasnikov, un vecchio bolscevico che si opponeva alle scelte del partito, cui aderirono l'ala sinistra dell'Opposizione Operaia di Alexander Shlyapnikov, segretario del sindacato dei metallurgici, e Alexandra Kollontai ed il Partito Operaio e Contadino fondato nel 1921 da Valerii Panushkin, un vecchio compagno di Lenin che aveva abbandonato il partito bolscevico. Sul Gruppo Operaio vedi ROBERTO SINIGAGLIA, Mjasnikov e la Rivoluzione Russa, Il “ gruppo operaio ” e la rivoluzione degli Urali durante la rivoluzione bolscevica. La polemica Lenin-Mjiasnikov, “ Le transizioni socialiste e libertarie ” Edizioni Jaca Book, Milano, 1973. 251 JOHN B. HATCH “Labour Conflict in Moscow, 1921-1925” in SHEILA FITZPATRICK, ALEXANDER RABINOWITCH, RICHARD STITES Russia in the era of NEP: explorations in Soviet society and culture Indiana University Press, 1991. 252 A.J. ANDREEV L. BORODKIN L. E L. KIR’JANOV J Les conflits du travail en Russie soviétique pendant le « communisme de guerre » et la N.E.P . 253 ANDREEV A., L. BORODKIN L. E L. KIR’JANOV J op. cit. 254 Come venne ribattezzata la città di Pietrogrado nel 1924 in occasione della morte di Lenin. 60 di Lipeck, a sudovest di Mosca, gli operai scesero in lotta oltre per il ritardo nei pagamenti anche per la mancanza di abiti da lavoro: sciopero accompagnato dalla distruzione dei macchinari. Tra il 18 Luglio ed il 24 Agosto del 1924 la fabbrica Probuz˘denie scioperò per gli stessi motivi ed ai lavoratori si affiancano i membri del partito e del soviet. Nel decennio 1917-1927 vennero arrestati 5000 operai maggiormente attivi negli scioperi di quel periodo. Nel resoconto al sesto Congresso del Consiglio Generale dei Sindacati del 1924 sulla questione dello sciopero si legge “I sindacati sono partiti da questa tesi indiscutibile: in Russia, nelle imprese statali, lo sciopero non può essere ammesso come un normale metodo di risoluzione dei conflitti. Al limite gli scioperi nelle imprese dello stato non possono che prodursi a seguito di una degenerazione burocratica di un organismo statale”255. Il resoconto prosegue poi sulla materia di risoluzione dei conflitti nelle imprese statali sostenendo che “la principale tattica dei sindacati sta nel prevenirli, tattica che deve essere determinata dal fatto che i sindacati, in tutti i conflitti in materia di lavoro salariato, sono per la difesa degli interessi operai. Nella loro pratica i sindacati devono assumere una posizione che permetta alle masse operaie di convincersi che il sindacato le difende efficacemente. Allo stesso tempo i sindacati devono tener conto anche degli interessi della produzione e, sull’esempio di qualche conflitto, spiegare agli operai il legame indissolubile tra le loro condizioni materiali e la situazione della industria statale”. Si pongono così le basi per una “integrazione” forzata nel processo di produzione che deve procedere nelle migliori condizioni.256 Secondo un rapporto pubblicato nel Naëmnyj trud v Rossii i na Zapade e nel volume Professional’nye sojuzy S.S.S.R. 1926-1928. Otc˘ët VCSPS k VIII s’ezdu profsojuzov, in cui viene fatta una sintesi annuale sui dati relativi agli scioperi ed al numero di adesioni in tutta l’Unione tra il 1922 ed il 1928, si può registrare che nel 1923 si erano verificati 437 scioperi nelle diverse branche della produzione con il coinvolgimento di 153 mila lavoratori. Queste agitazioni hanno portato ad una vittoria totale per il 17% degli scioperanti, il 37,6% conseguirono una vittoria parziale ed il 45,2% una sconfitta. Nel 1927 i risultati furono migliori con un 36,7% di vittoria completa, 32,1% parziale e 32,2% una sconfitta. Ma la cosa interessante è che nel settore dell’industria privata il numero degli scioperi era estremamente ridotto e che solo il 3,6% degli scioperanti aveva conseguito una vittoria nel contenzioso. Jean Paul Depretto257 riferisce sugli scioperi avvenuti nuovamente nel 1929 alle officine Putilov e nelle industrie chimiche di Leningrado i cui protagonisti erano giovani operai per la maggior parte provenienti dalle campagne o figli di quegli stessi operai che ebbero un ruolo di primo piano nella Rivoluzione d’Ottobre. Nel 1929 l’età media degli operai nella Russia europea era di 31 anni ma se si estendono i dati a tutte le regioni si rileva una media inferiore ai 30 anni; il che fa immaginare che una vasta massa di giovanissimi, anche di età inferiore ai 16 anni, venisse sfruttata nelle fabbriche del paese nonostante il Codice del Lavoro del 1922 ne impedisse l’utilizzo. Le ripetute fermate e lo sciopero alle fabbriche tessili di Sereda, nella regione di Ivanovo, aveva provocato allarme nella direzione poiché gli operai non riuscivano a sopportare i programmi di accumulazione forzata imposti dal Piano; essa dichiarò inoltre che tali interruzioni avrebbero comportato delle conseguenze in sede di contrattazione salariale cosa che alimentò un certo malcontento. Le autorità sovietiche avevano assunto come banco di prova per la realizzazione del Piano proprio i lavoratori della kombinat tessile tanto che erano stati inviati agenti della OGPU specificamente impegnati in un controllo capillare della situazione. Così, per poter sostenere i ritmi elevati, nelle fabbriche di Sereda venne riorganizzato il lavoro proponendo la formazione di squadre su tre turni di sette ore, ma gli operai non intendevano modificare l’organizzazione del lavoro a scapito della loro professionalità e soprattutto lamentavano i bassi salari (un rublo al giorno) giustificati dalla direzione come conseguenza della bassa qualità 255 ANDREEV A., L. BORODKIN L. E L. KIR’JANOV J. Les conflits du travail en Russie soviétique pendant le « communisme de guerre » et la N.E.P, Le Mouvement Social 2001/3, N°196, p. 41-62. 256 ANDREEV A., L. BORODKIN L. E L. KIR’JANOV J. op.cit. 257 JEAN PAUL DEPRETTO op. cit. 61 del cotone prodotto. Il 16 Agosto 1927, al rientro dalle ferie, gli operai della Lower, dopo aver manomesso le macchine della filatura, entrarono in sciopero ed uscirono dalla fabbrica rivendicando maggiori salari e dichiarando apertamente di non preoccuparsi minimamente della produttività, ma subito vennero accusati da una apposita commissione di “opporsi allo stato operaio” e di rivendicare una “operatività arretrata”. La lotta si concluse con una sconfitta che ha mostrato i limiti nella solidarietà delle altre fabbriche tessili del kombinat in quanto la lotta alla fabbrica Lower non riuscì a coinvolgere tutte le altre mettendo in evidenza l’inesistenza di una identità di classe tra i lavoratori258. Di li a poco il malcontento degli operai tessili prima o poi sarebbe scoppiato. Nel 1928 gli scioperi alle fabbriche tessili di Shuia, di Rodniki e di Perekop ebbero come protagonisti gli operai radicali, che avevano partecipato in prima persona all’Ottobre, ormai in aperta opposizione alle imposizioni del Piano. Nelle lotte operaie ebbero un ruolo importante due dissidenti bolscevichi che manifestarono un atteggiamento diverso nei confronti del Governo centrale. Kapiton Klepikov259, un poeta operaio attivo nelle agitazioni del 1907 e del 1914, fu una delle figure più importanti negli scioperi di Rodniki in aperta opposizione alle scelte staliniane che “tradivano le aspirazioni operaie dell’Ottobre” arrivando a criticare anche il bolscevismo del periodo leninista, compresa la NEP. A Perekop, Vasilii Liulin, pur richiamandosi apertamente al “tradimento” del partito, cercava invece di impostare un dialogo con la dirigenza politica per una inversione di rotta.260. Nello stesso anno, a Vichuga, un altro centro del kombinat tessile, un’ondata di scioperanti aggredì il comitato di fabbrica ed impose all’assemblea operaia di respingere duramente l’intensificazione dei ritmi di lavoro, lo stesso accadde nelle fabbriche di Ivanovo e di Kokhma. Gli scioperi operai così passarono dai 732 nel 1929 ai 2930 nel 1930-31 e gli interventi dei funzionari governativi in occasione dei conflitti sul lavoro furono 16 mila261. Lynne Viola262 riporta inoltre che nel 1930 ebbero luogo 13.754 disordini di massa nelle regioni contadine in cui vennero uccisi più di mille dirigenti sovietici di vario livello, come nella rivolta scoppiata in una ventina di villaggi del distretto rurale di Pitelinskii Riazan, ad un centinaio di kilometri da Mosca, dove i contadini si opposero alle milizie antisommossa nella fase della collettivizzazione forzata e in seguito migliaia di manifestanti continuarono per sei giorni ad aggredire i membri del partito reagendo a volte con le armi263. Nel 1929 presero parte a diverse forme di ribellione più di 244 mila contadini che nel 1930 erano saliti a quasi due milioni e mezzo. Hillel Ticktin264 in merito ai tentativi fatti dalla leadership per affermare il controllo sui lavoratori sostiene che “essa non riesce a realizzarlo senza che vi siano delle fermate di massa da parte di una forza lavoro che è sostanzialmente incontrollabile, lavorando in complessi industriali giganteschi e vivendo praticamente l’uno vicino all’altro. L’idea di poter attaccare gli operai in simili condizioni è impensabile senza una nuova strategia di contenimento”265. Lo sciopero degli scaricatori a Samara, nella Russia europea, diede vita ad un Comitato Rivoluzionario di Lotta, che vide la partecipazione di numerosi iscritti al partito, perchè avanzasse 258 CHRIS WARD Russia's Cotton Workers and the New Economic Policy Cambridge University Press, 2002. JEFFREY J. ROSSMAN, Weaver of Rebellion and Poet of Resistance: Kapiton Klepitov (1880 - 1933) and Shop - Floor Opposition to Bolshevik Rule, "Jahrbücher für Geschichte Osteuropas", 3, 1996. 260 Per una analisi di queste figure carismatiche interne alla comunità operaia delle industrie tessili della regione di Ivanovo vedi JEFFREY J. ROSSMAN Worker resistance under Stalin: class and revolution on the shop floor Russian Research Center Studies, volume 96.Cambridge, MA: Harvard University Press, 2005. 261 JEFFREY J. ROSSMAN op. cit. 262 LYNNE VIOLA Popular Resistence in the Stalinist 1930s Cornell University Press, 2002. 263 Per una cronaca degli avvenimenti vedi TRACY MC DONALD A Peasant Rebellion In Stalin's Russia: The Pitelinskii Uprising, Riazan 1930 Journal of Social History, Fall, 2001. 264 TICKTIN HILLEL, Origins of the Crisis in the USSR. Essays on the Political Economy of a Disintegrating System Armonk, NY: Sharpe, 1992. 265 Un analogo punto di vista si può riscontrare in RITA DI LEO, Operai e sistema sovietico, Bari, Laterza, 1970, nel quale viene sottolineata la “estraneità operaia al socialismo realizzato nel proprio paese” ma fa un errore quando ritiene che gli operai sovietici non erano subordinati “alle leggi oggettive dell’economia”. Lo erano eccome anche se si tratta di una economia mostruosa rispetto ai modelli classici. 259 62 richieste di aumenti salariali. L’agitazione culminò con azioni violente contro i responsabili economici. Nelle miniere di Anz˘ero-Sudz˘ensk nel Kuzbass (nella regione di Kemerovo) scoppiò una rivolta che terminò con la cacciata del direttore di uno dei pozzi mentre in una fabbrica del villaggio di Ljudinovo, nella regione di Kaluga, le agitazioni portarono all’uccisione di un caporeparto famoso per le sue persecuzioni nei confronti degli operai. Nella primavera del 1931 a Rodniki, nei pressi di Chelyabinsk, un centinaio di disoccupati marciarono verso i centri di distribuzione degli alimenti, gli uffici del sindacato e la sede del soviet della città per protestare contro il razionamento che aveva dimezzato l’ammontare delle provviste. Lo stesso accadde alla fabbrica Pistovo di Shuya, nella Russia occidentale, dove gli operai affamati intervennero in massa ad una assemblea sulla crisi impedendo ai quadri comunisti di prendere la parola per placare il malcontento dei convenuti, nello stesso periodo a Sudogda, nella regione di Vladimir, vennero distribuiti volantini in cui gli operai chiedevano “Pane” e “Libertà”. Le razioni già basse, da 350 a 800 grammi di pane al giorno e da 1 a 4 chili di carne al mese (burro e uova erano riservati soltanto alle “categorie speciali”), furono ulteriormente ridotte a marzo-aprile del 1932 nello stesso periodo a Vichuga un corteo di operaie tessili della fabbrica Nogin pretese che il comitato di fabbrica distribuisse le razioni degli alimenti. Alcuni ispettori del settore tessile hanno registrato, oltre a Sereda, agitazioni violente, anche a GusKrhustal’niy nella Russia europea e alla fabbrica Krasny Profintern sempre a Vichuga. Le assemblee in molti complessi industriali, come in quello di Yaroslaw, erano infuocate e in esse i responsabili di partito venivano regolarmente accusati di incapacità e di comportarsi come “padroni”, di “essere dei mascalzoni, idioti” e di “bere il sangue degli operai”. In autunno si verificò una nuova ondata di malcontento ad Ivanovo e a Kokhma dove i tagli nella distribuzione dei beni di consumo portarono ad agitazioni che predisponevano allo sciopero. Nel kombinat di Teikovo comparvero scritte sui muri “di carattere antisovietico”, quali “I comunisti stanno riducendo alla fame gli operai” e “Abbasso il Piano Quinquennale”, che causarono non poche crisi tra i militanti e nella OGPU266, intanto il Partito continuava con la sua propaganda affermando che “la crisi e la fame colpivano i paesi occidentali mentre la classe operaia sovietica poteva vantare miglioramenti mai visti prima”. Nell’Aprile 1932 Nikolai Shvernik, Segretario Generale del Consiglio Generale dei Sindacati dell’Unione Sovietica, informò Stalin e Kaganovich267 che in numerose regioni del paese gli operai si stavano ribellando per la mancanza quasi totale di generi alimentari mentre i dirigenti ed i funzionari locali godevano di facilitazioni nell’approvvigionamento. Shvernik informava i dirigenti del partito che nelle industrie tessili della Regione Industriale di Ivanovo, nel Basso Volga, negli Urali, nella Siberia occidentale, nelle miniere del Donbass268 in Ucraina e in Bielorussia “gli operai si rifiutavano di far andare i macchinari”, denunciavano i dirigenti locali ed organizzavano manifestazioni di massa contro la carenza di beni alimentari e sottolineava inoltre che: “In tutte le città menzionate elementi controrivoluzionari e trotskisti cercano di sfruttare le difficoltà temporanee nella distribuzione degli alimenti”. Occorre a questo punto ricordare che la partecipazione a disordini di massa veniva considerata come “un crimine di stato” secondo l’articolo 16 della legislazione sovietica “Sulla Responsabilità criminale per i crimini di Stato” e dall’art. 79 del Codice Criminale dell’URSS, inoltre la partecipazione individuale ad eventuali 266 La Gosudarstvennoe Političeskoe Upravlenie o GPU, Direzione Politica di Stato era nata nel 1922 dalle ceneri della CEKA ed aveva sede nel triste palazzo della Lubjanka a Mosca. Nel 1923 divenne OGPU Ob'edinënnoe Gosudarstvennoe Političeskoe Upravlenie: "Direzione Politica di Stato generale". 267 Lazar Moiseyevich Kaganovich, “ Il lupo del Kremlino” uomo fortemente legato a Stalin, era a quel tempo Segretario del Comitato Centrale del Partito Comunista, carica che coprirà fino al 1939, ed era Commissario del Popolo per l’Industria Pesante. 268 In una lettera a Stalin di B.I. Magidov, segretario del Partito a Poltava in Ucraina, del 10 Novembre 1923 si legge che i minatori avevano scioperato per 10 giorni a causa del mancato pagamento del salario e che “10 mila operai preferivano scendere nelle miniere e vivere qualche giorno nelle gallerie alla profondità di 400,700 e 1200 metri. Là si sentono meglio che nei loro “appartamenti”. ANDREEV A., L. BORODKIN L. E L. KIR’JANOV J op. cit. 63 disordini veniva punita secondo l’art 58 e in seguito dall’art. 70 del Codice Criminale del 1960 cui è seguito l’art 206 che li giudicava atti di “teppismo”. Nel 1932 a Leningrado (l’attuale San Pietroburgo) erano entrati in sciopero gli operai di otto fabbriche mentre nella regione degli Urali ebbero luogo continue agitazioni operaie che durarono sei mesi. In realtà in molte fabbriche gli operai iniziarono a protestare contro il razionamento organizzando assemblee di protesta di fronte alle quali la direzione non sapeva che pesci pigliare, come alla fabbrica Iure’v-Pol’skii o alla Navoloki dove i lavoratori elessero una delegazione di senza partito che doveva andare direttamente a Mosca per trattare affinché venisse ripristinata la regolare distribuzione degli alimenti, mentre all’ assemblea della fabbrica Novje Gorki, oltre agli interventi di numerosi operai che criticavano il partito per la sua totale incapacità, spiccò quello di Panava quando affermò che “la vita è diventata peggiore di quella ai tempi dello zar”. Alla fabbrica tessile del kombinat di Teikovo, nella regione industriale di Ivanovo, l’8 Aprile del 1932 gli operai diedero via alle proteste269. I macchinisti, prevalentemente maschi, chiesero al direttore della fabbrica di provvedere alla distribuzione delle razioni entrando immediatamente in sciopero. Il mattino seguente le proteste continuarono e venne organizzata un’assemblea generale alla fabbrica Iur’evPol’skii alla quale non si presentò il comitato sindacale e tanto meno il direttore. Il giorno successivo la direzione invitò gli operai ad interrompere l’agitazione e a rientrare nei reparti dato che “non si poteva andare contro un decreto governativo”. Dopo un’ assemblea non autorizzata, che non diede alcun risultato, entrarono in lotta anche le donne dei reparti filatura che, unitesi ai meccanici, tra i quali erano molti gli operai senza partito, bloccarono gli ingressi della fabbrica con dei picchetti molto duri e la protesta si allargò così ai duemila lavoratori che reagirono spontaneamente e in maniera piuttosto violenta contro i dirigenti di partito e dell’impresa mentre tentavano di indurli al lavoro; fece seguito una marcia verso il centro della città. A questo punto la sezione del partito si dichiarò solidale coi manifestanti invitandoli però a rientrare nella fabbrica mentre 170 dei 477 attivisti sindacali scesero in lotta a fianco degli operai e la metà dei membri del comitato operaio dichiararono di essere dalla parte degli scioperanti, in realtà agendo da pompieri in modo da far rientrare le proteste nell’alveo della “disciplina sindacale”. Nel frattempo la manifestazione, con a capo Shishkin e Chernov, due vecchi operai del kombinat senza partito, si era ingrossata fino a 4 mila persone accogliendo tra le sue fila anche i cittadini arrabbiati, cosa che destò una ingenua meraviglia nel famoso giornalista bolscevico Nikolai Kochnev in un articolo sul quotidiano della città. Il corteo si fermò davanti alla sede della cooperativa chiedendo un incontro col direttore, che naturalmente si negò. Si diresse poi alla sede del soviet ricevendo il sostegno dei suoi componenti ma con l’invito a rientrare nei luoghi di lavoro per cui i manifestanti, insoddisfatti, si diressero verso il teatro della città dove avrebbe avuto luogo il negoziato. A questo punto un vecchio operaio tessile, senza partito, un certo Lipin, dopo aver arringato la folla sulla piazza antistante il teatro, entrò all’interno per incontrare i membri del soviet e quando uscì informò la folla che veniva richiesta la elezione di un comitato di sciopero: Lipin immediatamente avvertì gli scioperanti che tale richiesta avrebbe comportato la repressione degli operai eventualmente nominati. In seguito venne egualmente eletto un comitato, costituito da Shishkin, Graduzov, Khudiakov, Anan’ev, Mokeeva e Bagazhkova, che incontrò il Comitato distrettuale del partito ma questi si rifiutò di incontrare Khudiakov accusandolo di tutta una serie di colpe che lo rendevano “estraneo alla classe operaia” per cui egli stesso abbandonò la delegazione. Nonostante tutto i colloqui non approdarono a nulla ed i membri del partito continuarono ad accusare il Comitato di Sciopero di aver aizzato gli operai. A questo punto i delegati decisero di inviare un telegramma a Molotov270 per avere delle rassicurazioni sulla distribuzione delle razioni alimentari mentre lo sciopero continuava in attesa di una risposta. Il 12 Aprile gli impianti delle fabbriche ripresero a 269 JEFFREY J. ROSSMAN op. cit. Vjačeslav Michajlovič Molotov dal 1930 al 1941 era Presidente del Consiglio dei Commissari del Popolo ed in sostanza a capo dell’Esecutivo. Diresse la fase di “collettivizzazione forzata” in associazione con Lazar Kaganovič a quell’epoca Commissario del Popolo all'Industria. 270 64 funzionare grazie al lavoro dei membri del partito, del Komsomol271 e dei crumiri, ma l’iniziativa non ebbe successo perché un folto gruppo di operaie bloccò la produzione. Di nuovo la folla di scioperanti si ritrovò nella piazza principale di Teikovo dove, frustrati per la mancata risposta di Mosca, i leader del comitato di sciopero invitarono i manifestanti a marciare verso Ivanovo per unirsi agli operai della città anch’essi in agitazione per raggiungere tutti insieme il Palazzo del Lavoro. Dopo l’approvazione dell’ assemblea, non senza l’arretramento di qualche delegato, la massa decise di affrontare i 30 km che distavano da Ivanovo, ma nella notte la OGPU arrestò alcuni attivisti dello sciopero tra i quali Khudiakov cosa che provocò qualche timore tra i membri del comitato che si accingevano a dirigere la marcia. La mattina del 14 Aprile tre mila dimostranti si ritrovarono nella piazza del Teatro, quindi il corteo si diresse immediatamente verso la città di Ivanovo e dopo averla raggiunta iniziarono le trattative con la delegazione di Mosca presso il Palazzo del Lavoro. La delegazione operaia raggiunse un accordo attraverso il quale riuscì a strappare miglioramenti nella distribuzione delle razioni e sull’orario di lavoro. I membri del comitato subirono però una pesante repressione e Shishkin finì per essere deportato con la sua famiglia in un campo della Siberia. L’OGPU aveva registrato nel 1931 una dozzina di episodi di lotta nel complesso tessile di Vichuga che nel 1932272 sfociarono nello sciopero di 16.000 operai di molte fabbriche che in breve assunsero il controllo dell’intera città. L’agitazione prese piede dopo il razionamento del cibo introdotta nell’aprile273 ma i lavoratori lamentavano anche salari troppo bassi, condizioni di lavoro e di vita insopportabili e carenza nelle cure mediche per i bambini, condizioni che erano simili in molti altri centri industriali del paese dopo l’avvio del Primo Piano Quinquennale. La OGPU aveva da tempo segnalato dozzine di sospensioni dal lavoro nel complesso di Vichuga, l’aumento dell’assenteismo e del turnover durante quell’anno ma senza alcuna reazione dei dirigenti di Mosca. Il 25 marzo seicento operai iniziarono l’autoriduzione dei ritmi di lavoro e numerose interruzioni a seguito della carenza di beni messi a disposizione dalla Cooperativa locale. Le autorità non risposero alle richieste degli operai così il 31 marzo gli scioperanti marciarono verso il centro della città chiedendo le razioni che spettavano loro. I dirigenti locali, dopo aver indetto un’ora di sciopero, chiesero al Komsomol ed ai dirigenti sindacali di incontrare un piccolo gruppo di operai per discutere le loro richieste provocando una reazione immediata dei lavoratori poiché pretendevano che tutti fossero rappresentativi e alcuni chiesero che venisse convocata una conferenza generale di tutte fabbriche per discutere i problemi del razionamento. Così il 3 aprile si tenne una assemblea che portò alla conferenza generale di tutto il complesso tessile del 5 aprile in occasione della quale, visto l’esito deludente, venne indetto lo sciopero che man mano dilagò in tutte le fabbriche del kombinat. Il 9 aprile due operai molto attivi nella protesta, Iurkin, un comunista uscito dal partito nel 1922, e Komarov chiesero una nuova conferenza generale ed assieme ai loro compagni di lavoro marciarono verso la sede del Soviet mentre nelle altre fabbriche gli operai, già in sciopero, praticavano azioni di sabotaggio ed aggredivano i crumiri così da bloccare completamente la produzione. Gli operai formarono un corteo che andò nei vari complessi industriali per fermare il lavoro scontrandosi con i membri del Komsomol e del Partito che cercavano di impedirlo, così 1500 operai uscirono da una delle fabbriche, unendosi ai manifestanti, e via via tutti gli altri lavoratori del complesso tessile: ormai i rivoltosi erano divenuti 5000. La sera del 9 aprile Iurkin venne arrestato dalla polizia e trasferito al carcere di Ivanovo. Il giorno seguente, domenica, lo sciopero continuava e vennero bloccati altri reparti mentre un corteo raggiunse la piazza antistante la sede del Soviet richiedendo a gran voce il ripristino delle razioni alimentari e la liberazione di Iurkin. Per tutta 271 Unione Comunista della Gioventù, organizzazione giovanile del Partito Comunista dell'Unione Sovietica, sorta nel 1918 nei grandi centri urbani con il compito di propagandare “un modo di vita corretto”, decretato dal Partito, secondo il quale venivano banditi alcool, il fumo, il ballo, la religione e tutte quelle attività definite dai dirigenti come “teppismo”. Il Komsomol è stato sciolto con il crollo del regime sovietico. 272 JEFFERY J ROSSMAN op. cit. 273 Secondo Filtzer la carenza dei beni alimentari veniva addirittura utilizzata coma forma di punizione nei confronti degli operai in agitazione nei complessi industriali. 65 riposta venne inviata la polizia col compito di disperdere gli operai ma fu sopraffatta così il corteo si spostò verso la stazione di polizia e, dopo averla devastata, furono aperte le celle di tutti i prigionieri provocando negli scontri il ferimento di molti agenti. Il corteo si diresse quindi verso la sede del Partito e della OGPU dove furono picchiati il segretario del sindacato locale ed il segretario del partito e, dopo aver preso possesso delle loro sedi, fu il turno di quella della OGPU che venne distrutta. Una decina di agenti riuscì però a riconquistarla restandone intrappolati all’interno mentre i manifestanti continuavano a lanciare pietre. A questo punto gli agenti aprirono il fuoco sulla folla uccidendo una persona e ferendone molte altre. I rivoltosi si allontanarono e si diressero verso l’ufficio postale che venne occupato ed utilizzato per entrare in contatto con altre fabbriche. Nella giornata di Lunedì lo sciopero proseguì e 2000 manifestanti tornarono nelle strade così, a questo punto, i dirigenti del partito e del sindacato, ormai alle corde, chiesero loro di formare una delegazione che sarebbe andata a Mosca per colloqui ad alto livello. Gli operai elessero immediatamente un comitato di cinque persone. Nel frattempo ai manifestanti si erano uniti molti contadini della regione di Vichuga. Da Mosca arrivò anche Kaganovich accompagnato da una schiera di dirigenti che iniziarono a tenere conferenze in tutte le fabbriche in lotta impedendo l’ingresso agli attivisti dello sciopero e ai membri del Comitato. Nonostante ciò il leader bolscevico fu costretto a prendere atto delle legittime richieste dei lavoratori perché venissero ripristinate le razioni e venisse garantita una maggiore distribuzione delle derrate alimentari. Kaganovich fu obbligato a fare tutte le concessioni di cui beneficiarono tra l’altro anche i lavoratori di Mosca e di altre città. Lo sciopero dei 16 mila operai del complesso industriale IPO 274 di Vichuga, di cui non si è mai saputo nulla fino al crollo del sistema sovietico, rappresenta la fine del mito staliniano basato sulla garanzia delle condizioni materiali della classe operaia nel paese dove si stava costruendo il socialismo. In un periodo così critico gli scioperanti sono riusciti a prendere nelle loro mani la città, le fabbriche ed il Soviet che avrebbe dovuto rappresentarli. Il comitato operaio che ha condotto le trattative era formato da lavoratori che solo quindici anni prima avevano partecipato alla Rivoluzione d’Ottobre ma che erano stati ridotti a chiedere migliori condizioni di vita 275. Dopo gli accordi di Ivanovo il governo centrale si impegnò ad utilizzare le riserve per incrementare le razioni alimentari ai lavoratori del complesso tessile. Gli operai avevano “vinto” ma in realtà avevano ottenuto solo ciò che era un semplice diritto: quello di sfamarsi. Nel 1932 i miliziani della OGPU si scontrarono con un gruppo di resistenti nell’Altai che da un anno si erano ribellati al governo locale, cosa che era avvenuta nella regione di Tomsk e di Rostov un anno prima. Nello stesso anno si verificarono rivolte nella Siberia occidentale e nell’inverno scoppiò una sommossa nella regione rurale di Tichoreck nella regione di Krasnodar e in quella di Kuban sul Mar Nero. Nell’Aprile venne repressa dall’ NKVD la terza rivolta in Cecenia. Nel 1933 ebbero luogo disordini provocati dagli operai, che durarono sei mesi, in dieci aree degli Urali, nelle miniere, in dieci fabbriche di Pietrogrado e nuovamente nel complesso tessile di Ivanovo dove gli operai organizzarono una marcia di protesta verso Mosca con a capo il vecchio partigiano Shubin. Disordini scoppiarono a Serpukhov, Novosibirsk, Ivanovo-Voznesensk, Sormov, Balahna, Odessa, Kherson e a Nikolaev. Secondo un rapporto della OGPU nella prima metà di agosto si erano già verificate 22 dimostrazioni nelle strade delle città ucraine. Probabilmente proprio a causa di queste ondate di scioperi nei primi anni 30 e con l’introduzione della “emulazione” e della “competizione socialista” il Sindacato aveva utilizzato i “contratti collettivi” come strumento per incrementare la produttività, ma visto il totale fallimento di questo obiettivo i contratti collettivi vennero aboliti nel 1934 e reintrodotti solo formalmente nel 1947 con la ripresa del dopoguerra276. Durante la Seconda Guerra Mondiale con l’occupazione nazista i lavoratori russi boicottarono con le loro azioni di resistenza l’avanzata dei tedeschi e lo sfruttamento delle ricchezze del paese, ma nel 1941 le autorità registrano ancora scioperi e rivolte tra gli operai tessili della regione di Ivanovo che protestavano contro lo smantellamento degli impianti, in seguito alla decisione delle autorità, di 274 Regione Industriale di Ivanovo. JEFFERY J ROSSMAN op. cit. 276 Vedi SARAH ASHWIN E SIMON CLARKE op. cit. 275 66 fronte alla minaccia dell’invasione nazista. La rivolta comportò una pesante repressione con varie condanne a morte degli scioperanti comminate da un tribunale militare. Marietta Chaguinian277 riporta dello sciopero di 15 mila operai nel 1945 alla fabbrica Kirov di Leningrado, dove venivano prodotti i carri armati IS3, e nello stesso anno si verificarono una serie di fermate nella regione degli Urali278 . Nel 1955 il Ministero degli Affari Interni. dietro ordine del Comitato Centrale, adottò misure repressive per ripristinare l’ordine nella Fattoria Statale Piatigorskii, nel distretto di Akmolinsk nel Kazakistan, distrutta, secondo il rapporto ufficiale, “da atti di vandalismo ad opera di emarginati ubriachi e dalla disorganizzazione del lavoro”279. Nello stesso anno uno sciopero “ordinato”, ossia che non diede vita a forme di rivolta, si verificò tra gli operai degli impianti militari di Kemerovo e coinvolse anche i soldati della base. I minatori del Donbass ucraino hanno una tradizione di lotta e di opposizione che risale ai tempi della maknovicina280 e ripresero le azioni di massa sull’onda delle lotte che nel 1956 avevano interessato i paesi dell’Europa dell’Est 281. Il Bacino carbonifero del Donetz costituisce la più vasta regione mineraria ed industriale della Russia europea ed è costituita da una comunità piuttosto particolare formata in maggioranza da ucraini provenienti dalle campagne. La comunità russa si è via via accresciuta per effetto della migrazione interna (44%) provocata dall’industrializzazione forzata, dalla “fuga” di molti sovietici per tutta una serie di motivi e dalla necessità di controbilanciare la comunità ucraina (51%) da sempre in opposizione al governo centrale e 277 MARIETTA CHAGUINIAN : 1945 : 15000 ouvriers en grève dans l’usine Kirov, dans l’Oural Les Cahiers du CERMTRI n.14 278 JEAN-PAUL DEPRETTO Travail libre et travail forcé dans l’Oural pendant la Seconde Guerre mondiale Revue d’histoire moderne et contemporaine 2011/2 (n° 58-2). 279 VLADIMIR A. KOZLOV Mass Uprisings in the USSR: Protest and Rebellion in the Post-Stalin Years. Armonk and London: M.E. Sharpe, 2002. 280 La maknovicina, capeggiata da Nestor Machno, è il movimento di resistenza ucraino di matrice libertaria che dal 1918 al 1921 lottava contro tutti gli oppressori austro-tedeschi, bianchi e bolscevichi. Il movimento crebbe enormemente e conseguì numerose e importanti vittorie, ma fu infine sconfitto dall'Armata Rossa. NESTOR MAKHNO La rivoluzione russa in Ucraina (marzo 1917-Aprile 1918), ed. La Fiaccola – Ragusa 1971 PËTR ARŠINOV, La rivoluzione anarchica in Ucraina. Storia del movimento machnovista (1917-21) Sapere Edizioni, Milano 1972. Successivamente nel 1920-21 si verificò la rivolta contadina di Tambov contro la confisca del grano da parte dei bolscevichi, capeggiata dal socialista rivoluzionario Alexander Antonov che aveva partecipato attivamente alla rivoluzione di Ottobre e per questo definita Antonovschina, repressa duramente dalle truppe dell’Armata Rossa con a capo il generale Tukhachevsky che non esitò ad utilizzare anche armi chimiche contro la popolazione. Antonov venne ucciso dalla CEKA nel 1922. 281 Oltre alla rivolta di Budapest del 1956 (The Hungarian Revolution: 1956 di Anonimo reperibile nel sito Lib-com. BILL LOMAX: The Working Class in the Hungarian Revolution of 1956 in 'Critique' No 12, Autumn 1979/WInter 1980 ed ANDY ANDERSON UNGHERIA '56 La comune di Budapest. I consigli operai Ed. Zero in Condotta 1990) ci si riferisce agli scioperi spontanei, iniziati da 80 operai edili e all’insurrezione operaia verificatisi il 16 giugno 1953 in Germania Est. In Polonia nel giugno 1956 a Ponzan avvenne la prima protesta di massa nel satellite di Mosca, che assunse il carattere di sciopero generale con manifestazioni di piazza per ottenere il miglioramento delle condizioni di vita e la libertà di organizzazione tra gli operai. In Cecoslovacchia, in seguito alla riforma monetaria, scesero in sciopero, il 1° giugno 1953, i lavoratori degli stabilimenti Skoda a Pilsen, chiedendo una maggior partecipazione operaia alla gestione delle fabbriche, l’abolizione del cottimo, le dimissioni del governo e libere elezioni. I lavoratori presero il controllo della città ma immediatamente truppe provenienti da Praga misero a tacere la rivolta che aveva già registrato l’adesione di soldati in uniforme e l’occupazione del municipio. In Bulgaria erano esplose nel 1948 e nel 1950 delle proteste contro la collettivizzazione e l’industrializzazione forzata represse duramente dalle milizie del Partito Comunista Bulgaro che, sotto la dirigenza di Chervenkov, era il partito più legato ai dirigenti di Mosca. Il 3 maggio 1953 nei tabacchifici delle città di Plovdiv e Khaskovo (a 150 kilometri da Sofia) scoppiarono degli scioperi spontanei, contro l’inasprimento delle norme sul lavoro introdotte quell’anno, che dettero il via a manifestazioni “caotiche” degli operai. Il partito inviò Anton Yugov, un oppositore interno alla dirigenza Chervenkov che aveva lavorato nella fabbrica di Plovdiv, per intavolare delle trattative che portarono a miglioramenti delle condizioni di lavoro. MARK KRAMER The Early Post-Stalin Succession Struggle and Upheavals in East-Central Europe: Internal-External Linkages in Soviet Policy Making (Part 1) Journal of Cold War Studies 1.1 (1999). 67 diventata l’obiettivo preferito del “Terrore staliniano”282. Infatti nel biennio 1937-38 in Ucraina vennero arrestate 267.579 persone per motivi politici e ne vennero fucilate 122.237, più di 40.000 furono i perseguitati politici nella sola città di Donetz (ribattezzata Stalino nel 1924) dei quali 27-30 mila vennero condannati a morte. Nel Donbass vi è stato un terzo delle sentenze di morte di tutta l’Ucraina quando nel 1937 solo il 16% della popolazione era costituita da ucraini, la fame del 193233 aveva poi provocato 4 milioni di morti tra i contadini generando un trauma che gli ucraini si porteranno dietro sino ai giorni nostri283. Nelle miniere l’assenteismo era piuttosto elevato rispetto a quello degli altri comparti industriali, accompagnato da un altissimo turn over che con l’inesperienza dei tecnici, relativamente al macchinario utilizzato, provocava frequenti interruzioni del lavoro. Inoltre la difficile sostituzione negli impianti delle parti danneggiate provocava un sensibile calo della produttività (secondo i dati ufficiali nel 1931 veniva utilizzato solo un terzo del macchinario) che comportava la decurtazione del salario, legato al cottimo “stakanovista”, che diede il via ai disordini del 1933284. Durante il periodo che segue il Secondo Conflitto mondiale, nonostante l’esaltazione della crescita in occasione del Quinto Piano Quinquennale, lanciato nel 1946 da Voznesensky285 e caratterizzato dalla fase di ricostruzione delle fabbriche e delle infrastrutture, la produzione di grano non riuscì mai a decollare e nel 1952, un anno tra l’altro particolarmente favorevole, non vennero raggiunti i livelli del 1940 tanto che la produttività per acro era inferiore a quella del 1913. In tali condizioni il malcontento serpeggiava tra la popolazione per la solita mancanza cronica di alimenti disponibili nelle Cooperative, per cui il mercato nero crebbe in maniera spaventosa. Nonostante la vittoria della Grande Guerra Patriottica i lavoratori sovietici continuarono a manifestare il loro malcontento. Interessante il caso della fabbrica di trattori MTZ di Minsk dove vennero convogliati migliaia di giovani operai di età compresa tra i sedici e i diciotto anni con la promessa di condizioni di lavoro ottimali. I giovani tempestarono di proteste il Komsomol per la mancanza di vestiario adeguato (non avevano nemmeno gli stivali che potessero proteggerli dal freddo), per le condizioni di lavoro impossibili (straordinari continuamente imposti), alloggi inesistenti (vivevano in dieci in una baracca) e la mensa non garantiva una alimentazione adeguata. I giovani operai continuavano a “disertare” il lavoro e per tutta risposta la direzione della fabbrica processò uno di essi condannandolo a sei anni di Campo di Lavoro286 . Spesso gli scioperi sorgevano spontanei in seguito al mancato pagamento dei salari oppure si rispondeva con l’assenteismo (progul) come nel 1948 alle miniere di carbone di Korkino dove 70 giovani minatori si rifiutarono di andare al lavoro per non aver ricevuto la paga per due mesi. I casi di assenteismo per tale motivo erano molto frequenti in quel periodo tanto che in un rapporto interno del Partito Comunista del 18 Marzo 1952 venne registrato che nel 1951 l’assenteismo era triplicato nelle miniere di carbone, raddoppiato nelle industrie tessili e chimiche ed era aumentato del 50% nel settore petrolifero287. Nel settembre 1955 scoppiò uno sciopero spontaneo nelle fabbriche di costruzioni militari a Kemerovo. I giovani militari di leva, che dovevano essere congedati furono utilizzati, con un prolungamento del servizio militare a seguito del decreto del maresciallo Z.K.Zhukov288, per 282 Gestito in maniera feroce da Nikolaj Ezov (Ezovshina) che aveva sostituito G. Jagoda a capo dell’NKVD dal 1936 al 1938. In Spagna la polizia di Ezov distrusse i vertici del Poum, assassinandone il leader Andrés Nin. Nel 1938 Ezov sparì nel nulla. 283 ROBERT CONQUEST Harvest of sorrow: Soviet Collectivization of Agriculture and the Terror Famine, London, Hutchinson, 1986. 284 WILLIAM G. ROSENBERG, LEWIS H. SIEGELBAUM Social dimensions of Soviet industrialization Bloomington: Indiana University Press, 1993. 285 Nikolai Alekseevich Voznesensky era il presidente del Gosplan durante la guerra e nell’immediato dopoguerra. Essendo legato ad Andrei Zhdanov , un vecchio bolscevico sostenitore del realismo socialista morto misteriosamente nel 1948, cadde in disgrazia, venne “purgato” e condannato a morte nel 1950. 286 DONALD A. FILTZER Soviet workers and late Stalinism: labour and the restoration of the Stalinist system after World War II Cambridge University Press, 2002. 287 PETER H. SOLOMON Soviet criminal justice under Stalin Cambridge University Press, 1996 288 Il generale Georgy Konstantinovich Zhukov (1896–1974) ebbe un ruolo fondamentale durante la II Guerra Mondiale durante l’assedio nazista di Leningrado e fu alla testa dell’esercito sovietico nella conquista della città di Berlino. 68 costruire due nuove fabbriche nell’impianto chimico Novokemerov. I tre mila giovani militari irregimentati di forza all’interno dei Battaglioni delle Costruzioni chiesero l’immediato pagamento dei loro salari ed il ritorno a casa, ma di fronte alla totale subordinazione del direttore Stephanenko e del Soviet della fabbrica alle direttive di Zhukov e del Comando Militare i giovani lavoratori “coatti” entrarono in sciopero e distribuirono un volantino firmato Unione dei Giusti in cui venivano denunciati i “borghesi” del Soviet e la natura “anticomunista” del partito. Le manifestazioni di massa che ne seguirono coinvolsero gli altri operai del complesso e gli internati dei gulag, utilizzati nella costruzione, e culminarono con la distruzione degli uffici della direzione e l’aggressione fisica a molti dirigenti della fabbrica e del partito. Stranamente in questo caso i “capi” del movimento furono puniti con pene piuttosto lievi in quanto la rivolta venne considerata un “problema locale”. Si verificarono casi di insubordinazione tra le truppe dei giovani militari coscritti anche a Novoshakhtinsk e nel villaggio di Sholokhovka nel Marzo dello stesso anno289. A seguito della destalinizzazione avviata da Chruščёv con il XX° Congresso del Partito Comunista nel 1956, gli attacchi al leader bolscevico vennero allargati a tutti i georgiani con l’accusa di nazionalismo e per questo, ironia della sorte, molti di loro furono deportati. In conseguenza di queste scelte, in puro stile staliniano, il 5 marzo del 1956 scoppiò la rivolta di Tiblisi, la capitale della Georgia, che, in occasione del terzo anniversario della morte di Stalin, venne paralizzata da manifestazioni spontanee cui seguirono scontri con le forze di polizia. Nei cortei veniva richiesta l’indipendenza della Georgia dall’Unione Sovietica. Il 9 marzo un gruppo di studenti aveva istituito dei picchetti davanti al Palazzo del Governo di Tiblisi così le truppe antisommossa aprirono il fuoco sui giovani uccidendone alcuni. Il giorno seguente i manifestanti furono dispersi con i carri armati mentre un gruppo di dimostranti cercò di invadere la centrale radiofonica per lanciare un appello al paese; a questo punto intervenne l’Armata Rossa che provocò un bagno di sangue nel viale Rustaveli. Non si è mai conosciuto il numero esatto delle vittime di questa carneficina anche perché alle famiglie fu impedito di ritirare i corpi, comunque secondo la testimonianza di A. Baazova nelle due giornate di rivolta i morti furono 27 e i feriti qualche centinaio. In seguito partirono le purghe con l’arresto di 300 persone di cui 39 vennero processate con l’accusa di manifestazioni antisovietiche e tra questi vi erano alcuni dirigenti del partito locale. Nel 1957 si verificarono agitazioni di massa anche a Podolsk una città industriale nel territorio di Mosca, mentre nell’agosto 1958 la rivolta di Grozny, in Cecenia, coinvolse più di 10 mila persone che presero d’assalto la città in seguito ai numerosi episodi di aggressione delle bande giovanili cecene e ingushezie costituite da disoccupati. In seguito all’uccisone di un cittadino russo da parte di un gruppo di “teppisti”290 scattarono immediatamente i disordini contro le forze di polizia anche in conseguenza del regime repressivo che da tempo gravava sulla città e sulla repubblica autonoma. Durante la rivolta sono emerse le antiche rivalità anti-cecene ma in realtà i lavoratori e le masse di manifestanti distribuirono migliaia di volantini nei quali si chiedevano migliori condizioni di vita e di lavoro ed una occupazione per quei giovani che vagavano per la città trattati come emarginati. Durante le manifestazioni, nelle quali sventolavano le bandiere rosse, veniva richiesto semplicemente ai dirigenti locali di entrare in contatto con il governo di Mosca per avviare delle trattative attraverso le quali venissero soddisfatte le richieste, per tutta risposta venne ucciso un dimostrante. Una folla di 10 mila persone raggiunse così la stazione di Grozny con l’intento di informare i viaggiatori e con scritte sui treni gli abitanti degli altri centri nelle quali si accusavano le bande cecene di aver assassinato un russo e che le autorità locali erano impegnate nella repressione dei lavoratori russi. Per tutta risposta la polizia ed Zhukov venne acclamato come Eroe dell’Unione Sovietica. Nel 1955 venne nominato Ministro della Difesa ed un anno dopo diresse l’invasione delle truppe sovietiche dell’ Ungheria per reprimere la rivolta. 289 VLADIMIR A. KOZLOV op.cit 290 Nel 1946 in Unione Sovietica si verificò una esplosione di criminalità in conseguenza del disfacimento sociale provocato dalla guerra. In quell’anno vennero arrestate e condannate 70.000 persone per atti di “teppismo” che nel 1956 salirono a 200.000. Nel 1957 i casi di “teppismo! giudicati dai Tribunali del Popolo furono 500.000. VLADIMIR A. KOZLOV op. cit. 69 il KGB291 arrestarono centinaia di manifestanti che in seguito furono condannati a decine di anni di reclusione. Il plenum del CC del partito dovette discutere le vicende di Grozny ma senza alcuna risoluzione dei problemi legati alle tensioni interetniche e alle richieste avanzate dai lavoratori, problemi che si trascineranno nel tempo292. Gli operai, dopo aver subito negli anni 50 un pesante declino dei salari, si illusero, dopo la “destalinizzazione”, di poter finalmente dialogare con la dirigenza per migliorare le condizioni di lavoro ma l’ipocrisia del partito giocherà un ruolo piuttosto macabro proprio per l’ambiguità di tale “disgelo” che mascherava in realtà un nuovo stile repressivo. In seguito alla spinta Chruščëviana del 1953-1965 verso le Terre Vergini, in perfetta continuità con le scelte staliniane, 300 mila giovani volontari si spostarono in massa verso le regioni orientali del Kazakistan, dell’Altai e della Siberia meridionale per trasformarle in aree di vasta produzione agricola con l’obiettivo di sfamare i centri industriali del paese. Questa migrazione giovanile di massa venne alimentata dal Komsomol ma senza alcuna organizzazione293, instillando così nei giovani aspettative sulla qualità di vita che saranno presto deluse. Infatti questa massa di giovani entusiasti, una volta raggiunte le regioni orientali più remote, si trovarono senza casa e senza servizi igienici, costretti a turni di lavoro pesantissimi e sottoposti all’autoritarismo dei burocrati che al contrario vivevano in condizioni ottimali. Non bisogna trascurare i problemi legati al nazionalismo ed alla lingua che hanno spinto alla formazione di gruppi omogenei che col tempo si trasformarono in vere e proprie bande giovanili. In seguito queste bande subirono anche l’ influenza delle organizzazioni criminali, sempre pronte a scontrarsi tra loro, con la polizia locale e con le organizzazioni di partito. Stranamente la dirigenza dell’MVD sottovalutò il problema ed evitò di intervenire in varie occasioni più che altro per la lontananza di queste regioni dalle grandi città che per questo venivano spesso abbandonate a se stesse. Ma il 2 luglio 1958 a Krivoy Rog si verificarono incidenti tra giovani operai e la direzione della fabbrica fino ad interessare la sezione del partito locale. Gli scontri proseguirono per due giorni, coinvolgendo un centinaio di persone, provocando un certo numero di feriti tra le forze dell’ordine e l’arresto di nove giovani. In settembre scoppiarono incidenti più gravi a Taiga, nella regione di Kemerovo, tra i nuovi giovani operai, che arrivavano dalle varie parti dell’Unione, ed i lavoratori locali delle costruzioni; lo stesso avvenne in una piccola cittadina nei pressi di Stalingrado dove una ottantina di giovani operai assaltarono il centro ricreativo della fabbrica per procurarsi cibo e alcolici. Nel 1959 lo sciopero nella fabbrica Thalman a Voronesch ebbe il sostegno dell’intera città. Ma la rivolta più grave avvenne tra maggio e luglio dello stesso anno a Temir-Tau, nella regione di Karaganda294, durante la quale vennero uccise 16 persone in seguito alle violente proteste della popolazione per le pessime condizioni di vita e di lavoro imposte dalla edificazione del nuovo centro siderurgico Kazmetallursgtroi . Molti giovani lavoratori, di età compresa tra i sedici ed i trent’anni, vivevano in squallide tende in prossimità dello stabilimento, spesso senza acqua, cibo, vestiario adeguato ecc. In conseguenza di tutto ciò gli operai scioperarono per tre settimane ma la direzione si rifiutò di ascoltare le loro legittime proteste così il loro salario venne decurtato delle giornate di “assenza dal lavoro”. La rivolta scoppiò il 1 agosto dopo una serie di assalti ai magazzini, con gli inevitabili episodi di vandalismo, che portarono all’ arresto di due giovani. Il 3 291 Komitet Gosudarstvennoj Bezopasnosti (KGB) Comitato per la Sicurezza dello Stato ossia la polizia segreta attiva dal 13 Marzo 1954 che prese il posto del vecchio NKVD. Per avere un’idea della composizione delle milizie speciali basta riferirsi ad una relazione del Ministro degli Affari Interni Nikolaï Pavlovitch Doudorov del Marzo 1956 nella quale rivelava che il 46 % dello staff della milizia aveva frequentato la scuola primaria ed il 42 % non aveva completato l’istruzione secondaria. Nel 1959 nacquero i Druzhinniki ossia milizie popolari, una sorta di ausiliari di polizia, costituite da cittadini sovietici che contribuivano a sedare le sommosse. I Druzhinniki salirono a 6 milioni nel 1964. 292 VLADIMIR A. KOZLOV cit. 293 Persino i trasferimenti effettuati attraverso la ferrovia non erano ben organizzati. Si verificarono molte sollevazioni spontanee nelle stazioni di transito che videro protagonisti i giovani operai che assaltavano le città perché mancava addirittura il rifornimento di cibo per i viaggiatori come accadde ad Oremburg nel luglio 1956 assaltata da 1700 operai in cerca di alimenti dopo un viaggio allucinante. 294 VLADIMIR KOZLOV op. cit. 70 agosto un migliaio di operai, con a capo un certo Manyshin, assaltò la stazione di polizia con l’intento di liberare i loro compagni e i giovani ribelli che partecipavano alla rivolta mostrarono solidarietà con i deportati dei campi inviati al lavoro forzato nelle Terre Vergini cercando di liberarli. In seguito a tutto ciò ebbe luogo una feroce repressione della protesta, messa in atto da 5 mila soldati con a capo il generale Mikhail Aleksandrovich Zapevalin, che provocò 28 feriti tra le forze di polizia, 27 feriti tra gli insorti e l’arresto, con deportazione, di 70 rivoltosi. Negli anni seguenti, nonostante la sconfitta, gli operai di Temir-Tau continuarono a ribellarsi, ad effettuare saccheggi, a sabotare il lavoro con incendi dolosi rispondendo sempre in maniera violenta alla continua repressione della milizia295. A Krasnodar, una delle maggiori città caucasiche, nel gennaio 1961 scoppiarono disordini in seguito all’arresto di un militare nella piazza del mercato, probabilmente perché aveva rubato qualcosa dai banchi. Immediatamente la massa di persone presenti al fatto organizzò una manifestazione spontanea diretta al Quartier Generale della città dove era stato imprigionato il giovane soldato. All’ingresso della caserma i militari di guardia uccisero un giovane manifestante così il corteo attraversò le strade della città, ingrossandosi via via fino a raggiungere qualche migliaio di persone, per dirigersi verso la sede del partito dove i “provocatori”, come vennero immediatamente definiti, organizzarono un’ assemblea pubblica nella quale la popolazione lamentava l’aumento dei prezzi e le difficoltà nell’approvvigionamento; così venne inviata una petizione al governo di Mosca. I dirigenti del partito si nascosero nelle cantine della loro sede e vennero liberati il giorno dopo grazie all’intervento repressivo dei militari contro la folla296. A Kirovobad (oggi Ganja) all’interno dell’Azebaijan, un gruppo di donne che erano state in fila per giorni nella vana attesa di acquistare il pane si ribellò scagliando sassi e mattoni contro la polizia; la carenza di pane era dovuta all’eccesso di zelo mostrata dai membri del partito locale nei confronti del governo dichiarando che l’Azerbaijan era “autosufficiente”297. Il 30 Giugno 1961 scoppiò una rivolta nella città di Murom in conseguenza dei funerali di un certo Kostilov un operaio della fabbrica Ordzhonikidze, fermato per ubriachezza dalla polizia e morto nel commissariato. La folla intendeva vendicare la morte del malcapitato assaltando il commissariato, vennero liberati 26 prigionieri, ed i rivoltosi si impossessarono delle armi e delle munizioni degli agenti del KGB la cui sede venne data alle fiamme. In seguito i miliziani del KGB spararono sulla folla, provocando molti feriti, riuscendo così a sedare la rivolta e molti dissidenti attivi nei disordini furono processati sommariamente subendo severe condanne. Sempre nel mese di Giugno avvenne la rivolta di Biisk nel sudovest della Siberia scoppiata improvvisamente in una giornata di mercato. Un mese dopo ad Alexandrov, a qualche centinaio di km ad est di Mosca, 600 dimostranti, tra cui gli operai della fabbrica metallurgica, attaccarono ed incendiarono la sede della polizia urlando “attacchiamo i fascisti”o “attacchiamo la milizia” per protestare contro la carenza nella distribuzione degli alimenti e le continue molestie degli agenti contro i giovani. L’Armata Rossa intervenne provocando un centinaio di morti e 19 feriti.298 Sempre nel maggio dello stesso anno entrarono in sciopero per tre giorni gli operai delle fabbriche di Tula, contro l’inasprimento dei ritmi di lavoro e per la riduzione dell’orario a parità di salario. Il comitato di sciopero eletto dagli operai riuscì a strappare alla direzione le richieste avanzate. Nel settembre 1961 a Petrozavodsk, in Carelia, entrarono in sciopero i lavoratori di una fabbrica di legname per aumenti salariali mettendo in discussione le registrazioni operate dalla direzione che in 295 V. BELOTSERKOVSKY Workers’ Struggles in The USSR in the Early Sixties Critique, Vol 10 Issue 1 Sprimg 1979 ERIK KULAVIG Dissent in the years of Khrushchev: nine stories about disobedient Russians Palgrave Macmillan, 2002 296 VLADIMIR KOZLOV op. cit. 297 GEORGI M. DERLUGUIAN Bourdieu's secret admirer in the Caucasus: a world-system biography University of Chicago Press, 2005. 298 VLADIMIR KOZLOV op. cit. YORAM GORLIZ Policing post-Stalin society. The militsiia and public order under Khrushchev Cahiers du monde russe Vol 44. 2003. 71 seguito venne costretta a garantire aumenti del salario e una corretta contabilizzazione del lavoro. A dicembre una rivolta di massa scoppiò nella città di Chita nella Siberia orientale. Tra il 1960 ed il 1970 il Governo pagò dei cospicui bonus a quei lavoratori che accettavano di sottoporsi al programma per la riconversione, in seguito alla chiusura di molte industrie nella Russia europea, in operai delle miniere di carbone o nelle imprese di estrazione del gas e del petrolio in Kazakistan, ma per quelli che accettarono il trasferimento subentrarono immediatamente seri problemi di integrazione in un territorio completamente diverso e in condizioni sociali ed ambientali veramente difficili. Così tra il 1960 ed il 1962 si registrarono una serie di scioperi nelle fabbriche metallurgiche del Kazakistan e nelle regioni minerarie del Donbass e del Kuzbass, ma nel giugno 1962 si verificherà quella che viene definita “la tragedia di Novocherkassk”299. Nelle fabbriche di locomotive Budënnyj della città, nella regione di Rostov, gli operai avevano subito un taglio ai salari del 30- 35% e nelle acciaierie le diminuzioni della paga erano maggiori. Il 1 giugno il governo aveva inoltre annunciato un aumento del 35% dei prezzi della carne e del burro senza contare che a Novocherkassk persisteva il grave problema degli alloggi “statali” (gli operai vivevano nelle baracche a fianco della fabbrica) e in quelli privati poichè gli affitti ammontavano al 30% del salario. Immediatamente gli operai delle fonderie si riunirono spontaneamente per discutere sulle nuove condizioni di vita ma non esisteva nella fabbrica alcuna organizzazione operaia anche perché i lavoratori vivevano ancora nel terrore imposto da decenni di stalinismo. Le lamentele arrivarono alle orecchie del direttore Kurochkin e dei membri della sezione del partito che si precipitarono nei reparti per arringare gli operai con il solito atteggiamento minaccioso ed arrogante provocando la reazione immediata dei lavoratori. Gli operai si divisero in gruppi ed andarono in ogni fabbrica a fermare il lavoro inneggiando allo sciopero e tutto ciò avvenne spontaneamente senza alcuna forma di organizzazione, così man mano che i gruppi più accesi accennavano alla fermata la massa degli operai scendeva immediatamente in sciopero andando ad ingrossare un corteo diretto agli uffici della direzione. La vicina ferrovia venne bloccata con barricate sulle quali sventolavano dei drappi rossi per evitare che i dirigenti del partito potessero stravolgere i reali contenuti della lotta e vennero anche innalzati dei manifesti nei quali si chiedevano “Carne e burro” e “Case agli operai”. Gli abitanti dei sobborghi raggiunsero la piazza Lenin dove erano concentrati i manifestanti ma la direzione rifiutava ogni colloquio e, come prevedibile, arrivò la milizia antisommossa, un centinaio di uomini schierati ai margini della ferrovia, che immediatamente diede luogo a caroselli dei blindati contro la folla. La massa era così imponente che non era possibile disperderla con le camionette cosi i miliziani spaventati si ritirarono ma due di essi vennero catturati dai manifestanti senza subire alcuna violenza. Durante i disordini si aggiravano tra la folla agenti del KGB che filmavano e fotografavano gli elementi più accesi per accumulare prove utili ad un processo che inevitabilmente sarebbe stato celebrato ancora una volta per esaltare la potenza del partito. Nel frattempo a sostegno delle truppe speciali nella repressione della rivolta arrivarono in città i militari dell’esercito, i soldati però fraternizzarono immediatamente con gli scioperanti cosa che i loro ufficiali non riuscirono ad evitare. Dopo un ulteriore tentativo di Basov, dirigente locale del partito, di arringare la folla, che rispose con il lancio di pietre, arrivarono nella piazza di Novocherkassk i carri armati guidati dagli ufficiali, visto che i soldati si rifiutavano di aggredire i manifestanti, ma la reazione della folla inerme provocò il panico tra gli ufficiali costringendoli ad allontanarsi sui loro carri. Gli scioperanti acquisirono così una forza maggiore e attraverso messaggi inviati dall’ufficio postale, ormai sotto il loro controllo, 299 Per le informazioni sui fatti di Novocherkassk è stato utilizzato l’articolo di Piotr Siuda, militante libertario russo, The Novocherkassk Tragedy, June 1-3 1962 apparso nel 1988 sul samiszadt Obschina. Per le lotte operaie dei primi anni 60 ALEX PRAVDA Spontaneus Workers‘ Activities in the Soviet Union in ARCADIUS KAHAN E BLAIR RUBLE Industrial Labor in USSR Pergamon Press New York 1979. VADIM BELOTSERKOVSKY Workers Struggles in USSR in the Early Sixties Critique n 10-11 (1978-79).VLADIMIR A. KOZLOV, ELAINE MCCLARNAND MACKINNON Mass uprisings in the USSR: protest and rebellion in the post-Stalin years M.E. Sharpe, 2002, SAMUEL H. BARON Bloody Saturday in the Soviet Union: Novocherkassk, 1962 Stanford University Press 2001. 72 invitarono tutti gli operai delle altre città a seguire il loro esempio. Si era sull’orlo di una guerra civile. Dopo la manifestazione del mattino seguente, alla sera gli insorti occuparono gli uffici della direzione e utilizzarono le suppellettili per fare un falò sul piazzale visto che il Governo Centrale rimaneva indifferente alle loro richieste. Il giorno seguente i carri armati e nuove truppe regolari avevano occupato la cittadina invitando minacciosamente gli operai a riprendere il lavoro. Al netto rifiuto iniziarono i rastrellamenti e gli arresti ma ai manifestanti della fabbrica di locomotive si unirono i lavoratori provenienti da altri impianti e dalle piccole fabbriche del territorio dando vita ad un corteo imponente, costituito da 10-30 mila persone, diretto verso la città sventolando le bandiere rosse ed i ritratti di Lenin. Il corteo era affiancato dai carri armati che spesso trasportavano alcuni manifestanti e, una volta raggiunto il Gorkom (la sede del comitato di partito) nella piazza principale e dopo averne invaso i locali, vuoti per la fuga dei funzionari, i manifestanti invitarono un dirigente del partito a parlare ma questi si rifiutò. Nacquero così delle scaramucce ed i militari presenti nella sede del partito aprirono il fuoco sulla massa, addensatasi al suo interno, provocando 87 morti e un certo numero di feriti. La folla era in preda al panico ma i militari sparavano ad intervalli regolari così i manifestanti in fuga venivano schiacciati da quelli che cercavano di entrare nel piazzale. Subito si formò una delegazione di nove operai, alla cui testa era B. Mokrousov, per incontrare A.I. Mikoyan e F.R. Kozlov300, due membri del Governo giunti nel frattempo sul luogo dei disordini, ma la trattativa non ebbe successo. Mikoyan parlò attraverso il microfono di una radio invitando i rivoltosi a ristabilire l’ordine mentre i carri armati erano pronti ad aggredire la folla ed un elicottero volava sul piazzale minacciando i convenuti. La vicenda si era così conclusa e furono 116 gli arresti tra scioperanti301 e cittadini. Dopo un processo farsa, condotto da un tribunale speciale, vennero condannate a morte sette persone e 14 vennero deportate con l’accusa di banditismo o per malattia mentale mentre i feriti vennero spediti in Siberia con le loro famiglie. Una rarissima immagine della rivolta di Novocherkassk L’ondata di reazioni tra i lavoratori contro il carovita interessarono anche le città di Donetsk, Yaroslav, Ivanovo, Gorki e di Mosca, dove nella fabbrica di automobili Morkvitch venne 300 Anastas Ivanovič Mikojan e Frol Romanovich Kozlov erano allora membri del Presidium del Comitato Centrale del Partito sotto la presidenza di Chruščëv. 301 Tra questi l’anarchico Petr Petrovič Sjuda condannato a 2 anni di reclusione. 73 organizzata una assemblea di massa per protestare contro le condizioni di lavoro, mentre i portuali di Odessa si rifiutarono di caricare sulle navi il burro destinato a Cuba e a Vladivostok lo sciopero spontaneo contro i razionamenti si trasformò in una sollevazione di massa 302. Nella città mineraria di Krasnodar la protesta dei lavoratori contro il razionamento e la corruzione dei dirigenti portò alla formazione di un Soviet. I manifestanti disarmarono le forze dell’ordine e si ammassarono nella piazza principale, quando ai militari di stanza nella città venne ordinato di sparare sulla folla questi si rifiutarono ribellandosi ai superiori. Venne mobilitata la Guardia Nazionale che, una volta ristabilito l’ordine, arrestò tutti i militari ribelli. Nel Giugno 1963 scioperarono gli operai di Kryvoi Rog, vicina a Dnipropetrovsk, per protestare contro l’aumento dei prezzi dei generi alimentari ed il loro razionamento, in seguito si verificò una rivolta, capeggiata da un certo Aleksei Tarenenko, simile a quella di Novocherkassk che provocò 7 morti, 12 feriti e 600 arresti ma si hanno poche notizie sui fatti303. In seguito a tutte queste agitazioni nel Novembre del 1963 Chruščёv fu costretto ad importare per la prima volta il grano dal Canada e dagli Stati Uniti come soluzione temporanea alla grave mancanza di alimenti di primaria necessità e le importazioni continuarono in seguito regolarmente. Nell’aprile 1964 scoppiò una rivolta contro le violenze poliziesche a Stavropol, dove 700 manifestanti cercarono di liberare alcuni giovani arrestati dalla polizia assaltando il commissariato, che culminò con la repressione violenta dei partecipanti e con numerosi arresti. Nello stesso anno si verificarono dei disordini tra manifestanti e polizia a Bronnitsy, una cittadina nei pressi di Mosca, e a Breslan nell’Ossezia del Nord. Gli operai della fabbrica automobilistica ZIL (come venne ribattezzata la AMO) di Mosca entrarono in sciopero nel 1964 richiedendo un bonus di 50 rubli per ogni lavoratore. Il direttore protestò affermando “non potete scioperare contro un governo operaio” cosa che provocò la reazione degli operai che urlarono “ Questo è un governo di burocrati”. Nel Novembre 1967, come riporta Peking Review304, entrarono in sciopero migliaia di operai alla fabbrica di trattori a Kharkov nell’Ucraina orientale e a Pryluky e nello stesso anno scoppiarono rivolte di massa contro la repressione a Chimkent in Kazakhistan305. Tra il 1965 ed il 1969 per la prima volta vennero organizzati dagli operai numerosi scioperi di massa nei grandi centri urbani della Russia europea, come nelle industrie chimiche di Leningrado, nelle fabbriche metallurgiche e dell’auto a Mosca. Sono pochissimi i riferimenti relativi ad una manifestazione di protesta piuttosto consistente306 avvenuta a Mosca nel 1965 in occasione dell’anniversario della Costituzione Sovietica. I manifestanti vennero caricati brutalmente dalla polizia e molti attivisti, dopo essere stati arrestati e torturati dal KGB, vennero inviati nei Campi di Lavoro o internati negli ospedali psichiatrici. 302 CHANVIER JEAN-MARIE La classe ouvriére et les syndicats dans les compagnies soviétiques citato in « Class struggle in Eastern Europe (1970-80) » International Review n 28 – 1st Quarter 1982. 303 Qualche informazione sulle rivolte dei primi anni 60, una decina, è stata fornita, come riferisce Vladimir Kozlov, a suo tempo ad un giornalista francese da un alto dirigente sovietico. Introduzione a Mass Uprising in USSR… 304 Peking Review N 4 Jan. 25, 1974, pp. 12-14. 305 L’unica fonte relativa alle lotte del periodo 1960-1964 è ALBERT BOITER When the Kettle Boils Over Problems of Communism 13, No. 1 (1964): 33-43 basato su testimonianze orali. 306 La massa che costituiva il corteo è stata filmata dalla polizia e le cariche sui manifestanti sono state utilizzate per un film sulla Rivoluzione del 1917. CORNELIA GERSTENMAIER The Voices of the Silent. Hart Publishing New York 1972. 74 Una immagine rarissima dei disordini avvenuti forse a Mosca negli anni 60 Nell’agosto del 1968 una manifestazione organizzata nella Piazza Rossa per protestare contro l’invasione della Cecoslovacchia venne repressa duramente e Vladimir Dremliuga, un elettricista che lavorava alle ferrovie di Leningrado, venne arrestato con altre sei persone. Nel maggio 1969 un gruppo di operai diede vita ad uno sciopero in una fabbrica di impianti elettrici a Chervonograd, nell’Ucraina occidentale, che durò tre mesi. La milizia uccise tre attivisti ed i leader della lotta vennero arrestati e deportati, uno di essi lavorava nella fabbrica da 24 anni. Nello stesso anno in seguito allo sciopero alla Centrale Idroelettrica di Kiev, causato dalla condizione disperata degli alloggi destinati agli operai che vivevano ancora nelle baracche e nei vagoni ferroviari, venne arrestato Ivan Hrushchuk un operaio molto attivo durante la lotta poi internato in un ospedale psichiatrico. Eppure i lavoratori protestavano al grido di “tutto il potere ai soviet”!307 Un anno prima, come riferisce un samiszad ucraino, nella centrale di Kyivska sul fiume Dniepr, vicino a Vyshhorod, il KGB arrestò gli operai Nazarenko, Kondriukov, e Karpenko semplicemente perché distribuivano dei volantini. Nel 1969 si verificano scioperi alla centrale idroelettrica del villaggio di Berizka in Ucraina mentre a Sverdlovsk ebbe luogo una sorta di insurrezione operaia sia per la mancanza di cibo sia per i tagli del 25% ai salari dopo l’introduzione della settimana di cinque giorni. Le milizie anti-sommossa furono ritirate e vennero concesse tutte le richieste avanzate dagli operai. Nello stesso anno vi furono interruzioni del lavoro anche nelle fabbriche di Gorki e di Krasnodar, nella regione di Kuban, dove gli operai si rifiutarono di entrare nelle fabbriche finchè non vi fosse stato un adeguato approvvigionamento delle derrate alimentari. Alcuni osservatori, come il dissidente Vladimir Borisov, hanno stimato che solo il 10% delle lotte operaie in Unione Sovietica sono state rese note in occidente. Ad esempio, risulta ormai accertato che nella regione mineraria del Donetz esisteva una vera e propria opposizione organizzata sin dai primi scioperi scoppiati proprio in coincidenza della rivolta di Novocherkassk. I minatori avanzarono critiche per la mancanza di organizzazione emersa nello sciopero e nelle manifestazioni 307 PETER REDDAWAY Uncensored Russia: The Human Rights Movement in the Soviet Union American Heritage Press 1972. 75 di piazza capeggiate dagli operai della Budënnyj a Novocherkassk contrariamente a quanto avvenuto nelle agitazioni di Rostov, Urgansk, Tagourog ed in altre città dove esistevano gruppi di opposizione operaia ben organizzati. Nel 1969 i salari in Unione Sovietica si erano riportati ai livelli di dieci anni prima ed il governo Breznev aveva appesantito la repressione dopo le lotte dei minatori del bacino minerario del Donbass e degli operai a Kharkov nel 1967. L’anno successivo vi furono manifestazioni di massa a Krivoy Rog e una sollevazione popolare a Taškent in Uzbekistan. La polizia caricò brutalmente anche una manifestazione di massa ad Alexandrov organizzata proprio contro le brutalità che quotidianamente la stessa esercitava sulla popolazione. Nel 1969 secondo un rapporto del KGB si sono verificati scioperi in 20 collettività di produzione cui presero parte in media un migliaio di lavoratori. La stampa ufficiale non ha riportato le sollevazioni operaie del complesso siderurgico di Nizhni-Tagil, nella cittadina ucraina di Lubny a Kuybyshev (l’antica città di Samara), a Yaroslavl, a Kemerovo etc per la mancanza di alloggi e per aumenti salariali. Gli scioperi nel 1970 dei portuali ai cantieri navali Lenin di Danzica e a Stettino308, in Polonia, ebbero una eco tra i lavoratori di Kaliningrad, Lwow (Leopoli) e di altre città nella Bielorussia, nonché in Ucraina, dove gli operai scioperarono in solidarietà con i loro compagni polacchi e nello stesso anno si verificarono scioperi in gran parte delle fabbriche a Vladimir un centro industriale della Russia europea a nord est di Mosca309. Nel 1971 lo sciopero alla fabbrica Kirov di Kopeyske, vicino a Chelyabinsk, la più grande impresa di equipaggiamenti dell’ex URSS, portò all’arresto degli attivisti da parte del KGB310. I disordini più gravi però sono avvenuti nelle città di Dniepropetrovsk e Dniprozerzkinsk, in Ucraina, dove erano concentrate le fabbriche metallurgiche. Nel settembre 1972 migliaia di operai scesero in lotta a Dniepropetrovsk per miglioramenti salariali e dei livelli di vita ma le forze di repressione provocarono numerosi morti tra i manifestanti. In una cittadina delle vicinanze, un mese più tardi, la popolazione si ribellò contro la milizia, che si accingeva ad arrestare alcuni scioperanti, mettendo in sacco la città. I manifestanti in seguito marciarono verso la sede del partito di fronte alla quale la 308 Nel dicembre 1970 Wladislaw Gomulka, leader del Partito Operaio Unificato al governo in Polonia dalla fine della guerra, aveva decretato un aumento dei prezzi dei beni alimentari. Lunedì 14 dicembre gli operai dei Cantieri Lenin di Danzica incrociarono le braccia ed in corteo si diressero verso la sede del partito cantando l’Internazionale. La delegazione operaia venne ricevuta dai membri del partito ma per dichiararne l’arresto dei suoi componenti. Immediatamente il corteo operaio si impossessò della radio della milizia per lanciare slogan contro il governo ed il partito comunista al potere. In seguito le manifestazioni, nelle quali venivano chiesti aumenti salariali, riduzione dei prezzi e la libertà per gli arrestati, diverranno sempre più dure con ripetuti scontri con la polizia durati tutta giornata. Alla sera si registrarono 16 feriti e altrettanti arresti operati dalla milizia. Il giorno dopo le proteste si allargarono ai cantieri “La Comune di Parigi” a Stettino con gli operai che uscirono immediatamente nelle strade della città cantando l’Internazionale e urlando “ pane, pane e pane secco per Gomulka”. Si formò un comitato spontaneo che doveva rappresentare gli operai nella trattativa con la dirigenza locale. Una volta riunitisi nei locali della fabbrica Dalmor vennero arrestati in massa durante la notte dalla milizia antisommossa. Il giorno dopo a Danzica le manifestazioni si trasformarono in una vera e propria rivolta con 20.000 manifestanti che attaccarono e incendiarono la sede della milizia; questa iniziò a sparare sulla folla provocando morti e feriti. Nei giorni successivi le manifestazioni si diffusero in numerose città della Polonia ma con l’intervento dell’esercito verranno sedate nel sangue provocando nel complesso più di 400 morti. Le trattative in seguito furono avviate da Edward Gierek, il nuovo segretario del partito una volta esautorato Gomulka, attraverso le quali vennero soddisfatte in parte le richieste degli operai. In occasione di un nuovo rialzo dei prezzi nel 1976 gli operai della fabbrica di trattori ad Ursus, vicino a Varsavia, della fabbrica metallurgica Walter a Radom e del Petrolchimico di Plock entrarono in sciopero contro il governo; furono i prodromi della rivolta polacca del 1980. INTERNAZIONALE SITUAZIONISTA 1970 Danzica e Stettino come Detroit edizioni International Savona 1972 JEAN-YVES POTEL Les émeutes populaires de Gdansk Gavroche n 2 février-mars 1982. ICO Capitalisme et lutte de classes en Pologne (1970-1971) Spartacus 1975. 309 Peking Review N 4 cit. 310 ADRIAN KARATNYCHY, ALEXANDER J. MOTYL, ADOLF FOX STURMTHAL Workers' rights, East and West: a comparative study of trade union and workers' rights in Western democracies and Eastern Europe Transaction Publishers, 1980. 76 milizia armata aprì il fuoco uccidendo dieci dimostranti ma provocando la reazione della folla che linciò due miliziani311. Nel dicembre 1972 in conseguenza di uno sciopero contro l’eccessivo carico di lavoro a KamentsPodolsk, in Ucraina, vennero arrestati trenta operai che lavoravano in quella fabbrica da vent’anni, accusati di essere gli istigatori alla lotta312. Nel 1973 nella più grande kombinat di Vytebsk, in Bielorussia, gli operai bloccarono le fabbriche contro le norme sul lavoro e i tagli al salario del 20% ma il KGB non riuscì ad identificare e reprimere gli attivisti dello sciopero313, mentre a Kiev gli operai della fabbrica automobilistica entrarono in lotta per aumenti salariali che in seguito vennero concessi. Nello stesso anno si verificò una rivolta popolare a Kauna, una cittadina della Lituania, culminata con l’erezione di barricate e combattimenti per le strade che portarono ad una feroce repressione, lo stesso accadde in occasione della manifestazione del 1 maggio 1974 a Tiblisi in Georgia314. Nel maggio 1973 migliaia di operai della fabbrica di macchinari sulla via di comunicazione tra Brest-Litovsk (oggi Brest) e Kiev scioperarono per 11 ore chiedendo aumenti salariali. Il direttore telefonò immediatamente al CC del partito comunista ucraino così nel giro di poche ore i lavoratori ottennero gli aumenti richiesti e gran parte della direzione della fabbrica venne licenziata. Come sottolinea Holubenko il successo immediato di questa lotta è dovuto al fatto che i lavoratori erano ben organizzati e che il governo centrale temeva che gli scioperi potessero investire la stessa Kiev, la “Stettino ucraina”. Nell’inverno 1973, l’ondata di lotte investirà le città di Mosca e Leningrado con continue fermate nelle fabbriche e nei cantieri di costruzione. A parte pochissimi casi gli scioperi e le agitazioni erano totalmente isolati ed avevano un carattere estremamente spontaneo e disorganizzato ma spesso gli operai erano convinti che un’ azione radicale fosse l’ultima risorsa per raggiungere l’obiettivo sfruttando la paura dei direttori e dei dirigenti di partito. In genere le richieste dei lavoratori venivano in parte o totalmente esaudite dalla dirigenza ma gli operai più attivi nella lotta venivano regolarmente perseguitati ed allontanati dai compagni di lavoro, attraverso un trasferimento obbligato, ma il più delle volte “sparivano” perché deportati in un campo di lavoro o internati negli ospedali psichiatrici. Nei rapporti ufficiali si nota che ogni iniziativa di sciopero o di agitazione veniva tacciata o di boicottaggio anti-comunista, accentuando l’accusa di nazionalismo vista la miscellanea di provenienze tra i lavoratori nelle grandi kombinat, o semplicemente classificata come azione teppistica provocata da emarginati. Negli anni 70 però qualcosa stava cambiando, i dissidenti tendevano ad organizzarsi e a divulgare le notizie sulle lotte e sulle repressioni effettuate dal governo sovietico rompendo in parte l’isolamento dei lavoratori sia per ragioni geografiche sia per l’organizzazione del lavoro estremamente atomizzata.315 Inoltre i lavoratori sovietici più sensibili erano attenti a quanto stava accadendo nei paesi satelliti, specie in Polonia dove si andava sviluppando un movimento operaio organizzato in aperto contrasto con lo “Stato socialista”. Nel frattempo, come afferma il giornalista sovietico Konstantin Simis316, i comportamenti della maggioranza degli operai sui posti di lavoro erano sempre più caratterizzati da una sorta di apatia e di mera sopravvivenza, spesso vagavano per la fabbrica con un pretesto qualsiasi pur di evitare il lavoro, quando non rubavano pezzi o prodotti finiti perché fossero venduti sul mercato nero emulando nel loro piccolo le ruberie e la corruzione dilagante tra i burocrati della fabbrica e del partito. Nel 1975 i portuali di Riga scesero in sciopero per la mancata distribuzione dei beni alimentari e nello stesso anno vi furono continue proteste nelle miniere del Donbass contro l’imposizione degli straordinari. Come riferisce Anatolii Rusnachenko i minatori del Donbass venivano pagati per una giornata di lavoro di sei ore ma in realtà lavoravano dalle 10 alle 11 e a volte anche sedici ore al 311 ANDREW FEDYNSKY Stirrings in the Soviet Ukraine The Washington Quarterly, Volume 4, Issue 4 September 1981. ADRIAN KARATNYCHY, ALEXANDER J. MOTYL, ADOLF FOX STURMTHAL cit. 313 M HOLUBENKO: The Soviet Working Class Opposition Critique, Vol 4 Issue 1 Spring 1975. 314 M HOLUBENKO cit. e CCI Lutte de classe en Europe de l'est (1970-1980) Revue Internationale no 28 - 1e trimestre 1982. 315 CORNELIA GERSTENMAIER The voices of the silent Hart Pub. Co. (New York) 1972. 316 KONSTANTIN M. SIMIS USSR the Corrupt Society Simon and Schuster 1982. 312 77 giorno317, buona parte di loro non aveva abitazioni decenti e viveva in condizioni igieniche decisamente precarie. I fumi prodotti dalle diverse industrie ammassate nel centri urbani della regione avevano provocato una devastazione ambientale che perdura da moltissimi anni.318 Le miniere del Donbass, come abbiamo visto, sono sempre state al centro di scioperi riuscendo a creare forme di opposizione organizzata al sistema sovietico bollate regolarmente dal Governo e dai sindacati ufficiali come azioni dei nazionalisti ucraini. Sin dalla rivolta ungherese del 1956 esistevano tra i minatori voci di dissenso che più volte si erano organizzate clandestinamente 319. Vladimir Klebanov venne perseguitato più volte sin dal 1958 per aver dato voce al malcontento nelle lotte dei minatori e regolarmente sospeso dal lavoro fino alla condanna del 1968 per la quale venne internato per cinque anni in un ospedale psichiatrico. Di fronte alle tragiche condizioni dei lavoratori Klebanov cercò di dare vita nel 1977 alla Libera Associazione Sindacale dei Lavoratori Sovietici, più nota come l’Unione dei Disoccupati in quanto i suoi esponenti vennero immediatamente allontanati dal lavoro, cui aderirono 200 operai. I leader della Libera Associazione Sindacale dei Lavoratori Sovietici, oltre a Vladimir Klebanov, erano Valentin Poplavsky , Gavriil Yankov, Chagen Akopovitch Oganessian, Varbara Kutcherenko, Alexei Nikitin, espulso dal partito, ed altri. Il libero sindacato venne naturalmente sciolto dalle autorità nel 1978 ed i suoi leader rinchiusi in un ospedale psichiatrico. Comunque, l’anno precedente, Vladimir Klebanov320 era riuscito a tenere una conferenza stampa di fronte ad alcuni giornalisti occidentali nella quale presentò una petizione indirizzata agli organismi internazionali perché venissero fatte pressioni sul governo sovietico, in occasione del cinquantesimo anniversario della nascita dell’URSS, per le pessime condizioni in cui viveva la classe operaia. Klebanov sottolineò più volte di non far parte del movimento dei dissidenti filo-occidentali ma che le sue azioni erano finalizzate allo sviluppo del comunismo contrastando la burocrazia del regime. Dopo essere stato interrogato dal KGB, nonostante avesse chiarito i suoi intenti in favore della classe operaia, venne internato in un ospedale di Mosca e quindi al centro psichiatrico di Donetz, ma nonostante tutto il documento di fondazione dei sindacati liberi riuscì ad arrivare alla International Labour Organization che immediatamente riconobbe il nuovo organismo come interno alla ILO. Una volta riabilitato nel 1988 Klebanov tornò immediatamente alla sua attività sindacale ricostituendo il vecchio sindacato libero e, dopo il tentativo fallito di integrare la sua organizzazione nello SMOT, continuò la sua militanza sindacale321. 317 citato in VLAD MYKHNENKO From Exit to Take-Over: The Evolution of the Donbas as an Intentional Community I lavoratori del Donbass sono scesi in sciopero nell’estate del 1989 per aumenti salariali, un migliore approvvigionamento di alimenti, una maggiore sicurezza sul lavoro e chiedevano l’allontanamento delle organizzazioni di partito dai luoghi di lavoro. I minatori costituirono immediatamente un Comitato di Lotta col compito di dirigere e coordinare tutte le azioni operaie che divenne il nucleo del nuovo sindacato fondato da Klebanov più di dieci anni prima. 319 HOLUBENKO op. cit. 320 VIKTOR HAYNES E OLGA SEMYONOVA Workers Against the Gulag London, Pluto. Press, 1979. 321 Occorre precisare che in Unione Sovietica esistevano da tempo organizzazioni di opposizione clandestina. Sulla base delle informazioni di cui si è in possesso risulta che le prime forme di opposizione al sistema sovietico di matrice marxista, che imputavano a Stalin stesso il fallimento della rivoluzione di Ottobre, si costituirono già nell’immediato dopoguerra. Tali gruppi assumevano delle denominazioni piuttosto tradizionali come il Partito Comunista dei Giovani, il Circolo del Pensiero Marxista e l’Unione degli Studenti Leninisti o l’Unione per la Lotta della Causa della Rivoluzione di Maya Ulanovskaya ed Evgenii Gurevich. Negli ambienti universitari moscoviti sono sempre state attive forme di dissidenza radicale che hanno prodotto un fenomeno come quello di Ernst Neizvestnyi ed il suo gruppo, nato in polemica con l’accordo Hitler-Stalin, che rimase attivo dal 1949 al 1960. Nel 1954 presso l’Università Statale di Mosca era attivo il gruppo di Boris Grushin, Aleksandr Zinov'ev, Merab Mamardashvili e Georgii Shchedrovitskii, che fondò in seguito il Circolo Metodologico di Mosca attivo ancora oggi, che negli anni 60 agiva parallelamente al Circolo nato attorno a Grigorii Pomerants. In occasione dei fatti di Ungheria nel 1956 l’Unione dei Comunisti, animata da Viktor Trofimov, celebrava la rivolta ungherese presso gli studenti dell’università di Leningrado distribuendo volantini alla cittadinanza. Vedi MICHAEL URBAN Regime and opposition in the pre-political period in "The Rebirth of Politics in Russia", Cambridge University Press 1997. Molto interessante è stata l’esperienza della Comune di Leningrado, fondata nel 1976 da alcuni studenti ed animata da Alexandre Skobov, Arkady Tsourkov, Andrei Reznikov, Alexis Khavine, Victor Pavlenkov ed altri. La Comune era frequentata da molti studenti “erranti” provenienti da Mosca, da altre città e 318 78 Nel Ottobre 1978 nacque il sindacato SMOT (Svobodnoe mezhprofessional'noe ob'edinenie trudiashchikhsia)322 ossia il Libero Sindacato Intercategoriale dei Lavoratori il cui leader era l’elettricista Vladimir Borisov di Leningrado che era stato internato negli anni 60-70 in un ospedale psichiatrico per nove anni. Inizialmente lo SMOT era costituito da otto gruppi autonomi in cui erano attivi un centinaio di lavoratori che nel 1979 raddoppiarono. Contrariamente al sindacato di Klebanov lo SMOT era legato al movimento dei dissidenti e pubblicava un bollettino sulle condizioni operaie e sulle persecuzioni subite dai personaggi più in vista della nuova intellighenzia russa. In seguito ai numerosi arresti e repressioni degli esponenti del sindacato indipendente, nel 1980 Borisov venne espulso dal paese. Nel 1975 oltre quello dei minatori del Donbass, contro gli straordinari obbligatori, vennero registrati dagli organi ufficiali scioperi tra i ferrovieri della Baikal-Amur sulle condizioni di vita e di lavoro e nel 1976 tra i portuali di Riga per la mancanza di carne e di beni alimentari. Dimostrazioni di massa si verificarono nel mese di settembre a Krasnodar, Naltschyk, Krivoy Rog. Alla fabbrica di gomma di Kaunas in Lituania nel 1978 gli operai scioperarono contro la riduzione del salario323 e nel settembre dello stesso anno i conducenti di autobus a Stravopol (Togliattigrad) bloccarono i trasporti richiedendo i bonus del lavoro festivo non pagati dalla amministrazione, forse per gli stessi motivi scioperarono anche i conducenti di autobus a Shauliai in Lituania324. Nel 1980 in Unione Sovietica si ripresenta lo spettro della mancanza di distribuzione delle derrate alimentari, come la carne ed il burro, e nel maggio i conducenti degli autobus a Togliattigrad, la Detroit Sovietica, scioperarono spontaneamente per una giornata subito seguiti dagli operai della VAZ325 che organizzarono fermate a gatto selvaggio per due giornate dando vita ad un comitato operaio clandestino, molto influente sulla maggioranza dei lavoratori, come reazione sia all’arresto di un attivista durante uno sciopero improvviso del 1979 (che ha visto la partecipazione di 70 mila operai) sia alla totale assenza di risposta da parte dei sindacati ufficiali alle loro richieste 326. In seguito entreranno in sciopero per due giorni anche gli operai delle fabbriche automobilistiche di Gorky, che occupavano 200 mila lavoratori; una quantità esorbitante di operai fermò gli impianti cui fece seguito l’arresto di quattro attivisti dello sciopero327. L’impianto di Gorky, che ha una tradizione di lotta piuttosto rilevante specie dopo il disgelo, venne costruito tra gli anni 20 e 30 grazie al contributo della Ford ed entrò in attività nel gennaio 1932 producendo automobili e persino della lontana Siberia, che riproducevano in Unione Sovietica comportamenti diffusi presso i giovani occidentali ed intendevano costituire un nucleo della “nuova società comunista”. In seguito la Comune si trasformò in un vero e proprio gruppo politico, nel quale convivevano marxisti, anarchici e democratici radicali, denominato Opposizione di Sinistra (Gruppo anarco-comunista) che pubblicava clandestinamente il bollettino “Prospettive” nel quale venne riportata la notizia di una manifestazione spontanea di 15 mila giovani contro la guerra verificatasi nel luglio 1978 sulla Prospettiva Nevsky nel centro della città. Allorché il gruppo cercò di organizzare una conferenza a Leningrado intervenne la milizia del KGB per arrestare tutti gli attivisti che vennero condannati a vari anni di manicomio criminale ed alla deportazione. Alcuni rifugiarono all’estero. Dalla Comune di Leningrado sorse anche il gruppo dei Comunardi Rivoluzionari, sigla già utilizzata in passato dalle tendenze leniniste interne al Komsomol, animato da Vladimir Mikhailov, Aleksei Stassevitch ed Alevtina Kotchneva, in cui erano presenti marxisti, trotzkisti ed anarchici. I tre attivisti, che spesso collaboravano con il gruppo di Skobov, verranno arrestati nel 1979 con l’accusa di teppismo per scritte sui muri ed attacchinaggio di manifesti contro il sistema sovietico La commune de Léningrad Iztok n°3 (mars 1981). 322 BORIS WEIL The Current Opposition in the Soviet Union PRAXIS International issue: 1 / 1981, 323 Ā. ŠILDE Resistance Movement in Latvia Latvian National Foundation, Stockholm, 1972. 324 BETSY GIDWITZ Labor unrest in The Soviet Union Problems of Communism n 31 Nov Dec 1982. Non mancano forme di ribellione giovanile. Nel 1978 in occasione della cancellazione del concerto dei Rolling Stones e di Joan Baez le truppe dell’MVD furono mobilitate per sedare una rivolta di mille giovani delusi che inneggiavano alla “libertà” mentre venivano arrestati. 325 VAZ Voljskij Automobilnyj Zavod (acronimo di Fabbrica Automobilistica del Volga), costruita nel 1967, dove viene prodotta la famosa Zhiguli. BETSY GIDWITZ, Labor Unrest in the Soviet Union Problems of Communism, vol. 31, Nov.-Dec. 1982. 326 ANDY BLUNDEN The Crisis of the Soviet Working Class in “Stalinism: It's Origin and Future”1993 disponibile sul web. 327 BETSY GIDWITZ, cit.op. 79 camion, durante la guerra gli impianti vennero convertiti per produrre mezzi militari. Negli anni 80 dalle fabbriche di Gorky uscivano le Volga e le Chaika, automobili di lusso utilizzate dai burocrati del partito e del governo. Sempre nel 1979 in piazza Voda, nel centro di Tallin in Estonia, quasi 5 mila studenti parteciparono ad una manifestazione di protesta innalzando cartelli con le scritte “ Dove sono il pane ed il burro?” “Dov’è la carne?” “Cacciamo Breznev!” Gli operai della fabbrica di materiali elettrici Leninets a Leningrado, sull’onda degli scioperi polacchi, organizzarono una fermata nel 1980, ma scioperi vennero registrati anche nella fabbrica di trattori a Pechenga nei pressi di Minsk e in quella di Tartu in Estonia che durarono due giorni. Dopo una nuova fermata alla VAZ di Togliattigrad nella primavera del 1981, nell’agosto vi è stata una ondata di scioperi alla fabbrica di camion Kama ed alla Pripat di Kiev per la carenza di carne e burro, di case ma soprattutto contro i tagli del salario effettuati sul lavoro a cottimo, e nelle numerose fabbriche automobilistiche di Cheliabinsk e di Ordzhonikidze, sempre in Ucraina, che coinvolsero decine di migliaia operai. Ad Ordzhonikidze, in seguito agli scioperi, scoppiò una rivolta nella quale i cittadini accusarono di corruzione la dirigenza del partito locale. Il Comitato Centrale inviò M.S. Solomentsev328 per arringare la folla. In tutta risposta i manifestanti impedirono al dirigente moscovita di parlare e venne costretto a prendere atto delle prove avanzate da alcuni attivisti329. A Sepurkov e a Mosca si sono verificate nello stesso periodo agitazioni contro il razionamento che hanno messo in allerta le truppe dell’MVD. Nel maggio 1982 durante lo sciopero contro l’aumento dei ritmi alla fabbrica di autobus a Gorky fu distribuito un volantino nel quale veniva minacciato che “se le nuove norme sul lavoro dovessero essere introdotte faremo come in Polonia”. La fabbrica automobilistica di Gorky manteneva a sue spese un settore criminale della milizia di circa 40 persone che durante i controlli quotidiani confiscava l’equivalente di 20 mila rubli in attrezzi e in parti della produzione. La disperazione tra gli operai era tale da spingerli a tagliare con la fiamma ossidrica le carrozzerie della Volga riducendole in piccole parti che gettavano al di là delle mura per poi risaldarle e rivenderle330. All’impianto metallurgico Kirov di Leningrado gli operai scioperarono contro l’amministrazione della fabbrica. Nel Gennaio 1982 a Krasnoyarsk il KGB intervenne per arrestare gli attivisti durante lo sciopero di 200 operai che chiedevano maggiore rappresentanza e migliori condizioni di lavoro, mentre a primavera scoppiò uno sciopero nei trasporti perché venissero distribuite le razioni alimentari che in seguito vennero garantite dal governo centrale. Tra il 1970 ed il 1980 si verificarono 281 “incidenti” dei quali 111 dimostrazioni di piazza, 103 scioperi, 39 forme di opposizione di natura politica e 24 rivolte di massa. Ormai tutti questi scioperi erano progettati e mostravano una crescente volontà degli operai di darsi forme di organizzazione indipendenti dai sindacati ufficiali331. Una Mirabile Disgrazia La tradizione di tutte le generazioni scomparse pesa come un incubo sul cervello dei viventi e proprio quando sembra ch’essi lavorino a trasformare se stessi e le cose, a creare ciò che non è mai esistito, proprio in tali epoche di crisi rivoluzionaria essi evocano con angoscia gli spiriti del passato per prenderli al loro servizio; ne prendono a prestito i nomi, le parole d’ordine per la battaglia, i costumi, per rappresentare sotto questo vecchio e venerabile travestimento e con queste frasi prese a prestito la nuova scena della storia. Karl Marx 328 M.S. Solomentsev era Presidente del Consiglio dei Ministri. KONSTANTIN M. SIMIS USSR the Corrupt Society. 330 SCHWENDTKE ARNOLD Arbeiter-opposition in der Sowjetunion Rowohlt-Taschenbuch-Verlag, 1980. 331 Per le lotte operaie negli anni 80-90 sino al crollo del sistema sovietico vedi ANDY BLUNDEN The Class Struggle in Russia in “Stalinism: It's Origin and Future” 1993 disponibile sul web. 329 80 Jacques Camatte nel 1972 affermava che “La rivoluzione russa e la sua involuzione è stato uno degli eventi più importanti del nostro secolo; grazie ad essa un’orda di pensatori, scrittori e politicanti non sono rimasti disoccupati”.332 La produzione delle più disparate teorie sulla natura dell’ex Unione Sovietica, in un mercato soprassaturo di ideologie, piuttosto che contribuire a chiarire il reale funzionamento del sistema sovietico era finalizzata alla creazione di particolari formazioni politiche (o di gang come le giudicava Camatte), in contrasto tra loro, alle quali si aderiva o meno a seconda della “posizione teorica” relativa alla natura dell’URSS. La caduta dell’Unione Sovietica ed il definitivo superamento di questa esperienza, divenuto ormai un luogo comune, ha letteralmente spazzato via la sovietologia e gli intellettuali orfani di un sistema economico e sociale che li vedeva come potenziali protagonisti. A questo punto occorre finalmente superare anche quelle misconoscenze che hanno caratterizzato, a mio avviso, quasi tutte le pubblicazioni uscite sull’argomento nel nostro paese. Innanzitutto va messo definitivamente in discussione il concetto, molto caro ai nostalgici ma anche a certi intellettuali, secondo il quale la Rivoluzione d’Ottobre ha visto come protagonisti i “proletari” mentre essa è stata prodotta in realtà dalla disperazione in cui versavano i lavoratori e la popolazione oppressa dallo schiavismo zarista e soprattutto dalle condizioni in cui versava la Russia durante il Primo Conflitto Mondiale. Basta consultare un semplice manuale di storia per capire che in ogni rivolgimento sociale sono sempre state protagoniste le grandi masse che in seguito hanno dovuto sostenere sulle loro spalle il nuovo sistema sociale ed economico che veniva a prodursi. Come sottolinea Friedrich Engels nella sua Introduzione del 1985 alle Lotte di classe in Francia: Tutte le passate rivoluzioni hanno condotto alla sostituzione del dominio di una classe con quello di un'altra; ma sinora tutte le classi dominanti erano soltanto piccole minoranze rispetto alla massa del popolo dominata. Così una minoranza dominante veniva rovesciata, un'altra minoranza prendeva il suo posto al timone dello Stato e rimodellava le istituzioni politiche secondo i propri interessi. E ogni volta si trattava di quel gruppo di minoranza che le condizioni dello sviluppo economico rendevano atto e chiamavano al potere, e appunto per questo e soltanto per questo avveniva che la maggioranza dominata partecipava al rivolgimento schierandosi a favore di quella minoranza, oppure si adattava tranquillamente al rivolgimento stesso. Ma se prescindiamo dal contenuto concreto di ogni caso, la forma comune di tutte quelle rivoluzioni consisteva nel fatto che esse erano tutte rivoluzioni di minoranze. Anche quando la maggioranza prendeva in esse una parte attiva, lo faceva soltanto, coscientemente o no, al servizio di una minoranza; questo fatto però, o anche solo il fatto dell'atteggiamento passivo e della mancanza di resistenza della maggioranza, dava alla minoranza l'apparenza di essere rappresentante di tutto il popolo. Inoltre risulta evidente che la “patria del socialismo”, ed il processo rivoluzionario spettacolare che l’ha prodotta, ha affascinato solo una parte dei lavoratori dei paesi sviluppati, infatti il mito dell’ URSS era vivo tra quei militanti che aderivano ai partiti comunisti dell’occidente che si esaltavano alla visione dei film di Eisenstein intrisi di spettacolarismo leninista333. I rivoluzionari di ogni tempo (o presunti tali) hanno poi puntualmente preso dei grossi abbagli sulle dinamiche dell’accumulazione perché, fedeli ai dettami di una religione pressoché identica a quella cattolica, oltre ad aspettare il solito messia, si sono adoperati nel propagandare i dogmi contenuti nel marxismo (in tutto il suo impianto) senza minimamente affaticarsi ad indagare meticolosamente i fenomeni che li circondavano e in particolare quanto accadeva nel Paese della Grande Menzogna. La propaganda costituiva l’essenza stessa dei rivoluzionari (fino alla perversione leninista dei rivoluzionari di professione che puzza tanto di evangelizzazione) che usavano i lavori di Marx come 332 JACQUES CAMATTE Comunità e comunismo in Russia Milano, Jaca Book,1975. E’ arcinoto che l’assalto al Palazzo d’Inverno rappresentato nel film propagandistico Ottobre non è stato così spettacolare nella realtà. I rivoltosi entrarono da una porta laterale senza il clamore espresso nella pellicola del 1928 333 81 se fossero l’insieme del Vecchio e del Nuovo Testamento, con le conseguenti varianti di interpretazione334. Comunque il sistema ad economia “statale” ha avuto un certo consenso solo in aree in cui il capitalismo doveva ancora svilupparsi pienamente e nei paesi del terzo mondo, infatti la stragrande maggioranza dei lavoratori nelle nazioni a capitalismo avanzato, come gli Stati Uniti, il Giappone, i paesi Scandinavi, la Germania e in parte la Francia, dove era in atto la loro integrazione335, consideravano l’Unione Sovietica più che altro come un paese allucinante in cui non venivano garantiti quei diritti che al contrario erano in atto nei paesi capitalisti, tanto è vero che in queste nazioni non si sono mai sviluppati dei partiti comunisti che avessero una qualche rilevanza. Al contrario, nei paesi dell’area mediterranea, in quelli latino americani, nel continente asiatico e in alcuni paesi africani il modello socialista veniva visto, specie dagli intellettuali, come una possibile evoluzione verso una economia superiore e più garantista; naturalmente gestita da loro. In effetti tutte le tendenze ideologiche presenti nella sinistra, anche quelle più critiche, consideravano il Sistema Sovietico superiore a quello capitalista e in grado di influenzare in qualche modo l’evoluzione della società e dell’economia mondiale. Tesi che saranno miseramente demolite con il definitivo crollo dell’URSS nel 1991. L’economia sovietica era chiusa in un circolo vizioso: l’accumulazione del settore industriale richiedeva una accumulazione nel settore agricolo grazie ad una eventuale rivoluzione tecnologica garantita da una precedente accumulazione nell’industria, la sola ad assicurare la produzione dei mezzi di produzione per l’agricoltura336. In queste condizioni, nonostante il “gigantismo” delle kombinat, il sistema si fondava su un meccanismo che comportava la produzione per la produzione con l’unico fine per ogni impresa di realizzare gli obiettivi del piano relativamente al suo prodotto. Così, come rilevato da Ticktin337, “la ricchezza non si manifestava come una immensa accumulazione di merci, come accade nel capitalismo, ma piuttosto come una immensa accumulazione di prodotti difettosi” in una permanente condizione di “spreco”. Con tali requisiti un’economia di questo genere era automaticamente destinata al fallimento sin dalla sua nascita nonostante il periodo glorioso dei soviet che faceva presagire la possibilità per i lavoratori di potersi organizzare direttamente in una nuova società338. Inoltre il modello di sviluppo dell’organizzazione economica e sociale in Unione Sovietica aveva favorito una sorta di atomizzazione della forza lavoro e della struttura familiare che spingeva gli individui a preoccuparsi principalmente di sopravvivere e di procurarsi i beni di primaria necessità per cui risultava difficile operare quel controllo capillare sulla società tanto esaltato dagli opinionisti occidentali per contrastare il sistema “comunista”. L’economia sovietica come abbiamo visto era caratterizzata da una stagnazione quasi permanente e le fasi di sviluppo nei primi anni ‘30 e nel dopoguerra non hanno comportato un miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro contrariamente a quanto avvenuto nei paesi Occidentali. Gli operai sovietici nelle loro rivendicazioni chiedevano una adeguata distribuzione delle razioni alimentari, un orario di lavoro e dei ritmi sopportabili e spesso pretendevano adeguamenti salariali e servizi sociali dignitosi. Ormai il loro ruolo totalmente subalterno li poneva nelle condizioni di schiavitù piuttosto che del salariato in quanto reagivano solo quando lo stato o l’impresa adottavano tutte quelle misure atte a garantire uno sfruttamento più intensivo. Ma occorre precisare che un processo di questo genere: “Non si 334 A tale riguardo potrebbe essere utile leggere PAOLO GIUSSANI 150 anni di solitudine (Il Manifesto del Partito Comunista considerato oggi) 1998 in www.countdownnet.info. 335 L’integrazione della classe operaia giapponese ha avuto un percorso diverso. In Giappone per esempio lo stato sociale veniva garantito a suo tempo direttamente dalle grandi imprese associate nel Keiretsu. 336 LOREN GOLDNER ll Comunismo è la Comunità Materiale Umana: Amadeo Bordiga Oggi e in Appendice a “L' Avanguardia della regressione: pensiero dialettico e parodie "postmoderne" nell'epoca del capitale fittizio” Edizioni Pon Sin Mor 2004. Il testo di Goldner è molto interessante se si concentra l’attenzione sul sistema economico sovietico. 337 HILLEL TICKTIN Origins of the crisis in the USSR : essays on the political economy of a disintegrating system Armonk, N.Y. : M.E. Sharpe 1992. 338 OSKAR ANWEILER, Storia dei soviet: i consigli di fabbrica in URSS, 1905-1921, Laterza, 1972. 82 tratta di una subordinazione parziale del capitale allo stato, ma di una ulteriore subordinazione dello stato al capitale" in accordo con quanto affermava A. Bordiga339 . Se poi consideriamo gli scioperi e le rivolte dei lavoratori sottoposti a regime concentrazionario notiamo che il denominatore comune era semplicemente quello di vivere la prigionia in condizioni accettabili o al massimo di avere lo stesso salario dei lavoratori “liberi”. Solo i criminali avevano ben chiaro l’obiettivo di conquistare la libertà, ad ogni costo, ed erano i più violenti durante le sommosse, nonostante giudizi piuttosto convenzionali dati da molti studiosi sul sistema dei Gulag, e molti di loro sono riusciti anche a sfuggire al regime dei Campi. Tra il 1932 ed il 1940 furono 629 mila i casi di prigionieri fuggiti dai Gulag registrati ufficialmente. L’Unione Sovietica era poi talmente vasta che a fatica le direttive e gli interventi diretti degli organismi centrali arrivavano per tempo nelle regioni della Russia europea, non appena si varcavano gli Urali poi si entrava in un nuovo universo con una popolazione disseminata nelle regioni più recondite che si potevano raggiungere a fatica e dal clima impossibile. Le comunicazioni erano molto difficili e spesso le autorità, in occasione delle rivolte o degli scioperi operai, intervenivano quando i disordini erano già cessati e solo per punire gli attivisti. Un ulteriore mito da sfatare è quello della figura carismatica di Stalin. E’ certo che in Unione Sovietica esisteva una propaganda martellante sul ruolo del “piccolo padre” nella costruzione del socialismo, ma è importante sottolineare che il Partito ed il governo centrale non avevano un controllo massiccio e assoluto della società. Guy Debord ne La Società dello Spettacolo sostiene che la società sovietica era fondata sulla menzogna alla quale nessuno credeva e che veniva rafforzata dalla polizia. “Così, nel momento stesso in cui la burocrazia vuole mostrare la propria superiorità sul terreno del capitalismo, essa si riconosce come parente povera del capitalismo”340 Lo stalinismo piuttosto che una ideologia rappresentava l’estrema vittoria dell’ideologia341. Infine la dinamica sociale ed economica dell’Unione Sovietica ha prodotto, specie negli anni 60-70, un’ influenza sul metodo di indagine tra gli intellettuali di partito e dell’ultrasinistra, legati più o meno al marxismo, che li portò a sviluppare analisi secondo il modello regolazionista342. In sostanza, se lo stato sovietico poteva, secondo la vulgata, dirigere e controllare l’economia e la società d’oltrecortina, allora lo stesso meccanismo poteva avvenire anche nei paesi occidentali, di conseguenza si diffusero tesi che imputavano alle scelte di politica economica l’eventuale sviluppo o le crisi del sistema capitalistico, tesi che pervadono tuttora la pubblicistica analitica di ogni genere. Per concludere occorre ammettere con estrema lucidità che il cosiddetto “proletariato” del secolo scorso non è mai stato protagonista di una “rivoluzione” e i numerosi tentativi rivoluzionari descritti dallo storicismo della sinistra più radicale sono state in realtà delle sonore sconfitte come i movimenti di massa del 1918-19 in Germania o il tentativo assurdo del 1923 ad Amburgo 343. Non si può attribuire, come fanno ancora alcuni studiosi, la sconfitta dell’Ottobre semplicemente alla mancata rivoluzione tedesca; è un errore che hanno fatto i leninisti e coloro che vedono un processo di trasformazione come un fenomeno di “imitazione” e non una necessità determinata dallo stato delle cose. Quando i rivoluzionari esaltavano le vittorie ed i fallimenti della Guerra Civile Spagnola 339 Prometeo, n.1, serie II, p. 22. GUY DEBORD La Società dello Spettacolo (tesi 110) Massari Editore, 2002. 341 Per una visione semplice ma originale rispetto ai luoghi comuni della sinistra consiglierei l’Appendice “La Rivoluzione d’Ottobre” all’opuscolo RICHARD JONES Le parole sono più forti dei fenomeni?Nel mondo dove vive la sinistra, sicuramente sì Disponibile nel sito www.countdownnet.info. 342 La “teoria della regolazione” è stata introdotta dalla Scuola francese di M. Aglietta e Charles Boyer ma era già viva nelle analisi degli intellettuali legati ai Partiti Comunisti e dei gruppi radicali. Per una critica alle teorie regolazioniste Cfr. JOHN WEEKS “Le contraddizioni della competizione capitalistica: una alternativa all’ipotesi regolazionista e dell’egemonia” in Un Omaggio a Paul Mattick . e PAUL MATTICK JR. Critica alla Regolazione, «Plusvalore», n. 11, febbraio 1993. 343 VICTOR SERGE Germania 1923 La Mancata Rivoluzione GRAPHOS Genova 2003, PIERRE BRUÈ Rivoluzione in Germania Giulio Einaudi, Torino, 1977. 340 83 del 1936-39 344 non facevano altro che alimentare le illusioni di piccole minoranze di fronte allo spettacolo dei massacri subiti dai lavoratori spagnoli coinvolti in uno scontro che ha generato quarant’anni di regime franchista. La rivoluzione cinese meriterebbe considerazioni più approfondite ma resta il fatto che anch’essa è stata caratterizzata da una forma economica e sociale decisamente lontana da quella prospettiva comunista, che prevedeva l’abolizione del salariato, e condizionata da una accumulazione primitiva che ne ha segnato pesantemente il corso345 Di fronte ai fallimenti del secolo scorso ed in particolare alla mirabile disgrazia che ha prodotto il sistema sovietico, l’unico fenomeno rilevabile chiaramente è stata l’integrazione dei lavoratori in un sistema capitalistico che ha manifestato il suo dominio formale su tutto il pianeta 346. La progressiva integrazione dei lavoratori all’interno delle istituzioni del capitalismo è stata sempre condizionata dalla dinamica dell’accumulazione e le rappresentanze formali degli operai (partiti e sindacati) sono sempre state lo strumento di questo processo, strumento che la forma politica del capitale si dà quando la crescita economica e la ripartizione della ricchezza sociale sono possibili. E’ il capitale stesso che produce al suo interno l’integrazione della forza lavoro, non è la crescita della forza lavoro (sia in termini numerici sia come peso “politico”) che porta alla sua integrazione nel capitale. Ma con il manifestarsi del declino economico a partire dai primi anni 70 i lavoratori hanno subito un continuo processo di de-integrazione con le amare conseguenze che viviamo nei nostri tempi. L’ideologia secondo la quale la classe operaia o il proletariato si possa trasformare da classe subalterna ad antagonista è cosa tutta da dimostrare. Il marxismo in questo ha giocato un ruolo particolare ed era semplicemente il vestito da mettere capitato per caso in quel momento e presso alcuni paesi (in altri il marxismo ha fatto molta fatica, specie in seguito, ad apparire). Non c’è mai stata alcuna “egemonia” nella società di chicchessia, tanto meno del proletariato, l’unica egemonia, per usare un termine veramente modesto, è quella del capitale come processo di riproduzione della società umana, preceduto da forme economiche dominanti nel passato. Possiamo quindi affermare con Paul Mattick che “Dalla esperienza russa non si possono ricavare delle indicazioni positive che abbiano una qualche relazione con la produzione e la distribuzione comunista, al massimo ci può offrire solo degli esempi del modo in cui il comunismo non ha alcuna possibilità di svilupparsi.”347 Con il crollo del regime sovietico possiamo finalmente sperare nella nascita di un vero movimento che abolisca lo stato di cose presenti, specie nelle condizioni di aggravamento del crash economico attuale, e ponga le basi per una nuova forma economica e sociale superiore al capitalismo. “Nel comunismo il processo di produzione non consiste in una ulteriore espansione del capitale, ma in un processo lavorativo grazie al quale la società ricava dalla natura i beni di consumo di cui ha bisogno, non vengono prodotte merci di valore maggiore ma solo beni d’uso. Il parametro che potrà essere ancora utilizzato come unico criterio economico, indispensabile in quanto sia la produzione che l’apparato produttivo debbono essere concepiti in conformità con i bisogni sociali, sarà il tempo di lavoro necessario per la produzione di beni. In una economia comunista regolata la forma di espressione delle merci non sarà più il «valore» ma il calcolo in termini di beni d’uso e di tempo di lavoro immediatamente necessario per la loro produzione.”348 Ma non basta eliminare il mercato, il lavoro salariato, il denaro ecc, perché si realizzi l’emancipazione dei lavoratori, come Marx afferma nella “Critica del Programma di Gotha”349, occorre che tra questi si sviluppino “rapporti sociali 344 BARROT JEAN, Bilan, la contre-révolution en Espagne, Ed. UGE 10/18, 1979. CHARLES REEVE La Tigre di Carta, Saggio sullo Sviluppo del Capitalismo in Cina dal 1949 al 1972, Ragusa, Edizioni La Fiaccola 1974. BRUNO ASTARIAN Luttes de classes en Chine dans l’ère des réformes (1978-2009) Acratie 2009. 346 PAUL MATTICK I limiti delle Riforme in “Il Marxismo Ultimo Rifugio della borghesia?” Sedizioni Milano 2008 ANTONIO PAGLIARONE “Il Romanzo delle nostre origini” in Un Omaggio a Paul Mattick . ANTONIO PAGLIARONE La Miseria dell'ideologia in GILLES DAUVÉ [JEAN BARROT], Le Roman de nos origines. Alle origini della critica radicale, A cura di Fabrizio Bernardi, Dino Erba, Antonio Pagliarone, Quaderni di Pagine Marxiste, Milano, 2010. 347 PAUL MATTICK Che cos’è il comunismo in “Il Marxismo Ultimo Rifugio della borghesia?” Sedizioni Milano 2008. 348 PAUL MATTICK op. cit. 349 KARL MARX Critica del Programma di Gotha Editori Riuniti 1976. PARESH CHATTOPADHYAY “Il Contenuto Economico del Socialismo: Marx Contro Lenin” in Un Omaggio a Paul Mattick di prossima uscita. 345 84 comunisti” attraverso i quali i produttori si riappropriano delle loro attività e possano instaurare una organizzazione sociale funzionale ad una riproduzione della comunità umana capace di prendere in gestione l’intera società350. Tali rapporti sociali non si stabiliscono a priori, non possono essere teorizzati e non si possono accumulare. Essi emergono in occasione di crisi locali o generalizzate del modo di produzione capitalistico in virtù di un comportamento dei lavoratori sui luoghi di lavoro che li spinge alla coesione, al rifiuto di ogni rappresentanza formale e soprattutto tradizionale (come i partiti e i sindacati). I rapporti sociali comunisti scompaiono e ricompaiono periodicamente poiché la tendenza alla riappropriazione da parte dei produttori della azione sociale è determinata esclusivamente dallo stato dei rapporti di produzione in un particolare momento allorché il sistema capitalistico non è in grado di garantire la riproduzione della società. A quel punto i produttori si organizzeranno in strutture deliberanti ed esecutive pur avendo eliminato la logica della delega e della gerarchia. Tali organismi saranno molto più decisionali ed efficaci di un effimero partito costituito da intellettuali separati dalla classe operaia351. Non possono esistere, come credono alcuni, degli interstizi nella società capitalista in cui sia possibile superare il modo di produzione esistente, una comunità di liberi produttori non può realizzarsi a livello locale o parziale in quanto sarebbe costretta a stabilire rapporti economici di tipo capitalistico con il resto della società. Di conseguenza possiamo concludere utilizzando le parole di Marx: Noi non ci presentiamo al mondo come dottrinari con un nuovo principio: ecco la verità, in ginocchio di fronte ad essa! Noi mostriamo al mondo dei principii che il mondo stesso ha sviluppato entro di sé. Noi non gli gridiamo: lascia le tue lotte, sono delle sciocchezze, le vere parole d'ordine sono quelle che ti diciamo noi. Noi mostriamo semplicemente ed esattamente al mondo il perché della sua lotta, e la sua coscienza sarà un risultato che dovrà acquisire, che lo voglia o no. (Marx a Ruge, settembre 1843). Nel frattempo coloro che hanno a cuore il destino dei lavoratori possono occuparsi dei fenomeni che stanno davanti ai nostri occhi cercando di studiarli con la precisione delle scienze naturali, ma con la modestia che caratterizza chi ha sempre dei dubbi e mai delle certezze. Il mondo che ci circonda è assai brutto, ma ricco di contraddizioni che possono solo stimolare chi è animato dalla curiosità anche perché nonostante i lavoratori siano oggi i veri sostenitori del modo di produzione capitalistico una rivoluzione potrebbe scoppiare in qualsiasi momento. APPENDICE Lo sviluppo economico degli anni ottanta nell’Unione Sovietica di G.I. Khanin L’inserimento di questo testo di G. Khanin in appendice intende introdurre una serie di temi particolari sulla società sovietica che hanno condizionato non poco il carattere stagnante di una 350 GLAT (Groupe de liaison et d'action des travailleurs) Sui rapporti sociali comunisti in “Autonomia e Organizzazione” Crescita Politica Editrice 1975. 351 PAUL MATTICK Consigli e Partito in “Il Marxismo Ultimo Rifugio della borghesia?” Sedizioni Milano 2008. OTTO RUHLE “La Rivoluzione non è affare di partito” e JEAN BARROT “Il Rinnegato Kautzky ed il suo discepolo Lenin” in Un Omaggio a Paul Mattick di prossima uscita. Tratto da “Problems of Economics a journal of translation from russian” Aprile 1992 . Il testo russo è uscito nel 1991 in “Nauka” Edizioni ed EKO “Ekonomicheskii rost v SSSR v 80 –e gody” Ekonomika i organisatssia promyshlennog proizvodstva , 1991, n°. 5 pp 25-34. Una pubblicazione dell’Institute of the Economics and Organisation of Industrial Production, Siberian Division, USSR Academy of Sciences. L’autore è Candidate of Economic Sciences e vive a Novosibirsk. 85 economia “malata” anche per effetto delle dinamiche sociali. Khanin ci presenta quì una fotografia del crollo economico dell’ex URSS che può essere utile anche se in alcuni passaggi finali Khanin pecca non poco di ingenuità (A.P.) Il drammatico peggioramento delle condizioni economiche della Russia negli anni ottanta è conseguente a tutto il periodo precedente. I cambiamenti di breve periodo che hanno interessato un po’ tutta la società e la politica economica sono riusciti solo a modificare l’impatto dei fattori di lungo periodo, il più importante dei quali è stato un aggravamento delle prerogative morali, professionali e fisiche della forza lavoro, tanto che agli inizi della perestroika furono lanciati degli appelli perchè venisse valorizzato il ruolo del “fattore umano”. L’opinione secondo la quale lo sviluppo della società sovietica venne influenzato in maniera negativa e per un lungo periodo dalla Prima Guerra Mondiale e dalla Guerra Civile è stata avanzata per la prima volta nel 1922 da Pitrim Sorokin352 sul giornale Ekonomist, immediatamente chiuso anche per questo articolo, e poi difesa strenuamente negli anni 20 e 30 anche dall’eminente genetista russo N.K. Kol’tsov. In se l’idea che vi sia una relazione tra il declino di una civiltà, dello stato ed il degrado della popolazione non è nuova ed è stata utilizzata per spiegare il decadenza dell’Impero Romano o di potenze come la Gran Bretagna e la Francia in seguito alle gravi perdite verificatesi nella Prima Guerra Mondiale. La difficoltà sta nel riuscire a confermare tale opinione attraverso dati statistici che non sempre sono accessibili ai ricercatori. Vi furono perdite tra i migliori353 A partire dalla Prima Guerra Mondiale la popolazione ha continuato a subire pesanti perdite paragonabili a poche altre nella storia. Le stime parlano di 60 -70 milioni di persone (più del 40% della popolazione russa prima della rivoluzione) e furono colpiti più duramente gli strati più attivi e creativi come ufficiali in carriera, operai specializzati, contadini ricchi, proprietari terrieri ed imprenditori, ma più dolorose furono le perdite nell’intellighenzia che, tanto per intenderci, era meno numerosa rispetto agli altri paesi. In seguito la repressione del 1937, diretta contro una opposizione immaginaria all’interno del partito, furono annientati più dell’80% degli studenti di economia più promettenti e vennero gravemente colpiti gli ingegneri e i soggetti più produttivi. Il dominio degli individui più mediocri (risultato di una selezione negativa) nella leadership della società e del mondo scientifico ebbe un impatto molto pesante sulla educazione delle nuove generazioni. Per esempio dei nove scienziati sovietici segnalati per il premio Nobel solo due (Basov e Prokhorov) avevano svolto i loro studi negli anni 30 e 40, mentre gli altri si erano formati prima della metà degli anni 20. Tra il 1960 ed il 1980 nessuno scienziato sovietico è stato segnalato per il premio Nobel. Il crollo degli ideali e l’impossibilità di autorealizzarsi hanno provocato un aumento spaventoso nel consumo di alcolici. Livelli di inquinamento altissimi, mal nutrizione e cure mediche di qualità modesta hanno inoltre determinato un drammatico peggioramento delle condizioni di salute. In Unione Sovietica dal 53 al il 60 % della popolazione, tra il 53 e il 70 % dei bambini e dei giovani, risulta debilitato e predisposto alle malattie, cosa che sta ad indicare una degenerazione del pool genetico (genofond). Quasi il 53% dei bambini nati a Mosca alla fine degli anni 60 erano debilitati ed alla fine degli anni 70 si arrivò al 70 – 90% (il 20-25% dei quali erano ritardati). Secondo i miei calcoli, tra il 1928 ed il 1985 si è verificata una crescita estensiva dell’economia (con l’eccezione degli anni 50), l’aumento del capitale fisso e dell’utilizzo delle materie prime superava abbondantemente la crescita delle entrate nazionali, mentre l’aumento della forza lavoro 352 Pitirim Alexandrovich Sorokin era un sociologo russo-americano membro del governo provvisorio Kerensky. Dopo la Rivoluzione d’Ottobre venne condannato a morte dai bolscevichi in seguito commutata nell’esilio. Sorokin emigrò negli Stati Uniti nel 1923 dove insegnò all’Università del Minnesota e ad Harward. (A.P.) 353 Sono state utilizzate le ricerche effettuate da B.I. Iskakov e coll in Demograficheskoe modelirovanie MINKh im. G.V. Plekhanova (Moskva) 1982. 86 superava quello della produttività. All’interno di una struttura economicamente e politicamente arretrata era questo l’unico modo di riproduzione possibile ma allo stesso tempo, verso la metà degli anni 50, cominciarono a manifestarsi delle difficoltà. Il tasso di crescita della forza lavoro continuava a diminuire. Tra la mano d’opera disponibile aumentò improvvisamente la quota di coloro che provenivano dalle regioni meridionali con un livello di scolarizzazione, di professionalità e di mobilità inferiori alla media nazionale. I “battaglioni delle costruzioni” (stroibaty)354 potevano compensare solo in parte la riduzione della forza lavoro che era libera solo virtualmente (in conseguenza della diminuzione delle pene per i criminali ed il rilascio in massa dei prigionieri politici). Il declino nella crescita delle risorse lavorative fece aumentare il gap tra l’occupazione disponibile e la massa della forza lavoro. Di conseguenza vi fu un calo nell’incremento della forza lavoro sul totale degli investimenti, diminuì improvvisamente l’efficienza nell’utilizzo delle risorse e fu sempre meno necessaria l’espansione del capitale fisso. Una tendenza questa che veniva influenzata dalla posizione privilegiata riservata al settore della difesa (i cui tassi di crescita erano particolarmente elevati in quel periodo) e dalla carenza di beni materiali più moderni, così in determinati periodi si verificò un declino assoluto della produttività ed un aumento notevole del rapporto materie prime/prodotto. Il deterioramento delle condizioni di riproduzione La caduta degli investimenti nel loro complesso ed il cattivo uso delle risorse, prevalentemente nelle nuove produzioni, rese difficile la modernizzazione del capitale fisso, inoltre non veniva ritirato il capitale eccessivamente logorato. In realtà, alla fine degli anni 70, attivare nuovo capitale equivaleva, e a volte nemmeno, ritirare ulteriore capitale nel settore della produzione di energia elettrica, di metalli ferrosi e non ferrosi, di combustibili, nell’industria leggera, in quella alimentare, nella costruzione di beni per l’industria e nelle ferrovie. Il declino nella qualità dei prodotti, guasti sempre maggiori nella produzione e l’intasamento nel complesso delle riparazioni, mostravano l’obsolescenza del capitale fisso. Tutto ciò ha impedito lo sviluppo non solo dei settori tradizionali ma anche di nuove branche della produzione, rallentando l’introduzione del progresso tecnico e la ristrutturazione dell’intera economia. Non meno importante nel contribuire all’inefficienza è stato il ruolo giocato dall’uso devastante delle materie prime, dell’apparato produttivo e della forza lavoro che, nonostante la riduzione del volume di capitale fisso, ha permesso di raggiungere gli stessi risultati. Tuttavia divenne necessario introdurre nuovo capitale fisso per il carattere “cannibalistico” dell’economia. Le difficoltà accumulate nel sostenere l’economia attraverso le materie prime, furono aggravate dal fatto che queste costituiscono la base delle esportazioni. Si esaurirono più o meno velocemente i giacimenti “più attivi” in particolar modo quelli delle materie prime utilizzate nel settore metallurgico, chimico e nelle cartiere. Negli anni 70 la stabilità fu mantenuta principalmente grazie ad un notevole aumento dell’estrazione di petrolio e di gas naturale nella Siberia Occidentale, che possiede giacimenti molto ricchi, e per l’aumento vertiginoso dei prezzi delle materie prime sul mercato mondiale. Ciò ha reso possibile l’incremento delle importazioni di beni di consumo e di equipaggiamenti moderni, che permise un miglioramento del livello di vita della popolazione. Il venir meno di queste risorse ha spinto l’economia sull’orlo del collasso. 354 Gli Stroibaty (battaglioni delle costruzioni) erano una specie di unità “militari” formate nel 1990 da coscritti ed ex criminali con il compito di sopperire alle carenze di mano d’opera nel sistema delle costruzioni militari ma venivano sfruttati anche dal Ministero dell’industria. La paga era bassa e le condizioni di lavoro erano pesanti e le condizioni sanitarie veramente proibitive, tanto che numerosi ufficiali lasciavano il comando ai loro subalterni. Tali condizioni di sfruttamento violavano i trattati internazionali e molti coscritti morivano di stenti. STEVEN LEE SOLNICK Stealing the state: control and collapse in Soviet institutions Harvard University Press, 1998 (A.P.). 87 Tuttavia, lo sfruttamento sconsiderato verificatosi in quelle regioni nei primi anni ottanta ha anche causato serie difficoltà nell’espansione dell’estrazione di petrolio greggio e di gas naturale. Si verificò un drammatico peggioramento della qualità dei suoli, si ridusse lo strato di humus e quindi della superficie coltivabile. Tra gli anni 60 e 70 crebbe continuamente l’inquinamento ambientale per effetto della crescita dell’industria pesante e la sottovalutazione dell’impatto ambientale. I piani decisi per la ricanalizzazione dei fiumi, per la bonifica dell’Asia Centrale e della Regione del Volga furono progettati in condizioni di totale ignoranza dei problemi ambientali e di irresponsabilità nei confronti dei problemi economici. Dopo la defenestrazione di Chruščёv, la struttura dirigenziale che aveva una certa responsabilità nei confronti delle massime autorità, cresciuta nella disciplina della produzione e formatasi durante il periodo staliniano, cominciò nel corso degli anni a disintegrarsi. Aumentava la corruzione tra i dirigenti che erano sempre meno qualificati; l’assenteismo e l’ubriachezza sul lavoro costituivano la normalità e per mascherare il pessimo stato delle attività economiche si diffondeva sempre più la pratica di gonfiare i dati delle rilevazioni e si cercava di nascondere il continuo aumento dei prezzi al consumo. Nel 1980, le tendenze sociali, le difficoltà che ci aspettavamo (come il cambiamento dei prezzi delle materie prime sui mercati mondiali e l’interruzione dell’estrazione del petrolio) e l’impegno in una analisi economica di lungo periodo non mi hanno consentito di prevedere un declino del 20% delle entrate nazionali nell’ultimo decennio ed una diminuzione degli standard di vita del 30%. Naturalmente non fui l’unico a riconoscere i pericoli che ci minacciavano, ma durante il periodo brezneviano l’adozione di qualsiasi misura sostanziale per migliorare la situazione era fuori discussione. Tabella Andamento degli indicatori fondamentali dell’economia tra il 1981 e il 1990 1981-82 0,96 Indice delle entrate nazionali Indice della produzione di capitale fisso (basato sul valore residuo) Indice del rapporto output/capitale Indice della forza lavoro utilizzata nella produzione materiale Indice della produttività del lavoro Indice del rapporto tra materie prime/output Indice di attivazione del capitale fisso 1983-88 1,11 1989-90 0,91 1981-90 0,98 1.12 0,99 1,14 0,93 1,01 0,99 1,03 0,92 0,99 0,85 1,02 0,95 1,05 0,96 1,09 1,04 1,01 0,92 1,07 0,79 0,96 1,17 0,76 1,03 * I calcoli relativi al 1989-90 sono previsionali. Le stime dell’andamento del capitale fisso sono corrette rispetto alle previsioni sui dati che sono stati pubblicati. La situazione in dettaglio ed in retrospettiva La tabella mostra che il declino dei tassi di crescita iniziato alla fine degli anni 50 è proseguito negli anni 80, ma ciò che lo differenzia rispetto al periodo precedente è il calo delle entrate nazionali. Considerando la crescita della popolazione (pari a circa il 10%) ciò implica una riduzione delle entrate pro-capite a livello nazionale del 12%. Il rapporto output/capitale è crollato del 15% e la produttività del 4%, mentre il rapporto materie prime/output è aumentato del 17%. Era quasi cessato l’aumento della forza lavoro nella produzione di merci e vi sono stati periodi in cui era finito del tutto. Inizialmente il volume di capitale fisso tendeva a diminuire ma alla fine del periodo comincia a ridursi in termini assoluti quantunque il fenomeno abbia un'influenza piuttosto modesta. Per poter mantenere gli standard di vita precedenti, nonostante la drastica riduzione delle entrate 88 pro-capite (ed una decurtazione sempre più elevata del loro impiego), e per preservare la stabilità sociale fu necessario sacrificare gli investimenti in capitale fisso che tra il 1989 ed il 1990 diminuirono quasi di un quarto. In questo periodo la produzione e lo sfruttamento delle materie prime aumentarono molto più lentamente che in passato, infatti prima del 1989 crescevano in maniera sostenuta ma in seguito subirono improvvisamente un notevole crollo. A mio avviso sarebbe interessante confrontare le conseguenze dello sviluppo economico nell’Unione Sovietica degli anni 30 e quelle degli anni 80355, ma anche se fosse possibile mettere a confronto questi periodi, il peggioramento di tutti gli indicatori relativi all’efficienza, sarebbe completamente diverso fare un raffronto più generale sulla natura dello sviluppo economico. Negli anni 30 l’utilizzo nella produzione di una enorme quantità di nuove risorse (lavoro, capitale, materie prime) ha garantito una crescita dell’economia, profondi cambiamenti strutturali ed un aumento della produttività dovuto principalmente alle differenze che caratterizzavano i settori tradizionali rispetto a quelli nuovi. La situazione negli anni 80 cambiò radicalmente: le riserve necessarie per attivare nuove risorse erano pressoché esaurite. Nel 1981-82 il declino del tasso di crescita, che durava da vent’anni, si trasformò in una riduzione assoluta del volume delle entrate nazionali determinata dalla disintegrazione dell’amministrazione Breznev. La paralisi pressoché totale che ha interessato gli organi del partito e dello stato si allargò a tutta la società e coloro che occupavano posizioni di vertice pensavano solo ad arricchirsi mentre la base era costituita da ubriaconi e da ladri; di conseguenza nella società crescevano la sfiducia e l’apatia. La diminuzione delle entrate nazionali è conseguenza dell' eccezionale e pesante declino dell’efficienza nella produzione, infatti in soli due anni il rapporto capitale/output diminuì del 7%, la produttività del 5% ed il rapporto materie prime/output aumentò del 5%. Una diminuzione dello stesso tipo del rapporto capitale/output ed un aumento del rapporto materie prime/output si ebbe solo nei cinque anni successivi alla fine della guerra, ma da allora non si era mai verificato un declino della produttività. Nel periodo sovietico, solo durante il Primo Piano Quinquennale vi fu una crisi simile a quella dei primi anni 80, dovuta al crollo dell’efficienza nella produzione, e più precisamente nel 1931-32 con un declino dell’efficienza ancora più elevato a causa della collettivizzazione dell’agricoltura e ad una industrializzazione disordinata. In quella fase il volume delle risorse utilizzate aumentava ad un ritmo decisamente più lento che in precedenza ed il rallentamento ebbe un impatto particolare sulla produzione di materie prime e sulle dinamiche del capitale fisso per il declino dell’efficienza nella produzione del settore minerario e negli investimenti. Nonostante l’insorgere della crisi economica, le entrate reali della popolazione non subirono diminuzioni apprezzabili (anche se permanevano difficoltà nell’acquisto di alcuni beni di consumo); l’aumento del prezzo del petrolio sul mercato mondiale consentiva poi di aumentare l’importazione di beni di consumo. La crisi imminente venne bloccata quando Andropov356 assunse la presidenza del paese grazie ad un considerevole aumento del volume e dell’efficienza nella produzione. Il progetto del nuovo presidente finalizzato a rinnovare il governo dell’economia fu continuato da Gorbachev nei primi anni della perestroika. Le misure politiche del 1983-88 (specie nel 1983-86) quali il rafforzamento della disciplina sul lavoro, pretese sempre maggiori nella realizzazione del piano, la lotta alla corruzione, il rimpiazzo dei quadri esecutivi e la campagna contro l’alcolismo costituirono un tentativo per normalizzare il sistema amministrativo. Vi fu un notevole miglioramento dei trasporti ferroviari, della produzione 355 Le conseguenze dello sviluppo economico in URSS negli anni 30 sono stati pubblicati nell’articolo “Ekonomicheskii rost:al’ternativnaia otsenka” Kommunist 1988 n 17. 356 Jurij Vladimirovič Andropov divenne Segretario Generale dell’URSS nel novembre 1982 subito dopo la morte di Breznev e in seguito Presidente del Presidium del Soviet Supremo. Morì nel febbraio 1984. Gli successe Kostantin Cernienko che morì nel marzo del 1985 Andrej Andreevič Gromyko divenne Presidente del Praesidium del Soviet Supremo nel 1985 ma nel 1988 venne mandato in pensione e sostituito da Michail Sergeevič Gorbačëv che nel marzo 1990 verrà eletto alla Presidenza dal Congresso dei deputati del popolo, per la prima volta nominati in seguito a libere elezioni. (A.P.). 89 nelle acciaierie, nel settore carbonifero e petrolifero che agli inizi degli anni 80 erano in difficoltà. L’influenza di tali misure cominciò ad affievolirsi alla fine del decennio e già nel 1987 la crescita risultò insignificante. Tra il 1983 ed il 1988 un utilizzo sempre maggiore delle risorse ha garantito un aumento delle entrate nazionali dell’11% e la produttività del lavoro crebbe del 9% (dopo il crollo del periodo precedente), aumentarono allo stesso modo anche altri indicatori dell’efficienza. Così tra il 1982-88 il rapporto materie prime/output crebbe dello 0,6-0,7%, ma nello stesso periodo furono create le premesse per il drammatico peggioramento che ne è seguito. I dirigenti si dimostrarono incapaci di sviluppare una strategia per una crescita economica di lungo periodo e reagirono alle “normali” difficoltà in maniera convenzionale. Una serie di errori chiamati perestroika La linea espressa dal Ventisettesimo Congresso del PCUS e dal Venticinquesimo Piano, in cui venivano combinate accelerazione e perestroika sulla base di una modernizzazione delle tecniche nell’apparato produttivo, si dimostrò subito erronea. Lo sforzo per aumentare a tutti i costi gli indicatori era in contrasto con l’obiettivo di cambiare le dinamiche dell’economia, la ristrutturazione del sistema, una produzione di qualità superiore e l’orientamento verso la soddisfazione dei bisogni della società. La responsabilità di tale strategia va condivisa anche con gli economisti ufficiali che l’hanno imposta insistentemente nella fase in cui veniva formulata, infatti sia il sistema politico che gli economisti si sono basati sui dati forniti dal Comitato Statale di Statistica (Goskomstat) che non consentivano di individuare correttamente la natura e la portata dei problemi economici del paese. La campagna contro l’alcolismo fu avviata quando il deficit dello stato continuava ad aumentare (aggravato dalla prospettiva di un incremento delle voci di spesa e dalle difficoltà nel commercio estero) e cresceva la produzione illegale di alcolici con l’immediato vanificarsi dei buoni risultati ottenuti inizialmente, mentre aumentavano gli squilibri nell’economia. L’inflazione distrusse ciò che era rimasto degli incentivi al lavoro, accelerò il crollo dei consumi e per lungo tempo il paese continuò ad alimentare il settore militare, mentre forniva aiuti esteri al di sopra delle sue possibilità. Ma gli organismi economici continuavano a sostenere delle misure che erano nello spirito di una economia di comando (cambiali statali gospriemka, due o tre cambiamenti di gestione, la lotta contro i redditi che non provenivano da lavoro). La riforma economica adeguata in termini generali, proclamata tardivamente nel 1987, conteneva già nei suoi aspetti essenziali delle mezze misure e non interessava tutti i settori dell’attività economica. Il tristemente famoso pacchetto di decreti del giugno-luglio 1987, ognuno dei quali conteneva una “mina” che minacciava gli aspetti positivi in essa contenuti, “arrivò” tra l’altro in un momento favorevole. Per la mancanza di esperienza, la democratizzazione, che inizialmente interessava la vita della società, provocò la disorganizzazione nei rapporti economici. Nel 1987 la decisione di eleggere i dirigenti delle imprese comportò un declino della loro autorità e l’eliminazione di quelli più preparati e maggiormente richiesti e si dimostrò una scelta sbagliata. Infatti la disciplina nella produzione cominciò a calare, inoltre gli scontri interetnici furono dannosi per l’economia. Lo scontento, giustificato, della popolazione e l’inquinamento dell’ambiente portarono alla chiusura di molte industrie ed all’interruzione nella costruzione delle centrali nucleari. Lo sciopero generale dei minatori nell’estate del 1989 fu importantissimo per la perestroika. I dirigenti iniziarono ad analizzare la crisi ma le iniziative che adottarono furono avventate, mal concepite e non vennero accompagnate da un cambiamento radicale del sistema, da tagli al bilancio militare o da una riduzione degli aiuti esteri. Il reddito nominale della popolazione e l’inflazione aumentarono senza portare ad una crescita nella produzione di beni di consumo. Le elezioni delle massime autorità e di quelle locali, i piani per eliminare i ministeri, la riduzione di una parte dell’ordinamento statale e l’esclusione del partito dall’attività economica provocarono la 90 distruzione del sistema amministrativo senza che si realizzassero i rapporti di mercato. Il risultato fu l’aumento del caos nell’economia, la disorganizzazione nel sistema dei rifornimenti di materiale tecnico e l’uso del baratto nel commercio. L’influenza dei nuovi riferimenti nelle attività delle imprese e le condizioni generali della dinamica economica causarono anche un rallentamento nel progresso tecnico-scientifico nonostante fosse necessario. Le scienze applicate dovettero preoccuparsi del controllo sui costi quando in precedenza venivano impiegate per la ricerca su piccola scala che produceva effetti immediati. Gli accademici si orientarono verso la ricerca applicata ed i lavoratori più qualificati furono spinti verso le cooperative. La riduzione degli investimenti in capitale destinati alla produzione non permise di utilizzare la maggior parte dei progetti tecnici già completati. La mancanza di dati statistici attendibili rese difficile valutare realmente l’efficienza delle nuove forme di gestione, la cooperazione, l’attività lavorativa del singolo, il leasing e le joint-ventures. Ma non si poteva certo escludere che “complessivamente il loro bilancio” fosse negativo, dopo tutto, ciò portò in molti casi alla transizione verso una produzione meno meccanizzata ed a condizioni peggiori negli approvvigionamenti e nell’ organizzazione del lavoro. La situazione economica dell’Unione Sovietica nella seconda metà degli anni 80 fu seriamente compromessa dal pesante crollo dei prezzi delle materie prime e del petrolio sul mercato mondiale, con la conseguente riduzione delle entrate di moneta forte derivate dalle esportazioni, dall’incidente alla Centrale Nucleare di Chernobyl e dal terremoto in Armenia A mo’ di conclusione Gli effetti provocati da una tendenza economica di lungo periodo, gli errori di politica economica, le inevitabili difficoltà tipiche di una fase economica e politica di transizione ed il sabotaggio che avrebbe subito l’economia, portarono nel 1989-90 alla seconda crisi economica dell’Unione Sovietica che fu molto più grave di quella verificatasi agli inizi del decennio. Nel 1990 il declino delle entrate nazionali rispetto al 1989 fu del 9%, il rapporto output/capitale diminuì dell’8%, la produttività dell’8%, il rapporto materie prime/output aumentò del 7% e l’esaurirsi delle possibilità di espandere i fattori della produzione hanno giocato un ruolo molto importante nel provocarne l’origine e l’evoluzione. Rispetto alla crisi verificatasi nella fase iniziale del decennio: diminuirono bruscamente la forza lavoro ed il volume di capitale fisso nei settori produttivi, vi fu un declino su vasta scala dell’output nel settore delle materie prime e diminuì in maniera significativa la produzione nelle branche che le producevano. Così nel 1990 (nei primi sei mesi complessivamente) l’estrazione di carbone crollò del 6%, quella del petrolio del 5% e del legname del 10%. Il declino nella produzione di metalli ferrosi e non ferrosi, dei prodotti chimici e delle costruzioni, l’aumento del rapporto materie prime/output e la riduzione delle importazioni portarono molte imprese ad utilizzare innovazioni al di sotto dei livelli accettabili, vennero chiusi di conseguenza gli altiforni, i forni Siemens, le imprese del settore chimico e dei macchinari. Nelle regioni a produzione agricola (la zona delle Terre non Nere [Nechernozen’e], la regione del Volga [Povolzh’e], la Siberia e gli Urali) vi sono popolazioni che non riescono a sostenere la benché minima attività agricola e con il crollo del sistema amministrativo le imprese sono riluttanti nel fornire aiuti alle campagne. Il continuo deterioramento della situazione finanziaria del paese ed il declino della moneta derivati dalle esportazioni hanno portato ad un aumento dell’indebitamento verso l’estero senza peraltro rinunciare completamente alle importazioni. Agli inizi del 1990 i pagamenti esteri erano fortemente in ritardo cosa che ha portato ad essere inadempienti. Per lungo tempo l’aumento del debito estero e le riserve monetarie ed auree hanno permesso di bilanciare il calo degli utili provenienti dalle esportazioni ma queste fonti si sono ormai esaurite e le importazioni hanno subito una riduzione nonostante avessero già provocato una interruzione della produzione. 91 Il calo degli standard di vita sta generando una sempre crescente insoddisfazione nella popolazione, ma le riforme richiedono sacrifici che porteranno inevitabilmente a delle esplosioni fino a sfociare in uno scontro generalizzato che renderà la situazione economica sempre più complicata. Nel 1991 l’economia è entrata in uno stato di profonda crisi dalle dimensioni molto più gravi della Grande Depressione del 1929-32 verificatasi nei paesi capitalisti e che potrebbe diventare permanente. I gravi malanni della nostra società e la degenerazione della popolazione sono fenomeni unici che non hanno nulla in comune con le condizioni dei paesi capitalisti. Il crollo economico dell’URSS può essere evitato solo da misure straordinarie, ma queste non sono state ancora proposte ed esistono quindi seri dubbi che una catastrofe possa essere evitata 92